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DECADENTISMO

Il Decadentismo è un movimento artistico e letterario nato in Francia e sviluppatosi in Europa a


cavallo tra il XIX e il XX secolo. Può essere considerato precursore della sensibilità decadente
Charles Baudelaire che, volendo testimoniare una condizione di disagio e di rottura rispetto agli
ideali della società borghese, per primo ha contribuito alla rivalutazione del termine “decadente”,
usato inizialmente come dispregiativo nei loro confronti .
In seguito questo aggettivo venne rivendicato come dichiarazione di identità e poetica da una
serie di poeti che si rifacevano alla lezione dei due precursori, scagliandosi contro l’ottimismo
della società positivista e contro le convenzioni artistiche e culturale del gusto dominante.
In Francia il movimento nasce attorno al circolo dei cosiddetti “poeti maledetti”, in Inghilterra il
Decadentismo è invece più decisamente dipendente alle teorie estetizzanti del poeta e romanziere
Oscar Wilde , come si vede dalle sue opere più note, come Il ritratto di Dorian Gray. Per quanto
riguarda il Decadentismo italiano, esso può essere distinto in due fasi:

• alla prima, che si richiama direttamente alla tradizione europea, appartengono Gabriele
D’Annunzio e Giovanni Pascoli

• alla seconda, più tarda, appartengono invece Luigi Pirandello e Italo Svevo

Con il termine “decadentismo” ci si riferisce quindi ad un generico clima che pervade gli ambienti
culturali parigini nella seconda metà dell’Ottocento e che incarna istanze di rivalsa contro la
borghesia positivista, duciosa nel futuro ma al contempo legata alla società tradizionale.
Di questa società gli intellettuali decadenti testimoniano l’imminente dissoluzione e lo fanno
dimostrando il loro disprezzo attraverso comportamenti e componimenti giudicati immorali dal
senso comune. Prende sempre più corpo, tanto nelle loro opere che nella loro stessa
esistenza, una svalutazione di tutto ciò che l’opinione comune considera importante e intoccabile,
a partire dalla morale o dalle convenzioni sociali.
In conseguenza di ciò l’artista decadente deve indagare i nessi nascosti tra le cose per scoprire
una nuova verità, non senza una compiaciuta e malcelata soddisfazione per il piacere e, al tempo
stesso, la so erenza che questa sensibilità particolare gli comporta.
Altre tematiche centrali nel Decadentismo sono quella del poeta veggente e quella
dei moti interiori. Il poeta infatti non si presenta più come voce del proprio popolo o come
educatore delle masse, trasformandosi in un ponte verso l’ignoto e i più oscuri segreti della natura
e del mistero sotteso alle cose del mondo. L’arte decadente ha insomma una netta componente
iniziatica, poiché promette al suo lettore di scoprire una realtà a lui precedentemente preclusa
grazie alla facoltà superiori alla media del poeta.
A ciò s’a anca uno stile ra nato e suggestivo, in quanto il mezzo linguistico deve essere
adeguato a trasmettere sulla pagina ciò che i suoi sensi ra nati gli hanno permesso di “vedere”.
Sul piano delle scelte metriche e formali, il ri uto dell’arte convenzionale borghese si traduce in
scelte innovative e radicali, come la preferenza al verso libero contro la metrica tradizionale e la
ricerca di strutture metriche che riproducano la sfuggente musicalità del mistero del mondo,
privilegiando quindi gli aspetti fonico-timbrici della parola rispetto a quelli più immediatamente
comunicativi e referenziali.
Una delle correnti letterarie nel Decadentismo è l’estetismo.
La caratteristica fondamentale dell’Estetismo è il culto estremo della bellezza e dell’arte e il
principio fondamentale è “l’arte per l’arte”, cioè l’esaltazione dell’arte per sé stessa separata da
ogni contesto e condizionamento sociale, da ogni condizionamento morale.
L’estetismo esalta l’arte come forma superiore di esistenza e quindi sviluppa l’equivalenza e lo
scambio tra arte e vita.
Anche la biogra a dell’artista deve conformarsi ad alti modelli estetici, proprio perché c’è una
di erenza profonda tra la vita dell’artista che si contrappone alla volgarità dell’esistenza borghese.
L’altra corrente fondamentale del periodo è il Simbolismo.

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Poesia moderna
Per poesia moderna intendiamo la POESIA SIMBOLISTA.
Nasce in Europa dopo il 1848 grazie alla rottura segnata da “Les eurs du mal” di Baudelaire.
Si caratterizza per una completa rottura con i caratteri romantici e quindi il trionfo dell’idea che la
poesia sia prodotto della civiltà e dell’arti cio e che comunichi un senso di ribellione impotente.
La situazione in cui si trova il poeta è scissa tra quella della consapevolezza della perdita
dell’aureola e la tentazione di ristabilire gli antichi privilegi. Il bisogno di compensazione che deriva
da questa situazione porta il poeta a immaginarsi come un profeta, il quale va a pescare quelle
corrispondenze che gli umani normali non riescono.
Perciò si rifugia in allegorismo e simbolismo. L’allegoria è la gura retorica che si avvale del
collegamento complesso tra due cose diverse; il simbolo risulta più semplice perché non
necessita di una preparazione intellettuale in quanto il collegamento è chiaro e naturale.
La tendenza al simbolismo preverrà in Europa e segnerà il trionfo del Decadentismo.
Dal punto di vista stilistico i poeti si trovano a scegliere tra stile basso e stile alto e sublime, quindi
tra una poesia prosastica o assumendo un linguaggio specializzato e chiuso, fortemente elitario.
Sarà proprio questa tendenza a caratterizzare il Decadentismo.
La situazione italiana riguardo a questo cambiamento è, come di prassi, una situazione di ritardo
in cui non era ancora stato creato un linguaggio lirico moderno. La rottura dei poeti scapigliati era
stata poco profonda, perciò anche quando si a ermerà il Simbolismo con D’Annunzio e Pascoli,
si sentirà sempre il peso della vecchia tradizione umanistica e classicistica.

Charles Baudelaire: I fiori del male


I ori del male uscì nella primavera del 1857 e per il suo linguaggio fortemente anticonformistico e
provocatorio venne inizialmente sequestrato, come già successo per Madame Bovary, suo
romanzo capolavoro, successivamente Baudelaire lo ripubblicò rivisitando l’opera.
I ori del male non si presenta come una semplice raccolta, ma è un vero e proprio poema con
una struttura ben precisa.
Il titolo consiste nella tras gurazione di un’idea (il male) in un’immagine (il ore). Il ore è dunque
gura del male. Quest’allegoria inoltre implica un inevitabile e etto ossimorico e provocatorio, in
quanto da sempre il ore è simbolo di purezza e bellezza.
I testi nell’opera vengono distribuiti secondo ordine tematico e formale:
La poesia dedicata al lettore viene posta in apertura, tuttavia l’intento di Baudelaire non è quello di
captare la benevolenza del pubblico ma di provocarlo con un elenco di vizi, peccati e rimorsi.
L’intento è quello di esprimere una vicinanza tra l’autore e il lettore.
La prima sezione, Spleen e Ideale, ha come tema centrale il poeta, il suo ruolo sociale e il suo
rapporto col pubblico. Come suggerisce il titolo, il tema è proprio quello della divisione tra
“elevazione” e “degradazione”.
Per “spleen” si intende uno stato di disperazione senza via di fuga, un senso di oppressione e
angoscia paragonabile a quello che oggi intendiamo come depressione.
Di questa sezione vediamo ALBATRO E CORRISPONDENZE

