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Letteratura Italiana moderna e contemporanea

AA 2022/2023
Prof. Lo Monaco
PRIMA PARTE: ISTITUZIONALE

Il Concetto di Modernità
Il concetto di Modernità → per gli storici convenzionalmente inizia con la scoperta
dell’America e finisce con la Rivoluzione francese. (inizio contemporaneità)
Charles Baudelaire è stato il primo poeta a dichiarare che la letteratura non era più quella
che era stata per secoli. ➔ fino all’800 la letteratura aveva un ruolo essenziale, quello della
Formazione morale → Baudelaire afferma che il poeta è una guida, il solo che può rivelare
la realtà delle cose.

Con modernità ci si riferisce ad un’epoca storica e culturale; con modernismo ci si riferisce


ad un fenomeno estetico.

La modernità è contraddistinta da un cambiamento introdotto dalla II rivoluzione industriale


(che in Italia arriva successivamente) ➔ sviluppo della piccola e media borghesia
Cambio anche per la civiltà intellettuale e umanistica dato dallo sviluppo del settore
dell’EDITORIA → Baudelaire, “Spleen” → il rapporto tra scrittore e mercato che diviene il
nuovo committente e la realtà con cui confrontarsi.
I cambiamenti a livello economico e tecnologico hanno un grande impatto sulla società →
si forma la classe della piccola borghesia che è il vero pubblico dell’industria editoriale
 Crisi dei Codici → Crisi dei poeti → D’annunzio e Pascoli come obbiettivi da superare
 Crisi del ruolo dei poeti e della Poesia
 riduzione dell’IO
 Cambiamento delle categorie di spazio e tempo.

il Crepuscolarismo
Per parlare di Crepuscolarismo prima bisogna fare una distinzione terminologica tra
tendenza e movimento.
• Movimento → gruppo organizzato di letterati che si organizzano spesso attraverso le
riviste per portare avanti una certa poetica o attività.
• Tendenza → è un orientamento vasto, non coordinato da un centro di pensiero; è
spontanea, che emerge come se fosse un’esigenza di cambiamento, con elementi in
comune.
Il crepuscolarismo difatti è una TENDENZA DIFFUSA, non un movimento organizzato.

Si sviluppa in maniera diffusa in particolare tra Roma e Torino → alcuni nomi di poeti
crepuscolari che operano in queste due città:
 Moretti e Corazzini → Roma
 Guido Gozzano → Torino
 Govoni e Palazzeschi → si considerano di più dei futuristi.

Il termine “Crepuscolare” lo si deve alla definizione data da Borgese nel 1910, recensione a
delle poesie di Moretti → “segnano il “crepuscolo” della grande poesia”. Borgese sostiene
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che i poeti sono arrivati al crepuscolo, soprattutto per quanto riguarda le poetiche morali.
➔ si riferisce al tramonto della poesia in stile D’Annunziano.
Il tono delle loro poesie è spento; la metrica è in verso libero che tende alla prosa e trattano
temi completamente diversi da quelli utilizzati in passato.
Oppongono il gusto per le piccole cose quotidiane e un tono dimesso e prosaico alla poesia
dai contenuti aulici e dallo stile ricercato della tradizione (inattualità del registro sublime).
Sono da tenere in considerazione le ragioni sociali di questa scelta:
 Crisi dei valori poetici in relazione al mondo borghese e alla mercificazione dell’arte;
 Inutilità della letteratura rispetto alla società → perdita della funzione di guida da cui
deriva l’abbassamento della figura del poeta contro il modello del poeta-vate (di stile
D’annunziano)
La risposta del poeta era di superiorità rispetto al pubblico borghese e lo fanno con
l’accettazione della scomparsa del ruolo di “poeta”.

I temi dominanti sono ampi, uno fra tutti è il tema della malattia → metafora di una
condizione storica che indica l’impossibilità di vivere nel presente, un senso di esclusione
dalla modernità e dai valori borghesi. → sofferenza materiale dell’individuo, accettazione di
una vita normale=autentica che però è una vita di sofferenza. La condizione di inferiorità
del poeta in realtà gli conferisce la condizione che gli consente di dimostrare il rifiuto alla
società borghese dichiarandosi marginali.

Opere rilevanti:
 1903: Corrado Govoni, “Armonia in grigio et in silenzio”
 1906: Sergio Corazzini – Alberto Tarchiani “Piccolo libro inutile”
 1907: Sergio Corazzini, “libro per la sera della domenica”
 1910: Marino Moretti, “Poesie scritte col lapis”
 1911: Guido Gozzano, “I colloqui” → opera più rappresentativa.

Sergio Corazzini
• Romano, morto giovane di tubercolosi.
• Tono dimesso, senza ricercatezza.
• Critico alla mercificazione dell’arte.

Opera: “Piccolo libro inutile” 1906. S. Corazzini e A. Tarchiani


Avvertenza al volume:
« i due poveri autori non hanno osato dichiarare il prezzo di questo libro inutile perché,
immaginandolo tale, pensarono che nessuno avrebbe voluto mai comprarlo»

È un tono provocatorio perché il libro “inutile” lo è per la nuova società borghese dove il
valore dominante è il profitto. Il termine “inutile” utilizzato dagli autori è un modo di dire che
la letteratura non ha prezzo. La letteratura crea profitto ma esso stesso non è lo scopo
principale.

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Bando (Da “Libro per la sera della domenica, 1907”

«Signori! Ha principio la vendita Il tono della poesia → come se ci fosse un


delle mie idee. venditore, dove il poeta offre le sue idee
Idee originali ➔ deprezzamento della letteratura →
a prezzi normali […] tono provocatorio da parte di Corazzini
Oh! non abbiate timore di offendermi
che è in polemica con la società.
con un'offerta irrisoria!
Che m'importa della gloria!
E non badate, Dio mio, non badate “Voce piangevole” → rientra nella sua
troppo alla mia voce dimensione vittimistica, figura dimessa.
piangevole! »

Desolazione del povero poeta sentimentale (da “piccolo libro inutile”)

Perché tu mi dici: poeta? Fanciullo che piange → richiamo a


Io non sono un poeta. Pascoli.
Io non sono che un piccolo Definisce la funzione del poeta riferendosi
fanciullo che piange. al fanciullino di pascoli → non è una verità
Vedi: non ho che le lagrime da
pienamente rivelata ma allusa.
offrire al Silenzio.
Per Corazzini il fanciullino è un poeta
Perché tu mi dici: poeta?
[…] dimesso, opposto a d’Annunzio, incapace
Oh, io sono, veramente malato! di rapportarsi al mondo
E muoio, un poco, ogni giorno. Silenzio → con la maiuscola →
Vedi: come le cose. personificazione, come se fosse un’identità
Non sono, dunque, un poeta: superiore.
io so che per essere detto: poeta, conviene “perché tu mi dici poeta?” → il poeta si
viver ben altra vita! rivolge al lettore tirandolo in ballo.
Io non so, Dio mio, che morire. “io sono veramente malato!” → non è solo
Amen. la malattia, ma la sofferenza, la vita
autentica è quella della sofferenza, della
malattia.
“io so che per essere detto poeta” →
riferimento a d’annunzio → per essere
riconosciuto poeta deve avere una vita
diversa.

“io non sono un poeta” → in conclusione è una negazione, un rifiuto, una provocazione al
modello d’annunziano di poeta → modello che il pubblico conosce benissimo e che
apprezza.

Evoluzione dell’editoria → Editoria come unico mezzo di diffusione su larga scala. I romanzi
erano merce che la gente acquistava in massa perché erano diventati accessibili.
Aumento dei libri = aumento dei lettori → i libri più venduti erano quelli di D’annunzio →
anche lui disprezzava la società borghese ma al contempo era riuscito a fare di se stesso
un personaggio → riusciva a vendersi, era un personaggio pubblico e quindi il modello
d’annunziano non era più soltanto un modello letterario ma era anche culturale.
Nel momento in cui questi poeti si rapportano al modello d’annunziano → dato che la
letteratura era considerata come merce, i romanzi influiscono anche sulla società →

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riguardo all’immaginario che D’annunzio ha costruito, il lettore a quest’altezza cronologica
si aspetta un certo tipo di poetica.

Guido Gozzano (1883 – 1916)


Principale esponente del crepuscolarismo. Autore diverso dagli altri crepuscolari.

Caratteristiche e argomenti principali nella poetica di Gozzano:


• Si distingue dagli altri crepuscolari principalmente per:
o Metrica → ritorno alla tradizione, riduce la libertà metrica
o Lessico → adotta termini colloquiali ma anche termini aulici → elementi che
portano al passato.
• Grandi temi accostati a temi del quotidiano → passato e presente.
• D’annunzio e la letteratura aulica vengono parodiati per sottolineare che la
letteratura è impraticabile e inutile nella società contemporanea e che si colloca in un
passato che non si può recuperare. Gozzano fa emergere lo stridore tra il mondo
letterario/passato e la situazione attuale.
• Passato → parola chiave per Gozzano → nel passato era pensabile fare poesia, nel
presente non è più praticabile.
• Gozzano è il poeta dei contrasti → aulico e prosaico, alto/basso, passato/presente
→ da questi accostamenti derivano effetti di ironia → usa l’ironia, il prendersi in giro
come poeta e qualunque pretesa di praticare poesia nel presente → l’ironia come
luogo di rifugio dal mondo.
• La poesia ha sempre avuto una funzione conoscitiva, veicola valori. Tutto questo
viene a cadere e Gozzano ne è consapevole.

La signorina Felicita, ovvero la felicità (da “i colloqui” 1911)


Poemetto narrativo composto di 8 parti in endecasillabi → ritorno al tradizionale.

Sez. I, versi 1-30


10 luglio: Santa Felicita La data si riferisce al giorno in cui viene
scritta, onomastico della “protagonista”
Signorina Felicita, a quest’ora della poesia.
scende la sera nel giardino antico Parla di un ricordo → si tratta di un
della tua casa. Nel mio cuore amico
racconto, finzione letteraria
scende il ricordo. E ti rivedo ancora,
Situa il ricordo
e Ivrea rivedo e la cerulea Dora
e quel dolce paese che non dico. La signora rappresenta un modello di
donna in particolare.
Signorina Felicita, è il tuo giorno! “è il tuo giorno” → giorno dell’onomastico
A quest’ora che fai? Tosti il caffè: Avvocato → elemento autobiografico di
e il buon aroma si diffonde intorno? Gozzano → aveva studiato per diventare
O cuci i lini e canti e pensi a me, avvocato.
all’avvocato che non fa ritorno?
Attività quotidiane della donna, pensieri di
E l’avvocato è qui: che pensa a te.
una donna normale
Pensa i bei giorni d’un autunno addietro, Contesto: contesto domestico dove vive la
Vill’Amarena a sommo dell’ascesa donna. → vive in una villa
coi suoi ciliegi e con la sua Marchesa Dalla villa cambia scenario e passa all’orto
dannata, e l'orto dal profumo tetro
di busso e i cocci innumeri di vetro
sulla cinta vetusta, alla difesa....

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Vill’Amarena! Dolce la tua casa Passaggio dal contesto nobiliare al
in quella grande pace settembrina! borghese che pensa all’utile → passaggio
La tua casa che veste una cortina da passato a presente.
di granoturco fino alla cimasa: Contrasto: Villa → contadina
come una dama secentista, invasa
Evoluzione temporale
dal Tempo, che vestì da contadina.

Bell’edificio triste inabitato! Effetto del tempo che invade la vita


Grate panciute, logore, contorte! rendendola spettrale → casa abitata solo
Silenzio! Fuga delle stanze morte! dalla donna e dal padre. La vita nobiliare
Odore d’ombra! Odore di passato! appartiene al passato.
Odore d’abbandono desolato! Passato che non ritorna perché ha preso il
Fiabe defunte delle sovrapporte!
suo posto il presente.

Sez. V, versi 241-258


Ozi beati a mezzo la giornata, Quando Gozzano si riferisce alla nobiltà, si
nel parco dei Marchesi, ove la traccia riferisce all’intera civiltà → passato i cui
restava appena dell’età passata! valori estetici erano ancora validi.
Le Stagioni camuse e senza braccia, Contrasto passato/presente → il tema del
fra mucchi di letame e di vinaccia,
tempo.
dominavano i porri e l’insalata.

L’insalata, i legumi produttivi Contrasto tra giardino ornamentale →


deridevano il busso delle aiole; piante ornamentali, statue = simbolo
volavano le pieridi nel sole dell’ozio nobiliare. L’orto → che genera
e le cetonie e i bombi fuggitivi.... prodotti = simbolo dell’industria borghese.
Io ti parlavo, piano, e tu cucivi
innebriata dalle mie parole.
Riferimento a D’annunzio → modello
dell’esteta che viene preso in giro.
«Tutto mi spiace che mi piacque innanzi! Parla di Felicita → periodo del
Ah! Rimanere qui, sempre, al suo fianco, corteggiamento. È un modello di donna
terminare la vita che m’avanzi semplice e pratica che si oppone a quello
tra questo verde e questo lino bianco! della donna intellettuale della femme
Se Lei sapesse come sono stanco fatale d’annunziana.
delle donne rifatte sui romanzi!
Il poeta finge di desiderare un idillio
amoroso con la Signorina Felicita
aderendo così ai valori borghesi, in realtà
vi si oppone → procedimento ironico.
il poeta è stanco dell’artificio della
letteratura, stanco dei modelli dannunziani

Sez. VI
Unire la mia sorte alla tua sorte
per sempre, nella casa centenaria!
Ah! Con te, forse, piccola consorte
vivace, trasparente come l’aria,
rinnegherei la fede letteraria
che fa la vita simile alla morte....

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Oh! questa vita sterile, di sogno! Credere nella letteratura annulla la vita,
Meglio la vita ruvida concreta relega la vita allo stato di sogno, non è la
del buon mercante inteso alla moneta, vita vera.
meglio andare sferzati dal bisogno, Vs. estetismo di d’annunzio → vita come
ma vivere di vita! Io mi vergogno, un’opera d’arte.
sì, mi vergogno d’essere un poeta!
Il poeta finge di preferire la vita borghese
a quella del letterato, mondo fittizio, donne
fittizie veicolate dalla letteratura.
Gozzano non rinnega di essere poeta, si
vergogna ma intende il contrario. Non
rinnega la fede letteraria ma si rende
conto che la poesia non è più praticabile.
Tu non fai versi. Tagli le camicie
per tuo padre. Hai fatta la seconda
classe, t’han detto che la Terra è tonda,
ma tu non credi.... E non mediti Nietzsche....
Mi piaci. Mi faresti più felice
d’un’intellettuale gemebonda....

Tu ignori questo male che s’apprende “male che s’apprende in noi” → malattia →
in noi. Tu vivi i tuoi giorni modesti, letteratura che intacca la vita.
tutta beata nelle tue faccende.
Mi piaci. Penso che leggendo questi
miei versi tuoi, non mi comprenderesti,
ed a me piace chi non mi comprende.

Ed io non voglio più essere io! Il poeta dice che vorrebbe essere un
Non più l’esteta gelido, il sofista, borghese ma alla fine segue la fede
ma vivere nel tuo borgo natio, letteraria.
ma vivere alla piccola conquista
mercanteggiando placido, in oblio
come tuo padre, come il farmacista....

Ed io non voglio più essere io!

Il futurismo
Il futurismo è un movimento d’avanguardia → con il termine “avanguardia” dobbiamo
distinguerne due tipi:
 Avanguardia Storica → Futurismo, Futurismo russo, Dadaismo, Surrealismo. (dal 1911
al 1924)
 Nuove avanguardie → su esempio di quelle storiche, nascono intorno agli anni ’60 del
Novecento come per esempio in Italia, la Neoavanguardia che è costituita da due
gruppo principali: il “Gruppo 63” e il “Gruppo 70” legate allo sperimentalismo
internazionale.

Che cosa si intende con AVANGUARDIA?


 S’intende un movimento organizzato che propone un programma poetico condiviso
tra i membri, il quale viene sistematizzato e pubblicizzato tramite i manifesti.

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 Sotto questo aspetto c’è però una forte differenza tra avanguardia storica e
Neoavanguardia → quest’ultima non ha prodotto manifesti ma è comunque possibile
individuare un programma di poetica condiviso nei suoi aspetti portanti e l’attività
culturale è di tipo collegiale.
 I principi erano esposti nei manifesti, pubblicizzati dalle riviste → tipico nelle
avanguardie storiche e caratteristica che si perde con le nuove avanguardie
 L’avanguardia è un movimento interdisciplinare che propone un mutamento radicale
nell’intero ambito estetico con attenzione particolare al momento fruitivo.
 L’obbiettivo principale → rottura con il passato.
 Piena consapevolezza del processo di mercificazione dell’arte → L’avanguardia
porta avanti un processo di opposizione verso la mercificazione dell’arte; la
sperimentazione sulle forme artistiche conduce in questo senso fino alla negazione
della stessa opera d’arte per come intesa nell’ambito borghese.

Storia del Futurismo:


• 20 febbraio 1909: Filippo Tommaso Marinetti pubblica a Parigi, su “Le figaro” il
Manifesto del Futurismo che costituisce l’atto di nascita del movimento.
• Il movimento raccoglie artisti di diverse discipline (pittori, musicisti, cineasti, architetti
ecc.) quali: Balla, Boccioni, Carrà, Russolo, Severini, Depero ecc. Govoni e Palazzeschi
(provenienti dall’esperienza crepuscolare).
o Giovanni Papini, Ardengo Soffici e Palazzeschi costituiscono il cosiddetto
Futurismo Fiorentino con la rivista “Lacerba”.
• Il movimento si diffonde immediatamente in Russia (con Larionov, Goncarova,
Malevic, Majakovskij) e in Francia con Apollinaire.
• Il futurismo italiano vede due fasi:
o Prima fase → con centro a Milano → Esaltazione della guerra e del
nazionalismo si legano a uno spirito anarchico.
o Seconda Fase → con centro a Roma → inizia negli anni ’18-’20 e vede
l’adesione al fascismo, fino alla morte di Marinetti che decreta la fine del
movimento.

Manifesti del Futurismo:


• Febbraio 1909 → Manifesto del Futurismo di Marinetti
• Aprile 1909 → “Uccidiamo il chiaro di luna”
• Febbraio 1910 → “Manifesto dei pittori futuristi”
• Maggio 1912 → “Manifesto tecnico della letteratura futurista”
• Maggio 1913 → “Distruzione della sintassi, immaginazione senza fili, parole in Libertà”
Nel corso del tempo verranno pubblicati manifesti relativi ad ogni arte compreso un
Manifesto di cucina futurista del 1931.

Manifesto del Futurismo, 1909

1. Noi vogliamo cantare l’amore del pericolo, Esaltazione di un atteggiamento di


l’abitudine all’energia e alla temerarietà ribellione contro la morale e i valori
borghesi (viltà opportunistica e utilitaria) e
2. Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno
dell’eroismo dell’individuo moderno
elementi essenziali della nostra poesia
(violenza e mascolinità) votato all’azione.
3. “La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità
pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo cantare

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il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il Esaltazione del movimento e della velocità
passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il che caratterizzano la nuova società
pugno”. industrializzata > il movimento è quello
delle nuove macchine, il fervore delle
4. “Noi affermiamo che la magnificenza del industrie, il brulichio delle metropoli,
mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la
simboli della modernità di cui il Futurismo
bellezza della velocità. Un’automobile da
corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili ambisce a farsi cantore
a serpenti dall’alito esplosivo […] è più bello
della Vittoria di Samotracia”.
Valori che si oppongono alla staticità del
8. “Noi siamo sul promontorio estremo dei passato, ma che delineano anche una
secoli. […]. Il tempo e lo spazio morirono ieri diversa percezione del tempo a favore di
[…] abbiamo già creata l’eterna velocità una simultaneità perenne
onnipresente”.

10. “Noi vogliamo distruggere i musei, le


biblioteche, le accademie d’ogni specie, e
combattere contro il moralismo, il femminismo
e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria”.

11. ‘’ Musei: cimiteri!’’

 Punti 1/2/10 → riferimento all’utilitarismo borghese → prettamente culturale e non


letterario.
 Inneggiano alla ricerca del pericolo → atto di ribellione nei confronti della borghesia
 Punto 4 → atto provocatorio → femminismo come valore opposto alla mascolinità →
forza e potere dell’uomo.

Manifesto tecnico della letteratura + Distruzione della sintassi,


Immaginazione senza fili, Parole in libertà

• Verbo all’infinito:
o Perché si adatti elasticamente al sostantivo, restituisce il senso della continuità
della vita e l’elasticità dell’intuizione.
o Slega il verbo dal soggetto → distruzione dell’Io → la poesia non può essere
espressione del soggetto → sostituire la psicologia dell’uomo ormai esaurita
con l’ossessione lirica della materia.
l’io è stato finora il protagonista della poesia (poesia che coincide tradizionalmente con la
lirica) → i futuristi si scagliano contro l’uso dell’io.
Ossessione lirica della materia → la materia deve essere il soggetto, ovvero la realtà. Quindi
il verbo all’infinito risponde alla velocità, alla simultaneità → movimento eterno.
• Uso delle onomatopee:
o Il suono stesso che deve risaltare all’interno del testo.
• Abolizione dell’aggettivo e dell’avverbio:
o Perché presuppone una pausa nel discorso (agg.)
o Perché è una vecchia fibbia che tiene unite le parole (avv.)
• Abolizione della punteggiatura:
o Sostituita (in parte) da segni matematici come indicazioni di intonazione (di
movimento)

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• Abolizione delle congiunzioni:
o Ogni sostantivo deve essere legato al suo doppio senza congiunzione per
analogia. Es. uomo-torpediniere, donna-golfo, folla-risacca ecc.
• Uso di un’analogia vastissima:
o «per l’immaginazione senza fili, io intendo la libertà assoluta delle immagini o
analogie, espresse con parole slegate e senza fili conduttori sintattici e senza
alcuna punteggiatura […] L’analogia non è altro che l’amore profondo che
collega le cose distanti, apparentemente ostili e diverse.»
o Due cose contrapposte → collegare due cose apparentemente contrapposte
→ la libertà assoluta delle immagini, l’autore la rende con la distruzione della
sintassi.
o Impressione di un estremo caos che si ripercuote nel contesto tipografico delle
parole in libertà → contro ogni logica organizzatrice.

«Lacerba» e i futuristi fiorentini.


o
Lacerba è una rivista fondata a Firenze da Giovanni Papini e Ardengo Soffici nel 1913, attiva
o
fino al 1915 → ebbe un ruolo fondamentale all’interno del futurismo.

