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Corso di LETTERATURA ITALIANA MODERNA E


CONTEMPORANEA - PARTE A

1. IL PRIMO NOVECENTO

20 SETT. 2021

> MODERNITA’ vs MODERNISMO → epoca culturale vs fenomeno estetico:


- La modernità è un’epoca culturale con precise caratteristiche dal punto di vista sto-
rico, sociale e politico, che comprende al suo interno più fenomeni estetico-letterari
(ma anche artistici, architettonici, pittorici, teatrali ecc.), che possono anche ess. mol-
to diversi tra loro, come i movimenti d’avanguardia, la corrente crepuscolare, il per-
manere della grande tradizione lirica di ascendenza simbolista (per es. D’Annunzio,
attivo per tutto il primo ventennio del ‘900) e del romanzo di impianto realista e veri-
sta, autori e opere riconducibili al modernismo europeo (per es. Pirandello, Svevo,
Ungaretti e Montale).
- In sostanza il modernismo non è altro che un fenomeno estetico-letterario che in-
sieme ad altri fa parte della modernità.

> MODERNITÀ → quali sono le novità per cui si parla di un cambiamento epocale?
● seconda rivoluzione industriale (1865-78) → in Italia arriva un pochino più tar-
di e soprattutto fa sentire i suoi effetti in Italia nei primi del ‘900 (mentre in
Francia ciò accade prima → Baudelaire registra i primi effetti già negli anni ‘60
dell’‘800);
● la seconda riv. ind. comporta lo sviluppo di innovazioni tecnologiche, che
comporta una rivoluzione nel mondo dell’industria, dei trasporti, dei servizi,
tant’è che è proprio in questo periodo che nasce e si sviluppa l’industria mo-
derna;
● tutto ciò comporta uno sviluppo dell’economia e quindi anche un cambiamen-
to all’interno delle classi sociali → nascita e sviluppo della piccola e media
borghesia, composta sostanzialmente di individui impiegati nel settore
terziario e che hanno accesso alla cultura, in quanto sono più o meno
scolarizzati;
● la piccola e media borghesia rappresenta il nuovo pubblico di lettori che si va
a definire → mentre prima i libri avevano una circolazione piuttosto ristretta,
soprattutto tra le classi sociali più alte (borghesia e nobiltà), che avevano sia il
tempo sia il denaro da dedicare all’acquisto e alla lettura dei libri → ora invece
si va formando un ceto intermedio, che ha del tempo libero in quanto svolge
lavori come l’impiegato (non lavori pesanti come il lavoro nei campi o in
fabbrica) e ha anche una discreta possibilità economica → è infatti proprio in
questo momento che nasce e si sviluppa la moderna industria editoriale, che
si rivolge a questo pubblico più ampio di lettori, che comincia a ess. di massa
→ questo comporta non solo un aumento della tiratura di giornali, quotidiani e
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riviste, ma anche un aumento significativo dei romanzi e anche la nascita dei


primi generi di consumo (es. il romanzo rosa) → il libro comincia così a ess.
qualcosa che deve ess. venduto, cosa che comporta un cambiamento del
ruolo e della funzione dello scrittore → mentre fino a poco tempo prima il
letterato aveva una sorta di posizione di prestigio nella società e il suo
stipendio non dipendeva dalle copie di libri vendute (molti appartenevano cmq
all’alta borghesia e alla nobiltà e il loro lavoro intellettuale non era
necessariamente remunerato), adesso la situazione cambia completamente
→ se ne rende molto bene conto C. Baudelaire nel suo Lo spleen di Parigi
(1855-67, pubblicati nel 1869), celeberrima serie di poemetti (famoso in
particolare è Perdita d’aureola).

> Perdita d’aureola → un poeta laureato (con la corona d’alloro) si aggira per le
strade di Parigi di notte → già questo indica un cambiamento radicale nelle città, le
quali diventano delle vere e proprie metropoli → è proprio in questi anni che si
affermano il fenomeno della vita notturna e la figura del dandy, ossia un giovane che
si gode le avventure notturne della metropoli.
- Il poeta laureato si aggira per la Parigi notturna, rischia di ess. investito da una
carrozza, fa un movimento brusco e la sua corona d’alloro (l’aureola, simbolo del
poeta sommo) cade nel fango → il poeta decide volontariamente di non raccoglierla,
perché preferisce che sia uno di questi poetucoli, che vogliono fregiarsi del titolo di
poeti e sono al servizio della nuova società di massa, a raccoglierla → questo ha
due conseguenze:
❖ rinuncia a quello che fino ad allora era stato il ruolo autorevole del poeta
all’interno della società;
❖ acquisizione di una maggiore libertà → il poeta non ha più il suo ruolo, con
tutto ciò che comporta, ossia diritti, doveri e il fatto di ess. una figura di
riferimento, autorevole → avendo lasciato l’aureola nel fango e non essendo
più un riferimento per nessuno, il poeta ha la libertà di fare ciò che vuole,
anche di dire cose provocatorie e inaudite, di compiere azioni non
moralmente accettabili → difatti la prima cosa che fa il protagonista del
poemetto di Baudelaire è entrare nel postribolo, ossia un bordello → ormai il
poeta può farlo perché non ha più un ruolo sociale di riferimento → così allora
la poesia può accogliere temi anche scandalosi, volgari, brutti → non c’è più
l’imperativo di fare il bello e di trasmettere un messaggio morale, perché il
poeta è stato messo ai margini dal cambiamento avvenuto all’interno della
società da un punto di vista politico, sociale ed economico.
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> CONSEGUENZE NEL PANORAMA CULTURALE, LETTERARIO, ARTISTICO:


- Il cambiamento radicale dell’assetto sociale e culturale, conseguente alla seconda
rivoluzione industriale e allo sviluppo della piccola e media borghesia, comporta un
mutamento decisivo tanto della platea dei lettori quanto dell’industria culturale ed
editoriale.
- Il poemetto di Baudelaire ben rende conto del tramonto dei valori della civiltà
umanistica in rapporto al rapido sviluppo della nuova società borghese e al
conseguente cambiamento sia del ruolo del poeta/scrittore/artista sia della funzione
e dello statuto dell’opera d’arte (intesa nella sua accezione più ampia), all’interno
della società.
- Il primo decennio del 900 in Italia, infatti, è caratterizzato da una crisi dei codici e
dei registri letterari e culturali, che differenzia questo secolo dal precedente e quindi
dalla tradizione letteraria e culturale cui fa riferimento → questa frattura epocale
comporta una rottura dei codici e dei registri letterari che appartengono alla
tradizione, perché essa è legata a un mondo che non c’è più e che ormai è sentito
come definitivamente tramontato → sono sì ancora attivi D’Annunzio, Pascoli,
Carducci, ma vengono sentiti ormai come appartenti a un’epoca che non c’è più,
come espressione di un’epoca che non c’è più → al poeta dunque non rimane che
riflettere sul presente e su quale ruolo possa avervi → tutti i movimenti che
occupano la modernità sono caratterizzati dalla messa in discussione della figura del
poeta o dell’artista e della funzione dell’opera d’arte e della parola letteraria.

> FENOMENI LETTERARI E ARTISTICI → vanno di pari passo e si intrecciano:


➔ Crepuscolarismo; ■ Impressionismo;
➔ Futurismo; ■ Espressionismo;
➔ Modernismo. ■ Post-impressionismo;
■ Cubismo;
■ Futurismo.

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CREPUSCOLARISMO

> DEFINIZIONE DI CREPUSCOLARISMO:


- La definizione, come spesso accade, viene data a posteriori ed è dovuta a un
critico allora molto importante, Giuseppe Antonio Borgese, che è il primo a utilizzare
il termine crepuscolarismo, che poi sarà ripreso nuovamente negli anni ‘30, ma sarà
solo negli anni ‘50-’60 che assumerà in pieno la connotazione che ha ancora oggi,
cioè quella di individuare una corrente di poeti che mostrano dei tratti in comune →
non si tratta quindi di un movimento organizzato, non abbiamo un programma e un
gruppo di poeti che si riconoscono sotto una sigla comune → abbiamo invece dei
poeti che lavorano individualmente, ciascuno per conto proprio, che sì si
conoscevano e intrattenevano anche rapporti epistolari, ma che non seguono dei
dettami programmatici comuni → semplicemente nelle loro opere si ravvisano dei
temi, dei tratti stilistici, un’attitudine e delle atmosfere simili.
- Nel 1910 arrivano sulla scrivania di Borgese tre volumi pubblicati, più o meno, in
quell’anno → Poesie scritte col lapis di Marino Moretti, le Poesie provinciali di Fausto
Maria Martini e Sogno e ironia di Carlo Chiaves → Borgese ne parla diffusamente in
un articolo intitolato Poesia crepuscolare, pubblicato su La Stampa del 1 settembre
→ la definizione di Borgese individua un modus poetandi che accomuna i tre autori
(ma non solo), la cui opera, secondo il critico, costituisce l’«ultima luce» di una
«meravigliosa giornata lirica, che dal grigio e magro civismo di Parini» giunge «alla
retorica e sensualità dannunziana» → dunque questi tre poeti nascono al tramonto di
una grande tradizione lirica, che ormai dopo D’Annunzio è giunta a un momento di
declino.
- Questi poeti nascono quindi al «crepuscolo dei grandi» → «Non hanno tanta forza da
soverchiare le ultime resulranze delle grandi antiche voci e il crepuscolo li involge. Si
direbbe che dopo Le laudi di D’Annunzio e i Poemetti di Pascoli la poesia italiana si sia
spenta. Si spenge infatti, ma in un mite e lunghissimo crepuscolo, cui forse non seguirà la
notte» → dunque la connotazione è in parte negativa, perché i nuovi poeti nascono al
crepuscolo dei grandi, quando ormai si è esaurita una grande stagione lirica → allo
stesso tempo, però, la loro presenza scongiura la notte, fa sì che ci sia una notte →
è sì finita una grande stagione lirica, ma magari non scomparirà del tutto e ci sarà
qualcosa di nuovo.
- Il termine è in seguito ripreso, però non in maniera criticamente consapevole, da
Gozzano (poeta crepuscolare) nella locuzione “perplessità crepuscolare”, che si
trova nell’ultima strofa della Signorina felicita.
- Il termine però inizia a circolare in ambito critico solo dagli anni Trenta, in
particolare con Francesco Flora (e anche con Benedetto Croce), e avrà poi il
significato che gli attribuiamo oggi a partire dagli anni ‘50-’60 → il canone letterario
infatti non è immobile ma è sempre in movimento e si ridefinisce in base alla
posizione del lettore contemporaneo.
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21 SETT. 2021

> TEMI E CARATTERISTICHE DEL CREPUSCOLARISMO:


- Abbiamo già visto come il crepuscolarismo non sia un movimento, in quanto gli
autori che ne fanno parte non si riconoscono in un programma comune e non
elaborano un manifesto con delle linee programmatiche, ma sono poeti che operano
in sedi diverse e in maniera indipendente l’uno dall’altro → le loro opere però
presentano dei tratti comuni a livello tematico e stilistico e inoltre condividono anche
delle atmosfere particolari, dei luoghi topici e delle figure ricorrenti → la critica ha
individuato i tratti comuni principalmente nelle ambientazioni atipiche, come le città di
provincia o luoghi periferici della città (es. parchi abbandonati, conventi, ospedali
ecc.), tutti avvolti in genere da atmosfere nostalgiche e malinconiche e spesso
popolati anche da personaggi che stanno ai margini della tumultuosa vita cittadina
(es. malati, suore, suonatori ecc.) → tutto questo ci dice come la poesia
crepuscolare si ponga agli antipodi rispetto, per es., all’opera dannunziana (es.
romanzo Il piacere e alla sua rappresentazione dei fasti di Roma, della nobiltà e
dell’alta borghesia) → tutto questo infatti si oppone a quel mondo ricco di certezze
effimere, dominato dai motivi della conquista e del senso, propri di D’Annunzio in
primo luogo, con la volontà di mettere in evidenza la crisi di valori legata a quel
mondo sfarzoso ed estetizzante.
- Quindi i crepuscolari non si collegano alla grande tradizione lirica, al grande
simbolismo europeo e alla lezione decadente → semmai si possono trovare delle
somiglianze con una linea minore del simbolismo francese, quello di autori come
Laforgue e Metterlink (quindi non Mallarmé, Baudelaire ecc.).

> AUTORI E OPERE PIU’ SIGNIFICATIVE:

- Corrado GOVONI, Armonia in grigio et in silenzio (1903) → queste due


qualificazioni dell’armonia già dicono molto → abbiamo infatti l’indicazione di un
colore, il grigio, che è un non-colore, un colore indistinto, collegato anche ad
atmosfere tristi, malinconiche, nostalgiche → poi, il silenzio è già di per sè un
elemento che si oppone alla parola, in contrapposizione dunque alla parola piena
delle Laudi di D’Annunzio, una parola che è capace di contenere ed esprimere in
maniera esaustiva tutta la realtà → questa è invece una parola che si approssima al
silenzio, cioè il suo contrario.
- Sergio CORAZZINI e Alberto Tarchiani, Piccolo libro inutile (1906) → il titolo anche
in questo caso è emblematico, in quanto il libro è qualificato come piccolo, attr. il
procedimento della diminutio → l’irrilevanza del libro è poi sottolineata dall’aggettivo
“inutile” → è un libro che non serve a niente, non ha alcun tipo di rilevanza.
- Sergio Corazzini, Libro per la sera della domenica (1907) → ultimo libro di
Corazzini → il titolo denuncia in pieno l’atmosfera della provincia dormiente e
sonnolenta della domenica pomeriggio, che è un’ambientazione caratteristica di
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molte poesie crepuscolari → ma all’interno della raccolta ci sono anche delle poesie
che in qualche modo assumono un tono più apertamente provocatorio, con accenti
anche grotteschi che evidenziano una vicinanza con l’espressionismo (cfr. Bando di
Corazzini).
- Marino Moretti, Poesie scritte col lapis (1910) → le poesie scritte col lapis hanno
come principale caratteristica quella di ess. facilmente cancellabili → la scrittura a
lapis non resiste al tempo, è labile, effimera, soggetta a una veloce cancellazione →
ancora una volta si tratta di una parola che è irrilevante, superflua e che non ha
presa sulla realtà.
- Guido GOZZANO, I colloqui (1911) → opera che chiude idealmente la stagione
crepuscolare.
- Questa selezione di opere è funzionale a mettere in evidenza quali siano le
caratteristiche principali della poesia crepuscolare:
● messa in discussione del ruolo del poeta e della funzione della poesia, dal
momento che il libro è inutile e la parola è vicina al silenzio;
● rapporto col registro del sublime, che è centrale nella grande tradizione
simbolista e decadente, mentre è completamente estraneo alla poesia
crepuscolare → ci muoviamo in una direzione non di ribaltamento del registro
del sublime (che sarà invece propria del futurismo) ma di estenuazione del
sublime, perché il registro del sublime viene sentito come inattuale, parte di
un’epoca ormai passata.

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SERGIO CORAZZINI

> Piccolo libro inutile → C. e Tarchiani decidono di corredare il loro libro con
un’avvertenza:
«I due poveri autori1 non hanno osato dichiarare il prezzo di questo libro inutile
perché, immaginandolo tale [cioè inutile], pensarono che nessuno avrebbe voluto
mai comprarlo».
1
Connotazione degli autori come poveri, in direzione di un volontario
abbassamento della figura e del ruolo del poeta.
- La dichiarazione, contenuta nell’avvertenza, va in due direzioni:
❖ la prima va nel senso di un abbassamento della figura dell’autore e del valore
della sua opera → l’opera non vale niente perché è inutile, perciò è anche
assurdo pensare di attribuirle un prezzo;
❖ l’altra direzione è provocatoria → in qualche modo decidere di non attribuire
un prezzo e definirlo inutile, come cosa che non serve immediatamente,
sottrae l’opera d’arte e anche lo stesso autore al vincolo dell’industria
culturale, un po’ come il protagonista del poemetto di Baudelaire, che
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volontariamente lascia l’aureola caduta nel fango e acquisice così una


maggiore libertà.

> Desolazione del povero poeta sentimentale (da Piccolo libro inutile):

I
Perché tu mi dici: poeta?
Io non sono un poeta.
Io non sono che un piccolo fanciullo che piange.
Vedi: non ho che le lagrime da offrire al Silenzio.
Perché tu mi dici: poeta? 5
[...]
VIII
Oh, io sono, veramente malato!
E muoio, un poco, ogni giorno.
Vedi: come le cose. 50
Non sono, dunque, un poeta:
io so che per essere detto: poeta, conviene
viver ben altra vita!
Io non so, Dio mio, che morire.
Amen. 55

- Il titolo è ancora una volta emblematico:


➔ la desolazione rientra nell’atmosfera malinconica tipica della poesia
crepuscolare;
➔ il poeta è qualificato come “povero”, come i due poveri autori dell’avvertenza;
➔ infine, “sentimentale” riguarda l’espressione dei sentimenti, che nella maggior
parte dei casi sono di tristezza, malinconia e nostalgia.
- C. usa il verso libero, quindi non un metro tradizionale → inoltre non utilizza un
sistema di rime codificato ma piuttosto abbiamo un ritmo iterativo, che è basato sulla
ripetizione, in questo caso di parole, quasi come a voler dare una cadenza da litania
(es. cadenza delle preghiere, basate su un ritmo sempre uguale e sulla ripetizione
costante) → in questo caso si trova la ripetizione della parola poeta, che figura per
ben tre volte all’interno della prima strofa.
- Si comincia con una domanda → il “tu” è rivolto a un lettore ideale e il lessico
utilizzato da C. è molto scarno, semplice e piano → si trova quindi una
semplificazione non solo ritmica ma anche lessicale → è una poesia che in qualche
modo si avvicina alla prosa.
- Alla domanda, nel secondo verso si ha una risposta negativa → si tratta una
evidente, manifesta e palesa negazione del ruolo del poeta.
- Poi, con una ripetizione della negazione («Io non sono»), che lega il secondo e il
terzo verso, la figura del poeta è abbassata al livello di quella del fanciullo e la parola
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poetica pronunciata dal poeta è abbassata a quello della lacrima del pianto → quindi
la parola poetica si va ad approssimare al silenzio.
- Quando si parla si “fanciullo”, siamo molto lontani dal fanciullino pascoliano, che
aveva un potere molto diverso → aveva un’importante funzione conoscitiva, perché
attr. lo sguardo vergine del fanciullo era possibile stabilire dei legami e delle
corrispondenze inedite tra gli elementi della realtà, al di fuori anche della logica
consueta → il fanciullino pascoliano era in grado di vedere aspetti ignoti e
sconosciuti della realtà e aveva quindi una funzione conoscitiva ≠ qua invece si tratta
semplicemente di un abbassamento e anche di una contrapposizione alla figura del
poeta-vate → il poeta non è più una guida morale e civile, non ha più una funziona
nella società, ma è solo un piccolo fanciullo.
- Ripetizione della negazione “non” ai vv. 2, 3 e 4.
- Il v.4 amplia e specifica l’immagine del fanciullo che piange → non si ha una parola
piena da contrapporre al silenzio ma soltanto delle lacrime.
- Il v.5 è uguale al verso iniziale.
- Strofa finale → si apre con l’idea di una vita che si approssima alla more, così
come la parola al silenzio → si ha quindi una negazione della vita piena e del vivere
inimitabile dannunziani.
- Tutto questo non c’entra niente con la malattia dei poeti crepuscolari → Corazzini e
Gozzano erano infatti malati di tisi → il significato dei loro versi però non è da
ricercarsi nel dato biografico.
- Ritroviamo poi la stessa struttura “Vedi:” → i due punti servono come introduzione,
quasi come una soglia, che mette in comunicazione le due parti del verso → inoltre
l’azione del vedere presuppone un rispecchiamento.
- Questo «Vedi: come le cose» signifca da una parte un processo di reificazione del
soggetto poetico, cioè il soggetto poetico che è cosa tra le cose e ha lo stesso valore
delle cose → questo si chiama processo di reificazione del soggetto poetico → il
poeta è quindi una cosa tra le cose e delle cose condivide anche il destino effimero
→ viene messo in evidenza l’ineluttabile scorrere del tempo e consumarsi della vita.
- «Non sono, dunque, un poeta» → contrapposizione tra la non-figura del poeta
presentata da C. e il modello dannunziano della vita inimitabile, che non può più ess.
vissuta.
- «Io non so, Dio mio, che morire» → vita che si approssima alla morte, quasi una
non-vita.
- Si conclude con un “Amen”, perché in tutta la poesia ricorrono spesso i simboli
religiosi e perché adotta un ritmo iterativo e ripetitivo che è molto simile a quello della
litania sacra → l’iconografia sacra è molto presente nella poesia crepuscolare e in
particolare C., non tanto per un riferimento religioso, quanto appunto come bacino
iconografico di immagini e di simboli.
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> Bando (da Libro per la sera della domenica) → in questa raccolta alcuni
componimenti hanno un tono provocatorio, con un accento e delle sfumature quasi
espressionistiche → la provocazione silenziosa di Desolazione del povero poeta
sentimentale diventa qui molto più palese e manifesta.
- I banditori erano coloro che vendevano per strada delle merci, esaltandone le
qualità e invitando gli acquirenti a comprare → qui è lo stesso poeta che si fa
banditore della sua merce, ossia la poesia → si trova una svendita del proprio
prodotto intellettuale → è chiaro come qui il discorso di contrapposizione verso
l’industria e il mercato editoriali e anche la nuova platea di lettori sia molto più
manifesto.

Avanti! Si accendano i lumi non ve ne andate, non ve ne andate;


nelle sale della mia reggia! 15 vendo a così poco prezzo!
Signori! Ha principio la vendita Diventerete celebri
delle mie idee1. con pochi denari4.
5 Avanti! Chi le vuole? Pensate: l'occasione è favorevole!
Idee originali Non si ripeterà.
a prezzi normali2. 20 Oh! non abbiate timore di offendermi
Io vendo perché voglio con un'offerta irrisoria!
raggomitolarmi al sole Che m'importa della gloria!
10 come un gatto a dormire E non badate, Dio mio, non badate
fino alla consumazione troppo alla mia voce
de' secoli!3 Avanti! L'occasione 25 piangevole!
è favorevole. Signori,
1
Il poeta mette in vendita le sue idee in maniera provocatoria le sue idee.
2
Il poeta si serve quasi di uno slogan pubblicitario → bisogna ricordasi che in
questi anni, contestualmente allo sviluppo dei costumi, al maggiore benessere e alla
maggiore scolarizzazione (grazie alle riforme del governo Giolitti), conosce un
grande sviluppo anche la pubblicità, che sollecita all’acquisto la piccola e media
borghesia → la pubblicità era stampata su quotidiani, riviste e manifesti in strada.
3
Accento crepuscolare del ripiegamento su se stessi.
4
Il poeta dice questo perché siamo nel momento in cui nell’alta e media borghesia
si affermava la tendenza al collezionismo → cioè gli esponenti dell’alta borghesia,
che erano capaci di fiutare le novità dell’arte, spesso compravano dipinti e quadri di
autori emergenti pensando a quanto valore avrebbero acquistato nel futuro →
mentre il grande pubblico di primo acchito disprezza e considera brutta l’arte
espressionista, cubista e futurista, perché si tratta di stili molto differenti dai modelli
della tradizione (tant’è che i loro quadri non entrano nei saloni ufficiali), la
lungimirante alta borghesia acquistava questi quadri per poche lire pensando
all’investimento futuro.
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> Le stirpi canore (da Alcyone):


- Idea di inserire la propria voce all’interno di una discendenza di artisti privilegiati,
che stanno al di sopra della platea degli uomini comuni e che sono capaci, con la
propria parola, di dare voce e di esprimere la realtà → la parola chiaramente
intrattiene un rapporto biunivoco e di corrispondenza con la realtà → la parola è
dunque in grado di esprimere la realtà e di contenerla.
- Mentre ne La pioggia nel pineto è presentata una sorta di identificazione del
poeta e della donna con la natura, qua è invece la parola che si viene a
identificare con gli elementi della natura e che è un tutt’uno con essa → viene
proposta un’equivalenza tra la parola poetica e tutta la realtà → la parola poetica è
capace di esprimere l’armonia tra l’io e l’universo e di rivelarne il mistero ai lettori.

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GUIDO GOZZANO

> G. è considerato un poeta crepuscolare → I colloqui (che comprendono,


rielaborati, anche la maggioranza dei testi della precedente raccolta, intitolata La via
del rifugio) sono considerati la sua maggiore opera poetica → abbiamo poi anche
delle prose, appunti di viaggio e alcune corrispondenze epistolari, che ci consentono
di capire meglio la sua opera.
- G. ha esordito come poeta dannunziano, come quasi tutti gli altri crepuscolari, che
inizialmente subiscono l’influenza dell’opera di D’Annunzio.
- G. ha fatto studi di giurisprudenza, perciò non è raro che nelle sue poesie si
rappresenti come “l’avvocato”, proprio con riferimento ai suoi studi universitari.
- I colloqui sono dunque la sua opera più importante e contengono una sezione con
memorabili ritratti di donne.

> La signorina Felicita ovvero la Felicità → la figura enigmatica della signorina


Felicita è associata a un possibile sentimento di felicità e quindi di realizzazione e di
pienezza.
- La signorina Felicita non è mai realmente esistita → ne parla lo stesso G. in una
serie di lettere con Amalia Guglielminetti, con la quale aveva una relazione
intellettuale e anche amorosa → G. ne parla in diverse lettere, proprio descrivendo
questa figura d’invenzione e confessando di essersi innamorato della sua
invenzione, della donna di carta che ha creato la sua fantasia.
- All’inizio della poesia si trova una epigrafe → «10 luglio: Santa Felicita», giorno
onomastico della signorina.
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Signorina Felicita, a quest'ora


scende la sera nel giardino antico
della tua casa. Nel mio cuore amico
scende il ricordo. E ti rivedo ancora,
e Ivrea rivedo e la cerulea Dora
e quel dolce paese che non dico1.
1
La data dell’onomastico della signorina accende il ricordo, che è però fittizio → si
tratta dunque di una finzione letteraria che si declina al passato → la signorina
Felicita è una figura collocata nel passato → la memoria e il passato sono un
elemento cardine della poetica di G. → abbiamo dunque il passato di quella civiltà
umanistica che ormai non torna più al quale si rivolgono la memoria e la poesia, che
è sempre rivolta al passato, anche per quanto riguarda il desiderio.

- G. dice che la signorina Felicita è l’unica donna che avrebbe potuto amare ma che
non ha mai amato → vale a dire che la possibilità di una felicità e di una vita piena
appartiene a un passato che non può più trovare posto nel presente → quindi la
poesia di G. registra la distanza incolmabile tra un passato che non è più attingibile e
un presente in cui ormai non si possono più riproporre i valori del passato → mentre
nel passato era ancora possibile la poesia, nel presente essa non serve più a niente.
- È attr. l’ironia che G. mette in evidenza la distanza incolmabile tra un passato ormai
tramontato e un presente improntato ai valori dell’utile della nuova società, in
particolare della nuova classe sociale emergente.
- Intanto possiamo osservare che G. si pone in qualche modo in continuità con la
tradizione, perché di fatto troviamo delle strofe composte da terzine, che si basano
sul sistema della rima incatenata, tipica del poema (es. Commedia) → G. qui ne ha
appunto un bisogno perché sta scrivendo un poemetto (forma molto utilizzata al
tempo → es. Pascoli e D’Annunzio) → inoltre il poema ha la caratteristica di ess. un
componimento poetico di taglio narrativo, cioè spesso è una forma poetica che ha
una misura più ampia e che dunque ben si presta a raccontare una storia.
- Anche quella della signorina Felicita, seppur fittizia, è una storia → il poeta, che
nella finzione letteraria è un avvocato, si ritira nella campagna piemontese per
guarire da una malattia in convalescenza → qui fa amicizia con gli abitanti di una
villa confinante, la signorina Felicita e suo padre → il protagonista frequenta la villa e
nasce un sentimento nei confronti di Felicita.
- Bisogna ricordare che l’inclinazione sentimentale in G. è sempre ironica → ma che
cos’è l’ironia? → l’ironia è una figura retorica di tipo antifrastico (ossia si dice una
cosa per affermare il suo contrario) → perciò quando G. afferma che con Felicita la
sua vita sarebbe stata tanto bella e felice afferma il contrario, perché bisogna
ricordarsi che nella vita reale non aveva come compagna una come Felicita, ossia
bruttarella, gretta e anche po’ ignorante, bensì la Guglielminetti, donna intellettuale,
di altra levatura → dunque questa poesia rappresenta una ferocia critica di ciò che
Felicita rappresenta, ossia la piccola e media borghesia.
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Signorina Felicita, è il tuo giorno!2 dannata, e l'orto6 dal profumo tetro


A quest'ora che fai? Tosti il caffè: di busso e i cocci innumeri di vetro
e il buon aroma si diffonde intorno? sulla cinta vetusta7, alla difesa…
O cuci i lini e canti e pensi a me,
all'avvocato che non fa ritorno? Vill'Amarena! Dolce la tua casa
E l'avvocato è qui: che pensa a te3. in quella grande pace settembrina!
La tua casa che veste una cortina
Pensa i bei giorni d'un autunno addietro4, di granoturco fino alla cimasa:
Vill'Amarena5 a sommo dell'ascesa come una dama secentista, invasa
coi suoi ciliegi e con la sua Marchesa dal Tempo, che vestì da contadina8.
2
Ossia il suo onomastico, il 10 luglio.
3
L’atmosfera è un po’ quella di una storia d’amore stereotipizzata → lui che se n’è
andato e lei che è rimasta e pensa con nostalgia all’amore perduto, mentre allo
stesso tempo è impegnata nelle abitudini domestiche (tostare il caffè e cucire).
4
Quando si sono conosciuti.
5
Villa dove vivono la signorina Felicita e suo padre.
- Villa Amarena è un’importante villa nobiliare seicentesca, che, come nella migliore
tradizione, era legata anche a una storia familiare affascinante (in questo caso la
marchesa dannata)
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Orto inteso nel suo senso originario di giardino → le ville nobiliari erano
solitamente circondate da un parco o da un giardino.
7
Le mura che cingono la proprietà, identificato da G. attr. un linguaggio aulico →
le mura sono sormontate da pezzi di vetro, che servivano solitamente attorno agli
orti dei contadini per impedire che qualcuno scavalcasse → la casa nobiliare dunque
si presenta già con una caratteristica stridente col suo rango nobiliare.
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Si tratta di una villa nobiliare seicentesca abitata da una marchesa → la villa
nobiliare seicentesca è una villa importante, che ha anche un valore architettonico
ed estetico → in particolare la facciata aveva una doppia funzione → da una parte
estetica e dall’altra rappresentava il rango sociale e la raffinatezza della famiglia che
l’abitava → in questo caso invece la facciata della villa è completamente ricoperta di
granoturco fino alla sommità, perché la facciata viene prosaicamente utilizzata per
far seccare il granoturco → si spiegano così i due versi finali della strofa → si
comincia a vedere un contrasto tra il passato, in cui avevano ancora posto i valori
estetici legati al bello, all’arte, alla poesia e alla letteratura, e il presente, in cui è
importante solo ciò che è utile e dà un guadagno.
13

27 SETT. 2021

[...]
Quel tuo buon9 padre - in fama d'usuraio - da quel salone buio e troppo vasto...
quasi bifolco, m'accoglieva senza "...la Marchesa fuggì... Le spese cieche..."
inquietarsi della mia frequenza, da quel parato a ghirlandette, a greche...
mi parlava dell'uve e del massaio, "dell'ottocento e dieci, ma il catasto..."
mi confidava certo antico guaio da quel tic-tac dell'orologio guasto...
notarile, con somma deferenza10. "...l'ipotecario è morto, e l'ipoteche..."

"Senta, avvocato..." E mi traeva inqueto Capiva poi che non capivo niente
nel salone, talvolta, con un atto e sbigottiva: "Ma l'ipotecario
che leggeva lentissimo, in segreto. è morto, è morto!!...". - "E se l'ipotecario
Io l'ascoltavo docile, distratto è morto, allora..." Fortunatamente
da quell'odor d'inchiostro putrefatto, tu comparivi tutta sorridente:
da quel disegno strano del tappeto, "Ecco il nostro malato immaginario!"11.
9
Aggettivo usato in maniera ironica → subito dopo si afferma il contrario → il
padre di Felicita è in realtà un usario e un ignorante.
10
Il padre non si inquieta della frequentazione perché Felicita è un po’ in là con gli
anni e quindi sarebbe stata molto in età da marito, col rischio di rimanere zitella → la
qualificazione “signorina” è quindi utilizzata da G. in maniera dispregiativa → inoltre
G., essendo un avvocato (nella finzione letteraria), rappresentava un buon partito
agli occhi del padre, che cerca di avere le sue consulenze.
11
Si vede bene come il padre di Felicita facesse parte della piccola borghesia del
paese, e anzi ha un ruolo un po’ occulto, perché è un usuraio → capiamo inoltre che
c’è qualcosa di collegato con l’eredità lasciata dalla marchesa alla villa.

- Passiamo ora alla presentazione della signorina Felicita → anche in questo caso è
il discorso è ironico ma c’è ancora un elemento in più → abbiamo proprio la
presentazione di una figura femminile che nei suoi tratti, intesi come aspetto fisico,
occupazioni, caratteristiche intellettuali, si oppone in maniera netta al modello della
donna fatale di ascendenza dannunziana → Felicita è esattamente il contrario della
bellissima, colta e nobile Elena o dell’altrettanto bella Maria in Il piacere.

Sei quasi brutta, priva di lusinga E rivedo la tua bocca vermiglia


nelle tue vesti quasi campagnole, così larga nel ridere e nel bere,
ma la tua faccia buona e casalinga, e il volto quadro, senza sopracciglia,
ma i bei capelli di color di sole, tutto sparso d'efelidi leggiere
attorti in minutissime trecciuole, e gli occhi fermi, l'iridi sincere
ti fanno un tipo di beltà fiamminga...12 azzurre d'un azzurro di stoviglia...13
14

12
Il riferimento alla bellezza fiamminga certamente non compensa la descrizione
di Felicita, definita come quasi brutta e priva di ogni attrattiva, con un volto sì buono
ma anonimo.
13
Continua la caratterizzazione negativa di Felicita, i cui tratti non si addicono a
una signorina → Felicita non appare assolutamente come la donna fatale, ma ha un
aspetto dimesso, casalingo e piuttosto anonimo.

- Inoltre Felicita è occupata in faccende unicamente domestiche e ha un’istruzione


piuttosto limitata → questo lo vediamo in un’altro episodio emblematico, che ci dice
molto relativamente alla funzione della poesia, sentita come legata ormai a un
passato che non può più ess. recuperato → si tratta dell’episodio della soffitta →
Felicita accompagna G. a visitare la villa e insieme decidono di addentrarsi anche in
soffitta, che normalmente è quel luogo dove sono accatastate le cose che nel
passato erano utili ma che ora non servono più.

Intorno a quella che rideva illusa v'era Torquato nei giardini d'Este.
nel ricco peplo, e che morì di fame, "Avvocato, perché su quelle teste
v'era una stirpe logora e confusa: buffe si vede un ramo di ciliege?"
topaie, materassi, vasellame,
lucerne, ceste, mobili: ciarpame Io risi, tanto che fermammo il passo,
reietto, così caro alla mia Musa!14 e ridendo pensai questo pensiero:
Oimè! La Gloria! un corridoio basso,
Tra i materassi logori e le ceste tre ceste, un canterano dell'Impero,
v'erano stampe di persone egregie; la brutta effigie incorniciata in nero
incoronato dalle frondi regie e sotto il nome di Torquato Tasso!15
14
Nella soffitta di Villa Amarena ci sono molte cose → G. inserisce la sua Musa
(sia la poesia sia Μνημοσύνη, la musa della memoria) nella soffitta in mezzo al
ciarpame del passato.
15
La stampa che raffigura Torquato Tasso nei giardini d’Este è relegata in soffitta
in mezzo al ciarpame che non serve più → Felicita non riconosce né Tasso né la
corona d’alloro che qualifica il poeta laureato.
- La corona d’alloro è relegata in una stampa che si trova in soffitta e non viene più
riconosciuta → questo ci fa capire come G. collochi la poesia e l’arte in una
dimensione del passato che non è più attualizzabile, perché l’arte è qualcosa di
legato al passato e che aveva senso solo in una società umanistica, che oggi è
definitivamente tramontata, perciò l’arte e la poesia non servono più, perché serve
solo il perseguimento dell’utile e del guadagno.
15

- Episodio del giardino, luogo un tempo dedicato all’ozio:

Ozi beati a mezzo la giornata, L'insalata, i legumi produttivi


nel parco dei marchesi, ove la traccia deridevano il busso18 delle aiole;
restava appena dell'età passata!16 volavano le pieridi nel sole
Le Stagioni camuse e senza braccia, e le cetonie e i bombi fuggitivi...
fra mucchi di letame e di vinaccia, Io ti parlavo, piano, e tu cucivi
dominavano i porri e l'insalata17. innebriata dalle mie parole.
16
G. riprende il concetto di ozio, inteso in senso nobile e collegato al parco della
villa nobiliare → però nel parco ormai c’è appena una labile traccia del passato
splendore.
17
Le Stagioni sono le statue a soggetto mitologico (in questo caso raffiguravano le
stagioni) → i parchi erano di solito adornati appunto da statue, fontane ecc. → delle
statue che ornavano il parco rimangono solo delle figure ormai in rovina, perché le
statue sono senza braccia e hanno il naso danneggiato (camuse) → sono rovinate
dal trascorrere del tempo e dall’incuria, anche perché nessuno è più in grado di
apprezzarne il valore, in quanto ciò che ha valore non è più il parco in sé ma i porri e
l’insalata, in quanto il parco è stato trasformato in orto, sul quale dominano le statue.
18
Il busso è la pianta che si utilizzava per delimitare le aiuole e che dunque non
produce niente, ma ha solo una funzione estetica.

- Viene poi descritta l’infatuazione di Felicita per G. e anche l’ipotesi di felicità con la
signorina che il poeta fa con taglio ironico → c’è un’altra poesia di G., che precede
questa poesia e che si intitola L’ipotesi, che è tutta declinata al futuro e nella quale
G. ipotizza una possibile felicità domestica con la signorina Felicita → qui invece il
desiderio è rivolto a un passato che non si è realizzato e irrealizzabile.

Tu m'hai amato. Nei begli occhi fermi rinnegherei la fede letteraria


luceva una blandizie femminina; che fa la vita simile alla morte...19
tu civettavi con sottili schermi,
tu volevi piacermi, Signorina; Oh! questa vita sterile20, di sogno!
e più d'ogni conquista cittadina Meglio la vita ruvida concreta
mi lusingò quel tuo voler piacermi! del buon mercante inteso alla moneta21,
meglio andare sferzati dal bisogno,
Unire la mia sorte alla tua sorte ma vivere di vita! Io mi vergogno,
per sempre, nella casa centenaria! sì, mi vergogno d'essere un poeta!22
Ah! Con te, forse, piccola consorte
vivace, trasparente come l'aria,
19
Con modalità diverse viene riaffermato un concetto già presente in La
desolazione del povero poeta sentimentale di Corazzini, ossia l’equivalenza
arte-morte.
20
La vita è sterile perché è costantemente rivolta al passato, verso qualcosa che
non c’è e non serve più.
16

21
Il discorso è sempre ironico → G. prende di mira proprio il buon mercante inteso
alla moneta e la classe che rappresenta.
22
Con Corazzini abbiamo visto la negazione («Io non sono un poeta») → con G.
arriviamo alla vergogna di ess. poeta, da intendersi sempre in senso ironico.