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ALBATRO
Il sonetto ha come tema centrale il radicale
cambiamento della condizione dell’artista
Spesso, per divertirsi, i marinai
nella società di massa, egli viene
catturano degli albatri, grandi uccelli dei mari, paragonato all’albatro catturato e deriso dai
indolenti compagni di viaggio delle navi marinai.
in lieve corsa sugli abissi amari. Il sonetto strutturalmente è diviso in due
parti, la prima comprende le prime tre strofe
L’hanno appena posato sulla tolda ed ha un tono narrativo e descrittivo, mentre
e già il re dell’azzurro, maldestro e vergognoso, l’ultima strofa è quella in cui prevale il
pietosamente accanto a sé strascina simbolismo.
come fossero remi le grandi ali bianche. Il tema della caduta dell’albatro è ripreso
dalla poesia romantica “La ballata del
Com’è acco e sinistro il viaggiatore alato! vecchio marinaio” di Samuel Coleridge e
E comico e brutto, lui prima così bello! viene riproposto in tono grottesco e
degradato. La caduta dell’uccello di
Chi gli mette una pipa sotto il becco,
Baudelaire è una pessima routine in cui il
chi imita, zoppicando, lo storpio che volava! maestoso uccello viene continuamente
umiliato, al contrario in Coleridge l’uccisione
Il Poeta è come lui, principe delle nubi dell’albatro costituiva una colpa gravissima.
che sta con l’uragano e ride degli arcieri; Allo stesso modo il poeta si trova nella
esule in terra fra gli scherni, impediscono società moderna ad aver perso la sua
che cammini le sue ali di gigante. posizione di privilegio, come l’albatro, e
quindi a subire continue umiliazioni.
L’ultima strofa si apre con la similitudine:”il
poeta è come lui” e, sottinteso, i lettori sono
come i marinai; la degradazione quotidiana
del regale uccello acquista un valore
didattico: è proprio quella a cui va incontro il
poeta.
Dal punto di vista stilistico si nota la dissonante compresenza di poesia e prosa, la sintassi è
lineare e piana, quasi discorsiva, ma al tempo stesso è disseminata di immagini poetiche e di
improvvise inusuali immagini.
La dissonanza è il lo conduttore dell’opera e la ritroviamo anche nella scelta lessicale. (Verde
termini più ricercati si contrappongono agli aggettivi in blu)

CORRISPONDENZE
Il tema del sonetto può essere considerato
La natura è un tempio dove colonne vive una reazione al declassamento del poeta,
lasciano a volte uscire confuse parole; ormai preda dello scherno del pubblico
l’uomo vi passa attraverso foreste di simboli borghese, un vero e proprio “manifesto”
che l’osservano con sguardi familiari. del Simbolismo. La natura, nella prima
quartina, viene presentata come un tempio
Come echi lunghi che da lontano si fondono dove ogni elemento ha un signi cato
in una tenebrosa e profonda unità profondo e il poeta è un sacerdote(stesso
vasta quanto la notte e quanto la luce, tema in D’Annunzio e Pascoli): l’unico
i profumi, i colori e i suoni si rispondono. capace di cogliere le relazioni misteriose
che legano fra loro gli aspetti della realtà in
Ci sono profumi freschi come carni infantili, un insieme unitario di corrispondenze, così
dolci come oboi, verdi come praterie ci viene spiegato il senso del titolo nella
-e altri corrotti, ricchi e trionfanti, seconda strofa. Nell’ultima parte invece il
poeta mostra come sia possibile far
Che hanno l’espansione delle cose infinite, parlare le cose che ci circondano.
come l’ambra, il muschio, il benzoino e l’incenso Il testo è interamente costruito ricorrendo
che cantano gli abbandoni dello spirito e dei sensi. all’uso sistematico di analogia e sinestesia.
La prima accosta l’inconciliabile, la
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seconda associa elementi appartenenti a sfere sensoriali diverse. L’uso di queste gure retoriche
combinate permette di decifrare le relazioni segrete tra i fenomeni, con cui grazie all’immaginare
creata il poeta può ristabilire una connessione tra uomo e natura ormai persa.
Il tema del poeta come sacerdote, unico in grado di avere questa conoscenza irrazionale, verrà
utilizzato per cercare di risollevare la gura del letterato, tuttavia sebbene Baudelaire sia
l’’iniziatore di questa pratica se ne discosterà ben presto, insito di un irrimediabile pessimismo che
lo porterà a credere che nulla ormai potrà risollevare la gura del poeta.

La seconda sezione, Quadri parigini, ha invece come tema centrale quello della città e della folla.
A UNA PASSANTE

A UNA PASSANTE
La via assordante attorno a me urlava. Il sonetto ha come sfondo l’ambiente
Alta, sottile, in lutto, dolore maestoso cittadino, in particolare la Parigi di
Una donna passò con la mano fastosa Baudelaire, città caotica e dispersiva. Lì il
Sollevando orlo e balza, facendoli oscillare; poeta incontra una donna con cui c’è uno
scambio di sguardi, potrebbe essere un
Agile e aristocratica, con la sua gamba di statua. incontro salvi co (ci fa pensare a letteratura
Io, io contratto come un maniaco, bevevo d’amore 200’) ma dura solo un istante.
Dai suoi occhi, cielo livido gon o di bufera, Immediatamente all’esperienza esaltante
La dolcezza che a ascina e il piacere mortale. dell’incontro c’è il lutto per aver perso la
donna tra la folla.
Un lampo…poi la notte! - Fuggitiva beltà Le quartine ritraggono l’incontro tra il poeta
Il cui sguardo in un attimo mi ha risuscitato e la donna mentre nelle terzine centrale è il
Ti rivedrò soltanto nell’eternità? tema della perdita e il rimpianto che ne
segue. L’immagine della donna, fornita in
Lontano, chissà dove! Troppo tardi! Forse mai più! tutte le poesie di Baudelaire è quella di
Poiché non so dove fuggi, tu non sai dove vado, donna come angelo e demone, la sua
O tu che avrei amata, o tu che l’hai saputo! apparizione viene avvertita in modo
contraddittorio. L’incontro non manca
dell’erotismo, tipico del periodo.
All’attimo dell’incontro segue immediatamente quello de nitivo del congedo. Ogni esperienza è
dunque perduta poiché il tempo stesso, nella città industriale, è annullato. Quindi nel sonetto
troviamo la simultaneità dell’incontro e della perdita con la conseguente distruzione della
categoria del tempo.

Le ultime quattro sezione (Il vino, i ori del male, la rivolta, la morte) segnano altrettanti tentativi di
fuga o di negazione di quella condizione.

Con quest’opera Baudelaire consolida la tradizione del simbolismo e quella dell’allegorismo.


Il simbolismo può essere visto come risposta alla delegittimazione del poeta, ovvero in un
ambiente in cui il poeta ha perso completamente la sua posizione di privilegio può ancora servirsi
della sua abilità letteraria per stupire, ovvero attraverso il Simbolismo creare un linguaggio
allusivo, oscuro volto all’irrazionalità.
L’allegorismo può invece essere visto come risposta alla poesia come idea dello scarto; ovvero in
un mondo in cui ormai si è consolidata l’impossibilità di ogni idillio e di ogni evasione al poeta non
resta che un cumulo di ricordi.

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Giovanni Pascoli
La vita
Giovanni pascoli nasce il 31 dicembre 1855 a san mauro di Romagna, provincia di Forlì. La sua
infanzia agiata viene segnata da un evento che per sempre in uenzerà la vita del poeta, ovvero
l’assassinio del padre il 10 agosto 1867. La morte del padre causerà un dolore mai superato nel
poeta, che avrà come missione di vita quella di proteggere ciò che restava del nido famigliare.
Dopo la tragica morte del capofamiglia, l’adolescenza di pascoli non trova tregua e viene
costellata da continui lutti in famiglia, tuttavia non si arrende riguardo alla sua formazione
scolastica e seppur con qualche di colta riesce a laurearsi all’eta di 27 anni.
È con la morte del fratello maggiore Giacomo, nel 1876, che pascoli ottiene il titolo di
capofamiglia ed è determinato piu che mai in questo compito. La sua volontà era quella di
ricostruire il nido famigliare con le sorelle Ida e Maria, mettendo da parte la possibilità di creare
una famiglia tutta sua e quasi precludendola alle sorella, per le quali riservava una gelosia
protettiva, tale da fargli vivere con angoscia il matrimonio della sorella Ida. Inizilamentne con
entrambe, poi rimasto solo con Maria, si sposta per diverse città d’Italia lavorando come
professore al liceo classico, per poi riuscire ad ottenere diverse cattedre universitarie. Il alvoro da
professore e quello di capofamiglia lasciavano spazio anche alla sua ampia produzione poetica ce
si. Da subito coronarono pascoli come uno dei migliore dell’epoca. Pascoli morì a Bologna
nell’aprile 1912.

