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D'ANNUNZIO E PASCOLI 

Con loro inizia il decadentismo. Già verga alla fine della sua vita si accorse che il verismo era ormai
giunto a termine e iniziò una nuova corrente antitetica, molto diversa dalla precedente, bisogna dire
che i due esponenti del decadentismo sono D’annunzio e Pascoli (tutta la letteratura post
naturalistica) sono a loro volta diversi tra loro. 

D'ANNUNZIO 
La cui importanza esorbito i confini della letteratura, mentre pascoli fu un letterato e basta
D'Annunzio fu anche un uomo politico rilevante, un fenomeno di costume, un mito della società.
Mentre pascoli rientrano solo nella storia letteraria D'Annunzio va oltre. 
Fu l'esponente dell'estetismo invece pascoli del simbolismo. L'estetismo= la vita come opera d'arte
infatti riteneva che il suo capolavoro non fosse un libro o l'altro ma proprio la sua vita, una vota
ispirata al principio della bellezza almeno in una sua prima fase perché D'Annunzio attraverso
diverse fasi fu un accanito sperimentatore, viene definita un manierista= coloro che prendevano
spunto dal rinascimento ma sperimentavano, egli sperimento tante correnti artistiche, fu
estremamente sensibile e quindi riusciva a mettersi in sintonia e anticipare le mode del tempo quello
che trasmise di più fu il fatto che era un esteta, vive per la bellezza. Fu sempre sotto i riflettori,
sempre al centro delle a tensioni, dotato di grande estroversione. Mentre al contrario pascoli era
estremamente introverso. 
Possiamo dire che fu un tipico poeta moderno, che anticipa la società della visibilità, che occorre
farsi vedere, riporta la letteratura al centro della vita sociale, tutti nolenti o volenti si occuparono di
lui. 

