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LEZIONE 4

Con D’Annunzio abbiamo un certo tipo di letteratura performativa: non è necessario che il suo testo si attui
per poter permettere la fruizione. In questo caso abbiamo un rapporto tra arte e vita inteso in modo più
dinamico.

Il primo contatto con una corrente letteraria novecentesca che possiamo considerare, all’altezza del 1910, è
quella che possiamo definire come la corrente dei poeti crepuscolari. I poeti crepuscolari furono etichettati
in questo modo da Giuseppe Antonio Borgese nel 1910 in un articolo pubblicato sulla Stampa del 10
settembre 1910. Questi usava questo aggettivo “crepuscolari” riferendosi a 3 libri di poesia pubblicati in
quell’anno. I tre libri erano: Poesie scritte con lapiz di Marino Moretti, Poesie provinciali di Fausto Maria
Martini e Sogno e Ironia di Carlo Chiaves. Fra questi il primo è il più ricordato. Interessante è che il critico
interessasse queste raccolte di poesie uscite nello stesso anno come “Indubbiamente fra i migliori
rappresentati di una scuola poetica ogni giorno sempre più numerosa…nulla da dire e da fare.” Dalla
definizione di Borgese deriviamo già alcuni temi presenti ma deriviamo anche il tono che questa poesia
trasmetteva. Tono dimesso e sostanzialmente minore che trovava nel riferimento all’elemento
crepuscolare l’individuazione di una luce tenue che caratterizzava queste poesie lontane sia dalla
esaltazione epica, civile di Carducci, toni lontani dalla semplicità del fanciullino di Pascoli e lontani
soprattutto dall’enfatizzazione di D’Annunzio stesso. I crepuscolari si presentano con degli accenti dimessi
soprattutto collocati nella dimensione provinciale, domestica. Un po’ si legge in questo atteggiamento il
rifiuto della dimensione della letteratura inteso come qualcosa di elevato, di alto. I poeti crepuscolari
costituiscono una linea, ma non si può parlare di una vera e propria scuola quindi di un gruppo unito
caratterizzato da momenti di ritrovo, né allo stesso modo si può considerare quella dei crepuscolari una
poetica dichiarata: non ci furono esplicite dichiarazioni di poetica comune, non ci furono dei manifesti. Una
corrente non pienamente identificabile in un luogo preciso: i suoi esponenti sono diversi e sono di diverse
localizzazioni. Abbiamo ad esempio Marino Moretti e Aldo Palazzeschi che saranno operanti soprattutto a
Firenze. Abbiamo Corrado Govoni a Ferrara, Sergio Corazzini a Roma e Guido Gozzano a Torino. Quindi vari
esponenti e varie collocazioni, varie città d’azione. Anche per questi poeti l’esperienza crepuscolare costituì
anche l’intera esperienza poetica perché molti di questi poeti si ritrovarono a morire anche giovani, quindi
conclusero la loro stessa vita con l’esperienza poetica-crepuscolare. Altri come Moretti, Govoni e
Palazzeschi, finita la stagione crepuscolare (che si può datare intorno al 1916, cioè al momento della morte
di Gozzano), altri esponenti di questa linea cambieranno direzione poetica e torneranno o a precedenti
declinazioni poetiche o aderiranno ad altre sensibilità poetiche stesse. Un aspetto particolare di questi poeti
crepuscolari è che sono uniti da tratti comuni: erano tutti più o meno giovani (sui vent’anni), avevano anche
tutti una derivazione (provenivano tutti da una particolare fascia sociale, erano borghesi o piccolo
borghesi). Aldilà di questi elementi di comunanza un aspetto fondamentale molto più collegato all’intento
letterario che accomunava loro era la volontà di opporsi alla cultura ufficiale che era ancorata al mito del
poeta vate. L’idea era quella soprattutto di opporsi all’estetismo e alla poesia artificiosa della produzione
dannunziana e alla stessa considerazione del poeta che sia in qualche modo un poeta vate, un poeta che
ricopra un ruolo non solo di ruolo esclusivo ma che abbia anche una funzione di tipo sociale-politico. Dopo
il 1916 non si può più parlare di clima crepuscolare e i sopravvissuti del movimento, Govoni e Palazzeschi, si
interessano più direttamente all’esperienza futurista per poi tornare anche alla propria vocazione di
scrittori.

