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LA NUOVA RIFLESSIONE SULLA LETTERATURA

Nell'ambito delle attività che si svolgono nella biblioteca di Alessandria e in analoghi luoghi culturali l'attività di letterario,
per la prima volta nella storia della cultura occidentale, scaturisce dalla filologia e ciò condiziona la struttura e contenuti
delle opere. Il letterato diventa uno studioso che raccoglie cataloga e definisce i testi giunti dal passato. Nasce così una
relazione tra produzione letteraria e studio che porta i poeti Alessandrini ad essere eredi della tradizione. I letterati del
terzo secolo, sono conoscitori dei Poeti antichi che sono per loro modelli di perfezione irraggiungibile e stimolo a cercare
vie nuove e originali rispetto al passato.
“per loro venire dopo la stagione dei classici del V e IV secolo è una vera sfida”
Tra gli effetti significativi di questo rapporto troviamo lo spazio dedicato alla riflessione poetica, sono inserite infatti nel
testo, dichiarazioni programmatiche dirette o indirette, con accenti di aperta polemica o con puntuale allusioni. Le opere
superstiti sono spesso frammentarie, denunciano le scelte di poetica con una frequenza del tutto inconsueta rispetto al
passato. I poeti delle epoche precedenti non avevano avuto bisogno di fare dichiarazione di poetica in quanto la loro
poesia aveva un ruolo specifico che risultava immediatamente chiaro all'uditorio. Diversamente invece, gli autori
Alessandrini, sentono la necessità di ridefinire i ruoli, contenuti, strutture della poesia e si rivolgono ad un pubblico nuovo
con il quale instaurano un dialogo di cui sono parti integranti le stesse dichiarazioni programmatiche.