Vita: nacque nel 1863 a Pescara è quindi un poeta Abruzzese e la sua caratteristica di voler
richiamare l'attenzione su di se si vede già dal suo nome Gabriele D'Annunzio (l'angelo Gabriele che
porta l'annuncio, infatti era inventato perché il suo vero cognome era Rapagnetta) pur non
provenienti da una famiglia borghese venne avviato ai migliori studi, in particolare frequento uno dei
migliori licei classici dell'epoca che è il cicognini di Prato, dove da una parte ebbe una solida
formazione classica però notiamo subito che si fece notare per la sua indisciplinatezza, un ragazzo
molto precoce e dal punto di vista letterario esordi a soli 16 anni dove scrisse il "prime vere" (dal
latino primavera, che allude alla sua giovane età ma anche alla poetica perché primavera era come
una scelta classica, pagana che fa riferimento alla resurrezione della terra e non di Dio) 1879, un
libro molto acerbo e molto giovanile, si vide subito quali erano le sue doti, poi ribadite nel secondo
libro uscito nell'81 "canto novo", queste opre attiro subito i critici perché con grande intuizione
capiva subito quali fossero i modelli dell'epoca, e inizialmente il modello per prime vere fu un opera
di Carducci che nel 78 fu "odi barbare" che riprendeva la metrica e la poesia classica trasformandolo
nel metro italiano, quindi scelse come modello Carducci sia dal punto di vita metrico ma anche
ideologico, poeta che aveva riportato in auge questo modello classico e pagano della vitalità
dell'essere, dell'eros. Anche D'Annunzio quindi si pone al di fuori del cristianesimo, possiamo dire
che da giovane rivela le sue caratteristiche principali che poi caratterizzeranno tutta la sua
produzione. Da una parte l'arteficio, il culto della parola, (gusto della selezione della parola, quasi
sempre scriveva avendo sempre affianco un vocabolario) e dall'altra parte la sensualità, egli fu un
artista e un uomo profondamente sensuale, dominato dell'eros e dal l'istinto naturale e erotico, una
grande sensibilità, una grande disponibilità alle sensazioni. Benedetto Croce uno dei più importanti
filosofi dell'epoca diceva che D'Annunzio era un "dilettante di sensazioni" ovvero colui che si diletta,
viveva di sensazioni era quindi uno che captava ciò che era nell'aria. Egli scrisse tantissimo uno per
vendere ma anche per porsi al centro dell'attenzione. 
La prima fase fu dell'estetismo o decennio rimano perché dopo essersi diplomato si trasferisce a
Roma, una città in forte fermento, che si stava trasformando. Va a Roma teoricamente per iscriversi
all'università. Ma si lascia travolgere dalla vita mondana di Roma, diventa l'idolo dei salotti, perché
crea anche la sua fama. Lui quindi si impone mediatica mente, sfrutta questa scia, scrive per i
giornali. Ma soprattutto scrive il romanzo più noto di questo decennio ovvero "il piacere" un libro
uscito nell'89 che da un po' il nome a un'epoca, perché esce nello stesso anno dei Malavoglia
simbolicamente si chiude l'epoca di verga e si apre quella di D'Annunzio. Non abbiamo più quindi la
lotta per il pane quotidiano, ma la lotta per il successo, per il piacere, una vita conta per il piacere,
era l'obbiettivo epicureo. 
Fu uno scrittore molto attento ai gusti del pubblico, e fu anche accusato di plagio (copiare). 
In questa prima fase detta estetizzante, scelse come libro da prendere spunto le odi barbare di
Carducci abbiamo una nuova innovazione metrica, Carducci di fa portatore del paganesimo. Da una
parte D'Annunzio trasferisce la sua sensibilità e sensualità e dall'altra l'artificio. 
D'Annunzio prende come riferimento non i malavoglia ma prende in esame delle novelle, "terra
vergine" di verga. Si metteva quindi sulla scia di opere che ebbero molto successo immette nelle
novelle verghiane il suo compiacimento estetizzante morboso anice mieto, perché lui era veramente
un decadente. Porta dentro una sua visione del mondo non più severa come quella verghiana ma la
sua visone decedente, estetizzante. 
Questa fase culmina con l'estetismo, il culto per il bello, come se la bellezza avesse un valore in se
separata dalla morale. Quella parte della filosofia che si occupa della bellezza. L'estetica è diventata
oggi il senso della bellezza domina sul resto il protagonista del piacere è un è stata in quanto
attribuisce alla bellezza un valore che va al di sopra di tutti gli altri. D'Annunzio non vede collegata la
bellezza a una moralità, anticipando Nice. Secondo cui gli individui eccezionali vanno al di là del bene
e del male violando le regole. Quindi il protagonista del piacere Andrea Sperelli ė una maschera di
D'Annunzio, una proiezione che poi D'Annunzio abbandonerà perché userà un altra maschera del
superuomo dopo però la sua lettura di Nice. 
Andrea Sperelli vive a Roma come un principe rinascimentale, non fu avviato a scuola ma educato
dal padre secondo un certo ideale fondato sulla massima espressione di se, sul esaltazione di se. Fu
allevato con il culto della superiorità, una vita che è così alta che non può essere imitata, inimitabile.
Il padre gli insegno un motto latino "habere non haberi" ovvero possedere non essere posseduto,
quindi un ideal ed i superiorità tu devi dominare, non essere dominato, abbiamo una certa
concezione della vita razzista. Un romanzo scritto alla fine degli anni ottanta in cui è al governo la
sinistra storica. D'Annunzio era inizialmente inverso alla sinistra che proponeva un allargamento al
diritto di voto. Perché ritiene che la bellezza era per gli altolocati. 
Il romanzo parla dell' amore tra il protagonista e Elena Muti , inizialmente è un amore corrisposto, i
sue si assomigliano perché vorrebbero essere individui eccezionali ma in realtà non riescono a
realizzare questi loro ideali perché non hanno il senso morale, non hanno una grande personalità
costruita e forza, sono dei vinti alla fine. 
I due svolgono la loro vita, però ad un certo punto la donna abbandona andare e si unisce a un ricco
signore inglese, un Lord, questo perché era ricco, pieno di soldi. Allora andrea di sperato per la fine
di questa relazione cerca altre donne, andando in cerca di altre avventure. Andando anche a duello e
si ferì e durante riesca convalescenza una donna, una cugina lo accudì Maria ferres. Per un certo
tempo sembra aver dimenticato Elena e aver trovato consolazione avvicinandosi a un altro tipo di
relazione vicina alla dimensione spirituale, solo che lui non ha dimenticato Elena e in un momento di
amore con Maria pronuncia il nome di Elena, Maria si rese conto che andrea continuava a pensare a
Elena, e quindi Maria abbandona andrea come aveva fatto Elena, e andrea si trovò solo, è uno
sconfitto. Il romanzo da una parte è un esaltazione dell'est età ma dall'altra mostra anche la sua
fragilità vengono fuori i limiti, la fragilità, l'inconsistenza, perché non ha una grande personalità
morale, ha una volontà debolissima. 