La poetica del fanciullino


Le vicende personali della vita di pascoli, la necessità di ricostruire il nido famigliare, di sentire
quel sentimento dici casa e protezione, culminano, in poesia, nella poetica del fanciullino; lo
stesso autore scrivere il manifesto della sua poetica proprio con la prosa “Il Fanciullino”.
Pascoli ritiene che in ogni persona (indipendentemente dal lavoro che svolge e dalla condizione
sociale) ci sia, potenzialmente, un fanciullino. Esso è uno spirito sensibile che consiste nella
capacità di meravigliarsi delle piccole cose, proprio come fanno i bambini. È una gura umile e
piccola e sembra porsi in alternativa al superuomo dannunziano. Perché proprio poetica del
fanciullino? Perché Pascoli ritiene che l’uomo so ochi con la sua razionalità il fanciullino, mentre
l’unico capace di far emergerlo è proprio il poeta, che quindi assume il ruolo di poeta-vate, colui
che parla alla società di quelle cose che questa non ha la sensibilità per apprezzare. Il poeta
sostanzialmente coincide col fanciullino, vede ciò che in genere passa inosservato, attraverso vie
puramente intuitive e percezioni non razionali, vede il mondo privo di tutte le sovrastrutture
sociale, con l’innocenza di un bambino, che proprio perché è privo di tutti i costrutti sociali scorge
la vera essenza delle cose. Il poeta-vate attraverso la poesia da voce al fanciullino.
In poesia questo si traduce con un sostanziale simbolismo. Il simbolo rappresenta la rivelazione di
una verità segreta la cui chiave d’accesso appartiene solo al poeta. Il simbolismo pascolano più
che sulla relazione delle cose, sulle corrispondenze, punta sulla valorizzazione del particolare.
Pascoli crede ancora all’utilità sociale della poesia, a scapito di tutte le correnti nate in questo
periodo. La sua è una concezione classica della poesia. Perciò la poetica pascolava si allontana
da intenti ideologici e sociali. La poesia deve essere un atto libero e disinteressato secondo
Pascoli. Sicuramente Pascoli, come per certi versi D’Annunzio è molto lontano dai temi del
decadentismo e dalla gura del poeta in quest’epoca.

BRANO: IL FANCIULLINO

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Myricae
Myricae è una delle tre raccolte (poemetti e canti di castel vecchio) che rappresentano la parte piu
intensa della produzione poetica di pascoli. Le tre raccolte seppur presentino generi diversi sono
unite da un tema di fondo, ovvero la teorizzazione della poetica del Fanciullino, che vede una
tendenza narrativa e lirico-simbolica spesso intrecciate. In Myricae prevale la tendenza lirico-
simbolica.

Il titolo della raccolta proviene dal latino, tradotto alla lettera signi ca tamerici, ed è ricavato da un
luogo delle bucoliche virgiliane. Il riferimento tematico del titolo implica dunque l’enunciazione di
una poetica del “basso, del comune, del discorsivo; tuttavia ovviamente il rimando classico a
virgilio comporta una compresente ricerca di sostenutezza e di elezione.
I due temi principali trattati nelle varie poesie riguardano la morte e la natura.
Il tema della morte riguarda in primo luogo la morte del padre del poeta, mai vendicata nel modo
giusto, mentre la natura è percepita come l’unica entità con potere consolatore e bene co. Si
costruisce così un contrasto tra le tormentate vicende della storia e la dimensione equilibratrice
della natura, infatti come ben sappiamo pascoli cercherà sempre il contatto con questa per
trovare pace dai dolori della vita; un esempio del suo giardino a massa.
Il tema centrale dell’opera è la morte. Ad esempio, nel “ giorno dei morti ”, Pascoli scrive di come
i morti della sua famiglia abbiano formato un nuovo nucleo familiare nel cimitero in cui sono
sepolti tutti insieme, una famiglia più solida di quella rimasta in vita. Pascoli sente questa parte di
famiglia superstite come più indifesa rispetto a quella formata dai deceduti, e questa debolezza
porta pascoli ad implorare protezione ai defunti, ma anche perdono e riconciliazione, in risposta
ad un senso di colpa nei loro confronti per essere ancora vivo, a di erenza loro.
Anche la natura presenta questa carica di morte. infatti, nell’opera sono spesso presentate delle
immagini biunivoche di ambienti naturali, in cui vengono presentate situazioni equilibrate con al
loro interno sia elementi solari, positivi, vitali, sia elementi mortuari, oscuri, luttuosi. Questa
ambivalenza provoca una sospensione dei sensi, in quanto la natura deve decidere se puntare
verso la parte positiva o quella negativa; inevitabilmente, in quanto la poetica pascoliana è per
de nizione una poetica pessimista, alla ne si opterà per la parte negativa.
Non si dà una vera e propria conclusione all’opera, anche se si può interpretare come tale il
signi cato di uno dei testi conclusivi, ovvero “ Ultimo Sogno”, in cui Pascoli raggiunge la pace
solamente ricongiungendosi con la madre defunta; quindi, la pace può essere raggiunta solo con
la morte.
La poetica pascoliana è divisa tra vecchio e nuovo; dal punto di vista tradizionale, si riscontrano
forme metriche chiuse e a volte desuete, oltre a considerare la poesia come attività privilegiata di
conoscenza e come funzione sociale ancora prestigiosa; dal punto di vista sperimentale, invece,
si ha la ricerca di un nuovo rapporto tra metrica e stile, l’utilizzo di un lessico completamente
inedito per la lirica ( ovvero l’utilizzo di termini tecnici dell’agricoltura, quali aratro, maggese ecc.,
ma anche l’utilizzo di termini derivanti dai dialetti regionali) e l’adesione al simbolismo.
In quanto il poeta, per pascoli, deve essere preciso nella rappresentazione della realtà, deve
utilizzare un lessico altrettanto preciso. Questa ricerca di attinenza alla realtà portà il poeta anche
all’utilizzo di fonosimbolismi e onomatopee. Nonostante tutta questa ricerca nel rappresentare la
realtà in modo così preciso, non si può etichettare pascoli come un realista. Infatti, più che
l’oggetto descritto, al centro dell’interesse sta l’impressione del soggetto di fronte a questi
oggetti: ad esempio, alla base della descrizione dell’evento naturale si può individuare un evento
autobiogra co del poeta, come ad esempio, in Lavandare, in cui l’aratro abbandonato non è
presentato solo per rappresentare in modo realistico l’ambientazione, ma soprattutto per
descrivere la condizione di abbandono che il poeta stesso ha subito dopo la morte del padre.
Dal punto di vista della metrica, nel libro essa ha anche una funzione di congiunzione tra versi:
infatti, ci possono essere versi distanti dal punto di vista geogra co ma aventi tematiche simili; in
questo caso, i due versi avranno struttura simile.
L’utilizzo di periodi brevi o a volte brevissimi permette una frammentazione del ritmo. Questa
frammentazione del ritmo si ri ette anche sulla rappresentazione frammentata del soggetto
descritto: si rappresentano gli ambienti in modo frammentato, e allo stesso modo il poeta si
esprime per frammenti. Se il fonosimbolismo e l’onomatopea sono elementi per descrivere al
meglio la realtà attraverso un’immediata immagine nella mente del lettore, allo stesso modo la
metafora e la sinestesia, anch’esse molto presenti, sono utili per far cogliere immediatamente al
lettore ciò che il poeta voleva esprimere, anche se lo fa non da un punto di vista oggettivo ma da

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uno soggettivo, in quanto è il soggetto che si rapporta con la natura e prova questo scambio
sensoriale.
LAVANDARE
Nel campo mezzo grigio e La prima strofa presenta un’immagine quasi impressionista
mezzo nero del campo arato per metà e al cui centro è presente un aratro
resta un aratro senza buoi che avvolto dalla nebbia (“ vapor leggero ”); la seconda strofa
pare invece sono rappresentate le lavandare nell’intento di
dimenticato, tra il vapor sciacquare i panni; nell’ultima strofa viene riportato ciò che
leggero. stanno cantando queste lavandare, probabilmente un canto
popolare che parla di una donna abbandonata dal proprio
E cadenzato dalla gora viene amante.
lo sciabordare delle lavandare Nelle strofe ci sono riferimenti a sensi diversi: nella prima
con ton spessi e lunghe strofa protagonista è la vista, con ad esempio il colore del
cantilene: campo, l’aratro abbandonato o la nebbia. Nella seconda
strofa prevale invece il dato uditivo, con ad esempio lo
Il vento so a e nevica la sciabordare, i ton e le cantilene. Nell’ultima strofa invece c’è
frasca, una partecipazione di tutti i sensi, intenti a cogliere il so o del
e tu non torni ancora al tuo vento, le foglie che cadono, l’immagine dell’aratro.
paese, Se in apparenza la prima strofa sembra una mera
quando partisti, come son rappresentazione di ciò che vede il poeta, alla luce
rimasta, dell’interpretazione dell’ultima strofa si cambia
come l’aratro in mezzo alla completamente chiave di lettura: infatti la donna lasciata sola
maggese. non è altro che una metafora per rappresentare la situazione
di Pascoli, “abbandonato” da piccolo dal padre; allo stesso
modo, anche l’aratro è una rappresentazione simbolica della
solitudine di pascoli. L’immagine nale dell’aratro nella cantilena delle lavandare collega in
maniera circolare, sia da un punto di vista lessicale ( in entrambe è presente l’aratro ) che
contenutistico le due strofe. L’aratro abbandonato diventa quindi simbolo del destino di solitudine
dell’uomo