Propone inizialmente poetiche legate al Frammentismo legato alla rivista “La voce” → una
poesia proposta su tale rivista. In seguito, aderisce al Futurismo pubblicando
“L’immaginazione senza fili” e “Parole in libertà”; raccolse anche testi stranieri come quelli di
Apollinaire.

La proposta dei fiorentini si appunta però sull’utilizzo del Riso e dell’ironia → i toni di
Marinetti erano piuttosto violenti → utilizzo del riso e del divertimento come arma
provocatoria contro il tono combattivo di Marinetti. Quindi si ha una spaccatura e i fiorentini
giungono ad una separazione da Marinetti e dal gruppo principale, dovuta principalmente
ad una polemica tra Papini e Marinetti → nasce il Futurismo fiorentino.

Collabora alla redazione anche Aldo Palazzeschi, che tuttavia se ne allontana in


concomitanza con l’entrata in guerra, perché Palazzeschi è contrario all’interventismo
proposto da Papini e dai futuristi. Anche Ungaretti vi pubblicò le sue prime poesie su questa
rivista.

Aldo Palazzeschi (1885 – 1974)


 Autore fiorentino, come Govoni, attraversa una prima fase crepuscolare e poi si
accosta al Futurismo, invitato da Marinetti.
 Uno degli autori più influenti del ‘900.

Raccolte poetiche:
• 1905 “I cavalli Bianchi” → fase crepuscolare
• 1907 “Lanterna” → fase crepuscolare
• 1909 “Poemi” → raccolta di snodo tra crepuscolarismo e futurismo
• 1910 “L’incendiario” → fase futurista → Milano, Edizioni Futuriste di «Poesia» (“poesia”
è la rivista fondata da Marinetti)

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Chi sono? (Da “Poemi”, 1908)

Son forse un poeta? Poeta chiede a sé stesso → nega di essere un


No, certo. poeta.
Non scrive che una parola, ben strana, Ricorrono elementi che appartengono
la penna dell'anima mia: all’immaginario crepuscolare (“follia”,
5 "follia".
“malinconia”, “nostalgia”), ma con un senso di
Son dunque un pittore?
vitalità ludica.
Neanche.
Non ha che un colore Mette in mostra se stesso, propone i
la tavolozza dell'anima mia: sentimenti → ha in mente la figura del poeta
10 "malinconia". crepuscolare.
Un musico, allora?
Nemmeno. Si riscontra inoltre la messa in discussione del
Non c'è che una nota ruolo del poeta e il rifiuto del poeta-vate,
nella tastiera dell'anima mia: come nel Crepuscolarismo, che porta però
15 "nostalgia". all’individuazione di una nuova funzione del
Son dunque... che cosa? poeta → Figura del poeta saltimbanco →
Io metto una lente spettacolarizzazione di sé, ma anche gioco e
davanti al mio cuore
provocazione contro il pubblico borghese
per farlo vedere alla gente.
20 Chi sono? (follia = trasgressione) >>
Il saltimbanco dell'anima mia. il poeta assume una funzione eversiva
(il riso vs le norme sociali)

Lasciatemi Divertire (da “l’incendiario” 1910)

Tri tri tri, Cosa sono queste indecenze?


fru fru fru, Queste strofe bisbetiche?
uhi uhi uhi, Licenze, licenze,
ihu ihu ihu. licenze poetiche.
Il poeta si diverte, Sono la mia passione.
pazzamente, Farafarafarafa,
smisuratamente. Tarataratarata,
Non lo state a insolentire, Paraparaparapa,
lasciatelo divertire Laralaralarala!
poveretto, Sapete cosa sono?
queste piccole corbellerie Sono robe avanzate,
sono il suo diletto. non sono grullerie,
Cucù, rurù, sono la… spazzatura
rurù cucù, delle altre poesie.
cuccuccurucù! Bubububu,
fufufufu,
Friù!
Friù!
Se d’un qualunque nesso
son prive,
perché le scrive
quel fesso?

Parole che non hanno senso → onomatopee

pag. 10
“Grullerie” → delude le aspettative del pubblico borghese.

[…] Lasciate pure che si sbizzarrisca,


Non è vero che non voglion dire, anzi è bene che non la finisca.
vogliono dire qualcosa. Il divertimento gli costerà caro,
Voglion dire… gli daranno del somaro.
come quando uno si mette a cantare Labala
senza saper le parole. falala
Una cosa molto volgare. falala
Ebbene, così mi piace di fare. eppoi lala.
[….] Lalala lalala.
Ma giovinotto, Certo è un azzardo un po' forte,
diteci un poco una cosa, scrivere delle cose così,
non è la vostra una posa, che ci son professori oggidì
di voler con così poco a tutte le porte.
tenere alimentato Ahahahahahahah!
un sì gran foco? Ahahahahahahah!
[….] Ahahahahahahah!
Come si deve fare a capire? Infine io ò pienamente ragione,
Avete delle belle pretese, i tempi sono molto cambiati,
sembra ormai che scriviate in giapponese gli uomini non dimandano
più nulla dai poeti,
e lasciatemi divertire!

• Rifiuto di una poesia dai toni seri e affermazione del gioco e del divertimento →
rovesciamento alto/basso
• Onomatopee (uso innovativo del linguaggio poetico) → sperimentazione sul
significante (suono) che porta verso l’azzeramento (la negazione) dei significati
acquisiti, invalsi nella società, e lascia il massimo grado di libertà al poeta
• Discorso diretto (senza segni di interpunzione) → dimensione dialogica (quasi
teatrale) e di conflitto tra poeta e pubblico >> il pubblico giudica e ha pretese nei
confronti del poeta, il poeta rivendica la sua autonomia con il piglio dello sberleffo
futurista.

Giuseppe Ungaretti (1888-1970)


Nasce ad Alessandria D’Egitto da genitori lucchesi → affascinato dalla cultura africana.
Ad Alessandria d’Egitto frequenta scuole francesi
Già da giovane avvia un rapporto di corrispondenza epistolare con numerosi autori
soprattutto con Giuseppe Prezzolini, direttore de “la voce” rivista attiva dal 1908 al 1916.
Nel 1912 si trasferisce a Parigi dove continua gli studi → alloggia al “5, Rue de Carmes” → a
Parigi avviene la sua conoscenza culturale.
Frequenta gli ambienti dell’avanguardia, in particolare il salotto di Apollinaire, dove si
ritrovano anche artisti italiani come De Chirico, Savinio, Modigliani, Severini.
Si iscrive alla Sorbona e frequenta le lezioni di Henri Bergson al College de France.
Approfondisce la conoscenza della poesia simbolista e rimane particolarmente influenzato
da Mallarmé.

pag. 11
1914-1915: torna in Italia, si stabilisce a Milano. Riprende i contatti epistolari con Giovanni
Papini e pubblica le prime poesie sulla rivista “Lacerba” e “La diana”.
Nel 1915 parte per il fronte come soldato semplice nel 19° reggimento di Fanteria e viene
inviato nel Carso → “dotato” di diverse culture, partecipa alla guerra per sentirsi un italiano
vero, per fare un gesto patriottico → esperienza della guerra fondamentale che immetterà
nella sua prima raccolta, “il porto sepolto” nel 1916. → lo pubblica grazie alla conoscenza
con Ettore Serra.
Nel 1918 torna definitivamente a Parigi.

Le opere principali:
 Il porto sepolto, 1916
 Allegria di Naufragi, 1919 → contiene le poesie di “Porto sepolto” e altre.
 L’allegria, 1931 → poesie scritte tra il ’14 e il ’19, comprende le poesie di “allegria di
naufragi”.
 Sentimento del tempo, 1933 → poesie scritte tra il ’19 e il ’35 (dopo allegria di
naufragi)
 Vita di un uomo, 1942-43 → poesie scritte tra il ’14 e il ‘35
 Il dolore, 1947 → raccolta dopo la morte del fratello e del figlio ma anche dopo la
guerra.
 La terra promessa, 1950 → ispirata al mito di Enea e Didone, nasce dall’idea di
scrivere un melodramma.
 Taccuino del vecchio, 1960 → poesie dal ’52 al ‘60
 Vita d’un uomo, 1965 → seguono diverse edizioni

Il Primo periodo della produzione di Ungaretti (precedente al “Sentimento del tempo”)


Aspetti Stilistici:
• Versi brevi → “mattina” → «M’illumino d’immenso» → miraggio del sole, illuminazione;
ma non è il sole che illumina ma bensì l’immensità ➔ forte affermazione dell’io.
• Poesie che puntano a spezzare il verso tradizionale, a ridurlo, come a isolare la
parola nello spazio tipografico → effetto voluto perché il bianco che circonda la
parola sta a simboleggiare il silenzio.
• Assenza della punteggiatura → distruzione della sintassi, rimando e influenza del
futurismo → ma l’obbiettivo non è quello di distruggere il messaggio come per il
futurismo, ma farne una rielaborazione.

Influenze:
• Influenza del simbolismo francese (Mallarmé), Apollinaire, Futurismo, Frammentismo
Vociano e probabilmente dell’Haiku giapponese
• Filosofia di Bergson, suo maestro a Parigi.

L’allegria: Storia editoriale della raccolta.


 1916, “il porto sepolto” – 1919, “Allegria di Naufragi” (che contiene le poesie de “il porto
sepolto” e altre) – 1931, “L’allegria” (che contiene tutte le poesie di Allegria di naufragi)
 disposizione dei testi in ordine cronologico.
 Raccolta divisa in 5 sezioni:
o Ultime
o Il porto Sepolto
o Naufragi
o Girovago

pag. 12
o Prime.
Inversione della prima e ultima sezione → quando pubblica l’edizione del 1931 aveva già in
mente di pubblicare “il sentimento del tempo” → sa già quale sarà la sua evoluzione della
sua produzione poetica.
Le poesie che sono nella prima sezione sono le poesie più recenti e che andranno poi a
confluire in un nuovo progetto. Il cambiamento della disposizione dei testi è un intento
poetico ben preciso dell’autore per indirizzare il lettore verso un’interpretazione particolare
della propria opera.

I temi principali della raccolta “L’allegria”:


 Componente autobiografica (cfr. “i fiumi” e la struttura diaristica delle poesie
comprese nel “Porto Sepolto” dedicate alla guerra che recano la data e il luogo di
composizione) → Ungaretti vuole legare il testo poetico al momento storico e
personale.
 L’ossimoro tra L’allegria/vitalità e naufragio/precarietà/morte → già contenuto nel
titolo
 Assenza e ricerca di un’identità, sradicamento → non riuscire a trovare le proprie
radici (“Girovago” e “In memoria”)
 Comunione con la natura, con l’infinito, con il tutto → “i fiumi” e “Mattina”
 La parola assoluta capace di cogliere per intuizione (illuminazione) l’inesauribile
segreto dell’essere → “il porto sepolto”
 L’opposizione tra memoria (dimensione storica del tempo e della soggettivazione) e
innocenza (dimensione fuori dal tempo e di indistinzione con il “tutto” → “i fiumi” e
“Girovago”.

Veglia
Cima Quattro, il 23 dicembre 1915.

Buttato vicino
A un compagno
Massacrato
Con la bocca Vicinanza con la morte, precarietà dovuta
Digrignata alla vicinanza ad un compagno morto →
Volta al plenilunio da cui scaturisce il suo vitalismo, la voglia
Con la congestione di vivere.
Delle sue mani Può sembrare un sentimento spontaneo
Penetrata → influenza di Bergson sull’importanza del
Nel mio silenzio vitalismo → vita, in quanto tale sempre in
Ho scritto movimento, vitalismo rivelato a partire da
Lettere piene d’amore un atto di intuizione, illuminazione.
Non sono mai stato
Tanto
Attaccato alla vita.

In Memoria
Locvizza, il 30 settembre 1916

Si chiamava
Poesia che apre la raccolta de “il porto sepolto”.
Moammed Sceab
Lato biografico → parla di un “amico”, Mohamed
Discendente Sceab, che rappresenta una sorta di alter-ego

pag. 13
di emiri di nomadi del poeta perché entrambi hanno lo stesso
suicida destino.
perché non aveva più Mohamed si ritrova senza patria → come
Patria Ungaretti → cambia identità pur di sentirsi parte
Amò la Francia
di una nazione.
e mutò nome
Allo stesso modo fu la vita di Ungaretti → senso
Fu Marcel di sradicamento → Ungaretti ha sempre il
ma non era Francese desiderio di sentirsi italiano → desiderio e
e non sapeva più necessità che ha Ungaretti sono le stesse di
vivere questo personaggio Moammed.
nella tenda dei suoi Moammed Sceab non si sente più francese ma
dove si ascolta la cantilena non si sente neanche più arabo.
del Corano
gustando un caffè Cantilena → in riferimento ai canti dei minareti
africani, un qualcosa che non ha una struttura
E non sapeva musicali → sono i canti tradizionali del rito
sciogliere
musulmano → come lunghi lamenti.
il canto
del suo abbandono “e non sapeva sciogliere il canto del suo
abbandono” → differenza tra canto e cantilena
L’ho accompagnato → è attraverso il Canto che Ungaretti riesce a
insieme alla padrona dell’albergo rielaborare il sentimento di sradicamento →
dove abitavamo canto sinonimo di poesia → si riferisce ad una
a Parigi composizione maggiormente strutturata rispetto
dal numero 5 della rue des Carmes ad una cantilena, attraverso regole
appassito vicolo in discesa. principalmente metriche → quando Ungaretti fa
riferimento al canto fa riferimento non solo al
Riposa fatto che lui sa comporre poesie ma riesce a
nel camposanto d’Ivry
conciliare la tradizione → con la poesia riesce a
sobborgo che pare
sempre sentirsi italiano perché segue la tradizione.
in una giornata
di una Ultimo verso → si ricollega al titolo “in Memoria”
decomposta fiera → preservare la memoria del suo amico
altrimenti andrebbe perduta. → poesia che serve
E forse io solo per ricordare il passato.
so ancora Componente autobiografica → morti di guerra →
che visse assenza di patria
La poesia rielabora la mancanza ma si sente
comunque parte della tradizione.

Girovago

In nessuna
parte Problema della patria → “accasare” = sentirsi
di terra appartenente ad un luogo.
mi posso
accasare Ogni posto nuovo che trova si sente straniero.
A ogni
nuovo “Nascendo tornato da epoche troppo vissute” →
clima il poeta si sente come se avesse già vissuto
che incontro troppo → si riferisce ad epoche del mondo che in
mi trovo
pag. 14
languente un certo senso si ritrova concentrato nella sua
che esistenza.
una volta “universale” → contesto che può coincidere
già gli ero stato anche con il tutto o con la storia dell’intera specie
assuefatto
→“immenso”
E me ne stacco sempre
straniero
Nascendo Opposizione tra memoria e innocenza →
tornato da epoche troppo influenzato da Pascal, è convinto che prima
vissute dell’inizio della vita dell’uomo e la morta, ci siano
Godere un solo due infiniti dove c’è il nulla ma anche dove c’è il
minuto di vita tutto e dove entrambi coincidono → la vita
iniziale dell’uomo si ritrova in questi due estremi →
Cerco un paese memoria/tempo.
innocente

I fiumi

Mi tengo a quest’albero Mi sono accoccolato Questi sono


mutilato Vicino ai miei panni I miei fiumi
Abbandonato in questa dolina Sudici di guerra Questo è il Serchio
Che ha il languore E come un beduino Al quale hanno attinto
Di un circo Mi sono chinato a ricevere Duemil’anni forse
Prima o dopo lo spettacolo Il sole Di gente mia campagnola
E guardo Questo è l’Isonzo E mio padre e mia madre.
Il passaggio quieto E qui meglio Questo è il Nilo
Delle nuvole sulla luna Mi sono riconosciuto Che mi ha visto
Stamani mi sono disteso Una docile fibra Nascere e crescere
In un’urna d’acqua Dell’universo E ardere d’inconsapevolezza
E come una reliquia Il mio supplizio Nelle distese pianure
Ho riposato È quando Questa è la Senna
L’Isonzo scorrendo Non mi credo E in quel suo torbido
Mi levigava In armonia Mi sono rimescolato
Come un suo sasso Ma quelle occulte E mi sono conosciuto
Ho tirato su Mani Questi sono i miei fiumi
Le mie quattro ossa Che m’intridono Contati nell’Isonzo
E me ne sono andato Mi regalano Questa è la mia nostalgia
Come un acrobata La rara Che in ognuno
Sull’acqua Felicità Mi traspare
Ora ch’è notte Ho ripassato Che la mia vita mi pare
Le epoche Una corolla
Della mia vita Di tenebre

 Questo componimento è molto importante per l’autore, che infatti, molto tempo
dopo la sua scrittura, lo definì come la sua carta d’identità. I fiumi citati nel titolo sono
infatti tutti i fiumi della sua vita, Ungaretti ripercorre le tappe e i luoghi che lo hanno
accompagnato fino al 1916, l’anno di scrittura di questa poesia.
 Albero → Questa è una personificazione dell’albero, dai rami che possono ricordare
arti umani e richiamano i famosi alberi della selva dei suicidi del canto 13 dell’Inferno.
Così come l’albero distrutto dalla guerra, la stessa condizione è quella del poeta,
abbandonato e condannato ad una continua sofferenza.
 In quanto poeta Ungaretti si ritiene più sensibile dell’uomo comune, sa di dover
affrontare il dolore in maniera diversa e che percepisce il senso di sradicamento e

pag. 15
mancanza di armonia con il mondo e la natura, tipica in particolare del letterato del
900. Racconta di come questo albero, così come il poeta, fosse lasciato lì, in questa
sorta di cratere, una dolina, caratterizzata da una forma che gli dona un certo
languore o una tristezza malinconica, che ricorda il poeta della tenda di un circo,
prima e dopo lo spettacolo, scialbo e decadente.
 Lo spettacolo del circo racchiude il senso dello spettacolo della guerra, uno
spettacolo drammatico e di scempio. Quella stessa mattina il poeta aveva cercato di
rilassarsi facendosi un bagno nelle acque del fiume Isonzo, fiume che scorre nella
zona del Carso. Dice che, come una urna, avvolge una reliquia, quindi come avvolge
dei resti umani, così l’acqua avvolgeva il suo corpo, in un senso di pace.
 Il letto del fiume è quindi come un'urna, l’oggetto che racchiude le ceneri dei morti.
Essendo Ungaretti perennemente circondato dalla morte, è facile pensare come il
tema della morte sia ricorrente nella sua opera, e di fatto qui si trova sin da subito.
Ma la particolarità di Ungaretti è che, al contrario di molti poeti e scrittori precedenti
e contemporanei a lui, che piuttosto che assistere alle atrocità della guerra e a dover
vivere una vita così miserabile, speravano di rifugiarsi nella morte, Ungaretti sviluppa
un particolare attaccamento alla vita.
 Ungaretti contornato dalla morte esprime sempre uno struggente sentimento di
vitalità, che riesce a trovare grazie alla poesia, al contrario di molti altri.
 Dopo un po il poeta si rialza, in particolare specifica di “tirare su le sue quattro ossa”,
non a caso ma per sottolineare come del soldato, internamente non rimanga più
quasi nulla. La guerra ha prosciugato questi uomini e li ha resi vuoti e malinconici.
Cammina sul letto del fiume, talmente scivoloso da sembrare un acrobata, immagine
che richiama sia il circo e la tristezza del paesaggio e del poeta stesso, ma anche
l’immagine dei soldati e della loro condizione, perennemente sul filo della morte, ed in
bilico per non cadere.
 L’idea della caduta dei soldati per indicarne la morte è comune in Ungaretti, come ad
esempio in soldati, dove la caduta delle foglie autunnali viene paragonata alla morte
improvvisa di decine di soldati colpiti da un’imboscata.
 Uscito dall'acqua il poeta si accoccola vicino ai suoi vestiti sudici di guerra, quindi
sporchi di fango e di polvere ma anche di tutto ciò che è la guerra, portandosi dietro
tutti i traumi e dolori. → La terra natale di Ungaretti, Alessandria e il suo tipico
deserto, è presente anche in questa poesia, attraverso l’immagine del beduino,
utilizzata per indicare il gesto che il poeta fa per mettersi sotto al sole per asciugarsi,
che ricorda quello della preghiera musulmana. indica l’Isonzo e afferma che in
questo fiume si è riconosciuto, ha trovato sé stesso a contatto dell’acqua del fiume,
che lo ha fatto riconoscere in una piccola parte, un filo dell'universo.
 In questo bagno ristoratore il poeta per un attimo si sente in armonia con il tutto.
Trova una sorta di armonia panica con l’universo reale, non fittizia come d’annunzio,
l’uomo diventa un tutt’uno con la natura. Quando non ha questi spiragli di armonia è
quando soffre, cioè tutto il resto del tempo. Infatti, il suo tormento, e le sue
sofferenze, sono presenti solo nei momenti in cui non è a contatto con l’universo e si
ritrova estraneo al mondo che lo circonda. → questa è la condizione generale del
poeta, che ha una sensibilità tale da poter avvertire il sentimento di sradicamento.
 Le mani della natura che lo avvolgono, le mani dell’Isonzo. il fiume prende vita e ha
delle mani, che lo abbracciano, lo intendono, come se l’acqua lo penetrasse, queste
sono mani di vita che realizzano il connubio con la natura, gli regalano la rara felicità;
l’armonia improvvisa lo porta a fare un bilancio della sua vita, una riflessione legata
ai fiumi della sua vita → ripensa ai momenti fondamentali della sua vita e li lega ai
fiumi che attraversano le zone in cui ha vissuto e li elenca: - il Serchio = genitori

pag. 16
lucchesi - il Nilo = la sua infanzia - la Senna di Parigi → la sua cultura - l'isonzo = fiume
del Carso, luogo della guerra.
 Dal ricordo di ognuno di questi fiumi traspare una certa nostalgia, gioca con la
parola traspare indicando la trasparenza delle acque e la contrappone all’oscurità
della notte che è ormai calata. La sua vita gli sembra un fiore i cui petali sono fatti di
buio, una sorta di ossimorico fiore nero. Il fiore è l’immagine della vita, basta pensare
a come Pascoli nel gelsomino notturno utilizza il fiore per dare luce alla vita, qui però
è circondato dalle tenebre e dalla morte, e allo stesso modo si sente il poeta,
immagine di vitalità, destinato alla sofferenza ed al dolore.