Un ritratto allo specchio: Andrea Sperelli ed Elena Muti 


In questo brano vediamo che all'inizio parla il protagonista maschile poi dalla riga 18 comincia il
punto di vista del narratore, c'è un gioco non solo di spacchi ma anche dei punti di vista. Nelle prime
righe vediamo quindi il punto di vista del protagonista che si esprime secondo il discorso diretto
libero dal 18 in poi vediamo il punto di vista del narratore che giudica il protagonista. Andrea parla di
Elena ed è come se parlasse di lui stesso i due si assomigliano incredibilmente, sono molto simili, per
cui Elena muti è l'alternativa di Andrea. Sono personaggi dominati dall'immaginazione. Lei era la
donna s dice dalle passioni fulminee, la sensualità erano coperte da una maschera spirituale. Fin qui
era Elena secondo Andrea.
Ora inizia il narratore è chiaro che descrivendo Elena descrive se stesso (Andrea e che ritrovava la
sua falsità nella falsità di lei). 

Dopo inizia la fase della bontà, caratterizzata dal poema paradisiaco che sottolinea un ritorno
dell’infanzia e delle origini. Dal punto di vista linguistico c’è un andamento più semplice e lineare. La
consolazione e fu il modello dei poeti corpuscolari. 

Fase Super uomo 


Traduce un vocabolo tedesco Uber mensch = l’oltre uomo.

Il punto più alto della teoria del super-uomo si trova nel romanzo “Le vergini delle rocce
"considerato il manifesto politico del Superuomo (definito cosi da un critico).

Mentre prima l’esteta condannava Il mondo per ragioni estetiche (in quanto la plebe non poteva
capire la bellezza e la democrazia che sommerge delle cose rare), qui invece D'Annunzio
interpretando Nietzsche a modo suo giustifica le condanne del suo tempo. Egli attacca il gran dogma
dell'89, per lui era insopportabile essere paragonato ai minori; contestava tutti manifestando
razzismo e antisemitismo totale.

Dopo aver accusato la società del suo tempo (poiché si andava verso la democrazia e il suffragio
universale), dice per fortuna che la democrazia non durerà (ci sono tratti di D'Annunzio che sono
come il duce Mussolini, e per questo era temuto da quest'ultimo), lo Stato deve essere un istituto
che privilegia delle classi verso una forma ideale di esistenza, deve favorire la crescita di una classe
sull’altra. Il protagonista non è più solamente un poeta ma passa anche all'azione, è politico e non
solo estetico. D'Annunzio era un militare, unisce la dimensione estetica con quella politica. Bisogna
formare un'oligarchia ovvero il dominio di pochi, D’Annunzio era come un tribuno in quanto il suo
ideale era stare sul balcone e avere un pubblico, una folla che applaudivano per lui. La plebe è
schiava, ci sono quelli individui che sono nati schiavi e hanno bisogno di essere comandati. In
sostanza con lui troviamo una netta distinzione fra individui privilegiati e individui schiavi =
concezione razzista di D'Annunzio.

L’ultima fase è la fase notturna che ha scritto “il notturno” nel 1921. È il d’annunzio solo della
malinconia causata da una ferita a un occhio durante un combattimento. Queste prose vennero
dettate da D’annunzio alla figlia durante tale convalescenza. Gianni Oliva studiò questa fase e capì
che in realtà nella vita di D’annunzio ci era sempre questo lato malinconico.