- Ricorrono ad immagini metaforiche per definire l'atto stesso, immagini che servono per affermare nei testi le
scelte operate ma anche per un confronto con altri autori.
- Creano una rete di riferimenti ed allusioni che seppur difficili da cogliere a causa delle condizioni in cui sono
giunte le loro opere, sono fondamentali per comprendere la personalità dei singoli autori. un esempio possono
essere le immagini callimachee di poetica che emergono anche dei testi più frammentari: è il caso nel prologo
degli Aitia dei versi in cui il poeta si pone il numero di chi ama il finire della cicala, metafora della poesia
raffinata, in contrapposizione al ragliare dell’asino.
-
Le dichiarazioni programmatiche, come vedremo anche in Callimaco, definiscono il lavoro poetico dei contemporanei,
presentato in una mescolanza di poesia e critica letteraria. Callimaco propone infatti una rivalutazione del poema epico
didascalico individuando in Esiodo il modello della poesia di argomento astronomico, e definendo i suoi versi con
l'aggettivo sottile. Affiora indirettamente in queste dichiarazioni anche la figura del poeta, come mostra un frammento di
Fileta, un poeta elegiaco ed erudito che ha svolto un ruolo importante nella Alessandria di Tolomeo I e nella propria
patria l'isola di Kos: emerge la figura di un poeta ricco di dottrina che non si sottrae l'impegno gravoso della scrittura e
che sa coltivare i diversi stili. La stessa attività poetica è presentata come frutto di dottrina e di impegno mediante l'uso di
nuovi termini chiave della poesia. (che indicano la raffinatezza formale, che sottolineano l'abilità del poeta a lavorare su
più generi letterari, o anche le immagini che mostrano l'autore a vegliare di notte nello strenuo tentativo di perfezionare
la propria Opera).
LA POESIA E LA SCRITTURA
In età ellenistica il rapporto tra autore e pubblico è complesso e sfaccettato. Mentre nel periodo arcaico e in quello
classico tale relazione è immediata poiché nella maggior parte dei casi non vi erano elementi che si frapponevano tra chi
cantava o recitava e chi ascoltava, i poeti ellenistici si rivolgono sia ad un pubblico che fruirà oralmente dei loro versi, sia
dei lettori che sia accosteranno alla loro opera, mediante il supporto sul quale i versi sono scritti, in momenti successivi.
La trasmissione orale dei testi sopravvive nonostante la mutata situazione politica, e la ritroviamo nel contesto degli
Agoni pubblici e delle recitazioni per il pubblico ristretto della Corte. È fondamentale il ruolo delle recitazioni private
soprattutto nel Simposio, che divenne un nuovo rito di natura cortigiana destinato ad accogliere le recitazioni di
epigrammi simposiali. Ovviamente sia i luoghi che i modi della performance assumono un significato istituzionale
diverso rispetto al passato poiché è cambiata sia la produzione poetica, ma anche il pubblico: composto da fruitori aurali
ma anche da raffinati lettori membri per lo più della Corte. Si tratta quindi di una produzione scritta è rivolta a un Élite
selezionata e circoscritta, il destinatario stesso può diventare ideale, lontano nello spazio, ma anche nel tempo: la
produzione grazie al mezzo scritto può arrivare dovunque e non ha bisogno della presenza del poeta, in quanto può
conservarsi superando i limiti dell'oralità.
In questa nuova realtà divenne importante, e parte integrante del programma poetico, anche se già presente, il
confronto con la tradizione. I poeti ellenistici si confrontano con i poeti passati, ma sanno che per poter affermare
l'unicità della loro produzione letteraria devono riuscire a scardinare la dalla tradizione, rinnovandola e rivolgendola ad
un pubblico che non ha nulla a che fare con la realtà politica e sociale in cui uno specifico genere è nato. In questo
periodo oltre alla contaminazione gli autori rivendicano l'impegno in generi diversi: non si dedicano ad un solo genere
ma passano dall’uno all'altro praticando indifferentemente il giambo l'elegia o la poesia esametrica. Questa nuova
modalità infrange le regole riconosciute e fissate, destruttura i generi codificati, ma mostra il cambiamento che gli stessi
autori stavano ricercando. Il dialogo fecondo con il passato è sempre presente, nasce una vera e propria cultura del
libro, dalla conoscenza approfondita della tradizione letteraria e dal lavoro filologico dei testi.
Un destino singolare è toccato alla poesia di questo periodo che è destinata a durare in eterno: nel corso ha subito sia il
deteriorarsi del materiale su cui è stata scritta , soprattutto nel passaggio dal rotolo al codice, in cui ci si è preoccupati di
trasferire il materiale dei classici trascurando le opere dei Poeti Alessandrini, (la maggior parte dei testi Infatti è in forma
frammentaria: a causa dei papiri malridotti, infatti, è stato difficile ricostruire un quadro chiaro è definitivo della
produzione poetica dell'intero periodo) sia il mutamento del gusto dei lettori. Possiamo però, nonostante questi ostacoli
risalire alla poesia ellenistica attraverso quella latina vista proprio come lo sviluppo della poesia greca di questo periodo.
La poesia Latina conoscerà varie stagioni del callimachismo, dall'età arcaica fino alla maturità Imperiale in una continua
rielaborazione adesione o sconfessione di tali principi letterari. In alcuni casi a Roma è sottoposta a un processo di
appropriazione e riscrittura che ne esplora ulteriori potenzialità espressive in un contesto politico e letterario diverso, un
esempio è il caso di Virgilio e di Teocrito per la poesia bucolica. I poeti Latini recuperano dalla poesia ellenistica le
immagini che designano all'attività poetica e che sono alla base delle affermazioni programmatiche, permettendoci così
di conoscere meglio il modello della poesia ellenistica magari noto soltanto in modo frammentario o del tutto perduto.

CALLIMACO – VITA E OPERE


Il maggiore dei poeti alessandrini, Callimaco è considerato sia il principale teorico sia il migliore esponente della poesia
ellenistica. Nato intorno al 300 a. C. a Cirene, in gioventù visse in ristrettezze economiche e fu costretto a trasferirsi ad
Alessandria per vivere della professione di maestro di scuola. Punto fondamentale della sua biografia è la sua
formazione come grammatico e letterato che lo vede impegnato per un certo periodo, ad Eleusi nei pressi di
Alessandria, come maestro di grammatica e successivamente alla Corte dei Tolomei come Studioso e poeta. Mise a
frutto la sua preparazione letteraria e l’arricchì con la conoscenza diretta del patrimonio dei testi acquisiti dalla biblioteca
e nell'ambito del museo, in cui ricevette l'incarico, da Tolomeo II Filadelfo, di esaminare e catalogare risolvendo anche
problemi di attribuzione delle singole opere. Qui il suo intervento filologico fondamentale: i Pinakes ossia le schede che
redige per ciascuno degli autori dei testi esaminati, organizzando le opere per argomento e adottando, per il corpus di
ogni autore, un criterio adeguato (ex alfabetico ecc.). Di tale opera monumentale ci rimangono scarse testimonianze e
titoli di qualche studio di interesse letterario, antiquario, storico erudito, mitologico, geografico e scientifico. La sua
produzione si colloca durante il regno di Tolomeo II Filadelfo e in quello di Tolomeo III Evergete, grazie anche al favore
della moglie di quest'ultimo Berenice. Nonostante tutto è difficile individuare avvenimenti e date certe, anche la sua data
di morte è ignota e collocata dagli studiosi intorno al 240 a.C. Lavorò alla Biblioteca ma sappiamo con certezza che non
ne divenne mai il direttore. Ugualmente però, divenne, il poeta ufficiale della corte e celebrò nelle sue poesie i fasti i
matrimoni e i lutti della casa regnante.
La produzione di Callimaco come erudito e come poeta fu immensa: la tradizione gli attribuiva ben 800 volumi, oggi
quasi tutti perduti, tutti di argomento erudito: lessici, etnografia, geografia, curiosità, toponomastica. Assai più limitata era
la produzione poetica, in coerenza con le sue convinzioni estetiche che miravano alla brevità e alla cura della forma.
Possediamo soltanto 63 epigrammi e 6 inni che sono stati trasmessi su codice:

