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LEZIONE 6

Poesia europea.

Quando si parla di poesia del 900 anche a livello europeo si fa un po’ di fatica a capire bene quando sia
effettivamente l’inizio del 900 in senso culturale, in senso letterario. L’inizio 900 è caratterizzato da spinte
culturali e letterarie diverse. La spinta che più contraddistingue il 900 è quella delle avanguardie, intese
come stacco netto nei confronti della tradizione precedente. Con tutto questo intento di rottura e di
distruzione, anche il movimento futurista in Italia e per tutta Europa, tendeva a diventare quasi una sorta di
nuovo codice convenzionato, quindi opporsi a tutte le normative diventava quasi una nuova convenzione,
quasi un nuovo costume codificato. Sotto questo punto di vista l’intenzione del futurismo e delle
avanguardie può essere considerata come una delle direzioni del 900 dal punto di vista letterario e
culturale, però è ancora una soluzione dalla poetica un po’ limitata, quindi opposizione netta nei confronti
di tutto. Ci vuole una soluzione che riesca a incarnare lo spirito del 900, quindi senso del moderno in un
modo un po’ più elaborato, consapevole. In questo senso particolarmente urgente è l’invito di Majakoski
che nel 1917 esprime la necessità di una nuova concezione della poesia, cioè intendere “la poesia che deve
essere concepita come una sorta di lingua nuova, come un nuovo strumento per riuscire a cogliere la realtà,
il rapporto con l’io che la percepisce.” Idea di una maggiore consapevolezza nell’apportarsi con la
tradizione stessa per cercare di interpretare il senso del moderno ma in modo più consapevole. Capiamo
che ci deve essere, secondo Majakoski, un atteggiamento dinamico nei confronti della cultura delle spinte
del tempo di inizio 900, ma anche nei confronti della tradizione stessa. Abbiamo comunque un’indicazione
di un’arte che deve interagire con la realtà in modo diretto e consapevole. Le nuove spinte della cultura
moderna non devono essere ignorate, ma è necessario che tra la dimensione del nuovo e la dimensione
precedente della tradizione, ci sia una mediazione maggiore. L’idea, che si concretizza nell’esperienze
poetiche dei grandi esponenti della poesia di inizio 900 in Europa, è che ci debba essere un diverso
equilibrio fra le spinte del nuovo che caratterizzano l’inizio del 900 e la tradizione precedente. La tradizione
non deve essere qualcosa da rifiutare in maniera diretta o da prendere in blocco come elemento di
riferimento, questa rappresenta un patrimonio accumulato nel corso dei secoli e che va riattualizzato alla
luce delle nuove percezioni. Il modernismo tentava di portare all’attenzione questo atteggiamento: un
atteggiamento dinamico e aperto nei confronti delle diverse dimensioni dell’arte, della letteratura. Il
modernismo si presenta come un nuovo linguaggio della poesia che cerca di creare una risposta letteraria
che sia costituita da più elementi, che sia un insieme dinamico di più spinte da più direzioni. Quindi l’idea è
quella di porre attenzione alla realtà delle cose, a ciò che sta succedendo ma anche considerare tutte le
diverse esperienze, anche quelle precedenti. Ovviamente in un’idea di dialogo cosmopolita a livello
culturale, le linee del modernismo di inizio 900 non puntano a una realizzazione letteraria-poetica che sia
non gestita o non definita. Molti dei poeti modernisti in tutta Europa non sono solo poeti ma nella maggior
parte dei casi sono anche critici letterari, personaggi che hanno una chiara competenza oltre che
nell’impiego di strumenti letterari anche nella conoscenza della tradizione stessa e degli strumenti per
potercisi avvicinare. Quindi la poesia modernista nei primi decenni del 900 è una poesia che ha una grande
consapevolezza dal punto di vista di procedimenti e costruzioni e cerca proprio il dialogo. Cerca di arrivare a
un testo polifonico in cui risuonino più voci, in cui il linguaggio tecnico formale (derivato dalla tradizione)
entri in dialogo diretto anche con i registri più popolari della lingua parlata. idea di un dialogo diretto tra