Si arruolò volontariamente alla prima guerra mondiale compiendo importanti atti e esaltò poi il
fascismo

Il D'Annunzio maggiore è quello lirico, D'Annunzio fu uno sperimentatore ma il suo vertice è quello
lirico, quando all'inizio del novecento concepisce un progetto poetico intitolato le "laudi" un
progetto che non porterà a termine. Il primo libro si chiama Maia il secondo Eletta, e il terzo che è il
più importante si intitola Alcyone 1903 riconosciuto da tutti come il suo capolavoro. Siamo sempre
nella fase del super uomo. Fa sempre parte di questa concezione, ideologia, però in questo libro si
prende una paura, una tregua. La tregua è la prima poesia dell'Alcyone. Una pausa lirica, è una
tregua del super uomo e non dal super uomo. Non è che lui non sia più il super uomo ma il
superuomo che si prende una pausa, infatti questo è il diario di una vacanza. La definizione di questo
libro è infatti il diario lirico di un'estate. È un grande libro della natura. La raccolta di liriche si
presenta come una grande collana, sono 88 componimenti all'interno dell'Alcyone che seguono
dall'inizio alla fine dell'estate.
L'Alcyone è il terzo libro delle laudi. La sua arte risiede nel frammento, non aveva una grande
capacità, una visione d'insieme, il capolavoro lo diede proprio in queste opera composta da 88 liriche
che esaltano una estate. Il super uomo si prende una tregua. I temi fondamentali di questo libro:
1. panismo= indica la fusione totale, con la natura D'Annunzio è il poeta della natura, celebra la
natura, l'uomo e la donna si fondono con il paesaggio naturale, è una celebrazione della
natura, come in simbiosi con l'uomo. Questo si accompagna a livello letterario con una
intensa musicalità. Perché qualcosa di suggestivo. 
2. Musicalità 

IL PROGRAMMA POLITICO DEL SUPERUOMO


Nel romanzo Le vergini delle rocce la voce che narra è quella del protagonista stesso, Claudio
Cantelmo. Il libro I però, da cui è tratto questo componimento, ha un taglio oratorio. Questa
“orazione” del protagonista-narratore mira a proporre un programma politico. Cantelmo vuole
essere un esteta e un uomo d’azione.

Nella prima parte, Cantelmo dipinge negativamente la realtà sociale a cui intende opporsi: la città
borghese ossessionata dal denaro.

Lo Stato non deve essere altro se non l’istituzione che favorisce l’elevazione di una classe
privilegiata. Questo dominio elitario deve poi essere finalizzato ad una politica aggressiva verso
l’esterno: bisogna ridare a Roma una potenza imperiale, che la porti di nuovo a dominare il mondo.

Gli intellettuali devono dare un contributo essenziale, non devono limitarsi al rimpianto del passato.
Il loro compito è l’azione, in difesa della bellezza contro la meschinità del mondo moderno.

Per prepararsi all’azione, Cantelmo si propone di:

 portare alla perfezione i caratteri della stirpe latina;


 incarnare la sua visione del mondo in una perfetta opera d’arte;
 trasferire le ricchezze ideali della stirpe in un figlio, il superuomo.