Il porto sepolto

Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde
Di questa poesia
mi resta
quel nulla
d’inesauribile segreto

 Dichiarazione poetica di Ungaretti


 Il titolo “Porto Sepolto” fa riferimento ad una leggenda sull’antico porto di
Alessandria sommerso dalle acque.
 *Vi → si riferisce al titolo → il titolo è direttamente collegato alla poesia ed è un
riferimento esplicito al mito di Orfeo.
 *Torna alla luce con i suoi canti → mito della Sibilla ➔ riferimento classici →
messaggio che non può essere rivelato, rimarrà sempre un segreto. ➔ il nulla e il
segreto coincidono.
 La funzione del poeta secondo Ungaretti ➔ rimanda al simbolismo francese →
riafferma la volontà di essere un poeta su modello simbolista.
 Riforma fortemente la tradizione poetica → rottura delle avanguardie → non si
arriva all’andamento prosastico dei crepuscolari → la parola come valore assoluto
che il poeta va a cogliere.
 Ungaretti descrive l’opera del poeta come una sorta di avventura, come una discesa
in questo porto sepolto per riportare alla luce soltanto dei frammenti che non
possono essere decifrati. Il porto sepolto diventa, quindi, il simbolo di ciò che è
nascosto nell’animo di ogni uomo, perché il cuore degli uomini è un segreto
inesauribile, indefinibile, ma anche il luogo da cui nasce la poesia, la fonte di
ispirazione per chi scrive. Solo il poeta, che ha un animo sensibile, riesce a percepire
ciò che è nascosto nel cuore di ognuno e riesce a tradurlo in poesia. Egli non può far
altro che catturare e fissare sulla carta dei frammenti, delle brevi illuminazioni,
rassegnandosi al fatto che il senso profondo di ciò che ha compreso e riportato non
sia trasmissibile.
 L’effetto della dispersione, operata dal poeta dopo aver portato alla luce i versi,
prende forma fisica nel testo tramite la coppia di dimostrativi questa/quel: questa, la
poesia, rimane l’elemento concreto per il poeta e per il mondo mentre quel nulla è
ciò che di lontano, inafferrabile e inconsistente rimane sempre, anche dopo la
creazione dei versi e va inesorabilmente perduto per chi non ha la giusta sensibilità.

pag. 17
 La poesia e l'attività del poeta sono il compimento della rivelazione iniziale che ha
permesso la scoperta del mistero stesso. Nell’altra dichiarazione di poetica, la lirica
Commiato, di poco successiva, la parola è, per l’autore, dotata di forza autonoma e
diviene strumento di liberazione, capace di attingere alle fonti dell’assoluto: trovare
una parola significa penetrare nell’ abisso della propria anima “senza turbarne né
riuscire a conoscerne il segreto”

Sentimento del Tempo


In Sentimento del tempo (1919-1933) si va incontro ad una evoluzione; in questa raccolta, in
cui si articola il tema della percezione dello scorrere del tempo e il rapporto tra la finitezza
dell’uomo e il senso dell’assoluto, della morte inconoscibile, con innestata una riflessione
sulla dolorosa condizione dell’essere umano, si assiste ad un’importanza rivoluzione stilistica
della poesia ungarettiana, che va verso il recupero delle forme tradizionali della lirica
nell’intento di continuare la linea rappresentata da Petrarca e Leopardi, nonché verso il
recupero dei versi e delle misure metriche più convenzionali. Il “ritorno all’ordine” spinge
Ungaretti a scegliere una sintassi più elaborata, ripristinare versi come l’endecasillabo, il
settenario, il novenario, a reintrodurre la punteggiatura e determinate forme strofiche; la
sintassi paratattica e nominale, “assoluta”, come da lui definita, si estende in architetture
frasali più complesse e variegate.
Dal punto di vista del lessico, si passa dalla realtà scabra della prima raccolta ad un
vocabolario di elevata ascendenza letteraria. È un ritorno ad una antica forma di
classicismo, ma tale classicismo ungarettiano è rivisitato e riammodernato con tematiche
facenti riferimento alla modernità.

 Ungaretti ebbe molta influenza sull’Ermetismo (→ corrente nata a firenze negli anni
30) → quando Ungaretti pubblicò il sentimento del tempo, l’ermetismo si stava
configurando e tali autori presero Ungaretti come modello.

Eugenio Montale (1896 – 1981)


Opere Principali e Cenni Biografici.
 Amico di Camillo Sbarbaro; tra i primi esegeti di Italo Svevo
 1925, pubblica la prima raccolta, OSSI DI SEPPIA → incentrata sul paesaggio ligure
dell’infanzia
o In questo periodo l’ondata di avanguardia sta scemando → l’opera di Montale
si colloca in una tradizione con l’obbiettivo di innovarla ➔ vs obbiettivo delle
avanguardie.
 Sempre nello stesso anno è uno dei firmatari de “il Manifesto degli intellettuali
antifascisti” redatto da Benedetto Croce.
 Si trasferisce in seguito a Firenze ed entra in contatto con l’ambiente della rivista
Solaria, attiva tra il 1926 e il 1936.
 Diventa direttore del “Gabinetto Viesseux” fino al 1938, quando viene dispensato
dall’incarico perché rifiuta di iscriversi al partito fascista.
 Nel 1939 fa uscire la sua seconda raccolta, LE OCCASIONI, si lega alla tradizione
anglosassone → riprende da Elliot il concetto di “correlativo oggettivo”
o Essa consiste nel rappresentare sulla pagina una determinata sensazione o
emozione attraverso alcuni oggetti concreti che dovrebbero suscitare nel
lettore ciò che prova il poeta.

pag. 18
o Montale rifiuta il linguaggio analogico del simbolismo in favore di
una “poetica degli oggetti” incentrata su cose comuni, citate come “correlativi
oggettivi”, ossia equivalenti concreti di concetti astratti o di stati d'animo del
soggetto.
 Nel 1956 pubblica LA BUFERA E ALTRO → “Bufera” allude, tra altre cose, anche alla
guerra.
 Segue un lungo periodo di silenzio e una svolta poetica → messa in discussione delle
tradizionali forme poetiche.
 1971 → pubblica SATURA
o piena consapevolezza della distruzione poetica → “fine della letteratura”
o Utilizzo della autoironia
o Mescolanza di stili.
 1973 → DIARIO DEL ’71 E DEL ’72 → stampo diaristico che si rivede in “Quaderno di
quattro anni” del 1977
 1975 → riceve il premio Nobel per la letteratura.

Solaria
 Rivista fondata a Firenze nel 1926 da Alberto Carocci, da lui diretta fino alla chiusura
-
-

nel 1936 (per un breve periodo sostituito da Bonsanti.


- -

 Vede la collaborazione di alcuni dei principali autori del periodo come Montale,
Vittorini, Gadda, Quasimodo, Moravia e anche critici come Contini e Debenedetti.
 Il Programma della rivista non viene stabilito in partenza ma si vuole dare vita a un
“gruppo” che lavori per rinnovare la letteratura italiana → forte eclettismo, la rivista
diventa un laboratorio di idee
 Prosegue l’ideale di una “repubblica delle lettere” indipendente dalla politica
 Rifiuto delle “rivoluzioni” condotte in nome del “nuovo” a favore di un’opera di
aggiornamento che si serva anche del confronto con la tradizione italiana e
internazionale → Vs Avanguardie.
 Aperta alla cultura internazionale, pubblica in traduzione autori capitali dello
sperimentalismo europeo come Eliot e Joyce, in contrapposizione alla chiusura del
fascismo. → è una dichiarazione di indipendenza dal fascismo → distanziamento
dalla politica.
 Opera di rilievo nel promuovere autori italiani fondamentale → autori italiani
tralasciati dalla critica e nascita del romanzo italiano (Svevo, Tozzi, Saba) ➔ reclama
il distacco dalla politica che gli consente di agire in libertà.

Ossi di Seppia
 Raccolta composta da 4 macro sezioni:
o Movimenti;
o Ossi di seppia,
o Mediterraneo;
o Meriggi e Ombre.
 Temi Principali:
o Rapporto tra uomo e natura derivante dal simbolismo → L’opposizione tra
mare e terra (cfr, Meriggiare pallido e assorto), Natura/città,
infanzia/maturità.
➔ Ossi di seppia è una figura simbolica che indica una condizione esistenziale che
appartiene a tutti gli uomini. L’osso di seppia è il residuo del mare, lo scarto del mare, che

pag. 19
spesso ritroviamo in spiaggia. Prima questi si trovano a galleggiare nel mare per poi essere
portati a riva come relitti e abbandonati lì. Tale movimento degli ossi di seppia è visto da
Montale come simbolo della condizione umana → stadio di felicità quando l’osso è in mare
(panismo = comunione con la natura, con il tutto, con l’universo stesso), l’uomo viene poi
abbandonato e condannato all’esilio da quella sensazione di felicità che prova in mare. →
Rappresenta la vita degli uomini sulla terra, le crisi che l’uomo si trova a vivere sulla terra
sia da un .punto di vista soggettivo che universale Tale opposizione tra mare e terra si trova
in tutta la raccolta → l’uomo è condannato a restare sulla terra. ➔Meriggiare pallido e
sordo
➔Altra opposizione è quella tra natura e città → il ricordo dell’infanzia .coincide con il
ricordo dello stadio di felicità provato a contatto con la natura Montale parla di romanzo di
formazione → romanzo in cui il protagonista effettua una crescita personale: dallo stadio
infantile alla maturità = acquisizione di piena consapevolezza. Non ha solo un significato
allegorico ma anche autobiografico.
o Rapporto tra il poeta e la società ➔ VS la poetica crepuscolare. → “non
chiederci la parola”
o Poesia filosofica (di riflessione) → le poesie procedono da un ragionamento
filosofico sulla poesia stessa. → “Spesso il male di vivere ho incontrato” →
Utilizzo di immagini molto concrete in rappresentanza di un concetto astratto

 Rapporto con la tradizione e influenze:


o Montale parte aderendo al simbolismo per poi superarlo e sperimentare
l’avanguardia.
o Forte influenza di Sbarbaro, Crepuscolari, Svevo e in parte della “Ronda” (→
rivista attiva a Roma tra il 1919 e il 1923 che propone il “ritorno all’ordine” dopo
le avanguardie”)
▪ Montale è il poeta è escluso dalla società ma dall’altro lato riscopre
l’orgoglio della poesia (ritroviamo in Gozzano → aderisce ironicamente
ai nuovi valori ma afferma la sua superiorità della poesia
▪ Libertà stilistica di Montale → Montale spazia tra tradizione e
innovazione. Si muove liberamente prendendo come modello ogni tipo
di artista. Non è di fatto possibile incasellarlo in alcuna tendenza
specifica.

MERIGGIARE PALLIDO E ASSORTO


Meriggiare pallido e assorto Il paesaggio arido è emblema di
presso un rovente muro d'orto, una condizione esistenziale, le
ascoltare tra i pruni e gli sterpi figure di suono restituiscono la
schiocchi di merli, frusci di serpi. stessa sensazione

Nelle crepe del suolo o su la veccia


spiar le file di rosse formiche
ch'ora si rompono ed ora
s'intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Il mare in lontananza indica
Osservare tra frondi il palpitare l’estromissione da una condizione
lontano di scaglie di mare di felicità
mentre si levano tremuli scricchi
pag. 20
di cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbaglia La muraglia indica l’impedimento


sentire con triste meraviglia a raggiungere una verità e una
com'è tutta la vita e il suo travaglio condizione di felicità
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di
bottiglia.

NON CHIEDERCI LA PAROLA


Il poeta riflette sul proprio ruolo, ma, a
differenza di molti crepuscolari, non
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
rinnega il suo essere poeta (Corazzini),
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
né mostra vergogna (Gozzano), bensì
Perduto in mezzo a un polveroso prato. rivendica il proprio ruolo

Ah l'uomo che se ne va sicuro, Il poeta discute della funzione residua


agli altri ed a se stesso amico, rimasta alla poesia nella
e l'ombra sua non cura che la canicola contemporaneità >> la parola poetica
stampa sopra uno scalcinato muro! non ha più verità da affermare, né
valori da trasmettere, né preserva la
Non domandarci la formula che mondi possa funzione estetica avuta in passato, può
aprirti solo testimoniare la crisi della società
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
contemporanea (vs poeta-vate)
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo
La poesia non esprime l’armonia tra
uomo e realtà, ma la crisi storica in atto

SPESSO IL MALE DI VIVERE HO INCONTRATO


• Indifferenza come soluzione
Spesso il male di vivere ho incontrato: esistenziale (stoicismo) Distacco dalla
era il rivo strozzato che gorgoglia, realtà storica > atteggiamento che
era l'incartocciarsi della foglia nell’antica filosofia greca appartiene allo
riarsa, era il cavallo stramazzato. stoicismo = osservazione con distacco
della realtà storica mantenendo uno
Bene non seppi, fuori del prodigio stadio di fermezza di fronte al passaggio
che schiude la divina Indifferenza: della storia.
era la statua nella sonnolenza • Emblemi, immagini concrete
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto Esemplificative
Statua nella sonnolenza > immagine
levato.
metafisica

pag. 21
Il romanzo sperimentale nel primo ‘900:
Svevo e Pirandello
Il romanzo sperimentale del primo ‘900:
Si assiste ad un ritorno del romanzo a livello europeo influenzato dai cambiamenti che
avvengono dal punto di vista culturale e sociale. Ciò che influisce maggiormente la cultura è
il relativismo conoscitivo introdotto dalle nuove teorie scientifiche (Einstein e Planck) e dallo
sviluppo della psicoanalisi (Freud) che mette in discussione le categorie interpretative del
passato e la fiducia nella possibilità di ottenere verità oggettive sul mondo:
 Si deteriorano i nessi logico-causali → rapporto causa-effetto (VS naturalismo
ottocentesco)
 Lo spazio e il tempo diventano dimensioni soggettive che dipendono dalla
prospettiva dell’oggetto.
La soggettività è divisa e frammentata al suo interno, l’identità individuale si dissolve. Tutto
dipende dal punto di vista → tutto può essere messo in discussione, vengono stravolte le
certezze per quanto riguarda il mondo e la scienza.
Nel romanzo arriviamo ad una frammentazione dell’individuo e si afferma che alcune
componenti della soggettività non possono essere regolate → inconscio.

Modi della narrazione e tempo (Il discorso narrativo) → sparisce la linearità del tempo:
passato presente e futuro convivono anche nel discorso del narratore. Tale discorso è
incentrato sulla percezione soggettiva. Il narratore è OMODIEGETICO → punto di vista del
protagonista della storia (→ VS narratore onnisciente dell’800)

Luigi Pirandello (1867 – 1936)


Il romanzo più noto dell’autore è “il fu Mattia Pascal” che contiene il germe della poetica
dell’umorismo che lo stesso Pirandello spiegherà nel suo saggio “L’umorismo” del 1908.
I principi dell’umorismo pirandelliano:
 L’arte umoristica ha il compito di scomporre il reale → andare oltre l’apparenza, di
vedere gli aspetti diversi del reale e comprendere che ogni aspetto non è sempre
comprensibile o coerente. Pirandello distrugge l’immagine idealizzata dell’individuo
➔ ha l’obbiettivo di mostrare le contraddizioni che interessano il soggetto ( → tra
forma e vita, la maschera: all’interno di ogni uomo vi sono più personalità ma nel
momento in cui il soggetto si trova in società, è costretto ad indossare una maschera
per compiacere ed adattarsi alla vita sociale) ➔ la maschera rifiutata da Pirandello è
quella borghese.
o L’obbiettivo è quello di distruggere le certezze dell’individuo → valori e le
convenzioni sociali che lo opprimono.
 A differenza del comico g (dove si ha un momento riflessivo) definito come
“Avvertimento del contrario”, l’umorismo si basa su di una riflessione critica che porta
al sentimento del contrario → dalla risata scaturisce un sentimento di pietà e
comprensione per il prossimo.
o Solo con l’umorismo si possono infrangere le certezze illusorie di cui l’uomo in
società non può fare a meno.
o Pirandello afferma che è possibile liberarsi della maschera ma una volta tolta
ciò che rimarrà è solo una maschera nuda.

pag. 22
 Si può essere pienamente consapevoli delle contraddizioni che fanno parte della
nostra vita. La consapevolezza che ne scaturisce porta ad un “guardarsi vivere”
dall’esterno → senso di estraneità alla vita.

L’umorismo 1908
“Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di qual orribile
manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d'abiti giovanili. Mi metto a
ridere. "Avverto" che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una rispettabile
signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a
questa espressione comica. Il comico è appunto un "avvertimento del contrario".
Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora
non prova forse piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e
lo fa soltanto perché pietosamente, s'inganna che, parata così, nascondendo le
rughe e le canizie, riesca a trattenere a sé l'amore del marito molto più giovane di
lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione,
lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto,
più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a
questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra il comico e
l'umoristico”.

Quaderni di Serafino Gubbio operatore, 1925


È un romanzo di Pirandello.
Storia editoriale:
 La prima idea del testo risale al 1904, immediatamente dopo la pubblicazione de “il fu
Mattia Pascal”. Viene pubblicato in volume, col titolo “Si Gira” nel 1916. Nel 1925
Pirandello dà alle stampe una seconda edizione col titolo mutato in “Quaderni di
Serafino Gubbio Operatore”. Le sezioni de romanzo cambiano il titolo da “Fascicolo
primo, fascicolo secondo…” a “Quaderno primo, Quaderno secondo ….”

Trama:
 Il protagonista è Serafino Gubbio, che lavora negli studi cinematografici della
Kosmograph come operatore cinematografico incaricato di girare la manopola della
macchina da presa per le riprese di un film. Il fil, che doveva essere un dramma
sentimentale, si trasforma in tragedia; Serafino filma impassibile il protagonista del
film (Aldo Nuti) che uccide l’attrice Nadia Nestroff di cui era innamorato e poi viene
sbranato dalla tigre a cui doveva effettivamente sparare.
 In seguito all’episodio Serafino diventa muto per lo shock subito e rinuncia ad ogni
forma di sentimento e comunicazione.

Struttura:
 La struttura del romanzo è diaristica, senza uno svolgimento lineare ma che si muove
avanti e indietro nel tempo e nello spazio seguendo il corso dei pensieri e delle
riflessioni dell Io che scrive (→ il titolo quaderni mette in evidenza il carattere
diacritico della scrittura)

Temi Principali:
 Tema del progresso e della macchina → nel romanzo si crea un contrasto tra civiltà
tecnologica e civiltà umanistica ➔ la macchina priva l’individuo di esprimersi; la
macchina priva l’artista di rappresentare la realtà coinvolgendolo in un processo di
alienazione del soggetto;

pag. 23
 Tema della mercificazione dell’arte → nel romanzo si crea un contrasto tra
riproducibilità della meccanica dell’opera e irripetibile unicità dell’opera artistica ➔
l’opera d’arte non è più un oggetto unico e irripetibile ma riproducibile grazie alla
tecnologia;
 Il nuovo mondo industriale condanna l’artista alla sua crisi definitiva come interprete
del mondo → Serafino non può parlare ed è condannato a girare meccanicamente
la manopola
 La letteratura non rinuncia ad esercitare la sua funzione corrosiva di denuncia
rispetto alla realtà

Italo Svevo (1861 – 1928)


La coscienza di Zeno, 1923
Il romanzo tratta di un memoriale dedicato dal protagonista, Zeno Cosini, al racconto della
propria vita, nel tentativo di ripercorrere le cause della sua nevrosi. Il testo nasce come cura
psicoanalitica, come parte del percorso di cura del soggetto che tuttavia fallisce.

Il protagonista è “fratello” degli altri personaggi inetti alla vita borghese che animano i
romanzi precedenti di Svevo (“una vita” e “senilità”). Il problema di Zeno, come quello degli
altri personaggi dei romanzi di Svevo, è quel senso di perenne inettitudine, di inadeguatezza
davanti alla società borghese.

Il narratore è inattendibile → Zeno riempie il racconto di menzogne = atteggiamento tipico


del nevrotico come processo di rimozione.

Struttura del romanzo:


 Formato da 7 capitoli che formano le memorie di Zeno. I capitoli presentano un
andamento tematico e non cronologico.
o PREFAZIONE → nel romanzo si presenta una prefazione del Dottor S. il dottor
S. non è nient’altro che il suo psicoanalista che decide di pubblicare per
vendetta le memorie del paziente che aveva deciso di abbandonare la cura.
o PREAMBOLO → Zeno, ormai anziano, parla della fatica di scrivere della
propria vita;
o CAPITOLI SEGUENTI:
▪ IL FUMO: simbolo della nevrosi per Zeno; il personaggio era convinto
che quando si sarebbe liberato del vizio del fumo, la sua nevrosi
sarebbe sparita;
▪ LA MORTE DI MIO PADRE: racconto del padre che prima di morire, diede
uno schiaffo involontario al figlio → Zeno interpretò tale gesto come un
senso di colpa per aver desiderato la morte del padre.
▪ LA STORIA DEL MIO MATRIMONIO → come e perché Zeno sposò quella
che fu sua moglie.
▪ LA MOGLIE E L’AMANTE → storia dell’amante di Zeno;
▪ STORIA DI UN’ASSOCIAZIONE COMMERCIALE → arrivo ad una posizione
di maggior rilevanza nell’ambito Lavorativo;
▪ PSICOANALISI → struttura diaristica in cui il narratore avanza dubbi sulla
psicoanalisi e sulla possibilità di guarire.
 Il tempo viene rielaborato dal soggetto che struttura il romanzo

pag. 24
Carlo Emilio Gadda
“Quer pasticciaccio brutto di via Merulana”
Carlo Emilio Gadda (1893 – 1973)
Frequentò il politecnico di Milano e diventò ingegnere. Successivamente studiò filosofia →
questa formazione a metà tra scienza e filosofia, influenzerà molto la sua scrittura, vista
come una forma di conoscenza della realtà → strumento di conoscenza.
La scrittura è tuttavia per Gadda una forma di deformazione della realtà: le parole di fatto
non possono rappresentare le cose come sono, ogni atto linguistico è un’interpretazione
della realtà stessa. Dietro ogni parola vi è un’interpretazione del reale.

Quer Pasticciaccio brutto di via Merulana


Romanzo che ha reso famoso Gadda e che meglio rappresenta la poetica dell’autore.
Compare per la prima volta nel 1946 sulla rivista “Letteratura” dopo anni e diversi
rimaneggiamenti, viene pubblicato in un volume nel 1957 da Garzanti.

Il racconto è ambientato nel 1927 sotto il fascismo, a Roma, in un quartiere borghese in Via
Merulana.
La struttura di base del romanzo è quella di un POLIZIESCO, un giallo (→ struttura
inaugurata da Edgar Allan Poe) → il pubblico sa cosa aspettarsi = delitto → indagine →
scoperta del colpevole.