registri per arrivare a un testo che sia polifonico, che porti dentro di sé le diverse tendenze. Questo è
importante perché fare attenzione ai diversi elementi della realtà e a tutto quello che ha preceduto il poeta
stesso, significa porsi in modo completamente diverso nei confronti della tradizione. In modo
completamente diverso rispetto a quanto fanno le avanguardie che nel nome del nuovo, del moderno, della
macchina, distruggono completamente tutto ciò che rappresentava il passato. Questo è l’atteggiamento
fondamentale perché si cerca di recuperare il passato, si cerca di recuperare un modo di rapportarsi col
passato. L’idea è quella di rileggere la tradizione, trovare una chiave di lettura per riattualizzare quanto ha
preceduto i poeti di inizio 900 e stabilire un nuovo rapporto con non solo il presente e le nuove spinte, ma
anche con il passato e la tradizione stessa. Ovviamente questo vuol dire che dopo aver visto tra fine 800 e
inizio 900 prevalere in ambito poetico il frammento, il componimento breve, con un recupero diverso nei
confronti della tradizione, vengono recuperate anche forme di composizione poetica più articolate, più
dense. Non solo quindi recupero di alcuni concetti, ma anche recupero di forme stesse che non vengono
rifiutate di per sé, ma vengono riattualizzate. Ecco quindi che tra le voci che più spingono a queste nuove
soluzioni della poesia, c’è per esempio la voce del francese Paul Valery. Paul Valery oltre a recuperare
un’idea di contatto con la tradizione stessa, spingeva molto soprattutto nei saggi verso la fine degli anni 10
e dopo la prima guerra mondiale, per una ricerca di una nuova coesione a livello europeo. Ovviamente ci
sono tutti i grandi pensatori e i grandi poeti dei primi decenni del 900, tutti sottolineano il disagio e la
difficoltà dell’Europa dopo la prima guerra mondiale. La sensazione di un’identità che si è infranta, il senso
di spaesamento immediatamente successivo al conflitto mondiale, sono dei punti di grande interesse per
Valery ma anche per lo stesso Eliot che puntano a tentativi di coesione per l’Europa stessa: l’Europa deve
ritrovare delle basi non solo ideali, ma anche dei valori culturali per avere una nuova situazione di stabilità
dopo dello spaesamento del dopoguerra. In questo senso fondamentale sarà per Eliot il recupero dei grandi
autori del passato, primo fra tutti Dante. Ecco quindi che alla luce di queste spinte da parte di Valery, si
guarda con nuovo interesse il mondo dell’antichità, proprio perché in nome di questo nuovo rapporto col
passate si cerca di mediare le nuove spinte del nuovo secolo con una tradizione che possa essere
funzionale, che possa essere riletta per un nuova soluzione di tipo culturale. Ogni peota contemporaneo
deve essere consapevole che lo spirito dell’Europa è un movimento, la coesione europea nel periodo dopo
la prima guerra mondiale deve essere ricercato attraverso anche il passato, attraverso la storia che può
essere non solo rifiutata o accolta come un riferimento statuario, ma deve essere un bagaglio culturale con
cui interagire, può essere riattualizzato e presentare nuove linee di lettura. Per esempio nel saggio del 1920
Eliot saggio che si intitola Tradizione e Talento individuale. Eliot sottolinea questo rapporto dinamico tra
la dimensione culturale letteraria del presente (cioè quella che ogni poeta porta con sé) e la dimensione del
passato. Dice Eliot: l’idea che anche operando a livello letterario nel presente, l’idea della tradizione muta.
La tradizione non è qualcosa di statico (ricordiamo l’idea della velocità contrapposta alla staticità del
passato, alla staticità della tradizione). Per Eliot il passato è un processo attivo, il passato non è qualcosa
con cui confrontarsi in modo statico. Esso stesso non è statico. Ecco quindi l’importanza di rapportarsi in
questo modo alla tradizione: è una posizione rilevante perché veniamo da due decenni di completa
opposizione nei confronti del passato. C’è questa idea fondamentale di un’interazione dinamica tra la
dimensione letteraria del presente e la tradizione che non può essere considerata come qualcosa di statico.
