Sei sulla pagina 1di 14

LJÓÐA EDDA

SKÍRNISMÁL

IL DISCORSO DI SKÍRNIR

Titoli For Skírnis, «Viaggio di Skírnir»


Skírnismál, «Discorso di Skírnir»
Genere Poema mitologico - Dialogo
Voci Dialogo (6 voci)
Lingua Norreno
Epoca Composizione: Inizio X secolo (900?)
Redazione: XIII secolo
Manoscritti [R] Reykjavík, Stofnun Árna Magnússonar. Codex
Regius, ms. GKS 2365 4to
[A] Reykjavík, Stofnun Árna Magnússonar. Codex
Arnamagnæanus, ms. AM 748 4to

LJÓÐA EDDA

SKÍRNISMÁL

IL DISCORSO DI SKÍRNIS

- Il poema
- La trama
- Le redazioni
- Genere e metrica
- Edizioni italiane

Il poema

La quinta composizione della Ljóða Edda, lo Skírnismál, il «Discorso di Skírnir», è uno tra i più belli,
interessanti e pregevoli poemetti dell'intera raccolta. Gli dèi non vi compaiono a fornire lunghe esibizioni di
sapienza mitologica, ma come protagonisti di una vicenda, che poi è un'incantevole vicenda d'amore.
L'argomento è romantico: il dio Freyr si è perdutamente innamorato della gigantessa Gerðr e il suo
servitore Skírnir affronta un lungo e pericoloso viaggio come pronubo del suo padrone. L'argomento del
contendere è appunto il tentativo, da parte di Skírnir di convincere la bella Gerðr a concedersi a Freyr.

Anche qui la forma è essenzialmente discorsiva ma le voci che si susseguono questa volta sono più di due.
L'autore mostra un'eccellente abilità nella composizione e nel montaggio dei dialoghi, che si intrecciano
agilmente l'uno con l'altro, rendendo con efficacia la vicenda del dio innamorato e del suo fedele servitore.
La forza drammatica e la vivida caratterizzazione dei personaggi permettono di connettere il Skírnismál con
la Þrymskviða ed è possibile che l'autore dei due poemetti sia lo stesso. Bugge ritiene che anche
il Lokasenna sia stato scritto dalla stessa mano: ma le evidenze sono minori (Bugge 1867).

La critica è generalmente d'accordo nel datare il poema alla prima metà del X secolo, che sarebbe stato
compilato forse addirittura intorno al 900 (Scardigli 1982), probabilmente in Norvegia. Il prologo e due
brevi passi in prosa furono presumibilmente scritti dal compilatore medievale del manoscritto della Ljóða
Edda, che sentì la necessità di palesare il contesto della vicenda e fornire alcuni dettagli a chi non avesse
familiarità col racconto.
La trama

Un breve prologo in prosa introduce la vicenda: seduto sul trono di Hliðskjálf, da dove è possibile scrutare
in tutti i mondi, Freyr scorge in Jǫtunheimr una fanciulla talmente bella che di colpo viene preso da una
bruciante pena d'amore. Preoccupato per l'umore melanconico del figlio, Njǫrðr chiede al servo di
questi, Skírnir, di interrogare Freyr al riguardo. È tuttavia Skaði, nell'incipit del poema, a porre la domanda
a Skírnir, il quale teme che Freyr non gradisca la sua invadenza e gli risponda male [1-2]. Skírnir si rivolge
dunque a Freyr il quale gli rivela di essere innamorato di questa fanciulla – si scoprirà poi che il suo nome
è Gerðr – e chiede a Skírnir di andare a chiedere alla ragazza di concedergli un convegno d'amore [3-
9]. Freyr fornisce al messaggero il suo cavallo che sa attraversare magiche barriere di fuoco e in ricompensa
gli cede la sua spada, che combatte da sola contro i giganti. In una singola strofa, Skírnir si rivolge al cavallo
incitandolo a compiere il difficile viaggio verso Jǫtunheimr [10]. Poche righe in prosa narrano il viaggio
di Skírnir e l'arrivo alla dimora del padre di Gerðr, vigilata da cani feroci. Un pastore sconsiglia Skírnir di
proseguire [11-13]; ma il messaggero non lo ascolta e giunge presso la casa di Gerðr.

A questo punto vi è un cambio di scena: il punto di vista si sposta all'interno della casa: Gerðr chiede alla
serva quale sia la causa del frastuono che ode e quella le risponde che uno straniero è arrivato alla
porta; Gerðr teme si tratti dell'assassino di suo fratello. Tuttavia ordina di farlo entrare e gli chiede chi
sia [14-17]. Giunto al cospetto di Gerðr, Skírnir cerca di convincere la fanciulla a concedersi a Freyr.
All'inizio le offre dei doni: mele d'oro e un anello prezioso, ma, in un sagace e rapido scambio di
battute, Gerðr rifiuta quanto le viene offerto [18-22]. Allora Skírnir passa alle minacce: mostra alla fanciulla
la spada avuta da Freyr, ma lei non ne è intimorita [23-24]. Allora, in un lungo monologo che da solo occupa
quasi un quarto del poema [25-36], Skírnir descrive a Gerðr il destino di povertà, angoscia e follia che le è
riservato se non accetterà le profferte d'amore di Freyr, e pronuncia magiche rune che costringono la
fanciulla a cedere alla richiesta. La ritrosia di Gerðr è vinta: la fanciulla promette di incontrarsi
con Freyr entro nove notti [37-39]. Un breve passo in prosa narra il ritorno di Skírnir. In un ultimo scambio
di battute, Skírnir riferisce a Freyr la buona notizia, ma il dio consumato d'amore mormora che non sa se
potrà resistere per ben nove notti, tanto è possente il suo desiderio [40-42].