PIOGGIA NEL PINETO


poesia composta nel 1902 quindi una delle ultime. Questa poesia è molto esile ovvero i fatti si
riducono al minimo non racconta tanto i fatti quanto le reazioni ai fatti, non ci sono molte narrazioni
di eventi ma suggestioni, evocazioni e sensazioni. Infatti gli viene criticato di essere un dilettante di
sensazioni. L'origine di questa poesia è una semplice passeggiata compiuta con la compagna
Eleonora Duse (ERMIONE). Fanno una passeggiata in una calda giornata e via via che si inoltrano nel
bosco prima sono lontani e poi si avvicinano sempre di più, dato dal fatto che sono avvicinati dalla
natura e in più piove che li sorprende perché piacevole, e li invita ad abbracciarsi ulteriormente
quindi i due si fondono. La poesia inizia con il verso taci, perché dobbiamo ascoltare la natura, ciò
che ci dice. Dal punto di vista metrico abbiamo la strofa lunga basata sulla tecnica della
enumerazione, cioè D'Annunzio elenca degli elementi naturali i quali sono scelti non tanto per la loro
capacità mimetica ma in virtù del loro suono. (Fono simbolismo) come se le parole fossero strumenti
musicali definita "danza-fuga sul tema dell'amore illusione" i due si illudono che il loro amore
prosegua ma sono anche consapevoli che sia una illusione. 
Inizialmente l'uomo incita la donna a tacere perché vogliono sentire parole nuove, la pioggia
cadendo sulle foglie provoca suoni nuovi. È passato sull'anafora di piove. Piove non solo sulla
materialità ma anche sui nostri pensieri, sulla favola bella, l'amore 
Nella eco da strofa si spiega in modo ancora più chiaro quale sia il significato di taci che in realtà è
ascolta. C'è un livello metamorfico e musicale. Il pianto è la pioggia, il pianto del cielo che non è un
pianto drammatico, la pioggia non fa paura alle cicale ne il cielo e tutto ha un suono. Tutti questi
sono strumenti diversi sotto innumerevoli dita come se un pianista suonasse. Abbiamo si estese
ovvero mette insieme udito e olfatto. Abbiamo un effetto suggestivo, lontano e abbiamo la
trasformazione della donna che diventa una pianta. Ora i due sono accumunati l'amore è una dolce
illusione 

LA SERA FIESOLANA
Siamo ai vertici assoluti della poesia italiana siamo a Fieso, fa parte dell'Alcione ed una poesia che si
confronta con il grande esempio di San Francesco. 
Innalza una grande lode alle creature, senza il creatore, una lode alla natura che però manca il
fondamento, si sente in tutta la poesia il senso di mancanza anche se D'Annunzio stava vivendo il
momento più felice della sua vita in compagnia dell'altro e più famosa dei suoi tempi ovvero
Eleonora Duse. Siamo nel giugno quando la stagione della primavera era prossima ad allontanarsi,
come se desse un congedo piangente. Racconta di un congedo, di una mancanza anche se dolce. La
poesia è composta secondo il metro della così detta strofa lunga. Tre strofe che sono divise
tematicamente. Ogni strofa ha un tema a se nella prima vediamo la teofania della luna ovvero
l'apparizione, la luna appare e viene personificata secondo il modello già trovato in Foscolo nella
poesia alla sera, bagnando di luce tutto il paesaggio. Nella seconda strofa abbiamo la prevalenza
della musica e analogie tra un elemento e l'altro , (il poeta Berlayn nella poesia arte poetica troviamo
una frase che è manifesto della nuova poesia), (Bodler "la natura è una foresta di simboli"). Nella
terza strofa troviamo il panismo, la sensualità qui l'uomo però a differenza della pioggia nel pineto è
da solo che guarda. Queste strofe sono intervallate da una ripresa di tre versi. In primo piano l'io del
poeta che si rivolge a un tu indeterminato, le parole hanno un suono, abbiamo una forte presenza di
onomatopee, vuole che le parole assomiglino ai suoni delle cose naturali. Vede questo congedino
silenzioso che taglia le foglie del gelso, la scala che lui aveva appoggiato all'albero diventa via via più
scura quindi questo è l'unico particolare che ci fa capire che il sole sta tramontando però arriva in
altra luce ovvero la luna che con la sua luce argentea sta come distendendo il vago chiarore, come
un velo e questa luce fredda è associata al fresco della notte. La seconda strofa vede prevalere il
linguaggio musicale se prima le sue parole erano fresche ora sono dolci, le parole devono fare
l'effetto della pioggia che scende. C'è un senso del passaggio, qualcosa che è già ma non ancora, è
ancora primavera ma non ancora estate. L'ultima strofa abbiamo di nuovo il senso liturgico del dono,
c'è il tentativo di dire qualcosa alla donna e nello stesso tempo è prevalente la volontà di ascoltare.
La poesia si conclude con stelle come premonizione di qualcosa 