X AGOSTO
San Lorenzo, Io lo so perché tanto La poesia parla dell’assassinio del padre del
di stelle per l’aria tranquilla poeta, Ruggero Pascoli, assassinato in
arde e cade, perché sì gran pianto circostanze misteriose proprio la notte di San
nel concavo cielo sfavilla. Lorenzo, mentre tornava a casa dai gli. Questa
morte viene messa in correlazione con quella di
Ritornava una rondine al tetto: una rondine, intenta a portare ai suoi “ rondinini”
l’uccisero: cadde tra spini: un dono, ovvero il cibo; allo stesso modo, anche
ella aveva nel becco un insetto: Ruggero stava portando un dono ai propri gli,
la cena dei suoi rondinini. ovvero delle bambole. Il parallelismo tra queste
due morti non è l’unico in questa poesia: infatti,
Ora è là come in croce, che tende le strofe sono appaiate due a due da un punto di
quel verme a quel cielo lontano; vista sia contenutistico che a volte lessicale.
e il suo nido è nell’ombra, che attende, Infatti, la seconda e la quarta strofa, quelle che
che pigola sempre più piano. trattano le due morti, oltre ad essere a ni dal
punto di vista contenutistico, hanno una
Anche un uomo tornava al suo nido: costruzione simile, con l’utilizzo delle stesse
l’uccisero: disse: Perdono; parole ( l’uccisero, il verbo tornare ) e sono
e restò negli aperti occhi un grido presenti in entrambe cesure ottenute mediante i
portava due bambole in dono… due punti. Le altre corrispondenze tra strofe
sono tra la terza e la quinta e tra la prima e la
Ora là, nella casa romita, sesta. La terza e la quinta descrivono gli attimi
lo aspettano, aspettano in vano: successivi alla morte dei due genitori, e
egli immobile, attonito, addita descrivono il senso di impotenza dei gli nei
le bambole al cielo lontano. confronti delle due morti; questa a nità
contenutistica è sottolineata da incipit simili
E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, in nito, immortale, 7
oh! d’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del Male!
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(Ora è là, Ora là ). Anche nella prima e sesta strofa troviamo un inizio simile, in quanto in entrambe
è presente un vocativo ( San Lorenzo, E tu, cielo ) e sono collegate da un elemento tematico
simile, ovvero il cielo che sembra piangere la morte del padre; si può osservare che ci potrebbe
essere dell’ironia crudele nella scelta del giorno della morte, in quanto la natura sembra piangere
per qualcosa che non ha potuto evitare.
Altra tematica, classica della poesia pascoliana, è quella del nido, luogo sicuro a cui però i due
morti non sono riusciti a tornare, e che proprio con le loro morti verrà distrutto. Invano pascoli
cercherà di ricostruire questo ambiente da cui è stato espulso con la morte del padre.
Nonostante sia chiaro che pascoli si riferisse a suo padre, nella poesia il suo nome non viene mai
nominato, così da ergere quest’uomo a simbolo universale di so erenza e di ingiustizia del mondo
nei confronti dell’uomo.

IL TUONO
E nella notte nera come il nulla, Già al primo sguardo l’occhio è colpito dalla separazione
a un tratto, col fragor d'arduo tra il primo verso e il resto della poesia, tipico delle
dirupo ballate; l’intenzione del poeta è quella di dividere in modo
che frana, il tuono rimbombò di gra co le due parti in quanto si contrappone la calma
schianto: iniziale al successivo caos del temporale. Una cosa simile
rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo, viene fatta al verso 6, in cui, mediante un punto, si
e tacque, e poi rimareggiò rinfranto, separano nuovamente l’elemento burrascoso della parte
e poi vanì. Soave allora un canto centrale e quello sereno degli ultimi due versi.
s'udì di madre, e il moto di una I fonosimbolismi sono fondamentali in questa poesia:
culla. basti pensare all’utilizzo frequente di t e u nella parte
centrale del testo per dare un senso di cupezza,
contrapposto al senso di calma e serenità data
dall’allitterazione della n nel primo verso o l’utilizzo di m, s
e l negli ultimi due.

I Canti di castel vecchio

I “Canti di Castelvecchio” furono pubblicati nel 1903, lo stesso anno della pubblicazione
dell’Alcyone dannunziano ( interessante come opere contenutisticamente così distanti siano state
pubblicate lo stesso anno).
I temi principali sono due, caratteristici della letteratura pascoliana: la natura, di cui ci si concentra
particolarmente sull’aspetto ciclico delle stagioni; la famiglia, centrato nuovamente sull’uccisione
impunita del padre. I due temi si intrecciano: all’alternarsi delle stagioni corrisponde l’alternanza di
vita e morte; la morte del padre, che nulla di naturale ha in quanto commessa da un uomo, esce
dalla logica del meccanismo naturale dell’alternanza, per cui la natura non può neanche svolgere
la sua azione consolatrice, come visto nelle opere precedenti.
Anche in quest’opera la morte è vista come minaccia per il soggetto, in quanto sembra che i morti
continuamente cercano di reclamare il proprio diritto alla vita cercando di toglierlo ai vivi.
In quest’opera si assiste all’utilizzo di un ritmo più omogeneo, a di erenza del frammentismo di
Myricae. La lingua viene considerata come strumento privilegiato per raggiungere il sublime,
mediante sia termini bassi ( tecnicismi o vocaboli popolari ) sia alti ( termini aulici della tradizione
lirica ).

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IL GELSOMINO NOTTURNO

E s’aprono i ori notturni,


nell’ora che penso ai miei cari. Questa è una poesia d’occasione, ovvero scritta in occasione
Sono apparse in mezzo ai di un determinato evento; il motivo per il quale la poesia è
viburni stata scritta è il matrimonio di un amico del poeta.
le farfalle crepuscolari. La poesia è legata dalle corrispondenze e dalle alternanze.
Lungo tutta la poesia si alternano immagini visive ( le farfalle, i
Da un pezzo si tacquero i gridi: ori, la casa ecc.) a sensazioni olfattive ( l’odore dei ori
là sola una casa bisbiglia. associato a quello delle fragole ); inoltre, si ha anche la
Sotto l’ali dormono i nidi, continua alternanza tra ambienti aperti ( la campagna
come gli occhi sotto le ciglia. notturna, il cielo ) e chiusi ( la casa, l’urna, le celle
dell’alveare ). Tutte queste alternanze servono a fare da
Dai calici aperti si esala cornice al parallelismo che è il cuore della poesia: i ori
l’odore di fragole rosse. vengono fecondati dalle api come la donna viene fecondata la
Splende un lume là nella sala. prima notte di nozze. Il tema della fecondazione non è
Nasce l’erba sopra le fosse. presentato esplicitamente, ma viene reso mediante riferimento
al mondo naturale. Coerentemente con la corrente simbolista,
Un’ape tardiva sussurra la realtà umana viene rappresentata mediante simboli naturali;
trovando già prese le celle. si ha quindi una tendenza alla naturalizzazione dell’uomo
La Chioccetta per l’aia azzurra ( simile al panismo dannunziano ). Allo stesso modo, si ha
va col suo pigolio di stelle. un’umanizzazione della natura. ad esempio, nella quarta
strofa l’ape subisce un sentimento molto umano, e molto
Per tutta la notte s’esala presente nelle opere pascoliane, che è l’esclusione. L’
esclusione è perpetrata anche nei confronti del narratore
l’odore che passa col vento. stesso, che si vede escluso dal nido che il suo amico ha
Passa il lume su per la scala; creato attraverso il matrimonio. Questa esclusione è
sottolineata dal fatto che il poeta descrive la scena da un
brilla al primo piano: s’è punto esterno alla casa, come spiando dalla nestra ciò che
sta succedendo all’interno. Oltre al tema sessuale e a quello
spento... naturale è presente anche quello della morte, evidenziato ad
esempio dalle immagini delle farfalle crepuscolari o di quella
dell’erba che cresce sulle tombe.
È l’alba: si chiudono i petali
un poco gualciti; si cova,
dentro l’urna molle e segreta,
non so che felicità nuova.