- L’antitesi è tra la poesia, che appartiene al passato, a una società umanistica che
non c’è più, e la società della piccola e media borghesia, rappresentata dal mercante
e dal padre di Felicita, che invece è completamente improntata a valori diversi e
nella quale la letteratura, l’arte e la poesia non hanno più alcuna funzione.

Tu non fai versi. Tagli le camicie


per tuo padre. Hai fatta la seconda
classe, t'han detto che la Terra è tonda,
ma tu non credi... E non mediti Nietzsche...
Mi piaci. Mi faresti più felice
d'un'intellettuale gemebonda...23
23
Ovviamente il tono è ironico.
- Da notare la rima soltanto per l’orecchio «camicie [...] Nietzsche» → rima sottolineata
anche da Montale, che ha commentato dicendo che G. fa cozzare l’aulico
(rappresentato dal riferimento a Nietzsche) col prosaico (ossia la vita quotidiana nel
suo svolgimento più banale).

> Temi de La signorina Felicita:


● tema della memoria → la poesia può rivolgersi soltanto al passato → cfr.
incipit;
● ironia → registra la distanza tra il passato e il prosaico e ha anche una
funzione antifrastica → cfr. facciata di Villa Amarena;
● il presente è caratterizzato dall’ideologia borghese, rivolta all’utile e al
guadagno → cfr. padre di felicita e il giardino trasformato in orto;
● il modello femminile si contrappone al modello sublime dell’amore romantico e
della donna fatale → cfr. ritratto di Felicita;
● l’arte non è utile e appartiene al passato → per tale motivo viene relegata in
soffitta → cfr. immagine di Torquato Tasso;
● il poeta non ha più alcuna funzione all’interno della società → cfr. versi finali.

——————————————————————————————————
17

IL FUTURISMO

ALDO PALAZZESCHI

> Dare uno sguardo alle date ci fa capire come non ci sia una cesura netta tra
crepuscolarismo e futurismo ma invece come i due fenomeni siano contigui e, per un
certo numero di anni, sovrapponibili e contemporanei.
- La divisione non è così netta nemmeno per quanto riguarda gli autori → es.
Palazzeschi e Govoni.

> Cronologia delle opere di Palazzeschi:


- I cavalli bianchi (1905) e Lanterna (1907, Firenze, Stabilimento Tipografico Aldino)
→ si tratta di due opere pubblicate a sue spese (“Aldino” non è altro che un
riferimento a se stesso).
- Le due raccolte si collocano all’interno dell’ambito crepuscolare, seppur con
caratteri di originalità → sono infatti molto diverse dai testi di Corazzini e Gozzano →
il mondo di P. in queste opere è favoloso, fatto di cavalieri, principesse e castelli e si
muove in una sorta di orizzonte fiabesco senza tempo ed è governato dal principio
della ripetizione costante e dal senso continuo del limite → cioè le poesie sono tutte
caratterizzate da diverse superfici circoscritte.
- 1909 → Poemi, a cura di Cesare Blanc (era il gatto di P.), Firenze, Stabilimento
tipografico Aldino → raccolta di snodo tra crepuscolarismo e futurismo → quasi ¾
della raccolta sono occupati da componimenti che proseguono l’atmosfera fiabesca
delle raccolte precedenti → nella parte finale invece ci spostiamo verso un utilizzo
abbastanza consistente del registro del grottesco e della parodia, tantè vero che
Marinetti apprezzò moltissimo questa raccolta.
- Maggio 1909 → lettera di Marinetti a P. → «I vostri Poemi mi hanno vivissimamente
interessato per tutto ciò che rivelano in voi [...] di sicuramente originale» → dunque
Marinetti rileva fin da subito l’originalità di P. e lo fa a pochi mesi dalla pubblicazione
del primo Manifesto futurista (febbraio 1909, anche se già si conosceva alla fine del
1908 e circolava già un po’ in tutta Italia).
- 1910 → P. decide di convergere tra le fila del futurismo con L’incendiario,
pubblicato a Milano all’interno delle Edizioni Futuriste di Poesia, collegate alla rivista
Poesia di Marinetti, organo del futurismo.
- 1913 → L’incendiario, Miliano, Edizioni Futuriste di Poesia, II edizione, ampliata e
modificata sotto alcuni aspetti.

> P. è un autore molto originale, che cioè mantiene una sua propria autonomia
rispetto a tutti i movimenti e fenomeni letterari del secolo (la sua produzione infatti
continuerà fino a tutti gli anni ‘60 → il suo romanzo Stefanino è in linea con la
Neoavanguardia e il Gruppo 63) → la caratteristica principale (come scrive
l’importante critico letterario Luigi Baldacci) è quella di aver partecipato ai principali
fenomeni letterari e culturali del secolo, però mantenendo sempre una propria
18

originalità e autonomia di fondo → Baldacci dice che P. ha preso tutti i treni ma per
farli saltare in aria.

> Chi sono? → tratta dalla parte conclusiva dei Poemi, che apre a una fase
successiva.
- Abbiamo visto finora come nei poeti crepuscolari fosse centrale la domanda
relativa all’identità del poeta e alla sua funzione → Corazzini risponde di non ess. un
poeta, mentre Gozzano afferma ironicamente che si vergogna di ess. un poeta e ne I
colloqui scrive il suo nome tutto attaccato con le lettere minuscole dicendo di ess.
una cosa, con un’evidente diminuzione dell’identità del poeta.

Son forse un poeta? Un musico, allora?


No, certo1. Nemmeno.
Non scrive che una parola, ben strana, Non c’è che una nota
la penna dell’anima mia: nella tastiera dell’anima mia:
“follia”2. “nostalgia”2.
Son dunque un pittore? Son dunque... che cosa?3
Neanche. Io metto una lente
Non ha che un colore davanti al mio cuore
la tavolozza dell’anima mia: per farlo vedere alla gente4.
“malinconia”2. Chi sono?
Il saltimbanco dell’anima mia5.
1
P., da questi primi due versi, sembra collocarsi nella scia di Corazzini.
2
Qui torniamo ancora nell’orizzonte semantico della poesia crepuscolare.
3
Cambia tutto nei versi finali della poesia, perché alla negazione della propria
identità di poeta segue il tentativo di definizione di un’identità altra → la figura
tradizionale del poeta non c’è più, però c’è qualcos’altro → alla risposta negativa dei
crepuscolari, qua si aggiunge una risposta affermativa, che però sposta e cambia in
maniera definitiva e, per certi versi, irreversibile quella che era la funzione del poeta.
4
Questi tre versi introducono un principio cardine del primo quindicennio del
secolo, ossia il concetto di deformazione → non si rappresenta la realtà così com’è
ma deformata → mettere una lente davanti al cuore implica inserire anche uno
schermo tra sé e il pubblico, uno schermo tra l’altro di tipo deformante, perché la
lente per sua natura restituisce una visione diversa della realtà.
5
Il saltimbanco tradizionalmente è colui che fa ridere, ma, facendo ciò, ha anche
la licenza di mettere in discussione il potere e l’ordine costituito e le norme sociali su
cui l’ordine poggia → il buffone mette in ridicolo la norma sociale → questa è una
tradizione che proviene dalla letteratura popolare fin dal Medioevo e dal
Rinascimento → lo mette in evidenza l’importante critico russo Bachtin, che riflette
sulla letteratura popolare soprattutto del ‘400-’500 e in particolare riflette sulla
funzione del carnevale nella società e nella letteratura popolare di quel periodo → la
festa del carnevale ha la funzione di inserirsi all’interno delle celebrazioni religiose
19

che precedono la Pasqua → il carnevale aveva la funzione di interrompere il


momento serio della celebrazione religiosa, come per far sfogare le energie prima di
affrontare il momento della Pasqua → il carnevale aveva però anche un’importante
funzione sociale, in quanto si trattava di una sorta di sfogo autorizzato per tutte le
pulsioni di ribellione nei confronti dell’autorità, perché durante il carnevale tutto è
lecito, venendo così a scardinare tutte le rigide gerarchie sociali.
- Dunque il saltimbanco tradizionalmente ha proprio il ruolo di operare un
rovesciamento della norma sociale e di proporre un divertimento che è una
diversione, un allontanamento rispetto alla norma, che prevede un atteggiamento di
tipo dissacratorio e provocatorio rispetto all’ordine sociale.
- Dunque il saltimbanco di P. non vuole soltanto farci ridere per farci dimenticare i
guai, in maniera consolatoria → ha invece la funzione di mettere in crisi e alla
berlina, attr. la sua lente deformante, non soltanto il suo cuore ma anche tutte le
ipocrisie e le storture della moderna società borghese, con riferimento soprattutto al
codice di norme morali, anche utilizzando il registro dell’osceno o del parodico.

> Temi di Chi sono?:


❖ messa in discussione del ruolo del poeta → «Son forse un poeta? / No certo»;
❖ elementi che appartengono al lessico crepuscolare → «“follia”»,
«“malinconia”», «“nostalgia”»;
❖ individuazione di una nuova funzione (eversiva) del poeta → «Chi sono? / Il
saltimbanco dell’anima mia».

> E lasciatemi divertire (da L’incendiario) → nella poesia viene letto il divertimento
(elemento che si collega direttamente alla figura del saltimbanco) come cardine della
poetica palazzeschiana → bisogna ricordarsi che il divertimento è soprattutto
diversione e allontanamento dalla norma, tant’è vero che in questo caso si trova
un’opposizione di tipo polemico tra il poeta che recita i suoi versi, tra il poeta che
recita le sue grullerie e le sue stramberie e il pubblico, che non accetta le stramberie
del poeta, il quale rivendica la sua libertà di dire ciò che vuole → infatti, siccome gli
uomini non chiedono più nulla ai poeti, essi sono autorizzati a dire ciò che vogliono.
- La poesia è ricca di onomatopee → solitamente l’onomatopea costituisce il grado
zero del linguaggio, perché si ha una corrispondenza tra il significante (cioè il suono)
e il significato (“la cosa, l’oggetto”, per così dire).
- P. non usa le onomatopee in senso mimetico rispetto alla realtà ma le usa in
maniera creativa, perché i suoi suoni sono inventati e non hanno una esatta
corrispondenza con qualcosa → infatti definisce ciò che sta facendo come
“corbellerie”.
20

Tri tri tri, Sono la mia passione.


fru fru fru, Farafarafarafa,
uhi uhi uhi, Tarataratarata,
ihu ihu ihu. Paraparaparapa,
Laralaralarala!
Il poeta si diverte,
pazzamente, Sapete cosa sono?
smisuratamente. Sono robe avanzate,
Non lo state a insolentire, non sono grullerie,
lasciatelo divertire sono la… spazzatura
poveretto, delle altre poesie1.
queste piccole corbellerie
sono il suo diletto. Bubububu,
fufufufu,
Cucù, rurù, Friù!
rurù cucù, Friù!
cuccuccurucù!
Se d’un qualunque nesso
Cosa sono queste indecenze? son prive,
Queste strofe bisbetiche? perché le scrive
Licenze, licenze, quel fesso?2
licenze poetiche.
1
Qua vediamo una cosa importante → da una parte il desiderio di far esplodere il
codice poetico e letterario che appartiene alla tradizione, dall’altra costruire qualcosa
di nuovo proprio con le rovine di quel codice → si fa esplodere il linguaggio della
tradizione per costruire un linguaggio poetico diverso proprio a partire dalla
spazzatura delle altre poesie.
2
Questi suoni non hanno alcun significato e non ci sono nessi tra l’uno e l’altro →
ma allora perché li scrive?

[...]
Non è vero che non voglion dire3,
vogliono dire qualcosa.
Voglion dire…
come quando uno si mette a cantare
senza saper le parole4.
Una cosa molto volgare5.
Ebbene, così mi piace di fare.
3
Il poeta risponde alle obiezioni del pubblico.
4
Rivalutazione del significante a scapito del significato → non tutto per forza deve
avere un significato, ma si possono valorizzare anche altri aspetti della parola
poetica e letteraria, come il significante, il suono.
21

5
Volgare perché va contro la consuetudine dei benpensanti borghesi, che
pretendono dal poeta una poesia ben fatta → volgarità come elemento provocatorio
contro la norma sociale e morale.

[...] […]
Ma giovinotto6, Lasciate pure che si sbizzarrisca,
diteci un poco una cosa, anzi, è bene che non lo finisca,
non è la vostra una posa, il divertimento gli costerà caro:
di voler con così poco gli daranno del somaro.
tenere alimentato […]
un sì gran foco? Certo è un azzardo un po’ forte
[ …] scrivere delle cose così,
Come si deve fare a capire? che ci son professori, oggidì,
Avete delle belle pretese, a tutte le porte.
sembra ormai che scriviate in giapponese.
6
Le obiezioni del pubblico rappresentano il pensiero comune, la norma.

[…]
Infine,
io ho pienamente ragione,
i tempi sono cambiati,
gli uomini non domandano più nulla
dai poeti:
e lasciatemi divertire!7
7
Dal momento che ha perso la sua funzione sociale, il poeta ha la libertà di avere la
funzione che più preferisce, che in questo caso è una funzione anti-sociale ed
eversiva, proprio rispetto a quella che era la classe egemonica, basata su un rigido
codice morale e normativo → non è più necessario nemmeno farsi capire, ma ciò
che importa è il gesto, la provocazione.

> L’edizione del 1913 presenta anche un saggio di accompagnamento alle poesie di
P. scritto da Marinetti, intitolato Il poeta futurista Aldo Palazzeschi → «E lasciatemi
divertire è il più bel trattato d’arte poetica, e insieme lo schiaffo più poderoso che abbiano
mai ricevuto in faccia i passatisti italiani» (ossia i borghesi benpensanti).

> Temi di E lasciatemi divertire:


➔ uso innovativo del linguaggio poetico → impiego delle onomatopee, che
rappresentano una sorta di grado zero del linguaggio e che prefigurano una
sperimentazione spostata sul versante del significante/suono;
➔ rovesciamento alto-basso → registro del sublime vs volgarità e grottesco;
➔ uso del discorso diretto senza segni di interpunzione → cfr. voce del pubblico;
➔ divertimento come messa in crisi delle norme linguistiche e sociali:
22

- interruzione del piano della comunicazione → la comprensione non è


più importante;
- nuovo ruolo eversivo del poeta.

28 SETT. 2021

> FAUSTO CURI, PERDITA D’AUREOLA, 1977 → il titolo è chiaramente una


citazione del poemetto di Baudelaire, Lo spleen di Parigi, che è utilizzato anche da
un altro critico molto importante, Walter Benjamin, che ha dedicato uno studio a
Baudelaire, mettendo in evidenza come egli costituisca un discrimine tra le epoche
passate e la modernità.
- Fausto Curi nel suo saggio fa riferimento sia al poemetto di Baudelaire sia
all’interpretazione di esso fatta da Benjamini sia al saggio di Bachtin → attr. tutto ciò
Curi arriva a definire l’opera di Palazzeschi come interessata da un processo di
carnevalizzazione della poesia

> M. BACHTIN, L’OPERA DI RABELAIS E LA CULTURA POPOLARE → Bachtin


analizza la cultura popolare e la letteratura parodica e grottesca, riferita soprattutto
alla letteratura del Medioevo e del Rinascimento.
- Bachtin mette in evidenza come la letteratura parodica e grottesca collegata alla
letteratura popolare nasca da una sorta di rovesciamento della visione prospettica
della realtà e di fatto trova la sua espressione sociale nel gioco carnevalesco, dove
si annullano non solo gli ordini gerarchici che dividono la realtà sociale ma anche
ogni altro tipo di divisione determinata dal potere o dal denaro → così il periodo del
carnevale e il processo di carnevalizzazione della realtà corrispondono a una sorta
di livellamento della società → nella cultura popolare si effettua spesso una
rappresentazione rovesciata della realtà stessa (basso al posto dell’alto e dominio
della parte inferiore del corpo e dell’osceno) → Bachtin rileva quindi un processo
sistematico di desacralizzazione del reale e del sociale e un rovesciamento della
norma attr. la ridicolizzazione dei valori costituiti (cfr. E lasciatemi divertire).
- Bachtin individua tre categorie in cui possono ess. comprese le molteplici
manifestazioni ed espressioni della cultura comica e popolare tra Medioevo e
Rinascimento:
1. forme di riti e spettacoli → cfr. divertimenti di tipo carnevalesco, azioni
comiche sulla pubblica piazza ecc.;
2. opere comiche verbali (comprese le parodie);
3. forme e generi differenti del discorso familiare e di piazza → cfr. ingiurie
spergiuri, bestemmie ecc.
- Bachtin inoltre sottolinea come il carnevale sia la seconda vita del popolo, perché è
organizzato sul principio del riso (cfr. importanza della risata e del divertimento nella
poesia di Palazzeschi) → il carnevale è in opposizione alla festa religiosa ufficiale e
costituiva una sorta di liberazione temporanea dalla verità dominante e dal regime
23

esistente, un’abolizione provvisoria di tutti i rapporti gerarchici, dei privilegi, delle


regole e dei tabù → le forme e i simboli della lingua carnevalesca sono dunque
caratterizzati dall’originale logica del “mondo alla rovescia”, all’incontrario, dalla
logica delle permutazioni continue dall’alto in basso, del volto del deretano, parodie,
travestimenti, abbassamenti, profanazioni, incoronazioni e detronizzazioni burlesche
→ parodia della vita normale che viene rovesciata → il riso carnevalesco è popolare
(appartiene a tutti), è universale, è ambivalente (beffardo e sarcastico), ha la
funzione di abbassare e materializzare ed è sempre legato al basso corporeo →
infatti tre motivi tipici della letteratura carnevalesca sono le immagini grottesche, la
follia tipica del grottesco e infine il motivo della maschera.

> Curi e Sanguineti mettono in evidenza come, sia per i crepuscolari che per i
futuristi, sia centrale il motivo del SUPERAMENTO DEL SUBLIME e della
concezione del bello legata a una tradizione di tipo ottocentesco → chiaramente
tutto ciò avviene anche in riferimento a D’Annunzio, autore che è un imprescindibile
punto di riferimento, anche dialettico, sia per i crepusculari che per i futuristi.
- Secondo Curi l’attraversamento di D’Annunzio e, in generale, della tradizione del
sublime avviene in due modi diversi → o per rovesciamento o per estenuazione → al
primo tipo appartengono i futuristi (cfr. E lasciatemi divertire di Palazzeschi), mentre
al secondo tipo appartengono i crepuscolari, i quali svuotano il sublime e la cui
operazione ha un senso psicologico e ideologico, prima che stilistico → «si tratta di
assumere fino in fondo il proprio ruolo di poeti venuti dopo la crisi del mito e del sublime e
di accettare senza riserve la funzione di cronisti della quotidianità. Quella di Gozzano è
sempre una poesia di secondo grado. La poesia è il simulacro di una parola innocente
andata perduta e irrevocabile» → Gozzano infatti si riferisce sempre a un passato che
è inattingibile, che è il luogo del desiderio, dove la poesia e l’arte avevano ancora un
senso.
- Sanguineti (in Tra liberty e crepuscolarismo, Milano, 1961) osserva però come
anche quello dei crepuscolari sia, a suo modo, un rovesciamento → seppur meno
esibito rispetto a quello di Palazzeschi, anche i crepuscolari rovesciamo il sublime
nell’ironia, nel sentimentalismo, nel senso di malinconia ecc. → secondo Sanguineti
infatti «il rovesciamento è caratteristico di tutta la cultura del crepuscolarismo: l’ironia di
Gozzano, il sentimentalismo di Corazzini, il grottesco di Palazzeschi nascono da un
medesimo principio, da una equivalente trovata artistica, nascono dalla scoperta che, ad un
certo punto della storia, il sublime non è più tollerabile in alcun modo, se non nella sua
dimensione rovesciata».
- Il sublime non è più attuabile né attuale → dunque come si supera questa
dimensione? → si supera o con un rovesciamento esplicito e attr. anche il codice del
grottesco e del basso corporeo (cfr. Palazzeschi) oppure con un’estenuazione o
rovesciamento mascherato, propri dei crepuscolari.
- Laddove il sublime va ad annullarsi nel suo contrario (ossia ciò che è banale,
quotidiano, prosaico e ciò che è, per certi aspetti, antivitale), quello che è certo è che
sia crepuscolarismo che futurismo nascono da un uguale problema, ossia la crisi
24

irreversibile di un’epoca e la nascita di un’altra epoca, la modernità → alla


consapevolezza della crisi seguono delle risposte, che sono in parte diverse.

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FUTURISMO → I MANIFESTI

> Manifesto del futurismo → la data di pubblicazione ufficiale è il 20 febbraio 1909


sul quotidiano parigino Le Figaro, ma in realtà non è la data vera → il manifesto
infatti non era completamente inedito → Marinetti aveva completato la stesura del
manifesto nel dicembre 1908 e aveva progettato di pubblicarlo nel numero
conclusivo dell’anno 1908 della rivista Poesia (rivista nata nel 1905, con sede a
Milano e diretta dal curioso scrittore Sem Benelli, all’epoca uno degli autori più letti e
che nelle tirature rivaleggiava addirittura con D’Annunzio, del quale imitava anche il
vivere in maniera sfarzosa, anche oltre le proprie possibilità), che aveva una grande
visibilità all’epoca → Marinetti pensava di dedicare un intero numero al nascente
movimento futurista, preparando prima il terreno con la pubblicazione dell’importan-
tissimo trattato del critico Lucini sul verso libero → Marinetti comincia anche a
pubblicizzare non solo il numero della rivista ma anche il manifesto che in esso
sarebbe stato pubblicato, dimostrandosi veramente abile nello sfruttare i mezzi di
comunicazione che si stavano affermando in quel momento in Italia (cfr. pubblicità)
→ Marinetti dunque comincia a inviare alle redazioni di tutti i principali quotidiani e
riviste d’Italia (e anche d’Europa) i punti programmatici del Manifesto, che saranno
tra l’altro pubblicati dalla piccola Gazzetta dell’Emilia già nel 1908 → era quindi tutto
pronto per la pubblicazione ufficiale, che a questo punto avrebbe avuto una grossa
risonanza → sul finire del 1908 accadde però la disgrazia del terremoto di Messina,
seguito dall’onda anomala che rade al suolo la città → questo evento monopolizza la
stampa, perciò Marinetti decide di rimandare la pubblicazione del Manifesto, perché
in questo contesto sarebbe passato del tutto inosservato → alla fine, siccome
Marinetti aveva vissuto per un lungo periodo in Francia e aveva contatti con
l’ambiente parigino, riesce nel 1909 a pubblicare il Manifesto su Le Figaro.
- Già questo episodio della pubblicazione la dice lunga sulla capacità di Marinetti di
capire gli umori del pubblico moderno e di saper sfruttare i meccanismi della società
moderna.
- Nel corso dello stesso anno pubblica un altro importante manifesto, intitolato
Uccidiamo il chiaro di luna → già dal titolo si intuisce come sia già programmatica
l’intenzione di fare tabula rasa della tradizione e di tutto quel bacino immaginario
legato alla tradizione del sublime, come appunto l’immagine della luna.
- Nel 1910 abbiamo due manifesti molto importanti dedicati alla pittura → sono molto
importanti perché la riflessione sulla pittura e l’elaborazione della poetica futurista in
ambito pittorico in qualche modo precedono l’elaborazione della poetica futurista in
campo letterario.
- Maggio 1912 → Manifesto tecnico della letteratura futurista.
25

- Maggio 1913 → Distruzione della sintassi, Immaginazione senza fili, Parole in


libertà (molto importante).
- 1914 → Lo splendore geometrico e meccanico e la sensibilità numerica (dedicato
sempre alla letteratura).

> MANIFESTO DEL FUTURISMO, LE FIGARO, 1909:


- Il Manifesto comincia con l’uso della prima persona plurale («Avevamo vegliato tutta
la notte»), che sottintende un “noi”, che evidentemente si riferisce a un gruppo → la
prima caratteristica del movimento futurista è quello di ess. organizzato attr. un
gruppo, il quale promuove l’azione del movimento → dunque non si tratta più di un
autore isolato o di più autori che lavorano in maniera indipendente l’uno dall’altro, ma
si tratta dell’azione di un gruppo che si riconosce come tale attr. appunto un
programma espresso attr. manifesti.
- Nel prologo viene di fatto raccontata la storia di una folle corsa in auto di Marinetti e
dei suoi sodali, che si conclude con un incidente → la macchina finisce nel fango e
Marinetti riemerge dal fango per dettare al mondo le sue volontà, cioè i punti
programmatici.
- È importante sottolineare come nel prologo sia fatto costante riferimento ai
fenomeni che caratterizzano più direttamente la modernità → si parla di «lampade di
un cuore elettrico» (è proprio in questi anni che città come Milano diventano delle
metropoli e le città conoscono per la prima volta l’illuminazione elettrica), «i forni
infernali della grandi navi», «le locomotive lanciate a pazza corsa», «gli enormi tramvai a
due piani», «gli automobili famelici», «i pneumatici scottanti» → Marinetti qui sottolinea
gli elementi propri della rivoluzione tecnologica che ha interessato la società.
- A questo racconto seguono i punti programmatici → qui ne vengono analizzati solo
alcuni, i quali mettono bene in evidenza quali sono i caratteri principali della poetica
futurista, la quale interessa non solo la letteratura, ma interessa in egual misura
anche la pittura e interesserà anche il teatro, il cinema, la musica, l’architettura, il
costume, la moda, la cucina e la politica → il futurismo dunque si costituisce come
movimento promosso da un gruppo la cui azione artistica è interdisciplinare → si può
desumere inoltre la caratteristica di un’azione globale non rivolta esclusivamente
all’ambito artistico ma anche alla sfera sociale e politica → l’azione dell’avanguardia
si rivolge al mondo della creazione artistica in modo interdisciplinare e si indirizza
anche all’ambito sociale e politico o desidera avere una ricaduta sulla società →
questa è una soluzione che si propone in maniera contrapposta e dialettica rispetto a
quella data dai crepuscolari → l’idea dei futuristi è quella di tornare nuovamente ad
avere un posto nella società, sì completamente diverso ma che in qualche modo sia
interprete del cambiamento radicale della modernità e sia consono ai tempi così
mutati → per fare questo però occorre sostituire al vecchio ruolo del poeta e al
vecchio canone estetico → il principio attorno a cui verte il nuovo canone estetico è
quello del movimento, che rappresenta il cuore della poetica futurista:
26

«3. La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi
vogliamo cantare il movimento [...]».
- Il movimento viene individuato come il principio cardine della nuova realtà → i
nuovi mezzi di trasporto cambiano in qualche modo la visione del mondo.
- Vediamo come l’idea del movimento sia ribadita nel punto 4, dove viene
esplicitamente postulata la sostituzione del vecchio canone estetico con uno nuovo:
«4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza
nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa [...] è più bello della
Vittoria di Samotracia».
- La velocità, il movimento, o meglio il dinamismo è l’elemento che si viene a
sostituire al vecchio concetto di bellezza, che si identificava con la Nike di
Samotracia, un famosissimo gruppo scultoreo di età ellenistica, preso da sempre
come modello di bellezza, rappresentava il canone estetico per eccellenza → l’idea
è dunque quella di sostituire il vecchio canone estetico con il dinamismo, il cui
simbolo è spesso rappresentato dall’automobile.
- Spesso si parla del futurismo associandolo a una sorta di idolatria delle macchine e
di esaltazione dell’automobile → in realtà questo non è corretto, perché ciò che si
esalta è il movimento, il principio dinamico, che poi è spesso rappresentato
dall’automobile o dal treno → però ciò che importa è il dinamismo, come principio
cardine attorno a cui si organizza la nuova realtà e, di conseguenza, diviene il
principio cardine dell’opera d’arte.
- Il dinamismo, inoltre, comporta una riformulazione delle coordinate spa-
zio-temporali su cui si basano la logica tradizionale e la consueta interpretazione
della realtà:
«8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli. [...] Il tempo e lo spazio
morirono ieri [...]».
- L’idea è quella di un azzeramento delle coordinate spazio-temporali che
sorreggono la consueta interpretazione della realtà → la nostra interpretazione della
realtà avviene sempre in base alle coordinate di spazio e di tempo → un
avvenimento è avvenuto in quel luogo e in quel tempo → in qualsiasi nostra
interpretazione entrano lo spazio e il tempo, che sono due misure del tutto
convenzionali.
- I cambiamenti introdotti a livello tecnologico nella possibilità di spostamento
cambiano radicalmente la concezione di tempo e di spazio → ciò che prima era
molto lontano improvvisamente diventa più vicino.
- Un’altra idea è quella di fare tabula rasa della tradizione, rappresentata da alcuni
luoghi tipici della cultura tradizionale:
«10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie [...]».
- Rinnovamento totale dell’arte che segue al totale rinnovamento della sensibilità
umana che contraddistingue l’epoca moderna.
27

QUADRI FUTURISTI

- A partire dalla pittura si comprende meglio come il dinamismo sia sentito come
principio cardine della realtà e quindi anche dell’opera d’arte.

> G. Balla, Lampada ad arco (1911) → costituisce il corrispettivo pittorico del


manifesto Uccidiamo il chiaro di luna → infatti viene ritratta una lampada che, con
la nuova illuminazione di tipo elettrico, sovrasta il chiaro di luna con la sua forte
luce.
- È interessante notare la tecnica pittorica → i futuristi riprendono la lezione dei
postimpressionisti, dei divisionisti e (soprattutto) dei macchiaioli, che consiste nel
rendere le atmosfere luminose attr. dei filamenti di colore → in questo caso sono
posti quasi a formare una “v” e danno l’idea della luce che si espande.
- Questo interessa solo i primi anni del movimento futurista → poi infatti i pittori
futuristi operano una sorta di fusione tra l’attenzione ai valori luminosi (propria
dell’impressionismo e del postimpressionismo) e la scomposizione delle forme
(propria del cubismo).

> G. Balla, Dinamismo di un cane al guinzaglio (1911) → l’idea è quella di rendere


il movimento → è però un’impresa rendere il movimento in pittura, poiché essa per
sua natura rappresenta un’immagine immobile → Balla trova la soluzione
guardando alle sperimentazioni del periodo su lastra fotografica.
- La fotografia inizia a prendere piede intorno agli anni ‘70-’80 dell’‘800 e si
sviluppa sempre più nel primo decennio del ‘900, fino a divenire una risorsa alla
portata di sempre più persone e che sostituisce l’usanza di farsi il ritratto.
- La fotografia conosce anche una sperimentazione di tipo artistico → in questo
ambito si muoverà soprattutto Bragaglia con La foto dinamica futurista → l’idea
(che è anche un po’ l’idea embrionale del cinema) è quella di mettere in sequenza
le immagini.
- In questo caso il senso del movimento dinamico è dato dalla reduplicazione dei
piedi della signora e delle zampe del cane.

> U. Boccioni, La strada entra nella casa (1911) → sono impiegati non solo i colori
stesi con la tecnica postimpressionista (con i puntini e i filamenti che danno
l’impressione di un movimento di colori) ma anche la tecnica cubista della
scomposizione dei piani, per cui sembra appunto che la strada entri nella casa, in
una sorta di prospettiva ribaltata.
- Rapporto cubismo-futurismo → i futuristi apprezzano sicuramente l’idea della
scomposizione dei piani propria della pittura cubista, cioè l’idea della volontà di
una restituzione integrale dell’oggetto nella sua forma ideale, più che reale → i
cubisti scompongono gli oggetti della realtà mettendone tutte le facce, anche
quelle che non si vedono, su un piano (senza utilizzare più la prospettiva dunque)
→ il cubismo, attr. la deformazione, mira a rappresentare la forma ideale e pura
dell’oggetto.
28

- Ciò che però i futuristi rimproverano ai cubisti è il fatto di rappresentare la realtà


in maniera statica, cercando di rappresentare la loro forma ideale.
- Per i futuristi invece è centrale l’aspetto dinamico → infatti nel quadro di Boccioni
c’è la scomposizione dei piani cubista ma è tutta organizzata attorno al fulcro
prospettico dell’uomo girato di spalle, dando così l’idea quasi di movimento, quasi
come se la piazza convergesse su se stessa come in un vortice, mentre tutte le
cose vanno a compenetrarsi l’una con l’altra.

> G. Balla, Automobile in corsa (1913) → a ess. rappresentata non è l’automobile


(perché poco interessava dipinge un’automobile) ma il movimento dell’automobile,
tanto da raggiungere degli esiti quasi astratti → infatti nel quadro di Balla è il titolo
che ci guida alla decifrazione e comprensione di ciò che si vede → è difficile
scorgere la figura di un’automobile perché l’artista si concentra sugli pneumatici, di
cui rende il movimento dinamico → questo ci fa capire bene come il centro di
interesse della pittura futurista sia il movimento, non l’automobile.

> U. Boccioni, Materia (1912-13) → viene ripresa la tecnica di scomposizione dei


piani e dello spazio di matrice cubista → questo quadro però dà anche un
maggiore senso di dinamismo rispetto alla Natura morta di Picasso, perché è tutto
organizzato attorno alle mani della madre (il quadro fa infatti parte di una serie di
ritratti della madre).

- C’è un altro principio cardine per rappresentare il dinamismo → siccome il


dinamismo non si può rappresentare in un quadro come una bottiglia, per riuscire
a dare il senso del movimento in quadro statico bisogna deformare la realtà → il
concetto di deformazione è comune sia agli impressionisti (che deformano
secondo la luce) sia ai cubisti (che deformano secondo i volumi) sia ai futuristi (che
deformano secondo il dinamismo).

- Nei quadri impressionisti tra le figure si vanno a instaurare dei rapporti luminosi
→ la realtà non è descritta così com’è ma secondo rapporti di luce così come
vengono percepiti in un preciso istante di tempo dal soggetto che dipinge →
l’impressionismo rappresenta l’impressione di un attimo fuggente
29

> DISTRUZIONE DELLA SINTASSI, IMMAGINAZIONE SENZA FILI, PAROLE IN


LIBERTÀ, 1912:
- Il manifesto è importante perché nel titolo si colgono i tre aspetti principali della
sperimentazione futurista in ambito letterario → la distruzione della sintassi, l’idea
dell’immaginazione senza fili (che è basata sull’uso dell’analogia) e la tecnica delle
parole in libertà (ossia le tavole parolibere).
- Anche in questo caso il manifesto è diviso in una serie di paragrafi → è
interessante partire dal primo di essi, perché dà un po’ il polso della situazione e di
ciò che abbiamo detto finora:
«Il futurismo si fonda sul completo rinnovamento della sensibilità umana
avvenuto per effetto delle grandi scoperte scientifiche1. Coloro che usano oggi del
telegrafo, del telefono e del grammofono, del treno, della bicicletta, della
motocicletta, dell’automobile, del transatlantico, del dirigibile, dell’aeroplano,
del cinematografo, del grande quotidiano (sintesi di una giornata del mondo) non
pensano che queste diverse forme di comunicazione, di trasporto e
d’informazione esercitano sulla loro psiche una decisiva influenza2».
1
Le scoperte tecnologiche della seconda rivoluzione industriale, che cambiano la
vita quotidiana e anche la sensibilità e la percezione che ne ha l’uomo comune,
immerso nella nuova realtà.
2
Dunque queste nuove tecnologie presuppongono e portano a un totale cambia-
mento della sensibilità umana → per questo è necessaria la sensibilità futurista, la
quale si fa interprete della nuova sensibilità moderna.

- Distruzione della sintassi → in cosa consiste?


● utilizzo del verbo all’infinito, con la conseguente scomparsa del soggetto;
● uso delle onomatopee;
● abolizione dell’aggettivo e dell’avverbio;
● abolizione della punteggiatura, sostituita in parte da segni matematici
- Perché i futuristi si ingegnano a fare tutto questo? → anche in questo caso a
guidare è il movimento dinamico → anche la comunicazione letteraria deve ess.
dinamica → come il dinamismo è il principio attorno a cui si organizza la pittura
futurista, così il dinamismo è il principio attorno a cui si organizza anche la letteratura
futurista.
- In cosa si vede dunque il dinamismo nella letteratura?
❖ l’idea di abolire tutti i nessi che rallentano il discorso permette appunto di
velocizzare la comunicazione e dare dinamicità al discorso;
❖ soprattutto però si trova la distruzione del vecchio periodo latino, basato sulla
consecutio temporum → l’abolizione del tempo del verbo abolisce la
dimensione del tempo nel periodo, perché il sistema di coordinate e
subordinate prevede la coordinazione dei tempi verbali e stabilisce un diverso
ordine tra principale e subordinata anche rispetto al tempo → dunque l’idea di
30

utilizzare il verbo all’infinito va proprio a scardinare quella coordinata


temporale di cui si diceva al punto 8 del Manifesto futurista;
❖ togliendo il tempo finito, ci si scardina anche dalla presenza del soggetto,
facendo così tabula rasa della tradizione lirica → il verbo all’infinito
chiaramente non ha un soggetto.

- Immaginazione senza fili → questa parte è dedicata alla figura retorica


dell’analogia, preferita rispetto alla metafora alla similitudine e può ess. definita una
metafora o una similitudine condensata → cioè nell’analogia vengono eliminati tutti i
termini di paragone e viene favorito l’accostamento tra i due termini senza che vi sia
una mediazione e l’esplicitazione di un legame (es. “automobile ghepardo” anzichè
“l’automobile veloce come un ghepardo”) → anzi, più i termini sono lontani, più
funziona l’analogia, perché stimola la nostra immaginazione e consente di stabilire
plurimi rapporti tra elementi anche molto distanti tra loro.
«L’analogia non è altro che l’amore profondo che collega le cose distanti,
apparentemente diverse ed ostili. Solo per mezzo di analogie vastissime uno stile
orchestrale, ad un tempo policromo, polifonico e polimorfo, può abbracciare la
vita della materia».

4 OTT. 2021

- Immaginazione senza fili → attr. la letteratura futurista si cerca di attivare l’immagi-


nazione del lettore utilizzando, come figura retorica principale, l’analogia, impiegata
al posto delle più tradizionali similitudine e metafora → l’analogia è un modo per
collegare tra loro cose anche molto distanti e il collegamento avviene per lo più per
accostamento, senza che vi sia esplicitato alcun termine di paragone (es.
“automobile purosangue”) → l’analogia dunque esce fuori dall’impianto logico
tradizionale basato sul principio causa-effettuale → l’analogia però, secondo
Marinetti, deve collegare cose molto diverse tra loro (es. «folla imbuto» in Zang Tum
Tumb → immagine della folla che defluisce attr. una via) → si tratta quindi di
accostamenti inediti, che cercano di attivare l’immaginazione del lettore, aprendo il
testo a più sensi e significati:
«Per immaginazione senza fili, io intendo la libertà assoluta delle immagini o
analogie, espresse con parole slegate e senza fili conduttori sintattici e senza
alcuna punteggiatura. Gli scrittori si sono abbandonati finora all’analogia
immediata1. Hanno paragonato per esempio l’animale all’uomo o ad un altro
animale, il che equivale ancora, a una specie di fotografia2. Hanno paragonato
per esempio un fox-terrier a un piccolissimo puro sangue. Altri più avanzati,
potrebbero paragonare quello stesso fox-terrier trepidante a una piccola
macchina Morse. Io lo paragono, invece, a un’acqua ribollente. V'e in ciò una
gradazione di analogie sempre più vaste, vi sono dei rapporti sempre più profondi
e solidi, quantunque lontanissimi. L’analogia non è altro che l’amore profondo
31

che collega le cose distanti, apparentemente diverse ed ostili. Solo per mezzo di
analogie vastissime uno stile orchestrale, ad un tempo policromo, polifonico e
polimorfo, può abbracciare la vita della materia».
1
Ossia la metafora e la similitudine.
2
Cioè si sono fermati al piano del realismo.