Trama:
 In un palazzo di via Merulana, avviene un furto di gioielli ed un omicidio (Liliana
Balducci viene assassinata). L’indagine è seguita dal carabiniere Pestalozzi e dal
commissario Don Ciccio Ingravallo.

Gadda partendo dalla struttura base del giallo → “Smonta” il genere poliziesco poiché:
 Non si scopre la verità, non c’è un finale narrativo → non sappiamo esattamente chi
sia l’assassino. Questo è un romanzo che rimano con un finale aperto, non si ha una
soluzione certa della storia, lasciando l’interpretazione al lettore.
 Le indagini proseguono per intuizioni e non seguono la logica deduttiva tipica del
poliziesco. Le indagini risultano infondate.
Gadda rovescia le caratteristiche che definiscono il genere poliziesco, costruendo una sorta
di “anti-giallo”.

Capitolo 10, il finale del romanzo


Fuori il nome!» urlò don Ciccio. «La polizzia lo conosce già chesto nome. Se lo dite subbito,» la voce
divenne grave, suasiva: «è tanto di guadagnato anche pe vvoi».
«Sor dottò,» ripeté la Tina a prender tempo, esitante, «come j’ ‘o posso dì, che nun so gnene?» «Anche
troppo lo sai, bugiarda,» urlò Ingravallo di nuovo, grugno a
grugno.
[…] «No, sor dottò, no, no, nun so’ stata io!» implorò allora la ragazza, simulando, forse, e in parte
godendo, una paura di dovere: quella che nu poco sbianca il visetto, e tuttavia resiste a minacce. Una
vitalità splendida, […] una fede imperterrita negli enunciati di sue carni, ch’ella pareva scagliare
audacemente all’offesa, in un subito corruccio, in un cipiglio: «No, nun so’ stata io!»
Il grido incredibile bloccò il furore dell’ossesso. Egli non intese, là pe llà, ciò che la sua anima era in
procinto d’intendere. Quella piega nera verticale tra i due sopraccigli dell’ira, nel volto bianchissimo
della ragazza, lo paralizzò, lo indusse a riflettere: a ripentirsi, quasi».
pag. 25
Dialogo tra l’investigatore e la “nipote”della Balducci, Tina:
 La donna seppur le viene chiesto di dire il nome dell’assassino (don Ciccio pensava
che lei conoscesse l’uomo che aveva ucciso la Balducci) si giustifica di un crimine per
il quale non era stata accusata → quindi probabilmente è lei la vera colpevole.
Poliziesco che si chiude nell’incertezza → non si ha un finale narrativo, la storia non si
conclude.

L’andamento delle indagini non è lineare ma presenta continue divagazioni e digressioni


che allontanano dalla verità del crimine → l’obbiettivo sembra quello di un continuo
divagare.
Il narratore è esterno → la voce del narratore non è affidabile: i fati vengono descritti con
una certa incertezza e soprattutto da voci diverse (personaggi diversi) inserendo nel testo
diverse prospettive → (polifonia = testo “il commissario Ingravallo)

Capitolo 1, “il commissario Ingravallo”


[il commissario] Sosteneva, fra l’altro, che le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o
l’effetto che dir si voglia d’un unico motivo, d’una causa al singolare:
ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno
cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti.
Diceva anche nodo o groviglio, o garbuglio, o gnommero, che alla romana vuoi dire gomitolo. Ma il
termine giuridico «le causali, la causale» gli sfuggiva preferentemente di bocca: quasi contro sua
voglia. L’opinione che bisognasse «riformare in noi il senso della categoria di causa» quale avevamo dai
filosofi, da Aristotele o da Emmanuele Kant, e sostituire alla causa le cause era in lui una opinione
centrale e persistente: una fissazione, quasi:

Poetica e visione del mondo:


 La struttura del romanzo e lo stile di scrittura riflettono l’ideologia di Gadda sulla
realtà del mondo. L’intero romanzo mette in discussione la logica e la razionalità
 Secondo Gadda la realtà è qualcosa di dinamico, molteplice e varia così da non
poterla cogliere a pieno.
 Questione Gnoseologica ➔ alla base del romanzo si ha una crisi dei sistemi
interpretativi di mondo della modernità
 Questione morale ➔ nel poliziesco tradizionale, al delitto come ingrazione dell’ordine
sociale, segue la scoperta della verità e la punizione dell’assassino come
ricomposizione dell’ordine (verità=bene – Conoscenza=morale). Il finale nei polizieschi
garantisce il ritorno dell’ordine; se viene negato questo ritorno all’ordine viene negata
la possibilità di ricostruzione del bene.
 Gadda Spiega il principio su cui è incentrato l’intero romanzo:
o I pensieri del personaggio corrispondono a quelli dell’autore.
 Si parla di una molteplicità di cause che portano degli effetti → esistono tante cause
per ogni singolo fenomeno = non ha un senso cercare un unico colpevole perché ve
ne sarà sicuramente più di uno;
 Utilizzo dell’accumulazione → parole messe in fila che restituiscono un senso di
accumulo di elementi;
 Utilizzo di sinonimi → stesso concetto espresso in molti modi differenti con molti
linguaggi differenti. Gadda utilizza molto sinonimi perché ricerca la parola esatta che
possa esprimere un concetto → non può esistere però la parola corretta perché il
linguaggio non può cogliere la realtà essendo questa mutevole e molteplice. Tuttavia
rimane in Gadda la fiducia che il linguaggio possa arrivare a cogliere la realtà, per
quanto questo possa risultare incompleto.

pag. 26
 L’opinione che bisogna riformare in noi, il nesso logico di causa-efetto che stava alla
base delle scienze fisiche, del mondo e del romanzo giallo → è necessario entrare
nell’ottica per la quale non esiste una sola causa ma ve ne sono di più e tali cause
non sono distribuite in senso gerarchico ma sono come fili che si intrecciano.

Stile e strategie retoriche:


 La parola deforma il reale nel tentativo di descriverlo e comprenderlo → “conoscere
è deformare il reale attraverso il linguaggio” = espressionismo.
 Il pastiche gaddiano → il pasticcio dello stile nel romanzo;
 Plurilinguismo → in Gadda troviamo un linguaggio dato da ambiti e lingue diverse
(es. dialetto, tecnicismi ecc)
 Pluristilismo → gli stili differenti di letteratura cozzano tra di loro → in particolare lo
stile tragico e quello comico; stile aulico e prosastico; la tragedia con la commedia.
 Gli effetti che producono tali opposizioni sono:
o PARODIA → stile alto o tragico applicato ad una materia bassa, comica con
effetto ironico e derisorio;
o STRANIAMENTO → la contrapposizione tra i codici e i registri diversi genera
uno straniamento linguistico che mette in evidenza il lato assurdo della realtà
con ironia.

Il Neorealismo
Il neorealismo è una tendenza che si afferma nel cinema italiano negli anni quaranta. I
registi più noti sono Roberto Rossellini, Vittorio de Sica e Luchino Visconti. Siamo nel periodo
della guerra: si gira all’aperto senza set cinematografici, gli attori non sono professionisti →
di fatto si ha una grande verosimiglianza nei confronti della realtà.
In ambito cinematografico sono state prodotte molte pellicole famose ed è proprio dal
campo cinematografico che si cerca di applicare la tendenza all’ambito letterario.

Il neorealismo in Letteratura → Periodo 1943-1956


In questo periodo termina la guerra; nel 1946 l’Italia vota a favore della repubblica; nel ’48
entra in vigore la nuova costituzione e si tengono le prime elezioni politiche nelle quali vince
la Democrazia Cristiana; De Gasperi al governo fino al 1953; nel 1956 si ha l’invasione
dell’Ungheria da parte dell’URSS.
Gli intellettuali sentono il dovere morale e politico di impegnarsi nella ricostruzione del
paese, devastato economicamente e socialmente dalla seconda guerra mondiale e dalla
“guerra civile” tra fascisti e resistenza.

Modelli letterari antecedenti → Verga e il realismo dell’800; Realismo italiano degli anni ’30
(Vittorini e Pavese); letteratura americana (Hemingway) diffusa e tradotta da Vittorini e
Pavese.

La struttura dei romanzi riprende quella del romanzo ottocentesco ovvero: il romanzo ha
una trama conclusa; i personaggi raccontano la loro esperienza personale (solitamente di
tipo storico) in prima persona e quindi, la loro esperienza, ha un valore universale perché
accomuna tutti gli uomini del tempo ai personaggi; narratore onnisciente tranne nelle
scritture di stampo autobiografico.

pag. 27
Temi principali: la letteratura assume la funzione di “specchio” della realtà, derivata dalla
necessità di raccontare quanto successo durante la guerra (forte carattere autobiografico)
e di contribuire alla ricostruzione morale e culturale del paese dopo il ventennio fascista.
 Guerra partigiana: aveva coinvolto tantissime persone comuni. Ogni perosna sentiva
il dovere morale di raccontare la loro esperienza come protagonisti della storia
stessa. Molti di questi racconti sono di fatto, di stampo autobiografico.
o Uomini e no di Vittorini; L’Agnese va a Morire di Renata Viganò; il sentiero dei
nidi di ragno di Calvino; la casa in collina di Pavese.
 Seconda guerra mondiale: tratta di una compartecipazione a parte di tutti gli uomini
del tempo nella storia
o “il sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern
 Campi di Sterminio
o “se questo è un uomo” di Primo Levi
 La questione Meridionale
o “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi → esperienza di confino di Carlo Levi,
bloccato in Basilicata.
I romanzi sopra indicati partecipano al Neorealismo ma ciascuno presenta proprie
caratteristiche che lo distanziano dal movimento.

Le due fasi del Neorealismo:


 Fase Spontanea 1943-1948
o Cronache e memorie scritte in prima persona (registro di fatti e non romanzi),
molteplicità di temi, impegno morale.
o Si ha una piena documentazione dele condizioni di vita delle masse popolari.
 Fase Programmatica 1949-1956
o Tale fase nasce con le prime elezioni.
o La poetica viene elaborata in linea con le indicazioni del PCI e il “realismo
socialista” → veniva comunicato quindi un messaggio di tipo politico.
o Il personaggio → quasi sempre un operaio o un contadino, deve incarnare
l’eroe positivo ➔ un esempio per il lettore che va contro il Capitalismo,
lottando per i propri diritti di lavoratore operaio. È la classe operaia che si
rivolta contro la classe borghese con la conseguente vittoria della classe
operaia
o Si tratta sempre di un personaggio universale.
o Si rimane sui problemi della realtà ma la trama deve seguire un certo
percorso:
▪ La storia come progresso e miglioramento;
▪ Classe operaia che combatte per ottenere il suo posto nel mondo.

Vasco Pratolini, Metello 1955


 Romanzo socialista per eccellenza;
 Romanzo storico ambientato a cavallo tra l’800 e il 900 ma è anche un romanzo di
formazione perché seguiamo lo sviluppo del protagonista, Metello, dalla nascita alla
maturazione. Tale maturazione va verso un’acquisizione della coscienza di classe →
consapevolezza della propria classe sociale.
 Le polemiche sorte a seguito della sua pubblicazione sanciscono la crisi del
Neorealismo.

pag. 28
Cesare Pavese
Si laurea con una tesi su Walt Whitman; è traduttore di Defoe, Dickens, Melville, Joyce e
Faulkner. Collabora alla realizzazione di “Americana”, antologia di poeti americani curata
da Vittorini (1939-40)
Nel 1934 inizia la sua collaborazione con la casa editrice “Einaudi” → cura la collana “La
cultura”.
Ha un grande interesse per gli studi antropologici ed etnologici, per le antiche ritualità del
mondo contadino → nel 1947 crea la “Collezione di studi religiosi, etnologici e psicologici” la
cosiddetta “collana viola” di Einaudi, insieme a Ernesto de Martino.
Nel 1936 pubblica la prima raccolta di poesie “Lavorare Stanca”; nel ’41 “Paesi tuoi”; nel ’48
“La casa in collina” e nel ’50 “La luna e i falò”.

Paesi tuoi, 1947


Viene pubblicato nello stesso anno di “Conversazione in Sicilia” di Vittorini. Calvino, nella
prefazione al “Sentieri dei nidi di Ragno” del 1964 indica nel romanzo uno dei modelli
principali del Neorealismo → lo è stato principalmente per lo stile “asciutto”, antiletterario,
vicino agli scrittori americani.
Trama:
 Racconto narrato in prima persona. Si tratta di un operaio, Berto, che esce di galera
e, accompagnato dal suo compagno di galera Talino, si trasferisce in campagna.
Berto intraprende una relazione con la sorella di Talino, Gisella, che viene uccisa dal
fratello per gelosia. Talino Viene arrestato mentre Berto se ne va via.
Temi principali:
 Opposizione città/campagna;
 Opposizione tra storia (civiltà) e mito (rito) → la morte di Gisella richiama i sacrifici
degli antichi riti contadini. La brutalità dell’assassino rimanda alla bestialità
primordiale.
La dimensione del mito è da intendere come “fuori dal tempo/dalla storia” → tutto il mondo
contadino è idealizzato in un mondo primitivo e non civilizzato.

La casa in collina. 1948


Trama:
 il protagonista, Corrado, è un insegnante che durate la guerra fugge dalla città e si
rifugia in collina, dove ritrova una vecchia amica, Cate, che si scoprirà essere una
spia fascista che ha però contatti con una banda partigiana. Quando questi
personaggi vengono arrestati, Corrado riesce a salvarsi.
Temi principali:
 Riflessione del ruolo dell’intellettuale → l’intellettuale sente il dovere di partecipare
alla Resistenza, di partecipare alla Storia, di reagire alla realtà del mondo, ma ha
dentro di sé un senso di inadeguatezza che non gli permette di intervenire.
 L’intellettuale è posto in una condizione privilegiata → esercitare una funzione critica
del reale, porta ad un distaccamento dalla realtà. Ha anche un ruolo sociale
inesistente
 Guerra come simbolo di orrore e di morte. La guerra rivela l’insensatezza degli eventi
storici e l’incapacità di attribuire senso e valore alla storia.

“Io non credo che possa finire. Ora che ho visto cos’è la guerra civile, so che
tutti, se un giorno finisse dovrebbero chiedersi - E dei caduti che facciamo?

pag. 29
Perché sono morti? - io non saprei cosa rispondere. Non adesso, almeno. Né mi
pare che gli altri lo sappiano. Forse lo sanno unicamente i morti e soltanto per
loro la guerra è finita davvero

Vittorini, «il politecnico» e l’impegno


dell’intellettuale.
Il politecnico → rivista che nasce dopo la Seconda guerra mondiale, nel 1945.

Elio Vittorini (1908 – 1966)


Intellettuale che ha avuto una grande influenza nella cultura italiana del ‘900. Combatté
nella resistenza e scrisse un romanzo importante in cui racconta la vicenda, “Uomini e no”
del 1945, dove rappresenta i partigiani come eroi che combattono dalla parte giusta.
Ha lavorato a lungo presso l’editore Einaudi, grazie a lui pubblicano Calvino e Fenoglio.
Fondò riviste importanti come “il Politecnico” e il “Menabò”.

la grafica della rivista descrive la volontà di


rivoluzione dei tempi → a cura di Albe
Steiner, uso del colore rosso e nero → molto
incisivo.
Il politecnico oltre ad articoli, sponsorizzava
molto le immagini, i dipinti e i fumetti.

Il politecnico fu una rivista fondata proprio


da Vittorini nel 1945 e chiusa nel 1947.
Inizialmente nacque come un settimanale di cultura → rivista che si occupava di cultura a
tutto tondo, non solo arte scienza e tecnologia ma anche attualità e politica, presentando
inchieste giornalistiche su temi scottanti come la scuola (non garantita in maniera equa su
tutto il territorio), La condizione delle donne, la situazione meridionale, l’industria italiana,
politica internazionale ecc.
Dal punto di vista letterario viene presentata l’avanguardia europea (ostacolata dal
fascismo) con la pubblicazione di testi letterari di giovani autori tra i quali Calvino.
L’obbiettivo era di riformare la cultura italiana per la ricostruzione del paese a cominciare
dalla cultura e attraverso essa → l’importanza di far circolare la cultura → non si rivolgeva
solo agli intellettuali ma cercava un vasto pubblico.

La rivista nasce legata al partito comunista italiano → impronta politica comunista. Propone
però un’idea aperta di cultura che si contrappone alle direttive culturali del PCI → il quale
proponeva di fare letteratura per le masse basandosi su modelli vecchi dell’800. Dato che
Vittorini proponeva l’avanguardia europea si ebbe uno scontro col partito comunista che
portò alla chiusura della rivista.

Il ruolo dell’intellettuale e della cultura è quello di rimanere autonomo e indipendente dalla


politica, per la cultura → ruolo di proposta per il futuro → si propone qualcosa di nuovo.
Dal punto di vista politico però chi fa cultura deve seguire il partito politico e le indicazioni
date da questo. È la politica che deve progettare la società futura e l’intellettuale dovrebbe
creare consenso nella società a favore del partito politico.

pag. 30
Italo Calvino (1923 – 1985)
 Ereditò dai genitori l’interesse per la scienza;
 Partecipò alla resistenza con le Brigate Garibaldi (comuniste) sulle Alpi Marittime;
 Il suo talento venne scoperto da Pavese e Vittorini che lavorando presso Einaudi, si
resero conto delle sue potenzialità.
 Nel 1957 esce dal PCI dopo i fatti di Ungheria;
 Nel 1964 si trasferisce a Parigi dove incontra il gruppo dell’Oulipo, anche se continua
a tenere contatti con l’Italia → inizia il cosiddetto “secondo periodo” della sua
produzione.

La poetica di Calvino
L’autore si cimentò in diversi generi di romanzo, sperimentandone forme diverse tra loro, in
base al periodo. Alcune costanti della sua poetica sono:
 La fiducia nella ragione (illuminismo) → da questo ne deriva un particolare rapporto
tra letteratura e realtà: la letteratura è una forma di indagine razionale sulla realtà
che non si esaurisce mai. La ragione dev’essere disposta a seguire la molteplicità e la
variabilità del reale.
 L’ironia e la leggerezza → Calvino si distanzia dalle cose per ottenere nuovi punti di
vista e poter così interpretare la realtà con prospettive diverse.
 Continuo riferimento al modello di Ludovico Ariosto → L’Orlando furioso e le Satire.
 La scrittura chiara e nitida, precisa nella descrizione delle cose.

Panoramica della produzione letteraria di Calvino

Primo periodo:
 Il sentiero dei nidi di ragno, 1947
 Primo periodo fino ai primi anni ’60 → si distinguono due filoni dopo la pubblicazione
de “Il sentiero dei nidi di Ragno”: uno realistico e uno allegorico-fantastico.
o REALISTICO:
▪ La speculazione edilizia 1957 in rivista, 1963 in volume
▪ La giornata di uno scrutatore 1963
o ALLEGORICO-FANTASTICO:
▪ La trilogia de “i nostri antenati” 1960 che comprende: “il visconte
dimezzato”; “il Barone rampante”; “il cavaliere inesistente” scritti tra il ’52
e il ’59.
 Seppur questi racconti vertano sul fantastico, vanno letti alla luce della realtà storica,
della contemporaneità → Si racconta di una storia immaginaria, fantastica ma, dietro
a tale storia, c’è un significato ulteriore che ha un legame con la quotidianità e con la
realtà storica in cui ci troviamo. Nel momento in cui Calvino pubblica la trilogia,
spiega quali potrebbero essere le letture allegoriche dei tre testi:
o Il visconte dimezzato è l’allegoria dell’uomo che è dimidiato (ridotto a metà)
al suo interno ➔ divisione tra bene e male / apparenza e profondità / tra l’io e
l’es…
o Il barone rampante potrebbe esser letto come un’allegoria della figura
dell’intellettuale. Il ragazzo che sale sugli alberi, per non scendere mai più, è
colui che si allontana dalla società e acquisisce una prospettiva distaccata
guadagnando una distanza critica della realtà, interagendo però con essa =
ruolo dell’intellettuale.

pag. 31
o Il cavaliere inesistente può essere vista come metafora dell’uomo durante il
consumismo che vale solo per quello che appare, ma dentro è svuotato, che
vale solo per quello che ha e non per ciò che è.
 L’interpretazione è libera, è affidata al lettore = la storia può essere interpretata dal
lettore in qualunque modo

Secondo periodo:
 Dal ’64 circa, nelle opere di Calvino si riscontra il forte interesse per la scienza e un
tipo di letteratura basata sul “gioco combinatorio” nella struttura del romanzo a
seguito della sua adesione all’Oulipo.
 La letteratura è ancora indagine conoscitiva sulla realtà ma rinuncia ad ottenere una
visione complessiva all’interno di un sistema.
 Opere principali:
o Le cosmicomiche 1965; T con 0 1967 → racconti ispirati alle teorie scientifiche;
o Le città invisibili 1972 → influenza Oulipo
o Il castello dei destini incrociati 1973 → influenza Oulipo
o Se una notte d’inverno un viaggiatore 1979 → l’iper romanzo.

Il sentiero dei nidi di ragno, 1947


È il primo romanzo pubblicato da Calvino nel 1947. Calvino riporta la sua esperienza durante
la guerra partigiana, durante la resistenza. A differenza di coloro che scrissero della propria
esperienza, il protagonista del Romanzo non è Calvino stesso ma un ragazzino di nome Pin
che racconta della resistenza dal suo punto di vista.

Trama: Pin ruba la pistola di un marinaio tedesco, cliente di sua sorella (che fa la prostituta)
e che poi viene incarcerato per il furto. Riesce a scappare di prigione grazie a Lupo Rosso,
un giovane partigiano. Rimasto solo nel bosco, incontra il partigiano Cugino che lo porta
alla brigata partigiana del Dritto (comandante della brigata) e Pin si allea con questi.
Il Capitolo IX accoglie un episodio particolare: il dialogo tra il Comandante Ferriera e il
commissario Kim, dopo una battaglia terminata con il ritiro della brigata, Pin torna dalla
sorella; scappa e di nuovo rimane solo, ma incontra nuovamente Cugino.