Le redazioni

Lo Skírnismál  ci è pervenuto in due redazioni: dal Codex Regius [GKS 2365 4°] e dal Codex


Arnamagnæanus [AM 748 I 4°]. Soltanto la prima versione è completa: la seconda arriva fino alla
strofa [27]. Il titolo «Discorso di Skírnir» [Skírnismál] appartiene al Codex Arnamagnæanus; nel Codex
Regius il poema è intitolato «Viaggio di Skírnir» [For Skírnis]. Le differenze tra i due testi sono minime. Si
ritiene che il poema ci sia pervenuto in buone condizioni e sembra praticamente privo di interpolazioni e
lacune.
Nella sua Prose Edda (Gylfaginning [37]), Snorri fa un breve riassunto del poema e cita l'ultima strofa [42].

Genere e metrica

Lo Skírnismál è un poema mitologico, condotto nello stile di una vera e propria ballata. Come genere è assai
simile, tra i canti della Ljóða Edda, all'Hymiskviða e alla Þrymskviða (e come abbiamo detto alcuni pensano
che quest'ultimo sia stato scritto dallo stesso autore).

Il metro dello Skírnismál è il ljóðaháttr o «metro strofico», che nella sua forma canonica è formato da
quattro versi, in cui due «lunghi», costituiti da due semiversi, si alternano a due versi «pieni», formati di un
solo semiverso. Tuttavia, lo Skírnismál presenta, oltre a strofe dal metro regolare, molte varianti delle stesse,
spesso formate da un numero di versi superiore a quattro e senza una regolare successione di «versi lunghi»
e «pieni».
In questa pagina, per ragioni grafiche, i due semiversi che compongono i «versi lunghi» sono stati spezzati e
disposti su due righe. Così le strofe risultano organizzate su un numero di righe diverso da quelle originali.
Ecco, per confronto, la versificazione della strofa [1]:

Rístu nú, Skírnir, ok gakk at beiða


okkarn mála mǫg
ok þess at fregna, hveim enn fróði

ofreiði afi.

Edizioni italiane

Escludendo le strofe scorporate presenti nelle antologie, o quelle citate da Snorri e presenti nelle traduzioni
della Prose Edda, la prima traduzione integrale dello Skírnismál è quella di Alberto Mastrelli, presente nel
libro L'Edda. Carmi norreni, nella collana «Classici della religione», edita da Sansoni (Firenze 1951, 1982).
Intitolata For Skirnis. Il viaggio di Skirnir, è in versi liberi, con le coppie di semiversi «cucite» in versi
interi. Abbastanza libera, ma rigorosa, fittamente annotata.

Alzati, Skirnir, e va subito a parlare


      col nostro figlio
e a domandargli perché quel saggio giovane
      sia così crucciato.

Un'altra traduzione, con il titolo tradotto in Canzone di Skirnir, è quella fornita da Piergiuseppe Scardigli e
Marcello Meli, nell'antologia Il canzoniere eddico, edito da Garzanti (Milano 1982). Di nuovo versi liberi,
sebbene i semiversi siano finalmente evidenziati, presenta un corredo di note ridotto al minimo e non
giustifica molte scelte, non sempre felici, nella traduzione.

Alzati, Skirnir, e va' lesto a chiedere


a nostro figlio un colloquio
per farti dire contro chi quel saggio
sia acceso d'ira.

LJÓÐA EDDA

SKÍRNISMÁL

IL DISCORSO DI SKÍRNIS

- Prologo
- I genitori di Freyr sono preoccupati (1-2)
- Skírnir si rivolge a Freyr (3-7)
- Skírnir si offre di andare in Jǫtunheimr per conquistare la fanciulla (8-10)
- Skírnir in Jǫtunheimr (11-13)
- Cambio di scena: in casa di Gerðr (14-17)
- I doni di Skírnir (18-22)
- Skírnir passa alle minacce (23-36)
- Gerðr acconsente a incontrare Freyr (37-39)
- Freyr riceve la notizia (40-42)
- Note
SKÍRNISMÁL
(FOR SKÍRNIS)

IL DISCORSO DI SKÍRNIR
(IL VIAGGIO DI SKÍRNIR)

Prologo Freyr, sonr Njarðar, hafði Freyr, figlio di Njǫrðr, sedeva in Hliðskjálf e
setzk í Hliðskjálf ok sá um guardava in tutti i mondi. Lanciò uno sguardo
heima alla. Hann sá í in Jǫtunheimr e vide là una meravigliosa
Jǫtunheima, ok sá þar mey fanciulla: ella usciva dalle stanze del padre
fagra, þá er hón gekk frá suo per andare alla dispensa. Subito egli fu
skála fǫður síns til skemmo. preso da pena d'amore.
Þar af fekk hann hugsóttir
miklar.
Skírnir hét skósveinn Freys. Skírnir si chiamava il servitore
Njǫrðr bað hann kveðja di Freyr. Njǫrðr lo pregò di interrogare Freyr.  
Frey máls.
I genitori di Freyr Þá mælti Skaði: Allora parlò Skaði:  
sono preoccupati. 1 Rístu nú, Skírnir, “Àlzati, Skírnir,
ok gakk at beiða e veloce va' a chiedere
okkarn mála mǫg un colloquio a nostro figlio,
ok þess at fregna, e fatti dire
hveim enn fróði sé contro chi quel sapiente
ofreiði afi. sia adirato”.
Skírnir kvað: Skírnir disse:  
2 Illra orða “Cattive parole
er mér ón at ykrom syni, mi aspetto di avere da vostro figlio
ef ek geng at mæla við mǫg se vado parlare col giovane
 