Questo è importante proprio perché definisce la nuova linea di rapporto, quel nuovo equilibrio fra
innovazione e tradizione. La grande lirica europea cercherà soprattutto questa direzione e sarà soprattutto
una direzione condotta non tanto da gruppi, correnti, flussi, tradizioni incarnate in una tendenza letteraria.
Sarà soprattutto una linea perseguita da grandi personalità. Sono grandi individualità che aderiscono a una
serie di tendenze letterarie, ma che sono soprattutto esponenti individuali. Ad esempio in Francia abbiamo
verso la fine degli anni 10 Apollinaire che nonostante sostenitore di una particolare attenzione nei confronti
della modernità, affermava la necessità di amntenere quella che lui chiamava la fedeltà all’arte della parola,
quindi la necessità di porre attenzione alle spinte del moderno ma anche di considerare la tradizione stessa,
con tutte le sue regole e con tutti i suoi apparati normativi, come uno strumento positivo e non qualcosa da
infrangere. Quindi nonostante anche lo stesso Apolinerre puntasse al nuovo, puntasse alla sorpresa, poi in
linea con le avanguardie, la sua soluzione era molto più prudente. Apollineire morì nel 1918 quindi non
assistette agli sviluppi del dibattito culturale in Francia. La figura di spicco fu quella di Paul Valery che
metteva in evidenza questa nuova linea di recupero della tradizione, di mediazione, di dialogo dinamico tra
spinte del nuovo e la tradizione sottolineando soprattutto come questa soluzione fosse necessaria in un
periodo come quello post-bellico quando la grande guerra aveva portato con sé un senso di fragilità, di
disillusione. Quindi una situazione che Valery sottolinea, di grande difficoltà della cultura europea. Nel
dopoguerra, la poesia del dopoguerra doveva seguire, secondo Valery, proprio questa direzione e cioè un
mantenere la lezione del simbolismo di Bodleire e di Mallarmè ma ritrovare anche il classicismo, cioè
ritrovare anche l’importanza della tradizione greca, rinascimentale, barocca. Un dialogo tra la poesia
simbolista e le forme della tradizione che andavano sicuramente recuperate. Da qui una poesia che viene
definita un insieme di apollineo e dionisiaco, quindi una poesia tutta inventata ma anche tutta calcolata,
quindi una fusione felice di passione e ragione, di spinta istintiva ma anche di costruzione razionale. Eliot:
anche lui segue questa direzione. Si forma sulla lezione dei poeti simbolisti francesi, in particolare lo stesso
Valery. Quindi apprendendo come applicare il linguaggio lirico alla vita contemporanea, una formazione
che anche grazie alla influenza di Esard Rapaund approfondì anche lo studio degli antichi, quindi lo studio
della lirica provenzale, dell’elegia latina, di una tradizione che costituiva l’altro versante della sua
formazione poetica. Ecco che quindi nel 1922, con The Weistlen, Eliot raggiunge in forma concreta
quell’idea del testo polifonico, della polifonia formale, cioè in un testo che interpreta le inquietudini del
periodo post bellico e la disillusione che è successiva alla catastrofe della guerra, riunisce, ritrova spunti di
tipo letterario dai grandi del passato, con citazioni e riferimenti alla Bibbia, a Sheakspeare, alle leggende
arturiane, a Dante, cioè produce quell’effetto di polifonia formale che caratterizza la sua dimensione lirica.
Ovviamente una polifonia che si avvale non solo di antico-nuovo, non solo di realtà e simbolismo, ma si
avvale anche di un vero e proprio impiego della tradizione letteraria con citazioni e presenze dirette dei
grandi autori del passato che vengono riattualizzati, rifunzionalizzati al senso e alla sensibilità moderna.