 Titolo: il sentiero dei nidi di ragno è il luogo del racconto → es. quando Pin ruba la
pistola la nasconde lì ed è proprio in quel luogo che Pin si rifugia anche quando si
trova lontano;
 il punto di vista è quello di Pin, ma il narratore è ETERODIEGETICO → esterno alla
storia, non coinvolto nella trama che si limita a raccontare i fatti.
 Il romanzo parla della resistenza, ma il racconto è pieno di caratteristiche fantastiche
e di elementi fiabeschi → la componente realistica e quella fantastica si mescolano.
 Calvino riprende la struttura della fiaba che delinea un percorso di formazione verso
la maturità → prova da affrontare, un oggetto magico, antagonisti ecc.
 E ci sono anche diversi riferimenti a fiabe molto note (pollicino)
 L’atmosfera è fantastica perché Pin, essendo un ragazzino non comprende il mondo
degli adulti e colma le sue lacune con l’immaginazione. Vede il mondo con gli occhi di
chi crede ancora nella magia e nelle fiabe → ha uno sguardo pressoché alienato
sulle cose.
 Il mondo letterario è quello Picaresco → libri d’avventura con adolescenti come
protagonisti.

pag. 32
 A differenza degli altri romanzi sulla resistenza non si ha la figura dell’eroe partigiano
= i partigiani vengono rappresentati come degli scapestrati, sono personaggi
grotteschi → es. il dritto incendia il settore partigiano perché si distrae per amore.
 Nel cap. IX i due comandanti Kim e Ferriera discutono proprio sulle caratteristiche di
questa bizzarra brigata: Ferriera sostiene che non sono organizzati e abbastanza
dediti alla causa, Kim li difende dicendo che ognuno combatte a modo suo e che in
fondo anche loro stanno dalla parte giusta; faranno anche loro la Storia ( → l
personaggio di Kim è ispirato ad un comandante realmente conosciuto da Calvino
durante la sua esperienza di partigiano, a lui è dedicato il romanzo)
 La questione ideologica è messa da parte e non c’è un giudizio morale sui
personaggi.

Due opere del primo periodo:


il Barone Rampante e La speculazione Edilizia.
In entrambe il tema centrale è rappresentato dalla figura dell’intellettuale e dalla sua crisi a
seguito dei fatti di Ungheria, nel periodo in cui l’autore matura la decisione di lasciare il PCI.

Il Barone Rampante:
 Testo a carattere fantastico e allegorico in cui la figura del protagonista, un ragazzo
che decide di trascorrere la sua vita sugli alberi, si fa allegoria della distanza critica
richiesta all’intellettuale e, allo stesso tempo della sua ricerca di una diversa forma
d’impegno, slegato dall’ortodossia del partito.

La Speculazione Edilizia:
 Romanzo breve fortemente autobiografico in cui il protagonista incarna l’intellettuale
in crisi davanti ai nuovi disvalori del boom economico e al fallimento degli ideali della
resistenza.

Il secondo periodo di Calvino


Dal 1964 circa, nelle opere di Calvino si riscontra il forte interesse per la scienza e un tipo di
letteratura basato sul “gioco combinatorio” nella struttura del romanzo.
Nel ’64 Calvino va a Parigi ed entra in contatto con il gruppo dell’Oulipo, acronimo di
“Laboratorio di scrittura potenziale”. Il gruppo fondato dallo scrittore Perec era formato da
scrittori e matematici e mirava ad elaborare nuove forme di letteratura in cui la struttura
del testo ha la priorità su tutto il resto.
La struttura del testo viene creata sulla base di una regola che l’autore sceglie di seguire.
Ad esempio, → scrivere un testo senza una lettera oppure costruire la storia seguendo le
regole degli scacchi.
La regola è alla base del gioco → esattamente come nel gioco, per divertirsi sono
necessarie delle regole.
Ne “il castello dei destini incrociati” il gioco prevede personaggi muti che si esprimono
attraverso l’ordine dato da essi alle carte dei tarocchi.

pag. 33
Riviste del secondo ‘900:
“officina”, “il Verri”
Riviste che segnano momenti di svolta…
Periodo successivo alla Seconda guerra mondiale in Italia → durante gli anni cinquanta si
sente il forte bisogno di rinnovare la cultura italiana, rimasta provinciale e chiusa rispetto a
quella degli altri paesi occidentali.
Nella seconda metà degli anni ’50 → avvio della seconda rivoluzione industriale ➔ periodo
di grande sviluppo:
 Sviluppo delle città dove hanno sede le industrie maggiori del paese = Genova,
Milano e Torino;
 Sviluppo della lingua → i parlanti italiani cominciano veramente a parlare l’italiano e
non più il dialetto. Si ha un forte aumento dell’istruzione e un grande sviluppo del
sistema scolastico.
Il fattore determinante dal punto di vista delle trasformazioni linguistiche (ma non solo) è
l’introduzione della Televisione → si avvia un processo che porterà la maggior parte degli
italiani a parlare e a scrivere in italiano.

Dal punto di vista letterario si registra tuttavia una certa arretratezza: il mondo letterario
sembra rimanere ancorato alle vecchie dominanti letterarie → Il Neorealismo, nel campo
del romanzo, e l’Ermetismo in poesia, sono in fase di declino, avvertiti come modi antiquati
di fare letteratura che non reggevano il passo dei cambiamenti sociali in atto.
Gli intellettuali si pongono il problema di dover rinnovare e come rinnovare la letteratura
italiana per tenerla al passo con la contemporaneità → gli scrittori più giovani propongono
un nuovo modo di fare letteratura, servendosi delle RIVISTE per promuovere le loro
intenzioni → l’obbiettivo generale è quello di rinnovare cultura e letteratura.
Le riviste più rilevanti in questo senso sono:
 “Officina”;
 “il Verri”
 “il Menabò”

Officina (1955-1959)
 Rivista fondata a bologna da Roberto Roversi, Francesco Leonetti e Pier Paolo
Pasolini.
 Il sottotitolo recita “Bimestrale di poesia” → pubblicato ogni due mesi (periodicità
della rivista)
 Tra i collaboratori della rivista compaiono Franco Fortini e Gianni Scalia
 LA rivista chiuderà sia perché la redazione era composta da personaggi con
ideologie divergenti tra loro, sia per problemi economici.
 IL PROGRAMMA DI OFFICINA:
o Proporre una letteratura politicamente impegnata e schierata, di orientamento
Marxista di sinistra, a favore di uno sviluppo di una società di equali.
o Proporre una nuova letteratura che si opponga alle dominanti letterarie,
rappresentate dal Neorealismo nel romanzo, e dell’Ermetismo in poesia.
o Proporre una letteratura sperimentale che non taglia i ponti con la tradizione
ma la rielabora → Pasolini propone di considerare la letteratura precedente al
Novecento a partire da Pascoli → si parla di fatto di “anti novecentismo
Pasoliano”.
pag. 34
o Tra i testi pubblicati sulla rivista compaiono quelli di Volponi (amico di Pasolini),
Gadda e Calvino.

Il Verri (1956 – ancora attiva)


 Si può dire che sia una diretta concorrente di “Officina”
 Fu fondata a Milano da Luciano Anceschi (critico letterario)
 Tra i collaboratori della rivista più giovani troviamo Balestrini, Porta, Sanguineti,
Pagliarani e Giuliani (→ futuri fondatori del gruppo ’63 principale gruppo della
neoavanguardia in Italia)
 La rivista è tutt’ora una delle più autorevoli nell’ambito della critica letteraria.
 IL PROGRAMMA DE “IL VERRI”
o Sprovincializzare la cultura italiana che era rimasta chiusa nel proprio piccolo
mondo ( → chiusura imposta dal fascismo contro la cultura internazionale);
l’idea era quella di portare la cultura italiana al pari delle varie culture europee;
o Rinnovamento a tutto tondo della cultura italiana attraverso l’apertura a:
▪ Discipline innovative che in Italia non erano conosciute o lo erano molto
poco come la psicoanalisi, la linguistica, lo strutturalismo;
▪ La letteratura straniera, soprattutto avanguardia e contemporanea;
▪ Tutte le arti (pittura, musica, teatro e cinema) tutte le arti devono essere
sconvolte nello stesso rinnovamento artistico, ma in Italia la letteratura
resta comunque indietro rispetto alle altre arti → è in ritardo.
o Anche il Verri conduce una battaglia contro il Neorealismo e l’Ermetismo ma
propone soluzioni sperimentali più estreme rispetto a “Officina” → è di fatto la
rivista in cui si svilupperà il movimento della Neoavanguardia.
 La proposta de “il Verri” è quella di fare tabula rasa della tradizione passata, di
tagliare qualsiasi tipo di rapporto con essa. ➔ VS “Officina” rielaborare la tradizione.

Pier Paolo Pasolini (1922 – 1975)


Omosessuale dichiarato e perseguitato dall’opinione pubblica, Pasolini è stato uno dei
pensatori più influenti della cultura italiana. Fu assassinato nel 1975 e la sua figura è stata
per molti aspetti minimizzata → considerata come vita di scandalo della persona (per come
è) e dell’opera (per come scrive e per cosa registra).
Fu autore di poesie e romanzi ma anche regista cinematografico; collaborò a lungo con il
corriere della sera.
Nel 1955 fondò insieme a Roversi e Leonetti la rivista “Officina”.

Opere Principali:
 Poesia:
o Dopo le prime raccolte scritte in dialetto friulano, pubblica “Le ceneri di
Gramsci” nel 1957 → raccolta poetica in cui è centrale la sua questione
ideologica.
 Romanzi:
o “Ragazzi di vita” 1955;
o “Una vita violenta” 1959
 Film:
o “Accattone”
o “uccellacci e uccellini”
o “Il decameron”

pag. 35
o “Salò e le 120 giornate di Sodoma”

Ragazzi di Vita (1955)


Il racconto inizia nel ’44, al momento dell’occupazione nazista di Roma e prosegue fino ai
primi anni ’50.
I protagonisti sono dei ragazzi che vivono nelle povere borgate alla periferia di Roma,
appartenenti al sottoproletariato urbano, cresciuti sotto il fascismo come “selvaggi,
analfabeti e delinquenti” vivono di espedienti in condizioni di estrema povertà; li seguiamo
nel passaggio dall’infanzia alla giovinezza.
Il protagonista principale è Riccetto, che dopo l’esperienza del carcere trova lavoro e con
esso il riscatto sociale, integrandosi nella nuova società del benessere (→ figura esemplare)

La struttura risente del processo di gestazione del romanzo, composto da 8 capitoli in cui,
pur con grandi salti temporali, il narratore ripercorre le vicende rispettando l’ordine
cronologico degli eventi, al contempo i capitoli possono però essere letti come degli episodi
indipendenti → micromondi narrativi autonomi.
Il narratore → voce narrante, extradiegetico

Ragazzi di vita VS neorealismo.


 I giovani delle borgate rappresentano per Pasolini un ideale di vitalità che si oppone
al moralismo bigotto della borghesia, impostosi come modello dominante e
coercitivo → si tratta di personaggi quasi amorali (selvaggi) divenuti tali a causa
dell’ambiente in cui vivono, che rappresentano una diversità insanabile rispetto
alla moralità borghese.
 L’intento dell’autore non è quello di denunciare le misere condizioni sociali ed etiche
della classe sottoproletaria, alla maniera neorealistica, ma di far emergere, in
maniera cruda, il senso di vitalità e diversità di cui questi personaggi sono portatori
o ➔ esigenza espressiva più che rappresentativa.
 Stile e lingua: i Dialoghi diretti sono scritti in gergo romanesco, non si tratta però di un
recupero mimetico del dialetto bensì di un rimaneggiamento dell’autore; la lingua del
narratore è invece una lingua letteraria in cui si mescolano voci gergali
o ➔ espressionismo linguistico (→ influenza di Gadda) per far risaltare
vitalità del dialetto.
 Tale scelta oppone lo stile di Pasolini al linguaggio immediatamente comunicativo
del Neorealismo e ne deriva uno sguardo estremamente soggettivo e in questo caso
anche compartecipe, sulle vicende, che si oppone al modello del narratore
impersonale del Neorealismo.

Il pianto della scavatrice → Vs la tradizione lirica


Da “le ceneri di Gramsci” 1957
Si tratta di un lungo poemetto narrativo in terzine (→ riprende la tradizione poetica di
Pascoli e Dante); scelta che si oppone alla tradizione lirica.
Da Dante, Pasolini riprende anche l’utilizzo del PLURILINGUISMO → tecnica che vede
l’unione di linguaggi differenti, ripresi dalla realtà e dalla quotidianità; uso dell’italiano e del
dialetto → non si tratta più di poesia aulica e di difficile comprensione.
Questo sperimentalismo linguistico si coniuga con uno stile prosastico → si abbassa il
libello.

pag. 36
Dal punto di vista dei contenuti la poesia si allontana dalla tradizione ermetica → la poesia
di Pasolini è di tipo realistico, è attaccata al concreto, immersa nella realtà storica ed
impegnata politicamente.
In quasi tutte le opere di Pasolini, il fulcro è la posizione del soggetto poetico ➔ L’io è al
o
centro del testo ma non è un Io generico ma si tratta di Pasolini in persona. Si ha una forte
coincidenza tra l’autore reale e l’io del testo → il testo si focalizza sul vissuto di Pasolini.
Presenza di figure del sottoproletariato urbano come esempio positivo di vitalità e
istintualità intese come esempi d’opposizione alle norme borghesi.

La scena descritta è quella di un cantiere e la costruzione di nuovi edifici che spazza via il
vecchio mondo contadino
Pasolini insiste sul fatto che ‘si fa posto al nuovo’ = al progresso e alla civiltà, ma ogni volta
che si presenta l’immagine del futuro, si presenta anche l’immagine di qualcosa che muore
e che fa male.

e
SECONDA PARTE: MONOGRAFICA.

La Neoavanguardia: Novissimi, Gruppo ’63


e Romanzo Sperimentale
La neoavanguardia e il gruppo ‘63
La neoavanguardia è un movimento molto ampio che si sviluppa tra gli anni ’50 e ’60 in
tutte le arti e che riprende la lezione delle avanguardie storiche (Futurismo, Surrealismo,
Dadaismo). La sperimentazione promossa dalla Neoavanguardia trova una sorta di
“laboratorio” nelle pagine del “verri” e una prima attestazione d’esistenza con la
pubblicazione dei “Novissimi” nel 1961 ( → raccolta poetica che comprende testi di E.
Sanguineti, E. Pagliarani, N. Balestrini, A. Giuliani, A. Porta).
I maggiori esponenti della raccolta “Novissimi” si riuniscono nel cosiddetto GRUPPO ’63 →
gruppo di scrittori che si riunì la prima volta a Palermo nel 1963 (atto di nascita delle
Neoavanguardie) e che propone un cambiamento radicale nel modo di fare letteratura,
pag. 37
fino a stravolgere completamente la forma tradizionale del verso poetico e del romanzo al
tal punto da renderli illeggibili.

Riferimenti Cronologici:
 1956, fondazione del “Verri”, pubblicazione di “Laborintus” di Sanguineti → primi
esempi di poesia della neoavanguardia.
 1960: pubblicazione di “La Ragazza Carla” di Pagliarani sul “Menabò”
 1961: pubblicazione dei “Novissimi” e del racconto di Enrico Filippini “Settembre”
 1963: Primo convegno del Gruppo ’63 a Palermo
 1963: pubblicazione di “Fratelli d’Italia” di Arbasino e “Capriccio Italiano” di Sanguineti
→ primi esempi compiuti di romanzo sperimentale
 1965: terzo convegno del Gruppo ’63 dedicato al Romanzo Sperimentale.

I novissimi – 1961
I novissimi è un antologia poetica pubblicata nel 1961 a cura di Alfredo Giuliani incaricato da
Luciano Anceschi di proporre un nuovo tipo di letteratura, sulla base di ciò che veniva
discusso negli stessi anni nelle pagine de “Il Verri”. L’uscita di questa raccolta è da
considerarsi come la nascita della Neoavanguardia.
Comprende le poesie di: Nanni Balestrini, Alfredo Giuliani, Elio Pagliarani, Antonio Porta ed
Edoardo Sanguineti.

I principi della poetica dei Novissimi


Alla base si ha una decostruzione totale della tradizione poetica del passato:
 Riduzione dell’io (la voce che “parla” nel testo, il soggetto poetico) → Tende a sparire
per lasciare il posto al mondo fenomenico = rielaborazione del futurismo ed in
generale dell’avanguardia. Il soggetto viene messo in secondo piano, in primo piano
viene riportata la realtà delle cose.
 Verso Atonale → viene distrutto il verso tradizionale. Il verso segue il “respiro” del
poeta in modo non lontano dalla “Beat Generation” americana, al tempo sconosciuta
in Italia. La poesia quindi risulta molto fluida e non rimane traccia dei vecchi versi.
 Visione Schizomorfa → (struttura della composizione) → si creano tecniche di
montaggio e delle citazioni che distruggono i nessi logico-sintattici, suggerendo l’idea
della caoticità → legato alla crisi dei sistemi interpretativi e della soggettività.

Elio Pagliarani, La ragazza Carla.

pag. 38
Questo poemetto parla di una giovane donna, Carla Dondi, che trova un primo impiego in
una ditta milanese. Pagliarani racconta del disagio della giovane dovuto alla sua
alienazione del lavoro → sentimento provato da molti lavoratori in pieno sviluppo
industriale. ➔ messaggio di tipo ideologico.
Si tratta di un poemetto narrativo → a tratti compare anche la voce di un narratore,
costruito attraverso un montaggio di voci diverse (cui corrispondono diversi registri
linguistici) che, nella loro discordanza, suggeriscono un effetto di straniamento.
Il linguaggio utilizzato è quello della comunicazione quotidiana, versi irregolari suggeriscono
però una dizione lontana da quella “naturale” → effetto di straniamento
La posizione di Pagliarani è un po’ a metà strada tra la sperimentazione officinesca e le
soluzioni degli altri novissimi.

Convegno sul Romanzo Sperimentale, Gruppo ’63, Palermo 1965


Il romanzo sperimentale è un tipo di romanzo che propone soluzioni innovative dal punto di
vista narratologico rispetto al romanzo tradizionale → si tratta di una tendenza che si
sviluppa a libello internazionale (Nouveau Roman francese, Gruppo 47 in Germania…)
Nel 1965 il Gruppo 63 organizza a Palermo un grande convegno, il terzo del gruppo,
dedicato al romanzo sperimentale italiano. Durante il convengo emergono linee di ricerca
differenti e gli autori che partecipano propongono soluzioni molto diverse tra loro, nonché
modelli differenti:
 Letteratura Sperimentale di primo ‘900 → Joyce, Kafka, Svevo.
 Gadda per lo sperimentalismo linguistico;
 Nouveau Roman francese → Alain Robbe-Grillet, Michel Butor, Nathalie Sarraute..
I bersagli polemici → Neorealismo e letteratura di consumo poiché entrambi veicolano
un’idea falsa della realtà servendosi di strategie mimetiche.

Il romanzo sperimentale: contro la mimesi e il romanzo tradizionale.


Nel romanzo tradizionale il lettore è portato all’immedesimazione con il personaggio
solitamente calato in una realtà verosimile; mediante dei connotatori spazio-temporali
(tempo lineare, contesto fisico e sociale riconoscibile) il narratore costruisce un’immagine
realistica → la letteratura si pone come mimesi (imitazione) del reale.
Non bisogna tuttavia dimenticare che si tratta di un artificio, di un mondo costruito
dall’autore che non può restituire un’immagine fittizia del mondo sulla base di una
prospettiva parziale.
Il romanziere tradizionale tende a nascondere l’esistente di questa prospettiva, offrendo
l’illusione di una rappresentazione oggettiva del mondo → effetto di realtà.
Il primo obbiettivo del romanzo sperimentale → infrangere l’effetto di realtà (contro la
mimesi) = la letteratura non deve rappresentare la realtà in maniera verosimile, come uno
specchio ma rompere lo specchio, rompere cioè l’illusione (l’immagine fittizia, la
demistificazione) e “oltrepassare” lo specchio → per mostrare zone nascoste della realtà →
porta a un effetto di straniamento.

Il romanzo sperimentale: il primato della struttura.


La realtà contemporanea appare caotica e sempre più difficile da spiegare, da ricomporre
in un’immagine sistematica e unitaria (è quello che fanno le ideologie) l’esperienza
soggettiva è del tutto frantumata sia il soggetto che l’oggetto sono categorie in crisi ( le
vecchie categorie rappresentative entrano in crisi (scienza e ideologia)

pag. 39
La struttura/forma del romanzo sarà di conseguenza caotica (schizofrenica, cfr. Novissimi )
→ il caos diventa il metodo di lavoro dello scrittore, perché è la stessa modalità della
coscienza ad essere schizofrenica
La struttura caotica dell’opera d’avanguardia diviene il vero contenuto dell’opera → la
struttura dell’opera è intesa come metafora epistemologica della contemporaneità
(Umberto Eco)
La struttura può dirci qualcosa sulla realtà contemporanea (dentro e fuori dal soggetto) e
in particolare ci parla della frammentazione dell’esperienza e dell’impossibilità di
ricomporre la nostra esperienza in un’immagine unitaria, ovvero di costruire un messaggio
certo, stabile e univoco attraverso il linguaggio. ➔ La tecnica che viene usata
principalmente è il montaggio (o collage) che permette di assemblare frammenti diversi
che vengono prelevati dalla realtà così da sembrare elementi irrelati (non collegati). Viene
resa evidente la dispersione dei nessi logici.
Il romanzo sperimentale come ANTIROMANZO:
La norma del romanzo tradizionale viene ribaltata in ogni suo aspetto:
 Trama
 Personaggio
 Autore
Si parla infatti di Antiromanzo, nel doppio senso che stravolge il romanzo tradizionale e ne
contesta strategie e presupposti. I risultati sono spesso illeggibili, perché infrangono del
tutto l’orizzonte d’attesa del lettore.