ok þess at fregna, per farmi dire
hveim enn fróði sé contro chi quel sapiente
ofreiði afi. sia adirato”.
Skírnir si rivolge a Skírnir: Skírnir disse:  
Freyr. 3 Segðu þat, Freyr, “Dimmi questo, Freyr,
fólkvaldi goða, condottiero fra gli dèi,
ok ek vilja vita, e che io vorrei sapere,
 
hví þú einn sitr perché tu siedi solo
ennlanga sali, nella vasta sala,
minn dróttinn, um daga. mio signore, tutti i giorni?”
Freyr Freyr disse:  
4 Hví um segjak þér, “Come posso dirti,
seggr enn ungi, giovane uomo,
mikinn móðtrega? la mia pesante pena?
þvíat álfrǫðull La «gloria degli Álfar»
lýsir um alla daga dà luce a tutti i giorni
ok þeygi at mínom munom. ma non ai miei sentimenti”.
Skírnir: Skírnir disse:  
5 Muni þína “I tuoi sentimenti  
hykka ek svá mikla vera non credo siano così grandi
at þú mér, seggr, ne segir, che tu, signore, non possa parlarne.
þvíat ungir saman Poiché giovani insieme
várom i árdaga; fummo al principio del tempo;
vel mættim tveir trúask. c'è fiducia tra noi due”.
Freyr: Freyr disse:  
6 Í Gymis gǫrðom “Nella fortezza di Gymir
ek sá ganga ho visto andare
mér tíða mey; una fanciulla che mi ispirò amore.
armar lýsto Le sue braccia lucevano
en af þaðan e da questa
alt lopt ok lǫgr. l'aria tutta e il mare.
7 Mær er mér tíðari Fanciulla è a me più cara
en manni hveim che a qualunque
ungom í árdaga; giovane uomo, al principio del tempo.
ása ok álfa Tra gli Æsir e gli Álfar
þat vill engi maðr non vuole nessuno
at vit samt sém. che noi si stia insieme”.
Skírnir si offre di Skírnir: Skírnir disse:  
andare in 8 Mar gefðu mér þá, “Il cavallo consegnami allora
Jǫtunheimr per þann er mik um myrkvan che per l'oscura mi porti
parlare con la beri guizzante fiamma famosa
fanciulla. vísan vafrloga, e quella spada
ok þat sverð che da sé combatte
er sjálft vegiz contro la stirpe dei giganti”.
við jǫtna ætt.
Freyr: Freyr disse:  
9 Mar ek þér þann gef “Il cavallo ti consegno
er þik um myrkvan berr che per l'oscura ti porti
visan vafrloga, guizzante fiamma famosa,
 
ok þat sverð e questa spada
er sjálft mun vegaz, che da sé combatterà
ef sá er horskr er hefir. se chi la tiene è accorto”.
Skírnir mælti við hestinn: Skírnir disse al cavallo:  
10 Myrkt er úti, “Buio è là fuori,
mál kveð ek okr fara è tempo, dico, di metterci in viaggio
úrig fjǫll yfir, attraverso montagne brumose,
þyrja þjóð yfir; attraverso paesi di giganti.
báðír vit komumk, o entrambi passeremo
eða okr báða tekr O ci prenderà entrambi
sá inn ámátki jǫtunn. quel gigante oltremodo possente”.
Skírnir in Skírnir reið í Jǫtunheima til Skírnir cavalcò in Jǫtunheimr verso la
Jǫtunheimr. Gymis garða. Þar vóro fortezza di Gymir. C'erano là cani feroci,
hundar ólmir, ok bundnir legati davanti alle porte del recinto che
fyrir skíðgarðs hliði, þess er circondavano la dimora di Gerðr. [Skírnir]  
um sal Gerðar var. Hann cavalcò là dove un pastore sedeva su un
reið at þar er féhirðir sat á tumulo e gli disse:
haugi ok kvaddi hann:
11 Segðu þat, hirðir, “Di' questo, pastore,  
er þú á haugi sitr tu che su quel tumulo siedi
ok varðar alla vega, e sorvegli tutte le strade:
hvé ek at anspilli come posso a colloquio
komumk ens unga mans venire con la giovane donna
fyr greyjom Gymis. oltrepassando i cani di Gymir?”
Hirðir kvað: Il pastore disse:  
12 Hvárt ertu feigr “Moribondo sei tu
eða ertu framgenginn? o sei già trapassato
[...] [tu che cavalcasti fin qui]?
anspillis vanr Del colloquio privo
þú skalt æ vera sempre sarai
góðrar meyar Gymis. con la buona figlia di Gymir”.
Skírnir kvað: Skírnir disse:  
13 Kostir ro betri “C'è meglio da scegliere
heldr en at klǫkkva sé, che lamentarsi
hveim er fúss er fara; per chi è pronto a partire.
eino dægri Fino alla morte
mér var aldr um skapaðr è la durata della mia vita fissata,
ok alt líf um lagit. e stabilita la mia esistenza”.
Cambio di scena; Gerðr kvað: Gerðr disse:  
in casa di Gerðr. 14 Hvat er þat hlym hlymja “Cos'è questo frastuono
er ek heyri nú til che sento ora rimbombare
ossom rǫnnom í? nelle nostre dimore?
 