Terra desolata di Eliot

 questo è un estratto della terra desolata e


rappresenta un passaggio significativo del disorientamento che caratterizza la sensibilità della cultura
europea del primo dopoguerra. La desolazione a cui allude il titolo è la desolazione della civiltà occidentale
che a Eliot fa precipitare in nuove barbarie. Secondo Eliot l’unico modo per poter salvare la società
contemporanea, l’Europa del tempo, che appare spaesata e disillusa, è solo una guida autoritaria assoluta.
Secondo lui la guida autoritaria e assoluta a livello letterario è proprio Dante, quello che per Eliot
rappresenta il simbolo stesso della poesia. Qui Dante, citato espressamente, quindi opera in modo
dinamico in quel testo polifonico che recupera non solo livelli diversi, ma anche esperienze diverse della
tradizione letteraria stessa. La terra desolata di Eliot, è una composizione estesa, la ricerca di una forma
strutturale poetica ampia, diviso in 5 capitoli. Questo è il primo: la sepoltura dei morti. Questa è la parte
conclusiva del primo capitolo. In questi pochi versi risuonano versi e autori del lontano passato letterario e
risuonano autori di diverse provenienze a testimoniare la volontà di un modo diverso, dinamico, di dialogo
con la tradizione letteraria stessa. La società irreale è un richiamo diretto a Boudleire: richiama una lriica di
Bodleaire, i sette vecchi. London Bridge: individuiamo la localizzazione. Siamo vicino alla city, nei luoghi
dell’impero commerciale britannico, siamo in quei contesti importanti per l’impero britannico ma la
sensazione è quella di spaesamento. Questa gente che si riversa su London Bridge. V 3 “Ch’io…disfatti”= è
una citazione diretta di Dante, dall’inferno 3, i versi sono i versi 56-57: quando Dante arriva sulle rive
dell’Acheronte e assiste alla carica di anime che devono salire sulla barca di Caronte per essere portare
all’Inferno. Questa è una citazione diretta di Dante. Anche il fatto che ovviamente la citazione si riferisca
alla contestualizzazione dantesca nella cantica dell’Inferno è una chiara dimostrazione dell’intento di
coloritura che si vuole dare a questo quadro localizzato nell’area londinese. Come anche “sospiri corti e rari
ne esalavano”, anche questo verso 4 è un richiamo all’Inferno 4 di Dante. Si percorrono i luoghi della city:
c’è la sede della banca di Inghilterra e la chiesa lì vicino. Stedston: personaggio che non ha nessun tipo di
caratterizzazione, se non essere ricondotto alla dimensione militare. C’è questa idea di questo personaggio
incontrato che è lì solo per rappresentare la dimensione militare. È significativo che per trovare un modello
simbolico di guerra, ci si riferisca a una guerra antica. Quindi troviamo comunque la volontà di attivare un
certo tipo di sapere culturale collegato alla società. Il cadavere seppellito nel giardino è un’allusione ai riti
della rigenerazione della natura con morte e vita che si incontrano. “lontano di qui il cane…allo scoperto”:
un’altra citazione da parte di Eliot di un dramma di Western del 1612. Alla fine abbiamo un’altra citazione
da Bauldeire. Vediamo che i pochi versi si rincorrono, abbiamo in pochi versi non solo una mescolanza di
una Londra che è quella reale ma è anche trasfigurata in una dimensione quasi surreale, abbiamo anche la
mescolanza dei livelli di poesia con le citazioni di autori di diverse epoche. Abbiamo una citazione testuale
del verso finale della lirica di dedica al lettore dei Fiori del Male di Boudleire con un ricalco corrispondente
anche con il mantenimento della lingua originale. L’impatto notevole che ha questa piccola parte della terra
desolata è dovuta a questa doppia dimensione di realismo da una parte e dall’altra parte anche questa aura
disfatta e questa atmosfera grigia e desolata che complica questa percezione di realismo, la rende più
straniante. Rappresentazione realistica trasfigurata in un contesto assolutamente inquietante.