MERIGGIO 
È considerata il punto di non ritorno del panismo. Fa parte dell'Alcyone. De l'impressione che
D'Annunzio oltre questo non possa andare abbiamo una totale identificazione con la natura. Dal punto
di vita metrico è composta da quattro strofe i versi sono prevalentemente brevi. Questa immersione
panica si vede soprattutto nella seconda metà ovvero nelle seconde strofe, le prime die sono
principalmente descrittive. Nella prima strofa abbiamo la descrizione del paesaggio visto dalla
spiaggia, siamo proprio a mezzogiorno. Il mare era pallido, verdeggiante come le statue di bronzo
tratte dalle tombe degli etruschi. Descrive l'immobilita, il mare era completamente fermo, il fatto che
tutto fosse immobile un silenzio assoluto grava, era come una minaccia. Positivo o negativo?. Infatti
tutto grava sull'anafora NON. Anche le barche sono ferme, sembrava di essere di fronte a un quadro
degli impressionisti. Lui vede in questo chiaro silenzio l'isola del Faro è più lontane quasi
inconsistenti isole che sembrano scomparire nell'aria. (Era un riferimento a Dante). Sempre da lontano
scorge le Alpi Apuane, sembrano regnare sul mare come una corona. Nella prima strofa ci dà
l'impressione di uno spazio sterminato. Nella seconda strofa è sempre descrittiva e parla della foce
dell'Arno, sta volta la realtà sembra avvicinarsi abbiamo di nuovo il principio dell'analogia, della
comparazione. Questa foce ha lo stesso colore sempre delle statue di bronzo. Anch'essa immobile e
silenziosa, che tace e vede le capanne dei pescatori costruite sul mare e formano una croce. Ora il
mare si distende immobile e silenzioso prima sembrava si muovesse un po'. Immergendosi in questo
mare ci si dimenticava tutto infatti era lui davanti alla natura e basta. Dormono anche i monti Pisani,
tutto sembra immobile e silenzioso. Nella terza strofa D'Annunzio si compenetra con la natura.
L'estate matura, come se avessimo una promessa, l'estate è la felicità, il poeta è solo e si descrive
come un dolce naufragio, ogni dolore lo abbandona, non ha più nome è una metamorfosi naturale, il
soggetto che si perde nel l'oggetto. Egli è un tutt'uno con la natura sente come se la natura scendesse
dentro di lui. L'ultima strofa segna il culmine di questo vitalissimo panico, la forza sdraiata sprofonda
nella sabbia è l'estasi panica, il fiume diventa il sangue, tutto ciò che è naturale e in lui, abbiamo una
totale identificazione. Era nelle cose più piccole e nelle cose più grandi. Come se bruciasse di questa
immedesimazione e non ha più nome. I nomi sono il segno dell'umanità. Lui è il Meriggio, il
Mezzogiorno. Anna fine questo silenzio era la morte era la fine di tutto. Lui vive tacito come la morte,
il poeta si disperde e come un possesso ma nella dispersione. 

LE STIRPI CANORE  
È una dichiarazione poetica, ovvero la riflessione teorica dei suoi intenti quando scrive, in questa
poesia spiega l'origine della sua poesia, da dove viene quella poesia. La poesia comincia con "i miei
carmi" è quindi una poesia sulla poesia. La poesia di D'Annunzio nasce dalla natura ha un'ispirazione
naturale. È uno strofa lunga (tipica di D'Annunzio ovvero basata sulla tecnica elencazione o
enumerazione, basato quindi su tecniche ripetitive analogiche) sono due le strutture sintattiche
prevalenti, abbiamo il verbo e una similitudine o una ripetizione anafore a di alcuni termini, una
struttura sintattica molto semplice basata sul l'elenco. Per D'Annunzio il verso era tutto, la capacità
di D'Annunzio si fonde con l'importanza della parola. "Il verso è tutto" tratto dalla raccolta della
chimera. 
Il soggetto in questa poesia sono "i miei carmi" che nascono da elementi naturali come le foreste, le
onde. Le sue parole provengono dalla più profonda parte della terra, spinose come i cespugli,
confuse (vaghe, multiformi) come i fiumi. Però anche funebre.  Il poeta è tutto, un DEMIURGO,
l'artefice, colui che crea. D'Annunzio comincia la sua opera da odi barbare di Carducci. 