jǫrð bifaz, La terra trema
en allir fyrir e tutta rintrona
skjálfa garðar Gymis. la reggia di Gymir”.
Ambátt kvað: La serva disse:  
15 Maðr er hér úti “Un uomo è qui fuori
stiginn af mars baki, smontato giù dal cavallo,
jó lætr til jarðar taka. che fa pascolare il suo destriero”.
Gerðr kvað: Gerðr disse:  
16 Inn bið þú hann ganga “Pregalo di venir dentro
í okkarn sal la nostra dimora
ok drekka inn mæra mjǫd; e di bere il miglior idromele.
þó ek hitt óumk Anche se questo io temo:
at hér úti sé che qui fuori vi sia
minn bróðurbani. l'assassino di mio fratello.
17 Hvat er þat álfa Chi è tra gli Álfar,
né ása sona tra i figli degli Æsir
né víssa vana? o tra i sapienti Vanir?
 
hví þú einn um komt Come da solo sei venuto
eikinn fúr yfir attraverso la tremenda vampa
ór salkynni at sjá? a vedere la nostra dimora?”
I doni di Skírnir. Skírnir kvað: Skírnir disse:  
18 at ek álfa “Non sono io degli Álfar,
né ása sona né dei figli degli Æsir
né víssa vana; né dei sapienti Vanir,
þó ek einn um komk anche sa da solo son venuto
eikinn fúr yfir attraverso la tremenda vampa
yðor salkynni at sjá. a vedere la vostra dimora.
19 Epli ellifo Undici mele
hér hefi ek algullin, ho qui, tutte d'oro,
þau mun ek þér, Gerðr, e le darò a te, Gerðr, in dono,
gefa, per mercato d'amore,
frið at kaupa, se tu dici che per te Freyr
at þú þér Frey kveðir è il più caro dei viventi”.
óleiðastan lifa.
Gerðr kvað: Gerðr disse:  
20 Epli ellifo “Undici mele
ek þigg aldregi non accetterò mai
at mannzkis munom, per la passione di alcuno.
 
né vit freyr Freyr e io
meðan okkart fjǫr lifir, per il tempo della nostra vita
byggjom bæði saman. non vivremo mai, noi due, assieme”.
Skírnir kvad: Skírnir disse:  
21 Baug ek þér þá gef, “Un bracciale dono a te,
þann er brendr var che fu arso sul rogo
með ungom Óðins syni; col giovane figlio di Óðinn.
átta ero jafnhǫfgir, Otto dello stesso peso
er af drjúpa gocciolano da esso
ena níundo hverja nótt. ogni nona notte”.
Gerðr kvað: Gerðr disse:  
22 Baug ek þikkak, “Un bracciale non accetterò,
þótt brendr sé anche se fu arso sul rogo
með ungom Óðins syni; col giovane figlio di Óðinn.
era mér gullz vant Oro non mi manca
í gǫrðom Gymis, nella fortezza di Gymir,
at deila fé fǫður. mi bastano le ricchezze del padre”.
Skírnir passa alle Skírnir kvað: Skírnir disse:  
minacce. 23 Sér þú þenna mæki, mær, “Vedi questa spada, fanciulla,
mjóvan, málfán, sottile, cesellata,
er ek hefi í hendi hér? che in pugno brandisco?
 