- L’intento non è quello di rispecchiare in maniera mimetica la realtà ma di fare in


modo che il testo (o il quadro) sia esso stesso un elemento di realtà → per questo
più tardi Marinetti postulerà di assumere anche il peso, l’odore e il colore all’interno
della scrittura.
- Il critico Fausto Curi ha non a caso definito la poetica di Marinetti e del futurismo in
generale come «stilistica della materia», proprio per la volontà di far sì che il testo
letterario sia un elemento esso stesso della realtà.

- Parole in libertà → uno strumento per riuscire in questo intento è la rivoluzione


tipografica della pagina, cosicché essa viene ad acquisire una sua materialità e la
parola non è solo indagata nella sua componente semantica e significante
relativamente al suono ma anche nella sua valenza visiva.
«Io inizio una rivoluzione tipografica1 diretta contro la bestiale e nauseante
concezione del libro di versi passatista e dannunziana2, la carta a mano
seicentesca, fregiata di galee, minerve e apolli, di iniziali rosse a ghirigori,
ortaggi, mitologici nastri da messale, epigrafi e numeri romani. Il libro deve
essere l’espressione futurista del nostro pensiero futurista. Non solo. La mia
rivoluzione è diretta contro la così detta armonia tipografica della pagina, che è
contraria al flusso e riflusso, ai sobbalzi e agli scoppi dello stile che scorre nella
pagina stessa3. Noi useremo perciò in una medesima pagina, tre quattro colori
diversi d'inchiostro, e anche 20 caratteri tipografici diversi, se occorra. Per
esempio: corsivo per una serie di sensazioni simili o veloci, grassetto tondo per le
onomatopee violente, ecc. Con questa rivoluzione tipografica e questa varietà
multicolore di caratteri io mi propongo di raddoppiare la forza espressiva delle
parole4».
1
Il primo decennio del ‘900 è interessato da un profondo rinnovamento delle
tecniche di stampa, che consente una maggiore tiratura di quotidiani, riviste e libri →
il deciso miglioramento delle tecniche di stampa grazie alle innovazioni tecnologiche
comporta anche maggiori risorse nell’impaginazione dei testi → questo è evidente
nei testi pubblicitari, che si arricchiscono di sempre più elementi grafici in grado di
attirare e catturare l’attenzione → Marinetti era molto attento proprio a queste novità
proposte dall’arte pubblicitaria, la quale è a sua volta attenta a recepire le novità
introdotte dalle avanguardie (rapporto biunivoco - legame molto stretto).
2
Viene messo in soffitta il tradizionale libro, nella sua veste anche più pregiata →
qua Marinetti fa riferimento anche alle edizioni di pregio, cioè realizzate con una
tecnica tipografica raffinata, che riprende in qualche modo gli stilemi propri della
32

tradizione manoscritta → invece il libro deve sganciarsi da questa millenaria


tradizione.
3
Per Marinetti la pagina tradizionale non rende conto della situazione dinamica
della società contemporanea e, inoltre, si tratta di una fruizione obbligata, ossia si
legge una parola dopo l’altra → questo tipo di fruizione si definisce come
“diacronica”, cioè ha uno sviluppo del tempo, mentre la fruizione di un quadro è
diversa, in quanto si percepisce l’immagine in maniera simultanea nel suo insieme
→ si tratta dunque di una percezione “sincronica”.
- Le tavole parolibere intersecano questi due tipi di fruizione → diacronica perché
cmq ci sono delle parole, ma anche sincronica, perché il testo non si struttura più in
modo lineare, ma si struttura secondo i dettami di una vera e propria composizione
estetica → potremmo definirlo un icono-testo, perché di esso fanno ugualmente
parte sia la componente verbale sia quella visuale.
4
L’idea è quindi quella di un rafforzamento della parola ma anche di creare un
testo che ha già in sé una realtà autonoma e non ha alcun compito mimetico nei
confronti della realtà fenomenica.

> Es. di tavola parolibera → Dune (1914) di Marinetti → siamo ben lontani
dall’organizzazione classica della pagina di un libro → la tavola parolibera ha una
propria precisa organizzazione, che risponde anche a princìpi estetici.
- Nel titolo abbiamo anche un’altra indicazione → La declamazione futurista → infatti
nelle tavole parolibere non ci sono solo le componenti letteraria e artistica, ma anche
un’altra, che potremmo definire come “vocazione teatrale” → cioè secondo Marinetti
le tavole parolibere presupponevano una declamazione orale → secondo
Majakovskij (poeta del futurismo russo) con la declamazione Marinetti fa rientrare
dalla finestra quello che ha buttato via dalla porta → vale a dire che attr. le pause
della declamazione rientra anche quella punteggiatura che Marinetti aveva buttato
via.
- C’è poi tutta una serie di onomatopee:
● es. «dum dum dum» → secondo Marinetti doveva dare il senso del suono dei
tamburi che accompagnano il sorgere del sole africano, caldo e forte;
● es. «ran ran» → Marinetti dice che si tratta di un suono totalmente inventato e
che ha la funzione di rendere il senso dell’implacabilità del sole nel deserto.
- Ci sono poi altre parole che collegano direttamente (e fanno dipendere l’uno
dall’altro) il significante grafico e quello sonoro → per es. la parola «Sentimentale»
prevede una declamazione discendente, con il tono di voce che piano piano si
abbassa, perché la parola è scritta con caratteri via via più piccoli.
- Questo aspetto si vede meglio nella tavola parolibera di F. Cangiullo, che ne ha
composte molte e venivano pubblicate sulla rivista Lacerba, che era diretta da Papini
e Soffici ed era l’organo fiorentino del futurismo (inizialmente i due direttori erano
piuttosto scettici, ma poi Palazzeschi favorisce l’avvicinamento) → in questa tavola,
intitolata Fumatori, le parole, nella loro disposizione, danno proprio il senso delle
33

posizioni dei sedili nel treno e dei bagagli infilati sopra → dunque la disposizione
delle parole suggerisce l’immagine dello scompartimento del treno.
- Marinetti, ne Lo splendore geometrico, spiega il meccanismo dietro alla parola
«Fumare» e la definisce come una “analogia disegnata”, perché questa parola dà
l’idea della noia che si diffonde come il fumo nello scompartimento del treno → si
tratta di un rafforzamento del significato in maniera analogica, in quanto associato a
una sensazione.
- Dunque la declinazione visiva delle parole può andare o nel senso di un
collegamento tra significante sonoro e significante visivo o nel senso di un
collegamento tra significato e significante visivo → in ogni modo viene utilizzato
come un ampliamento delle possibilità della parola.
- È cmq importante notare come la tavola parolibera, nel tempo, vada sempre più
verso un’organizzazione pittorica, cioè verso una decisa valenza estetica (cfr. Apres
la Marne di Marinetti, 1915).

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LE RIVISTE DEL PRIMO NOVECENTO

> Non si può comprendere il ‘900 letterario se non si riflette sulla funzione
fondamentale delle riviste, che erano la sede deputata al dibattito e all’elaborazione
di nuove idee.

> La Voce è una rivista che ha una vita piuttosto lunga, anche se cambia un po’
anima durante gli anni → la fase più importante va dal 1908 (anno della sua
fondazione) fino al 1914.
- Si tratta di una rivista fiorentina → infatti fino agli anni ‘50 Firenze è un po’ la
capitale culturale del nostro paese.
- La rivista è fondata da Giuseppe Prezzolini, intellettuale e scrittore sicuramente
molto attivo nel panorama letterario e culturale dell’epoca.
- Dal 1914 al 1916 la rivista cambia pelle → non bisogna dimenticarsi che il 1914 è
l’anno di maggior impegno futurista da parte della rivista Lacerba → in questo
periodo La Voce abbassa un po’ i toni, cambia serie e vira verso questioni più
prettamente letterarie, che meno attengono alla vita culturale e politica del paese →
è diretta da Giuseppe de Robertis e viene detta “La Voce bianca” perché cambia il
colore della copertina.
- La Voce nel 1908 nasce proprio con il proposito di dare voce alla nuova
generazione di intellettuali, quelli che si stavano affermando con la rivoluzione della
società in atto nel primo ‘900, e idealmente si rivolge anche a un pubblico più ampio
rispetto alla solita cerchia di letterati → infatti aveva una veste grafica meno costosa
(perciò anche un costo di vendita contenuto) e adottava un linguaggio più moderno
→ aveva anche un taglio politico molto vivace (dichiaratamente anti-giolittiana) e si
proponeva di formare il nuovo ceto dirigente e intellettuale italiano.
34

- Idee caratteristiche di La Voce:


❖ si contrappone sicuramente all’estetismo tipico del periodo dannunziano e a
tutte le forme di decadentismo e simbolismo di fine secolo;
❖ si mette anche in discussione la concezione crociana dell’arte staccata dalla
vita → per i vociani invece l’arte ha molto a che fare con la vita e centrale è il
momento etico, cioè quello dell’impegno dei confronti della realtà;
❖ si privilegiano le forme di scrittura legate all’espressione della soggettività,
come le scritture dell’io, la forma del diario e dell’autobiografia e la forma del
poemetto in prosa → infatti si osserva un rifiuto abbastanza radicale dei
generi letterari tradizionali e vengono privilegiate le forme del frammento e del
poema in prosa, spesso di ascendenza diaristica.
- In sostanza si può dire che La Voce è un crogiuolo dove si sommano tante spinte
diverse e dove si ritrovano autori che hanno individualità anche molto diverse l’uno
dall’altro e la cui opera presenta caratteristiche proprie → è dunque impossibile
parlare di un movimento vociano o di una corrente vociana → La Voce è una rivista
che aggrega intellettuali, poeti e scrittori che in buona sostanza non si riconoscevano
nella tradizione e cercavano di fare qualcosa di diverso → tra di essi si possono
nominare (oltre a Campana e Sbarbaro) Umberto Tozzi e Ardengo Soffici → l’unico
comun denominatore è il rifiuto dei generi della tradizione, l’utilizzo di forme
frammentarie e la predilezione per il poema in prosa di ascendenza baudelairiana.

> Lacerba → è l’altra rivista protagonista della scena fiorentina e nazionale e che un
po’ mette in crisi La Voce nel 1914.
- La rivista è fondata nel 1913 da Papini e Soffici, che erano collaboratori di La Voce
→ Lacerba però vuole proporre un programma molto più radicale → la rivista dura
solo fino al 1915, perché (come dice l’editoriale di chiusura) con l’ingresso in guerra
dell’Italia si depone la penna e si imbracciano le armi → infatti Lacerba ha un deciso
carattere interventista, in linea con la propaganda marinettiana.
- Alla rivista collabora in maniera stabile anche Aldo Palazzeschi, che non è
assolutamente allineato sulle posizioni interventiste → infatti l’unico manifesto che
pubblica è Il controdolore, che si pone come esaltazione della risata a motore
creatore dell’universo.
- È proprio su Lacerba che viene pubblicato il manifesto Distruzione della sintassi.
Immaginazione senza fili. Parole in libertà, oltre a molte tavole parolibere di poeti e
pittori futuristi.
- La rivista riprende in maniera ironica il titolo di un poemetto trecentesco di Cecco
d’Ascoli, L’acerba.

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35

L’ESPRESSIONISMO

> Sempre in questi anni si afferma un’altra corrente di ambito europeo ma anche
italiani, ossia l’espressionismo → sono anni molto complessi, in cui si intrecciano
più suggestioni, stimoli e tentativi di superare la tradizione e interpretare la
modernità.
- L’espressionismo si interseca un po’ tra crepuscolarismo e futurismo → la sua
origine non è né italiana, ma tedesca, né letteraria, ma pittorica → il termine è di
origine tedesca ed è impiegato per definire gli artisti del Die Brücke, fondato a
Dresda nel 1905 → il termine poi viene a identificare anche una sperimentazione
non solo artistica ma anche letteraria del primo ‘900.
- Che cosa accomuna gli artisti e, poi, alcuni letterati? → l’idea, non nuova, secondo
cui la realtà non deve ess. rappresentata secondo i canoni oggettivi del naturalismo,
del realismo o del verismo ma con delle espressioni soggettive e deformanti (cfr.
L’urlo di Munch → l’urlo si propaga a tutto il paesaggio e lo deforma → l’uomo e il
paesaggio sono dunque rappresentati in maniera deformata secondo l’angoscia che
anima il soggetto) → si tratta quindi di una rappresentazione antinaturalistica,
straniata, tendente all’esasperazione dei contrasti e avente forme di forte
deformazione verbale e figurativa.
- Un altro elemento caratteristico è l’attenzione al brutto e al deforme, non a ciò che
è classicamente e canonicamente bello → cfr. rappresentazione di soggetti marginali
della società → abbiamo quindi attenzione verso la corporeità e la figura umana è
spesso ridotta a un burattino → tema del burattino e delle marionette si trova anche
ne Il libro per la sera della domenica di Corazzini, dove si osserva in alcune poesie
una matrice di tipo espressionistico.
- L’elemento espressionistico sarà presente anche nelle opere di Campana e
Sbarbaro → nell’antologia di Luperini questi due poeti sono appunto rubricati sotto
l’etichetta dell’espressionismo → nei manuali più recenti però è ormai entrata in
gioco per definire questi anni densi di stimoli diversi la categoria di modernismo.

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36

DINO CAMPANA

> C. era originario di Marradi, paesino dell’appennino tosco-romagnolo vicino a


Faenza → chiaramente interessato alle questioni letterarie, C. viene a Firenze e
cerca di stabilire delle relazioni con le personalità che contavano in quel momento
(es. Papini e Soffici) → diventa un assiduo frequentatore dei caffè di Piazza della
Repubblica (Le giubbe rosse, Paskowski e Gambrinus), che all’epoca era un luogo
molto vivace → le discussioni avvenivano non solo sulle pagine delle riviste ma
anche attorno ai tavolini dei caffè, dove di fatto avevano davvero sede le redazioni
delle riviste → i membri delle riviste si radunavano spesso nei caffè e tra loro
discutevano animatamente.
- È proprio in questo modo che C. conosce Soffici e Papini e decide di affidare a loro
il manoscritto della sua prima opera poetica, che all’epoca si intitolava Il più lungo
giorno → Soffici però smarrisce il manoscritto, fortunosamente ritrovato solo nel
1971 → C. non aveva un’altra copia ed è costretto a riscrivere a memoria le poesie,
ovviamente cambiandole molto → nel 1914 nascono quindi i Canti Orfici (si tratta di
un prosimetro) e decide di stamparli con una piccola stamperia vicino al suo paese
(la Stamperia Ravegli) e pubblica un numero abbastanza limitato di copie → poi
torna a Firenze a vendere le sue copie autografate.
> Sono molte le differenze tra Il più lungo giorno e i Canti Orfici → esse si possono
sintetizzare in un aspetto → Il più lungo giorno risente molto di più della
sperimentazione espressionista, cioè ha dei tratti espressionisti molto marcati,
mentre i Canti Orfici meno → infatti nella riscrittura a memoria C. attenua gli accenti
più violenti, volgari e brutali.
> Il titolo dei Canti orfici già dice molto rispetto a tutto quello che abbiamo visto finora
a proposito della messa in discussione del ruolo del poeta:
➔ Canti → già questo significa recuperare l’idea della poesia nella sua
accezione originaria, in linea con la tradizione → non a caso “Canti” è un titolo
utilizzato dai maggiori poeti del canone (es. Leopardi e Pascoli) → Canti
inoltre fa riferimento alla musica e a un’idea mitica, quasi ancestrale della
poesia → infatti la poesia, nella tradizione classica soprattutto greca ma
anche latina, è sempre abbinata alla musica e alla declamazione cantata;
➔ Orfici → riferimento a Orfeo:
- riferimento all’orfismo, all’idea di una poesia comprensibile solo per gli
iniziati, che è intrisa di mistero, è ardua e ha un potere quasi divinatorio
→ l’orfismo infatti allude in primo luogo alla riscoperta delle religioni
antiche, a scenari sospesi tra il mondo degli uomini e gli Inferi e a un
clima mistico e di misteriosa attesa, popolato di visioni (cfr. Novalis,
Mallarmé ma soprattutto riferimento forte a Nietzsche e a La nascita
della tragedia);
- Orfeo è l’emblema per antonomasia della figura del poeta, della poesia
e del potere della poesia → è il primo poeta, colui che in virtù del suo
canto e della sua musica riesce a entrare nel regno dell’Ade, riuscendo
37

a commuovere gli dei inferi → Orfeo grazie alla sua musica riesce a
esprimere il suo dolore e la sua disperazione per la perdita dell’amata
e a convincere gli dei inferi a far tornare Euridice nel mondo dei vivi.

> Non è dunque da poco che nel titolo C. inserisca questi elementi forti di richiamo
alla tradizione → il titolo è già in qualche modo programmatico → però la poesia di
C. è composita → cioè risente della tradizione e anzi per certi aspetti risale alle
origini mitiche, ancestrali e iniziatiche della tradizione, con la sua concezione di
poesia iniziatica e quasi divinatoria → in certa misura riprende anche alcuni elementi
del tardo simbolismo e li porta alle ultime conseguenze, esasperandoli → allo stesso
tempo la sua poesia è caratterizzata da un senso di lacerazione e di disarmonia
rispetto al tempo presente, che in qualche modo è consono a quella situazione di
instabilità che caratterizza l’intellettuale primo-novecentesco → questa idea di
sradicamento è invece contrapposta a un desiderio ideale di reintegrazione dell’io
nell’armonia profonda delle cose → senso della perdita di un’armonia profonda che
non è più recuperabile.
- Un elemento cardine del sistema poetico di C. è l’analogia (importanza e influenza
del futurismo), portata sempre alla sua esasperazione.
- Il soggetto poetico è colui che incarna questo senso di disarmonia e lacerazione e
allo stesso tempo il desiderio verso un mondo di armonia perduta, perché il soggetto
poetico spesso appare sulla scena nei panni del vagabondo e prevede anche una
degradazione feroce della figura del poeta, spesso con un lessico crudo e plebeo di
derivazione espressionista.
- La poesia dà anche un senso angoscioso attr. la ripetizione continua dei suoni e
che ha un carattere perturbante → molti scenari della poesia di C. sono molto simili
alla coeva esperienza della metafisica → nelle poesie di C. si ritrovano molti tratti
tipici delle iconografie di De Chirico, ma anche riferimenti alla pittura cubista e alla
pittura toscana trecentesca (es. Giotto, Masaccio e Masolino) → è stata definita
come una poesia visionaria, in cui dominano i temi della notte, il canto, l’evasione, il
presagio, il viaggio, la libertà, la scoperta, la tentazione, l’erranza, l’oblio, il ricordo
ecc.

> L’invetriata → cerchiamo di porre l’accento su due aspetti:


■ l’elemento espressionista, cioè di deformazione del paesaggio e della reaktà
circostante attr. l’interiorità del poeta;
■ la musicalità, in rapporto a un’idea ancestrale di poesia, quasi mitica, che si
perde nelle lontananze del tempo e del mito.

La sera fumosa d'estate


Dall'alta invetriata mesce chiarori nell'ombra1
E mi lascia nel cuore un suggello ardente2.
Ma chi ha (sul terrazzo sul fiume si accende una lampada) chi ha
A la Madonnina del Ponte chi è chi è che ha3 acceso la lampada? C'è
Nella stanza un odor di putredine: c'è
38

Nella stanza una piaga rossa languente4.


Le stelle sono bottoni di madreperla e la sera si veste di velluto:
E tremola la sera fatua: è fatua la sera e tremola5 ma c'è,
Nel cuore della sera c'è,
Sempre una piaga rossa languente6.
1
Il paesaggio è quello di un paesaggio estivo → siamo alla sera, i contorni sono
indistinti → l’aggettivo «fumosa» consente già di fare un collegamento tra ambiente
esterno e ambiente interno, perché a ess. descritta è una stanza, probabilmente di
una locanda o caffè, fumosa per il fumo degli avventori → può però riferirsi anche
alla nebbia tipica delle serate estive → l’aggettivo «fumosa» dunque può riferirsi tanto
all’interno quanto all’esterno e inoltre determina un collegamento tra le due
dimensioni.
- L’altro elemento di collegamento interno-esterno, tradizionalmente deputato a
questa funzione liminare, è la «invetriata», ossia i vetri della finestra, che
tradizionalmente uniscono esterno e interno → di fatto è proprio dall’invetriata che
entra il chiarore della sera fumosa nell’ombra della stanza.
2
Dall’esterno, poi all’interno della stanza, si passa infine all’interno del soggetto
poetico, mediato attr. la figura della luce → il chiarore interno alla stanza si trasforma
in «suggello ardente» all’interno del cuore del poeta.
3
Procedimento tipico della poesia di C., che si basa sulla figura delle ripetizione
ecolalica (quasi come fosse un’eco), ossia la ripetizione costante di sintagmi e
contemporaneamente la variazione nella ripetizione → il collegamento è a una
dizione originaria di canto, quasi come nenia iterativa, che veniva solitamente usata
nelle antiche liturgie e negli anitchi riti misterici, che vanno a recuperare la
dimensione originaria della poesia.
4
La «putredine» del verso precedente introduce alla «piaga rossa languente», che
rende proprio l’idea del dolore, della disarmonia e della lacerazione, sentimenti tipici
della poesia di C. → questa volta la piaga è associata alla stanza → perciò si hanno
due movimenti contrapposti → la luce, che da fuori filtra all’interno e penetra fin
dentro al cuore, e la piaga, che dal cuore si trasferisce prima alla stanza e poi a tutta
la sera (come ne L’urlo di Munch).
5
Variazione nella ripetizione → i due punti funzionano quasi come uno specchio
riflettente.
6
Dunque dal suggello del cuore, la piaga rossa languente è passata prima alla
stanza e infine alla sera fumosa.

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39

CAMILLO SBARBARO

> Si cambia completamente area geografica e si vola in Liguria → S. sarà appunto


importante nella formazione di Montale, che avviene appunto in Liguria, tra Genova
e Monterosso.
- S. nasce a Santa Margherita Ligure nel 1888 → è impiegato presso un’industria
siderurgica di Genova → fa proprio parte di quel ceto della piccola e media
borghesia che si va affermando nel primo decennio del secolo.
- Collabora alle riviste dell’epoca, in particolare La riviera ligure, ma anche La Voce e
Lacerba.
- Ha un hobby piuttosto curioso, perché è uno studioso ed esperto di licheni → era
particolarmente interessato agli elementi del paesaggio naturale della sua terra,
tant’è vero che la prima raccolta di poesie si intitola Resine (1911).
- Nel 1914 pubblica la raccolta Pianissimo.
- Poi pubblica due raccolte di prose, di cui sono interessanti i titoli:
● Trucioli (1920) → i trucioli sono gli scarti che rimangono dalla lavorazione del
legno;
● Scampoli (1960) → gli scampoli, sono gli scarti delle stoffe;
● i titoli di queste due opere saranno importanti per Montale → infatti il titolo
originario della sua prima raccolta era Rottami → poi la intitolerà Ossi di
seppia, per cui si tratta sempre di scarti.

> Pianissimo (1914) → significa qualcosa detto molto piano → S. dunque si pone
sul versante opposto della poesia ad alta voce di D’Annunzio → infatti per certi
aspetti S. utilizza alcuni di quegli elementi crepuscolari di programmatica diminutio
del discorso poetico e della figura del poeta (≠ Campana).
- Anche in questo caso nel titolo si allude all’ambito musicale.
- Il lessico impiegato è molto diverso da quello di Campana (che alterna elementi di
derivazione dal tardo simbolismo a elementi crudi, quasi volgari) → quello di S. è un
lessico banale, quotidiano (riprende qualcosa dei crepuscolari), e lo stile è prosastico
→ viene cioè individuata nei versi di S. una condizione di scarsa vitalità, quasi di
inerzia, di aridità esistenziale (elemento che sarà poi centrale per Montale) → il
soggetto lirico, infatti, è spesso rappresentato come un fantoccio o un sonnambulo,
che ha un’esistenza reificata (quasi come fosse una cosa) e alienata (cioè si sente
estraneo alla realtà e alla società) → dunque il ruolo del poeta cambia, cioè da
poeta-vate a uomo-massa, che si aggira estraneo e inerte tra le vie della città →
l’unica possibilità che rimane al poeta è quella di guardarsi vivere, di farsi spettatore
di sé secondo un processo di sdoppiamento dell’io (elemento tipico
dell’espressionismo).
- L’ambientazione è in genere cittadina e la città è spesso rappresentata attr. una
deformazione grottesca e allucinata, perché riflette l’aridità del soggetto, cui
corrisponde il deserto della città.
40

- Ci sono però anche alcuni componimenti ambientati all’interno della natura, la


quale media e convoglia il desiderio di armonia, di ristabilire un ordine e un’unione,
che spesso è veicolato dall’unica cosa che consente di sentirsi ancora vivi, cioè il
desiderio sessuale (aspetto presente per certi versi anche in Campana, dove però è
spesso declinato nei termini della volgarità), visto come l’unica possibilità di
resistenza all’inerzia, all’aridità e alla perdita di vitalità.
- Di fatto la parola in S. dichiara la stanchezza di vivere, la vuota aridità
dell’esistenza, l’angoscia dell’impossibile sottrarsi alla necessità della nascita e poi di
una sopravvivenza senza scopo → la vita è proprio percepita come qualcosa di
vano, senza alcun tipo di significato e anche cieca nella sua necessità, ossia questa
concatenazione di vita e di morte, come se fosse un meccanismo naturale,
necessario e immodificabile, che è quasi impossibile trascendere e sospendere, per
cui l’io si sente come un fantoccio, una marionetta inerte, rinchiusa all’interno di
questo meccanismo incomprensibile (cfr. Leopardi), di cui è solo un ingranaggio →
per questo l’unica via sentita come ancora possibilità di vitalità sta nell’ebrezza o
nella propria dissoluzione e nella follia → la sensazione esistenziale è dunque quella
della condanna all’esistenza.

5 OTT. 2021

> S. viene generalmente fatto rientrare in quella congerie di poeti legati alla rivista La
Voce e che in qualche modo risentono della lezione espressionista → successiva-
mente lo stesso Luperini è tornato sulla periodizzazione e le categorie critiche
proposte per inserire l’opera di S. (ma anche di Campana) all’interno del
modernismo, una nuova categoria critica che ben si adatta a questo periodo.
- S. è importante non solo per la sua proposta di poetica ma anche perché Montale
guarda con interesse a questa linea ligure di cui fa parte non solo S. ma anche
Clemente Rebora e altri poeti e prosatori → alcuni elementi dell’opera di S. verranno
in qualche modo ripresi da Montale e saranno importanti per la sua opera.

> Taci, anima stanca di godere → si tratta della poesia di apertura della raccolta
Pianissimo e non ha titolo → infatti per riferirci a questo componimento usiamo il
primo verso → la maggior parte delle poesie di Pianissimo non ha titolo e, in questo
caso, si configurano anche in una veste frammentaria e provvisoria, dovuta anche
all’assenza di esplicita titolazione.
- Già nei primi versi si vede la condizione di inerzia e rassegnazione esistenziale
rispetto a una vita di cui non si comprende lo scopo e che quindi viene sentita come
vuota, inutile.
41

Taci, anima stanca di godere Invece camminiamo,


e di soffrire1 (all’uno e all’altro vai camminiamo io e te come sonnambuli6.
rassegnata2). E gli alberi son alberi, le case
Nessuna voce tua odo se ascolto3: sono case, le donne
non di rimpianto per la miserabile che passano son donne, e tutto è quello
giovinezza, non d’ira o di speranza, che è, soltanto quel che è7.
e neppure di tedio4.
Giaci come La vicenda di gioia e di dolore
il corpo, ammutolita, tutta piena non ci tocca. Perduto ha la voce
d’una rassegnazione disperata. la sirena del mondo8, e il mondo è un
grande
Non ci stupiremmo, deserto9.
non è vero, mia anima, se il cuore
si fermasse, sospeso se ci fosse Nel deserto
il fiato…5 io guardo con asciutti occhi me stesso10.

1
Si vede subito il tema dello sdoppiamento → infatti il poeta si rivolge alla sua
anima, attr. il meccanismo dello sdoppiamento.
- Tema dell’aridità esistenziale → l’anima è stanca sia di godere sia di soffrire.
2
Nemmeno la gioia individua una dimensione alternativa al dolore dell’esistenza e
l’anima è rassegnata sia al piacere che al doloro → la rassegnazione indica uno
stato di inerzia.
3
Condizione di assenza di vitalità, laddove la vita è una condizione di non-vita,
vicina alla morte (idea tipica anche degli Ossi di seppia, in particolare del poemetto I
vivi e i morti che si trova nella parte finale della raccolta).
4
La condizione è quella di assenza di sentimenti.
5
Individua una condizione di non vita e di assenza di stimoli vitali.
6
Figura del sonnambulo, del soggetto poetico che si aggira all’interno di una
realtà che non conosce e che sente come del tutto estranea.
- «io e te» prosegue l’idea dello sdoppiamento del soggetto poetico.
7
In questi versi si individua l’assenza di una finalità ulteriore, di una dimensione
metafisica oltremondana o cmq di una finalità che sta dietro la realtà fenomenica che
noi esperiamo quotidianamente → in sostanza tutto quello che fa parte della realtà è
semplicemente quello che è, senza alcun tipo di finalità ulteriore → viene negata
qualsiasi dimensione metafisica.
8
Il mondo non ha più alcun fascino, capacità di destare interesse, curiosità o
sentimenti vitali.
9
Alla condizione di aridità interiore corrisponde l’ardità del mondo esterno.
10
Di nuovo il tema del guardarsi vivere in una condizione di alienazione rispetto
alla realtà circostante.
42

- Il lessico impiegato è molto semplice, i versi sono liberi, lo stile della poesia è quasi
prosastico e il poeta non ha nessuna connotazione particolare ma è uomo tra gli
uomini che procede come un sonnambulo → in questo si vede anche la differenza
rispetto alla poesia di Campana, dove siamo cmq nell’attesa di un mistero che
potrebbe rivelarsi, anche se poi la rivelazione del mistero arcano non avviene mai,
rimane sempre sospesa → c’è cmq (come nella pittura di De Chirico) la speranza di
poter accedere a un significato ulteriore → invece in S. questo non è presente, ma
l’idea è quella di un’impossibilità e impraticabilità di conoscenza dei meccanismi
della realtà, i quali sono ciechi e nei quali l’individuo è ingabbiato suo malgrado.
43

2. GIUSEPPE UNGARETTI (1888 - 1970)


Da Il porto sepolto a L’Allegria

5 OTT. 2021

> Biografia → nasce ad Alessandria d’Egitto da genitori lucchesi → il padre si era


trasferito ad Alessandria per lavorare alla costruzione del canale di Suez.
- U. fin dall’infanzia frequenta le scuole francesi e di fatto la sua formazione è
bilingue, italiana e francese, mentre conosce pochissimo l’arabo.
- U. cmq cerca di avviare anche contatti con tutto l’ambiente culturale italiano → lo fa
attr. Enrico Pea, curioso personaggio, anarchico viareggino, che era un po’
l’animatore della Baracca Rossa di Alessandria, dove si ritrovavano gli intellettuali,
gli scrittori, i poeti e gli anarchici del periodo → Pea conosceva molte personaggi, tra
cui il direttore di La Voce, Prezzolini, col quale U. si mette subito in contatto e
instaura una corrispondenza epistolare → U. frequenta anche i fratelli Thuile e nella
loro biblioteca compie le sue prime letture → è proprio grazie ai fratelli Thuile che U.
viene a conoscenza della leggenda del porto sepolto di Alessandria, che è uno degli
elementi alle origini del titolo della raccolta.
- U. lascia Alessandria nel 1912, transita brevemente dall’Italia e arriva a Parigi,
dove entra subito in contatto col circolo intellettuale e artistico del caffè La Closerie
de Lilas (frequentato dai post-impressionisti) e il salotto di Apollinaire, figura molto
importante per U. (la loro amicizia sarà molto forte fino alla morte prematura di
Apollinaire) → in questo salotto ci sono anche numerosi intellettuali e artisti italiani,
come i fratelli De Chirico, Modigliani, Severini ecc.
- In questo periodo U. si iscrive alla Sorbona e frequenta le lezioni di un filosofo
molto importante all’epoca, Henri Bergson, al College de France → il pensiero di
Bergson è un termine dialettico di confronto di grande importanza per U.
- Nel 1914-15 torna in Italia, consegue l’abilitazione all’insegnamento e si stabilisce a
Milano, dove risiedevano anche Carlo Carrà e Alberto Savinio (fratello di De Chirico),
con i quali in quel periodo e anche dopo progetta di pubblicare insieme una rivista.
- In questo periodo avvia i contatti epistolari con Giovanni Papini e pubblica le prime
poesie su Lacerba e La Voce.
- Nel novembre 1915 parte per il fronte come soldato semplice ed è inviato sul
Carso, luogo dove appunto è ambientato Il porto sepolto → compone proprio in
trincea le prime poesie della raccolta → in questo periodo conosce anche Ettore
Serra, che sarà colui grazie al quale vedrà la voce Il porto sepolto, che sarà
pubblicato nel 1916 in una piccolissima stamperia di Udine proprio grazie
all’interessamento di Serra, e sarà realizzato in solo cento copie.
- Nel novembre 1918 torna definitivamente a Parigi e nel 1919 si stabilisce in rue
Campagne Première nell’appartamento che era stato di De Chirico, tant’è che sarà
anche incaricato dall’artista di dare al suo mercante i quadri che vi aveva lasciato.
- Torna poi in Italia e si stabilisce nuovamente a Milano.
44

> Fermiamoci un attimo e passiamo al percorso delle sue opere:


- Il porto sepolto → pubblicato nel 1916 a Udine presso lo Stabilimento grafico
friulano.
- Nel 1919 U. pubblica due raccolte → la prima è scritta in francese, pubblicata a
Parigi e intitolata La Guerre → U. fa questo perché vuole affermarsi come poeta
bilingue → non ha ancora deciso dove stabilirsi definitivamente, perciò tenta di farsi
conoscere anche nella scena culturale parigina → La Guerre è una raccolta molto
sperimentale che risente della lezione di Apollinaire.
- Nello stesso anno pubblica anche Allegria di Naufragi (dove sono comprese anche
le poesie in francese) presso la prestigiosa casa editrice Vallecchi di Firenze →
Allegria di Naufragi contiene al suo interno Il porto sepolto come sezione incipitaria.
- Nel 1923 dà alle stampe una nuova raccolta poetica, il cui titolo è Il porto sepolto,
ma non si tratta di una rielaborazione dell’edizione precedente → il sottotitolo infatti
recita Poesie di Giuseppe Ungaretti, perché quest’opera raccoglie la produzione
poetica di U. fino al 1920, però la raccolta è molto pensata e calibrata → cioè,
mentre Allegria di Naufragi mette insieme tutto l’edito (con sì dietro un progetto
macro-testuale ma con l’idea di cercare di far uscire alla svelta tutta la sua opera
presso Vallecchi), Il porto sepolto del 1923 ha una struttura molto più calibrata ed è
un libro più maturo, che porta già verso Sentimento del Tempo, perché vi sono
comprese alcune poesie che poi ritroveremo nella prima sezione di Sentimento del
tempo.
- Nel 1931 dà una sistemazione un po’ definitiva a L’Allegria → l’edizione Milano,
Preda è quella pressoché definitiva, anche se conosce un’altra edizione nel 1936
(Roma, Novissima) e poi l’edizione del 1942, all’interno del ciclo Vita d’un uomo per
la casa editrice Mondadori, che è quella davvero defintiva.
- Mentre U. lavora alla sistemazione de L’Allegria, sta già lavorando a Sentimento
del Tempo → possiamo immaginare la sua scrivania come idealmente divisa in due
parti, che porta avanti contemporaneamente → da una parte sistema redazional-
mente L’Allegria, portandola alla sua ultima stazione editoriale, dall’altra compone le
poesie del futuro Sentimento del Tempo → ogni tanto questi due lati della sua
scrivania si incrociano (questo lo si vede bene in Il porto sepolto, che è un po’ una
raccolta di cerniera).
- Nel 1936 escono sia L’Allegria che Sentimento del Tempo, accresciuto rispetto alla
edizione precedente.
- Dunque fino ai primi anni ‘30 U. fa due cose → lavora a L’Allegria (che raggiunge
piano piano la sua stazione definitiva) e contemporaneamente concepisce
Sentimento del Tempo e ne elabora le poesie → questi due progetti si intrecciano
all’altezza de Il porto sepolto del 1923, che funge da cerniera.

- Nel 1942 U. firma il contratto con l’editore Mondadori, che d’ora in poi sarà il suo
editore di riferimento → per Mondadori dà anche vita al ciclo sotto cui comprende
tutta la sua opera, Vita d’un uomo:
● Vita d’un uomo. 1914-1919. L’Allegria, Milano, Mondadori, 1942;
● Vita d’un uomo. 1919-1935. Sentimento del Tempo, Milano, Mondadori, 1943.
45

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STRUTTURA DE IL PORTO SEPOLTO

> Le poesie de Il porto sepolto sono piuttosto poche (si tratta di 32 poesie).
- U. nell’ultima edizione modifica non poco i testi della prima edizione de Il porto
sepolto.
- Tutte le poesie presentano l’indicazione del luogo e della data → però non sempre
questa indicazione è veritiera → è stato infatti riscontrato come molte date siano
inesatte → magari U. indica la data della prima idea di composizione, ma secondo le
attestazioni, che provengono soprattutto dai carteggi con Papini, Soffici, Prezzolini e
Gherardo Marone, molte date non tornano (molto spesso infatti U. allegava le sue
poesie alle lettere).
- La prima e l’ultima poesia sono contraddistinte da due dediche → la prima è
dedicata a Mohammed Sceab mentre l’ultima a Ettore Serra → in verità ne Il porto
sepolto del 1916 la prima poesia non aveva un titolo ma semplicemente era
introdotta da un’epigrafe in memoria di Mohammed Sceab → nelle edizioni
successive U. le dà il titolo In memoria, che dunque riprende l’epigrafe → invece
l’ultima si intitolava Poesia, poi il titolo viene cambiato in Commiato per dare il senso
di congedo dai lettori.
- Il libro ha una struttura estremamente rigorosa → esiste uno stretto rapporto
tematico che collega le due poesie d’apertura (In memoria e Il porto sepolto) e le due
poesie di chiusura (Italia e Commiato).
- È un po’ improprio definire Il porto sepolto una raccolta → Carlo Ossola, nell’edizio-
ne de Il porto sepolto del 1916 che ha curato per l’editore Marsilio di Venezia sul
finire degli anni ‘80, nell’introduzione ha proprio messo in evidenza come Il porto
sepolto sia un vero e proprio libro di poesia, perché mostra una struttura calibrata e
coesa (mentre Allegria di Naufragi del 1919 ha più le caratteristiche della raccolta di
poesia, perché intende presentare al lettore tutto quello che U. ha prodotto fino a
quel momento).
- Il fatto che le poesie siano accompagnate da luogo e data e che essi siano in
qualche modo riferibili a momenti e spazi in cui si svolgevano i combattimenti della I
Guerra Mondiale dà al libro una connotazione diaristica, e di, in qualche modo, per
alcuni aspetti, diario di guerra.
- Si dice anche che Il porto sepolto (e poi L’Allegria) abbia uno sviluppo
eminentemente spaziale e orizzontale, perché in effetti le poesie sono collegate a
dei luoghi e a dei luoghi si fa anche spesso riferimento (es. la celeberrima I fiumi) ≠
invece Sentimento del Tempo è caratterizzato dall’indagine riguardante il tempo nella
sua dimensione verticale.
46

In memoria
Locvizza il 30 settembre 1916

> Il titolo ci introduce a un elemento fondamentale della poesia, cioè la dimensione


mnestica, il ricordo.