I poeti crepuscolari rinunciano al ruolo di poeta. Anche in questo caso assistiamo ad una risposta
all’atmosfera del tempo: dopo l’estetismo e la considerazione degli slanci giovanili, anche in questo caso
abbiamo un’ulteriore reazione alla società borghese di inizio novecento. Anche se la reazione non è quella
violenta dei figli della borghesia ma è una reazione dimessa, una reazione che tende a rifiutare la
dimensione borghese della società, dimensione fondata più sull’aspetto economico, sul guadagno e
pensare che in una situazione del genere l’arte non possa avere luogo. Una risposta diversa rispetto a quela
dell’estetismo che invece voleva rendere l’arte fine a se stessa, staccandosi dal contesto borghese ma in un
intento di elevazione nei confronti del contesto pratico, materiale, borghese. In una situazione del genere i
crepuscolari si ritirano: cioè ritengono che la poesia in una situazione dominata dagli interessi di guadagno
della borghesia non potesse sopravvivere e quindi decade il ruolo stesso del poeta per il poeta
crepuscolare.

Corazzini dice di non essere un poeta ma un piccolo fanciullo che piange. Declinazione triste del fanciullo:
fanciullo che è in un atteggiamento negativo. Palazzeschi si definisce un saltimbanco dell’anima e di per sé
l’immagine è pure suggestiva, ma non è certamente un immagine che rende la dimensione del poeta come
qualcosa di elevato, di straordinario. Il saltimbanco dell’anima è un’immagine che sdrammatizza il ruolo del
poeta stesso. Gozzano nella Signorina Felicitas ovvero la felicità scrive “io mi vergogno d’essere un poeta”.
Evidentemente nella considerazione da parte dei poeti crepuscolari il poeta non ha una funzione sociale.
L’idea del poeta di ritirarsi dal proprio ruolo di personaggio che abbia delle responsabilità nei confronti
della società, è una conseguenza consapevole di quegli atteggiamenti che già erano di poeti francesi, che
già si astraevano dal contesto sociale. Questo atteggiamento era già stato adottato anche nel periodo della
scapigliatura alla fine dell’800, anche se in quel caso era un po’ meno consapevole come atteggiamento.
Con i crepuscolari è più sistematizzata l’attitudine del poeta a ritirarsi dal suo ruolo sociale. Nonostante
questa tendenza a staccarsi dalla realtà e quindi dal contesto in cui sono inseriti, i poeti crepuscolari non
possono fare a meno di confrontarsi con i grandi che gli hanno preceduti. Quindi nonostante essi stessi si
opponessero in maniera diretta soprattutto nei confronti di D’Annunzio, anche i poeti crepuscolari
riprendono alcuni aspetti di D’Annunzio stesso. Poema paradisiaco nel 1893 rappresenta di fatto una delle
fonti della poesia crepuscolare, uno dei riferimenti dei poeti crepuscolari. Tra tutte le opere dannunziane il
poema paradisiaco è quello un po’ meno dannunziano: nonostante sia caratterizzato dal gusto estetizzante,
è il testo che più di tutti in D’Annunzio cerca di recuperare una dimensione personale soprattutto proiettata
nel ricordo dell’infanzia. È quello che più di tutti presenta toni dolci, morbidi nella rievocazione di un
contesto domestico, intimo e personale. Questo atteggiamento è il contesto atmosferico ricercato dai
crepuscolari, cioè quella colloquialità piana che i poeti crepuscolari sentivano come modo di intendere la
poesia. Se da un lato i poeti crepuscolari considerano la stessa posizione di D’Annunzio, dall’altra parte
ancora più comprensibilmente si pongono in contatto con la poeitca di Pascoli. Anche in questo caso
avevamo detto parlando della poetica degli oggetti di Pascoli avevamo citato il fatto che con i crepuscolari
ci sarebbe stata una ripresa di questo aspetto. I crepuscolari infatti con la loro attenzione al quotidiano,
all’aspetto domestico, pongono l’attenzione nei confronti delle cose di tutti i giorni. In questo senso si passa
dalle piccole cose di Pascoli, alle buone di cose di pessimo gusto di Gozzano. Non solo l’attenzione nei
confronti degli oggetti quotidiani, ma anche l’atteggiamento nei confronti di queste cose, cioè la volontà di
condividere la voce del Fanciullino capace di scoprire la poesia nelle piccole cose. C’è questo aspetto nei
poeti crepuscolari: attenzione alle piccole cose, ma anche l’attenzione a cercare in queste aspetti poetici
non immediatamente visibili. Anche nei poeti crepuscolari c’è questa dimensione simbolista. La dimensione
simbolista dei poeti crepuscolari non è la dimensione simbolista dei grandi simbolisti francesi, cioè di quelli
che facevano della ricerca poetica anche una grande ricerca formale e non è proprio dei crepuscolari
neanche l’esito tormentato dei simbolisti francesi di prima fascia. I simbolisti francesi troppo tormentati,
troppo dediti al virtuosismo formale non erano i referenti dei poeti crepuscolari. I simbolisti tenuti d’occhio
dai poeti crepuscolari sono quelli meno audaci quali: Meterlink e Rodenbak, simbolisti della linea belga.