- i primi perché inclusi nelle antologie confluite nel manoscritto della raccolta noto come Antologia Palatina
- i secondi perché compresi in una collezione innografica più vasta.

La restante produzione, conosciuta fino alla fine dell'Ottocento soltanto per tradizione indiretta, ossia per le sporadiche
citazioni di altri autori e per i riferimenti al modello contenuti negli autori Latini, è stato in gran parte definita nel corso
della prima metà del 900.

- Tra il 1910 e il 1976 ci fu la scoperta e l'edizione di numerosi i papiri che hanno permesso di costruire il testo di
alcune tra le opere in versi più significative, consentendone una conoscenza diretta e più ampie, seppur
lacunosa.
- Nel 1934 ci fu una testimonianza importante che ha trasmesso le epitomi in prosa delle opere di Callimaco.
Grazie ad esso è possibile sapere quale fosse verosimilmente l'ordine degli scritti nell'edizione allestita dal
poeta stesso, che essendo anche filologo, era editore di se stesso: curava personalmente la divisione i libri
delle sue opere, l'ordine interno dei singoli componimenti e la successione degli scritti. (Agli Aitia seguivano i
Giambi, poi Carmi lirici e infine l’Ecale.)
GLI AITIA – POESIA EZIOLOGICA
Gli Aitia si presentano come una raccolta di Elegie in quattro libri, il cui filo conduttore è costituito soltanto per i primi due
libri (I-II), dalle domande che il poeta rivolgeva alle Muse sulle origini di miti leggende festività e Tradizioni locali, uno
scambio che avveniva in sogno durante il quale
Callimaco adolescente era trasportato dalla Libia I: narra dei riti che si svolgono ad Anafe, nelle Sporadi meridionali,
sul monte Elicona. Nei libri III- IV invece le storie e a Lindo, nell'isola di Rodi
erano semplicemente giustapposte e non inserite II: narra dei sacrifici del re Egizio Buriside e del tiranno di Agrigento
all'interno della cornice. Falaride
III: troviamo in apertura epinicio per Berenice II, la fondazione delle
- Il prologo fu scoperto e pubblicato città siciliane e l'episodio di Aconzio e Cidippe
soltanto nel 1927 e rappresenta un IV: in chiusura il katasterismos della Chioma di Berenice.
momento di fondamentale importanza
per l'intera opera: presenta un contenuto apertamente metaletterario e per la prima volta oggetto della
trattazione è la poesia stessa definita con molte metafore, se ne fa portavoce Apollo esortando il poeta a
compiere quest'opera distinta per brevità raffinatezza e dottrina. (richiama l’investitura poetica di Esiodo)
- Le Muse nell'opera sono un semplice pretesto letterario: qui compare anche la prima differenza che separa la
figura del poeta epico da quella di Callimaco, poiché mentre in antichità il poeta invocava le Muse come
sostegno affinché legittimassero e garantissero la veridicità del suo canto, Callimaco le invoca non per
sostegno, ma come pretesto, in quanto ogni caso esposto trova appoggio nei libri e nella sua erudizione.
- La poesia che ci mostra Callimaco è una poesia inedita e raffinata, le singole elegie risultano perfettamente
compiute. Il filo conduttore dell'Opera è il ricorso della tematica dotta che pone al centro della poesia il mito
eziologico.