Si chiamava E non sapeva


Moammed Sceab1 sciogliere
il canto
Discendente del suo abbandono5
di emiri di nomadi
suicida L’ho accompagnato
perché non aveva più insieme alla padrona dell’albergo
Patria2 dove abitavamo
a Parigi
Amò la Francia dal numero 5 della rue des Carmes
e mutò nome appassito vicolo in discesa.
Fu Marcel Riposa
ma non era Francese3 nel camposanto d’Ivry
e non sapeva più sobborgo che pare
vivere sempre
nella tenda dei suoi in una giornata
dove si ascolta la cantilena di una
del Corano decomposta fiera
gustando un caffè4
E forse io solo
so ancora
che visse6

1
Il riferimento al passato è evidente sin dal verbo all’imperfetto al primo verso, il
quale ci fa capire che Sceab appartiene al passato e non è più in vita.
- Mohammed Sceab era un amico di U. che come lui da Alessandria d’Egitto parte
alla volta di Parigi, dove abitavano vicini.
2
Riferimento alla questione dell’identità, che in U. è un tema sempre presente,
declinato in vari modi → U. nella sua opera costruisce anche il mito del poeta
giramondo (tant’è vero che Giramondo sarà anche il titolo provvisorio dei suoi
scritti di viaggio) e allo stesso tempo senza patria, o meglio uomo dalle molte
patrie, perché U. ha un’identità culturale plurima.
- In questa seconda strofa è posto in evidenza il tema della patria e dello
sradicamento e di come Sceab, arrivato a Parigi, non riesca a coniugare le due
culture.
47

3
Sceab, arrivato a Parigi, decide di cambiare il suo nome per adeguarsi alla
nuova realtà in cui aveva deciso di vivere e per conquistare una nuova patria →
ma nel far questo perde in qualche modo le sue origini e le sue radici.
4
Allo stesso tempo non sa mantenere il legame con la sua cultura d’origine, che
è qui esemplificata da un elemento che si ritrova spesso in U., cioè il riferimento
alla cantilena araba, che ha un andamento iterativo (basato sulla ripetizione di
suoni) e spesso è associata a canti utilizzati all’interno di rituali o di incantesimi →
la cantilena si connette a un’idea ancestrale e primitiva di poesia (aspetto presente
anche in Campana) ed è in rapporto dialettico con il canto.
5
Cosa che invece riesce al soggetto poetico (ce lo dice implicitamente) →
comporre il proprio abbandono all’interno del canto (cioè nella forma della
tradizione deputata alla trasmissione mnestica) consente in qualche modo di avere
un radicamento culturale.
6
Questi versi si collegano tematicamente al titolo, perché hanno a che fare con
il ricordo che il poeta ha di Sceab e che egli trasmette attr. la poesia → la poesia
ha dunque una funzione eminentemente mnestica, cioè di trasmissione attr. la
tradizione (al modo de I sepolcri di Foscolo).

> Conviene soffermarsi sulla particolare impaginazione della poesia → i versi sono
liberi, non c’è alcun rispetto delle strofe o della misura del verso, è assente la
punteggiatura e addirittura ci sono delle parole che fanno verso a sé → è
significativo che le parole suicida, patria e vivere siano isolate in versi a sé (sono
delle parole cardine, attorno a cui si organizza tematicamente la poesia).
- U. dunque utilizza una versificazione libera altamente sperimentale (anche
Sbarbaro utilizza il verso libero, però la sua poesia ha un’organizzazione formale
un pochino più vicina alle strutture tradizionali della metrica) → in U. si ha una
libertà sperimentale che sicuramente si giova dell’esperienza liberatoria delle
avanguardie, anche per quanto riguarda l’assenza di punteggiatura → non sono
dunque pochi gli elementi di novità presenti ne Il porto sepolto.
- Disposizione tipografica, che gioca sui pieni e i vuoti della pagina, riprendendo
anche la sperimentazione di Mallarmé → U. dichiara successivamente che
avrebbe voluto che le parole fossero impresse sulla pagina come incise sulla
pietra di marmo, come tante epigrafi tombali → d’altronde la natura di epigrafe
tombale della poesie in memoria di Sceab è evidente e del resto il paesaggio
carsico era disseminato di epigrafi incise su pietra dei soldati caduti.
48

Il porto sepolto
Mariano il 29 giugno 1916

> Il titolo (lo stesso della raccolta) ha molti significati e risponde a diverse
sollecitazioni, una delle quali è la leggenda del porto di Alessandria → frequentan-
do la biblioteca dei fratelli Thuile, U. viene a conoscenza dell’antica leggenda che
voleva l’antico porto di Alessandria sepolto sotto al mare, ormai irraggiungibile
poiché coperto dalle profondità del mare.

Vi arriva il poeta1
E poi torna alla luce con i suoi canti2
E li disperde3

Di questa poesia
Mi resta
Quel nulla
Di inesauribile segreto4.
1
Qualificazione di poeta che, dopo tutto quello che abbiamo visto relativamente
ai fenomeni letterari del primo ‘900, non è cosa di poco conto → vuol dire un
recupero della figura del poeta, il quale arriva alle profondità buie e insondabili del
porto sepolto.
2
In questi versi è evidentemente adombrata la figura di Orfeo, il poeta che
scende nell’Ade e poi torna alla luce con i suoi canti → accostamento tra la figura
del poeta e di quella di Orfeo → qui di nuovo la poesia si riferisce alle sue origini
mitiche e archetipiche.
3
Evidente anche il riferimento al mito della Sibilla cumana, che disperdeva al
venti i vaticinii scritti sulle foglie, confondendoli insieme e rendendoli di difficile
decifrazione.
4
Dei canti che vengono dispersi rimane quel qualcosa che non può mai
terminare → se il porto sepolto rappresenta l’abisso dell’animo umano, un segreto
cmq insondabile, la poesia e il poeta possono in qualche modo cercare di
scandagliare il segreto insondabile, il quale però non può mai ess. pienamente
espresso e dunque rimane come inesauribile (dimensione completamente diversa
rispetto a Sbarbaro).
49

Italia
Locvizza l’1 ottobre 1916

> È collegata per certi aspetti alla poesia In memoria e per altri a Il porto sepolto.

Sono un poeta1 Ma il tuo popolo è portato


un grido unanime dalla stessa terra
sono un grumo di sogni2 che mi porta
Italia4
Sono un frutto
d’innumerevoli contrasti d’innesti E in questa uniforme
maturato in una serra3 di tuo soldato5
mi riposo
come fosse la culla
di mio padre6.

1
Se in Il porto sepolto avevamo «Vi arriva il poeta», qua abbiamo una
dichiarazione ancor più esplicita e che è una riaffermazione della propria identità
2
Specificazione di ciò che significa ess. un poeta → il poeta rappresenta e dà
voce a una collettività, perché è un grido unanime → cominciamo a capire come la
voce del poeta dia espressione a una collettività, che in questo caso riguarda la
condizione esistenziale dei soldati durante la I Guerra Mondiale, di cui il poeta si fa
interprete e a cui dà voce.
3
Torna la questione dell’identità (cfr. In memoria) → idea dell’identità plurima e
degli innesti.
4
Ribadisce anche quella che è la scelta della sua patria ideale → l’idea di
arruolarsi per U. non risponde soltanto al generale clima interventista, proprio degli
ambienti culturali a cui era legato, ma c’è anche il desiderio di riconoscersi in una
comunità e di eleggere una patria come terreno ideale e stabile.
5
Volontà di riconoscersi italiano attr. l’uniforme e di appartenere a un popolo e a
una patria.
6
Idea di tornare in qualche modo alle sue origini e acquisire una patria
d’elezione, che corrisponde a quella dei genitori ma che per U. diventa una patria
da conquistare.
- L’idea del riposo come in una culla si ritroverà anche in I fiumi, ma con un’ac-
cezione diversa.
50

Commiato
Locvizza il 2 ottobre 1916

> Poesia più direttamente collegata ai temi de Il porto sepolto ma che condivide
con In memoria la questione della dedica, presente nei versi incipitari.

Gentile Quando trovo


Ettore Serra1 in questo mio silenzio
poesia2 una parola
è il mondo l’umanità scavata è nella mia vita
la propria vita come un abisso5
fioriti dalla parola3
la limpida meraviglia
di un delirante fermento4

1
Ettore Serra è colui che ha reso possibile l’edizione de Il porto sepolto ed è
colui al quale U. si rivolge nel congedare il libro, facendo tutto sommato riferimento
a una tradizione che dallo stilnovo in poi rappresenta gran parte della tradizione
poetica, ossia l’istituzione del congedo.
2
Il testo è basato sulla definizione della poesia → mentre nel testo de Il porto
sepolto si trova la definizione della funzione e del ruole del poeta come novello
Orfeo, qua abbiamo una poesia programmatica che ruota attorno alla definzione
della parola poetica.
3
Poesia sono dunque il mondo, l’umanità e la vita, i quali sono fioriti dalla
parola → solo attr. la definizione della parola si ha coscienza e consapevolezza
della realtà → qua U. fa riferimento alla parola come atto generativo e fondativo →
dalla parola poetica si generano il mondo, l’umanità e la propria vita, individuando
in questo modo tre dimensioni che sono strettamente correlate all’interno de Il
porto sepolto → la propria vita, l’esperienza biografica del soldato U., che si slarga
a descrivere una condizione esistenziale (la condizione di fragilità, precarietà e
dolore dei soldati al fronte) e che si apre alla dimensione della riflessione
metafisica (significato dell’esistenza e dell’uomo nell’universo).
4
Tutto ciò fiorisce e si definisce a partire dalla parola, che è la limpida
meraviglia di un delirante fermento → l’aggettivo «limpida» è spesso presente in U.
e indica una dimensione intangibile, di perfezione → invece il «delirante fermento»
individua la condizione propria dell’uomo e della realtà fenomenica nella quale è
immerso l’uomo, che è contraddistinta dalla mescolanza dal desiderio → questa
espressione è stata anche vista come vicina a una poetica di tipo barocco, la cui
riscoperta si sarebbe riaffermata pochi anni più tardi.
5
Si torna all’abisso del porto sepolto, che è abisso interiore ma anche segreto
inconoscibile che sta al fondo della realtà e dell’esistenza.
51

- «scavata» → idea di una parola sia scavata nella pietra sia capace in qualche
modo di alludere alla propria vita, alla condizione esistenziale dell’umanità e a quel
segreto che trascende la dimensione fenomenica.
- La parola è scavata nel silenzio → il silenzio chiaramente ha a che fare con
quell’abisso che precede la nascita della parola → il silenzio per U. corrisponde
all’abisso che giace al fondo del nostro animo e al fondo della realtà → la parola è
scavata nel silenzio e tirata fuori a fatica ed emergendo dal silenzio genera la
realtà → l’immagine corrispondente al silenzio è lo spazio bianco della pagina, da
dove emerge la parola scritta in nero, così come su una pietra emerge la parola
incisa.

11 OTT. 2021

> U. presenta Il porto sepolto come un libro scritto di getto → costruisce una sorta di
leggenda attorno a questa raccolta affermando che la maggior parte delle poesie
erano state scritte di getto in trincea su foglietti di fortuna e che poi erano state da lui
raccolte e infine date a Ettore Serra per la pubblicazione.

- Invece le cose non stanno esattamente in questo modo → la struttura calibrata


della raccolta è testimoniata dai rapporti bilanciati tra le due poesie d’apertura e le
due poesie di chiusura → inoltre la spontaneità è contraddetta anche dalle numerose
testimonianze emerse dalle corrispondenze epistolari e anche dall’archivio privato
del poeta → dal fronte U. scriveva a Marone (direttore de La Diana), Prezzolini
(direttore de La voce), Soffici e Papini e in queste lettere includeva le sue poesie →
spesso si tratta di versioni intermedie, quindi le poesie dette scritte di getto nella
maggior parte dei casi hanno avuto un’elaborazione poetica lunga e complessa.

> In questa raccolta sono evidenti due questioni principali:


● funzione mnestica della poesia → ossia la funzione della poesia come ricordo
→ il canto consente di trasmettere la memoria e il poeta è dunque colui che
ricorda e che attr. la sua voce consente la trasmissione della memoria;
● l’altra questione è l’identità plurima, in quanto le radici di U. provengono da
diversi luoghi.

- Se In memoria mette in risalto la funzione mnestica della poesia, ne Il porto sepolto


invece U. riafferma con forza la funzione del poeta, che come un novello Orfeo
scende negli inferi della realtà, verso l’abisso e verso ciò che sta al fondo di tutti noi
e della realtà stessa → è una poesia che fa chiaro riferimento alle radici della
classicità.

> In Italia (penultima poesia della raccolta) ritorna il tema dell’identità → il titolo
testimonia la volontà di conquistare una patria.
52

> In Commiato si trova una dedica a Ettore Serra, simile a quella di In memoria a
Mohamed Sheab.
- Questa poesia è in rapporto anche con Il porto sepolto perché vi si trova non solo
l’affermazione della figura del poeta ma anche della sua funzione → il poeta viene
definito come grido unanime, cioè è capace di dare voce a una condizione
esistenziale collettiva, attr. la quale prende forma e si può cercare di penetrare il
mistero dell’universo.
- Qua si viene a definire la funzione della parola poetica, che è generativa rispetto
alla realtà, perché è dalla parola che fioriscono e si delineano il mondo, l’umanità e
la propria vita → la parola scavata nell’abisso (collegamento semantico con Il porto
sepolto) si riferisce al mistero del mondo, ovvero a quel mistero insondabile cui la
parola poetica tende e allude → l’abisso si può interrogare con la parola poetica ma
non è mai spiegabile completamente → rimane dunque al fondo della realtà e
dell’essere umano un segreto, che è interrogabile attr. la parola poetica ma non è
mai spiegabile nella sua interezza.

I fiumi

> Poesia celeberrima, situata più o meno a metà del libro, ha una funzione
importante ed è anche la poesia metricamente più estesa della raccolta.

Mi tengo a quest’albero mutilato Ma quelle occulte


Abbandonato in questa dolina Mani
Che ha il languore Che m’intridono
Di un circo Mi regalano
Prima o dopo lo spettacolo La rara
E guardo Felicità
Il passaggio quieto
Delle nuvole sulla luna Ho ripassato
Le epoche
Stamani mi sono disteso Della mia vita
In un’urna d’acqua
E come una reliquia Questi sono
Ho riposato1 I miei fiumi

L’Isonzo scorrendo Questo è il Serchio


Mi levigava Al quale hanno attinto
Come un suo sasso2 Duemil’anni forse
Ho tirato su Di gente mia campagnola
Le mie quattro ossa E mio padre e mia madre.
E me ne sono andato Questo è il Nilo
Come un acrobata
53

Sull’acqua Che mi ha visto


Nascere e crescere
Mi sono accoccolato E ardere5 d’inconsapevolezza
Vicino ai miei panni Nelle distese pianure
Sudici di guerra
E come un beduino3 Questa è la Senna
Mi sono chinato a ricevere E in quel suo torbido6
Il sole Mi sono rimescolato
E mi sono conosciuto
Questo è l’Isonzo
E qui meglio Questi sono i miei fiumi
Mi sono riconosciuto Contati nell’Isonzo
Una docile fibra4
Dell’universo Questa è la mia nostalgia
Che in ognuno
Il mio supplizio Mi traspare
È quando Ora ch’è notte
Non mi credo Che la mia vita mi pare
In armonia Una corolla
Di tenebre7

> Troviamo da una parte l’acqua, che rappresenta la vita del poeta, di cui nel
testo sono delineate le tappe, che hanno a che fare con la questione
dell’identità → dall’altra abbiamo un movimento contrapposto, che è quello della
dismissione delle proprie caratteristiche individuali per diventare parte del tutto,
di tutto l’universo inconoscibile → legame che avviene nella sensazione di
sentirsi in armonia con il cosmo.

1
L’occasione è ancora biografia, siamo al fronte in trincea all’alba e il soldato
U. fa un bagno nel fiume Isonzo, però vediamo subito che questa azione banale
assume una connotazione rituale e sacrale (l’urna e la reliquia sono oggetti
sacri) → il bagno da semplice evento quotidiano assume le connotazioni di un
evento sacro e rituale.
- Ho riposato (già presente in In memoria e Italia) dà l’idea di una condizione di
pace e di tentativo di ricerca di un’armonia con qualcosa.
2
Come un suo sasso → identificazione del soggetto poetico con gli oggetti della
natura.
3
Beduino → riferimento alle sue origini egiziane.
54

> Tutte le azioni del soldato U. sono caricate di una connotazione rituale e
sacrale → si tratta di un momento di riposo dai combattimenti in cui sembra per
un attimo di potersi astrarre dal contesto e dalle atrocità della guerra e scoprirsi
in una condizione di armonia con la natura e l’universo → si parte da un
momento quotidiano, ma col procedere dei versi cambiano le connotazioni degli
elementi biografici e il significato dell’episodio si allarga fino a una condizione
esistenziale più generale.
- Il bagno sacrale precede un momento in cui per il soggetto poetico è possibile
trascendere i propri limiti individuali e sentirsi parte del cosmo, in accordo col
mistero che circonda l’universo.

4
La fibra è una parte di qualcosa (come una parte del sistema muscolare) →
sentirsi una fibra quindi significa sentirsi parte di un universo più grande.

> La sensazione di infelicità interviene quando il sentimento di armonia con


l’universo viene meno.

> Nella seconda parte della poesia abbiamo un movimento dialettico e


contrapposto, perché qua U. recupera quelli che sono i dati biografici della
propria vicenda → nella prima parte c’è una pedita delle connotazioni del poeta,
mentre nella seconda troviamo la funzione mnestica collegata al tema
dell’identità.

> I fiumi rappresentano le tappe della vita del poeta, perché ogni fiume è
connesso a una diversa identità culturale del poeta:
❖ il Serchio scorre vicino a Lucca ed è quindi il fiume delle origini (a esso
sono infatti legati il padre e la madre);
❖ il Nilo scorre ad Alessandria ed è il fiume che ha caratterizzato l’infanzia
e la giovinezza di U.;
❖ la Senna scorre a Parigi ed è il fiume della maturità (il momento in cui
da ragazzo diventa uomo);
❖ l’Isonzo è il fiume che rappresenta i territori della guerra, il fronte.

5
Nascere, crescere e ardere sono tutti verbi sdruccioli, che quindi esprimono
una particolare energia.
6
Torbido fa riferimento alla vivacità cittadina.
7
corolla di tenebre → di nuovo chiudiamo con un’immagine che riporta alla
dimensione dell’inconoscibile propria de Il porto sepolto.
55

> Naturalmente il presente non può occultare il proprio volto tragico → la strofa
di chiusura dichiara il passato come inappropriabile, definendo “nostalgia” lo
sguardo rivolto a esso e ratificando l’oscura indecifrabilità della vita, identificata
con il buio della notte.

> Frequenza della deissi* → avvalora il processo di attualizzazione di


esperienze lontane e diverse, riunificate ora nel fiume dell’esperienza attuale.

> L’anafora di questo conferisce alla poesia un ritmo salmodiante.

* Deissi → in linguistica, il ricorso, da parte del parlante, a particolari elementi


linguistici, come i pronomi personali, gli aggettivi dimostrativi (questo, quello, ecc.),
gli avverbî di luogo e di tempo (qui, adesso, ecc.), detti elementi o fattori deittici,
necessarî per precisare chi sia il soggetto parlante e chi il suo interlocutore, e per
situare l’enunciato nello spazio e nel tempo (Treccani).

Lindoro di deserto

> Terza poesia della raccolta → Lindoro si riferisce a una maschera della
commedia dell’arte che rappresenta l’amore.

> Finora abbiamo messo in evidenza alcune particolarità dello stile di U., le
quali si collegano in qualche modo al lascito sperimentale delle avanguardie
nelle seguenti caratteristiche:
● uso del verso spezzato (dove la parola spesso costituisce un verso
autonomo);
● assenza di punteggiatura;
● uso insistito dell’analogia → essa rappresenta il cuore della poetica
futurista → U. però si dimostra sempre molto critico verso il futurismo → però in
uno scritto giovanile per definire l’analogia usa proprio quell’espressione il
legare cose lontane tra loro che già aveva impiegato Marinetti.

Dondolo di ali in fumo1 Sino alla morte in balia del viaggio6


mozza il silenzio degli occhi2
Abbiamo le soste di sonno7
Col vento si spippola il corallo
di una sete di baci3 Il sole spegne il pianto

Allibisco all'alba4 Mi copro di un tiedipo manto


di lind'oro8
56

Mi si travasa la vita
in un ghirigoro di nostalgie Da questa terrazza di desolazione9
i braccio mi sporgo
Ora specchio i punti di mondo al buon tempo10
che avevo compagni
e fiuto l'orientamento5

> Nei primi versi di questa poesia si vede molto bene la tecnica analogica → ci
troviamo all’alba (situazione già vista in I fiumi) → questo momento in cui si
passa dalle tenebre alla luce del giorno si trova in molte poesie de Il porto
sepolto e lo troveremo poi anche in numerose poesie di Sentimento del Tempo
e insisterà anche nella sua ultima produzione (es. La terra promessa).

> Lindoro di deserto è la poesia definisce le modalità della visione e


dell’immagine con le quali si descrive la poesia di U., ovvero la costruzione
dell’immagine attr. la parola → l’immagine è, per l’appunto, quella del sole che
sorge.

> Qui si trova serie di analogie condensate, assieme a una sinestesia.

1
Dondolo di ali di fumo → immagine condensata che stabilisce rapporti
analogici tra diversi elementi per dare la sensazione dell’immagine di ciò che
avviene quando sorge il sole → in campagna quando sorge il solse spesso si
alza una nebbiolina, la quale , alzandosi piano piano, ricorda un movimento
ondulatorio, quasi come se fossero delle ali che dondolando si alzano in volo
nel fumo.
2
mozza il silenzio degli occhi → i raggi del sole interrompono le tenebre della
notte facendo sì che gli occhi possano nuovamente vedere le forme della realtà
→ gli occhi del soldato non si erano chiusi, solo che tutto intorno era buio.

- La cecità degli occhi (cioè l’impossibilità di visione a causa delle tenebre) è


qui definita come silenzio → in questo si ha la sinestesia, con uno scambio tra
percezione visiva e uditiva.

3
Ora si concentra sui colori dell’alba → il vento disperde le nuvole color rosa,
che all’alba hanno quel particolare colore rosato, quindi si ha come
l’impressione che il colore rosa delle nuvole si dissolva in parti sempre più
piccole all’interno del cielo come rami di corallo, che rimandano, assieme al
colore roseo, all’ambito dell’amore, per cui si ha una sete di baci.
- Il rosa viene accostato al colore del corallo e anche al bacio → spesso la
figurazione classica dell’alba ricorda l’amore → si usano la figura di Venere o
57

quella dei Putti → quindi l’analogia con il bacio è classica → la vita in trincea
non disattiva l’espressione del desiderio.

> In questi primi versi abbiamo cominciato a capire con quali modalità si viene a
delineare l’immagine nei versi ungarettiani → il lavoro è sulle capacità del
linguaggio di attivare un’immagine.

4
Invece il lavoro in questo verso isolato si sposta sul significante → la parola
alba è compresa in allibisco → le due parole hanno un significato e anche un
suono molto simili, non si tratta solo di allitterazione → la confusione di
significante tra i due termini crea anche una confusione tra soggetto e oggetto,
tra il poeta e la dimensione della natura, e quindi, per esteso, tra il poeta e il
cosmo (situazione simile a quella vista all’inizio de I fiumi, dove il poeta si
confonde con i sassi dell’Isonzo) → questo elemento di confusicità diventa un
elemento di confusione tra io e universo → si ha uno scambio tra gli elementi
tipici dell’alba che si trasferiscono direttamente sul soggetto poetico → abbiamo
quindi uno stato di confusione tra oggetto e soggetto e dunque un’armonia tra io
e cosmo (simile a quello che si avrà con M’illumino d’immenso).
5
Torna ancora il tema dell’identità → nel momento in cui ci si sveglia si torna
alla vita e torna anche la memoria di cosa è la nostra vita, che è fatta per lo più
di passato e quindi anche di nostalgia → i punti di mondo sono quei punti
cardinali che U. descrive ne I fiumi e che costitiuiscono i punti cardinali della
sua identità.
6
Qui U. introduce un altro tema topico, quello del viaggio, laddove il viaggio è
sì lo spostamento da un luogo a un altro ma è anche un viaggio esistenziale,
vita vista come un viaggio dalla nascita alla morte → una volta svegliatosi, il
poeta può riprendere in mano la bussola con cui orientare la pulsione a fare
della vita e dell’arte un viaggio.
7
Alternanza giorno notte, laddove la notte è identificata con la locuzione soste
di sonno → si riferisce al nomadismo inesausto fatto di erranze e soste.
8
Lindoro richiama lo splendore dei raggi del sole che ricoprono il poeta
(come in I fiumi, dove si stende a ricevere i raggi).
9
È il momento presente che sta vivendo, ossia la tragedia della guerra.
10
Si pone in modo positivo verso il nuovo giorno perché si ha la sensazione
di un momento di armonia e confusione col tutto → sono degli attimi in cui si ha
la sensazione in poter ess. in connessione con tutto l’universo.
58

Annientamento

> U. sposta il discorso del raggiungimento della felicità su un altro piano →


prima si trattava di confusione tra soggetto e oggetto, mentre ora vi è un vero e
proprio annientamento della propria individualità e delle connotazioni del poeta,
che di volta in volta si confonde con vari elementi dello scenario naturale → la
felicità si ottiene in un’altra dimensione non terrena.

Il cuore1 ha prodigato le lucciole Oggi


s'è acceso e spento come l'Isonzo9
di verde in verde di asfalto azzurro
ho compitato2 mi fisso
nella cenere del greto10
Colle mie mani plasmo il suolo scoperto dal sole
diffuso di grilli3 e mi trasmuto
mi modulo in volo di nubi
di
sommesso uguale Appieno infine
cuore sfrenato
il solito essere sgomento11
M'ama non m'ama4 non batte più il tempo col cuore
mi sono smaltato non ha tempo né luogo
di margherite è felice
mi sono radicato
nella terra marcita5 Ho sulle labbra
sono cresciuto6 il bacio di marmo12
come un crespo
sullo stelo torto
mi sono colto7
nel tuffo
di spinalba8

> In primo luogo viene evidenziato l’annientamento delle condizioni individuali


proprio per consentire una fusione con l’universo → annientamento =
annullamento della propria individualità.

1
Qui l’uomo è rappresentato con la parte più emblematica e che contraddi-
stingue l’essere vivente, ossia il cuore (sineddoche = una parte per il tutto) → il
movimento ritmico del cuore che batte ricorda la luce intermittente delle lucciole
→ questi due elementi vengono dunque messi in analogia → ancora una volta
si stabilisce un rapporto diretto tra soggetto e oggetto, che anche a livello
grammaticale si confondono l’uno con l’altro → non solo si ha l’eliminazione dei
termini di paragone ma proprio della relazione diretta tra soggetto e oggetto.
59

2
di verde in verde ho compitato → ricorda l’usanza dei bambini di contare le
lucciole → U. fa spesso riferimento a elementi della vita quotidiana che tutti
possono vivere e li trasponde in una dimensione esistenziale metafisica.
3
Identificazione tra poeta e natura → il movimento ritmico del cuore viene
accordato e modulato al suono ritmico emesso dai grilli = identificazione con la
natura.
4
Adesso è come se fosse parte del suolo, ricoperto di margherite, mentre
prima plasmava il suolo.
- Richiamo al gioco infantile dei bambini, che ha un proprio ritmo, che ricorda
ancora il battito del cuore, i grilli, le lucciole.
5
Annientamento del sé nella natura prefigurato dal titolo.
6
Cresce come se fosse una pianta.
7
Addirittura abbiamo un’azione riflessiva del soggetto che coglie se stesso
come se fosse una pianta → qui si raggiunge l’acme di confusione tra soggetto
e oggetto.
8
spinalba = è un cespuglio che fa dei fiorellini.
9
Torna ancora il fiume Isonzo, presenza costante ne Il porto sepolto.

10
Il greto è il fondo del fiume che si vede sotto l’acqua grazie al sole ed è di
colore grigio.
- Abbiamo qui tre dimensioni → la dimensione bassa, terrestre del greto (1) e la
superficie riflettente dell’acqua (2), dove si riflettono le nubi che scorrono in cielo
(dimensione alta del cielo) (3) → questa strofa consente di spostarsi dalla
dimensione del basso terrestre alla dimensione aerea dell’alto del cielo → finora
la poesia si muoveva nel basso, mentre ora stiamo andando verso l’alto →
questp è importante perché introduce le ultime due strofe, le più significative
della poesie, dove si compie un passaggio ulteriore.

> Nelle ultime due strofe si ha questo passaggio ulteriore → finora si è avuto la
stessa direzione dei fiumi e di Lindoro → invece nei versi conclusivi si ha
qualcosa in più, che poi sarà centrale in tutta l’opera di U.

11
Descrizione della vitalità tipica dell’uomo (che troveremo in molti altri casi)
→ per U. la vita dell’uomo è contraddistinta dal desiderio e dalla brama, è ciò
che muove la vita e la contraddistingue → gli aggettivi sfrenato e sgomento si
riferiscono proprio al desiderio inesauribile che contraddistingue la vita umana.
- Questa strofa è divisa a metà:
● i primi tre versi identificano la caratteristica principale della vita umana,
il desiderio;
60

● gli altri versi identificano una dimensione nella quale il desiderio non ha
più motivo di ess. ma che è contraddistinta dalla felicità, dimensione
dove non c’è più il tempo, dove il cuore non batte più → il cuore, con il
suo battito ritmico, è anche figura del tempo cui la vita umana è
connessa e soggetta, perché essa ha due limiti, la nascita e la morte,
cioè è soggetta allo scorrere inesorabile del tempo → nel momento in
cui il cuore non batte più vuol dire che siamo in una dimensione diversa
dalla vita terrena, che è caratterizzata dall’assenza di tempo e
dall’eternità → questa dimensione, proprio perché eterna, è
caratterizzata dalla felicità, che è l’appagamento e quindi la cessazione
di ogni desiderio.

12
Ho sulle labbra il bacio di marmo = simbolo di eternità → la condizione di
morte è identificata come una dimensione eterna contraddistinta dalla felicità
perché non c’è alcun più desiderio da esaudire e che ci muove → qua ci si
sposta in una dimensione ulteriore, di tipo metafisico, al di fuori della realtà
fenomenica e terrena, una dimensione che viene spostata nell’aldilà e che non
è esperibile all’interno della nostra vita.

L’HAIKU → Ezra Pound e Ungaretti

> La sperimentazione avanguardista si riscontra sia nell’U. de Il porto sepolto


sia nell’imagismo di Ezra Pound (modernismo europeo).

> Pound inizia a pubblicare le sue prime poesie tra il 1910 e il 1912 → sono
anni segnati molto dalle avanguardie → a Londra nel 1910 viene allestita una
mostra dedicata al postimpressionismo, durante la quale vengono collegati i
quadri dell’espressionismo e quelli del postimpressionismo (es. Gauguin e
Matisse) → Virginia Woolf dirà che in seguito a questa mostra la sensibilità
moderna è profondamente cambiata.
- Pound andrà spesso lì per ammirare le presentazioni futuriste → Marinetti farà
sempre a Londra delle presentazioni futuriste e vi saranno anche quadri
futuristi, per cui il movimento futurista verrà conosciuto anche in ambito
anglosassone.

> Sicuramente Pound ed Eliot risentono della lezione delle avanguardie, anche
se in modo diverso dall’Italia, perché nel resto d’Europa non si ha
un’avanguardia tanto forte come quella futurista → questo perché si mantiene
un legame forte con la tradizione → però ci sono varie sperimentazioni, come
l’imagismo e il vorticismo, dove è fondamentale l’idea dell’immagine, che deve
ess. presentata direttamente, non descritta, deve ess. presentata subito agli
61

occhi del lettore, utilizzando un linguaggio scarno e conciso, in grado quasi di


tradurre con le parole i colori dell’immagine → gli imagisti però non si
riconoscono come gruppo o scuola e la loro attività è solo letteraria e artistica.

> Nell’elaborazione dell’imagismo Pound deve non poco allo studio della poesia
giapponese, l’haiku, forma di poesia molto breve → nel primo decennio del ‘900
nasce la moda della “giapponeseria” e Pound entra in contatto con la moglie di
Fenollosa, che era uno studioso statunitense di arte e letteratura orientale e
quindi aveva avuto modo di approfondire in prima persona la poesia
giapponese.

- L’haiku è una forma di poesia composta da tre versi di 5, 7 e 5 sillabe, che


presentava immediatamente un elemento in genere collegato al paesaggio e al
passaggio delle stagioni (rappresentazione tipica è quella del ramo di ciliegio in
fiore) → gli haiku dunque evocano immediatamente un paesaggio naturale
grazie a un linguaggio conciso.

- Pound media proprio dalla poesia giapponese l’idea della centralità


dell’immagine, che, in più, deve ess. associata a un complesso emotivo, a un
sentimento → Pound parla dell’associazione di un’immagine e di una
sensazione emotiva in un istante di tempo.

> Anche U., più o meno nello stesso periodo, era abbastanza dentro a queste
cose orientali, perché collaborava a una piccola rivista napoletana, La Diana,
diretta da Gherardo Marone, che aveva rapporti con Shimoi (professore di
letteratura giapponese presso l’Università orientale di Napoli) e decide di
ospitare sulla sua rivista delle traduzioni di haiku.

- Inoltre, poco prima dell’uscita de Il porto sepolto, Marone mette insieme, con il
contributo di Shimoi e altri studiosi di letteratura giapponese, un’antologia di
haiku giapponesi in traduzione italiana → probabilmente U. vede questa
antologia prima di pubblicare la sua opera → questa rivista gli arrivava
direttamente sul fronte perché gliela inviava lo stesso Marone → in alcuni
numeri di La Diana in cui appaiono poesie di U., appaiono anche alcuni haiku.

- Quando esce Il porto sepolto, l’opera viene salutata dalla critica come
esempio di poesia giapponese italiana → U. però disprezza questo giudizio di
“poeta di giapponeserie”.

- Ci sono alcune poesie de Il porto sepolto molto brevi, con un linguaggio


essenziale (spoglio da tutta una serie di elementi secondari come avverbi ecc.),
spesso basato sull’analogia e sulla presentazione di immagini, spesso collegate
a delle sensazioni (per es. l’io che abbraccia la vita) → c’è dunque una
62

discussione critica su quanta e quale sia stata l’influenza dell’haiku sulle poesie
de Il porto sepolto.

> U. e Pound elaborano nello stesso momento una poesia abbastanza simile →
su questo ha riflettuto Ernesto Livorni nel libro Avanguardia e tradizione.
Ungaretti ed Ezra Pound, proprio dedicato al collegramento tra i due autori attr.
l’haiku → è interessante rilevare come ci siano delle consonanze letterarie che
testimoniano una consonanza culturale che possiamo definire “modernismo”
(anche ne L’allegria troveremo influenze dell’haiku e dell’imagismo).

12 OTT. 2021

> Ci sono alcune poesie (es. Stasera, Notte di maggio, Tramonto e Rose in fiamme)
di Il porto sepolto che possono ess. accostate all’imagismo e alla poesia giapponese
dell’haiku → si tratta poesie molto brevi, composte da tre versi, caratterizzate da un
linguaggio essenziale e dalla presentazione di un’immagine.
- La critica ha rilevato la contiguità tra questo tipo di testi e le poesie pubblicate più o
meno nello stesso periodo da Ezra Pound nell’ambito del movimento imagista da lui
fondato.
- A dare il via a questo tipo di analisi è stato il critico Ernesto Livorni, che ha
pubblicato un libro intitolato Avanguardia e tradizione, dedicato a un raffronto tra
l’opera di U. (con anche riferimento al Futurismo primo-novecentesco) e quella di
Ezra Pound, poeta anglo-americano che tra il 1912-13 e il 1915-16 è attivo a Londra,
dove dà vita all’imagismo e al vorticismo, i quali risentono per alcuni aspetti della
lezione delle avanguardie (principalmente del futurismo), che era conosciuta in
ambito anglosassone soprattutto attr. una serie di mostre che hanno avuto luogo tra
il 1910 e il 1913.
- La prima mostra, organizzata a Londra, era dedicata al post-impressionismo → il
titolo di questa mostra consente di raccogliere una serie di esperienze
pittorico-artistiche che si erano delineate in Europa dall’impressionismo in poi → la
mostra non comprendeva solo quadro impressionisti ma anche divisionisti, Matisse,
Gaugain ecc. → la mostra ebbe un successo clamoroso e un’autrice importante
come Virginia Woolf che tale mostra aveva segnato un cambiamento epocale della
sensibilità moderna.
- Più o meno nello stesso periodo, sempre a Londra, Marinetti organizza delle serate
futuriste e anche delle mostre di pittori,futuristi → dunque l’avanguardia è conosciuta
negli ambienti londinesi e, più in generale, anglosassoni → però l’avanguardia come
movimento, non viene recepita né da Pound né da altri poeti attivi in quel periodo,
tant’è vero che l’imagismo e il vorticismo accolgono alcuni elementi della
sperimentazione artistico-letteraria futurista ma non accolgono l’idea del movimento
d’avanguardia → innanzitutto perché (come dice lo stesso Pound) viene mantenuto
63

un forte legame con la tradizione (“best tradition”) e poi perché gli imagisti non
intendono costituirsi né come gruppo né come scuola, la loro attività è
eminentemente letteraria e artistica e non è prevista nessuna forma di impegno
attivo nei confronti della società.

- Caratteri dell’imagismo di Pound:


● presentazione diretta dell’oggetto, che in genere è un fenomeno della natura
→ quindi non una descrizione ma una presentazione → c’è una grande
differenza tra i due termini:
- la presentazione vuole ess. immediata e diretta, così come è la
presentazione dell’immagine in un quadro;
- la descrizione invece prevede un respiro più ampio e un andamento
logico-argomentativo;
● l’immagine invece deve ess. presentata e colta nella sua immediatezza in un
istante di tempo;
● per questo motivo il dettato poetico deve ess. essenziale e conciso, con un
uso molto parco di aggettivi e avverbi → viene cioè escluso tutto ciò che può
rallentare la percezione immediata dell’immagine;
● l’immagine inoltre è spesso collegata a una sensazione e a un complesso
emotivo.

- Pound elabora la poetica dell’imagismo per la maggior parte attr. lo studio della
poesia giapponese, in particolare delle forme dell’haiku e del tanka → l’haiku era una
forma di poesia molto breve, ben radicata nella tradizione giapponese, composta
generalmente da tre versi (di cinque, sette e cinque sillabe) e presentava
un’immagine riconducibile al mondo della natura (es. ramo di ciliegio in fiore) →
questo si inquadra in un generale interesse per l’oriente che attraversa nel primo
decennio del ‘900 anche grazie alle esposizioni universali.
- Pound entra in contatto con la poesia giapponese grazie all’archivio ricco di carte di
Fenollosa, studioso statunitense di arte e letteratura orientale → grazie alla vedova
dello studioso, P. ha la possibilità di avere del materiale relativo alla poesia
giapponese.
- Cosa hanno in comune l’imagismo e la poesia giapponese? → la brevità e la
presentazione di un’immagine collegata a un fenomeno della natura, a un aspetto
del paesaggio, magari colto in una determinata stagione → l’attenzione è rivolta
anche al trasformarsi della natura col trascorrere delle stagioni o delle ore del giorno.
- Pound inoltre era molto interessato anche alla questione dell’immagine sulla scorta
delle innovazioni in ambito artistico che erano state presentate nelle mostre
londinesi, tant’è vero che Pound parla della ricerca di un linguaggio che fosse in
grado di rendere i colori e le caratteristiche di un’immagine → Pound utilizza una
definizione molto calzante, parlando della ricerca di un “language in colour”, ossia di
una sorta di linguaggio-colore che fosse in grado di rendere la sensazione visiva attr.
64

la parola (oltre a questo Pound fa molta attenzione anche alle figure di suono, in
quanto anche il suono doveva contribuire a rendere la sensazione visiva) → in
questo è anche assai vicino alla ricerca artistica portata avanti in quel periodo
dall’astrattismo di Kandinskij (Pound lo cita esplicitamente).