Strategie di base del romanzo sperimentale → come si rompe lo specchio per introdurre il
caos.
Nonostante l’estrema varietà di soluzioni testuali, si possono individuare alcune strategie
comuni:
 ABOLIZIONE DELLA TRAMA LINEARE fino all’abolizione di qualunque trama
propriamente detta e spesso basata sulla riduzione dell’‘azione’ dei personaggi a
micro-eventi e percezioni → distruzione della percezione ordinaria del tempo (ad.
esempio l’ambientazione onirica può eliminare il senso dello spazio e del tempo; il
montaggio citazionistico distrugge la linearità dei fatti)
 ABOLIZIONE DEL PERSONAGGIO, che si ritrova frammentato o disperso nel
mondo, non più semplicemente scisso al suo interno come nel romanzo
sperimentale di primo ‘900. Spesso, senza connotati particolari, il personaggio viene
ridotto a sola ‘voce’ che ‘parla’ nel testo → il soggetto ha perso la capacità di
comprendere e di rapportarsi al mondo esterno, così come di rapportarsi a sé stesso,
la sua condizione è simile a quella di una coscienza alterata dalla schizofrenia (che
deve però essere intesa come condizione storica dell’uomo contemporaneo e non di
un personaggio in particolare) → ne deriva una prospettiva straniata, del tutto
inaffidabile, del personaggio/voce (spesso il narratore è omodiegetico) → il mondo
appare caotico
 COMPONENTE METALETTERARIA sempre presente, se non preponderante, nel testo,
che ha il compito di ‘smascherare’ la finzione, cioè di rivelare la presenza dell’artificio
letterario → il testo si compone come ragionamento critico sulla letteratura fino al
limite in cui l’intero discorso del narratore coincide con il romanzo stesso. [Il ‘caso-
limite’ è ben rappresentato dal racconto Settembre di Enrico Filippini.Tale
caratteristica può assumere diverse forme (ad es. commistione tra saggio e
romanzo in Fratelli d’Italia di Arbasino).
 MESCIDAZIONE TRA GENERI DIFFERENTI → superamento della distinzione tra i
generi (romanzo, poesia, saggio, trattato, teatro, etc.) che rompe con la tradizione e

pag. 40
serve a contestare le vecchie convenzioni letterarie (già sperimentata in ambito
poetico)

L’opera aperta e la sua fruizione (Umberto Eco, Opera Aperta, 1962)


Poiché non offre messaggi (contenuti certi o stabili) l’opera d’avanguardia è
necessariamente aperta alla libera interpretazione del lettore.
Nella sua raccolta di saggi, Opera aperta 1962 Umberto Eco presenta i principi su cui si
basa l’arte sperimentale contemporanea (pittura e letteratura anni 50 60 se l’apertura alle
diverse interpretazioni appartiene, in fondo, a tutte le epoche, l’opera d’arte
contemporanea prevede un’apertura programmatica verso il fruitore il fruitore non è più
semplicemente colui che legge, guarda o ascolta (bensì un attore fondamentale nella
costruzione del senso dell’opera (massima libertà interpretativa prevista dall’autore
garantita dalla struttura straniata), ma anche protagonista nella realizzazione dell’opera
stessa. L’intervento del lettore è dunque necessario per completare l’opera e il ruolo
dell’autore ne risulta del tutto ridimensionato rispetto alla tradizione borghese, che vede
l’opera come frutto della soggettività dell’artista definitiva perdita dell’aureola
Il romanzo sperimentale invita il lettore a «giocare» con l’autore per costruire insieme
l’opera, e autore e lettore giocano alla pari [cfr. Il giuoco dell’opera di Sanguineti e Tristano
di Balestrini cfr differenza con il secondo periodo di Calvino]

Il Menabò e il romanzo industriale


Rivista fondata ne 1959 a Milano da Vittorini con l’aiuto di Calvino e chiusa nel 1967. Tra i
collaboratori troviamo molti ex-redattori di ‘Officina’ tra cui Leonetti e Fortini.
La rivista ospita testi di Gadda, Leonetti, Fortini, Pasolini, Volponi e degli autori della
Neoavanguardia come Pagliarani, Sanguineti e Manganelli.
Il titolo riprende il modello di stampa che si utilizzava per la preparazione dei libri quando
una casa editrice deve preparare un libro, ‘menabò’ è una delle ultime parti del progetto di
stampa. ➔ Si allude di fatto ad una nuova progettazione di letteratura.

Programma e fascicoli della rivista.


Anche il Menabò propone di rinnovare la cultura italiana, proponendo:
 Un impegno intellettuale → l’intellettuale non deve rinunciare alla sua funzione
critica e alla sua funzione politica;
 Una letteratura che sia al passo con la contemporaneità, con il consumismo e con
lo sviluppo industriale.
I temi della rivista erano vari e con prospettive diverse, ogni fascicolo era dedicato a uno,
massimo due argomenti di stampo monografico = dedicati ad un solo argomento.
Tra i più importanti troviamo quelli dedicati alla “Letteratura e dialetto”, “Letteratura e
industria’” e un numero contenete testi della Neoavanguardia.
L’ultimo numero, del ’67 dedicato a Vittorini, nel frattempo scomparso.

Il dibattito su letteratura e industria nelle pagine del ‘Menabò


Il n. 4 del 1961 della rivista «Il Menabò» diretta da Vittorini è dedicato al tema letteratura e
industria e accogli testi di Ottieri e Volponi; il numero successivo, n. 5 del 1962 accoglie le
risposte di molti intellettuali tra cui Franco Fortini, Umberto Eco e Italo Calvino, oltre ad
alcuni testi di autori della Neoavanguardia.

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L’industria, l’attività industriale, è una novità in Italia per quell’epoca. La letteratura, di
contro, rimane un passo indietro rispetto al resto Vittorini fu il primo ad affermare di dover
“svecchiare” le forme, il modo di scrivere e di non limitarsi al cambiamento di contenuti → la
questione centrale, attraverso il tema dell’industria, è quella di come costruire un nuovo
romanzo.

Da qualche anno si era già diffuso il romanzo a tema industriale, ma Vittorini sottolinea in
merito una questione importante:
La realtà industriale modifica radicalmente l’intera società e la cultura, nei romanzi si parla
però del mondo industriale come si parlava del mondo contadino, con uno stile di stampo
neorealista che non si adatta per nulla alla nuova realtà industriale e non ne coglie i veri
cambiamenti → È necessario trovare ‘forme’ nuove, nuovi modi di scrivere per
rappresentare la realtà contemporanea

La letteratura Industriale
La letteratura industriale è la letteratura che ha come argomento il mondo dell’industria,
in particolare viene rappresentata la fabbrica.
Tappe principali:
 Il romanzo a tema industriale si sviluppa fortemente negli anni del boom e della
seconda rivoluzione industriale, diventando un fenomeno editoriale esteso → gli
esempi migliori sono Tempi stretti e Donnarumma all’assalto di Ottieri, e Memoriale
di Volponi
 Negli anni ‘70 si moltiplicano i romanzi a tema industriale scritti da operai → cfr. parte
monografica
 Un ‘ritorno’ dell’argomento in letteratura si verifica intorno al 2000, in particolare si
consideri la Dismissione di Domenico Rea (2002), ma molti esempi si offrono anche
in anni più recenti, nel periodo in cui le industrie vengono dismesse

L’autobiografia e il romanzo
autobiografico.
Definizione di ‘autobiografia’
La definizione oggi accreditata di autobiografia arriva con il volume di Philippe Lejeune, Il
patto autobiografico, del 1975

La definizione, scrive Lejeune, potrebbe essere la seguente:


«Racconto retrospettivo in prosa che una persona reale fa della propria esistenza,
quando mette l'accento sulla sua vita individuale, in particolare sulla storia della sua
personalità»

La definizione precedente mette in gioco elementi che appartengono a quattro diverse


categorie:
1. Forma del linguaggio:
a. Racconto

pag. 42
b. in prosa.
2. Soggetto trattato: vita individuale, storia di una personalità.
3. Situazione dell'autore: identità dell'autore (il cui nome si riferisce una persona reale) e
de narratore.
4. Posizione del narratore:
a. identità fra il narratore e il personaggio principale.
b. visione retrospettiva del racconto
Sarebbe un'autobiografia ogni opera che soddisfa contemporaneamente le condizioni
indicate da ciascuna delle categorie.
L’autobiografia può variare fortemente nelle forme, tanto da renderne difficile, se non
impossibile, una definizione testuale, vale a dire in quanto genere caratterizzato da alcuni
elementi ‘fissi’.
Alcune delle condizioni sopraelencate potrebbero infatti non essere rispettate o rispettate
solo in parte. Ci sono però due condizioni imprescindibili perché si possa parlare di
autobiografia:
 l’identità autore-narratore (3)
 l’identità narratore-personaggio principale (4 A)

NB. L’utilizzo della prima persona grammaticale non è determinante, esistono autobiografie
in terza e in seconda persona

Il patto Autobiografico
Queste due condizioni indispensabili definiscono quello che Lejeune chiama ‘patto
autobiografico’:
 Si dà autobiografia solo nel momento in cui il nome dell’autore sulla copertina
coincide con il narratore della storia e con il personaggio principale della vicenda.
Solo ed esclusivamente da questo rapporto di identità dipende la definizione di
autobiografia

Il paratesto* (copertina) diventa determinante nello stabilire il patto autobiografico, perché


in questo modo il lettore ha la certezza che le storie raccontate siano riferite a una persona
reale.
All’interno del testo ci sono poi solitamente modi espliciti (coincidenza dei nomi) o impliciti
(titoli quali ‘Storia della mia vita’, ‘Autobiografia’; sezione iniziale del testo in cui l’autore
spiega di essere anche il narratore) in cui l’autore ci fa capire che il narratore è lui stesso e
che ci sta parlando di sé stesso.

Patto autobiografico VS Patto narrativo


Il concetto di patto narrativo (o finzionale) risale al romanticismo; si tratta del tacito
accordo stipulato tra autore e lettore in base al quale l’autore chiede al lettore una
sospensione di incredulità rispetto alla narrazione, in modo che il lettore possa accettare
per vera la storia narrata (per il tempo della lettura) pur sapendo che si tratta di una
finzione. L'autore finge di fare un'affermazione vera mentre il lettore, dal canto suo, finge
che ciò che gli viene raccontato sia realmente accaduto. Di solito si stabilisce con l’incipit del
romanzo (ma può bastare anche la semplice indicazione ‘romanzo’ in copertina’) che segna
la soglia di entrata nel mondo finzionale creato dalle parole, diverso da quello reale, anche
quando è estremamente verosimile.

Il patto autobiografico è invece definito da Lejeune come un patto referenziale (riferito alla
realtà, non alla finzione); lo scopo è quello di «aggiungere un'informazione ad una ‘realtà’

pag. 43
esterna al testo, dunque sottomettendosi a una prova di verifica». Non mira «alla semplice
verosimiglianza, ma alla somiglianza al vero. Non ‘l'effetto di reale’, ma la sua immagine».

Quale realtà nell’autobiografia? Quale verità?


La verità raccontata nell'autobiografia è una verità di massima relativa alla conoscenza di
chi parla e si riferisce a un campo ristretto che è quello della propria vita.
La verifica degli eventi è chiaramente difficile da effettuare, ma l'esattezza non ha in fondo
nessuna importanza: nell'autobiografia è indispensabile che il patto referenziale sia
concluso e che sia rispettato, cioè che l’autore parli realmente di sé, ma non è necessario
che il risultato sia nell'ordine dell'esatta somiglianza ➔ Se il nome del personaggio e il nome
dell'autore coincidono questo esclude da sola la possibilità della finzione] anche se il
racconto è storicamente falso, esso apparterrà all'ordine della menzogna (che è una
categoria autobiografica) e non della finzione [non è quindi un romanzo]

Autobiografia VS Romanzo autobiografico


Il romanzo autobiografico → testi di finzione nei quali il lettore può sospettare, dalle
rassomiglianze che crede di scoprire, che ci sia identità fra autore e personaggio, mentre
proprio l'autore ha scelto di negare questa identità, o almeno di non affermarla.
Sussistono gradazioni diverse di vicinanza del protagonista all’autore reale, più o meno
Esplicite. Il romanzo ha perfettamente la capacità di imitare il patto autobiografico e infatti
nel diciottesimo secolo il romanzo si è formato proprio a partire dall’imitazione della
letteratura intima.
Il romanzo può imitare tutti i procedimenti dell'autobiografia per convincerci dell'autenticità
del racconto, ma finché il nome dell'autore in copertina è un altro il patto sarà finzionale e
non referenziale, non possiamo quindi parlare di autobiografia.

Alcuni casi di romanzi a componente autobiografica: Memoriale, Donnarumma


all’assalto e La vita agra

Memoriale di Volponi
Il romanzo ha la forma di un memoriale (narratore= personaggio principale, racconto
retrospettivo), imita dunque le forme della scrittura intima, ma non c’è alcuna identità tra
personaggio/narratore e autore; non c’è possibilità di pensare che Albino sia l’autore,
perché ha un altro nome e perché ha un’estrazione sociale diversa (è un operaio, non un
intellettuale). Tuttavia, noi lettori sappiamo ritrovare nel romanzo elementi autobiografici
(esperienza diretta di Volponi alla Olivetti) e il punto di vista del personaggio mostra diversi
punti di contatto con quello dell’autore (sguardo di Albino= sguardo del poeta, inoltre i
giudizi critici di Albino sulla fabbrica ricalcano quelli di Volponi, che ritroviamo anche nei
suoi saggi e negli interventi sulla questione). In definitiva è un romanzo in cui possiamo
leggere una certa componente autobiografica (gradazione bassa di vicinanza autore-
personaggio) e che ‘imita’ le forme dell’autobiografia.

Donnarumma all’assalto di Ottieri


È un romanzo che si struttura sulla forma del diario (personaggio=narratore; racconto
quotidiano delle vicende) e del reportage: da un lato imita la scrittura autobiografica,
dall’altro vuole mantenere un massimo di referenzialità (fedeltà al vero) nel racconto della
fabbrica, garantito dall’esperienza diretta di chi racconta. Anche in questo caso non c’è
pag. 44
identità tra autore e personaggio/narratore, ma la componente autobiografica è molto
forte (esperienza di Ottieri alla Olivetti, qui il protagonista è un intellettuale come l’autore,
che svolge nella fabbrica lo stesso ruolo che aveva Ottieri); inoltre, il narratore si mantiene
anonimo, e questo consente al lettore di ipotizzare che si tratti dello stesso Ottieri.
È un romanzo in cui la componente autobiografica è molto forte (gradazione forte di
aderenza autore-personaggio) e che ‘imita’ le forme dell’autobiografia.

La vita agra di Bianciardi


È un romanzo che si può pensare come un disordinato memoriale (narratore= personaggio
principale, racconto retrospettivo), in cui il protagonista rimane anonimo, consentendo
l’identificazione autore-personaggio da parte del lettore.
Bianciardi gioca consapevolmente su questa possibilità di identificazione, proponendo una
storia che appare, in tutto e per tutto, nomi compresi, autobiografica, e del tutto aderente
alle vicende della vita dell’autore (il protagonista lavora nell’industria culturale come
Bianciardi, e incarna la figura dell’intellettuale declassato e costantemente in polemica con
il mondo cui appartiene); soltanto il senso di rassegnazione nel finale non corrisponde
tuttavia alle scelte dell’autore.
Sussistono tuttavia frequenti e rilevanti marcatori di finzionalità, ovvero degli inserti
metanarrativi che smascherano la finzionalità del testo e ne rilevano la natura romanzesca
È un romanzo in cui la componente autobiografica è fortemente esibita (gradazione
estrema di aderenza autore-personaggio) e che ‘imita’ le forme dell’autobiografia, in cui
però l’autobiografia viene negata ad ogni passo.
Come in tutta la produzione dell’autore, c’è un gioco continuo di rimandi all’autore reale,
costantemente confermati e disattesi al contempo.

Ottiero Ottieri
Donnarumma all’assalto 1959
Ottiero Ottieri (1924 – 2002)
Laurea in lettere a Roma; arrivato a Milano trova impiego alla Mondadori, collabora con
riviste di scienza e psicologia
Dal 1952 al 1965 impiegato alla Olivetti come responsabile della selezione del personale
→ nel ‘55 viene mandato nello stabilimento Olivetti di Pozzuoli
È considerato il ‘pioniere’ del romanzo industriale, i suoi romanzi in questo senso più
Significativi sono:
 Tempi stretti (1957, è considerato il primo romanzo industriale; è un testo di tipo
naturalistico in cui l’autore rappresenta il mondo della fabbrica e la società
contemporanea; i “tempi stretti” sono quelli dell’operaio alla catena di montaggio, ma
il riferimento va a una condizione esistenziale generalizzata, piegata ai tempi della
produzione e dell’efficienza)
 Donnarumma all’assalto (1959)
 La linea gotica (1963, un diario dedicato al mondo dell’industria e al boom
economico, di cui compaiono alcuni brani sul n. 4, 1961, del «Menabò» dedicato a
‘letteratura e industria’)

pag. 45
Olivetti, la fabbrica “illuminata”
Adriano Olivetti dirige la fabbrica ereditata dal padre, con sede centrale a Ivrea, leader
nella produzione delle macchine da scrivere (in seguito del settore informatico).
Dirige l’azienda con l’idea di fare dell’industria un fattore di progresso sociale e non solo
economico, che permetta agli individui di vivere ‘in armonia’ >> un ideale che cerca una
congiunzione tra comunismo (uguaglianza e solidarietà tra gli uomini) e capitalismo
(sviluppo e interesse economico)

le industrie Olivetti, diffuse su tutto il territorio nazionale (vedi lo stabilimento di Pozzuoli di


cui parla Ottieri in Donnarumma all’assalto) e forti nell’esportazione e nelle vendite,
rappresentano un modello ‘illuminato’ di industria che coniuga il profitto con il progresso
sociale. La fabbrica, come luogo della produzione, è pensata come luogo di crescita e
miglioramento dell’individuo e della società, e non come luogo di sfruttamento del lavoro e
di efficienza organizzativa (cfr. la descrizione della fabbrica in Donnarumma all’assalto)

Nel suo progetto Olivetti coinvolge intellettuali e scrittori, con l’obiettivo di congiungere
le cosiddette ‘due culture’ (scienza e letteratura) → alla Olivetti gli scrittori non lavorano
solo come pubblicitari, ma si occupano anche del personale e ricoprono ruoli manageriali
importanti. Gli scrittori appoggiano il progetto di Olivetti, ma dall’interno ne vedono anche le
contraddizioni. Tra i tanti scrittori che lavorano alla Olivetti: Fortini, Volponi, Ottieri

Donnarumma all’assalto (1959)


 Il romanzo ha una struttura diaristica ed è scritto in prima persona, ma è anche una
sorta di romanzo-reportage in anticipo sui tempi.
 Personaggio autobiografico, perché intellettuale e responsabile del personale in una
fabbrica del Sud come lo era Ottieri alla Olivetti.

Trama:
Storia di uno psicologo responsabile della selezione del personale in una fabbrica del sud
(che noi sappiamo essere lo stabilimento Olivetti di Pozzuoli). Nel romanzo vediamo lo
psicologo svolgere i colloqui e le prove di ingresso per l’assunzione di nuovi operai con il
compito di scegliere solo i migliori, ma davanti alla disoccupazione dilagante di quelle zone
lo psicologo comincia a chiedersi se sia giusto operare una selezione, privando la maggior
parte delle persone del diritto al lavoro.
Il romanzo procede attraverso gli incontri e i rapporti che lo psicologo intrattiene con gli
aspiranti operai, gli operai già assunti e i colleghi, una galleria di personaggi su cui di volta
in volta il narratore si sofferma cercando di far emergere individualità e storie personali,
quando invece il suo compito gli richiede di essere imparziale e neutrale → il protagonista
mostra un volto umano ed è attento alle questioni etiche, che invece le ragioni del profitto e
dell’efficienza della logica industriale gli imporrebbero di ignorare.
I colloqui per la selezione si svolgono in un clima di forti tensioni, i disoccupati passano delle
implorazioni per l’assunzione alle minacce di morte nei confronti dei dirigenti
Donnarumma è uno dei tanti aspiranti operai, ma tra tutti i personaggi assume un ruolo più
rilevante, perché più di altri, con il suo carattere irrazionale e ribelle, fa emergere le
contraddizioni della fabbrica

Tema principale:
Se per molti scrittori il problema dell’industria è il modo in cui si lavora al suo interno, per
Ottieri il problema vero è la disoccupazione, rispetto alla quale il lavoro in fabbrica
rappresenta il rimedio e l’industria-modello rappresentata dalla Olivetti può inoltre
pag. 46
migliorare le condizioni delle persone e quelle generali della società → questo sembra vero
a maggior ragione al Sud, dove la disoccupazione sembra aver abbandonato le persone in
una sorta di stato incivile, nell’ignoranza e nella povertà.