Dall’assemblaggio delle diverse citazioni ci rendiamo conto dell’operazione di tipo culturale e letterario che
Eliot stesso conduceva proprio per rileggere, per riattivare la tradizione. Un verso di Dante collocato in
questo modo non è solo un recupero dotto, è anche una riattualizzazione della dimensione culturale nella
nuova dimensione percettiva. Tanto Dante, quanto Baudleire riescono ad essere perfettamente efficaci
nella rappresentazione di una metropoli moderna che è ritratta nei suoi tratti più degradati e inquetanti. Un
testo di questo tipo riesce a darci l’idea dell’operazione poetica e di questo nuovo atteggiamento nei
confronti della tradizione che deve essere di fatto la base della rinascita del pensiero europeo, della
tradizione europea stessa. Un’operazione simile si trova anche nella lirica tedesca con RIchke,, anche in
questo caso un esponente della cultura espressionista tedesca che puntava a interpretare gli aspetti
inquietanti della dimensione della realtà moderna però collegandoli con forme pure e derivate dalla
tradizione. Quindi tradizione romantica da un lato e direzione simbolista ma mediata da una cura, una
purezza formale delle soluzioni tecniche con una connessione diretta tra l’innovazione e la tradizione
stessa. Allo stesso modo, anche in Spagna, la cosiddetta generazione del 27, tra cui ricordiamo Garcia Lorca,
le soluzioni da parte dei poeti spagnoli, nonostante avessero recepito anche loro la lezione degli
avanguardisti con la necessità di una innovazione, di una rivoluzione, elemento d grande caratterizzazione
era il modo di intendere la tradizione che doveva essere oggetto di rivoluzione. Una rivoluzione nei
confronti del passato non tanto come rifiuto, quanto come nuovo modo di porsi nei confronti della
tradizione. Ecco quindi che nei poeti spagnoli, Garcia Lorca, convivono lo stile colto ed elaborato dei grandi
della tradizione lirica precedente con gli elementi derivati dal parlato quotidiano, dalla realtà del momento,
quindi questa connessione tra contemporaneo anche inteso come livello quotidiano e dall’altra parte
compresenza della grande tradizione lirica nelle forme di un Gongora, ad esempio. In Italia sarà anche
Ungaretti a tradurlo riconoscendo in Gongora un’evoluzione della tradizione lirica petrarchesca.
Significativo il fatto che referente diretto dei poeti spagnoli degli anni 20-30, l’espressione spagnola di inizio
900 sia proprio un interprete antico che si situa sulla grande tradizione lirica che fa capo a Petrarca.

UMBERTO SABA

Anche per quanto riguarda U. Saba potremmo verificare che fondamentale sarà la conoscenza della sua
dimensione biografica per la corretta comprensione della sua opera poetica. L’opera poetica di cui ci
occuperemo è il Canzoniere di Saba ed è un caso un po’ particolare perché biografia e poesia in S. si
rincorrono. Il Canzoniere costituisce l’opera poetica che ci da la dimensione biografica di Saba e dal punto
di vista documentale, il Canzoniere è la fonte principale delle informazioni che abbiamo sulla vita di Saba.
Quindi vita e opera poetica corrono assieme, alcune cose le sappiamo in modo diretto, altre cose della sua
biografia le veniamo a sapere dalla sua opera poetica. Quindi dobbiamo pensare a un ritratto condotto dal
poeta stesso che può essere una sorta di mito personale del poeta stesso. è fondamentale riconoscere
l’importanza della dimensione biografica nella considerazione dell’opera poetica di S perché vedremo che
molti dei temi ricorrenti sono dipendenti da alcuni elementi specifici della sua biografia.