- Anche U., qualche anno dopo Pound, ha modo di conoscere la poesia giapponese
→ U. non conosceva per niente il giapponese e non era neanche particolarmente
curioso verso l’arte e la letteratura orientali → U. entra in contatto con la poesia
giapponese grazie alla rivista napoletana La Diana, il cui direttore era Gherardo
Marone, che U. conosceva bene (lo testimonia il ricco scambio epistolare tra i due,
tant’è vero che molte poesie di U. escono, prima della pubblicazione, proprio sulla
rivista di Marone).
- A Napoli c’è un’importantissima università specializzata nello studio della cultura
orientale → Marone era in contatto con un professore di questa università, Shimoi,
che si occupava di letteratura giapponese → proprio grazie all’amicizia con Shimoi,
Marone comincia a pubblicare su La Diana le traduzioni di haiku giapponesi → U.,
che leggeva la rivista, ha così modo di leggere gli haiku tradotti, dai quali fu colpito
sicuramente per la loro brevità ed essenzialità.
- Marone, grazie al successo degli haiku presso i lettori, decise di pubblicare
un’antologia di poesie giapponesi, che esce più o meno nello stesso periodo di Il
porto sepolto, ma U. ebbe modo di vederla prima della pubblicazione della sua opera
→ tant’è vero che, quando Il porto sepolto fu pubblicato nel 1916, U. fu salutato dalla
critica come poeta di giapponeserie, perché si accorse della tangenza tra alcune
poesie di U. e la forma dell’haiku → esse avevano in comune l’essenzialità del
dettato poetico, la brevità, la presentazione di immagini naturali, l’accento posto sui
valori visivi e sonori, in linea con la coeva sperimentazione di Pound.

- È questo un caso di strana triangolazione, perché Pound e U. portano avanti la


propria opera indipendentemente l’uno dall’altro e il punto di congiunzione tra i due è
dato proprio dall’haiku, che è comune a entrambi → la critica continua a interrogarsi
su questi aspetti di rapporti culturali incrociati e la questione è ancora da dirimere →
ciò che però è importante notare è la convergenza culturale che si verifica tra la
poetica di U. e quella di Pound e che testimonia la temperie del modernismo che ha
confini non solo anglo-americani ma anche europei.

> In questa particolari poesie di U. bisogna notare un aspetto che caratterizza molte
poesie di Il porto sepolto e di L’Allegria, vale a dire l’importanza del titolo, che ha una
funzione determinante nella poesia e fa davvero parte del testo poetico → questo
aspetto si coglie bene nelle poesie brevi ma è evidente anche in poesie come
Lindoro di deserto o Annientamento.
65

Stasera1
Versa il 22 maggio 1916

Balaustrata2 di brezza
per appoggiare stasera
la mia malinconia3
1
Il titolo è essenziale perché localizza la poesia e poi viene anche ripreso
all’interno del testo → si tratta di un testo breve, composto da soli tre versi.
- L’immagine è condensata attr. un procedimento di tipo analogico ma anche attr.
un accorto lavoro sul significante, cioè sul suono.
2
Termine desueto per balaustra (= ringhiera che circonda il terrazzo) → in
questo caso è interessante perché sembra quasi un participio passato, come se la
balaustra fosse fatta di brezza → fonde in uno l’immagine della balaustra del
balcone e della brezza serale.
3
Sulla balaustra in genere si appoggiano le braccia → l’immagine individuata
dalla poesia è quella di un uomo che alla sera appoggia le braccia sulla balaustra
e viene pervaso da un senso di malinconia → infatti, come nell’imagismo, si ha
l’immagine della sera collegata a un complesso emotivo (la malinconia) in un
istante di tempo.
- Insistenza su alcuni suoni consonantici (es. B, R, S e T) che danno il timbro della
poesia e che di fatto collegano le parole attr. il significante.

Tramonto1
Versa, 20 maggio 1916

Il carnato del cielo2


sveglia oasi3
al nomade d’amore
1
Anche in questo caso il titolo è parte integrante del testo, perché ci consente di
comprendere la situazione presentata dal testo.
2
Siamo nel momento del tramonto, quando il cielo si tinge nuovamente di colori
rosacei e violacei, colori che ricordano il carnato di un volto → il colore roseo del
cielo al tramonto è paragonato per analogia al carnato del volto → il colore roseo
caratterizza tutto l’ambito semantico e immaginativo legato all’amore.
3
L’oasi è collegata alla sfera del desiderio, che dunque si collega alla figura del
nomade d’amore.
66

- La poesia è dunque composta da pochissime parole ma tutte collegate analogi-


camente l’una all’altra a presentare l’immagine del tramonto, che è collegata a un
complesso emotivo, quello dell’amore.

- Si tratta dunque di poesie molto brevi ma sulle quali U. lavora molto tempo, perché
ogni parola è attentamente calibrata e studiata.
- Rosa in fiamme → U. la invia a Soffici e Papini all’interno delle sue lettere → in
questa poesia è resa ancora l’immagine dell’alba → U. dice di aver cercato di
rendere la sensazione di felicità del giorno che nasce con una sensazione auditiva,
cioé il suono delle campanelle, perché si tratta di un suono festoso e quindi avrebbe
potuto suscitare nel lettore una sensazione di felicità per la mattina che nasce.

——————————————————————————————————

L’ALLEGRIA

> L’Allegria nella sua forma definitiva ha una particolarità → il titolo della sezione
incipitaria e il titolo della sezione conclusiva sono scambiati rispetto al senso comune
→ la prima sezione dell’opera si intitola Ultime, mentre la sezione conlusiva si
intitola Prime → la ragione di questa inversione è spiegata dallo stesso U. nelle note
alla raccolta → la sezione Ultime comprende «le ultime poesie da cui mi distaccavo»,
mentre le sezione Prime comprende «le prime poesie di una nuova stagione poetica» →
la sezione Ultime comprende una scelta di poesie che erano state escluse da Il porto
sepolto, mentre la sezione Prime ci porta verso Sentimento del Tempo, inaugurando
una nuova stagione.
- Mentre U. sistema redazionalmente L’Allegria per arrivare alla sua edizione
definitiva, ha già sul tavolo di lavoro Sentimento del Tempo, tant’è vero che
intercorrono solo due anni tra l’edizione definitiva de L’Allegria (Ed. Preda, 1931) e la
prima edizione di Sentimento del Tempo (1933).
- Difatti Sentimento del Tempo si apre con una sezione che si intitola Prime →
dunque L’Allegria si chiude con una sezione intitolata Prime e Sentimento del Tempo
si apre con una sezione col medesimo titolo → queste due sezioni costituiscono
come un anello di congiunzione tra L’Allegria e Sentimento del Tempo.
67

Eterno

Tra un fiore colto e l’altro donato


l’inesprimibile nulla

- Poesia incipitaria di L’Allegria, appartenente alla sezione Ultime → ha un valore


programmatico, che orienta nella lettura delle altre poesie.
- Anche questa poesia ricorda la forma dell’haiku, però lo stesso Livorni mette in
evidenza la differenza tra Eterno e poesie come Tramonto e Stasera, le quali sono
basate sulla presentazione di un’immagine collegate a una sensazione → Eterno
invece prevede una riflessione di tipo esistenziale-metafisico, cioè sul senso della
nostra esistenza e sul nostro posto all’interno dell’universo → tuttavia condivide
con esse la brevità, l’essenzialità del dettato e la funzione del titolo come parte
integrante del testo → se non ci fosse non si comprenderebbe il testo.
- Si nota subito il rapporto che si viene a istituire all’interno del componimento tra il
titolo e la parola conclusiva → si istituisce un rapporto tra le dimensioni dell’eterno
e del nulla, le quali hanno in comune il fatto di ess. dimensioni al di fuori del
tempo, in entrambe il tempo è assente, sono fuori dall’articolazione temporale che
caratterizza la nostra vita, che appunto è soggetta al tempo, mentre l’eternità e il
nulla sono dimensioni in cui il tempo è assente.
- Tra queste due dimensioni abbiamo un verso, che invece prevede delle azioni,
laddove le azioni per realizzarsi prevedono una temporalità → infatti nel nostro
sistema grammaticale l’azione è primariamente rappresentata dal verbo, che ha
come primaria caratteristica quella di avere a che fare col verbo → siamo nel piano
della temporalità, dunque siamo sul piano di quella che è la nostra vita, che si
colloca tra le due dimensioni dell’eterno e del nulla.
- Qualificazione del nulla come inesprimibile, perché non è possibile per l’uomo
avere un’esatta conoscenza del nulla e dell’eterno e dunque non è possibile per
l’uomo descrivere a parole il nulla e l’eterno, perché sono due dimensioni di cui
l’uomo non può avere esperienza e non può comprendere → la forza della parola
poetica sta proprio in questa tensione a esprimere l’inesprimibile, che però,
essendo tale, rimane tale.

> Sezione Naufragi, molto importante → il titolo originario dell’opera rimanda al


naufragio, perché l’edizione del 1919 si intitola Allegria di Naufragi → è un titolo
leopardiano (come riconosce lo stesso U. a posteriori), autore fondamentale per U.
→ lo è fin dalla sua formazione e poi diventa determinante negli anni successivi,
negli anni che trascorre a Roma all’altezza di Sentimento del Tempo, negli anni in cui
insegna a San Paolo e di nuovo quando torna a Roma → nella sua attività di
professore universitario dedica moltissime lezioni all’opera di Leopardi, delle quali U.
ha tenuto traccia con degli appunti (molto belli, che hanno quasi la forma del saggio)
68

e che adesso sono pubblicati in un Meridiano proprio incentrato sulle lezioni


universitarie e sui viaggi (si intitola Viaggi e lezioni) → dalle sue lezioni universitarie
U. trae anche diversi saggi (alcuni su Leopardi e sull’interpretazione di L’infinito), che
pubblica su rivista.
- Allegria di Naufragi fa chiaramente riferimento a «e naufragar m’è dolce il questo
mar», alla sensazione di felicità collegata al naufragio → non a caso nella poesia di
Leopardi la sensazione di felicità legata al naufragio viene proprio collegata alla
questione dell’infinito → la ricerca è proprio quella di esprimere e dare figurazione di
una dimensione, l’infinito, che per sua stessa natura è inconoscibile → Leopardi
parte da ciò che si conosce, il finito (che non a caso è parte della parola infinito),
rappresentato dal limite della siepe, oltre cui va lo sguardo, ed è proprio il limite della
siepe a dare l’idea, per contrasto, dell’immensità del paesaggio che si estende oltre
di essa, immensità così vasta da sembrare infinita.
- L’altra influenza che detta un po’ il titolo è da ricercarsi nella lezione dell’importante
filosofo Bergson → U., mentre scrive le poesie di Sentimento del Tempo, dedica
anche dei saggi al filosofo francese, alle cui lezioni U. aveva assistito a Parigi.
- In Bergson c’è l’idea dell’attimo in cui per un secondo si aggrovigliano insieme
passato, futuro e presente → l’esempio classico è quello dell’uomo che sta per
annegare e, come in un lampo, gli si presenta la sua intera vita passata → dunque il
titolo Allegria di Naufragi allude anche a questo momento attimale, precedente al
naufragio, in cui si ha una percezione intera della propria vita.

Allegria di naufragi
Versa il 14 febbraio 1917

E subito riprende
il viaggio
Come
dopo il naufragio
un superstite
lupo di mare

- La poesia non presenta solo l’idea del mare ma anche due elementi che fanno
parte della personale mitografia che U. costruisce nei suoi testi poetici:
❖ il primo tema è quello del viaggio → idea del viaggio come emblema dai
plurimi significati → sia viaggio geografico che viaggio esistenziale, che
coincide con la propria vita;
❖ figura del lupo di mare superstite → anche questa idea fa parte della
personale mitografia di U., che spesso si rappresenta come un naufrago
(soprattutto nella poesia Il capitano, appartenente a Sentimento del Tempo).
69

> Tema del naufragio:


«Il primitivo titolo, strano, dicono, era Allegria di Naufragi. Strano se tutto non
fosse naufragio, se tutto non fosse travolto, soffocato, consumato da tempo.
Esultanza che l’attimo, avvenendo, dà perché fuggitivo, attimo che soltanto amore
può strappare al tempo, l’amore più forte che non possa essere la morte. È il
punto dal quale scatta quell’esultanza d’un attimo, quell’energia che, quale fonte,
non avrà mai se non il sentimento della morte da scongiurare».
- Questo elemento del sentimento della vita che si oppone alla morte è presente in
poesie come Lindoro di deserto, dove dalla terrazza di desolazione il poeta si sporge
in braccio al buon tempo → idea che, nonostante la situazione desolata, desolante e
tragica che U. sta vivendo, l’istinto vitale è quello di aprirsi al nuovo giorno che
arriva.

Mattina
Versa il 14 febbraio 1917

M’illumino
d’immenso

- Fa parte della sezione Naufragi → anche questa poesia rientra nell’idea del
dettato essenziale, però si colloca più sul versante di Eterno che non su quello di
Stasera e Tramonto, perché presuppone un tipo di riflessione e non è soltanto la
presentazione di un’immagine → è più vicina al verso «allibisco all’alba» di Lindoro
di deserto, anzi si può dire che si corrispondono, in quanto individuano una
situazione analoga.
- Anche qui il titolo Mattina fa veramente parte del testo, composto da due
brevissimi versi costituiti da parole isolate e perfettamente speculari.
- Il soggetto (come in «allibisco all’alba») prende su di sé le caratterizzazioni
dell’oggetto, ossia il sole che sorge, perché è il soggetto poetico a illuminarsi
d’immenso e il senso di immensità è dato dal sole che sorge dall’alba (momento
topico per l’opera di U.).
- Il pittore Diego D’Orazio (molto vicino a U. nella parte finale della sua vita) ha
descritto la poesia come un «procedimento di dilatazione cosmica dell’io», e in effetti
è una definizione che ben descrive il testo → si tratta davvero di una dilatazione
cosmica dell’io nel senso di una confusione tra io e cosmo, anche da un punto di
vista dell’elaborazione poetica → i versi infatti sono attentamente studiati e
calibrati → in entrambi i casi abbiamo un’elisione, la vocali iniziali e coclusive sono
identiche, ripetizione di consonanti con suono molto simile.
- Sulla stessa scia si collocano altre due poesie come Dolina notturna e
Trasfigurazione.
70

18 OTT. 2021

Girovago
Campo di Mailly maggio 1918

- Poesia in cui viene compiuto un passo ulteriore nella definizione di quella


dimensione eterna e fuori dal tempo alla quale è connessa l’idea di felicità.
- Nella poesia si passa ancora una volta da un piano di tipo biografico (che attiene
alla vita di U.) a un piano di riflessione di tipo metafisico.

In nessuna E me ne stacco sempre


parte straniero
di terra
mi posso Nascendo
accasare1 tornato da epoche troppo
vissute3
A ogni
nuovo
Godere un solo
clima
minuto di vita
che incontro
iniziale
mi trovo
languente2
che Cerco un paese
una volta innocente4
gli ero stato
assuefatto
1
Questo risponde alla personale mitografia di U., che si rappresenta come
nomade, viaggiatore dalle plurime identità, senza una patria definita ma da una
parte in cerca di patria e dall’altra estraneo a ogni patria.
2
La parola «languente» è una parola spia, connessa al campo semantico del
desiderio (cfr. Annientamento, dove l’essere è definito come «sfrenato»), legato a
sua volta alla vita terrena dell’uomo, caratterizzata appunto dal desiderio verso
qualcosa.
3
La riflessione da un piano biografico si sposta su un altro livello → qua il
riferimento evidentemente non è soltanto alla vita di U. ma all’esistenza intesa in
senso collettivo → è un’esistenza che si va a identificare con la storia dell’umanità
fino ai suoi albori.
4
Poter tornare alle origini mitiche dell’inizio, quando la vita era innocente, laddove
la nozione di innocenza si va a identificare in una dimensione edenica, che ha a
che fare con la rappresentazione biblica del paradiso terrestre, dalla cui cacciata la
vita ha avuto inizio → l’eden precede l’inizio della storia umana ed è qualificato
71

come luogo di eterna felicità, in quanto Adamo ed Eva sono immortali (la loro vita
non è soggetta al tempo) e innocenti e non hanno neppure alcun desiderio, perché
nel paradiso terrestre non esiste mancanza.
- Questa condizione è stata accostata dalla critica anche alla riflessione di Freud
sulla vita prenatale → il bambino prima di nascere si trova nell’utero materno, nel
quale, attr. la placenta, sono soddisfatte tutte le sue esigenze → il bambino non ha
mancanze e dunque non ha desideri → quando viene alla luce la prima cosa che
fa è il pianto, che si esprime come mancanza di aria → dunque la prima connota-
zione della vita è relativa alla mancanza e dunque è un desiderio.

Preghiera

- Poesia che chiude L’Allegria e che recupera temi cardine dell’opera ma già
cominciando ad approfondirli in direzione di Sentimento del Tempo, ponendosi
sulla stessa scia di poesie come Annientamento e Girovago, proprio nella
definizione di una dimensione estranea alla vita terrena e caratterizzata
dall’assenza di tempo. dall’innocenza e dalla felicità.

Quando mi desterò
dal barbaglio della promiscuità1
in una limpida e attonita sfera

Quando il mio peso mi sarà leggero2

Il naufragio3 concedimi Signore


di quel giovane giorno al primo grido4.
1
Il «barbaglio della promiscuità» chiaramente individua, attr. la condizione del
desiderio e della molteplicità e della mescolanza, la nostra vita terrena, il piano
fenomenico della realtà.
- Destarsi dal barbaglio della promiscuità significa far parte di una dimensione di
tipo metafisico, qua rappresentata dalla «limpida e attonita sfera», laddove la sfera è
tradizionalmente forma di perfezione intangibile e incorruttibile.
2
Il peso è condizione corporea che pertiene alla dimensione fenomenica e alla
nostra vita mortale → questa frase rimanda anch’essa all’innalzamento descritto
nella prima parte della poesia.
3
Torna infine il tema cardine del naufragio, declinato qua in una direzione → non è
più un naufragio inteso come momento in cui si trova una situazione di armonia
cosmica col tutto, ma è il perdere se stessi ma come se si potesse tornare a una
condizione edenica al di fuori del tempo.
4
Si riferisce alla prima parola, dalla quale è nato il mondo.
72

- All’apparenza sembra che il discorso di U. si svolga all’interno di un ambito


religioso e di un pensiero cattolico → U. spesso fa riferimento alla simbologia della
religione cattolica ma lo fa per alludere a una condizione caratterizzata dall’eternità
e dall’innocenza, per indicare il mistero di una qualche realtà non ben definita che
sovrasta e circonda la nostra esperienza fenomenica → l’allusione alla religione
cattolica serve come simbolo per alludere a una dimensione ulteriore che non è
esperibile attr. la nostra esistenza.

——————————————————————————————————

CRONOLOGIA REDAZIONALE DELL’OPERA DI U.

- 1916, Il porto sepolto, Udine, Stabilimento grafico friulano.


- Nel 1919 U. pubblica due opere → La Guerre, raccolta in francese (si propone
come poeta bilingue, che vuole affermarsi anche nel panorama culturale e letterario
francese), e Allegria di naufragi (Firenze, Vallecchi).
- Nel 1923 U. pubblica la raccolta Il porto sepolto. Poesie di Giuseppe Ungaretti,
con lo stesso titolo dell’edizione del 1916 ma profondamente diversa → il fautore
della pubblicazione è di nuovo Ettore Serra ma non si tratta di una ristampa
aggiornata dell’edizione del 1916 ma di una raccolta nuova, un’evoluzione rispetto
ad Allegria di naufragi del 1919 ma con lo stesso titolo dell’edizione del 1916 →
questa raccolta è davvero interessante perché rappresenta davvero un anello di
congiunzione con Sentimento del Tempo, che U. inizia a elaborare proprio tra il 1919
e il 1920.
- Nel 1931 pubblica L’Allegria in edizione pressoché definitiva.

> Tra Il porto sepolto del 1923 e l’edizione Preda de L’Allegria del 1931 si collocano
una serie di progetti e cicli poetici parzialmente realizzati che già portano verso
Sentimento del Tempo, che hanno molto a che fare con le sezioni incipitarie de Il
porto sepolto del 1923 e che costituiscono uno sviluppo delle sezioni Sirene e Elegie
e Madrigali dell’edizione del 1923 → si tratta del poemetto incompiuto La morte di
Crono, dei cicli Appunti per una poesia e della poesia Le Stagioni.
73

3. IL PERIODO TRA LE DUE GUERRE

18 OTT. 2021

> Questo periodo è caratterizzato da due fenomeni → il classicismo moderno (defini-


zione ossimorica) e la metafisica, fenomeno di ambito specificatamente pittorico ma
anche letterario → infatti l’attività dei fratelli De Chirico e di Carrà non è solo artistica
ma anche letteraria.

> Le riviste:
- Il periodo tra le due guerre è stato definito dalla critica anche con una qualificazione
di tipo culturale, come periodo del ritorno all’ordine → esso in verità non è che un
aspetto di questo complesso e ampio periodo storico, all’interno del quale si
registrano diversi altri fenomeni.

- Una rivista interessante è la rivista bolognese La Raccolta (1918-19), il cui diretto-


re è Giuseppe Raimondi.
- I collaboratori sono Ardengo Soffici (in questo periodo si schiera su posizioni
reazionarie e conservatrici), Riccardo Bacchelli, Vincenzo Cardarelli (narratori molto
importanti del periodo), Carlo Carrà, Giorgio De Chirico, Alberto Savinio e Giuseppe
Ungaretti → U. conosceva molto bene Savinio e Carrà (come testimonia il folto
scambio epistolare) e li aveva incrociati a Milano sia prima che dopo la guerra → i
tre proprio tra il 1918 e il 1919 avevano il progetto di dare vita insieme a una rivista,
che sarebbe dovuta ess. pubblicata da Vallecchi, però il progetto è naufragato.
- Perché è importante la rivista La Raccolta? → innanzitutto perché attr. i suoi
collaboratori fornisce uno spaccato di quello che è il clima del primo dopoguerra →
inoltre perché U. vi pubblica delle poesie, raggruppate sotto il titolo Atti primaverili e
d’altre stagioni → questo breve ciclo comprende poesie che sarebbero poi finite in
Allegria di naufragi (1919), anche se con titoli molto diverse → il titolo è importante
perché mostra un’attenzione al trascorrere del tempo, anche in connessione alle
trasformazioni del paesaggio, e si connette alla seconda raccolta di U., Sentimento
del Tempo.

- Questa attenzione non è propria solo di U. ma è comune anche a molti narratori e


poeti del periodo e soprattutto all’istituto della prosa d’arte che si afferma in questo
periodo.

- La Ronda (Roma, 1919-1923) → il comitato direttivo era composto dai cosiddetti


“sette savi” = Vincenzo Cardarelli, Emilio Cecchi (campione della prosa d’arte),
Riccardo Bacchelli, Antonio Baldini, Lorenzo Montano, Bruno Barilli (musicologo) e
Aurelio Emilio Saffi.
- Collaboratori → Giuseppe Raimondi, Alberto Savinio, Carlo Carrà, Giorgio De
Chirico (di cui viene pubblicato un saggio dal titolo molto interessante, Classicismo
74

pittorico) e Giuseppe Ungaretti (il quale pubblica una poesia intitolata Paesaggio e
un saggio intitolato A proposito di un saggio su Dostojevski).
- Nella poesia Paesaggio U. descrive le varie fasi del giorno e il cilo delle ventiquat-
tro ore in connessione con la descrizione del paesaggio → attenzione alla concezio-
ne del tempo, spesso rappresentato in rapporto al paesaggio → questo elemento
caratterizza anche la prosa d’arte, elaborata soprattutto dal gruppo di La Ronda, alla
quale si deve l’identificazione del periodo tra le due guerre con il ritorno all’ordine
(perché le ronde notturne erano composte da persone che perlustravano la città per
riportare l’ordine), con l’idea di riportare all’ovile le pecorelle smarritesi durante la
stagione delle avanguardie, propugnando l’esigenza di tornare a guardare i modelli
della tradizione, ossia la classicità, che deve ess. non tanto oggetto di imitazione
quanto oggetto di stimolo e di esempio per la produzione creativa e critica attuale →
la classicità funge da riferimento per ritrovare «un simulacro di castità formale»
(Cardarelli, Prologo in tre parti, n. 1, aprile 1919 → questo testo ha un chiaro intento
programmatico) dopo il sovvertimento formale delle avanguardie.
- Cardarelli continua → «Non ignoriamo del resto che se la nostra lingua ha regole
prescritte e il nostro alfabeto esisteva appena da qualche secolo che già il genio preistorico
dei nostri antichi ne aveva sfiorato e immortalato tutte le lettere, dall’alfa all’omega [...]» →
idea che la nostra sia una tradizione antica e che si debba riannodare quei fili che i
futuristi avevano tagliato → «Eviteremo perciò di proposito di far fracasso con delle
formule che mandano odore di muffa e di giovinezza» → qua la stoccata è proprio
indirizzata al futurismo (che non si esaurisce affatto con la I Guerra Mondiale ma
prosegue in forme diverse).
- «Il nostro classicismo è metaforico e a doppio fondo. Seguitare a servirci con fiducia di uno
stile defunto non vorrà dire per noi altro che realizzare delle nuove eleganze, perpetuare
insomma, insensibilmente, la tradizione della nostra arte» → idea di guardare alla
classicità non come modello semplicemente da imitare ma come modello propulsivo
per creare qualcosa di nuovo.

- Rivista Valori Plastici (Roma, 1918-1922) → direttore è il critico d’arte Mario


Broglio → la rivista si occupa appunto dell’ambito artistico e primariamente di pittura.
- Collaboratori → Carlo Carrà, Alberto Savinio e Giorgio De Chirico (non si trova U.
perché la rivista era appunto primariamente dedicata alle arti figurative → U. cmq la
leggeva con attenzione, tant’è vero che in diversi saggi egli fa riferimento
all’esperienza di Valori Plastici).
- Alberto Savinio, Fini dell’arte (ottobre 1919) → ci dà una definizione di classicismo
che ci interessa e che ci fa capire meglio in quale direzione si vada → quello di La
Ronda è un classicismo che cerca di ammodernizzarsi, però non più di tanto perché
il modello della tradizione rimane forte ≠ per Savinio, De Chirico e soprattutto U. si
tratta davvero di recuperare elementi della classicità ma poi di adeguarli alla
modernità attr. una sperimentazione anche di tipo formale.
«Classicismo che, beninteso, non è ritorno a forme antecedenti, prestabilite e
consacrate da una epoca trascorsa: ma è raggiungimento della forma più adatta
75

alla realizzazione di un pensiero e una volontà artistica1 – la quale non esclude


affatto la novità di espressione, anzi la include, anzi la esige2».
1
Quello che passa è soprattutto il concetto di un recupero della forma, laddove la
forma in arte e in letteratura era stata dissolta e mandata in frantumi dal furore
iconoclasta e innovativo delle avanguardie.
2
È in questo senso che tra classicismo e modernità, concetti inizialmente opposti tra
loro, si stabilisce un trattino d’unione, proprio perché gli elementi moderni della
classicità non vengono riproposti in maniera imitativa ma vengono rinnovati attr.
un’azione di tipo sperimentale.
- Giorgio De Chirico pubblica su Valori Plastici l’articolo Il ritorno al mestiere, dove
proclama l’esigenza di tornare all’esercizio della copia → l’articolo si conclude con la
formula «Pictor classicus sum».

La prosa d’arte

- È un tipo di prosa con un andamento di tipo descrittivo, ha spesso una misura


abbastanza breve, non ha un andamento narrativo → in molti casi si tratta di testi
di misura ridotta, magari rivolti alla descrizione di un ambiente, un paesaggio, un
personaggio, il linguaggio spesso è elevato, non solo per quanto riguarda il lessico
(che spesso è lirico) ma anche per quanto riguarda l’intonazione.

- È stato detto dalla critica contemporanea al periodo che nelle prose di Emilio
Cecchi sta appollaiato l’endecasillabo → cioè la musicalità della prosa, la sua
descrittività, l’utilizzo di un lessico alto e prezioso fanno sì che la prosa d’arte si
avvicini in qualche modo al linguaggio della poesia.

- È molto in voga in questo periodo e può avere denominazioni diverse → qualche


volta viene definita “prosa d’arte”, altre volte si trova la definizione di ascendenza
francese “Poema in prosa” (cfr. Baudelaire), altre volte invece si trova la
definizione “Capitolo”, ideata da Enrico Falqui (che ha pubblicato varie antologie di
prose d’arte)

- Anche Ungaretti la pratica → nella sezione Prime de L’Allegria si trovano dei


poemi in prosa e anche la poesia Paesaggio ha un po’ questa forma (non a caso è
pubblicata su La Ronda).

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76

LA METAFISICA

> Ungaretti trascorre tra il 18 e il 19 molto tempo con Savinio e Carrà e nel
passaggio tra L’Allegria e Sentimento gioca un ruolo di influenza anche la metafisica,
soprattutto come la interpreta Carrà.

- Vediamo un po’ di quadri:

> De Chirico, L’enigma dell’oracolo (1910) → la prima cosa da notare è la data →


Valori Plastici arriva a formalizzare la metafisica quando ormai la stagione della
metafisica si è ormai conclusa, soprattutto si è concluso il suo momento più
innovativo e sperimentale, che coincide con il primo periodo dell’attività di Giorgio De
Chirico, che compone ed espone le sue opere a Parigi nel Salone d’Autunno, nel
Salone degli indipendenti e nel Salone dei rifiutati negli anni immediatamente
precedenti alla guerra → le sue opere attireranno l’attenzione di Apollinaire e
Ungaretti.
- Quali sono gli elementi principali? → prima di tutto si parte dall’assenza di figura
umana → dire assenza però non è del tutto vero → infatti ci sono due statue che
alludono alla figura dell’uomo → possiamo affermare che nei quadri di D.C. o è
assente o subisce un procedimento di reificazione (cfr. statue e manichini).
- Ciò che domina il quadro è sicuramente l’elemento architettonico come tema e poi
la strutturazione spaziale degli elementi → nel quadro è rappresentato un edificio
antico con i tipici mattoni rossi della città di Ferrara (scenario prevalente dei quadri di
D.C.) → i contorni dell’architettura delimitano gli spazi del quadro, per cui si viene a
instaurare un rapporto dialettico tra i confini geometrici dell’edificio (spazio geometri-
camente finito e definito) e lo spazio indefinito che si apre e si estende oltre l’edificio.
- Lo stesso D.C. dice che la questione funziona un po’ come il rapporto tra finito e
infinito nella poesia leopardiana → i contorni geometrici degli edifici hanno una
funzione analoga alla siepe nel celebre Infinito di Leopardi → è grazie al limite che si
può percepire quel senso dell’indefinito, che è ciò che più si avvicina all’infinito.
- Interessante è anche il gioco di corrispondenze tra gli elementi → ad es. le tende
sono elementi che non c’entrano niente con l’edificio antico (di solito si trovano nelle
case o nei teatri) e che proprio per questo in qualche modo creano un perturbamen-
to → sono oggetti che appartengono alla nostra quotidianità ma sono tolti dal loro
contesto abituale e sono ricontestualizzati in un contesto dove non ci aspetteremmo
di trovarli (processo di decontestualizzazione).
- Anche il rapporto tra la statua senza testa e la testa della statua senza corpo è di
tipo dialettico e contribuisce alla sensazione di perturbamento, che si può
riassumere anche nella parola usata da D.C. nel titolo del quadro e che ricorre
anche in altre numerose titolazioni, ovvero “enigma” → osservando il quadro si ha la
sensazione che ci sia un mistero oltre ciò che è rappresentato, anzi è come se ci
fosse l’attesa della rivelazione di un enigma e tuttavia questa rivelazione non
avviene mai → si ha la percezione di qualcosa che esula dal piano della normalità, di
77

un enigma che sta dietro le cose ma la cui sostanza rimane preclusa e non si rivela
mai.
- Nel 1919 Freud pubblica un saggio, tradotto in italiano col titolo Il perturbante → il
titolo originale suona un po’ diversamente, perché “il perturbante” è una traduzione
impropria dal tedesco unheimlich, composto dalle parole un e heimlich, che significa
familiare, casalingo, domestico → unheimlich è dunque qualcosa di non familiare,
che si percepisce come non domestico, ignoto, e non essendo familiare ci risulta
strano e ci turba → Freud mette in evidenza come nel dizionario tedesco ad heimlich
sia associato non solo il significato di “familiare” ma anche come qualcosa di
familiare che ci è nascosto e che in particolari circostanze ritorna fuori.
- Il termine “perturbante” spiegato in questo modo torna bene per capire come i
quadri di D.C. ci inducano turbamento perché presentano anche degli elementi
familiari ma in modo non familiare, con qualcosa che ce li fa percepire in maniera
estranea alla normalità.

- D.C., L’enigma d’un pomeriggio d’autunno (1910) → anche in questo caso si pone
l’attenzione al trascorrere del tempo, a momenti topici della giornata e delle stagioni
→ in particolare, per quanto riguarda D.C., l’attenzione si pone sulle ore calde della
giornata → soggetto iconografico tipico è infatti la piazza assolata → il momento
delle ore calde è secondo Nietzsche il momento delle apparizioni e della rivelazione.
- Nel quadro ci sono i soliti elementi:
● la figura umana è reificata → non solo la statua senza testa ma anche le
persone raffigurate in una posa estremamente statica, quasi statuaria;
● poi abbiamo le architetture, che ancora una volta sono il soggetto
predominante nel quadro;
● ancora una volta abbiamo il rapporto tra il finito (cioè il contorno degli elementi
architettonici definito geometricamente) e l’infinito (il cielo che si apre oltre
l’orizzonte), reso particolarmente evidente dalle fessure di cielo che si
intravedono dalle aperture;
● ancora una volta la presenza inquietante della tenda, che sembra celare
qualcosa di misterioso che sta dietro, come un’apparizione che si deve
disvelare sulla scena ma che non si svela mai → la nostra curiosità di
spettatori subito si chiede cosa sia celato dalle tende → sono un elemento di
perturbamento e che danno il senso dell’enigma;
● uso sapiente delle ombre e della prospettiva → D.C. fa uso tutto sommato
classico della prospettiva, ma è sbagliata, anche se in maniera non
chiaramente percettibile → è chiaro che non sono rispettate le proporzioni tra
la statua, le persone e gli edifici → D.C. deforma in maniera quasi
impercettibile la prospettiva e le proporzioni ma quanto basta per creare una
situazione di disturbo → in molti casi questo accade anche per le ombre, che
non corrispondono pienamente all’oggetto o al punto luce del quadro.

- D.C., La nostalgia dell’infinito (1912) → l’infinito è tema delle opere di D.C. in


rapporto al finito → anche in questo caso è evidente la sproporzione tra le figure
78

umane e gli elementi architettonici → inoltre le ombre sono troppo grandi e non
rispettano il punto luce.

- Protagonisti di Sentimento del Tempo saranno le stagioni (soprattutto l’estate) e i


momenti topici della giornata (soprattutto le ore calde), temi tipici già di D.C.

> Carlo Carrà e Ungaretti in questo periodo sono molto legati e si trovano entrambi
a Milano → C. proviene dall’esperienza del futurismo → conosce D.C. a Ferrara
durante la Prima Guerra Mondiale e rimane colpito dalla pittura di D.C. → se D.C. è
il genio sregolato, C. è un po’ il normalizzatore della metafisica, tant’è vero che la
figura di punta in Valori Plastici sarà proprio lui e sarà lui a canonizzare e definire la
pittura metafisica, motivo per cui D.C. si arrabbierà moltissimo e anche per il volume
Pittura metafisica (Firenze, Vallecchi, 1919), col quale C. va a definire il fenomeno
della metafisica → il volume è pubblicato dalla stessa casa editrice e nello stesso
anno dell’opera di U. → sarà proprio U. ad andare da Milano a Firenze per portare a
Vallecchi i manoscritti di Allegria di naufragi e di Pittura metafisica dell’amico C.
- Pittura metafisica è un volume che C. mette insieme nel 1919 ma molti paragrafi
erano stati già pubblicati su Valori Plastici, come per es. Il quadrante dello spirito,
pubblicato sul numero di apertura della rivista:
«[...] Egli sente di essere microcosmo plastico a contatto mediato col tutto1. La
materia stessa non ha che quel tanto di esistenza che importa il grado di colpa
che si trova in lui2. Così, io, in questo navigar sonnambulo mi rimetto all’infinita
parte di eternità che è in me, per mezzo della quale mi sento in relazione col mio
essere più vero, e cerco di penetrare l’intimità recondita delle cose ordinarie, che
sono le ultime ad essere conquistate3.»
1
Quella sensazione di ess. docile fibra dell’universo, cioè una parte in armonia col
tutto.
2
La materia in rapporto al concetto di colpa si vedrà meglio in Sentimento del Tempo
collegata alla figura di Caino.
3
Quel mistero, quell’enigma che si cela dietro anche alle cose più ordinarie.

- «Le ombre sono taglienti e nere sul pavimento bigio. È il dramma delle apparizioni» →
questo è il commento (con chiaro riferimento a Nietzsche e al momento delle
apparizioni) al dipinto Il dramma delle apparizioni pubblicato nel 1918 sulla rivista →
il quadro è costituito da un ovale → a questo quadro e a C. è dedicata la poesia di U.
Preghiera, dove si fa cenno alla «limpida e attonita sfera» → la critica ha inteso
ravvisare un possibile collegamento tra la poesia Preghiera di U. e il quadro L’ovale
delle apparizioni di C., pubblicato su Valori Plastici proprio nell’anno di composizione
della poesia.
79

- Il volume Pittura metafisica si conclude con una formula programmatica, la formula


della rinata classicità → è proprio in questo periodo che C. comincia a guardare ai
pittori primitivi toscani → l’idea della rinata classicità rientra in quell’idea di classici-
smo moderno che connota l’intero periodo e che sarà importante anche per l’U. di
Sentimento del Tempo, dove egli recupera il metro (endecasillabo) e la lezione dei
maestri (soprattutto l’asse Petrarca-Leopardi) della nostra tradizione e anche le im-
magini connesse con le iconografie della classicità (molti riferimenti al mito), ma la
raccolta presenta cmq notevoli elementi di sperimentazione (appunto classicismo
moderno).