Il modello razionale, ordinato ed efficiente della fabbrica si oppone e cerca di offrire un


rimedio alla arretratezza sociale e a una sorta di irrazionalità delle persone del sud → di
questa irrazionalità è rappresentante in particolare Donnarumma

Lo psicologo ha però uno sguardo doppio sull’industria e ne vede le contraddizioni → il


modello razionale ed efficiente impone la selezione del personale, solo in pochissimi
vengono assunti e gli altri rimangono esclusi dal ‘progresso’ e dalla possibilità stessa della
sussistenza (rimangono disoccupati), dunque il modello razionale della fabbrica risulta
profondamente ingiusto → lo psicologo vive su di sé queste contraddizioni perché lui
stesso è responsabile della selezione e si rende conto che l’organizzazione e la logica
industriale sono in fondo solo un modo di esercitare il potere economico

Stile e punto di vista


Ottieri vuole creare uno stile ‘asciutto’ e concreto, più oggettivo possibile, nel tentativo di
rappresentare la realtà e cogliere la verità delle cose che osserva (da qui l’effetto di un
romanzo-reportage), mantenendo uno guardo lucido e razionale.
Allo stesso tempo, però, gli sembra impossibile mantenere uno sguardo oggettivo, troppe
cose sfuggono alla razionalità e allo sguardo dell’intellettuale → il punto di vista è sempre
soggettivo e di fatti abbiamo davanti un testo di tipo diaristico.
Ottieri rimarrà sempre convinto che l’intellettuale non riesce a comprendere fino in fondo la
vita di fabbrica, che non sa mettersi nei panni dell’operaio e quindi non può raccontare fino
in fondo la realtà operaia.
[Vedi estratti Donnarumma all’assalto]

Paolo Volponi
Memoriale 1962
Paolo Volponi (1924 – 1994)
Lavora alla Olivetti dalla metà degli anni 50 fino ‘71 è direttore dei Servizi sociali
dell’azienda, poi direttore delle Relazioni aziendali → nel 60 muore Adriano Olivetti, Volponi
rimane nell’azienda, ma si scontrerà con i nuovi dirigenti.
In seguito, diventa collaboratore della FIAT (responsabile dei rapporti tra fabbrica e città) e
presidente della Fondazione Agnelli, ma viene allontanato a causa dell’adesione al PCI.
Diventa senatore come indipendente del PCI e candidato alla presidenza della Repubblica
Autore di poesie e romanzi il primo e l’ultimo dei suoi romanzi sono dedicati al mondo
dell’industria, in cui Volponi ha lavorato per gran parte della sua vita.
 Memoriale 1962
 Le mosche del capitale 1989

Cenni sulla poetica dell’autore


Volponi è inizialmente vicino alle posizioni di «Officina» e di Pasolini, di cui è grande amico,
ma si aprirà anche alle posizioni della Neoavanguardia. Alcuni estratti di Memoriale
vengono pubblicati sul numero del «Menabò» dedicato a industria e letteratura.
La produzione letteraria di Volponi è caratterizzata dalla costante presenza di impegno

pag. 47
etico politico e sperimentalismo formale.
Lo stile, anche nei romanzi, è caratterizzato da una forte tensione lirica (poetica)
Tra i temi principali troviamo:
 Il rapporto tra naturale e artificiale
 L’alienazione dell’uomo contemporaneo [tema frequentissimo nella letteratura di
quegli anni]
 La necessità di costruire una società più giusta e di fare dell’industria un reale fattore
di progresso sociale [in particolare mediante la liberazione dal lavoro e la
costruzione di un rapporto diverso tra fabbrica e società]

Memoriale 1962
Il memoriale è un genere di racconto in prima persona di vicende biografiche, condotto
andando a ritroso nel tempo, a partire cioè da quando una determinata vicenda appare
conclusa. Il punto di vista coincide con quello di chi dice io nel testo e racconta la vicenda

Trama:
In “Memoriale” Volponi racconta la storia di un ex contadino, Albino Saluggia, reduce dalla
Seconda guerra mondiale e dalla prigionia in Germania, che tornato in Italia trova lavoro
presso un’industria piemontese (si tratta della Olivetti di Ivrea, ma nel romanzo non ci viene
detto). Nel lavoro in fabbrica Albino vede la possibilità di ricominciare una nuova vita e di
migliorare la propria condizione sociale, ma, da luogo di un possibile riscatto, la fabbrica
diviene un nemico. Albino, infatti, è malato di tisi e per questo verrà allontanato dal lavoro,
obbligato a curarsi dai medici della fabbrica da sempre affetto da profonda solitudine e in
preda a un delirio paranoico, è però convinto che la sua malattia sia un’invenzione dei
medici, che hanno ordito un complotto ai suoi danni, per impedirgli di lavorare e di rifarsi
una vita. Passerà del tempo in sanatorio tornato in fabbrica prende parte a uno sciopero,
ribellandosi alla fabbrica, e viene infine licenziato → [lo spunto viene a Volponi dalla lettera
di un operaio della Olivetti]
Temi principali
Il tema principale del romanzo è quello dell’alienazione (spersonalizzazione) dell’uomo
contemporaneo nel lavoro industriale, ma anche nell’intera società contemporanea [cfr.
brano in cui Albino lavora i pezzi di metallo in cui cerca di riappropriarsi del frutto del
proprio lavoro]
L’ alienazione si verifica in primo luogo nell’allontanamento da uno stadio di armonia con il
tutto, con la natura, caratteristico della società preindustriale → si nota l’opposizione tra il
naturale e l’artificiale (ma la natura sta ormai per essere soppiantata dalla città, solo i poeti
possono custodirne la memoria)
 Albino cerca sempre, infatti, dei segni nel mondo naturale. → Nostalgia del mondo
contadino Vs mondo della fabbrica = mondo a parte rispetto alla città.
 si sposta sempre dal suo paese di campagna (Candia) verso la città (c’è un
confronto costante tra città e campagna)
 Albino sembra vivere secondo un tempo ciclico che si oppone a quello imposto dalla
razionalità produttiva (dalla società industriale) che sta all’origine dell’alienazione

Il narratore
L’autore ci presenta il tema dal punto di vista di Albino, che è un narratore inattendibile
→ non c’è un’istanza mimetica rispetto alla realtà, ma l’intento di straniarla. Lo straniamento
è dato per l’appunto dalla prospettiva del malato mentale affetto da paranoia. Uno
sguardo straniato sulle cose ce le fa vedere da una prospettiva inedita e inverosimile, che
però svela molto più di qualunque discorso analitico ed esplicativo.
pag. 48
Lo sguardo di Albino corrisponde a quello del poeta:
 i dubbi di Albino sono in realtà quelli di Volponi, ovvero dell’intellettuale dirigente di
fabbrica rispetto alla razionalità produttiva [componente autobiografica]
 Albino è un contadino-operaio, ma anche un poeta (nel romanzo sono inseriti i versi
da lui scritti)

La lingua
Albino cerca di reimpossessarsi delle cose, di trovare contatto e soprattutto armonia con la
realtà trasfigurandole per mezzo della sua attività immaginativa;
ciò si traduce in una lingua fortemente poetica, densa di figure retoriche al punto che si
può parlare di «poesia lirica in prosa»
È per l’appunto questo alto tasso di figuralità a conferire l’effetto di straniamento

Le mosche del capitale 1989


Il romanzo è dedicato a Adriano Olivetti
Volponi comincia a lavorare al romanzo nel periodo in cui lascia la FIAT

Trama:
Ci sono 2 storie che si intersecano:
1. Il dirigente Bruto Saraccini, prima promosso a amministratore delegato di un industria,
poi deposto a favore di un altro a causa delle sue idee progressiste sulla fabbrica; si licenzia
e diventa consulente per un’altra azienda, ma anche lì non riesce a portare avanti i suoi
progetti per l’industria >> dietro le due industrie è facile vedere la Olivetti e la FIAT, mentre
Saracciniè personaggio chiaramente ispirato alla vita dello stesso Volponi (c’è anzi una
forte sovrapposizione, la differenza sta nel fatto che Saraccinisi piega al potere economico)

2. L’operaio Tecraso accusato di azioni sovversive e in seguito arrestato assieme ad altri,


muore in carcere da sconfitto (ma questa storia passa in secondo piano rispetto alla prima)

Temi
Il potere economico → tutto ruota (‘ronza’) attorno al denaro, l’interesse collettivo non
interessa e non può interessare all’industria → sconfitta dell’intellettuale e del progetto di
un’industria ‘illuminata’ [cfr. biografia autore]

Il rapporto tra naturale e l’artificiale → la ‘natura’ è un concetto perduto, tutto ciò che era
naturale è stato conquistato e dominato dall’uomo, ogni elemento della natura è
trasformato in ingranaggio produttivo (natura artificiale)

La trasformazione dell’industria e dell’economia → l’avvento dell’automazione nelle


fabbriche e dell’informatica che mette in secondo piano il lavoro umano e segna il
tramonto della ‘vecchia’ industria → la conseguenza è un processo di smaterializzazione
della realtà (ridotta tutta a calcolo matematico) [avvento della terza rivoluzione
industriale]

pag. 49
Luciano Bianciardi
La Vita Agra 1962
Un’intellettuale ‘fuori dai ranghi’, non ha occupato posizioni di particolare rilievo culturale e il
suo riconoscimento come scrittore è stato contrastato dalla critica

Molto legato alla sua terra (Grosseto) è insegnate e bibliotecario; attivo nella diffusione
della cultura tra le classi inferiori (vedi l’iniziativa del Bibliobus, ma anche l’organizzazione di
cineclub, dibattiti, etc..)
A metà anni ‘50 si trasferisce a Milano, dove sarà pubblicista per molti giornali importanti
(ad es. «Il Giorno»), traduttore di romanzi dall’inglese, redattore di case editrici (in
particolare Feltrinelli)

I minatori della maremma, scritto con Carlo Cassola nel 1956: un’opera che è per metà
saggio/ inchiesta sulle condizioni dei minatori della Ribolla (miniera di carbone di proprietà
della Montecatini nel grossetano), per l’altra metà raccolta di interviste ai minatori stessi
→ nel 1954 era esploso uno dei pozzi della miniera causando la morte di 43 minatori; i
responsabili vengono tutti assolti → l’episodio è all’origine della storia de La vita agra.
La sua opera è in gran parte di stampo autobiografico e incentrata sulla critica ironica
all’establishment culturale e alla società.

L’autore critica il lavoro dell’intellettuale (lavoro culturale), da un lato, perché considerato


astratto e elitario (snob) rispetto alle masse, dall’altro perché, visto dall’interno dell’industria
culturale (case editrici e giornali) è evidentemente diretto da interessi economici >> critica
all’industria culturale [settore industriale che si occupa della produzione e diffusione della
cultura di massa, specialmente attraverso l'uso dei mass-media]
Negli anni del boom economico scrive la cosiddetta ‘trilogia della rabbia’, che comprende 3
romanzi dedicati al lavoro culturale, basati sulla biografia dell’autore, che sono
caratterizzati dalla critica sarcastica al lavoro degli intellettuali
 Il lavoro culturale, 1957 (ambientato a Grosseto, racconta delle varie iniziative da lui
organizzate come cineclub, biblioteche, etc.)
 L’integrazione, 1960 (storia di 2 intellettuali che si trasferiscono a Milano e lavorano
alla nascita della Feltrinelli)
 La vita agra, 1962 (enorme successo di lettori e film)

La Vita Agra 1962

Struttura
Narrazione in prima persona; non c’è una vera e propria storia (trama molto esile), ma una
sorta di lungo memoriale con inserti dal tono saggistico o meditativo, in cui è difficile
ricostruire l’ordine cronologico degli eventi (non ci sono indicazioni temporali) e la struttura
appare caotica per indicare l’incapacità d’orientamento del soggetto.

Trama
Il protagonista senza nome, un giovane intellettuale anarchico, lascia la provincia toscana e
la famiglia per andare a Milano, con l’obiettivo di far saltare il palazzo dell’impresa
mineraria (che noi sappiamo essere la Montecatini) responsabile dell’esplosione di una

pag. 50
miniera (la Ribolla); in breve tempo, tuttavia, il protagonista comincia a mutare i propri
obiettivi di vendetta e giustizia, e si integra sempre più nella vita della metropoli. Nel
corso della storia conosce una donna, Anna, che diventa la sua compagna (diventano
inseparabili); cambia spesso lavoro a causa dei frequenti licenziamenti e si trova in perenne
difficoltà economica, perseguitato dai debiti e dai creditori (l’assedio dei ‘tafanatori’); infine
trova una certa stabilità come traduttore, ma le sue condizioni rimangono precarie. Sul
finale del romanzo il personaggio mostra di essere arrivato al culmine di un processo di
alienazione (spersonalizzazione)causato dalla società del boom

Aspetti tematici
La città alienata e disumanizzata viene rappresentata come un inferno (o un purgatorio)
abitato da uomini che si muovono come ombre con ritmi frenetici e automatizzati, dove
vige l’indifferenza reciproca, un luogo in cui l’umanità appare degradata (contrapposto al
mondo della provincia)
Critica alla società del benessere: nella società dei consumi, in cui qualunque desiderio
sembra potersi avverare, l’uomo continua a vivere, in realtà, costretto dai bisogni primari; il
protagonista si trova sempre più isolato dalla società e sperimenta su sé stesso gli effetti
della nuova società del boom, in particolare l’indifferenza reciproca tra le persone e
l’isolamento degli individui, l’opportunismo e la mancanza di solidarietà, le nuove figure di
lavoratori e arrampicatori sociali che affollano la città e determinano le sorti dell’economia
→ il soggetto si rifiuta costantemente di adeguarsi, ma piano piano si spegne, vive
come già morto, rassegnato. Non abbiamo, infatti, un soggetto protagonista che ci
presenta la sua chiara visione delle cose, ma un soggetto spaesato che perde
progressivamente la capacità di giudicare e di opporsi al mondo >> un percorso di
privazione della personalità.
Critica all’industria culturale e perdita del ruolo dell’intellettuale: il protagonista lavora
presso case editrici e giornali come redattore e giornalista, dove incontra tecnici e burocrati
della cultura che lavorano solo per il profitto dell’azienda; la sua professionalità è svilita e il
suo lavoro intellettuale si rivela precario e sfruttato tanto quanto gli altri lavori
La rabbia → il ribellismo del personaggio si riassume simbolicamente nel tentativo di far
esplodere uno dei simboli del capitalismo, il palazzo Montecatini, ma lo stesso stile denota
un tono di invettiva e astioso, denigratorio e «irato» che fa del romanzo un affresco
impietoso dell’Italia del boom economico
Dal punto di vista stilistico si trova infatti una forte carica espressionistica e parodica a
partire dall’uso sistematico di plurilinguismo (anche con l’uso di lingue straniere, in
particolare l’inglese) e pluristilismo in senso parodico (influenza di Gadda).

Lo ‘strano’ autobiografismo di Bianciardi e il discorso metaletterario


Fortissimo autobiografismo (a volte non cambia nemmeno i nomi dei personaggi
rispetto a quelli reali), l’identificazione tra l’autore e il protagonista sembra
completa
Ma l’autore avverte sin dall’inizio del romanzo che si tratta di una finzione letteraria
(vi darò il ‘romanzo ben fatto’) e il romanzo è intriso di citazioni letterarie, da Dante
a Cassola (e anche dai suoi stessi testi), secondo una logica citazionista che lo porta
a riutilizzare e combinare tra loro brani provenienti da altri testi >> in questo modo
si oppone al ‘puro’ autobiografismo.
Sono poi frequentissimi gli inserti metanarrativi che pongono il testo a diretto
confronto con il dibattito intorno al romanzo che si verifica in quegli anni (cfr. il «Il
Menabò»)
[Vedi estratti testo]

pag. 51
Scritture Selvagge:
letteratura antagonista nell’Italia degli
anni ’70
La letteratura dopo il Sessantotto
La crisi della letteratura impegnata e del ruolo dell’intellettuale arriva al proprio apice con
la contestazione giovanile, che porta con sé violenti attacchi a qualunque principio di
autorità ed’elitarismo → la Letteratura, come istituzione separata dalla realtà deve
essere abolita (anche l’intellettuale impegnato era infatti rimasto distante dalle masse) e la
pratica artistico-letteraria deve divenire una possibilità per tutti calata nella
quotidianità (nella vita)
Il sessantotto porta infatti con sé la democratizzazione e l’abbassamento dell’operazione
letteraria (‘tutti’ fanno/possono fare letteratura, anche senza avere cognizione dello
specifico letterario) e la perdita dei valori estetici tradizionali (riguardo il giudizio sulle
opere: cosa è e cosa non è letteratura)
Dopo il Sessantotto il campo letterario si trova in una situazione di spaesamento dovuta
anche all’azione dirompente della Neoavanguardia, che aveva ‘azzerato’ le forme
tradizionali, mentre si fa avanti una nuova letteratura impegnata che cerca di fare i
conticon la rivoluzione trascorsa → le soluzioni provengono sia dagli scrittori di
professione chedal ‘basso’.
Gli anni Settanta saranno connotati dalla disgregazione del campo letterario (Berardinelli)
nel quale sarà difficile individuare tendenze forti davanti ad una assoluta libertà di forme
(siamo all’inizio della Postmodernità, che vede la coesistenza e il riuso di tutte le forme
possibili) e al dilettantismo seguito al processo di democratizzazione del Sessantotto.

La letteratura selvaggia: una definizione


Fenomeno letterario che si sviluppa a partire dalla prima metà degli anni ’70 e che si
inserisce in un periodo di ripresa del romanzo, una ripresa che spesso coincide con il
ripiegamento su forme desuete (ritorno al ‘romanzo ben fatto’ dopo la stagione del
romanzo sperimentale dell’avanguardia)
Comprende scritture di tipo autobiografico prodotte ‘’dal basso’’, da autori estraneial
sistema letterario (non scrittori di mestiere) che appartengono agli strati più bassidella
popolazione e che intendono la scrittura come forma di denuncia sociale e lotta politica
Temi trattati: condizione operaria, mondo contadino, detenzione in carcere e nei manicomi,
piccola delinquenza, sottoproletariato e proletariato cittadino, disagio esubculture giovanili,
tossicodipendenza >> vite ai margini della società
Non si tratta di un genere specifico, né di una tendenza unitaria.La definizione deve stabilirsi
all’incrocio dei seguenti fattori:
 Autobiografia → è il minimo comun denominatore, ma le forme da questa assunte
sono svariate; vs tradizione borghese il testo non esalta l’individualità,ma la intende
come parte di una collettività >> chi dice «io», dice «noi», la sua storia è la storia di
tutti e tutti potrebbero scriverla al pari dell’autore >> il narratore si rivolge quindi ai
lettori in maniera «orizzontale» [questo ha ricadute sulla forma del testo]
 Estrazione socioculturale dell’autore → «selvaggi», incolti, ignoranti, estranei alla

pag. 52
tradizione letteraria, che viene volutamente ignorata in opposizione alla letteratura
istituzionalizzata delle élite→questo garantisce il rapporto orizzontale, alla pari, con il
lettore, vs posizione elitaria dell’Autore vecchio stampo
 Istanza politica → letteratura come strumento di lotta politica e denuncia sociale
 Fenomeno editoriale→ Franchi narratori di Feltrinelli, Bertani e altre case editricidel
circuito eso-editoriale

I Franchi narratori di Feltrinelli


La collana nasce per Feltrinelli nel 1970 su iniziativa di Nanni Balestrini; da lui
diretta con la collaborazione di Aldo Tagliaferri (che la guiderà da solo dal ‘72 al ‘83).
Comprende:
«testi, “irregolari” rispetto ai parametri sia della letteratura pura sia del semplice
documentarismo, in cui si raccontano esperienze direttamente vissute dagli autori
stessi, e che rappresentano “spaccati” di problematiche profondamente vincolate
alla realtà storico-sociale della situazione culturale di oggi; testi quindi esemplari,
che spesso costituiscono, in senso lato, delle testimonianze di una antropologia
“in fieri”, di una realtà troppo viva, attuale, complessa, per essere ingabbiata in già
scontati moduli editoriali» [dalla quarta di coperta dei volumi]
Il franco narratore (come un ‘franco tiratore’) scrive contro una determinata idea di
società, ma anche contro una certa idea di letteratura

Letteratura e antropologia
A proposito della letteratura selvaggia, due critici precedentemente appartenenti al
Gruppo 63, Guglielmi e Giuliani, insistono sulla profonda istanza antropologica di
questi testi.
L’antropologia costituisce per Giuliani il modello letterario di partenza dei selvaggi; il
critico pensa agli scritti di testimonianze raccolti dagli storici (storia orale) e al
metodo stesso seguito dagli antropologi, che raccolgono le storie provenienti da
strati sociali inferiori → l’esempio principale è rappresentato dalle Autobiografie
della leggera di Danilo Montaldi (1961), peraltro indicate come modello principale
dei Franchi narratori da parte di Balestrini
Come già sostiene Montaldi, anche la scrittura dei diseredati ha la sua dignità
letteraria, ma è letteratura proveniente da una cultura diversa da quella dominante
→ accettato questo fatto, la Letteratura è costretta ad allargare i suoi steccati
Si tratta di una letteratura che è interessata a ricostruire i rapporti con la realtà, più
che a ridiscutere la tradizione letteraria.

Filoni principali della letteratura selvaggia


 Filone operaio e contadino → fasce sociali appartenenti al proletariato, per come
tradizionalmente inteso
 ‘Sbarbà de vita’ e memorie dalla detenzione → sottoproletari, irregolari che vivono
al limite della legge e che entrano ed escono dalle carceri; internati a causa della loro
diversità sessuale o di condotta; detenuti che sono piccoli fuorilegge politicizzati
 Scritture giovanili → sottoproletariato e studenti; giovani che negli anni Settanta
avvertono il peso di una profonda crisi sociale (disoccupazione imperante;
alienazione e solitudine nelle metropoli; consumo di droga) e esistenziale (un
dilagante senso di vuoto e inappartenenza cresce con l’avanzare del decennio;
emergono nuove istanze di soggettivazione e riconoscimento sociale sull’onda del
motto “personale/politico”, provenienti il femminismo e i movimenti omosessuali.)
pag. 53
Il ruolo di Vogliamo tutto
Nel 1971 Nanni Balestrini, uno dei maggiori animatori del Gruppo 63, pubblica il romanzo
Vogliamo tutto, in cui riporta un’intervista effettuata a un operaio della FIAT, Alfonso Natella
(operando tuttavia delle modifiche sul testo della registrazione; viene utilizzata la prima
persona), e innestandovi volantini e testi collettivi tramite la tecnica del collage (utilizzata
dall’autore sin dagli esordi con la Neoavanguardia)
Dedicato alle lotte operaie del ‘69, il romanzo costituisce un racconto epico della classe
operaia in rivolta per i propri diritti e delinea un percorso che dal ribellismo del singolo
individuo porta al trionfo dell’azione collettiva [influenza di Lukács, ‘padre’ del realismo
socialista]>> ritorno alla letteratura impegnata a favore della rivoluzione politica
Il romanzo è stato considerato il primo antecedente della letteratura selvaggia, perché in
esso l’operaio sembra esprimersi direttamente. Tuttavia, benché il linguaggio utilizzato sia
quello dell’operaio, persiste la mediazione intellettuale effettuata dall’autore, cui spetta il
compito definitivo della realizzazione artistica >> c’è differenza tra autore e
narratore/personaggio, nella letteratura selvaggia, invece, il patto autobiografico
(autore=narratore= protagonista) viene rispettato, e l’operario (o il proletario) si
esprime direttamente con il proprio linguaggio
Il libro di Balestrini e la sua attività editoriale fungono ugualmente da stimolo per i selvaggi,
generando però un fraintendimento in ambito critico sulla definizione di selvaggi

Una nuova letteratura operaia/proletaria


Titoli principali del filone operaio:
 Vincenzo Guerrazzi, Nord e sud uniti nella lotta (1974, collana Collettivo di Marsilio,
diretta da Balestrini)
 Tommaso Di Ciaula, Tuta blu (1978, Franchi narratori di Feltrinelli diretta da
Balestrini)
 Alfonso Natella, Come pesci nell’acqua inquinata (1978, Librirossi, che pubblica col
sostegno di Balestrini)
Per molto tempo la letteratura selvaggia è stata identificata con una nuova letteratura
operaia (o, più ampiamente, proletaria) o è stata considerata come uno sviluppo della
letteratura industriale, quale realizzazione delle parole di Ottieri sull’operaio che si
rappresenta da sé [cfr. il pdf Donnarumma all’assalto estratto 2].