Simbolismo che era lontano dalle innovazioni formali più audaci. Una poesia quella crepuscolare che non
cerca nel simbolo qualcosa di eccessivamente elevato, lontano o approfondito. È molto più collegata la
dimensione simbolica anche ad un aspetto personale, introspettivo, ma collegata sempre ad una
dimensione quotidiana. A questa linea simbolista dei poeti belgi sono collegati anche alcuni dei temi dei
poeti crepuscolari: temi già anticipati dalla definizione di Borgese, temi come ad esempio la noia e la
malinconia che rappresentano la difficoltà del poeta a inserirsi nel ritmo normale della vita. Siamo a inizio
900 nel clima di modernizzazione, di evoluzione tecnologica, clima che contribuisce a creare nella metropoli
una situazione spesso poco vivibile per l’individuo stesso, in una situazione del genere il poeta crepuscolare
percepisce la difficoltà di rapportarsi con la realtà e da questo deriva la noia e la malinconia, temi ricorrenti
nella poesia crepuscolare. Una delle immagini più+ riuscite nella rappresentazione di questa noia sono i
quadri provinciali e domestici di le domeniche provinciali, i rintocchi di campane, in una situazione
orientata in una rappresentazione del quadro provinciale che denota questa sensazione di noia, malinconia.
Un altro tema fondamentale è anch’esso collegato ad alcuni aspetti visti relativi alla biografia stessa di
alcuni di questi poeti. Il tema molto presente nella poesia crepuscolare è il tema della malattia, tema del
dolore. Malattia che per alcuni era parte diretta della vita stessa: Corazzini e Gozzano trasportavano la loro
malattia reale anche nella dimensione poetica. Però per gli altri la malattia diventava comunque metafora
di questo difficile rapporto con la realtà. Ed ecco quindi che molto spesso nella poesia crepuscolare è
presente il dolore, ma è un dolore che non è gridato, disperato, non è qualcosa di tragico ma qualcosa di
dimesso equiparabile alla mestizia che si respira in una corsia d’ospedale. La rappresentazione del dolore
da parte dei poeti crepuscolari non è qualcosa di eroico, non cerca queste sfumature eroico-tragiche, ma è
un’ulteriore dimostrazione della dimensione dimessa domestica che caratterizza tutta la loro poesia. Un
altro aspetto da sottolineare è anche un atteggiamento nei confronti di questi temi che sono piuttosto cupi
e tristi, importante è sottolineare un atteggiamento spesso ironico nei confronti di questi elementi, quindi
la consapevolezza della difficoltà del rapporto con la realtà, la consapevolezza della dimensione dimessa e
malinconica di questo rapporto, ma anche un certo distacco ironico che in alcuni casi riesce a dare un
bagliore di luce, a rendere meno tragica questa situazione costruita su queste linee che rendano la difficoltà
dell’individuo nei confronti della realtà del tempo. Una linea letteraria che rappresenta una risposta da
parte dell’arte, da parte della poesia nei confronti dell’atmosfera del tempo di inizio novecento. Un’altra
risposta, un altro atteggiamento nei confronti di questa atmosfera di primo Novecento, una risposta alla
realtà culturale dell’inizio novecento molto più aggressiva e forte sarà quella del futurismo. Nei primi
decenni del 900 in tutta Europa emergono le cosiddette avanguardie storiche: espressionismo, futurismo,
dadaismo, surrealismo che introducono un nuovo concetto di arte, quindi un nuovo atteggiamento nei
confronti della considerazione dell’arte votato soprattutto a un rifiuto, a una frattura diretta nei confronti
della tradizione. Questo è un aspetto che sottolineiamo in maniera netta, è un’elaborazione progressiva,
una presa di coscienza dei propri strumenti ma sempre considerano gli aspetti relativi della tradizione.