Umberto Saba nasce a Trieste nel 1883 da Ugo Edoardo Poli e da Felicita Rachele Coen, uno è veneziano
cattolico di stirpe nobile, l’altra è ebrea triestina. Questo aspetto già è significativo. Per altro i due genitori
di Saba non erano solo di estrazione religiosa, ma erano diversi anche caratterialmente. Dice spesso Saba
che uno era “gaio e leggero”, l’altra “sentiva della vita tutti i pesi”. Si sposano nel 1882, lo stesso
matrimonio misto dal punto di vista del conservatorismo culturale della comunità ebraica non era tanto
ben visto. Si separano alla vigilia della nascita del figlio: non era ancora nato e c’è già la definizione di alcuni
elementi che caratterizzeranno l’infanzia di Saba. L’abbandono paterno ancora prima della sua nascita
segnerà il figlio stesso in modo diverso, troverà occasione di sanare questa ferita nel 1905 quando
incontrerà il genitore perdonato. Nonostante il padre abbandoni il figlio prima ancora della sua nascita,
questo non impedì al piccolo Umberto di ereditare la cittadinanza italiana e visse nella società chiusa e
protettiva del ghetto ebraico di Trieste e visse anche in modo piuttosto agiato prorpio grazie alla madre e
alla sorella della madre, la zia Regina, zia molto ricca, ricca commerciante che potè garantire a Saba una vita
priva dell’assillo del guadagno. Sottolineamo anche questo aspetto, cioè il fatto che l’infanzia di Saba fu nel
ghetto triestino perché anche questa collocazione sarà significativa per la sua esperienza letteraria perché
l’appartenenza al ghetto dava più l’impressione nella Trieste di fine 800 di una sorta di cittadella fiorente,
di un borgo chiuso in senso non di segregazione quanto di protezione e sicurezza. Infatti anche questo
aspetto è significativo peorprio perché l’esperienza dell’infanzia nel ghetto ebraico porterà in S. questi due
elementi: da un lato un senso rassicurante di appartenenza, dall’altro lato una sensazione di prigionia,
questi due elementi di chiusura. Alla fine dell’800 di fatto gli ebrei di Trieste sono assolutamente “uguagliati
agli altri cittadini”, quindi non c’è una sensazione di persecuzione o di disagio, questo nella Trieste di fine
800, per cui anche se immaginaria, non reale, questa idea del ghetto come luogo di clausura/chiusura,
segnò comunque il piccolo Saba. Particolare è anche l’infanzia di U. Saba stesso perché appena nato deve
lasciare la famiglia materna per essere affidato alle cure di una contadina di Duino, la famosa Peppa. Il
punto è che in questo contesto, cioè nel contesto contadino di questa nutrice, l’infanzia di Umberto Saba fu
un’infanzia assolutamte felice. Si legò alla nutrice in maniera profonda, tanto da definirla come “madre di
gioia” e tanto da trasfigurare la sua casa in un vero e proprio paradiso. Ecco quindi che fu una situazione un
po’ traumatica quando nel 1887, perché la Balia era prossima alle nozze, S. dovette tornare con la famiglia
della madre che non era particolarmente allegra. In una situazione del genere anche alla luce di queste
prime esperienze infantili si gettano le basi di quel legame poetico con il vissuto, con l’infanzia come
qualcosa di collegato sia a momenti di gioia, ma anche collegato a una certa malinconia. Saba rimase poi
a Padova, in casa di parenti materni, fino ai 10 anni, all’esame di licenza elementare. Dopo rientrò a Trieste
e si sa perché dai primi anni 90 dell’800, tra il 1893 e il 1897 frequentò il Gimnasio comunale Dante
Alighieri. Nel corso della quarta classe gli fu sconsigliato dai docenti di proseguire gli studi liceali, quindi si
trasferì all’Accademia di Commercio. La madre lo ritirò anche da questa e cominciò a lavorare come
commesso in una ditta commerciale triestina. Paradossalmente nonostante il cambio di direzione dal
contesto formativo-scolastico alla dimensione lavorativa, in effetti il lavoro per il giovane Saba sembrò
essere una soluzione liberatoria perché proprio con il lavoro, iniziò anche l’interessamento nei confronti
della dimensione letteraria. Ed ecco quindi che proprio in questo periodo risale la frequentazione della
biblioteca cirica cittadina con le letture dei grandi della tradizione letteraria, tra il 1900 e il 1902 lesse
Petrarca, Tasso, Parini, Foscolo, Manzoni, le operette morali di Leopardi ma anche le mille e una notte e gli
stessi sonetti di Sheakspeare oltre che a poeti contemporanei come Pascoli e D’Annuznio e di D’Annunzio fu
particolarmente attratto dal poema paradisiaco. Tra tutti questi autori, uno in particolare per S. era un vero
e proprio riferimento ed era D’ANNUNZIO, tanto da imitarlo dal punto di vista di immagine e stravaganza.