hǫfuð hǫggva La tua testa via
ek mun þér hálsi af, ti mozzerò dal collo
nema þú mér sætt segir. se a me non dirai un sì”.
Gerðr kvað: Gerðr disse:  
24 Ánauð þola “Violenze
ek vil aldregi io non tollero
at mannzkis munom; per la passione di alcuno.
þó ek hins get Io però sento  
ef it Gymir finniz, che se Gymir ti trova,
vigs ótrauðir, voi, impetuosi,
at ykr vega tíði. avrete modo di battervi!”
Skírnir kvað: Skírnir disse:  
25 Sér þú þenna mæki, mær, “Vedi questa spada, fanciulla,
mjóvan, málfán, sottile, cesellata,
er ek hefi í hendi hér? che in pugno brandisco?
fyr þessom eggjom Sul morso di questa lama
hnígr sá inn aldni jǫtunn, crollerà l'antico gigante,
verðr þinn feigr faðir. troverà la morte tuo padre.
26 Tamsvendi ek þik drep, Con la verga di potere ti colpisco  
en ek þik temja mun, e così ti piegherò,
mær, at mínom munom; fanciulla, al mio volere.
þar skaltu ganga Tu andrai là
er þik gumna synir dove i figli degli uomini
síðan æva sé. non ti vedranno più.
27 Ara þúfo á Sul poggio dell'aquila
skaltu ár sitja, sarai tu seduta:
horfa heimi ór, dal mondo guarderai giù
snugga heljar til; protesa verso gli inferi.
matr sé þér meirr leiðr Il cibo ti sarà più disgustoso
en manna hveim che per gli uomini
enn fráni orm með firom. il viscido serpente.
28 At undrsjónom þú verðir, Spettacolo orrendo darai
er þú út kǫmr; se riuscirai a venirne fuori:
á þik Hrímnir hari, ti guardi Hrímnir sogghignando,
á þik hotvetna stari; ti schernisca la gente!
víðkunnari þú verðir Sarai più osservata
en vǫrðr með goðom, del guardiano degli dèi,
gapi þú grindom frá. a bocca aperta tra i cancelli rimarrai.
29 Tópi ok ópi, Pazzia e lamento,
tjǫsull ok óþoli, malocchio e tormento,
vaxi þér tár með trega! con angoscia per te saranno lacrime!
Seztu niðr, Rimani a sedere,
en ek mun segja þér ché io voglio narrarti
sváran súsbreka il triste frantumarsi della tua gioia
ok tvennan trega: e un raddoppiato dolore.
30 Tramar gneypa Ti strazieranno dèmoni
þik skolo gerstan dag quanto è lungo il giorno
jǫtna gǫrðom í; nei recinti dei giganti.
til hrímþursa hallar Nelle sale dei giganti di brina
þú skalt hverjan dag tu dovrai, ogni giorno,
kranga kosta laus, strisciare senza letizia,
kranga kosta vǫn; strisciare senza gioia.
grát at gamni Lacrime per risa
skaltu í gǫgn hafa avrai tu in cambio
ok leiða með tárom trega. e dolore in mezzo al pianto!
31 Með þursi þríhǫfðuðom Col gigante a tre teste
þú skalt æ nara passerai il tuo tempo
eða verlaus vera! e non partorirai un maschio!
Þitt geð grípi, Il tuo senno s'infranga,
þik morn morni! la debolezza ti consumi!
Ver þú sem þistill, Sarai tu come il cardo
sá er var þrunginn preso nell'ultimo
í ǫnn ofanverða! tempo della mietitura!
32 Til holtz ek gekk Al bosco sono andato
ok til hrás viðar, nell'umida foresta
gambantein at geta; la magica verga a prendere;
gambantein ek gat. la magica verga ho preso.
33 Reiðr er þér Óðinn, Ira ti viene da Óðinn,
reiðr er þer Ásabragr, ira ti viene dal migliore degli Æsir,
þik skal Freyr fjásk, ti sarà Freyr eterno nemico.
en fyrinilla mær, Perfida fanciulla,
en þú fengit hefir ti sei imbattuta
gambanreiði goða. nell'ira tremenda degli dèi.
34 Heyri jǫtnar, Udite, giganti,
heyri hrímþursar, udite, giganti di brina,
synir Suttunga, figli di Suttungr,
sjálfir ásliðar, e voi stessi, campioni degli Æsir!
hvé ek fyrirbýð, Come io qui vieto
hvé ek fyrirbanna come io qui precludo
manna glaum mani, a costei la gioia dell'uomo,
manna nyt mani! a costei il piacere dell'uomo!
35 Hrímgrímnir heitir þurs, Hrímgrímnir si chiama il gigante
er þik hafa skal che ti possiederà
fyr nágrindr neðan; oltre il cancello dei morti.
þar þér vílmegir Là schiavi cenciosi
á viðar rótom tra le radici dell'albero
geita hland gefi; ti daranno piscio di capra.
æðri drykkjo Bevanda migliore
fá þú aldregi, tu non avrai mai,
mær, at þínom munom, fanciulla, per mio volere,
mær, at mínom munom! fanciulla, per tuo volere!
36 Þurs ríst ek þér La runa þurs incido per te
ok þrjá stafi, e tre caratteri:
ergi ok ǿði lussuria e follia
ok óþola; e tormento.
svá ek þat af ríst Come io li incido
sem ek þat á reist, così io, se mi conviene,
ef gǫraz þarfar þess. li posso cancellare”.
Gerðr acconsente Gerðr kvað: Gerðr disse:  
a incontrare Freyr. 37 Heill ver þú nú heldr, “Salute sia allora a te, o giovane,
sveinn, e prendi il calice di brina
ok tak við hrímkálki, colmo dell'antico mjǫðr!
fullom forns mjaðar; Pur se io avevo pensato
þó hafða ek þat ætlat, che mai avrei potuto
at myndak aldregi voler bene a stirpe di Vanir”.
unna vaningja vel.
Skírnir kvað: Skírnir disse:  
38 Ǫrindi mín “La mia ambasciata
vill ek ǫll vita, voglio tutta conoscere
áðr ek ríða heim heðan, prima che cavalchi verso casa.
 
nær þú á þingi Quando un incontro tu
munt enom þroska gradirai col forte
nenna Njarðar syni. figlio di Njǫrðr”.
Gerðr kvað: Gerðr disse:  
39 Barri heitir, “Barri si chiama
er vit bæði vitom, quel che noi due conosciamo,
lundr lognfara; bosco di silenti sentieri.
 
en ept nætr nío E fra nove notti
þar mun Njarðar syni là col figlio di Njǫrðr,
Gerðr unna gamans. Gerðr scambierà passione d'amore”.
Freyr riceve la Þa reið Skírnir heim. Freyr Allora cavalcò Skírnir a casa. Freyr stava
notizia. stóð úti ok kvaddi hann ok fuori e a lui si rivolse e gli chiese notizie:  
spurði tíðinda:
40 Segðu mér þat, Skírnir, “Dimmi questo, Skírnir,  
áðr þú verpir sǫðli af mar prima che tu tolga la sella al destriero
ok þú stigir feti framarr, e muova i tuoi passi:
hvat þú árnaðir che cosa hai concluso
í jǫtunheima in Jǫtunheimr
þíns eða míns munar. per tuo e mio volere?”
Skírnir kvað: Skírnir disse:  
41 Barri heitir, “Barrey si chiama
er vit báðir vitom, quel che noi due conosciamo,
lundr lognfara; bosco di silenti sentieri.
en ept nætr nío E fra nove notti
þar mun Njarðar syni là col figlio di Njǫrðr,
gerðr unna gamans. Gerðr scambierà passione d'amore”.
42 Freyr kvað: Freyr disse:  
Lǫng er nótt, “Lunga è una notte,
langar ro tvær, più lunghe sono due,
hvé um þreyjak þrjár? come potrò patirne tre?
opt mér mánaðr Spesso un mese
minni þótti mi è parso più breve
en sjá hálf hýnott. di questa mezza notte di attesa”.
 