Anche gli stessi crepuscolari si staccano dalla realtà e basano la loro attività poetica su un rifiuto di qualcosa
però comunque mantengono alcuni contatti con elementi della tradizione. Il futurismo segna un distacco
netto nei confronti del passato: quindi una frattura totale sia per che riguarda la considerazione della
letteratura, della poesia ma anche dell’arte in generale nei confronti del passato, anche del passato
recente. La tradizione ottocentesca veniva vista come qualcosa da cui staccarsi completamente. Veniva
rifiutato anche lo stesso estetismo con una chiusura aristocratica nella contemplazione dell’io. Il futurismo
in senso stretto aveva delle linee ben precise: l’arte per i futuristi, per le avanguardie in generale, viene
considerata come qualcosa di totale. Quindi tutte le forme artistiche comunicano tra loro; l’arte poi in
rapporto a quanto si diceva all’inizio in una possibile interazione tra arte e vita, per le avanguardie l’arte
coinvolge qualsiasi aspetto della vita, inoltre sempre in linea con questa onda che sembra travolgere i primi
decenni del 900, la visione della produzione artistico-letterario non viene considerata come opera di un
singolo, ma come espressione collettiva. Un altro aspetto fondamentale è che le avanguardie presentano
una violenza aggressiva ed eversiva nei confronti della tradizione e manifestano un evidente gusto per la
provocazione. Il futurismo italiano nel panorama delle avanguardie europee fu un movimento importante:
la data di inizio è il 1909 con il primo manifesto del movimento futurista e durò fino al 1944, cioè fino alla
morte del suo fondatore. Il futurismo italiano nel contesto delle avanguardie europee rappresenta un
fenomeno significativo proprio perché ebbe una notevole influenza: Russia, in America, in Europa. Fu un
movimento di grande interesse sia per chi volesse distanziarsene, sia per chi volesse prendere ad esempio
le direzioni. Quando parliamo di futurismo parliamo di Filippo Tommaso Marinetti, scrittore che prima di
diventare colui che ha fondato il futurismo, erà già uno scrittore molto apprezzato, scrittore operante
soprattutto a Parigi. Era stato un esponente culturale di un panorama delle riviste francesi, soprattutto era
diventato segretario di una rivista bilingue che aveva avuto il merito di far conoscere in Italia il tardo
simbolismo poetico francese. Dopo una stagione culturale francese, significativo fu per Marinetti il
trasferimento a Milano e a Milano continuò il suo lavoro di corrispondente delle rivsite letterarie francesi
fino a che nel 1905, dando prova della sua grande vocazione di editore, di organizzatore culturale, fondò la
rivista Poesia. Nel 1905 a Milano nell’appartamento del padre allestì questa redazione e la rivista letteraria
Poesia si proponeva come una rivista di gusto liberty e come dice la testata stessa interamente dedicata
alla scrittura in versi. In questa sua iniziativa letteraria, Marinetti divenne centro promotore della Milano del
tempo, della poesia nella dimensione milanese. Venuto direttore unico nel 1906 riuscì a coinvolgere nella
sua impresa i giovani più promettenti del tempo sulle pagine della sua rivista in cui appaiono nomi come
Pascoli, D’Annunzio, Gozzano, Ada Negri e altri scrittori e maestri delle successive avanguardie. La rivista
Poesia per iniziativa di Marinetti dettava una via italiana al simbolismo. Entrò subito nel panorama delle
riviste internazionali più prestigiose. Un momento importante fu quando la rivista propose un’inchiesta
sull’uso del verso libero e quando diede largo spazio alle idee di Gianpietro Lucini, personaggio interessante
e fondamentale per questi anni, sarà importante poi anche nella definizione del movimento futurista. Era
un poeta anarchico anti-dannunziano impegnato soprattutto sul versante della difesa della libertà dai
vincoli e dalla metrica, è sostanzialmente un alfiere del verso libero, alfiere nei confronti della metrica
tradizionale. Negli ultimi numeri della rivista Poesia, che cessò le pubblicazione nel 1909, si cominciavano a
sentire già i segnali anticipatori del futurismo stesso. ad esempio nelle ultime pubblicazioni comprare un
frammento di Mario mOrasso, frammento che si intitola l’artigliere meccanico, è già un elemento con un
tipo di scrittura orientato alla dimensione poetica del futurismo stesso. mario Morasso era quello che in un
saggio del 1905 intitolato La nuova Arma, la Macchina, aveva paragonato la bellezza di una locomotiva in
corso a quella della Niche di Samotracha del Louvre. Questa immagine sarà ripresa in maniera esplicita
come uno degli esempi più efficaci della eloquenza marinettiana e compare infatti nel manifesto del
futurismo. Già si sentono gli elementi caratteristici del futurismo stesso, di fatto il futurismo verrà lanciato
da Marinetti stesso su poesia perché svanendo progressivamente un po’ la via che Poesia stava
perseguendo al simbolismo italiano, Marinetti alla fine del 1908 aveva già pronti gli strumenti per la sua
successiva operazione, per l’operazione del futurismo, per dare inizio a questa nuova dimensione letteraria.