> Ungaretti e la metafisica:


- U. nel 1919 pubblica Allegria di naufragi con la casa editrice Vallecchi → questa è
una raccolta che U. mette insieme anche un po’ di fretta, perché si prospetta
l’edizione di pubblicare con un editore importante come Vallecchi ma il tempo stringe
e l’editore preme perché U. consegni il manoscritto.
- U. però per lungo tempo rimane indeciso sul titolo → a un certo punto avrebbe
voluto intitolare l’opera nuovamente Il porto sepolto e avrebbe voluto anche
accompagnare la raccolta con una prefazione, ma non ce n’era il tempo → dunque
va a finire che quella prefazione viene pubblicata sul quotidiano Il Popolo d’Italia il 10
marzo 1919 con un titolo molto interessante → Verso un’arte nuova classica.
Prefazione alla 2° edizione del Porto Sepolto.
- Allegria di naufragi del 1919 ha come prima sezione una sezione intitolata Ultime e
Prime e dedicata a Carrà (in quest’opera è molto interessante tutto il sistema delle
dediche → ogni sezione e quasi ogni poesia hanno un dedicatario).
«E mi pare che l’estro oggimai si muova per misterioso incontro d’inquietudine e
di nostalgie, allo stesso modo dicessi che dattorno a me il presente non sia altro
che un riflesso di passato e di avvenire, di abbandono e d’azzardo, di rimpianti e
di desiderio, di tradizioni e di scoperte, di logica e d’intuizione, di stile e di
fantasia; come se il passato fosse la carne e l’avvenire l’idea, ma fossero un
tutt’uno nell’immagine viva dattorno a noi».
- Questo modo interessante di concepire passato, presente e futuro come legati tra
loro è una concezione che sarà pienamente sviluppata in Sentimento del Tempo,
dove U. mette al centro la riflessione sul tempo sulla scorta dei modelli di Bergson e
Pascal.
«Ed è con molta umiltà che ringrazio l’amico pittore Carrà, il quale nelle nostre
conversazioni milanesi, durante intere nottate dell’inverno del ‘914, e qui nella
stessa Milano in questo marzo ‘919, comunicandomi il suo libro, di prossima
pubblicazione, Pittura metafisica, mi ha fraternamente aiutato a emendarmi da
numerosi vacillamenti».
80

- Il rapporto con Carrà e questo ambiente è importante proprio non solo per
l’ideazione e la realizzazione di Allegria di naufragi del 1919 ma anche per la
composizione delle prime poesie di Sentimento del Tempo e soprattutto per quella
fase molto complessa di passaggio che si situa tra il 1920 e il 1924, nella quale U,
lavora ad alcuni progetti, che in parte verranno realizzati in Sentimento del Tempo
ma in parte rimarranno al loro stadio progettuale.

19 OTT. 2021

> Ungaretti - Classicismo - Metafisica:


- Cerchiamo di capire attr. alcune considerazioni di U., contenute per lo più in saggi o
interviste, in quale direzione U. abbia assorbito il clima del periodo e alcune
sollecitazioni della metafisica e del generale intento di ritorno ai classici ma con uno
spirito innovatore.

- L’aspetto del classicismo si vede in una dichiarazione di U. risalente al 1924 → si


tratta di un breve saggio intitolato Esordio:
«In questi ultimi anni s’è diffusa in Italia un’idea assai singolare del classicismo.
Non s’intende il nostro patrimonio letterario, i buoni testi, sulla scorta dei quali,
chi peggio e chi meglio, s’è imparato la grammatica, neppure un’interpretazione
greco-latina della realtà: s’intende una particolare idea della perfezione».
- Di perfezione della forma aveva parlato anche Alberto Savinio → dunque l’idea di
classicismo non solo non implica un’imitazione dei modelli del passato ma anzi
funziona quasi come riferimento ideale e emblema di un’idea di perfezione → torna
l’idea della perfezione connessa al recupero della forma dopo il furore iconoclasta e
distruttivo delle avanguardie → tutto questo sarà centrale in Sentimento del Tempo.

- Intervista con Giovan Battista Angioletti, La poesia contemporanea è viva o morta?,


su L’Italia Letteraria, Roma, n.11, 17 giugno 1929:
«[…] nell’ordine della fantasia, spezzati al demone dell’analogia i ceppi, s’è
cercato di scegliere quell’analogia che fosse il più possibile illuminazione
favolosa1; nell’ordine della psicologia, s’è dato soffio a quella sfumatura
propensa a parere fantasma o mito2; nell’ordine visivo, s’è cercato di scoprire le
combinazioni di oggetti che meglio evocassero una divinazione metafisica3.
Illuminazione favolosa, fantasma e miti, divinazioni metafisiche, non sono forse
illusioni di tempo domato, di tempo fermo per sempre?4 E inoltre, l’affaticarsi
alla perfezione dell’opera, non è volontà ch’essa duri?5 E questa resistenza al
tempo, quanto va d’accordo col fugace?6».
81

1
Nella dichiarazione è nuovamente centrale il riferimento all’analogia, vista come
illuminazione favolosa, cioè capace di aprire un varco alla percezione di qualcosa
che sta oltre la realtà.
2
Il mito è un altro elemento che ricorre nella produzione di U. in questo periodo (e
che agirà anche in Sentimento del Tempo), in particolare il mito della classicità
greco-romana.
3
U. fa proprio riferimento alla pittura metafisica anche con la sottolineatura della
combinazione di oggetti.
4
Ecco che U. convoglia questi stimoli verso la particolare concezione del tempo che
sta elaborando in quel periodo, alla ricerca di quella dimensione eterna in cui il
tempo non scorre.
5
Dai modelli della classicità si desume anche quell’idea di perfezione che è anche
garanzia della tenuta e resistenza al tempo dell’opera.
6
U. si sta proprio interrogando sul tempo, nella sua accezione sia immobile ed
eterna sia transitoria e fugace → questo rapporto tra la coordinata dell’eternità e
quella della temporalità sarà determinante soprattutto nella sezione Prime di
Sentimento del Tempo.
82

4. SENTIMENTO DEL TEMPO

19 OTT. 2021
Ancora cronologia redazionale

- 1923, Il porto sepolto. Poesie di Giuseppe Ungaretti (Stamperia Apuana, La


Spezia) → si tratta di un’edizione molto bella e anche preziosa perché Ettore Serra
decide di coinvolgere un illustratore, Francesco Gamba, che realizzava delle
illustrazioni in stile liberty, che avevano come soggetto degli elementi mitologici → in
questo caso la ninfa e il flauto di Pan, che richiamano l’idea delle Muse e della
musica e dunque per estensione l’idea del canto e della poesia, colta alle sue origini,
quando era fusa in uno col canto e con la musica → tant’è vero che la stessa
raccolta ha questa intenzione musicale, espressa nella dedica che avrebbe dovuto
aprire la raccolta ma che poi verrà esclusa dall’edizione e della quale ci rimane
testimonianza in un dattiloscritto che recita → «Queste poesie non sono fatte per la
lettura con gli occhi. Appartengono alla musica. Vanno ascoltate dalla voce viva, lenta» →
idea di porre l’accento sulla sonorità della parola e sulla sua prossimità con la
musica e il canto.
- Il riferimento alla musica si può infatti trovare già nella prima sezione, intitolata
Sirene, che di fatto comprende una sola poesia eponima, la quale poi farà parte di
Sentimento del Tempo → dunque si capisce bene la funzione di congiunzione de Il
porto sepolto del 1923.
- U. in questo periodo fa tutta una serie di dichiarazioni in rapporto alla musica,
anche a partire dal verso principe della nostra tradizione, l’endecasillabo, a cui nel
1927 dedica addirittura un saggio e di cui mette in evidenza le potenzialità anche
musicali.
- Anche la seconda sezione della raccolta evidenzia dei rapporti tra la poesia e la
musica → si intitola Elegie e Madrigali, che sono due forme poetiche che molto
hanno a che fare con la musica e quasi prevedono un accompagnamento musicale
→ questa sezione comprende molte poesie che confluiranno in Sentimento del
Tempo, soprattutto una poesia come Le stagioni, che ha avuto una travagliata
vicenda redazionale.
- In conclusione, Il porto sepolto del 1923 si compone delle seguenti sezioni →
Sirene (comprendente solo una poesia eponima), Elegie e Madrigali (che compren-
de poesie per lo più confluite in Sentimento del Tempo), Allegria di naufragi (com-
prendente alcune poesie dell’edizione del 1919) e Il porto sepolto (comprendente le
poesie dell’edizione del 1916).

- Tra Il porto sepolto del 1923 e l’edizione Preda de L’Allegria del 1931 si collocano
una serie di progetti e cicli poetici che già ci portano verso Sentimento del Tempo e
che costituiscono uno sviluppo delle sezioni Sirene ed Elegie e Madrigali dell’edizio-
ne del 1923 → si tratta in sostanza di La morte di Crono, poemetto che U. progetta
ma che poi non realizza → dall’idea di questo poemetto però nascono dei cicli, che
si intitolano Appunti per una poesia (1925-26) → al centro del poemetto (e dunque
83

dei cicli) c’è come nucleo ideativo la poesia Le stagioni (variamente e diversamente
rielaborato da U.).
- Questi sono progetti che in qualche modo proseguono idealmente quella
sperimentazione che U. ha tentato nelle prime sezioni dell’edizione del 1923.

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LA RIFLESSIONE SUL TEMPO


Il pensiero di Bergson e Pascal

> A partire dalle riflessioni di U. contenute in alcuni saggi si capisce come la


riflessione sul tempo si articoli su due concetti fondamentali → ciò che è fugace e ciò
che è eterno e duraturo → U. arriva a definire meglio questi aspetti soprattutto attr. la
riflessione filosofica di Bergson e Pascal, due filosofi che per lui costituiscono dei
punti di riferimento.

> Henri Bergson → U. aveva seguito i suoi corsi al College de France → B. però
rappresenta in generale un punto di riferimento nodale nel primo ‘900, anche per lo
stesso futurismo ed è centrale anche per quanto riguarda Eugenio Montale (più in Le
occasioni che ne Gli ossi di seppia).
- Elementi del pensiero di B.:
❖ B. opera una distinzione tra il tempo della scienza e il tempo della vita:
➢ il tempo della scienza è rappresentato come spazializzato, come una
sorta di linea continua che procede inesorabilmente in una direzione;
➢ il tempo della vita invece si identifica con il concetto di durata,
rappresentato col gomitolo di filo attorcigliato o con la valanga, perché
implica un mutamento e una crescita;
❖ in Materia e memoria (1896) B. distingue tra i concetti di memoria, ricordo e
percezione:
➢ la memoria pura è sostanzialmente la coscienza stessa, che in
maniera automatica, come se fosse una lastra fotografica, registra tutto
ciò che accade, anche quello di cui non abbiamo consapevolezza →
essa dunque si identifica col nostro passato, che di fatto ci segue in
ogni momento;
➢ il ricordo è definito da B. come “ricordo-immagine”, cioè come la
materializzazione operata dal nostro cervello di un evento del passato
→ il nostro cervello, secondo B., trasforma in ricordo-immagine solo
quello che serve all’azione, mentre mantiene nell’inconscio gran parte
del passato → ecco perché, secondo B., la memoria è per la gran
parte oblio;
➢ la percezione invece agisce come una sorta di filtro selettivo dei dati in
vista dell’azione;
84

❖ in Evoluzione creatrice (1907) B. definisce ancora meglio il concetto di durata,


che non attiene soltanto alla coscienza ma è una dilatazione del tempo nella
direzione del passato e del futuro, che secondo B. sono immediatamente
compresenti in noi → in questo momento presente io posso recuperare attr. il
ricordo-immagine eventi del passato e posso contemporaneamente pensare a
qualcosa da fare nel futuro → nel cervello dunque stanno insieme
aggrovigliati tre diversi tempi, il passato, il presente e il futuro;
- in quest’opera B. interpreta non solo la coscienza ma anche l’universo intero
attr. il concetto di durata → «La vita è sempre creazione, imprevedibilità e nello
stesso tempo conservazione integrale ed automatica dell’intero passato. [...] La vita
che percorriamo nel tempo è cosparsa dei frammenti di tutto ciò che cominciavamo a
essere, di tutto ciò che avremmo potuto diventare» → idea della vita cosparsa di
frammenti, composti dalle potenzialità nel passato e nel futuro.

- U. ha assistito alle lezioni di B. e ha dedicato anche alcuni saggi al suo pensiero →


ovviamente l’interpretazione di U. non è neutra ma interessata, cioè interpreta B. e
utilizza il suo pensiero per elaborare una personale concezione del tempo, che si
trova poi nei suoi testi poetici → il pensiero di B. viene piegato da U. alla sua stessa
e contemporanea attività poetica → U. non è né uno studioso né un filosofo ma
utilizza alcuni elementi del pensiero di B. che in qualche modo coincidono con
l’elaborazione dei testi che stava portando avanti in quel momento.
- Negli anni 60’ U. pubblica un volume raccoglie un volume che raccoglie i suoi saggi
letterari → pubblica questo volume in francese e con un editore francese → come
titolo sceglie Innocence e memoire, riprendendo il titolo bergsoniano di Materia e
memoria, cambiando però uno dei termini → questi due termini sono veicolo di due
concezioni che entrano in rapporto dialettico all’interno di Sentimento del Tempo →
sono l’asse su cui si costruisce gran parte della concezione del tempo propria della
raccolta → eternità-fugacità e innocenza-memoria → sono le due coppie dialettiche
che caratterizzano Sentimento del Tempo.
- Commento sul concetto di eternità in rapporto al tempo umano e di slancio vitale,
ossia la nostra tensione verso il futuro mentre inconsapevolmente ci portiamo dietro
il nostro bagaglio passato:
«Bergson indovina la perennità del tempo e noi in essa, parvenze fuggitive certo,
ma – ci dirà Bergson teso a far della coscienza la realtà unica, a identificarla con
quell’assoluto ch’egli chiama slancio vitale – incarnazione momentanea
dell’eternità, per quel passato di cui siamo lo slancio, e quell’avvenire che
rampollerà dal nostro passaggio. Il nostro atomo di tempo non è perduto
nell’eternità, è una goccia del gran fiume».
- Noi siamo delle presenze fuggitive nel gran fiume dell’eternità ma in qualche modo
siamo anche l’incarnazione momentanea di quell’eternità.
85

- Poi U. desume da B. anche il concetto di “profondità”, per cui l’uomo è profondo


perché ha in sé anche tutto quel passato involontario che costituisce l’oblio della
memoria → U. cala il concetto di profondità all’interno del linguaggio → infatti è
proprio nel rapporto tra tempo e lingua che si può rilevare il concetto di profondità
bergsoniano:
«Il grammatico d’una volta infondeva, insieme al senso del tempo insinuatosi
nella stessa trama della lingua, il senso della storia, il senso del muoversi del
tempo, il senso della genesi e della forza di sviluppo della lingua, il senso del
tempo e dello slancio vitale contenuti nella sostanza della lingua».
- La lingua letteraria della tradizione ha una profondità verticale, cioè uno sviluppo
diacronico → le parole che utilizziamo hanno una storia che si perde nel tempo e
quando le usiamo si portano dietro le loro radici e origini e tutto l’uso che ne è stato
fatto nel corso dei secoli.
- Vediamo cosa dice a proposito del tempo (sempre interpretando B.):
«Il tempo è la primordiale intuizione della qualità, è la melodia dell’universo, di
ciò che dura costantemente mutando, ed è nuovo costantemente, e mutando crea,
di ciò che non può essere raffigurato da quantità, perché cesserebbe, se potesse
esserne interrotto il corso, d’esser il segno della vita e diverrebbe materia
inerte».
- Questo concetto di ciò che dura costantemente mutando lo vediamo proprio
nell’intersezione dell’asse dell’eterno e di quella della fugacità, rappresentato
appunto dal ciclo delle stagioni e delle ventiquattro ore → il ciclo delle stagioni è
qualcosa di costante che allude ed è figura di qualcosa che si mantiene e si ripete
sempre uguale → allo stesso tempo però le stagioni sono sempre diverse, mutano
costantemente l’una dall’altra → intersezione tra l’asse di ciò che dura
costantemente e di ciò che muta → lo stesso vale per il ciclo delle ventiquattro ore.
- Note a Sentimento del Tempo, M09, p.771:
«La durata interna è composta di tempo e di spazio, fuori del tempo cronologico;
l’universo interno è un mondo dove la reversibilità è di regola1. Quel tempo non
scorre mai in un’unica direzione, non si orienta mai nel medesimo modo; si può
risalirne il corso, non si sa fino a quale fonte inaccessibile, ma tuttavia
immediatamente presente in noi2».
1
Nella nostra coscienza si mescola tutto → inizia un nuovo giorno e ci fa pensare a
dei giorni passati → per cui in questo senso il tempo è reversibile nella nostra co-
scienza → possiamo tornare indietro col ricordo-immagine o possiamo proiettarci in
avanti.
2
Si può provare a risalirne il corso fino a quella origine mitica che si perde nella
lontananza dei tempi.
86

- Vediamo ora cosa U. dice a proposito del progettato poemetto La morte di Crono
→ si capisce fin dal titolo come abbia a che fare col tempo → Crono è il dio del
tempo, per cui la morte di Crono è la morte del tempo.
- Nella sua idea si dovrebbe trattare di un poemetto frammentario, basato anche su
dei cori fra i vari personaggi → è interessante che U. decida di riprendere la forma
del coro, caratteristica della tragedia greca e accompagnata di solito dalla musica.
- U. dà conto del suo progetto in un saggio intitolato Punto di mira (1924), dove
descrive il progetto del poemetto:
«Nella mia poesia La Morte di Crono mi sono ispirato a quest’idea antica:
l’uomo appartiene all’ordine temporale. E a simboleggiarlo ho quindi scelto
l’antico simbolo: le quattro vicende del giorno e le stagioni dell’anno1. E la
parabola dell’anno e quella del giorno sono forse eterne figure dell’armonia
universale, mentre l’uomo non è che un punto tra due infiniti oblii. Il silenzio
della tomba è uguale a quello di prima della culla. È l’eternità.
[...]
La Morte di Crono è divisa in tre cantiche: Le Stagioni, L’Argonauta, La Morte di
Crono; la prima e la seconda cantica, in diversi canti. […] Ho pensato di dover
ricorrere alla forma dialogata. Gl’interlocutori sono l’Adolescente, l’Uomo, Clio
che rappresenta la mediazione sopra il corso degli eventi, il Coro che rappresenta
una certa umanità di sentimenti2, Eco che rappresenta le cose lontane, la
memoria, la nostalgia, la speranza».
1
U. assume questi elementi come gli antichi simboli della temporalità.
2
Il coro nella tragedia greca era la voce collettiva che commentava gli eventi
rappresentati sulla scena.

- Tutto questo alla fine entrerà fino a un certo punto in Sentimento del Tempo →
anche nella redazione definitiva di Le stagioni saranno sostanzialmente abolite la
forma dialogata e la presenza del coro e dei personaggi → di questo rimarrà traccia
solo nell’utilizzo del corsivo → questi elementi rientreranno prepotentemente nella
successiva produzione di U., ossia La terra promessa (in accezione però diversa
perché U. qui si rifa all’Eneide) e Taccuino del vecchio.

> Blaise Pascal → è un autore che U. legge e conosce → nel 1925 U. è coinvolto
nell’edizione di un piccolo libriccino contenenti la traduzione di Giulio Locatelli di tre
pensieri di P., per la quale U. scrive una breve premessa.
- L’idea pascaliana dell’uomo come punto tra due infiniti oblii entra prepotentemente
in Sentimento del Tempo.
87

- Leggiamo allora alcuni passi dei Pensieri di P.:


«Rendiamoci conto della nostra portata […]. Noi siamo qualche cosa, e non già
tutto; e quel tanto di essere che possediamo ci sottrae la conoscenza dei principii
primi, che nascono dal nulla; e quel poco di essere che possediamo ci nasconde la
vista dell’infinito».
- Noi siamo qualcosa ma non siamo tutto → per cui il fatto di ess. qualcosa ci fa
intravedere delle cose ma ci preclude la conoscenza di ciò che è tutto e di ciò che è
nulla.
«[L’uomo] considerandosi sospeso alla massa che la natura gli ha dato tra i due
abissi dell’infinito e del nulla, tremerà alla vista di queste meraviglie».
- Il nulla e l’infinito sono delle meraviglie che spaventano, in quanto sono
inconcepibili (cfr. impossibilità da parte di Dante di vedere la luce del Paradiso).
«Ma alla fine, che cos’è un uomo nella natura? Un nulla davanti all’infinito, un
tutto davanti al nulla, qualcosa di mezzo tra il nulla e il tutto, infinitamente
lontano dal comprendere gli estremi. Il fine e il principio delle cose gli sono
inesorabilmente nascosti da un segreto impenetrabile».
- L’uomo, essendo qualcosa ed essendo caratterizzato da un corpo e da una vita
terrena che ha una dimensione fugace e transitoria, non può comprendere il nulla e
l’eternità, che rimangono per l’uomo, in quanto mortale, delle dimensioni
incomprensibili e inesprimibili, perché caratterizzate da un segreto che l’uomo non
può penetrare, proprio in virtù e in ragione della sua natura terrena e mortale.
«Incapace al tempo stesso di vedere il nulla da dove è tratto e l’infinito che lo
sommerge, cosa potrà fare se non cogliere qualche aspetto di ciò che sta a metà,
disperando eternamente di conoscerne il principio e la fine? Tutte le cose sono
uscite dal nulla e portate nell’infinito».
- P. definisce come “nulla” quell’abisso che precede la nostra nascita e come “tutto”
quell’abisso che segue la nostra morte, per cui la vita dell’uomo è una liena retta
finita, sospesa tra i due abissi → essendo immerso in questa terra di mezzo, l’uomo
non può conoscere i due abissi che la circondano e che sono fuori dalla sua portata
→ può solo comprenderne qualche sparso frammento → ovviamente la sua sete di
conoscenza si indirizzerà sempre a comprendere ciò che sta al di là dei confini e dei
limiti della propria vita (tensione a conoscere l’inconoscibile, il quale rimane tale → la
parola poetica può solo alludere a tale dimensione).

——————————————————————————————————
88

SENTIMENTO DEL TEMPO

> Edizioni dell’opera:


❖ la prima è del 1933 → U. pubblica contemporaneamente la raccolta con due
diversi editori, Vallecchi di Firenze e Novissima di Roma;
❖ la seconda edizione risale al 1936 → non è semplicemente la riproposizione
della precedente ma è un’edizione ampliata, tant’è vero che comprende
poesie scritte dal 1919 al 1935 → si nota bene la continuità e contiguità con
L’Allegria;
❖ l’edizione che si può considerare definitiva (anche se U. fino al Meridiano del
1969 interviene con qualche piccola variante formale) è quella del 1943 per la
casa editrice Mondadori all’interno del ciclo Vita d’un uomo.

- È U. stesso nella nota all’edizione Novissima che sottolinea la continuità tra le


prime due raccolte:
«Come L’Allegria, il Sentimento è diviso in capitoli. Non per capriccio. Ogni
diversa parte di questi due libri, forma un canto, nella sua organica complessità –
con i suoi dialoghi, i suoi drammi, i suoi cori – unico e indivisibile […]. Dal lato
strettamente tecnico, il mio primo sforzo è stato quello di ritrovare la naturalezza
e la profondità e il ritmo nel senso d’ogni singola parola; ho ora cercato di
trovare una coincidenza fra la nostra metrica tradizionale e le necessità
espressive d’oggi».

Paesaggio

- Seconda poesia della sezione Prime (la prima è O notte).


- La poesia era già stata pubblicata su La Ronda e rispondeva un po’ anche al
gusto del tempo per il poema in prosa o per quella prevalenza accordata alla
prosa lirica rispetto alla poesia tipica del momento → infatti, se si guarda alla
struttura, c’è un po’ di indecisione tra prosa e poesia → Meriggio, Sera e Notte
sono delle parti della poesia in cui non è rispettata la tradizionale scansione in
versi e vanno in direzione del poema in prosa.
- La poesia è suddivisa nei vari momenti della giornata, che allude all’antico
simbolo del tempo, cioè il ciclo delle ventiquattro ore.

Mattina1
Ha una corona di freschi pensieri,
Splende nell'acqua fiorita2.

Meriggio
Le montagne si sono ridotte a deboli fumi e
l’invadente deserto formicola d’impazienze e
89

anche il sonno turba e anche le statue si turbano3.

Sera
Mentre infiammandosi s’avvede ch’è nuda, il
florido carnato nel mare fattosi verde bottiglia,
non è più che madreperla.
Quel moto di vergogna delle cose svela per un momento,
dando ragione dell’umana malinconia,
il consumarsi senza fine di tutto4.

Notte
Tutto si è esteso, si è attenuato, si è confuso5.
Fischi di treni partiti.
Ecco appare, non essendoci più testimoni,
anche il mio vero viso, stanco e deluso6.

1
La rappresentazione della mattina tutto sommato risponde a un’iconografia
classica → il sorgere del sole è tradizionalmente rappresentato con elementi
positivi, che rimandano ai campi semantici della freschezza, della natura che
fiorisce ecc.
2
Immagine di felicità, di rinascita, di freschezza e di inizio.
3
Questo non può non ricordare le iconografie dei quadri di De Chirico e della
metafisica in generale → il paesaggio è assolato perché è il momento del
meriggio, in cui il sole è più caldo → ricorda il momento dell’apparizione di
Nietzsche, in cui tutto formicola di impazienze perché sembra che la natura sia sul
punto di rivelare un mistero.
- U. per rappresentare il momento del mezzogiorno ovviamente utilizza l’immagine
del deserto, che veicola l’idea del sole al momento del suo massimo splendore e
calore.
4
È il momento del tramonto, in cui la luce piano piano va via lasciando il posto
alla notte → il tramonto è tradizionalmente simbolo del consumarsi di tutte le cose.
- Descrizione del paesaggio con un linguaggio fortemente analogico →
associazione tra il colore roseo del cielo e il colore del viso umano, che piano
piano da rosso, poi roseo diventa più scuro via via che la luce se ne va → il mare
si colora di verde bottiglia (colore che si approssima al buio) e risplende come
madreperla con i raggi della luna e delle stelle.
- «Quel moto [...] di tutto» → riferimento a uno scritto di Alberto Savinio comparso
su Valori Plastici, nel quale riflette su quello che per lui è il significato di metafisica
→ per Savinio la metafisica è quel lato fantasmico delle cose che rimane
normalmente celato alla vista.
- Savinio riflette anche sul concetto di natura, collegato a un detto di Eraclito,
secondo cui la natura sarebbe contraddistinta dal pudore (o vergogna) → la natura
90

si vergogna e custodisce dentro di sé i suoi enigmi e non li vuole svelare con un


moto di ritrosia e di pudore → l’unico modo per poter cercare di scalfire la ritrosia
vergognosa della natura è quello di cercare di penetrare questo segreto attr. vie
traverse, come l’ironia o la deformazione (la sua opera è infatti caratterizzata dal
principio della deformazione).
- U. recupera questo saggio di Savinio → la sensazione tipica che si ha al
tramonto che tutto abbia una natura fuggevole e transitoria e sia destinato a
consumarsi → questo è il segreto che la natura custodisce gelosamente.
5
Con le tenebre non si vedono più i contorni della realtà.
6
La notte segna in qualche modo la fine dell’incanto del giorno, la fine delle
promesse e delle speranze della mattina, al termine della quale non rimane più
niente → questo concetto si vedrà molto bene in Le stagioni, perché U.
sovrammette tra di loro il ciclo delle ventiquattro ore e quello delle stagioni, per cui
alla mattina corrisponde la primavera, al meriggio l’estate, alla sera l’autunno e alla
notte l’inverno → questi simboli del tempo fin da La morte di Crono sono volti a
simboleggiare il fatto che l’uomo è soggetto al tempo.
- U. collega i cicli della giornata alle stagioni e a sua volta li collega alle fasi della
vita umana:
● mattina - primavera - infanzia e adolescenza;
● meriggio - estate - giovinezza e maturità;
● sera e tramonto - autunno - declino della vita umana;
● notte - inverno - morte.
- A queste stagioni U. collega anche le tappe della propria opera poetica,
includendola in questo sistema:
➔ mattina - primavera - infanzia - L’Allegria;
➔ meriggio - estate - maturità - Sentimento del Tempo;
➔ tramonto - autunno - declino - Il dolore;
➔ notte - inverno - morte - La terra promessa e Taccuino del vecchio.
- Vediamo come quindi alla fine il ciclo delle stagioni e quello delle ventiquattro ore
diventano parabola che sta a simboleggiare il ciclo della Vita d’un uomo.
91

Le stagioni

- Terza poesia, dedicata al ciclo delle stagioni.


- Ha una vicenda redazionale estremamente complessa → la prima composizione
del testo, secondo la data indicata da U., è il 1920 → per la prima volta viene
pubblicata ne Il porto sepolto del 1923 → poi, come dichiara lo stesso U. in Punto
di mira, Le stagioni avrebbe dovuto costituire il primo nucleo di La morte di Crono,
di cui sicuramente costituisce il nucleo generativo → negli anni il testo, variamente
rivisto e rielaborato, viene pubblicato su delle riviste → importante è l’edizione del
30 settembre 1931 su La Gazzetta del Popolo perché il testo è molto ampliato,
tant’è vero che, quando viene inserita nell’edizione del 1933 di Sentimento del
Tempo, U. scinde il testo pubblicato sulla rivista in due diverse poesie, Le stagioni
e Ti svelerà → tra l’altro su La Gazzetta del Popolo è accompagnata da un
argomento, nel quale U. spiega ai lettori il senso del testo → in quel periodo U.
aveva instaurato stabile collaborazione con La Gazzetta del Popolo come
corrispondente viaggiatore con una serie di reportage di viaggio → più o meno dal
1931 al 1934 U. si reca prima nella natìa Alessandria d’Egitto, poi in altre regioni
d’Italia, come il meridione, la Magna Grecia, Corsica, Puglia ma anche le Fiandre e
l’Olanda e pubblica su La Gazzetta del Popolo i suoi reportage → U. fa questo per
ragioni di sopravvivenza → è un poeta ancora in erba anche se conosciuto nel
panorama italiano e vive di collaborazioni con i giornali.
- Nel testo pubblicato su La Gazzetta del Popolo, grande spazio viene dedicato
all’estate e alla luce accecante, alle ore calde della giornata → infatti la poesia
viene pubblicata assieme al reportage su Alessandria d’Egitto.
- Vediamo cosa scrive U. nell’Argomento della poesia:
«Argomento: un uomo varcata la quarantina, si volge a guardare il suo primo
tempo, nel quale la vita è sommersa nel sogno1: Iride, messaggera celeste, è
ancora libera, è la misura del discorso, in ogni età misteriosa, tra l’essere e la
natura2. Nel secondo canto si tratta dell’estate, stagione drammatica, tempo per
l’essere, di luce nera3 nelle vene; è l’età del poeta, e anche essa ha il suo sogno,
sogno sommerso nella vita; è, il sogno, una gioventù che lo coglie di sorpresa: e,
il più promesso, il più bramato, il meno dimenticabile, questo sogno somiglia, nei
giorni più caldi, a quei momenti, fra la fine della notte e il principio della mattina,
di ottima freschezza4. Il terzo canto esprime l’autunno; la gioventù, ultimo fuoco,
appare di colpo un sogno lontano, un volo grigio che ha un riflesso che si perde;
sogno e vita si separano per sempre. Nell’ultima parte, l’essere ha raggiunto la
sua solitudine; il paesaggio è freddo e nudo; e, nella terra, dice la quercia ci sono
radici che resistono alle stagioni5».
1
Un uomo, giunto alla pienezza della sua maturità, si volta a guardare indietro il
primo tempo della sua vita, caratterizzato dal sogno («illusa adolescenza»).
92

2
Iride (come Eco) è nella mitologia un po’ una figura di ponte tra il mondo divino
e quello terrestre.
3
«luce nera» → figurazione ossimorica della luce → idea di una luce così forte
che si trasforma nel suo contrario, cioè acceca e non fa vedere.
4
È il sogno che ci possa ancora ess. la giovinezza.
5
Ricorda molto La ginestra di Leopardi → raffigurazione di un paesaggio in cui
è scomparso l’uomo e rimane soltanto la resistenza della natura, che procede
ciecamente nel suo incedere (le stagioni si ripetono sempre indipendentemente
dalla presenza dell’uomo).

26 OTT. 2021

> La sezione Prime di Sentimento del Tempo è collegata all’ultima sezione di


L’Allegria (anch’essa intitolata Prime) e contiene dei testi che si pongono un po’ a
metà, o meglio danno conto della transizione delle due raccolte e anche di un
preciso momento culturale, costituito dall’elaborazione del classicismo moderno, dal
generale ritorno alle forme della classicità (sebbene da un punto di vista solo formale
e cmq con un grado di sperimentazione abbastanza elevato) e dalla maturazione e
formalizzazione della metafisica.

> La raccolta dell’inverno nella produzione ungarettiana è La terra promessa → in


realtà nelle sue intenzioni avrebbe dovuto essere la raccolta dell’autunno ma poi per
una serie di eventi, biografici e storici, la composizione di La terra promessa slitterà
in avanti di molti anni (pubblicherà la raccolta prima nel 1950 e poi nel 1954) → la
raccolta dell’autunno diventa quindi la raccolta imprevista Il dolore.
- Perché si parla di raccolta imprevista? → perché la raccolta Il dolore è originata da
due eventi, uno biografico e uno storico:
● l’evento biografico è la tragica morte del figlio a 9 anni per un’appendicite mal
curata mentre si trovava a San Paolo, preceduta poco prima dalla morte del
fratello Costantino;
● l’altro evento tragico è lo scoppio della II Guerra Mondiale;
● sono due dolori che si saldano insieme.
- Ovviamente la scelta del titolo Il dolore è indirizzata dalla volontà di porre questa
raccolta in rapporto contrastivo con la prima, L’Allegria.
- La terra promessa invece fa intravedere l’approdo (che ovviamente non è mai
raggiunto) verso quella dimensione edenica che si propone come lontana mira e
desiderio all’interno del testo ungarettiano fin da Sentimento del Tempo.
93

Le stagioni

- U. nell’Argomento utilizza di nuovo un lessico che indica la volontà di connettersi


alla dimensione orale della poesia, propria della nostra classicità → ancora una
volta volersi richiamare a una dizione e nozione archetipica della poesia.
- Il dettato della poesia è molto complesso, anche perché è fortemente analogico
→ in Sentimento del Tempo U. riprende alcuni elementi della tradizione:
➔ la riflessione sui metri della tradizione (soprattutto endecasillabo e
settenario);
➔ la riflessione su poeti che sente come centrali nel nostro passato (in
particolare la linea Petrarca-Leopardi);
➔ soprattutto nelle poesie appartenenti alla sezione Prime la sperimentazione
sul verso è ancora in linea con L’Allegria (mentre molto diverso da essa è il
ritorno della punteggiatura);
➔ recupero di un lessico profondo, che si riaggancia alla nostra tradizione
letteraria.
- Tuttavia il grado di sperimentazione, anche metrica (non c’è una misura
standard), è sempre piuttosto alto (es. non ci sono rime ma gioca spesso sulle
assonanze tra le parole).
- La poesia è divisa in quattro parti = le quattro stagioni (così come Paesaggio era
divisa nelle quattro parti del giorno).
- Altro elemento che salta subito agli occhi è il fatto che alcuni versi sono scritti in
corsivo, i quali sono particolarmente criptici, difficili da decifrare → questo anche
perché (come spiega lo stesso U. ma come si desume dagli autografi in cui sono
riportate le varie stesure della poesia) le parti in corsivo costituiscono la
sopravvivenza dell’antica partizione corale della poesia → infatti Le stagioni nel
poemetto La morte di Crono doveva avere una partizione in cori → perciò nelle
poesie che costituiscono i cicli Appunti per una poesia, varie parti della futura Le
stagioni sono divise in dialoghi attribuiti ora al coro ora ad altri personaggi.

1.1
O leggiadri e giulivi coloriti2
Che la struggente3 calma alleva,
E addolcirà,
Dal fuoco desioso adorni,
Torniti da soavità;
O seni appena germogliati4,
Già sospirosi,
Colmi e trepidi alle furtive mire.
V’ho
Adocchiati.
94

Iridi libere
Sulla tua strada alata;
L’arcano dialogo scandivano5.

È mutevole il vento,
Illusa adolescenza.

2.6
Eccoti domita e turbata7.

È già oscura e fonda


L’ora d’estate che disanima8.

Già verso un’alta, lucida


Sepoltura si salpa9.

Dal notturno meriggio10,


Ormai soli, oscillando stanchi,
Invocano i ricordi11.

Non ordirò le tue malinconie


Ma sul fosso lunare, sull’altura
L’ombra si desterà12.

E in sul declivio dell’aurora


La suprema veemenza13
Dell’ardore coronerà
Più calmo, memorando e tenero
La chioma docile e sonora,
E di freschezza dorerà
la terra tormentata.

3.
Indi passò sulla fronte dell'anno
Un ultimo rossore14.

E lontanissimo un giovane coro


S’udì:

Nell’acqua garrula
Vidi riflesso uno stormo di tortore
Allo stellato grigiore s’unirono15.

Quella fu l’ora più demente.

4.16
95

Ora anche il sogno tace17.