NELLA BELLETTA 
È una poesia brevissima, fa parte di Alcyone, scritta a viene estate. Abbiamo un senso di desolazione
malinconia, la fine della felicità. Belletta è un termine dantesco. Vuol dire fango, che ricorre nel
settimo canto dell'interno. Nel fango i giunti hanno l'odore delle pesche sfatte, molle, ovvero una
cosa troppo matura (ossimoro) e delle rose passite e del miele rancido e della morte. Pur dentro il
fascino dell'estate si prefigura la morte. Vegetazione malata del decadentismo. Il sole d'agosto
cuoce. Ci sono due tersine e l'ultima un distico come se si spegnesse. Si ammutisce la rana, le bolli
d'aria salgono in silenzio, la putrefazione. 

PERIODO NOTTURNO 
quando lui venne recluso in una villa a Gardone. 
Questo periodo prende il nome dal libro più importante di questo periodo ovvero il "notturno" che
raccoglie delle prose. In questo periodo non riusciva più a scrivere e dettava alla figlia, usando un
registro stilistico meno retorico molto più attenuato, prende atto della sua fragilità, della sua
sconfitta, definito dell'esplorazione delle ombre, un opera in contrapposizione a un D'Annunzio
solare.

LA PROSA "NOTTURNA" 512 


In questi due passi del componimento D’Annunzio è a Venezia. Primo passo
Il poeta avverte tutti i rumori esterni senza vedere nulla e li registra. Questi rumori si
mescolano con le sue fantasie e i suoi ricordi che lui riporta alogicamente (in modo
disordinato), secondo l’esempio del “flusso di coscienza” novecentesco.
Tutto ciò che D'Annunzio sente lo registra. Lui non può vedere, per cui la sensazione
fondamentale è quella uditiva che si mescola con impressioni interiori: “afa di marzo”,
“La primavera entra in me come un nuovo tossico”, all’improvviso cambia argomento:
“ho le reni dolenti”, poi ascolta, riportando tutto ciò che sente e abbondano:
• termini fonosimbolici: “sciacquio…colpi sordi…grida rauche…scrosci chiocci…risse
stridenti…chioccolio sciocco”;
• Frasi senza verbo: “battito di un motore marino”, “chioccolio sciocco del merlo”, “ronzio
lugubre”;
• Manca una logica ordinatrice: tutto è registrato come viene avvertito dal poeta;
• Uso di scelte stilistiche moderne: fonosimbolismo che vuole registrare le sensazioni.
Queste scelte stilistiche vengono definite “moderne”, perché anticipano il romanzo
moderno per l’uso di:
• frasi brevi;
• Mancanza del verbo;
• Linguaggio fonosimbolico.
Secondo passo
Il poeta enuncia le allucinazioni causate dai dolori atroci.
 Una delle caratteristiche del romanzo del 1900 sarà prestare attenzione e registrare le
sensazioni presenti all’interno dello scrittore e nello stesso istante, non nel prolungarsi
del tempo.
D’Annunzio vede nel fondo dell’occhio una figura che sembra un fiore “il giacinto
violetto”, poi avverte un dolore fortissimo che causa un “grido folle”, sente il liquido
colare dalla compressa di garza sull’occhio, vede ancora nero in fondo all’occhio, in
seguito rispunta il dolore e infine dichiara di non avere più l’immagine del fiore
nell’occhio.
Il poeta descrive le immagini di un delirio onirico, figure create nel fondo dell’occhio
dalla malattia.
Queste figure si alternano liberamente, caoticamente, sono le fantasie, le allucinazioni e
i ricordi che rappresentano il “flusso di coscienza”. Lo stile non è retorico, ma sintetico e
lapidario. Non si trova la prosa aulica, sontuosa, composta da periodi ampi e complessi
tipici di D’Annunzio, ma sono presenti periodi molto brevi, rapidi e incalzanti.
In questo testo si ha un D'Annunzio nuovo, anche se queste “novità” potrebbero non
essere del tutto nuove, poiché non si riesce a capire fino a che punto il poeta abbia
operato per la sua intimità oppure quanto ha assorbito da esperienze antecedenti a lui.
Infatti, una prosa simile era stata utilizzata dai vociani e dai futuristi.
GIOVANNI OLIVA D’ANNUNZIO E LA MALINCONIA

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