I poemetti
I Poemetti rappresentano un tentativo di Pascoli di superare il frammentismo di Myricae
attraverso costruzioni più complesse e una base ideologica più radicata. C’è dunque la tendenza
alla scrittura di testi lunghi, a volte divisi in sezioni, con la presenza di gure umane che spesso
discorrono tra loro. In quest’opera si registra l’umanitarismo populistico del poeta, ovvero la sua
preoccupazione per le ingiustizie sociali.
Alla negatività della società di massa, pascoli contrappone la bontà della natura e della poesia. La
bontà della natura si esprime nella semplice vita contadina, mentre la poesia è il rifugio dai valori
cancellati dalla società industriale.
Dal punto di vista metrico, Pascoli si avvale della terzina dantesca, impiegata in quasi tutti i testi.
Questa scelta verrà inoltre ripresa da altri autori novecenteschi ( come Pasolini ). Sul piano
linguistico, i poemetti sono il lavoro più sperimentale di Pascoli. Questo sperimentalismo si rileva
nell’uso di termini dialettali, soprattutto della Garfagnana; inoltre, c’è il ricorso ad altri tipi di
dialetto, come quello anglo-italiano utilizzato dagli emigrati italiani in America, presente nel
poemetto Italy.
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GABRIELE D’ANNUNZIO

La vita

Gabriele D’Annunzio nasce a Pescara nel 1863 da una famiglia più che benestante.
Il rapporto col padre è con ittuale ma riconosce di aver preso da lui potenza, impeto, passionalità
e prodigalità, tutto l’opposto dell’essere razionale.
Dai primi studi mostra subito un grande interesse per la letteratura ed è proprio negli anni del
collegio che pubblica la sua prima raccolta poetica (Primo Vere 1879). Si trasferisce a Roma ai
tempi dell’università, iscrivendosi alla Facoltà di Lettere ma non termina gli studi e il periodo
romano sarà soprattutto un periodo di lavoro giornalistico e vita mondana, inserendosi
perfettamente nell’ambiente aristocratico, grazie alla vita sontuosa e sempre pronta allo scandalo
verrà persino de nito uno scalatore sociale.
Dopo qualche breve storia tempestosa e passionale fugge con la duchessa Maria Hardouin di
Gallese, con la quale avrà un breve matrimonio, soli 4 anni, e tre gli. Racconta della storia
d’amore con la donna nella poesia “Peccato di maggio”.
D’Annunzio avrà diverse storie d’amore e diversi matrimoni, vive di passionalità tant’è che durante
il soggiorno a Napoli riceverà una denuncia per adulterio a causa della storia con una donna
sposata.
Spesso a causa della sua vita dissipata e dispendiosissima, sull’orlo del fallimento, sposa alcune
donne più ricche e famose di lui; è il caso di Eleonora Duse, grande attrice dell’epoca, con la
quale inizia una relazione nel 1894, ritrovandosi a carico pesanti problemi familiari dovuti anche ai
debiti contratti del padre, che li costringeranno a fughe precipitose e impegni editoriali gravosi.
Nel 1897, terminata la storia con la Duse e già iniziata una nuova, si fa eleggere deputato,
presentandosi inizialmente con la Destra per poi passare tre anni dopo alla Sinistra (a causa della
protesta del governo reazionario Pelloux).
Nel 1910, a causa dei debiti per mantenere una villa con l’ultima compagna, si trasferisce in
Francia dove rimane in “esilio volontario” no al 1915. Sono anni costeggiati da passionali storia
d’amore, composizione di testi teatrali in francese e il contatto con l’Italia garantito dall’assidua
collaborazione con il Corriere della Sera.
D’annunzio è nazionalista a tal punto che dice noi siamo superiori a tutti gli altri la nostra cultura
che è quella della classicità ci rende superiori a tutti gli altri che sono barbari e bisogna solo
risvegliare questo senso di superiorità in noi.
Difende la nazionalità latina e in Francia auspica la guerra contro i tedeschi e gli austriaci, de niti
barbari, e terrà proprio due discorsi infuocati a Roma, nel 1915, scoppiata la guerra, tornato in
Italia schierandosi con gli interventisti e partecipando lui stesso ad ardite imprese. Proprio in una
di queste, a causa di un disastro aereo, perde l’occhio destro ed è costretto ad una lunga
degenza. Nonostante la vita movimentata la produzione letteraria del poeta non si ferma mai,
neanche durante il periodo di infermità, in cui scrive il Notturno, che presenta una prosa intensa,
mantenendo la sensazione di buio in cui si trovava il poeta.
Finita la guerra sarà proprio D’Annunzio a coniare il termine vittoria mutilata, della quale non
andava per niente ero, tant’è che occuperà invano per 16 mesi Fiume nel 1919.
Nel 1921 si ritira a vita privata in una villa (il vittoriale degli italiani) sul lago di Garda, una sorta di
museo su se stesso, si occuperà di curare le sue opere sino alla sua morte avvenuta il 1 marzo
1938.
Tutta la vita di D’Annunzio è volte a costruire una precisa immagine di sé, è un’esteta fervente, la
sua vita non usciva mai dalla luce dei ri ettori. Questo perché, come un visionario, intuiti
precocemente la potenza dei mezzi di comunicazione, facendo cosi dell’estetizzazione della vita
un guadagno. Oltre ad essere attivo in tutti generi letterari, fu anche giornalista, autore di canzoni,
politico e pubblicizzò diversi marchi ( la rinascente, gli oro saiwa). Tutti gli scandali attorno alla sua
persona gli furono d’aiuto per essere ancora più conosciuto. La sua carriera sembra insomma
dominata dallo stesso primato dell’apparire che è il meccanismo essenziale di funzionamento del
sistema mediatico contemporaneo.
La modernità di D’Annunzio sta nella sua capacità di intercettare e blandire il gusto del pubblico
della massa. Difatti il poeta stessa curava la pubblicità intorno alla pubblicazione delle proprie
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opere; pur di monetizzare al massimo per l’uscita di Primo Vere, la sua prima opera, nse la sua
morte.
In questo atteggiamento da esteta ritroviamo il tema del superuomo dannunziano. I
comportamenti che predica e che mette in atto d’annunzio durante tutta la sua vita sono riducibili
a quelli del superuomo niciano. La di erenza è che per D’Annunzio il superuomo è il poeta vate,
che è l’unico in grado di avere quel qualcosa in più grazie alla abilità dell’uso della parola.

Ideologia e poetica
L’ideologia d’annunzia è caratterizzata da un dualismo tra ideologia postpolitica e ideologia
prepolitica.
D’annunzio non ha un’impostazione politica ma si avvicina alle varie correnti politiche in base a
quelle che esprimono i suoi ideali, quindi parliamo di ideologia postpolitica perché scavalca le
di erenze ideologiche.
D’annunzio non ha un progetto politico, non studia la storia e la società perché ha un’idea per
ricostruirla, lui aspira all’esaltazione del proprio io, non ha un progetto futuro particolare, non si
occupa di questioni sociali, quindi paliamo di ideologia prepolitica perché l’ideologia dell’autore
accetta di muoversi dentro l’orizzonte dell’esistente senza aspirare in alcun modo a trasformarlo.
Ciò che resta costante nella sua concezione è l‘ideologia del nazionalismo (già presente in
Pascoli), con inclinazione più individualistica e pomposamente eroica. Gli interventi dannunziani
vogliono colpire, non far ri ettere, perciò sono esteticamente rumorosi e esibizionisti. La retorica
di D’Annunzio apre la strada e inaugura quella fascista; il fascismo eredita da D’Annunzio, lui
prima si avvicina e poi se ne allontana, D’annunzio ammira Mussolini perché è un uomo che è
riuscito con le sue capacita il suo coraggio la sua determinazione a fare quello che ha fatto, pur
non essendo fascista. Lo strumento di una dittatura è il controllo delle masse, sia nazismo che
fascismo hanno studiato attentamente nella storia com’e avvenuto il controllo delle masse, il
primo grandissimo uomo che è riuscito a controllare le masse e creare un’immagine di se a tal
punto da farsi pensare divino è stato Augusto, aveva bisogno di blandire le masse perché solo
attraverso il loro controllo sarebbe rimasto al potere, panem e circensem, riprendono molto i
romani non solo perché l’impero romano aveva fermato i barbari ma anche per tutta la
simbologia. D’annunzio e il fascismo sono vicini in una prima fase per ideale nazionalismo,
d’annunzio voleva far si che l’Italia spiccasse sul piano europeo.
Il protagonismo esibizionistico nasconde una sostanziale passività nei confronti del presente.
Questo ci è chiaro vedendo la subalternità agli interessi economici e all’ideologia delle classi
dominanti.
È evidente il contrasto tra un d’annunzio che a erma il supremo e un d’annunzio che si piega alla
logica del consumismo, alla società di massa, lui non si scontra con la società massi cata
borghese come gli scapigliati o poeti maledetti per trovare lo spazio dove far emergere il proprio
io, d’annunzio si piega alla società di massa, la sfrutta per potersi a ermare, capisce che per
a ermarsi nella società di massa la prima cosa che serve è il denaro.
Per dare forza alla propria immagine fa vedere che l’estetismo che propone in letteratura coincide
con quello di vita, l’io letterale coincide con l’io reale.
D’altra parte c’è il tema del poeta-superuomo che disprezza le masse e ri uta di fare i conti con la
degradazione sociale subita dalla gura stessa dell’artista nella moderna società borghese; e
ripropone un’idea della poesia come pienezza di canto e come esperienza superiore e privilegiata.
L’abilità e il paradosso di D’Annunzio sta proprio nell’o rirsi come mito di massa nel momento
stesso in cui costruisce una gura di genio solitario e superiore, che disprezza aristocraticamente
la massa e si circonda di esperienze esclusive e ra nate. Quindi la soluzione è appunto la
coincidenza tra arte e vita, la riduzione dell’io a pura esteriorità.
La poetica dannunziana si a da a un’esaltazione del valore e del potere della parola, la parola è la
scienza suprema, chi conosce questa conosce tutto (quindi poeta-vate-superuomo).
Un altro tema fondamentale è quello del panismo, ovvero un atteggiamento per il quale si tende a
identi carsi nelle forze naturali, fondendosi con esse; questo si accompagna l’idea che la vita è
un’opera d’arte, perciò c’è il ri uto per ogni forma di mediazione e la necessità di un contatto col
primitivo. In poesia questo si traduce con l’utilizzo di analogie, metafore e sinestesie, strumentali
tali da poter superare la mediazione e arrivare al contatto diretto con la natura, che appunto può
essere garantito solo dal poeta poiché unico in grado di usare il potere della parola.