L’ ‘etichetta’di letteratura industriale risulta però fuorviante, perché nella letteratura


selvaggia la classe si rappresenta da sé e non c’è l’interpretazione dell’intellettuale
caratteristica del romanzo industriale.
Quella di letteratura operaia è invece riduttiva, perché la letteratura selvaggia comprende
un po’ tutte le componenti del proletariato e del sottoproletariato; più corretta appare
quindi quella più estensiva di letteratura proletaria

Vincenzo Guerrazzi, Nord e Sud uniti nella lotta (1974)


Il romanzo nasce a ridosso della manifestazione di Reggio Calabria del 1972, seguita ai
cosiddetti ‘moti’; molti operai del Nord si recano al Sud in segno di solidarietà, Guerrazzi e
gli operai dell’Ansaldo di Genova arrivano via nave. Il romanzo ‘riporta’ le conversazioni
tenute tra i viaggiatori sulla nave, operai, sindcalisti, politici e intellettuali, intercettate dal
protagonista, lo stesso Guerrazzi, che interseca i dialoghi ai suoi ricordi relativi alla prima
parte della sua vita, trascorsa a Reggio Calabria, prima dell’emigrazione al Nord.

pag. 54
La questione dell’emigrazione accomuna in realtà la maggior parte degli operai, che con
questo viaggio tornano in buona parte verso la propria terra d’origine (ripresa del tema del
nostos) → il viaggio è occasione per ripensare alle cause dell’immigrazione al Nord
Struttura complessa che tiene insieme il momento del viaggio e il tempo dei ricordi, inserti
onirici, interiorità del protagonista e diverse voci della collettività (abbondanza di dialoghi)
Sono inoltre riportate le scritte dei bagni della fabbrica («L’urlo della notte»)
Sopra la nave si ripresenta la differenza di classe, con una netta divisione tra operai
e intellettuali/borghesi; la questione si intreccia a quella del rapporto tra il proletario
e la cultura ‘alta’, con diversi riferimenti sprezzanti all’istituzione letteraria [cfr.
l’episodio di Pound in pdf. Guerrazzi, Nord e sud.]

Il narratore si pone come rappresentante dell’intera classe e come tale viene


riconosciuto dagli altri operai «il nostro cantore» → la posizione del soggetto
autobiografico è del tutto particolare rispetto all’autobiografia della tradizione
borghese poiché non c’è esaltazione del sé, bensì una sorta di ‘confusione’ tra il
soggetto e la comunità d’appartenenza.

La questione si rende evidente a partire dal paratesto → si parla esplicitamente di


‘composizione collettiva’ nella quarta di copertina e il testo è introdotto da una
serie di ‘recensioni’ degli stessi operai dell’Ansaldo, che hanno letto e commentato il
testo già nel suo farsi [cfr. pdf Guerrazzi, Nord e sud introduzione]
La scrittura è intesa come forma di autorappresentazione della classe e come forma
di riscatto sociale

Introduzione
Alcune delle opinioni degli operai Ansaldo riportate nell’Introduzione al volume:
Guerrazzi ha trovato il coraggio di scrivere un libro che potrei aver scritto benissimo io
Nord e sud uniti nella lotta non l’ha scritto Guerrazzi, l’ha scritto la classe operaia, col
suo linguaggio schietto e genuino
Non ci posso ancora credere che venga stampato un libro scritto da un operaio, non
sembra quasi neppure un libro tanto le cose che dice sono vere. In genere i libri, per
quello che ne so, parlano di grandi personaggi che fanno cose eroiche, molto
intelligenti, ricchi, ma non di noi poveri perché non siamo interessanti.

Sbarbà de vita e detenzione


Titoli principali:
 Sante Notarnicola, L’evasione impossibile (1972, Franchi narratori di Feltrinelli)
 Mauro Appignani, Un ragazzo all’inferno (1975, Napoleone)
 Horst Fantazzini, Ormai è fatta! (1976, Bertani)
 Bruno Brancher, Disamori (1977, SquiLibri)
L’appellativo di ‘sbarbà de vita’ è utilizzato da Primo Moroni nell’introduzione a Disamori di
Brancher; sta a indicare la piccola criminalità giovanile delle metropoli, fasce basse del
sottoproletariato urbano eredi della leggera di Montaldi, ma più politicizzati.
La vita di queste persone si snoda tra delinquenza e carcere: la delinquenza è legata al
rifiuto del lavoro e della morale borghese o intesa come vera e propria azione politica
(quando il racconto insiste sull’aspetto aspetto delinquenziale assume caratteri picareschi)
I racconti dal carcere o da altre strutture detentive sottolineano la profonda ingiustizia di
classe che sta alla base delle varie forme di reclusione e la volontà di controllo che
sottende la logica detentiva (cfr. Sorvegliare e punire di Foucault)

pag. 55
Bruno Brancher, Disamori (1977)
Il testo è organizzato in capitoli corrispondenti a fasi consequenziali della vita del
protagonista:
Infanzia in un collegio di suore, adolescenza nel quartiere milanese, prima esperienza del
carcere; emigrazione in Belgio e lavoro presso la miniera di Marcinelle; ritorno a Milano;
nuova permanenza in carcere.
Il racconto della vita personale è intervallato da quelli degli amici di quartiere (in particolare
Paolino e Zarina) → la storia del singolo è la storia di tutti, nel senso che i destini della
vita del sottoproletario sono comuni
La dimensione collettiva della voce narrante è poi rimarcata dalla particolare struttura
testuale, che mima in buona parte le forme dell’oralità [cfr. pdf Brancher, Disamori] e di
una fruizione situata negli stessi posti di aggregazione degli sbarbà de vita (l’osteria) →
dimensione antropologica del racconto orale come processo di auto riconoscimento della
comunità. La scrittura è intesa come forma di consolazione e condivisione

Scritture giovanili
Titoli principali:
 Dario Trento, Storiella omosessuale (1977, Squi/Libri)
 Claudio Ambrosi, Limoni neri (1978, Squi/Libri)
 Caterina Saviane, Ore perse. Vivere a sedici anni (1978, Franchi narratori di Feltrinelli)
Scritture in cui si rivela lo stretto legame tra ‘il personale e il politico’ (slogan del periodo).
Rappresentative di un disagio generazionale che riguarda la caduta delle prospettive
politiche tanto quanto la difficoltà della soggettivazione, le cui cause vengono ugualmente
rintracciate nella condizione sociale generalizzata (alienazione diffusa).

Caterina Saviane Ore perse. Vivere a sedici anni (1978)


L’esempio sicuramente più noto tra le scritture giovanili del periodo.
Racconto di uno scorcio di vita di circa due anni in cui i problemi familiari dovuti al divorzio
dei genitori si intrecciano al tentativo di trovare una propria dimensione sociale e personale
nella ‘seconda famiglia’, quella degli amici. Prevale un senso di solitudine e spaesamento.
Si assiste come a un intreccio di tempi.
 Rapporto con il passato: un passato edenico di felicità che non riesce a ripetersi nel
presente
 Rapporto con il presente: un senso di estraneità irriducibile e come di morte in vita;
o in questo senso viene ripreso l’antico topos dell’inversione tra sogno e vita
(sonno e veglia), nel senso dell’inappartenenza alla vita stessa
 Rapporto con il futuro: un futuro utopistico e irrealizzabile (paese di Nannia),
collocato nel sogno
Caterina parla spesso al plurale, rendendo evidente che il problema della
solitudine/spaesamento è collettivo/generazionale.
La scrittura è intesa come risarcimento rispetto a una vita inautentica [cfr. pdf. Saviane,
Ore perse]

pag. 56
L’autofiction
Esempi italiani: Walter Siti e Michele Mari
Nascita e sviluppo dell’autofiction
Il termine è stato coniato nel 1977 dal critico e scrittore francese Serge Doubrovsky e
compare per la prima volta nella prefazione al suo romanzo Fils.
Si tratta di una sorta di autobiografia romanzata in cui l’autore racconta della giornata del
prof. Universitario Doubrovsky, alle prese con problemi edipici (morte della madre;
relazione con la compagna), di una seduta con il suo terapista e infine di una sorta di
messa a nudo esistenziale e di ricostruzione del sé che avviene per il tramite della
letteratura.
Il romanzo e, soprattutto, le riflessioni in merito all’autofiction che lo accompagnano hanno
grande influenza: da questo momento quello dell’autofiction diventa un ‘genere’
estremamente diffuso (larghissima la produzione straniera a partire dagli anni ‘80; in Italia
abbiamo meno esempi e più recenti), mentre la critica letteraria (in particolare quella
francese, molto meno quella italiana) si è fortemente impegnata nella definizione del
termine per oltre vent’anni → il concetto di autofiction è stato oggetto di numerosi
fraintendimenti.

Alcuni noti esempi internazionali:


 Philip Roth, (L. Marchese1 discute del complesso della sua produzione letteraria anni
‘80-’90-2000, imperniata sull’autobiografia fittizia, non perfettamente rispondente
all’autofiction)
 Bret Easton Ellis, Luna park (2005) in cui l’amoralità tipica dei suoi personaggi
letterari viene attribuita al personaggio autobiografico, vale a dire l’autore (tra i casi
di studio di Marchese)
 Emmanuel Carrère, Un romanzo russo (2007)

Doubrovsky e Lejeune
Doubrovsky sta già scrivendo Fils al momento della pubblicazione de Il patto
autobiografico di Lejeune; rimane profondamente influenzato da questa lettura e
matura l’intenzione di legare la propria opera letteraria (e le riflessioni poetiche
correlate) a un’ipotesi lasciata in sospeso da Lejeune:
«l’eroe di un romanzo dichiarato tale, può avere lo stesso nome dell’autore? Nulla lo
impedisce, ed è forse una contraddizione interna dalla quale si possono trarre effetti
interessanti. Ma, in pratica, nessun esempio di tale ricerca si presenta alla mente.»
[Lejeune, Il patto autobiografico]
Doubrovsky è intenzionato a colmare questa lacuna, ma a conti fatti il suo Fils rimane simile
a una classica autobiografia (benché romanzata). Saranno altri autori e realizzare romanzi
con maggiore pertinenza rispetto all’ipotesi di Lejeune.

Definizione di autofiction
Lorenzo Marchese, autore di una delle monografie più esaustive sull’autofiction in
Italia (L’io possibile, Transeuropa 2014), scrive che l’autofiction potrebbe essere
definita come:
«componimento in prosa di varia lunghezza in cui un autore scrive quella che in
apparenza è la propria autobiografia, ma nel contempo fa capire attraverso

1
per la definizione di autofiction si fa riferimento a L. Marchese, L’io possibile (cfr. saggi consigliati in bibliografia
pag. 57
strategie paratestuali e testuali che la materia della storia che si racconta è da
intendersi come falsa, cioè non corrispondente alla realtà dei fatti avvenuti e non
credibile come resoconto testimoniale. […] la ‘’storia vera’’ del discorso
autobiografico si mostra come un’invenzione in alcune delle sue parti, e il paradosso
di una storia insieme veridica e inventata è accentuato dal fatto che non è mai
agevole, e in certi casi impossibile, discernere i fatti inventati da quelli invece
avvenuti realmente: ugualmente, persone riconoscibili come realmente esistite o
esistenti possono essere caricate di azioni e pensieri inventati, verosimili o
inverosimili, molto difficili da dimostrare, sulla scia di quanto si fa, da moltissimo
tempo, nel romanzo storico. […] Il dualismo da cui il meccanismo dell’autofiction
parte non è quindi quello di realtà-finzione, ma quello di verità-finzione, che viene
posto per essere negato con una confusione voluta dei piani»
L’autore gioca programmaticamente con l’ambiguità in cui è lasciata l’interpretazione (cosa
c’è di vero e cosa c’è di finto), ma la premessa al suo discorso è, per l’appunto, che si tratta
di una finzione → l’autore esibisce infatti la finzionalità della sua operazione tramite il
paratesto (ad esempio la scritta ‘romanzo’ in copertina o un’introduzione) e alcune spie
interne di stampometaletterario, che sono caratteristiche portanti dell’autofiction
Nel momento in cui il lettore constata la finzionalità dell’operazione, per poter ‘godere’
dell’opera è disposto a farsi ingannare e a prendere la storia ‘per vera’, così come si fa con
il patto finzionale (narrativo).
Il patto autobiografico è però saltato poiché viene a mancare la certezza dell’identità
autore-personaggio (messa chiaramente in discussione dall’autore stesso) e con essa la
referenzialità delle cose narrate (la «professione di sincerità» dell’autobiografia).
Si tratta in sostanza di un ‘falsa’ autobiografia, ovvero di un romanzo che finge, in tutto e
per tutto, di essere un’autobiografia e che al contempo dichiara costantemente la falsità di
quanto narrato (dichiara esplicitamente che si tratta di un romanzo) → è come se l’autore
dicesse ‘non è un romanzo’/ ‘ non è un’autobiografia’, ‘ non dico la verità’/ non vi sto
prendendo in giro’ → la soggettività si mantiene volutamente in uno statuto incerto tra
vero e falso.

A quale scopo? Il contesto letterario


L’autofiction si sviluppa tra il periodo della Postmodernità* e quello successivo (si parla di
Ipermodernità, ma c’è incertezza sul discrimine), in cui la produzione letteraria si basa
sull’acclarata impossibilità, non tanto di rappresentare, quanto propriamente di stabilire
cosa si possa definire ‘reale’ nell’epoca in cui la realtà è stata soppiantata dalla sua
immagine, dal suo simulacro, attraverso l’azione dei mass media [riferimenti teorici:
Baudrillard, Lyotard, Jameson]

L’autofiction sembra voler stabilire un ‘ritorno alla realtà’, facendo perno sulla pretesa
di veridicità dell’autobiografia (più aderente alla realtà rispetto a un romanzo)2; allo stesso
tempo, però, prende atto dello statuto incerto, se non impossibile, della realtà → non ha
quindi la pretesa
di rappresentare le cose così come sono (come uno specchio), ma fa finta di farlo (come
un trompe l’oeil, un inganno)

2
Postmodernità indica un periodo storico (negli USA a partire dagli anni ‘50-’60, in Italia anni ‘70) che si sviluppa in relazione
alla terza rivoluzione industriale e alla pervasività dei mass media, caratterizzato da una letteratura disimpegnata rispetto
all’obiettivo mimetico (rappresentazione della realtà) a favore di una letteratura intesa come riscrittura del già scritto, come
gioco letterario di citazioni e rifacimenti che rimane distante dalla realtà.
** è una tendenza generalizzata, in opposizione alla lett. postomoderna, che comprende la non-fiction novel (es.
Saviano), dove la voce autobiografica si pone a garanzia di verità (nell’autofiction invece si riflette sullo statuto
incerto della realtà)
pag. 58
Il soggetto (psudo-autobiografico) dell’autofiction prende atto del fatto che è impossibile
rappresentare sé stessi in maniera veridica in un mondo in cui il soggetto stesso e la
realtà tutta si ‘costruiscono’ per via di immagini fittizie.

Modalità dell’autofiction
L’autofiction, come e più dell’autobiografia, ha forme talmente variegate da non
poter essere racchiusa all’interno di una etichetta tipologica, non può cioè essere
definita come un vero e proprio genere.
Si possono distinguere due ‘modalità’ principali:
 Il racconto ‘fin troppo’ realistico: modalità dominante, quella della falsa autobiografia
(Siti)
 Il racconto che vìola in maniera evidente la norma realistica, con l’elemento
inverosimile e addirittura meraviglioso o fantastico, evidentemente finzionale (Mari)

Walter Siti
Docente universitario alla Scuola Normale di Pisa e importante critico letterario
Esordisce come scrittore nel 1994 con Scuola di nudo, seguito da Un dolore normale
nel 1999, entrambi improntanti alle forme dell’autofiction
L’esempio migliore di autofiction è offerto dal romanzo del 2006, Troppi paradisi

Troppi Paradisi, 2006

Trama e struttura
Il racconto è narrato in prima persona da un narratore che, come l’autore, si chiama Walter
Siti e fa il professore universitario all’Università di Pisa.
Il tempo utilizzato è il presente, che accentua l’effetto di aderenza ai fatti narrati.
La storia è ambientata nel 1998, in piena epoca berlusconiana (affermazione del potere
televisivo). Siti ha una relazione con un giovane, Sergio, che lavora per la televisione e
vorrebbe fare carriera; dopo la morte del padre e in concomitanza con un periodo di
disoccupazione di Sergio, Siti si allontana dal compagno e inizia una nuova relazione con un
giovane borgataro, un culturista di nome Marcello, che diventa per lui una sorta di desiderio
ossessivo; raggiunto l’obiettivo di possedere Marcello il protagonista si sente del tutto
integrato con la società dello spettacolo.

La trama è di per sé esile; l’intero romanzo si compone di lunghi brani a carattere saggistico
in cui è in discussione il funzionamento della società occidentale, basata sull’immagine e
W

sul consumismo. Il protagonista si fa incarnazione prototipica – o vorrebbe farsi


incarnazione - dell’uomo occidentale [il terzo capitolo si intitola non a caso Io sono
l’Occidente], caratterizzato da una condizione di mediocrità, vacuità e amoralità,
vissuta all’inseguimento del godimento.
Il racconto ‘autobiografico’ serve a offrire sé stesso come strumento di
smascheramento dell’intera società dell’apparenza, in realtà fortemente odiata e criticata
dal protagonista/autore.

Strategie autofinzionali in Troppi paradisi


Il racconto sembra del tutto veritiero a partire da elementi che accentuano l’effetto di
verità, come l’insistenza su nomi di persone reali, un’aderenza esibita alla realtà che però,
come scrive lo stesso autore nell’Avvertenza al romanzo, non è altro che un ulteriore
menzogna.

pag. 59
Il racconto sembra autobiografico, viene rispettata perfettamente l’identità autore -
narratore- personaggio (patto autobiografico), ma l’autore ci avverte che si tratta di
un racconto finto (viene a mancare la professione di sincerità dell’autobiografia)
servendosi del paratesto → vedi l’Avvertenza al romanzo
[lettura dell’Avvertenza; di p. 3, fino a «ha ragione»; pp. 4-6, da «Intendo» a «dichiararlo»; pp.
11-12 fino a «rapporto»; pp. 61-62, da «Poi» fino «inutile»]

Michele Mari
A lungo docente di Letteratura italiana alla Statale di Milano
Il primo romanzo è del 1989, Di bestia in bestia
La sua produzione letteraria conta numerosi romanzi, raccolte di racconti e poesie
Legato a un’idea ‘manieristica della letteratura (tra i modelli compare Gadda),
fondata sulla ricombinazione di linguaggi e stili differenti e sul citazionismo [non
lontano dai modelli postmodernisti], ma ha posto l’io autobiografico (il racconto
dell’infanzia in particolare) al centro di molti suoi testi, a garanzia di veridicità (anche se i
ricordi possono essere sia veri che fittizi)
Leggenda privata può essere ricondotto alla definizione dell’autofiction secondo
modi fantastici

Leggenda privata (2017)

Trama e struttura
Il racconto autobiografico della propria infanzia e dell’adolescenza è inserito all’interno di
una ‘cornice’ metanarrativa che riprende elementi del genere horror, in cui l’autore si
trova a dialogare con gli esponenti di due Accademie, composte da mostri, strane entità
minacciose dai nomi bizzarri.
L’Accademia di Sopra rappresenta i circoli intellettuali milanesi, quella di Sotto i ricordi della
casa di campagna di famiglia (a Nasca, vicino a Varese). Entrambe le Accademie chiedono
al narratore di raccontare sé stesso. Quelli di Sopra chiedono un’autobiografia che incontri
il gusto dei lettori, che sia dunque smascheramento del sé, ma che sia allo stesso tempo
densa di elementi avvincenti, anche se finti (come un assassinio che sarebbe stato
compiuto dal protagonista). Quelli di Sotto chiedono invece che l’autore si metta a nudo,
rivivendo il proprio angoscioso passato.
Il narratore vive però il racconto del sé come una minaccia di autoannullamento e tenta
continuamente di sottrarsi al compito che gli viene imposto.
Il racconto della propria vita finisce per coincidere con il racconto del rapporto tra i genitori
(della loro separazione) e tra lui e i genitori, accompagnato dall’inserto di fotografie della
propria giovinezza (tratte per la maggior parte dall’album di famiglia dell’autore; vedi
copertina). L’autobiografia non verrà terminata, l’autore riesce a sottrarsi al compito grazie
all’intervento di Gheri, figura femminile fantasmatica, il cui nome coincide con uno dei tanti
nomi e nomignoli del protagonista di cui si parla nel testo.

Strategie autofinzionali in Leggenda privata


La cornice metanarrativa si compone come un discorso ininterrotto sulle possibilità
stesse dell’autobiografia, una costante discussione inerente all’inevitabile quota di finzione
che l’autobiografia contiene, l’inevitabile camuffamento del sé, nonostante il tentativo di
mettersi a nudo. La scrittura non è dunque uno strumento utile di ricostruzione del sé
(autoconsapevolezza), ma implica un tradimento della realtà e un processo di
cristallizzazione (morte) del soggetto, cui il narratore vuole sottrarsi → ne è riflesso la

pag. 60
proliferazione dei nomi e soprannomi del protagonista (a seconda delle fasi di vita viene
chiamato Chila, Danilo, Miguel, Gheri)

Il racconto autobiografico è inseparabile dalla riflessione critica sul concetto stesso di


autobiografia mediante la componente fantastica (la cornice delle due Accademie)
[lettura di p. 3, fino a «abominevole»; p. 11 da «nacqui» fino a «padre»; pp. 15-16]

L’antecedente illustre e il ruolo della fotografia


Che la scrittura autobiografica non sia strumento veridico rispetto alla rappresentazione di
sé è già concetto acquisito con Roland Barthes, che insiste sull’impossibilità di raccontare sé
stessi senza mentire, dichiarando sostanzialmente morto il genere autobiografico rispetto
alla sua vocazione primaria, quella di un racconto di sé che è ricostruzione di una
soggettività.
Nel suo Barthes par Roland Barthes (edito nello stesso anno del Patto autobiografico di
Lejeune, 1975), il racconto autobiografico è condotto per brevi frammenti di vita, alla ricerca
del ‘minor tradimento’ possibile della realtà. Il vero lavoro di ricostruzione del sé sembra
però affidato alle fotografie che accompagnano il testo → non alla parola, dunque,
poiché la parola è insufficiente a cogliere la realtà (del soggetto tanto quanto del
mondo).
Inaugura la pratica diffusa di coniugare il documento iconografico al racconto verbale nei
testi autobiografici (fototesto) → la fotografia sembra garantire autenticità ai fatti narrati
In Leggenda privata la fotografia sembra voler assolvere allo stesso ruolo, ma in realtà il
senso delle foto, nel commento (didascalia) che ne fa l’autore, viene reinterpretato rispetto
all’evento reale (della fotografia conta il racconto ad essa legato e rielaborato, o inventato,
più che il suo valore testimoniale).
Walter Siti aveva invece operato un uso chiaramente ‘depistante’, rispetto alla realtà, della
fotografia in un altro testo autobiografico inserito nella raccolta di racconti La magnifica
merce (2003), in cui viene inserito in didascalia un nome diverso, quello di un personaggio,
rispetto a quello della persona ritratta.
Ogni strategia testuale (immagini e parole) allude dunque, in questi autori, all’impossibilità
della veridicità nella rappresentazione autobiografica.

pag. 61

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