Grazie a degli indizi presenti nel testo gli studiosi hanno riconosciuto due diverse edizioni, alla seconda Infatti
apparterrebbero il prologo e la chioma di Berenice che originariamente era un’elegia a sé stante. Proprio per questo si è
discusso tanto anche per quanto riguarda la cronologia ed è generalmente condivisa la ricostruzione di Peter Pansos
secondo cui Callimaco scrisse I primi due libri in giovane età e poi continuò componendo le elegie eziologiche solo più
tardi e le racchiuse nei libri III-IV (la seconda parte possiede maggiore raffinatezza). Fin Dal Prologo è possibile
ammirare il suo rapporto con i modelli dell'età arcaica e classica, soprattutto con Esiodo considerato l'autore di un
poema eziologico la Teogonia. Callimaco lo cita spesso nel proemio e recentemente la critica ha letto questo opera
come una continuazione della Teogonia poiché inizia proprio dove termina quella di Esiodo, portando avanti la
narrazione del mondo divino fino ai giorni dell'autore. A differenza di Esiodo, però, non scrive in esametri, motivo
generalmente attribuito alle maggiori libertà tematiche che il distico elegiaco permetteva.

- Parte importante dell'Opera, posta giusto a metà, è il premio del terzo libro, ossia un epinicio, che nella lirica
greca era un canto Corale di Vittoria per i vincitori degli Agoni. In questo Callimaco narra la storia di Molorco
umile contadino che ospita nella propria capanna Eracle durante la fatica del leone nemeo. Nell'elaborare
questa scena il poeta si cimenta direttamente con il modello di Eumeo e Odisseo, risalendo alle origini della
letteratura greca. La differenza però sta nella prospettiva straniata e distaccata: se Eumeo si lamentava con
l'ospite illustre dei proci che razziavano la reggia del suo padrone, Molorco se la prende con i topi che rendono
la vita difficile. Infatti, lo sperimentalismo nella poesia ellenistica, emerge anche in questo caso: all'interno di un
mito importante narrato nel epinicio per una regina, Callimaco sceglie un momento marginale della vicenda e in
mezzo e versi di lode menziona le trappole per i topi di cui si serve un oscuro contadino.
- Quest’opera di Callimaco ha influenzato il modo di intendere, di fare letteratura, ma anche di produrre poesia
encomiastica. È un modello da seguire che mette insieme una congerie di riti e culti provenienti da ogni parte
della Grecia e dell'Asia Minore della Magna Grecia e menziona luoghi che sembrano avere una speciale
importanza per i Tolomei tra cui anche Roma. Callimaco traccia una mappa ideale del mondo greco in cui ha
grande rilievo alla dinastia Alessandrina dei Tolomei. Lo stesso epinicio e la chioma di Berenice sono
direttamente coinvolti nella celebrazione del potere regale e saranno fondamentali per l'elaborazione della
poesia encomiastica a Roma fin dall'età arcaica.
I Giambi
I Papiri hanno restituito anche il testo, molto frammentario, di 13 componimenti in metri giambici seguiti da 4 i metri lirici.
Tutti e 17 formavano il libro dei Giambi, la prima raccolta dell'antichità completamente strutturata dal suo autore,
Callimaco, che ne ha curato personalmente gli argomenti e ha deciso di inserirli nel Corpus delle sue opere dopo gli
Aitia, creando una sorta di legame tra le due opere attraverso un’affermazione programmatica in cui dichiara di aver
deciso di entrare nel pascolo pedestre delle Muse.
I Giambi sono forse l'opera più sperimentale di Callimaco, famosi per la loro varietà sia metrica poiché, oltre ai metri
giambici non mancano strutture epodiche e metri lirici, sia per quanto riguarda la tematica, poiché mentre in antichità
questo genere era destinato all'attacco personale e all'invettiva, adesso troviamo anche forme che non sono
normalmente associate a questo genere:
- l'apologo esopico, quindi la ripresa di favole di Esopo soprattutto nel II e IV libro, in cui si racconta degli animali
un tempo parlanti e poi resi muti da Zeus e della contesa dell'alloro e dell'ulivo;
- l’ekphrasis ossia la descrizione della statua di Zeus ad Olimpia;
- un epinicio nel libro VIII;
- un componimento eziologico nei libri VIII e X per le origini di una gara di corsa e di un sacrificio enorme ad
Afrodite.
Un altro aspetto fondamentale che garantisce la varietà è l'uso di più dialetti, dallo ionico fino al dorico.
Troviamo anche all'interno di quest’opera una riflessione sulla poesia proprio in apertura del poema in cui Callimaco
riporta in vita al regno dei morti invocando il suo predecessore Ipponatte, illustre rappresentatore del genere, ricordato
soprattutto per l'attacco a Bupalo.
I Giambi hanno influenzato anche molto la poesia Latina, fra testi più significativi sono gli Epodi di Orazio in numero 17
proprio come il modello Callimacheo.