     

NOTE

Titolo — Il titolo Skírnismál («Discorso di Skírnir») appartiene al Codex Arnamagnæanus. Nel Codex


Regius il poema è intitolato For Skírnis («Viaggio di Skírnir»). 

Prologo — Hliðskjálf è il trono di Óðinn, sito nel palazzo di Valaskjálf, dal quale è possibile osservare tutto
quanto accade nei nove mondi (Gylfaginning [9 | 17]).

1 — Nel prologo è Njǫrðr a chiedere a Skírnir di indagare riguardo alla melanconia di suo figlio Freyr: nel
poema a rivolgersi a Skírnir è invece Skaði, sposa di Njǫrðr e madre adottiva di Freyr. Nella richiesta
di Skaði, alcuni editori emendano il pronome possessivo accusativo duale okkarn «nostro» con il
singolare várn «mio»; dunque «mio figlio» invece di «nostro figlio», in quanto il bisillabo duale
comporterebbe un errore metrico. Stessa correzione viene fatta nella strofa successiva [2], dove la replica
di Skírnir viene emendata in «tuo figlio» invece del duale originale «vostro figlio». Così traduce ad esempio
Henry Adams Bellows [my son / thy son] (Bellows 1936). Noi abbiamo lasciato la forma originale.

4 — (d) Álfrǫðull «gloria degli elfi», kenning per «sole», forse così chiamato perché la sua luce sarebbe
fatale a nani ed elfi. (Alvíssmál [35]) 

6 — Ci informa Snorri, nella parafrasi che ci dà della vicenda: «Un uomo si chiamava Gymir e sua moglie
Aurboða: ella era della stirpe dei giganti delle montagne. Loro figlia era Gerðr, la più bella di tutte le
fanciulle» (Gylfaginning [37]). — Gymir sembra essere un gigante legato al mare (il suo nome è citato come
uno degli heiti per «mare»). A una natura marina del personaggio si riferisce anche Þjóðólfr ór Hvíni che
chiama lo scroscio delle onde del mare «canzoni di Gymir» [Gymis ljóð] (Ynglingatal [25]).
L'incipit del Lokasenna, inoltre, sembra identificare Gymir con il dio del mare Ægir.
7 — Nella parafrasi prosastica di Snorri è presente, a questo punto, l'esplicita richiesta
di Freyr che Skírnir vada a corteggiare Gerðr in suo nome: «E tu devi andare a corteggiarla per me, e devi
portarmela qui, che suo padre lo voglia o no: di ciò saprò bene ricompensarti», a cui segue la risposta
di Skírnir che lo avrebbe fatto a patto che Freyr gli avesse ceduto il cavallo e la spada. Poiché il testo di
Snorri è molto vicino a quello del poema, alcuni studiosi ritengono possibile che il testo originale
dello Skírnismál avesse riportato le parole di Freyr, poi riprese da Snorri; è dunque possibile che una strofa
sia stata omessa tra la [7] e la [8]. 

8 e 9 — (d) Il dono, da parte di Freyr, della propria spada a Skírnir, spiega perché egli nel ragnarǫk,
mancandogli una spada, sia destinato a soccombere nella battaglia contro Surtr (Vǫluspá [53]). Snorri
aggiunge che, essendo Freyr senza spada, abbia ucciso un certo Beli con un corno di
cervo (Gylfaginning [37]), ma di questo mito non abbiamo altri dettagli. 

10 — (d) Þyrja þjóð yfir «attraverso paesi di giganti». Secondo alcuni studiosi, questo semiverso sarebbe
spurio. 

12 — (c) Il terzo semiverso di questa strofa è assente in tutti i manoscritti e non sembra esservi alcuna
lacuna. Nella nostra traduzione abbiamo riportato l'emendamento congetturale di Nikolai
Grundtvig (Grundtvig 1806). 

13 — Questa strofa ricorda irresistibilmente i proverbi e le sentenze presenti nella prima parte
del Hávamál. 

15 — Questa strofa è formata soltanto da un verso lungo e uno pieno e nei manoscritti non c'è alcuna
indicazione di una lacuna. Sophus Bugge ha suggerito di emendarla dal testo (Bugge 1806); Karl von
Hildebrand ha suggerito invece di emendare, come spuri, gli ultimi tre semiversi della strofa [14] e di
raccogliere insieme le strofe [14-15] come se formassero una singola strofa (Hildebrand 1876), ma si tratta
di una soluzione poco convincente. 