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Le prime opere
Citiamo alcune delle prime composizioni di D’Annunzio, la raccolta di poesie esordio letterario:
Primo Vere; Canto Novo, il secondo libro in versi; intermezzo di rime; L’isotteo e la Chimera; le
Elegie romane e le Odi navali.

Le Laudi
Interessante sottolineare che tra la scrittura dell’ultima opera in versi e le Laudi intercorre qualche
anno, periodo durante il quale per necessità economiche D’Annunzio si concentra su progetti in
prosa narrativi e teatrali, che abbracciavano un pubblico più numeroso.
Le Laudi erano state progettate da D’Annunzio per essere una raccolta di sette libri intitolati come
le stelle delle Pleiadi, tuttavia gli ultimi due libri non verranno mai scritti e il quinto è stato
realizzato solo in modo parziale.
Il tema uni cante del ciclo è quello del viaggio, avente come centro la Grecia del mito, incrocio di
natura primitiva e ferina e di storia sublimata e letteraria.
Da una parte c’è una selezione classica di D’Annunzio, d’altra parte ritorno al primitivo (lo
ritroviamo anche nelle novelle della Pescara).
Il titolo “Laudi” richiama il medioevo, per religiosità (Laudato si’) e viaggio di Dante (il tema
centrale è il viaggio come nella Divina Commedia), questo richiamo al cristianesimo fa emergere il
paganesimo dell’opera, centrato sul primato del corpo e del piacere.
I primi tre libri (Maia, Elettra e Alcione) sono i più importanti.
Nel corso dell’opera troviamo una prodigiosa sperimentazione metrica, in particolare c’è un
ricorso sistematico al verso libero. (Importanza del verso, della parola)
Maia, il primo libro, è il poema della Laus vitae: una lode entusiastica e sensuale di una vita
eroticamente concepita: al superuomo, dotato di una sensibilità e di una vitalità eccezionali, è
a dato il messaggio di una vita nuova, legata all’istinto in comunione con la natura.
Il poema si apre con le celebrazione dell’eroe greco Ulisse, superuomo mitico per eccellenza, e la
resezione del dio pagano Pan. Nell’opera vengono narrati tre viaggi, tra luoghi del mito classico e
natura astratta. L’oscillazione tra luoghi di natura primordiale spazia con riferimenti alla città e alla
società di massa non vista positivamente.
C’è una contraddizione in D’Annunzio, da una parte non vede positivamente le masse d’altra
parte si piega alla logica del consumismo, da una parte schifa la folla d’altra parte è lui stesso
gran sostenitore dello sviluppo industriale, che è collegato alla borghesia, che è collegata alle
masse, la soluzione alla contraddizione di D’Annunzio è che lui è tanto grande che riesce a
elevarsi, sfrutta i suoi nemici per i suoi interessi, prende il meglio di entrambi i mondi.

Elettra, il secondo libro, nella prima parte presenta una successione di lunghi testi celebrati di
grandi eroi, superuomini, della storia, mentre nell’ultima ancora si fa riferimento alle masse, questa
volta con atteggiamento populistico, e si tratta il tema del nazionalismo bellicoso e aggressivo.

Alcione è la composizione più sublime, considerata il capolavoro di D’Annunzio. La struttura è


molto rigorosa, l’opera è divisa in cinque sezioni ciascuna della quali fa riferimento a un preciso
momento stagionale e a un ambiente paesaggistico. Questo rigore mira a fondere il modello
moderno della lirica e quello classico e tradizionale. La struttura corrisponde proprio alle sue
esperienze di vita, le sue vacanze durante i mesi estivi.
Alcione rappresenta il momento di riposo del guerriero, riposa superuomo, è una sorta di vacanza
del superuomo, un momento di meritata tregua e abbandono alla dimensione della natura e del
mito, sublimata dalla perfetta fusione tra uomo e natura.
l’immersione nella natura, l’esaltazione della bellezza e della soggettività non sono separabili
dall’aggressività imperialistica, dalla rivendicazione di un privilegio sociale per il poeta.
Questa tregua è occasione per il poeta-superuomo di rivendicare il nucleo della propria
concezione dell’arte, ovvero la naturalizzazione dell’arti cio, cioè a rappresentazione interamente
arti ciale di una materia data come naturale.
L’estate, periodo in cui è ambientata Alcione, ha una valenza simbolica: è una stagione della vita,
la giovinezza vista come maturità minacciata dall’avanzare del decadenza sica; d’altra parte
rappresenta il vigore della creatività artistica.
Quindi appunto i temi principali sono tre che vengono presentati sulla vicenda narrativa di fondo,
le vacanze estive in Toscana.

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1. Lo scambio tra naturale e umano, ovvero la capacita del superuomo di sapersi fondere con la
natura, diventando quasi un elemento di essa
2. La riattualizzazione del mito, ovvero la funzione del mito come unico mezzo per ritrovare la
connessione con la dimensione naturale, grazie al ritorno al primitivo
3. L’esaltazione della parola, dell’arte e della gura del poeta, tema già presente in Pascoli.
Pascoli diceva il poeta è l'unico fra gli adulti che riesce ad arrivare al vero, la parola in sé è una
specie di epifania, ecco perché la parola è importantissima per d’annunzio, l’unico strumento,
per la rivendicazione del privilegio artistico, che gli è rimasto è la parola. La fusione dell’io con
la natura è un progetto estetico: estetismo e panismo sono due facce della stessa medaglia.

LA SERA FIESOLANA

È la prima poesia di Alcyone ed è dedicata a Eleonora Duse. Il componimento è formato da tre


strofe di quattordici diversi ciascuna , di vario metro e variamente rimati e assonanzati.

Evidente è il riferimento al sacro ed è chiaro il riferimento al cantico delle creature e a San


Francesco. Evidente il richiamo al mondo primitivo magico in cui la natura se interpretata bene
può far accedere alla realtà. Tema del viaggio. Registro linguistico medio.
Spesso la poesia di D’annunzio evoca sentimenti attraverso l’uso delle immagini, in particolar
modo in questo caso tratte dalla natura, grazie alle quali arriva alla verità e riesce ad esprimerla
attraverso le parole. Alla verità accede solo il poeta e non noi, perché gode di un rapporto
privilegiato con la natura, sancito dal continuo scambio tra uomo e natura.