TRA POETICA E POLITICA


Callimaco segna un momento imprescindibile per la poesia antica, infatti, può definirsi come spartiacque nel modo di
intendere, di produrre e di fruire letteratura. Con lui sono espressi e codificati determinati principi di poetica, presentati
per immagini in tutte le opere dell'autore e che godranno di una fortuna eccezionale nella cultura europea,
continuamente sottoposti a rielaborazione e riscrittura.
È possibile quindi individuare nel Corpus callimacheo 4 luoghi programmatici fondamentali:
- Nel prologo degli Aitia, rivolgendosi ai lettori della sua opera Callimaco esprime le proprie scelte in favore di
una poesia dotta raffinata e breve, a cui accompagna l'urgenza di novità in quanto, lo stesso Apollo nel prologo
invita il poeta a percorrere strade non battute in precedenza da altri.
- Nelle scelte formali del metro e del dialetto e in quelle tematiche, grazie alle quali viene meno la rigida
separazione dei generi letterari codificati, in nome di una rielaborazione inedita è altamente sperimentale.
- La dottrina è un altro elemento portante della poesia nell'intera produzione di Callimaco, grazie a questa, lui,
inserisce nei suoi versi la ricostruzione delle possibili origini di rituali, di avvenimenti, o ancora di scoperte
astronomiche piegate a esigenze encomiastiche.
- Grande importanza assume anche l'autocoscienza poetica che emerge nel prologo degli Aitia dove Callimaco
parla di sé delle proprie scelte e si colloca in una posizione ben precisa in relazione ad altri autori. In particolare
mostra i suoi principi che sono nettamente in contrapposizione con le convinzioni estetiche di Aristotele che ha
fissato le caratteristiche basilari di un'opera in compiutezza, unità, continuità e l'estensione.
- La sperimentazione sui generi letterali è rinchiusa nel giambo XIII dove Callimaco sostiene la libertà di praticare
generi diversi.
- La polemica letteraria invece compare nella parte finale dell'inno di Apollo dove Callimaco si serve di importanti
immagini metà poetiche tra cui spiccano quelle idriche: qui interviene direttamente Apollo che paragona questo
tipo di poesia a un fiume che scorre pieno di fango e che trasporta con sé multi detriti, ad un filo d'acqua attinte
da una fonte purissima immagine della poesia raffinata.
- Attraverso l'epigramma 28, in fine, ricordiamo che la poesia di Callimaco è raffinata ed elitaria, si tratta di una
poesia per la corte in cui l'autore stesso inserisce importanti riflessioni sulla regalità e in cui gli elogi dei sovrani
ricalcano quasi una vera e propria divinizzazione: il meccanismo della poesia encomiastica presupponeva
proprio l'equivalenza del sovrano alla divinità (un esempio stesso e ritrovabile nell'inno a Zeus dove
l'esaltazione del sovrano è facilmente riconducibile alla divinità stessa.)
GLI INNI
Si tratta di 6 componimenti scritti su metri dattilici: cinque in esametri e uno, il quinto, in distici elegiaci. L’organizzazione
è dovuta con grande probabilità a Callimaco e la collocazione dei singoli inni non è casuale. Il primo, infatti, sembra
quasi un proemio ed è dedicato a Zeus che sappiamo essere la divinità più importante; segue poi una triade di inni
dedicati ad Apollo e Artemide e infine ci sono due inni drammatici che discutono le origini e riproducono i miti dedicati a
Pallade e Demetra. Inoltre, ancora una volta, Callimaco scrive i primi quattro in dialetto ionico e gli ultimi due in dorico. Il
modello a cui Callimaco si rifà sono gli inni omerici di cui è mantenuta la struttura e l’insieme di elementi culturali e
mitologici mentre tra le differenze, oltre al metro e alla lingua, in Callimaco troviamo anche la volontà di esplorare zone
del patrimonio mitologico che raramente erano state trattate, come ad esempio l’infanzia di Artemide nell’Inno III, la
giovinezza di Tiresia nell’inno V. Un altro tratto distintivo degli inni è l’accostamento di elementi quotidiani: ad esempio,
accanto all’inno a Delo che legittima la regalità dei Tolomei, Callimaco rappresenta Artemide bambina seduta sulle
ginocchia di Zeus che apostrofa “papà”, o racconta di Erisittone che in preda ad una fame bestiale sperpera tutti i suoi
beni. Gli inni di Callimaco inoltre si possono suddividere in CLETICI e MIMETICI: e sono stati proprio i mimetici a
sollevare molti problemi per quanto riguarda la genesi del testo. Infatti in essi il poeta mette in scenda un rito di cui
precisa i dettagli e i singoli usi proprio come se il rito stesse avendo luogo in quel momento. In questo senso, dunque, gli
inni sono un prodotto esclusivamente letterario e mimetico, diverso da quelli omerici.

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