16 — (f) Non sappiamo chi sia il fratello di Gerðr né tantomeno chi fosse stato a ucciderlo. Una possibile
soluzione è che Gerðr si riferisca all'enigmatico mito dell'uccisione di Beli da parte di Freyr, di cui tratta
rapidamente Snorri quando parla della spada che Freyr avrebbe ceduto a Skírnir: «Questa è la causa per
cui Freyr era senza armi quando combatté contro Beli e lo uccise con un corno di
cervo» (Gylfaginning [37]). Si può obiettare che, a questo punto del racconto, Freyr si è appena privato della
sua spada cedendola a Skírnir e difficilmente avrebbe avuto il tempo di combattere contro Beli; in tal caso le
parole di Gerðr potrebbero essere interpretate come un presagio. Ma rimane il fatto che l'uomo fuori della
porta non è Freyr ma Skírnir, del quale non sono stati tramandati combattimenti od omicidi. 

18 — Il Codex Arnamagnæanus omette questa strofa. 

19 — (a-b) Skírnir si riferisce probabilmente alle mele d'oro coltivate dalla dea Iðunn, che dànno agli dèi
l'eterna giovinezza; ma perché vengano donate in numero di undici non lo sappiamo. 

21 — (a) Si tratta del bracciale Draupnir, che fu deposto sulla pira funebre di Baldr e che, in seguito, lo
stesso Baldr rimandò a Óðinn dagli inferi (Gylfaginning [49]). Come il bracciale sia finito nelle mani
di Freyr e Skírnir  non lo sappiamo. — (d-f) Gli ultimi tre semiversi sono omessi nel Codex
Arnamagnæanus. 

22 — (a-b) I primi due semiversi di questa strofa sono omessi nel Codex Arnamagnæanus. 

25 — (a-c) I primi tre semiversi, ripetuti poi dalla strofa [23], sono abbreviati sia nel Codex Regius che
nel Codex Arnamagnæanus. 

27 — (a) Il «poggio dell'aquila» è forse la montagna ai confini del mondo dove si trova Hræsvelgr, il
gigante in forma di aquila che col battito delle sue ali crea i venti che soffiano sul
mondo (Vafþtrúðnismál [37]). — (c-d) Questi semiversi sono mutili in entrambi i manoscritti, la traduzione
è congetturale. Hildebrand propone di emendare i due versi, ma così facendo il testo non appare
completo (Hildebrand 1876). — (f-g) Nel Codex Arnamagnæanus la strofa manca degli ultimi due
semiversi. 

28 — (c) Hrímnir: evidentemente il nome di un gigante, oltre qui citato soltanto nel Hyndluljóð [33] (a meno
che non sia da identificare con Hrímr, re dei giganti di brina). Il «guardiano degli dèi» [vǫrðr með goðom] è
chiaramente Heimdallr, ma il senso della maledizione ci sfugge. Secondo alcuni il quarto semiverso sarebbe
spurio. 

29 — (a-b) «Pazzia e lamento | malocchio e tormento»: rendiamo così quattro parole [Tópi ok ópi | tjǫsull
ok óþoli], sapientemente allitterate, il cui significato non è chiaro, anche se le si ritiene relative a forme di
squilibrio mentale. Il dizionario antico islandese di Cleasby e Vigfússon suggerisce le seguenti
traduzioni: tópi «follia» (cfr. danese tåbe «matto»); ópi < óp «grido, lamento» (cfr. gotico wôpjan «gridare»,
anglosassone wōp, inglese whoop «gridare» e weep «piangere»); tjǫsull forse «incantamento» (cfr.
anglosassone tæsel, inglese teasle, nome di un tipo di cardo [Dispacus fullonum], erba anticamente usata per
gli incatesimi; cfr. svedese tjusa/fortjusa «incantesimo, formula magica» e tjusning «fascino»); óþoli non è
contemplato dal dizionario (Cleasby ~ Vigfússon 1874). Nella traduzione inglese, Bellows rende questi versi
con «Furia e brama | schiavitù e ira» [Rage and longin | fetters and wrath] (Bellows 1936). Tra i traduttori
italiani, Giacomo Prampolini scrive «pazzia e perfidia | febbre e ferocia» (Prampolini 1949); Piergiuseppe
Scardigli e Marcello Meli traducono «Frenesia e gemito | pena e tormento» (Scardigli 1982). Niedner e
Barend Sijmons considerano l'intera strofa come interpolata (Sijmons 1906), Finnur Jónsson emenda
l'ultimo semiverso (Jónsson 1926). 

30 — Questa strofa e alcune delle successive appaiono un po' confuse. Seguiamo qui la lezione del Codex
Regius, che è quella seguita dalla maggior parte degli editori del poema; il Codex
Arnamagnæanus distribuisce i versi in maniera diversa, riportando i quattro semiversi centrali di questa
strofa nella strofa [35]. Alcuni studiosi, tra cui Niedner, Sijmons e Gering, si sono attenuti alla seconda
lezione, a cui peraltro fa riferimento la traduzione inglese (Bellows 1936). — (a) La parola tramar, qui
tradotta con «dèmoni», non ha un'etimologia non molto chiara; è probabilmente connessa con lo
svedese trommä e il danese tremmind «maligno»; la traduzione fornita dal dizionario antico islandese è
«spirito maligno, demonio» (Cleasby ~ Vigfússon 1874). Hugo Gering, nella versione tedesca, traduceva
con «Kobolde» (Gering 1892). Nella traduzione inglese, Bellows rende con un generico «vile
things» (Bellows 1936), Piergiuseppe Scardigli e Marcello Meli traducono invece «esseri
malvagi» (Scardigli 1982). 