La prima strofa descrive un momento della vita di


Fresche le mie parole ne la sera campagna quando la luna sta per sorgere, descrive il
ti sien come il fruscìo che fan le foglie contadino che con la scala va a raccogliere il gelso. Il
del gelso ne la man di chi le coglie poeta si augura che le proprie parole giungano fresche
silenzioso e ancor s’attarda a l’opra come il fruscio nella sera del contadino che raccoglie il
lenta gelso. La pace della situazione descritta il poeta si
su l’alta scala che s’annera augura che possa essere una pace che arriva anche sul
contro il fusto che s’inargenta loro amore (altra tematica)
con le sue rame spoglie
mentre la Luna è prossima a le soglie
cerule e par che innanzi a sé distenda
un velo
ove il nostro sogno si giace
e par che la campagna già si senta
da lei sommersa nel notturno gelo Non ci sono né cesure né punteggiatura no alla ne
e da lei beva la sperata pace della strofa, quindi lungo discorso collegato con
senza vederla. enjambement. I temi riguardano: lode alla sera,
suggestione francescana, annullamento nella natura,
Laudata sii pel tuo viso di perla, parole e volontà di dire.
o Sera, e pe’ tuoi grandi umidi occhi
ove si tace
l’acqua del cielo!

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Dolci le mie parole ne la sera La seconda strofa è una lode alla sera e si descrive
la campagna nel momento successivo a una
ti sien come la pioggia che bruiva
pioggia.
tepida e fuggitiva, Importante l’anafora e la personi cazione
commiato lacrimoso de la primavera, Continuo scambio tra donna e sera.
su i gelsi e su gli olmi e su le viti
e su i pini dai novelli rosei diti
che giocano con l’aura che si perde,
e su ’l grano che non è biondo ancóra
e non è verde,
e su ’l eno che già patì la falce
e trascolora,
e su gli olivi, su i fratelli olivi
che fan di santità pallidi i clivi
e sorridenti.

Laudata sii per le tue vesti aulenti,


o Sera, e pel cinto che ti cinge come il salce
il en che odora!

Nella terza strofa è protagonista l’amore e il


Io ti dirò verso quali reami
ruolo del poeta, perché è l’unico in grado di
d’amor ci chiami il ume, le cui fonti svelare la verità e comprendere l’amore. Il poeta
eterne a l’ombra de gli antichi rami è un poeta vate e lo fa attraverso lo scambio tra
parlano nel mistero sacro dei monti; natura e essere umano e attraverso le parole
e ti dirò per qual segreto che gli vengono in mente osservando la natura
le colline su i limpidi orizzonti (è la natura che gli parla). Il poeta accede alla
s’incùrvino come labbra che un divieto verità attraverso l’osservazione della natura.
chiuda, e perché la volontà di dire C’è ancora assenza di punteggiatura e forte
le faccia belle musicalità.
oltre ogni uman desire
e nel silenzio lor sempre novelle
consolatrici, sì che pare
che ogni sera l’anima le possa amare
d’amor più forte.

Laudata sii per la tua pura morte,


o Sera, e per l’attesa che in te fa palpitare
le prime stelle!

Figure retoriche:
-sinestesia: collegata al simbolismo perché prevale il senso sul ragionamento logico
-personi cazione: usata perché c’è un continuo scambio tra uomo e natura
-alliterazioni: servono a dare musicalità (ripetizione della s e r)
-enjambment
-anastro

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LA PIOGGIA NEL PINETO
La poesia racconta delle sue vacanze estive, in particolare questa è ambientata in Versilia.

Taci. Su le soglie Odi? la pioggia cade


del bosco non odo su la solitaria
parole che dici verdura
umane; ma odo con un crepit o che dura
parole pi nuove e varia nell’aria
che parlano gocciole e foglie secondo le fronde
lontane. pi rade, men rade.
Ascolta. Piove Ascolta. Risponde
dalle nuvole sparse. al pianto il canto
Piove su le tamerici delle cicale
salmastre ed arse, che il pianto australe
piove sui pini non impaura,
scagliosi ed irti, n il ciel cinerino.
piove su i mirti E il pino
divini, ha un suono, e il mirto
su le ginestre fulgenti altro suono, e il ginepro
di ori accolti, altro anc ra, stromenti
su i ginepri folti diversi
di coccole aulenti, sotto innumerevoli dita.
piove su i nostri v lti E immersi
silvani, noi siam nello spirto
piove su le nostre mani silvestre,
ignude, d’arborea vita viventi;
su i nostri vestimenti e il tuo v lto ebro
leggieri, molle di pioggia
su i freschi pensieri come una foglia,
che l’anima schiude e le tue chiome
novella, auliscono come
su la favola bella le chiare ginestre,
che ieri o creatura terrestre
t’illuse, che oggi m’illude, che hai nome
o Ermione. Ermione.

La prima strofa si apre con l’esortazione del poeta rivolta alla


compagna di tacere per ascoltare i suoni della natura, e narra così dei primi attimi nel bosco e
so ermandosi sul fenomeno della pioggia e descrivendo così l’ambiente circostante, descrivendo
anche il loro amore. Nella seconda strofa continua la descrizione della natura nel corso della
pioggia e si descrive l’aspetto della donna che accompagna il poeta, messo in relazione con gli
elementi naturali

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Ascolta, ascolta. L’accordo Piove su le tue ciglia nere
delle aeree cicale s che par tu pianga
a poco a poco ma di piacere; non bianca
pi sordo ma quasi fatta virente,
si fa sotto il pianto par da scorza tu esca.
che cresce; E tutta la vita in noi fresca
ma un canto vi si mesce aulente,
pi roco il cuor nel petto come p sca
che di laggi sale, dall’umida intatta,
ombra remota. tra le p lpebre gli occhi
Pi sordo e pi oco son come polle tra l’erbe,
s’allenta, si spegne. i denti negli alv oli
Sola una nota son come mandorle acerbe.
ancor trema, si spegne, E andiam di fratta in fratta,
risorge, trema, si spegne. or congiunti, or disciolti
Non s’ode voce del mare. (e il verde vigor rude
Or s’ode su tutta la fronda ci allaccia i mall oli
crosciare c’intrica i ginocchi)
l’argentea pioggia chi sa dove, chi sa dove!
che monda, E piove su i nostri v lti
il croscio che varia silvani,
secondo la fronda piove su le nostre mani
pi folta, men folta. ignude,
Ascolta. su i nostri vestimenti
La glia dell’aria leggieri,
muta; ma la glia su i freschi pensieri
del limo lontana, che l’anima schiude
la rana, novella,
canta nell’ombra pi fonda, su la favola bella
chi sa dove, chi sa dove! che ieri
E piove su le tue ciglia, m’illuse, che oggi t’illude,
Ermione. o Ermione.

La terza strofa si concentra sulla descrizione dei suoni della natura. Nell’ultima strofa d’annunzio
usa elementi naturali per la descrizione della donna

Il poeta immagina di trovarsi in una giornata d’estate con la sua amata donna, Ermione, nella
pineta di Versilia battuta dalla pioggia. La lirica rappresenta le sensazioni prodotte dalla pioggia
che cade intensamente sulla pineta, in cui si sono addentrati il poeta ed Ermione. La natura
sembra risvegliarsi e rispondere al contatto della pioggia quasi con un discorso musicale, come
una serie di strumenti dal suono diverso. Tra questi suoni e sotto l’intensi cazione della pioggia,
l’uomo e la donna, puri cati dall’acqua piovana che ne bagna le vesti, sembrano immergersi
progressivamente nella natura divenendo parte di essa, ci sono una serie di corrispondenze
(riferimento a Baudelaire) naturali che ci danno l’idea della fusione tra uomo e natura.
La pioggia del pineto è interessante perché è fortemente presente il panismo, è proprio il senso
della pioggia: si confondono così tanto con la natura nel suo senso più primitivo che ne diventano
parte (tutto ciò che ha a che fare con l’ancestrale lo ritroviamo nelle poesia di D’Annunzio). La
trasformazione a eletto naturale ci ricorda la statua di Apollo e Dafne.
La poesia è molto cadenzata, ci riporta i poemi epici, che richiama anche il continuo cadere della
pioggia, la ripetitività è propria della poesia arcaica ed è questo che vuole richiamare
(Riferimento a Marinetti)

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Le prose
D’Annunzio produce in maniera instabile versi e prose di ogni tipo.
Terra vergine è la prosa d’esordio del poeta. L’ispirazione provinciale e l’ambientazione rusticana
non devono trarre n inganno, i temi ruotano intorno a un determinismo spietato, del naturalismo
resta solo la teoria della ferinità dell’uomo e del determinismo spietato che ne regola il
comportamento. La natura è ridotta all’esigenza sessuale (riferimento a la Lupa). Mancano
impersonalità e analisi scienti ca, tipiche del Naturalismo, sostituite da un momento istintuale e
arazionale (Pascoli diceva che il simbolo è arazionale).
Le altre prose della produzione giovanile seppur siano ispirate a grandi autori francesi del
Naturalismo (Zola, Flaubert, Montpassant) presentano una rappresentazione cruda e compiaciuta
delle spinte bestiali e distruttive dell’uomo. Importanti sono le Novelle della Pescara, 1902.
Il Notturno è un’opera singola del poeta, dove per la prima volta lo incontriamo in vesti di erenti,
sembra quasi in vacanza DAL superuomo (in Alcione c’è vacanza DEL superuomo). Mio non deve
stupire date le sue fragili condizioni di salute a seguito di un incidente aereo durante la guerra.
Perduto l’occhio destro per non perdere anche il sinistro fu costretto a una lunga degenza, 3 mesi
a letto in completa oscurità, da qui il titolo. Scrisse l’opera su migliaia di frammenti di carta
preparati dalla glia. Il tema riguarda racconti di guerra.