È nuda anche la quercia,


Ma abbarbicata sempre al suo macigno18.
1
Nella prima parte abbiamo la raffigurazione della primavera, resa attr. la
rappresentazione della prima età della vita e anche attr. l’immagine del sole che
sorge → questi elementi sono rappresentati tutti assieme.
- Nella prima parte dunque mescola tutti i piani → l’immagine del sole che sorge
all’alba e illumina la mattina, l’immagine del corpo che sboccia e l’immagine della
primavera (solitamente associata a quella dei fiori e dei colori che sbocciano) →
sono tutti piani sovrammessi con un dettato fortemente analogico, per cui è anche
difficile chiarire il piano letterale.
2
I colori sono leggiadri e giulivi, due elementi (quello della bellezza e della
felicità) connessi ai colori e solitamente connessi all’immaginario della primavera e
all’immagine dell’infanzia e dell’adolescenza.
3
Aggettivo che si riferisce al desiderio, individuando e connotando la vita
terrena → fin da quando nasciamo siamo caratterizzati dal desiderio verso la
calma, identificata dalla dimensione edenica dell’eternità.
4
Dall’infanzia si passa all’adolescenza → di nuovo torna preponderante il tema
del desiderio e di nuovo queste immagini si intersecano a quelle della primavera (il
sole che fa germogliare e crescere i fiori e i frutti).
5
Nella parte in corsivo si trova il riferimento a Iride → «L’arcano dialogo
scandivano» ci fa quasi pensare alle ninfe, protagoniste dell’iconotesto de Il porto
sepolto del 1923 e che in qualche modo dovevano entrare anche in La morte di
Crono → l’edizione del 1923 era appunto arricchita dai disegni dell’illustratore
Francesco Gamba, i quali rappresentavano per lo più figure di ninfe (figure
mitologiche simbolo del passato arcadico) che suonavano il flauto di Pan (simbolo
dell’unione tra poesia e musica).
- Iride nella mitologia rappresenta una sorta di figura di ponte tra il mondo divino e
quello terreno → è spesso rappresentata con l’arcobaleno (ponte tra la terra e il
cielo) ed è anche tradizionalmente connessa a idee di vita nuova e di rinascita →
sono tutte figurazioni e simboli che rientrano in un medesimo campo di
significazione.
- Dunque l’infanzia e l’adolescenza sono caratterizzate da Iride, cioè dal sogno →
nel primo periodo della vita si guarda al futuro con speranza, con una serie di
aspettative, sogni, desideri, anche illusioni.
6
Dall’adolescenza si passa al secondo tempo della vita, quello più drammatico,
quello della pienezza dell’essere, rappresentato dall’estate, che rappresente a sua
volta la maturità e il raggiungimento del culmine della propria vita, per cui già si
pre-sente quello che ci attende dopo, ossia l’inizio del declino.
96

7
«turbata» → cfr. «e anche le statue si turbano», Paesaggio → siamo sempre
nell’atmosfera assolata di perturbamento, delle ore calde del giorno e dei periodi
caldi dell’anno.
8
L’ora dell’estate è un’ora che toglie le forze ed è oscura e fonda → la luce forte
delle ore calde si volge per troppa intensità nel suo contrario, cioè in questo caso
nell’oscurità, ed è così forte che, al momento culminante, toglie le forze → si ha il
presentimento del futuro declino.
9
«lucida sepoltura» → cfr. «limpida e attonita sfera», Preghiera → queste
connotazioni rimandano alla perfezione, che ovviamente si colloca nella
dimensione ultra-fenomenica.
10
U. qualifica il periodo dell’estate e le ore calde del giorno in maniera
ossimorica → il meriggio infatti è definito notturno → come il massimo momento di
luce si volge nell’accecamento, così anche il momento di massima pienezza
dell’essere si volge nel presentimento della fine.
11
È in questo momento che il ricordo attanaglia con maggior forza, perché si ha
la consapevolezza di aver ormai vissuto la parte più bella e significativa della
propria vita, per cui i ricordi diventano quasi crudeli, perché quello che c’è dopo è
solo una lenta discesa → non potra più tornare la pienezza della giovinezza, il
momento della piena maturità.
12
Il riferimento è probabilmente all’ombra dei ricordi che irrompono nella nostra
vita e danno il senso di qualcosa che se n’è andato per sempre.
13
La suprema veemenza è ancora espressione del desiderio, connotazione
peculiare dell’essere umano.
14
È il momento del tramonto e dunque dell’autunno.
15
Momento di passaggio dalla freschezza della giovinezza al grigiore della
vecchiaia.
16
Nella quarta parte l’essere ha raggiunto la sua solitudine, il paesaggio è
freddo e nudo e nella terra ci sono radici che resistono alle stagioni.
17
Il sogno, che caratterizza in maniera quasi totalizzante il primo tempo della
vita, va via via affievolendosi fino a spegnersi nel grigiore dell’autunno
18
Con l’inverno gli alberi perdono le foglie, ma, sebbene nudi, resistono,
abbarbicati alla terra, e sono pronti a rinascere una volta tornata la primavera → la
natura resiste, continua nel suo ciclo di rigenerazione e morte continuo → ciò che
ha termine è la vita dell’uomo singolo, mentre la vita dell’umanità prosegue.
- È interessante come l’idea della ciclicità delle stagioni in qualche modo riassuma
anche il rapporto che c’è tra individuo e umanità → la vita umana singola ha un
inizio e una fine, mentre la vita dell’umanità tende all’infinito, come il ciclo delle
stagioni (la singola stagione finisce ma il ciclo continua) → in questo modo la
dimensione finita e quella infinita si intersecano.
97

Ti svelerà

- Poesia che fa parte della sezione intitolata La fine di Crono → U. non porterà mai
a compimento il progettato poemetto La morte di Crono ma da quell’idea nasce
l’idea di Sentimento del Tempo e informa di sé molti elementi propri della raccolta
→ in questo caso dà il titolo alla sezione La fine di Crono, cioè “la fine del tempo”.
- Ti svelerà deriva dall’edizione del 1931 di Le stagioni pubblicata su La Gazzetta
del Popolo e con la quale condivide il riferimento alle stagioni, nello specifico
all’estate, definita con l’espressione «ora di luce nera» (già presente nell’Argomento
a Le stagioni scritto da U.).
- Nella nota a Sentimento del Tempo U. si sofferma proprio sul valore del ricordo,
che è il tema centrale della poesia, con delle considerazioni che richiamano da
vicino la filosofia di Bergson:
«Il prodigio del momento poetico e della presenza del passato accentuano il
sentimento tragico della fuga del tempo. Nulla si può cogliere se non sotto forma
di ricordo poetico […]. La durata interna è composta di tempo e di spazio, fuori
del tempo cronologico; l’universo intero è un mondo dove la reversibilità è di
regola. Quel tempo non scorre mai in un’unica direzione, non s’orienta mai nel
medesimo modo; si può risalirne il corso, non si sa fino a quale fonte
inaccessibile, ma tuttavia immediatamente presente in noi. La memoria trae
dall’abisso il ricordo per restituirgli presenza, per rivelare al poeta se stesso».

- In Ti svelerà appunto vediamo proprio la natura discontinua del tempo interiore


attr. la materializzazione (o meglio presentificazione) di un ricordo che si distacca
dal passaggio e (bergsonianamente) riemerge.

Bel momento, ritornami vicino1. E dalla polvere più fonda e cieca5


L’età bella promette:
Gioventù, parlami
In quest’ora voraginosa2. Con dolcezza di primi passi, quando
Il sole avrà toccato
O bel ricordo, siediti un momento3. La terra della notte
E in freschezza sciolto ogni fumo,
Ora di luce nera nelle vene4 Tornando impallidito al cielo
E degli stridi muti degli specchi, Un corpo ilare ti svelerà6.
Dei precipizi falsi della sete…

1
Invocazione al ricordo affinché torni alla mente.
2
Il ricordo chiaramente è connesso alla giovinezza.
3
Procedimento di personificazione del ricordo → è proprio il ricordo che viene
convocato dalle lontanaze del passato a tornare a farsi sentire presente.
98

4
È il momento dell’estate, delle ore calde e della pienezza dell’essere che già
pre-sente quello che avverrà dopo, ossia il rivolgimento nel suo contrario.
5
È chiaramente la rappresentazione dell’aridità dell’estate.
6
«Un corpo ilare ti svelerà» → cfr. «il corpo che ti sarà leggero», Preghiera →
fanno sempre riferimento a quella dimensione di felicità intangibile ed eterna che è
collocata in un momento altro, diverso, rispetto alla vita terrena.

Sirene

- Poesia pubblicata ne Il porto sepolto del 1923 in posizione d’apertura della


raccolta → faceva parte della sezione eponima, di cui era l’unica poesia e aveva
posizione incipitaria.
- La poesia riprende in maniera allusiva l’episodio omerico dell’incontro di Odisseo
con le sirene → il riferimento è dunque sempre a una concezione originaria e
archetipica della poesia, qua simboleggiata dal canto delle sirene, il quale riesce a
incantare come il canto poetico del cantore Orfeo.

Funesto spirito1
Che accendi e turbi amore,
Affine io torni senza requie all’alto
Con impazienza le apparenze muti2,
E già, prima ch’io giunga a qualche meta,
Non ancora deluso
M’avvinci ad altro sogno3.
Uguale a un mare che irrequieto e blando
Da lungi porga e celi
Un’isola fatale,
Con varietà d’inganni
Accompagni chi non dispera, a morte4.
1
U. spiega il significato di questo sintagma (connesso alla poesia e alla voce
poetica) nelle note alla raccolta:
«È l’ispirazione, che è sempre ambigua, che in sé contiene uno stimolo e una
verità illusoria, l’inquietudine di cui si diceva prima; è la musa sotto forma di
sirena, e nella poesia è presente, appunto, l’isola fatale, l’isola delle sirene
incontrata da Ulisse nel suo viaggio».

- Di tutta la storia del mito di Odisseo nella poesia di U. non rimane nulla → questo
è un aspetto interessante che si ritrova anche in altre poesie della raccolta → vi è
una chiara allusione al mito (cfr. Iride, Eco, Crono, le sirene) ma di esso rimane
soltanto il nome, come se fosse un guscio vuoto o un involucro, e scompare
99

qualsiasi riferimento alla favola mitica → il riferimento al mito non viene dunque
assunto per la favola mitica ma in quanto ricorda qualcosa (classicismo moderno).
- Il mito è il racconto che si tramanda sempre uguale a se stesso dai primoridi
dell’umanità fino a quando essa non avrà fine → è qualcosa che dura
costantemente e che quindi allude a quella dimensione di immobilità non toccata
dal tempo, che è la dimensione dialettica per eccellenza di Sentimento del Tempo.
2
C’è sempre una differenza tra il piano dell’alto e il tema della mutevolezza del
tempo terreno e della realtà fenomenica → l’ispirazione poetica ha a che fare con
le apparenze e le impazienze della realtà fenomenica, che è caratterizzata da
mutevolezza costante.
3
La poesia crea continuamente apparenze e partecipa della mutevolezza della
realtà fenomenica.
4
L’inganno, la mutevolezza e le apparenze fenomeniche sono quelle
dell’ispirazione poetica, della quale allo stesso tempo fa parte anche il tentativo di
alludere continuamente a un’isola fatale, che è allusa (cioè svelata e celata)
continuamente dalla parola poetica.
- Come il canto delle sirene trae in inganno i marinai e li conduce alla morte, così
l’ispirazione poetica ha allo stesso tempo a che fare sia con le apparenze che
mutano continuamente sia con la tensione verso una meta di per sé irraggiungibile
ma cui la parola poetica tende sempre.

L’isola

- Questo rapporto fra le apparenze della realtà e la dimensione perfetta e


intangibile è anche al centro della poesia L’isola, che fa parte de La fine di Crono.
- La poesia è caratterizzata in primo luogo da un’atmosfera di indefinitezza
spaziale e sospensione temporale → sembra un luogo al di fuori di una precisa
connotazione spaziale e temporale → sembra coincidere con un passato lontano e
mitico popolato da immagini che appaiono e spariscono.
- Il rapporto tra le apparenze della realtà e una dimensione perfetta e intangibile è
al centro della poesia ed è evidenziato in particolare dall’espressione «da simulacro
a fiamma vera».

A una proda ove sera era perenne1 In sé da simulacro3 a fiamma vera


Di anziane selve assorte, scese, Errando, giunse a un prato ove
E s'inoltrò L'ombra negli occhi s'addensava
E lo richiamò rumore di penne Delle vergini come
Ch'erasi sciolto dallo stridulo Sera appiè degli ulivi;
Batticuore dell'acqua torrida, Distillavano i rami
E una larva (languiva
100

E rifioriva) vide; Una pioggia pigra di dardi4,


Ritornato a salire vide Qua pecore s'erano appisolate
Ch'era una ninfa2 e dormiva Sotto il liscio tepore,
Ritta abbracciata ad un olmo. Altre brucavano
La coltre luminosa;
Le mani del pastore erano un vetro
Levigato da fioca febbre5.

1
La sera è perenne solo nel luogo in cui non scorre il tempo → tentativo di dare
raffigurazione all’infigurabile, cioè a un luogo caratterizzato dall’eternità e che si
perde in una dimensione ancestrale del nostro passato.

- In questi versi si trova il riferimento all’immaginario mitologico di un’opera di


Mallarmé, Il pomeriggio di un fauno.
2
Comparsa della figura della ninfa, adombrata in numerosi testi, a partire da Le
Stagioni.
- La connotazione del paesaggio alluso nei primi versi è chiaramente archetipica e
arcadica.
3
Il simulacro è un’immagine imperfetta di qualcosa, una copia → viene dunque
di nuovo messa in evidenza la natura mutevole e apparente della realtà
fenomenica.
4
È l’effetto della luce che passa attr. il fitto fogliame degli alberi.
5
Linguaggio fortemente analogico che rimanda a un linguaggio mitico,
archetipico e simbolico (attr. anche i numerosi riferimenti a un autore cardine del
simbolismo francese come Mallarmé).

Inno alla morte

- Poesia appartenente alla sezione La fine di Crono → infatti era stata


originariamente pensata come parte conclusiva del poemetto La morte di Crono.
- Inno alla morte compare anche in varie versioni nei due cicli Appunti per una
poesia.
- Si apre con la descrizione del paesaggio di Tivoli, in particolare della Villa
Gregoriana al momento dell’alba → quando scrive Sentimento del Tempo, U. vive
fuori Roma (verso San Marino), è molto povero ed esplora la capitale e tutti i suoi
dintorni assieme a vari amici, tra cui il pittore Scipione e gli altri artisti della scuola
romana → il rapporto tra U. e la scuola romana è molto forte → ci sono
corrispondenze a livello cromatico, il paesaggio dai forti colori accessi che
contraddistingue sia la Roma assolata e barocca di Sentimento del Tempo sia i
101

quadri di Scipione → tra l’altro lo stesso Scipione prenderà spunto dalla poesia di
U. Caino per il suo famoso quadro Caino e Abele → dunque i due erano molto
amici, frequentavano gli stessi ambienti e spesso U. leggeva a lui e agli altri artisti
le sue poesie prima che fossero pubblicate.
- Questa poesia è importante anche perché presenta numerose tangenze con la
poesia Annientamento, la prima poesia de Il porto sepolto che sposta il discorso
della felicità dall’armonia con il cosmo a una dimensione eterna e immobile, che si
pone al di fuori della vita terrena.

Amore, mio giovine emblema, Morte, arido fiume…


Tornato a dorare la terra,
Diffuso entro il giorno rupestre1, Immemore sorella, morte6,
È l'ultima volta che miro L'uguale mi farai del sogno
(Appiè del botro, d'irruenti Baciandomi7.
Acque sontuoso, d'antri Avrò il tuo passo,
Funesto2) la scia di luce3 Andrò senza lasciare impronta8.
Che pari alla tortora lamentosa Mi darai il cuore immobile9
Sull'erba svagata si turba4. D'un iddio, sarò innocente,
Amore, salute lucente, Non avrò più pensieri né bontà10.
Mi pesano gli anni venturi. Colla mente murata,
Abbandonata la mazza fedele, Cogli occhi caduti in oblio,
Scivolerò nell'acqua buia5 Farò da guida alla felicità11
Senza rimpianto.

1
Sovrapposizione tra la descrizione di un momento (quello dell’alba), l’inizio
della giornata, l’inizio della vita, la dimensione dell’amore, del desiderio e della
speranza.
- Il sole sorge, illumina la terra e si diffonde nelle grotte che formano il giardino
della Villa Gregoriana di Tivoli.
2
Si tratta di un ruscello.
3
La luce del sole forma sul prato come una scia luminosa.
4
“È l’ultima volta che guardo il raggio luminoso del sole che sul prato disegna
quasi una scia, che somiglia al movimento della tortora che zampetta divagando
sul prato”.
- Ancora abbiamo il verbo turbare → il turbamento è appunto un ambito semantico
caratteristico di Sentimento del Tempo → interessante in questo caso è il fatto che
il «si turba» suggerisce anche dal punto di vista sonoro il verso prodotto dalle
tortore → il tubare delle tortore è un suono quasi lamentoso (infatti U. scrive «pari
alla tortora lamentosa»).
- «svagata» sembra riferirsi all’erba ma invece si riferisce alla tortora.
102

- Dunque si capisce come l’elaborazione del verso da parte di U. a questa altezza


cronologica sia molto complessa e come i rapporti che si stabiliscono tra le singole
parole all’interno del verso siano molteplici → più che altro servono a suggerire
un’immagine complessa nel lettore.
5
L’acqua buia fa pensare ai fiumi infernali, primo fra tutti il Lete, che verrà
richiamato da U. all’interno della poesia incipitaria de La terra promessa.
6
Questo è un punto molto importante perché si comincia a vedere la riflessione
sul secondo polo dialettico di U. → il primo è quello dell’innocenza, che a che fare
con la dimensione edenica → l’altro polo dialettico (che si contrappone
all’innocenza) è quello della memoria, la quale ha a che fare col tempo perché
l’idea stessa di memoria presuppone una scansione del tempo in passato,
presente e futuro e presuppone che quello che è passato non possa più tornare e
presuppone che ci sia una fine al tempo.
- La memoria ha a che fare col tempo mortale e terreno → per questo motivo la
morte è definita “immemore”, perché la condizione oltre la vita non è soggetta al
tempo e dunque non ha memoria.
7
Cfr. «avrò sulle labbra il bacio di marmo», Annientamento.
- La sorella morte, proprio perché immemore, consente l’accesso a una
dimensione di felicità eterna.
8
Cfr. «mi sono colto nel tuffo di Spinalba», Annientamento → confusione tra
soggetto e oggetto → qua il poeta dice che avrà il medesimo passo della sorella
morte e non lascerà impronte perché, dal momento in cui il corpo non ha più peso
(cfr. «il mio peso ti sarà leggero», Preghiera), non siamo più all’interno di una
dimensione terrena (questo lo troveremo pari pari nella poesia Caino).
9
Il cuore è immobile perché non scorre più il tempo (cfr. Annientamento).
10
Tutto questo perché siamo in una dimensione ultraterrena.
11
Questa dimensione edenica e fuori dal tempo è individuata come una
condizione di felicità, la quale è inattingibile nella nostra vita terrena.
103

Dove la luce

- Fa parte di un'altra sezione di Sentimento del Tempo, intitolata Leggende, che si


situa nella seconda metà del libro, dove U. rilega anche eventi biografici a un
piano storico-leggendario → in queste poesie spesso abbiamo dei riferimenti a
persone, luoghi ed eventi propri della vita di U. che sono subito spostati da un
piano individuale a un piano più ampio, quello della leggenda.

Come allodola ondosa


Nel vento lieto sui giovani prati,
Le braccia ti sanno leggera1, vieni.

Ci scorderemo di quaggiù,
E del male e del cielo,
E del mio sangue rapido alla guerra,
Di passi d'ombre memori
Entro rossori di mattine nuove2.

Dove non muove foglia più la luce,


Sogni e crucci passati ad altre rive,
Dov'è posata sera,
Vieni ti porterò
Alle colline d'oro3.

L'ora costante, liberi d'età4,


Nel suo perduto nimbo
Sarà nostro lenzuolo5

1
Ancora una volta l'aggettivo “leggera” vuol dire che siamo in una condizione di
assenza di peso, di corpo e di vita.
2
Ci scorderemo di tutto ciò che ha contraddistinto la nostra vita terrena.
3
Si tratta di un luogo in cui è assente il tempo (non vi è alternanza tra giorno e
notte e tra le stagioni) e non esistono più gli elementi che caratterizzano la vita
umana.
4
L’ora è costante e siamo liberi dall’età perché il tempo non scorre.
5
Cioè vivremo questa condizione edenica dimenticando tutto ciò che faceva
parte della nostra vita terrena.
104

2 NOV. 2021

Danni con fantasia

- Questa poesia appartiene alla sezione Inni, una delle più importanti di
Sentimento del Tempo, perché nella raccolta si osserva un’evoluzione dei temi
propri dell’opera di U. → le prime sezioni di Sentimento del Tempo sono, in certa
misura, più legate alla temperie elaborativa di L’Allegria e ne approfondiscono
alcuni elementi, stabilendo (soprattutto nella sezione Prime) una certa continuità
→ bisogna tenere presente che l’opera di U. procede per approfondimenti
successivi → si tratta più o meno dei medesimi temi che però vengono
approfonditi costantemente nel tempo → la sezione Inni porta a maturazione dei
concetti che già avevamo visto delinearsi in alcune poesie de L’Allegria e
soprattutto nelle prime sezioni di Sentimento del tempo → in particolare si tratta
dei concetti di memoria e innocenza, del rapporto dialettico tra questi due termini e
del rapporto dialettico tra il piano della realtà fenomenica e il piano della realtà
noumenica (riferimento a Platone) → lo stesso U., in una serie di testi e commenti
alle sue poesie, rileva come la riflessione filosofica di Platone comincia ad avere
una certa importanza nella sua opera, che sarà più determinante ne La terra
promessa.
- Cosa media U. dal discorso platonico? → sicuramente quel rapporto (che
vediamo in poesie come L’isola e Sirene) tra la mutevole realtà fenomenica
quotidiana (quella che cade sotto i nostri sensi, caratterizzata appunto dalla
mutevolezza e dalla sua natura di apparenza) e una sorta di realtà vera,
inconoscibile e intangibile (noumenica) che sta al di là di tutto ciò che cade sotto i
nostri sensi → è dunque ovvio il riferimento a Platone e alla differenza tra il mondo
delle idee (iperuranio, dove abita l’anima prima di scendere sulla terra) e tutto ciò
che fa parte della realtà → nell’iperuranio ci sono le idee pure (per es. l’idea del
bello) di cui le anime, prima di nascere, hanno una certa nozione → dopo la
nascita, le anime mantengono una specie di ricordo allo stato latente delle idee
che abitano l’iperuranio e che hanno conosciuto prima della nascita → però questa
memoria latente agisce come una reminescenza, cioè se ne può avere un labile e
momentaneo ricordo, mentre le forme terrene sono una realizzazione diminuita e
corrotta dell’idea pura.
- Il titolo della poesia è piuttosto ambiguo → la fantasia infatti è collegata al danno,
che corrisponde non solo al “dannarsi, darsi da fare” ma anche a qualcosa di
negativo → in effetti questi sensi agiscono entrambi nella poesia:
❖ il dannarsi, darsi da fare indica quella bramosia, quel desiderio, quell’agire
sfrenatamente che è tipico dell’uomo;
❖ l’altro senso negativo è da ricondurre all’idea platonica del fatto che la
fantasia (così come l’ispirazione poetica) ha a che fare con la nostra realtà
terrena, che è labile, mutevole e caratterizzata dall’apparenza, e con la
105

stessa ispirazione poetica, la quale è collegata alla realtà terrena in quanto


espressa dalla parola umana, che è soggetta ai limiti della vita terrena, ed è
quindi collegata all’apparente mutevolezza della realtà.

- Questo infatti si trova subito espresso nella domanda con cui inizia la poesia.

Perché le apparenze non durano? Silenzi trepidi, infiniti slanci,


Corsa, gelose arsure, titubanze,
Se ti tocco, leggiadra, geli orrenda, E strazi, risa, inquiete labbra, fremito,
Nudi l'idea e, molto più crudele, E delirio clamante
Nello stesso momento E abbandono schiumante
Mi leghi non deluso ad altra pena1. E gloria intollerante
Perché crei, mente, corrompendo?2 E numerosa solitudine6,

Perché t'ascolto? La vostra, lo so, non è vera luce7,

Quale segreto eterno Ma avremmo vita senza il tuo variare,


Mi farà sempre gola in te?3 Felice colpa?8

T'inseguo4, ti ricerco,
Rinnovo la salita, non riposo,
E ancora, non mai stanca, in tempesta
O a illanguidire scogli,
Danni con fantasia5.

1
Questo è un po’ il concetto che avevamo visto in Sirene → «E già, prima ch’io
giunga a qualche meta / Non ancora deluso / M’avvinci ad altro sogno / Uguale a un mare
che irrequieto e blando / Da lungi porga e celi / Un’isola fatale» → quando sembra di
poter arrivare alla conoscenza dell’idea pura e di poterla quasi toccare «geli
orrenda» → l’idea è sempre quella di una meta della conoscenza (che potremmo
dire è l’idea in sé), quel qualcosa di inconoscibile e che rimane tale e che nel
momento in cui sembra di poter arrivare a raggiungerlo si riallontana e quindi quasi
ferisce.
2
Questo è il verso che più ha a che fare con la filosofia platonica → la
creazione della mente, che avviene attr. la fantasia e cioè la parola poetica, non
può ess. altro che una corruzione rispetto all’idea in sé, perché, nel momento in cui
il tentativo del poeta è quello, attr. la parola poetica, di agganciare e di contenere
nella parola qualcosa che per sua natura è inconoscibile, il poeta non può far altro
che corrompere l’idea pura, perché nel momento in cui si cerca di esprimere ciò
che è illimitato attr. un discorso e una parola, che invece hanno per sua natura dei
limiti, ovviamente la restituzione di ciò che è illimitato non potrà avvenire se non
per corruzione.
106

3
Dal momento che ogni tentativo di nominare l’innominabile è impossibile,
allora perché seguito a cercare delle parole? perché continuo ad ascoltare la
parola poetica e la fantasia, a comporre poesia e ad affidarmi alla parola?
4
Si riferisce alla mente.
5
Sono tutte azioni incalzanti che ci riportano al piano che caratterizza la vita
terrena.
6
Questi sono tutti elementi che caratterizzano la vita umana.
7
Tutto quello che fa parte della verità fenomenica e cade sotto i nostri sensi è
mutevole e ha la caratteristica di ess. apparente, soggetto al cambiamento → non
è dunque la vera luce dell’idea pura (e del noumeno).
8
Questo importante passaggio ci fa capire quanto U. da un lato faccia
riferimento alla poesia platonica ma dall’altro se ne discosti anche → in questo
senso il discorso di U. non è completamente spostato verso l’iperuranio ma si
parte cmq dall’amore e dall’attaccamento a ciò che costituisce la nostra realtà
terrena e fenomenica, che non è svalutata in vista di una realtà superiore → la
sfida sta nella possibilità della conoscenza di ciò che sta oltre, ma ciò non significa
implicitamente una svalutazione della nostra realtà → per questo U. definisce
come “felice” la colpa.
- U. in questo momento riflette anche in maniera esplicita sul racconto biblico → fa
esplicito riferimento al racconto biblico e al paradiso edenico, tant’è vero che l’altra
poesia di Inni è dedicata alla figura di Caino → la conseguenza della cacciata dal
paradiso terrestre di Adamo ed Eva è la nascita dell’umanità e dunque del tempo
→ allora perché U. la definisce “felice”? → in questo caso U. riprende un po’
Paradise lost di Milton → quando Eva viene cacciata dal paradiso terrestre, per
prima cosa rimane affascinata dalla varietà dei paesaggi terrestri, mentre nel
paradiso terrestre è tutto identico a se stesso e costantemente bello → la varietà è
dunque sinonimo di vita e dunque la colpa è felice perché senza di essa non ci
sarebbe stata la vita.
107

Caino

- Fa sempre parte della sezione Inni.


- Caino è un personaggio biblico → è il figlio di Adamo ed Eva dopo la cacciata dal
paradiso terrestre → Caino è il primo uomo nato e dunque è il primo uomo
mortale, soggetto allo scorrere del tempo → la caratteristica dell’ess. mortale è lo
scorrere del tempo e dunque la presenza della memoria → la memoria è
qualificata negativamente e si oppone in maniera dialettica all’innocenza,
rappresentata da quella dimensione edenica ormai irrimediabilmente perduta.
- U. nel testo mette in atto un processo di identificazione tra il poeta e la figura di
Caino che è molto simile ai procedimenti usati sia in Annientamento («mi sono colto
nel tuffo di spinalba») sia in Inno alla morte («avrò il tuo passo, / andrò senza lasciare
impronta»).

Corre sopra le sabbie favolose1 Come una fonte nell'ombra, dormire!


E il suo piede è leggero2.
Quando la mattina è ancora segreta,
O pastore di lupi3, Saresti accolta, anima,
Hai i denti della luce breve Da un'onda riposata7.
Che punge i nostri giorni4.
Anima, non saprò mai calmarti?
Terrori, slanci,
Rantolo di foreste, quella mano
Mai non vedrò nella notte del sangue?
Che spezza come nulla vecchie querci5,
Sei fatto a immagine del cuore.
Figlia indiscreta della noia,
E quando è l'ora molto buia, Memoria, memoria incessante8,
Il corpo allegro Le nuvole della tua polvere,
Sei tu fra gli alberi incantati?6 Non c'è vento che se le porti via?

E mentre scoppio di brama, Gli occhi mi tornerebbero innocenti,


Cambia il tempo, t'aggiri ombroso, Vedrei la primavera eterna
Col mio passo mi fuggi.
E, finalmente nuova,
O memoria, saresti onesta9.

1
Le sabbie sono favolose perché il favoloso fa riferimento al mito biblico → la
sabbia fa anche riferimento al deserto di Alessandria d’Egitto.
2
Perché non ha più peso → l’aggettivo “leggero” si trova abbinato a elementi
che non fanno più parte della vita terrena → il primo elemento che viene meno è
appunto quello del peso corporeo.
3
Adamo è il primo a macchiarsi della colpa → per questo viene definito come il
pastore di un gregge di lupi (ossia l’umanità macchiata dalla colpa).
108

4
Caino è il primo uomo nato e quindi il primo uomo mortale («luce breve»), come
lo siamo anche noi («che punge i nostri giorni»).
5
Elementi che individuano quella bramosia e quell’essere sfrenato che
caratterizza la dimensione della vita.
6
Di nuovo si torna all’atmosfera favolosa del mito biblico → sono tutti aggettivi
che fanno nuovamente riferimento a qualcosa che non pertiene più alla
dimensione terrena.
7
Tensione sempre verso una dimensione innocente oltre la morte, in cui è
possibile ess. calmi e riposati (riferimento a una dimensione edenica in cui non
esistono mancanza e desiderio e in cui regna la calma).
8
La memoria è definita come “incessante” perché ha avuto inizio con l’inizio
dell’umanità ed è incessante nel suo sviluppo, cioè non si può fermare, finché
esisterà l’umanità ci sarà sempre anche la memoria, che non può ess. spazzata
via.
9
Se si potesse tornare a quel primo momento di vita dell’umanità allora forse la
memoria potrebbe ess. onesta.
- Dunque la divaricazione parte dalla memoria, che rappresenta l’emblema del
tempo della vita mortale e che ci separa da quella dimensione edenica connessa
all’innocenza e che è inattingibile per l’uomo se non come desiderio a cui tendere
costantemente e che non può ess. nemmeno raccontata o rappresentata in poesia
perché non può ess. rinchiusa in una parola che per sua natura è limitata e
limitante.

> Elementi tipici di Sentimento del Tempo e della poetica modernista:


❖ trattamento del tempo in rapporto alla nozione di durata bergsoniana (ciclicità
vs linearità del tempo) e alla dialettica tra il trascorrere del tempo e la ricerca
di immobilità e sospensione temporale (memoria vs innocenza);
❖ recupero del mito che funziona sia come emblema di una dimensione
immobile al di fuori del tempo (cfr. L’isola) sia come figura di una nozione
archetipica di poesia (cfr. Sirene) → del mito però rimane solo l’involucro del
nome, poiché non vi è alcun accenno alla fabula (≠ The Waste Land di T.S.
Eliot e Ulysses di Joyce, dove il mito è calato nella quotidianità);
❖ recupero della tradizione formale (es. endecasillabo), che viene però profon-
damente rinnovata.
109

5. EUGENIO MONTALE

2 NOV. 2021

> Nasce a Genova nel 1896 → durante l’infanzia trascorre le estati a Monterosso,
nelle Cinque Terre.
- Si diploma come ragioniere e inizia a studiare canto (elemento che ha influenzato
la strutturazione fonica dei suoi versi).
- Nel 1917 partecipa alla guerra, conosce il critico Sergio Solmi e inizia a pubblicare
le sue prime poesie.
- Nel 1927 si trasferisce a Firenze (dove rimarrà fino al 1948) → lavora dapprima
presso la casa editrice Bemporad, poi come direttore del Gabinetto Viesseux
(1929-1938) → viene licenziato nel 1938 perché non iscritto al partito fascista.
- Nel 1948 si trasferisce a Milano e lavora al Corriere della Sera (col quale già colla-
borava mentre si trovava a Firenze).
- Muore a Milano nel 1981.

> Le opere → M. non è un autore particolarmente prolifico:


● Ossi di seppia (1925); ● La bufera e altro (1956);
● Le occasioni (1939); ● Satura (1971);
● segue una serie di raccolte posteriori → il Diario del ‘71 e ‘72, Il quaderno dei
quattro anni e il Diario postumo;
● tra le sue raccolte passa sempre molto tempo ma le poesie sono spesso
anticipate da delle plaquette o pubblicazioni su rivista;
● la sua attività non è solo poetica ma si estende anche a prose e traduzioni.

- Satura costituisce uno spartiacque nella sua produzione → lo stesso M. afferma


che con Satura ha dato il verso della sua opera → infatti se gli Ossi, Le occasioni e
La bufera costituiscono il recto della sua produzione, Satura ne costituisce il verso,
perché l’opera ha una natura profondamente parodica, anche rispetto alla
produzione precedente dello stesso M. → per es. in Satura si hanno poesie come
L’angelo nero (dove Clizia si trasforma in un mini-angelo spazzacamino) o Gli uomini
che si voltano (contrario rispetto agli uomini che non si voltano negli Ossi).

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110

OSSI DI SEPPIA

> La prima edizione è del 1925 ed è realizzata dall’editore Gobetti a Torino →


comprende delle poesie che più o meno sono state scritte tra il 1921 e il 1924 e
alcune anticipate già su alcune riviste (es. La riviera ligure).
- La seconda edizione è del 1928 → ha un’introduzione di A. Gargiulo ed è
pubblicata sempre a Torino ma con un editore diverso, RIbet.
- La cosa importante è che la seconda edizione presenta numerose differenze
rispetto alla prima, le quali riguardano non solo la struttura interna al libro (M. agisce
sulla partizione delle sezioni e sposta numerose poesie), ma soprattutto ci sono sei
poesie in più, per lo più scritte tra il 1926 e il ‘27.

> Il titolo → dai manoscritti di M. ma anche dalla sua corrispondenza, sappiamo che
M. si è a lungo interrogato sul titolo → originariamente una delle prime scelte che
rimane abbastanza a lungo è quella di Rottami, nel solco di quella poetica degli
scarti tipica di poeti come Sbarbaro (Trucioli e Scampoli) e Boine (Frantumi).
- Il titolo scelto alla fine è Ossi di seppia → è un titolo complesso che allude a più
significati:
❖ allude innanzitutto alla opposizione tra terra e mare, la quale caratterizza tutta
la raccolta → il mare viene identificato come una condizione di felicità
naturale, mentre la terra è l’opposto e rappresenta la condizione di aridità e
chiusura dell’esistenza;
❖ l’osso di seppia viene gettato dalle onde del mare scarnificato sulla battigia →
gli ossi di seppia sono dunque degli scarti che il mare getta sulla riva.

> M. in più interviste mette in evidenza la continuità tra Ossi di seppia, Le occasioni e
La bufera → in alcune interviste addirittura definisce Ossi di seppia e Le occasioni
come dei canzonieri, cioè dei libri di poesia dotati di una precisa coerenza
strutturale, individuando anche una continuità e un raccordo tra i primi tre libri → la
cesura avviene con Satura, che inaugura una nuova stagione compositiva.
«Ho scritto un solo libro, di cui prima ho dato il recto, ora do il verso».
- Qua M. si sta riferendo a Satura e alla nuova stagione compositiva che essa
inaugura.
111

> Struttura di Ossi di seppia:


❖ abbiamo una poesia incipitaria che si intitola In limine e che è scritta in corsivo
(anche la poesie incipitaria di Le occasioni sarà scritta in corsivo);
❖ poi abbiamo la sezione Movimento, dove sono presenti soprattutto i temi
dell’opposizione tra il mare e la terra, tra la natura e la città, tra l’infanzia e la
maturità, e nello stesso tempo il poeta cerca una possibilità di accordo tra
questi poli dialettici → i primi termini sono l’uno connesso all’altro e così
anche i secondi → la dimensione del mare è una dimensione naturale e viene
sentita dal poeta dal poeta come una condizione di felicità riconducibile
all’infanzia, mentre dall’altra parte la terra è collegata alla città, dove si svolge
l’attività degli uomini ed è quindi legata alla maturità;
❖ sezione Ossi di seppia → in questa sezione prevale il motivo dello scarto,
della frantumazione e quindi della distonia tra natura e uomo;
❖ Mediterraneo → poemetto molto complesso, diviso in otto movimenti →
sostanzialmente si va dall’accordo al disaccordo con il mare e già ci porta
verso la successiva sezione Meriggi e Ombre, che si conclude con l’io già
proiettato verso la città, secondo anche un dovere e un impegno morale ed
etico di azione nella storia → già cominciamo a intravedere anche la figura
della donna salvifica (che sarà molto importante all’interno di Le occasioni);
❖ la poesia Riviere conclude la raccolta, ma il senso di questa conclusione è
piuttosto dibattuto → infatti Riviere è in verità una poesia giovanile che mette
in scena un momento festoso di accordo fra io e natura con riferimento
all’infanzia → è dunque una conclusione che poco c’entra con la vera
conclusione di Meriggi e Ombre → probabilmente Riviere vuole chiudere una
stagione (quella degli Ossi) con un momento emblematico per poi aprirne
un’altra (quella di Le occasioni).

> Quali sono i riferimenti culturali e filosofici di M.? → ce ne parla l’autore stesso:
«Negli anni in cui composi gli Ossi di seppia [...] agì in me la filosofia del
contingentismo di Boutroux soprattutto, che conobbi meglio del Bergson. Il
miracolo era per me evidente come la necessità. Immanenza e trascendenza non
sono separabili [...]. Occorre vivere la propria contraddizione senza scappatoie».

- Secondo quanto afferma M., la lezione di Bergson agisce fino a un certo punto e in
maniera abbastanza ridotta all’interno degli Ossi di seppia, mentre è sicuramente
decisiva in Le occasioni, soprattutto riguardo ai temi dell’epifania e del ricordo legato
a un oggetto-emblema.
- All’altezza degli Ossi di seppia invece agisce moltissimo il riferimento alla
riflessione di Boutroux, filosofo francese che elabora la cosiddetta “teoria del
contingentismo”.
112

- L’opera di B. si colloca in piena epoca del naturalismo e del positivismo, che si


basano sulla possibilità e capacità da parte dell’uomo di interpretare e dominare la
natura attr. l’individuazione di alcune leggi scientifiche → naturalismo e positivismo
hanno dunque una grande fiducia nella scienza e nella sua possibilità di individuare
delle leggi che governano la natura e la società e quindi di interpretare i fenomeni
naturali e sociali alla luce di queste leggi (es. Zola).
- B. parte dalla seguente domanda → “se tutto quanto è governato da leggi
scientifiche, quanta parte di libertà e responsabilità rimane all’uomo davanti alla
rigorosa necessità delle leggi naturali?” → le regole che governano la natura
rispondono a una ragione di necessità e sono dunque determinate in maniera ferrea
(concetto di “determinismo”) → l’uomo che possibilità ha di fronte a questa rigorosa
catena di necessità che governa l’universo e la società? → in sostanza B. con
questa domanda vuole mettere in crisi il valore delle scienze come unico tramite alla
conoscenza.
- Il contingentismo è stato dunque un tentativo di rispondere alla sfida del
determinismo e dunque un tentativo di negare che l’inesorabile necessità delle leggi
naturali tolga in definitiva ogni spazio alla libertà umana, vanificando di conseguenza
il principio della responsabilità individuale → in sostanza B. accetta la sfida del
pensiero positivista per rivendicare l’insopprimibile esigenza della dimensione
spirituale e metafisica.
- Lo stesso M. nella sua intervista dice «Il miracolo era per me evidente come la
necessità» → la necessità fa riferimento appunto a quell’insieme di leggi scientifiche
che regolano l’universo, mentre il miracolo è ciò che in qualche modo esula dalle
maglie e dalla rete del determinismo delle leggi naturali.

- Passo tratto da Dell’idea di legge naturale:


«Noi ci domandiamo, in conclusione, quale parte rimanga alla libertà e alla
responsabilità umana di fronte a queste leggi che rappresentano per noi la natura
delle cose. Il problema è più urgente oggi che non nello scorso secolo. Quando il
campo delle scienze propriamente dette era poco esteso, poteva essere ammessa
la libertà, fuori di questo campo. Ma la scienza accresce di giorno in giorno la
propria estensione e la propria precisione; sta per sottomettere a sé quelle
manifestazioni che sembrerebbero più ribelli a essa. Non potrebbe dunque darsi
che tutto, in diritto, le appartenga e che in conseguenza tutto sia determinato e
necessitato? Tuttavia, dato che, malgrado il progresso della scienza, il sentimento
della libertà si mantiene vivo nell’anima umana è giusto cercare se vi sia
contraddizione tra questi due fati [immanenza e trascendenza] e se il secondo
debba essere considerato un’illusione frutto dell’ignoranza».
113

Boutroux e il contingenitsmo - sintesi

> Critica alla fiducia positivistica nel rigido concatenarsi dei nessi causa-effetto
(rispondenti a leggi fisiche della natura determinate e analizzabili scientifica-
mente) all’interno della struttura della realtà.

> Rivendica il valore dell’eccezione entro la catena delle necessità fenomeniche


(opponendo dunque alla necessità delle leggi naturali e scientifiche quella che è
l’eccezione alla norma, ciò che esula da una rigida determinazione delle
strutture della realtà).

> Nei passaggi tra i vari ordini della realtà naturale e fenomenica (chimico,
fisico, biologico, spirituale…) la realtà sfugge alla necessità meccanica e
include la contingenza (cioè legato a un’occasione particolare e che si configura
come spazio di libertà per l’azione umana).