Aveva già pronti gli undici punti fondamentali del suo nuovo movimento, era incerto per quanto riguarda la
denominazione del movimento stesso tra un dinamismo e un futurismo. La scelta cadde sul secondo. Nel
gennaio del 1909 uscì un volantino di due pagine intitolato Manifesto del Futurismo pubblicato su Poesia, la
rivista di Marinetti e venne firmato da Marinetti stesso. questo volantino venen inviato a numerosi
intellettuali e quotidiani italiani. In Francia il manifesto del futurismo uscì sul Figarot, più popolare
quotidiano francese il 20 febbraio. In questo manifesto c’erano già espressi i punti salienti che Marinetti
aveva già preparato nel 1908.

11 punti futurismo:
Sulla base di questi 11 punti possiamo renderci conto di quali possono essere le soluzioni adottate da
questa particolare declinazione letteraria e poetica di inizio 900. Troviamo gli spunti di vitalismo e di grande
ricerca del pericolo, dell’avventura, già presenti nella reazione dei figli della borghesia di inizi 900. Volontà
di tradurre in testo letterario, testimonianza di un’azione, queste specifiche intenzioni di tipo pratico. Anche
in questo caso una forte connessione tra aspetto pratico della vita e aspetto della letteratura. L’estetismo
non poteva essere proprio della concezione futurista perché l’estetismo si fa della propria vita un’opera
d’arte, ma che si astrae da essa considerazione della letteratura come qualcosa di passato da superare,
rifiuto diretto, il passato è statico, noi esaltiamo. 4: aspetti collegati alla modernizzazione, alla tecnologia,
all’evoluzione. Da un lato il moderno, dall’altro la classicità. L’automobile sostituisce la classicità degli
antichi. Passato viene sostituito da qualcosa di moderno. 5: l’idea è quella di sottolineare il dinamismo che
rientra nella linea dei futuristi. 6: il poeta deve mettere in evidenza questi nuovi impulsi. Idea della
dimensione letteraria come qualcosa di aggressivo che abbia un effetto diretto nella realtà. 8: rapporto nei
confronti del passato, nei confronti della tradizione, le avanguardie dicono che la tradizione vada
completamente eliminata. Il tono è orientato a una esaltazione della velocità. 9: evidente è l’intento
dissacrante e provocatorio. 10: infrazione sistematizzata nei confronti dell’istituzione in quanto tale. 11:
presenza di lessico e l’attitudine del movimento stesso. lune elettriche: luna oggetto presente in un tipo di
attenzione letteraria e ci si riferisce con una metafora a qualcosa che faccia parte della moderna tecnologia.
La luna non rimanda più a un tema classico, antico, ma viene assunta nel linguaggio della modernizzazione.
In questo assalto nei confronti delle istituzioni stesse della tradizione e della cultura, Marinetti inizia la sua
carriera avanguardista e inizia proprio dalla rivista Poesia e con la collaborazione di alcune figure, tra cui il
peota Gianpietro Lucini che pubblicò nel 1909 per le edizioni futuriste le sue revolverate, titolo che già da
un’idea della declinazione futurista della sua scrittura. Anche lo stesso Lucino non fu in accordo con
Marinetti stesso, tanto che si staccò progressivamente, da non apparire nemmeno nella antologia dei poeti
futuristi del 1912. Con lui c’erano altri personaggi che si mantenevano come sostenitori del futirismo stesso
di Marinetti, per esempio Federico de Maria, Corrado Govoni o Luciano Folgore. Con questi personaggi
Marinetti iniziò la sua avventura futurista.

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