Il Piacere
Il piacere è il primo romanzo di D’Annunzio pubblicato nel 1889.
Il protagonista è Andrea Sperelli, alter ego dell’autore e eroe dell’estetismo.
Andrea Sperelli è un esteta, un amante del bello, alla continua costante ricerca del piacere.
Vive a Trinità dei Monti, a Roma, in un splendido palazzo del cinquecento: Palazzo Zuccari.
Circondato da opere d’arte e oggetti ra nati, conduce una vita piena di fascino, rispecchiando lo
stile e l’eleganza dell’aristocrazia di cui fa parte, perseguendo lo scopo, così come trasmesso dal
padre, di rendere la propria vita un’opera d’arte, l’arte per l’arte non è solo quindi un’idea ma ha
applicazioni nella vita concreta.
La creazione del personaggio dannunziano permette l’introduzione in Italia della gura dell’eroe
decadente, la cui meta è il raggiungimento di una vita estetica e ra nata, nella quale l’arte è il
valore supremo, a discapito di tutti gli altri, per no di quelli morali.
Figura già presentata in Francia con Jean des Esseintes, protagonista del
romanzo “Controcorrente” di Joris-Karl Huysmans, e Inghilterra con Dorian Gray nel suo “Ritratto”
di Oscar Wilde.
Facile il collegamento con il Barocco, li c’era solo nta estetica.
La trama
Il Piacere è la storia di Andrea Sperelli, un ricco e aristocratico cultore dell’arte in tutte le sue
sfaccettature, incline ai piaceri della vita quotidiana. Giunto a Roma nell’ottobre 1884, Andrea
inizia a frequentare i luoghi e le feste più elitarie della capitale. È in una di queste che conosce
Elena Muti, una giovane contessa rimasta vedova con la quale intraprende ben presto una focosa
relazione. Quando però, nel marzo 1885, la donna annuncia ad Andrea di voler troncare la storia e
di aver preso la decisione di andarsene da Roma, questi inizia una vita volta alla dissoluzione e
alla depravazione. Dopo essere passato di donna in donna, fa la conoscenza di Maria Ferres,
donna casta e religiosa di cui si invaghisce e che intende ad ogni costo conquistare.
Tornata nel frattempo a Roma anche Elena, Andrea decide di fare sue entrambe le donne; ma se
con Maria la strada sembra essere in discesa, la Muti gli resiste, accrescendo in lui il desiderio di
possederla. Così, pur avendo instaurato una intensa relazione con Maria, il giovane Sperelli non fa
che pensare ad Elena e per errore chiama la propria donna con il suo nome. Dopo aver perso
Elena, Andrea perde così anche Maria, restando solo. La conclusione del romanzo registra il
fallimento del protagonista e del suo progetto di esteta.
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Nel romanzo si intrecciano la tradizione naturalistica del romanzo d’ambiente e la nuova tendenza
decadente della narrativa lirico-evocativa. Anche lo stile è lontano da quello del Naturalismo, qui
domina la paratassi. C’è una costante ricerca di musicalità che ha la funzione di legare le diverse
unità narrative.

BRANO: PRESENTAZIONE DI ANDREA SPERELLI

Andrea Sperelli concentra in sé tutte le caratteristiche dell’esteta, tuttavia questa sensibilità


straordinaria lo porta a una sorta di corruzione che gli causa un’intima so erenza.
(Da fare riferimento quando si parla di intellettuale, come per il poeta la sua sensibilità eccezionale
lo di erenzia dalla massa, lo rende sensibile al bello rispetto alla volgarità della massa, è quasi
qualcosa di superiore a livello sico; intima so erenza si collega al Decadentismo, poeti maledetti)
Se io voglio godere a pieno della mia natura devo realizzarla a pieno il problema è che lui per
realizzare il mito paterno dell’esteta tradisce la propria natura, non è forte abbastanza per
incarnare quell’uomo ma neanche per rivendicare quella natura quindi si oppone al padre.
(Il tema dello scontro col padre verrà ampiamente trattato nel 900’, partendo dagli studi di Freud)
Si percepisce disfacimento e inadeguatezza, Andrea Sperelli viene presentato come esteta
(parliamo di lui essendo il primo personaggio ma questa cosa la farà anche con i personaggi dei
romanzi successivi) ma poi nella sua personalità si percepisce qualcosa di malato una sorta di
portare a conseguenze estreme questo estetismo e renderlo un pomellato e non solo questo ma
anche inadeguatezza rispetto a quello che voleva essere, non riesce a realizzare a pieno il suo
ideale di uomo (che è quello del padre)
Andrea Sperelli può essere considerato il primo germe di INETTO della letteratura italiana.
Chi è l’inetto?
È quella persona che vorrebbe fare ma non riesce, non ha la forza su ciente per fare quello che
vorrebbe. È incapace di fare, non riesce ad a ermarsi nel mondo in cui vive e si sente inadeguato
perché manca di reale volontà di fare, non si impegna a su cienza.
Da una parte c’è l’esteta, colui che si eleva, ma nei suoi personaggi c’è questa sfumatura, Andrea
Sperelli, non riesce ad essere quello che vorrebbe, è inadeguato rispetto alla società
Molto interessante un anticipatore di tutto questo è proprio Al eri, quasi 150 anni prima.
Al eri in un’epoca totalmente diversa, nel 700’, non c’era quello sviluppo tecnologico ma quando
vive lui c’era rivoluzione industriale, c’era quel germe di società di massa tanto che in quegli anni
avviene Rivoluzione Francese mentre lui è in Francia e scappa.
Lui era un privilegiato, veniva da una famiglia importante, viaggia tanto. Ci sono tanti punti in
comune con D’Annunzio; Al eri ha il mito del titano, di colui che si erge al di sopra delle masse,
volgari, sporche, schifose e combatte, si impone al tiranno, non necessariamente quello politico,
tiranno è colui che blocca e ingabbia il trionfo del superuomo, non usa direttamente il termine
superuomo ma il concetto è quello; anche in lui troviamo un piccolissimo germe di inetto, la sua
vita è pervasa da questo senso: in realtà non riesco completamente a dominare la realtà. VEDERE
LIBRO VECCHIO
Quando Al eri scrive le sue tragedie, cosa cambia rispetto a quelle del passato? La trama è molto
tenue, pochi personaggi pochi fatti, ma c’è una profonda introspezione
Potremmo quasi parlare di psicanalisi, ma non possiamo usare questo termine per lui
Anche nei fantasy c’è sempre ritorno al primordiale, alla natura
C’è bisogno del mito perché se ripensiamo alla religione greca o romana era
un’impersoni cazione di entità naturali ed è abbastanza lontano per estraniarsi dalla modernità
Non è solo una cosa super ciale di struttura, ma è una cosa profonda.
Nel simbolo viene tolta la mediazione culturale, è proprio un’epifania.

Il Piacere è un romanzo che celebra l’estetismo. Difatti l’unica nalità dell’educazione è il piacere.
Le analogie tra il protagonista e l’autore sono diverse (citata prima il superuomo), tra cui troviamo
l’amore per Roma. In particolare della Roma barocca
Il piacere è la Roma del barocco, un autore era bravo quanto più andava a trovare qualcosa di
eccezionale non nel contenuto ma nell’estetica della forma (ci ricorda D’Annunzio)

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D’Annunzio ci attira perché ha un’eccezionale abilita da scrittore nel tirarci nel nostro lato oscuro,
perversione, erotismo e sotto a questo c’è la mancanza di morale, uno scarto ed è in questo che
troviamo Andrea Sperelli perché è un debole

(Il personaggio di Andrea Sperelli si collega a tante cose, esteta, primo germe inetto, scontro col
padre ampiamente trattato poi nel 900’, basta pensare a Freud)

Leggere trame “forse che si forse che no” , “trionfo della morte” , “vergine delle rocce”.

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