Questo è importante perché incontrerà d’Annunzio qualche anno più tardi. Nel 1903 si trasferisce a Pisa per
cercare di seguire in maniera più specifica la dimensione culturale, l’esperienza letteraria. Nel 1905 da Pisa
arrivò proprio per cercare di entrare in contatto con la grande cultura letteraria italiana, va nel lugoo
centrale dal punto di vista culturale, che è Firenze, capitale culturale. Qui rimane fino al 1908 e partecipa
alla vita culturale e intellettuale e inizia a scrivere soprattutto tragedie in versi di argomento letterario di cui
restano pochi frammenti. Nel dicembre 1905 conobbe la futura moglie Carolina Woolfer, cioè la Lina delle
poesie. Nel settembre del 1906 S. incontra D’Annunzio e gli lascia in lettura alcune sue poesie però
l’impressione che deriva da questo incontro è assolutamente negativa. Infatti nel racconto Il Bianco
immacolato signore, è un racconto in cui si ricostruisce l’incontro di S. con D’annunzio, incontro che fu
molto deludente per Saba stesso e si vede anche dai termini impiegati per raccontare l’evento stesso. non
arrivò mai a rinnegare l’ammirazione che aveva nei confronti di D’Annunzio soprattutto come poeta dal
punto di vista di qualità linguistica, però l’impatto deludente con il suo poeta preferito spinse Saba a
elaborare un’idea diversa di poesia e lo fece proprio in uno scritto del 1911 che poi è stato edito postumo
nel 59 che si intitola “Quello che resta da fare ai poeti” che è già un’idea precisa della direzione della poesia
di Saba soprattutto in riferimento alla poesia dannunziana. Emerge da questo scritto l’idea di una peosia
onesta, una poesia composta per necessità e alla ricerca del vero in contrapposizone alla poesia disonesta
(cioè quella artificiosa, sontuosa dell’esibizionismo dannunziano). Anche da questo piccolo contributo di
tipo critico capiamo la distanza nei confronti di certe soluzioni anche di tipo tecnico di poesia e vediamo
invece la direzione della poesia di Saba. Tra il 1907 e il 1908 c’è il suo servizio militare, poco prima S. scrive
un numero limitato di poesie. Come l’esperienza lavorativa aveva fatto scattare l’interesse nei confronti
della letteratura, il servizio militare fa scattare in S. la spinta alla scrittura di poesie. Prima del servizio
militare aveva scritto poco dal punto di vista di poesie. In occasione del servizio militare incrementa la
scrittura per arrivare a una concreta scrittura poetica anche per elaborare la propria poetica personale e
ricercata che è quella che si concretizzò nei versi militari del 1908, serie di versi di sonetti di tema militare
mescolati ad elementi di tipo lirico e narrativo. La cosa importante è sottolineare che i versi militari
rappresentano un gruppo di liriche costruitee su un tema specifico, questo aspetto è importante perché è
un libro sostanzialmente unitario dal punto di vista tematico. Questa idea del libro unitario, della raccolta
poetica che sia una raccolta organica sarà fondamentale proprio alla luce dell’esperienza del Canzoniere
che raccoglierà in una veste organica che ripercorre tutta la produzione di S. stesso, la sua raccolta poetica.
Versi militari come prima esperienza poetica, rappresentano una raccolta organica costruita su un tema
unitario.

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