31 — (d-e) Anche questa strofa appare non del tutto chiara e ha subìto da parte degli studiosi vari
arrangiamenti ed emendamenti. Il verso formato dal quarto e dal quinto semiverso [þitt geð grípi | þik morn
morni] presenta delle imperfezioni metriche che hanno fatto pensare a un'interpolazione. 

32 — Strofa difettiva formata soltanto da un verso lungo e due versi pieni, ma non vi è alcuna lacuna nei
manoscritti. In effetti l'intera strofa appare interpolata o fuori posto: è probabile che in origine andasse posta
prima della strofa [25]. Infatti, mentre nella strofa [32] Skírnir afferma di recarsi nel bosco a prendere una
verga magica per colpire la fanciulla riottosa, è nella strofa [25] che aveva già affermato di colpirla con la
verga. 

33 — (d) La parola fyrinilla, qui tradotta con «perfida», è oscura. Scardigli e Meli la rendono con
«turpe» (Scardigli 1982), ma si tratta anche qui di una traduzione ipotetica. Secondo Jónsson l'intera strofa
sarebbe interpolata (Jónsson 1926). 

34 — Diversi studiosi ritengono che il quarto semiverso sia un'interpolazione; altri ancora espungono
l'ultimo semiverso. Altri, al contrario, traducono il terzo e quarto semiverso come se appartenessero a un
verso lungo che suonerebbe all'incirca «voi, dèi e figli di Suttungr». Suttungr è il gigante di cui
tratta Hávamál [104]. 
35 — (a) Hrímgrímnir «ammantato di gelo»: evidentemente anche qui il nome di un gigante, non conosciuto
in altre fonti. I versi di questa strofa appaiono combinati in maniera diversa a seconda dei manoscritti. 

36 — (a) þurs «gigante», era la quarta runa del fuþark, ᚦ, all'origine dell'attuale lettera


islandese Þ (conosciuta come þorn). Anche questa strofa presenta nel testo delle difficoltà (ad esempio nei
manoscritti inizia con la lettera minuscola) che fanno pensare a eventuali manipolazioni. 

37 — (a) kálk, «calice». Forestierismo dal latino calix, attraverso l'antico inglese calic. Il termine ricorre
in Hymiskviða [28 | 30 | 32], in Rígsþula [32], in Atlakviða [35], in Sigurðarkviða in skamma [29].
Il hrímkálkr fullom forns mjaðar, «calice di brina colmo dell'antico mjǫðr» ritorna con identica formula
in Lokasenna [53], dove il calice viene però offerto da Sif a Loki. 

41 — Nei manoscritti questa strofa è abbreviata, ridotta alle sole iniziali. 

42 — Questa strofa è citata da Snorri con una lieve variante. Mentre il testo del Codex Regius dice «lunga è
una notte | più lunghe sono due» [Lǫng er nótt | langar ro tvær], Snorri riporta: «lunga è una notte | lunga è
una seconda» [Lǫng er nótt | lǫng er ǫnnur] (Gylfaginning [37]). È evidente che Snorri disponeva di un
testo diverso di quello che ci è stato tramandato. 

Bibliografia

 BELLOWS Henry Adams [trad.], The Poetic Edda. Translated from the Icelandic with an Introduction
and Notes. American-Scandinavian Foundation, New York 1923.
 BUGGE Sophus, Sæmundar Edda hins fróða. In: «Norrœœn fornkvæði». Christiania [Oslo] 1867.
 CLEASBY Richard ~ VIGFÚSSON Guðbrandur, An Icelandic-English Dictionary. Oxford, 1874.
 GERING Hugo [trad.], Die Edda. Die Lieder der sogenannten älteren Edda. Bibliographisches Institut,
Liepzig/Wien 1892, 1927.
 GRUNDTVIG Nikolai Frederik Severin, Lidet om Sangene i Edda. København 1806.
 HILDEBRAND Karl von, Die Lieder der Älteren Edda. Schöningh, Paderborn 1876
 JÓNSSON Finnur, Sæmundar Edda, Reykjavík 1926.
 MASTRELLI Alberto [cura], L'Edda. carmi norreni. Classici della religione. Sansoni, Firenze 1951,
1982.
 MÜLLENHOFF Karl, Deutsche Alterertumskunde. Berlino, 1908.
 NECKEL Gustav, Edda. Die Lieder des Codex Regius nebst verwandten Denkmälern, vol. I. Heidelberg
1962.
 NIEDNEL Felix, Edda Heldendichtung / Götterdichtung. Diederichs, Jena 1962.
 PRAMPOLINI Giacomo, Letterature germaniche insulari. In: Storia universale della letteratura, vol.
III. UTET, Torino 1949.
 RASK Rasmus Christian [trad.], Sæmundar Edda. Stockholm 1818.
 REICHBORN-KJENNERUD Ingjald, Lægerådene i den eldre Edda. In: «Maal og Minne». Novus
Forlag, Kristiania [Oslo] 1923.
 RYDBERG Viktor, Undersökningar i germanisk mythologi. Adolf Bonnier, Stockholm 1886. →
ID., Teutonic Mythology. Gods and Goddesses of the Northland. Norrœna Society, London 1889.
 SCARDIGLI Piergiuseppe [cura] ~ MELI Marcello [trad.], Il canzoniere eddico. Garzanti, Milano 1982.
 SIJMONS Barend, Lieder der Edda. Halle 1906.

Potrebbero piacerti anche