> Il contingentismo di Boutroux rivendica dunque lo spazio della libertà, del


miracolo, di ciò che esula dalla catena di necessità → questo miracolo per M. è
sicuramente qualcosa a cui tendere, cioè verso cui rivolgere il desiderio e la
propria speranza, ma che non sempre può realizzarsi effettivamente → spesso
anzi il miracolo è sperato per un “tu” (nella maggior parte dei casi declinato al
femminile), il quale può ess. interpretato sia come legato a una figura femminile
sia metaforicamente come proiezione altra dell’io.

In limine

- Si tratta della poesia incipitaria della raccolta.


- La poesia è scritta in corsivo perché ha una funzione incipitaria, cioè ci
accompagna all’interno del libro, si trova sulla soglia del libro, è la porta di
accesso, si trova in limine alla raccolta → il limine è quindi una zona di confine.
- Anche la poesia, per l’appunto, ha per oggetto una zona di confine.

Godi se il vento ch’entra nel pomario1 Un rovello è di qua dall’erto muro5.


vi rimena l’ondata della vita2: Se procedi t’imbatti
qui dove affonda un morto tu forse nel fantasma che ti salva6:
viluppo di memorie, si compongono qui le storie, gli atti
orto non era, ma reliquario3. scancellati pel giuoco del futuro7.

Il frullo che tu senti non è un volo, Cerca una maglia rotta nella rete8
ma il commuoversi dell’eterno grembo; che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!
114

vedi che si trasforma questo lembo Va, per te l’ho pregato, – ora la sete
di terra solitario in un crogiuolo4. mi sarà lieve, meno acre la ruggine…9

- Da notare è come M. recuperi l’istituto della rima → non solo rime tradizionali
(es. pomario - reliquiario) ma anche tutta una serie di rime non regolarissime
(es. morto risuona in orto) → questo già ci fa capire come nelle sue poesie M.
lavori incessantemente sul significante attr. figure di suono che collegano le
parole (si tratta per lo più di assonanze, consonanze e allitterazioni).
1
Il pomario era il frutteto → dunque si parla di una zona limitata e recintata dove
ci sono degli alberi da frutto.
- La parola pomario ha una sorta di assonanza con il pomerio, una zona
particolare dell’antica Roma che costituiva una sorta di zona di confine posta ai
limiti della città e nella quale molto spesso si seppellivano i morti → è probabile
che ci sia anche un’allusione a questa zona di confine e non vita.
2
All’interno dello spazio chiuso del frutteto entra il vento e porta l’ondata della
vita.
3
È una zona in cui si conserva la memoria del passato → il reliquiario ci
introduce anche a tutta un’atmosfera di tipo sacrale che ha a che fare con la
memoria del passato (le reliquie appunto).
4
Questo lembo di terra delimitato del frutteto in cui si conservano le reliquie di
tutto ciò che è morto e appartiene al passato, grazie alla vita portata dal vento si
trasforma in un crogiuolo, cioè in un luogo dove avviene la trasformazione e
dunque in cui si genera la vita → il crogiuolo era il pentolino dove si fondevano i
metalli per crearne uno nuovo.
5
Dunque il frutteto è una zona liminare delimitata da un muro (come spesso
accade nelle poesie di M.) ed è caratterizzata da un rovello, cioè una situazione
di angoscia esistenziale.
6
Si prospetta l’idea di una possibile salvezza e di un possibile miracolo.
7
L’orto non è solo luogo di memorie ma è anche il luogo in cui, tramite la
mescolanza, l’eterno grembo dà di nuovo luce alla vita e dunque si
compongono le storie, che sono scancellate per il gioco del futuro, cioè finita
una ne inizia un’altra, secondo la legge di necessità che governa l’universo
(morte e generazione di nuova vita).
8
Nella rete della catena delle necessità che determinano il piano fisico della
nostra realtà.
9
Cioè la possibilità del miracolo che esula dalla necessità e rompe il piano
dell’immanenza in direzione metafisica della trascendenza, cioè nell’ipotesi che
ci sia qualcosa oltre la legge di causa-effetto che determina la realtà.
115

> Chiaramente l’altro riferimento filosofico di M. è Schopenhauer → vediamo cosa


dice nella Intervista immaginaria del 1946, nella quale M. mette in evidenza in primis
la grande attenzione alla strutturazione fonica della poesia (che è in rapporto anche
con la sua vocazione musicale) e dall’altro lato l’importanza della riflessione di Sch.
(che è evidentemente alla base di molti testi degli Ossi di seppia:
«Scrivendo il mio primo libro [...] ubbidii a un bisogno di espressione musicale.
Volevo che la mia parola fosse più aderente di quella degli altri poeti che avevo
conosciuto. Più aderente a che? Mi pareva di vivere sotto una campana di vetro,
eppure sentivo di essere vicino a qualcosa di essenziale. Un velo sottile, un filo
appena mi separava dal quid definitivo1. L’espressione assoluta sarebbe stata la
fine di quel velo, di quel filo: una esplosione la fine dell’inganno del mondo come
rappresentazione. Ma questo era un limite irraggiungibile2».
1
Cfr. sensazione dei quadri di De Chirico → sembra di ess. sul punto di una rivelazione
ma questo quid sfugge sempre.
2
Consapevolezza dell’esistenza di qualcosa oltre la nostra realtà, che dà ragione della
nostra esistenza → non si riesce però ad abbattere quel velo sottile che ci separa dalla
sua conoscenza → allora la nostra esistenza è solo un inganno o un’apparenza?

Forse un mattino andando

Forse un mattino andando in un'aria di vetro1,


arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo2:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco3.

Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto


alberi case colli per l'inganno consueto4.
Ma sarà troppo tardi5; ed io me n'andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto6.

1
La sensazione è quella di sentirsi imprigionati sotto una campana di vetro.
2
Il miracolo consiste nella comprensione di ciò che sta al di là della realtà.
3
Il problema è che quel che vedo è il nulla e lo vedo con il terrore da ubriaco.
4
Di nuovo la realtà come apparenza e inganno.
5
Perché io poeta ho visto che c’è il nulla.
6
Elemento importante della poesia di M. → cioè il poeta recupera la sua
funzione perché riesce a capire qualcosa di più rispetto agli altri uomini, che M.,
già nel poemetto Mediterraneo, comincia a definire come uomini-massa e che
se ne vanno incappucciati, cioè non si pongono domande sull’esistenza e non
si voltano mai indietro → il poeta è l’unico che si pone delle domande e che
116

riesce a comprendere qualcosa, ma questa comprensione è difficile da


condividere.

> Montale e il correlativo oggettivo:


- Dopo Ungaretti, anche M. ovviamente viene inserito all’interno del fenomeno
modernista → l’anello di congiunzione con il modernismo inglese è ovviamente il
correlativo oggettivo → vediamo come lo stesso Eliot lo definisca in un articolo del
1919 (intitolato Hamlet and his problems):
«L’unico modo per esprimere un’emozione in forma d’arte consiste nel trovare un
“correlativo oggettivo”; in altre parole, una serie d’oggetti, una situazione, una
catena di eventi che costituiranno la formula di quella particolare emozione,
cosicché, quando siano dati i fatti esterni, che devono concludersi in
un’esperienza sensibile, l’emozione ne risulti immediatamente evocata».
- Come si fa in arte a esprimere un’emozione? → lo si può fare trovando un
correlativo oggettivo → in altre parole abbinando a un oggetto, una situazione o una
catena di eventi una particolare emozione in modo tale che l’emozione sia evocata
da qualcosa di oggettivo e sensibile.
- M., nella Intervista immaginaria del 1946, fa riferimento al concetto di correlativo
oggettivo del poeta inglese → bisogna però dire che M. spesso si diverte a
mescolare le carte delle varie influenze e suggestioni che ha tratto dai vari autori →
quindi anche in questo caso tende a mettere in evidenza come non abbia preso il
correlativo oggettivo da Eliot ma anzi il suo correlativo oggettivo è qualcosa di
diverso:
«Mutato ambiente e vita, fatti alcuni viaggi all'estero, non osai mai rileggermi
seriamente e sentii il bisogno di andare più a fondo... Non pensai a una lirica
pura nel senso ch'essa poi ebbe anche da noi, a un giuoco di suggestioni sonore1;
ma piuttosto a un frutto che dovesse contenere i suoi motivi senza rivelarli, o
meglio senza spiattellarli. Ammesso che in arte esista una bilancia tra il di fuori e
il di dentro, tra l'occasione e l'opera-oggetto bisognava esprimere l'oggetto e
tacere l'occasione-spinta. Un modo nuovo [...] di immergere il lettore in medias
res, un totale assorbimento delle intenzioni nei risultati oggettivi.
[...]
Anche qui, fui mosso dall’istinto non da una teoria [...] quella eliotiana del
“correlativo oggettivo” non credo esistesse ancora, nel ‘28, quando il mio
Arsenio fu pubblicato nel “Criterion”».
1
M. e Ungaretti fino a tutta la metà degli anni ‘50 erano sostanzialmente letti come
poeti tra di loro molto simili e inquadrati all’interno del filone della poesia pura → è
solo dalla metà degli anni ‘50 che la critica ha iniziato a leggere U. e M. come poeti
che hanno inaugurato due linee diverse, che poi si sono ramificate in tutto il ‘900 →
117

quella di U. in direzione della poesia pura di ascendenza petrarchesca che si


inserisce nel solco della grande tradizione simbolista europea, mentre quella di M.
piano piano va più verso la linea dell’allegoria e della poetica dell’oggetto

- Dunque certe idee circolavano e vengono raggiunte in maniera diversa e in luoghi


diversi anche da poeti diversi che lavorano (abbastanza) indipendentemente l’uno
dall’altro.

Spesso il male di vivere

- Qui si vede molto bene l’idea del correlativo oggettivo → il male di vivere è
rappresentato emblematicamente da alcuni oggetti e da delle situazioni ed
eventi concreti, che sono associati a una sensazione, che è quella del male di
vivere, ossia dell’aridità esistenziale.

Spesso il male di vivere ho incontrato:


era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato1.

Bene non seppi, fuori del prodigio


che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato2.

1
Queste sono le immagini che rappresentano il male di vivere e la
sensazione di aridità esistenziale.
2
Al male di vivere che connota la situazione esistenziale dell’uomo si
contrappone il tentativo della «divina Indifferenza», cioè di elevarsi al di sopra del
male di vivere e di non percepire più questa sensazione di angoscia e aridità →
dunque la «divina Indifferenza» è rappresentata da tutta una serie di valori che
sono in collegamento con la dimensione dell’alto, ossia la nuvola e il falco
(mentre le immagini della prima strofa sono legate alla terra e alla realtà
fenomenica).
- «la statua nella sonnolenza / del meriggio» → chiaro riferimento ai quadri della
metafisica ma anche al grande meriggio di Nietzsche e al momento delle
visioni.
118

Meriggiare pallido e assorto

- In questa poesia è molto importante il lavoro sul significante (ossia il suono),


che risulta particolarmente evidente dalla lettura di M. stesso → questa insisten-
za sul suono cerca di rendere anche in modo onomatopeico i rumori della natu-
ra.

Meriggiare pallido e assorto1 Osservare4 tra frondi il palpitare


presso un rovente muro d’orto, lontano di scaglie di mare5
ascoltare tra i pruni e gli sterpi mentre si levano tremuli scricchi
schiocchi di merli, frusci di serpi2. di cicale dai calvi picchi6.

Nelle crepe del suolo o su la veccia E andando7 nel sole che abbaglia
spiar le file di rosse formiche sentire con triste meraviglia
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano com’è tutta la vita e il suo travaglio
a sommo di minuscole biche3. in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia8.

1
Riferimento al meriggio → siamo più o meno nello stesso periodo in cui U.
scrive le poesie della sezione Prime di Sentimento del Tempo → riferimento al
meriggio come momento sospeso e immobile, in cui si può avere per un
secondo la sensazione che il corso del tempo sia fermo → è interessante anche
come il verbo sia usato all’infinito, a sottolineare ancora di più questo momento
di sospensione temporale → inoltre è molto incerto anche a cosa si riferisca il
meriggiare (= trascorrere il pomeriggio?) → questo verso molto denso allo
stesso tempo è ambiguo e dà il senso di durata e sospensione temporale.
2
Questi sono i rumori tipici dell’aspra campagna ligure nei momenti più caldi
del giorno.
3
Questo è il suolo arido dei bricchi genovesi, cioè i sentieri delimitati da muri
a secco che salgono su per i monti → il paesaggio è quello di Monterosso e
delle Cinque Terre.
4
L’idea di usare il verbo all’infinito ha anche a che fare con la messa tra
parentesi dell’io lirico → quindi è chiaro che la sensazione si allarga a una
condizione esistenziale.
5
L’immagine è quella del poeta (o cmq di un uomo) nella campagna ligure su
una collina che guarda il panorama davanti a sé e il mare appare tra le foglie
delle fronde dei rami degli alberi, per cui gli spicchi di maare che si intravedono
sembrano delle scaglie.
6
Di nuovo l’attenzione ai valori fonici, di nuovo a riprodurre quasi in maniera
onomatopeica il suono.
119

7
Qui usa il gerundio, che è sempre privo di soggetto ed è sempre un modo
che dà il senso della continuità e della sospensione temporale.
8
Anche questo è un correlativo oggettivo che ci dà il senso del male di
vivere, cioè della sensazione di chiusura entro dei limiti invalicabili, come se la
nostra vita fosse circoscritta all’interno di un territorio ben delimitato che non
può ess. oltrepassato se non attr. un miracolo che è di là dal venire e bisogna
attendere.

4 NOV. 2021

> Alcuni punti caratteristici di Meriggiare pallido e assorto sono tangenti alla temperie
culturale del classicismo moderno e, più in generale, del modernismo:
❖ flusso di immagini concatenate (presentazione, non descrizione) → nella
poesia abbiamo, per l’appunto, una serie di immagini concatenate:
- immagine del rovente muro d’orto circondato da sterpi e dalla fauna
tipica del luogo (i merli e le serpi);
- immagine delle formiche che compongono file;
- immagine (l’unica collegata alla speranza e al miracolo) del mare che
si intravede dalle fronde (laddove il mare in M. ha sempre un valore
positivo, in contrapposizione all’aridità della terra);
❖ tempo immobile del meriggio;
❖ uso del verbo all’infinito:
- da un lato tende a prolungare la sensazione dell’immobilità e della
sospensione temporale;
- dall’altro conferisce impersonalità, elemento proprio della poetica
modernista (es. Ungaretti);
❖ collegamento delle immagini a una sensazione e a una riflessione esistenzia-
le;
❖ tema della necessità che caratterizza la vita, cui il soggetto poetico tenta di (o
quantomeno vorrebbe) sottrarsi (cfr. Boutroux).

> Un altro tema interessante (che negli Ossi c’è ma fino a un certo punto) è quello
della memoria → questo tema sarà invece centrale in Le occasioni, proprio nel
senso bergsoniano del termine, vale a dire il ricordo-immagine che emerge in
maniera epifanica → un altro punto di raccordo tra l’opera di M. e il modernismo
risiede appunto nell’uso del ricordo con valore di epifania (es. Joyce → nella raccolta
Ossi di seppia è presente una poesia intitolata I morti, la quale presenta una serie di
tangenze testuali notevoli con il racconto omonimo presente nei Dubliners di Joyce).
120

Cigola la carrucola del pozzo

- Riferimento alla memoria → anche in questo caso si tratta di un ricordo che


emerge dal passato (come un’epifania) e poi subito svanisce.
- Anche in questo caso M. fa ricorso al correlativo oggettivo → il ricordo è
“paragonato” al secchio che riemerge dalle profondità del pozzo e poi
nuovamente si inabissa, così come il ricordo emerge dalle profondità dell’oblio
della coscienza, arriva alla superficie della nostra memoria per poi nuovamente
sprofondare nell’oblio.

Cigola la carrucola del pozzo,


l'acqua sale alla luce e vi si fonde.
Trema un ricordo nel ricolmo secchio,
nel puro cerchio un'immagine ride.

Accosto il volto ad evanescenti labbri:


si deforma il passato, si fa vecchio,
appartiene ad un altro...

Ah che già stride


la ruota, ti ridona all'atro fondo,
visione, una distanza ci divide.

- Il ricordo riemerge per un attimo come l’acqua portata su dal secchio attr. la
carrucola e poi immediatamente si deforma per poi svanire e tornare
nuovamente nell’oblio.
- Di nuovo torna quella distanza che irrimediabilmente ci divide da un passato
che si configura come irrecuperabile.
- Ovviamente nel tema dell’immagine riflessa nell’acqua vi è anche un riferimen-
to al mito di Narciso (che si accosta alla sua immagine riflessa nell’acqua).

> Il valore della memoria nell’opera di M. è radicalmente diverso da quello che


assume nell’opera di Ungaretti (sia ne L’allegria sia in Sentimento del tempo) → in
Sentimento del tempo la memoria ha valore negativo → è qualificata principalmen-
te come “memoria collettiva” (memoria non soltanto del singolo ma dell’umanità in
generale) e divide l’umanità da quella dimensione edenica di delicità e innocenza
che ormai è diventata irraggiungibile e inattingibile, perché la memoria ricorda
all’uomo tutto il tempo che è passato e al quale è soggetta la sua vita mortale.

- In M. invece la memoria si configura in modo diverso, con ascendenza bergsonia-


na ma sicuramente virata in modo diverso → vediamo allora come si configura
questo tema nella sezione Meriggi e ombre.
121

Crisalide
(da Meriggi e ombre)

- La poesia apre la sezione Meriggi e ombre → è dedicata anch’essa a una


figura femminile (la Nicoli, la stessa di In limine) e presenta dei motivi
abbastanza simili a quelli presentati in In limine (è quindi tematicamente affine
→ del resto le due poesie afferiscono più o meno allo stesso periodo di
elaborazione).

[…] E il flutto che si scopre oltre le sbarre


come ci parla a volte di salvezza;
Ogni attimo vi porta nuove fronde come può sorgere agile
e il suo sbigottimento avanza ogni altra l'illusione, e sciogliere i suoi fumi.
gioia fugace; viene a impetuose onde Vanno a spire sul mare, ora si fondono
la vita a questo estremo angolo d'orto1. sull'orizzonte in foggia di golette.
Lo sguardo ora vi cade su le zolle; Spicca una d'esse un volo senza rombo,
una risacca di memorie giunge l'acque di piombo come alcione profugo
al vostro cuore e quasi lo sommerge. rade. Il sole s'immerge nelle nubi,
Lunge risuona un grido: ecco precipita l'ora di febbre, trepida, si chiude.
il tempo, spare con risucchi rapidi Un glorioso affanno senza strepiti
tra i sassi, ogni ricordo è spento2; ed io ci batte in gola: nel meriggio afoso
dall'oscuro mio canto mi protendo spunta la barca di salvezza, è giunta5:
a codesto solare avvenimento3. vedila che sciaborda tra le secche,
[…] esprime un suo burchiello che si volge
al docile frangente - e là ci attende.
Così va la certezza d'un momento
con uno sventolio di tende e di alberi Ah crisalide6, com'è amara questa
tra le case; ma l'ombra non dissolve tortura senza nome che ci volve
che vi reclama, opaca. M'apparite e ci porta lontani - e poi non restano
allora, come me, nel limbo squallido neppure le nostre orme sulla polvere7;
delle monche esistenze; e anche la vostra e noi andremo innanzi senza smuovere
rinascita è uno sterile segreto, un sasso solo della gran muraglia8;
un prodigio fallito come tutti e forse tutto è fisso, tutto è scritto9,
quelli che ci fioriscono d'accanto4. e non vedremo sorgere per via
la libertà, il miracolo,
il fatto che non era necessario10!

1
Ancora una volta l’orto viene usato come metafora della sensazione di
chiusura e limitatezza esistenziale.
2
La situazione è simile a quella di Cigola la carrucola del pozzo → i ricordi
arrivano come una risacca e subito svaniscono → cioè il ricordo non riesce più
a funzionare come evocazione di un evento passato, come sutura tra il
122

presente e il passato → potremmo dire che il ricordo di tipo petrarchesco non


funziona più → in questo caso la memoria non funziona, il ricordo sembra
arrivare e poter scatenare qualcosa come breve epifania ma subito è ricondotto
all’oblio → dunque la distanza che ci separa dal passato è incolmabile.
3
Si tratta della primavera → l’occasione da cui nasce la poesia è quella della
primavera che fa nuovamente germogliare gli alberi, i fiori e i frutti del giardino,
che il poeta offre quasi come un dono alla donna, sperando che almeno lei
possa percepirne e goderne la gioia.
4
Tema del prodigio e del miracolo → in questo caso il prodigio è fallito → gli
Ossi di seppia registrano continuamente questa intermittenza tra la speranza di
un prodigio e di un miracolo che sembra lì lì per avverarsi e la sensazione dello
scacco esistenziale e del fallimento, del prodigio e del miracolo che non si
avverano.
5
Sembra che nel meriggio afoso possa compiersi il miracolo e possa
palesarsi la barca di salvezza, la quale possa portare in salvo il poeta e la
donna amata.
6
La donna è appellata qui col nome di “crisalide” (che è quello che dà il titolo
alla poesia) → la crisalide è la larva della farfalla che ancora non è diventata
farfalla.
7
La barca che ci attende è un miracolo che non si avvera → rimangono
invece la triste consapevolezza e la tortura del miracolo che non si compie e
contestualmente della vanità dell’esistenza.
8
È impossibile scardinare il muro e trovare un varco.
9
Tutto risponde a una struttura della realtà basata su leggi necessarie e
immodificabili, cui non si può scampare.
10
Ancora una volta dunque è negata la possibilità del miracolo, il quale non
si realizzerà in quanto la muraglia che circonda il confine della nostra vita è
inscalfibile e impossibile da varcare, perché tutto è fisso e già scritto e noi non
siamo altro che un granello di polvere perso nell’ingranaggio, di cui poi in futuro
non rimarrà alcuna traccia (la visione di M. è dunque chiaramente pessimistica,
molto più radicale di Ungaretti).
123

Casa sul mare


(da Meriggi e ombre)

- Poesia importante perché ritroveremo alcuni suoi elementi in Le occasioni


all’interno delle poesie La casa dei doganieri e Nuove stanze.

ll viaggio finisce qui: Tu chiedi se così tutto vanisce


nelle cure meschine che dividono in questa poca nebbia di memorie2;
l'anima che non sa più dare un grido. se nell'ora che torpe o nel sospiro
Ora i minuti sono eguali e fissi del frangente si compie ogni destino3.
come i giri di ruota della pompa. Vorrei dirti che no, che ti s'appressa
Un giro: un salir d'acqua che rimbomba. l'ora che passerai di là dal tempo;
Un altro, altr'acqua, a tratti un cigolio1. forse solo chi vuole s'infinita,
e questo tu potrai, chissà, non io4.
Il viaggio finisce a questa spiaggia Penso che per i più non sia salvezza,
che tentano gli assidui e lenti flussi. ma taluno sovverta ogni disegno,
Nulla disvela se non pigri fumi passi il varco, qual volle si ritrovi.
la marina che tramano di conche Vorrei prima di cedere segnarti
i soffi leni: ed è raro che appaia codesta via di fuga
nella bonaccia muta labile come nei sommossi campi
tra l'isole dell'aria migrabonde del mare spuma o ruga5.
la Corsica dorsuta o la Capraia. Ti dono anche l'avara mia speranza.
A' nuovi giorni, stanco, non so crescerla:
l'offro in pegno al tuo fato, che ti scampi6.

Il cammino finisce a queste prode


che rode la marea col moto alterno.
Il tuo cuore vicino che non m'ode
salpa già forse per l'eterno7.

1
L’immagine è quella dell’acqua che viene su dal pozzo attr. una carrucola
(riferimento al cigolio).
- L’acqua che scende e sale è correlativo oggettivo dello scorrere del tempo,
della riemersione del passato nel presente e nuovamente dell’oblio cui è
destinato l’effimero ricordo.
- Il viaggio è ovviamente inteso come esistenza.
2
Le memorie sono spesso confuse come un viluppo (la stessa immagine del
viluppo di memorie presente in In limine), cioè sono tra loro aggrovigliate → i
ricordi non sono tra loro chiari, ma sono tutti aggrovigliati come un gomitolo
l’uno nell’altro, sono confusi e annebbiati, non si può attingere a ricordi precisi,
chiari.
124

3
Tutto svanisce → la caratteristica della vità è l’ess. effimera e vana,
condannata a sparire, così come la memoria di essa, che magari può tornarci
fugacemente alla memoria nell’ora della sonnolenza o in un singolo attimo.
4
Riferimento a una donna (probabilmente Annetta Arletta, ma non si sa con
precisione) → solo alla figura femminile è eventualmente concesso di avere
respiro oltre la morte, di tendere a una dimensione infinita oltre la morte →
questo non è certamente concesso al poeta.
5
La speranza è quella di poter indicare un varco a chi forse (e chissà per
quale ragione) potrà salvarsi, uscendo dalla ferrea legge di necessità che
determina, racchiude e circoscrive la nostra vita → anche in questo caso (come
in In limine) il miracolo è sperato per una figura femminile.
6
È il poeta che offre se stesso affinché la donna si salvi.
7
Non m’ode perché è passato a un’altra dimensione che non è più quella
della vita (in La casa dei doganieri ci sarà una situazione molto simile).

Incontro

- Di fatto questa è la poesia che conclude Ossi di seppia, con l’invito finale del
poeta che ormai scende verso la città, dando così inizio a una nuova fase della
propria vita e anche della propria opera:
● lo scenario prevalente di Ossi di seppia è quello delle Cinque Terre → è
uno scenario naturale che oppone, in termini dialettici, il mare e la terra e
che si basa proprio su questa contrapposizione tra l’armonia naturale del
mare e l’aridità e la desolazione della dimensione esistenziale
rappresentata dalla terra → qualche volta può avvenire il miracolo di una
presunta raggiunta armonia o felicità, ma la maggior parte delle volte non
avviene;
● Le occasioni invece sono una raccolta cittadina, ambientata nella città, e
che quindi si confronta anche con la storia e col ruolo che gli uomini
hanno e devono avere nella storia, anche da un punto di vista dei valori
etici e morali → il compito dell’uomo nella storia è appunto di tipo morale
ed etico (Clizia avrà appunto anche questo tipo di valore, come custode
dei valori e dell’importanza della cultura umanistica contro la barbarie
che incombe e si profila all’orizzonte).
125

Tu non m'abbandonare mia tristezza Se mi lasci anche tu, tristezza, solo


sulla strada presagio vivo in questo nembo, sembra
che urta il vento forano che attorno mi si effonda
co' suoi vortici caldi, e spare; cara un ronzio qual di sfere quando un'ora
tristezza al soffio che si estenua: e a sta per scoccare8;
questo, e cado inerte nell'attesa spenta
sospinta sulla rada di chi non sa temere
dove l'ultime voci il giorno esala su questa proda che ha sorpresa l'onda
viaggia una nebbia, alta si flette un'ala lenta, che non appare9.
di cormorano1.
Forse riavrò un aspetto: nella luce
La foce è allato del torrente, sterile radente un moto mi conduce accanto
d'acque, vivo di pietre e di calcine2; a una misera fronda che in un vaso
ma più foce di umani atti consunti, s'alleva s'una porta di osteria.
d'impallidite vite tramontanti A lei tendo la mano, e farsi mia
oltre il confine un'altra vita sento, ingombro d'una
che a cerchio ci rinchiude: visi emunti, forma che mi fu tolta10; e quasi anelli
mani scarne, cavalli in fila, ruote alle dita non foglie mi si attorcono
stridule: vite no3: vegetazioni ma capelli11.
dell'altro mare che sovrasta il flutto4.
Poi più nulla. Oh sommersa!: tu dispari
Si va sulla carraia di rappresa qual sei venuta, e nulla so di te12.
mota senza uno scarto, La tua vita è ancor tua: tra i guizzi rari
simili ad incappati5 di corteo6, dal giorno sparsa già. Prega per me13
sotto la volta infranta ch'è discesa allora ch'io discenda altro cammino
quasi a specchio delle vetrine, che una via di città,
in un'aura che avvolge i nostri passi nell'aria persa, innanzi al brulichio
fitta e uguaglia i sargassi dei vivi; ch'io ti senta accanto; ch'io
umani fluttuanti alle cortine scenda senza viltà14.
dei bambù mormoranti7.

1
La sensazione cui il poeta rimane aggrappato come ultima possibile
sensazione vitale è quella, per l’appunto, della tristezza, che, sebbene dolorosa,
è cmq sensazione ancora legata alla vita e che quindi si oppone a quel nulla
che c’è oltre la fine della vita.
2
Immagine dell’aridità che abbiamo già visto nel rivo strozzato di Forse un
mattino andando o in Meriggiare pallido e assorto o in Non chiederci la parola.
3
Gli atti umani che sono finiti, si sono consumati, di vite che sono tramontate
nella dimensione che si trova oltre il confine che rinchiude la vita (una
dimensione di non vita).
4
Tema degli uomini simili ad alghe e altri elementi della vegetazione e il tema
degli uomini incappati e dei non-vivi sono propri delle ultime sezioni di Ossi di
126

seppia.
5
Incappati = incappucciati → gli uomini incappucciati non sono consapevoli
della loro condizione di non-vita, che da un lato identifica ovviamente una
dimensione oltre la morte ma dall’altro indica anche una condizione di non-vita
che già è presente nell’esistenza stessa (da parte cioè di quegli uomini che se
ne vanno incappucciati, che non guardano di qua e di là, che non hanno dubbi,
che non si fanno domande, che attraversano in maniera inconsapevole la vita,
che non si voltano, che guardano sempre davanti a sé nella strada che gli è
stata tracciata).
6
Incappati di corteo → questa immagine ricorda anche un’atmosfera tra
l’infernale e il purgatoriale → i riferimenti a Dante saranno numerosi poi in Le
occasioni.
7
Spesso abbiamo questo scenario marino in cui i non-vivi sono rappresentati
come alghe fluttuanti (si trova soprattutto in I morti e Mediterraneo).
8
La tristezza è l’unico elemento ancora di tipo vitale, che contraddistingue la
vita, perché è un sentimento → provare tristezza significa provare qualcosa,
mentre la condizione degli uomini incappati è anche quella di un’impassibilità ai
sentimenti.
9
Il tema dell’attesa è un altro tema molto importante → questo tema sarà
ancora più esplicito in Le occasioni ma soprattutto sarà un tema ripreso dalla
stagione dell’ermetismo fiorentino nelle raccolte propriamente ermetiche (es. A
vento notturno di Mario Luzi, raccolta emblematica dell’ermetismo, nella quale
l’attesa di qualcosa che non si sa ha un peso determinante).
10
La forma che mi fu tolta perché la forma umana distingue l’uomo
consapevole della propria vita dagli uomini incappati, simili ad alghe, che
appunto non hanno forma.
11
L’immagine complessa dei capelli che si attorcono alle dita rappresenta il
momento in cui la donna si libera dalla prigione vegetale per riacquisire una
forma → però è importante anche perché si ritroverà nella poesia Nuove stanze
in Le occasioni, laddove invece simile ad anelli sarà il fumo sprigionato dalla
sigaretta fumata da Clizia (figura di salvezza), che qui è adombrata in quanto la
pianta che si nomina è femminile.
- Su questo punto la critica dà due interpretazioni che un po’ divergono ma nella
sostanza si equivalgono → si tratta o dei capelli della donna (che riprende
forma) o del soggetto poetico che riprende forma → il concetto non cambia, in
quanto si tratta di recuperare (a contatto con la figura femminile) un’identità e
un’individualità che consenta la discesa verso la città.
12
La donna che era apparsa come possibilità di salvezza e rigenerazione
scompare d’improvviso → le apparizioni della donna in M. sono intermittenti,
come quelle del ricordo-memoria (arrivano in maniera improvvisa e allo stesso
127

modo scompaiono, in maniera epifanica).


13
Questa volta il poeta, in maniera speculare ma differente rispetto a In
limine, chiede che sia la donna a pregare per lui → negli ultimi versi della
poesia incipitaria il poeta esorta la donna a cercare un varco, una maglia rotta
nella rete ≠ in questo caso invece il poeta chiede alla donna di pregare per lui
per andare incontro, in maniera consapevole, al suo destino, per ess. all’altezza
del compito di uomo che agisce nella storia.
14
Il poeta chiede alla donna di farsi quasi guida per scendere nella storia e
affrontare la vita senza viltà e con coraggio.

——————————————————————————————————

LE OCCASIONI

> Anche Le occasioni conoscono due edizioni, differenti l’una dall’altra ma piuttosto
ravvicinate → la prima edizione è del 1939, mentre la seconda, accresciuta rispetto
alla precedente, è del 1940.

> La raccolta comprende poesie composte dal 1928 al 1940 + due poesie del 1926*
→ sono quindi poesie che, dal punto di vista dell’elaborazione, seguono, senza
soluzione di continuità, le poesie di Ossi di seppia (in particolare le poesie del 1926
si collocano proprio nel momento di passaggio tra la prima e la seconda edizione di
Ossi di seppia).

* Si tratta del periodo in cui M. è a Firenze e ha un incarico presso il Gabinetto


Viesseux → per questo quasi tutte le poesie sono ambientate a Firenze.

> Le occasioni sono caratterizzate da un largo uso di oggetti-emblemi, collegati


all’epifania, che si connota come un ricordo involontario attr. cui viene riportato alla
memoria il ricordo-immagine bergsoniano.
128

Struttura dell’opera

> La poesia di apertura è Il Balcone, scritta in corsivo (come In limine) (il balco-
ne è anch’esso un luogo liminare, sia di collegamento che di separazione tra la
casa e l’esterno).

> Alla poesia di apertura seguono quattro sezioni:


❖ la prima sezione (non ha titolo esplicito) comprende figure di donna
(Gerti, Liuba, Dora Markus) e immagini di paesaggi;
❖ la seconda sezione si intitola Mottetti:
- fa riferimento a una forma musicale di origine medievale, breve e
polifonica, di argomento sacro o amoroso;
- qui la protagonista diventa Clizia (figlia dell’oceano e amante del
sole → abbandonata dal sole, si trasforma in girasole);
- i Mottetti sono giocati sulla dialettica assenza/presenza, dannazio-
ne/salvezza, disvalore/valore, tenebra/luce, immobilità/movimento;
❖ la terza sezione è costituita un lungo poemetto (un po’ come in Ossi di
seppia, dove si trova il poemetto Mediterraneo*), intitolato Tempi di
Bellosguardo (ambientato a Firenze);
❖ la quarta sezione non ha titolo ed è costituita da una serie di poesie più
impegnative, che già preludono a La bufera e altro (tra cui La casa dei
doganieri e Nuove stanze) → in queste poesie si ha una prevalenza di
interni in opposizione con l’esterno (cui alludeva già la poesia incipitaria
della raccolta, Il balcone).

* Vediamo come l’organizzazione delle raccolte in qualche modo si corrisponde


→ prende senso allora l’affermazione dello stesso M. secondo cui, con le sue
prime tre raccolte, ha voluto in qualche modo dare un canzoniere → le tre
raccolte sono collegate da un punto di vista tematico e strutturale.
129

Classicismo moderno

> Interessante è come M. affronti il problema del classicismo moderno → lo fa


nel 1926 (sono quasi gli stessi anni di Ungaretti) nel breve saggio-recensione
dedicato a Figure e canti di Umberto Saba → M. si pronuncia contro lo sterile
neo-classicismo promosso da più parti in Italia (stess cosa fa Ungaretti, che si
pronuncia contro una sorta di neoclassicismo di maniera proposto in particolare
da autori anche molto vicini all’ambiente culturale legato alla politica culturale
del fascismo) → M. allo stesso tempo però rileva l’importanza dei classici e si
chiede come possa rinascere la voce dei classici sia in Saba sia nei poeti in
generale, perché il nodo del classicismo e del riferimento alla classicità è un
nodo problematico che attiene al dibattito di quegli anni, in particolare nella
prospettiva di coniugare la tradizione e il retaggio della classicità alla modernità.

«Non negheremo, tuttavia, posto questo interrogativo1, che nella poesia moderna, e
non solo italiana2, che più si avvicina a quella classica3 – e si tratta, a nostro
credere, di un classicismo sui generis e quasi paradossale4 – non si possa
distinguere due modi formali assai diversi […] una poesia che tende a ritrovare,
dopo scavi, macerazioni e complesse “esperienze”, una “arrotatura” e un
“cristallo”, che sono, a ben guardare, più o meno direttamente condizionati da una
lunga accumulazione temporale, e, si vorrebbe credere, anche spaziale5; ed esiste
una poesia che si direbbe quasi ignara di sé, voce del minuto e sua espressione
minima sufficiente6 […]».

1
Cioè come la voce dei classici possa rinascere in quella dei moderni.
2
M. è perfettamente avvertito dello scenario internazionale, in particolare di
quello della letteratura inglese (M. conosce l’inglese e legge T.S.Eliot, Ezra
Pound ecc.).
3
M. capisce e percepisce che c’è un ritorno alle forme della tradizione.
4
M. nella sua “definizione” di classicismo moderno lo definisce come un
classicismo sui generis e quasi paradossale → il paradosso sta proprio nel tentativo
di coniugare la classicità alla modernità, laddove classicismo moderno è
definizione ovviamente ossimorica.
5
Il classicismo moderno si avvale di un profondo ripensamento di tutta la
tradizione, di un guardare lontano nel tempo a quella che è stata la nostra
tradizione, sottoposta però a un lavoro di revisione e innovazione che fa sì che
la classicità possa ess. coniugata alle espressioni della modernità.
6
La poesia neoclassica invece è superficiale e semplicemente ripropone
questi temi della classicità che andavano di moda attr. un’imitazione scontata e
banale (e anche un po’ servile rispetto alla politica culturale dominante del
fascismo).
130

- Questa per M. è la via del classicismo moderno → i valori della classicità, per
ess. ancora attivi nella modernità, devono ess. rimasticati, rimeditati, sottoposti
a riflessione e anche rilavorati da un punto di vista metrico, sintattico e stilistico
→ cioè la classicità non viene presa e copiata ma viene rielaborata (e non
imitata) nei suoi temi e forme.

Concezione del tempo in Le occasioni → epifania

> Tiziana De Rogatis collega questa concezione del tempo come insieme
discontinuo al concetto di epifania.
- Anche in Ungaretti il tempo non è il tempo della scienza (che scorre tutto in
una direzione) ma è un tempo discontinuo (che ha una durata, si aggroviglia,
ogni tanto raggruma in sé passato, presente e futuro) → appunto l’epifania in M.
ha proprio la funzione di collegare insieme passato, presente e futuro in un
attimo di possibile comprensione → nel caso di M. l’epifania è spesso casuale,
cioè è recupero di un ricordo che avviene in maniera casuale e di norma scatta
a contatto con un oggetto o una situazione che hanno valore emblematico e
scatenano, generano il ricordo involontario.

> Tiziana De Rogatis osserva come «l’epifania, ovvero il recupero casuale di un


momento di vita piena avviene in consonanza con “le intermittenze del cuore” di
Proust, le “epifanie” di joyce, i “momenti di essere” di Woolf, le “illuminazioni” di
Eliot» (il contesto è quindi quello del modernismo).
- L’epifania consiste nell’«emergere improvviso di ricordi nel monotono scorrere del
tempo, richiamati da un odore, un sapore, un rumore, uno stimolo visivo (la luce ad
esempio): le occasioni per l’appunto delle poesie montaliane» → l’occasione è il
momento in cui emerge il ricordo e dà luogo a un’epifania, un momento di
comprensione piena e di rivelazione momentanea, che poi subito si rinabissa
nell’oblio.

> Tiziana De Rogatis sottolinea poi come l’epifania sia di fatto una memoria
involontaria che si attiva a contatto con un’occasione-spinta, spesso
rappresentata da oggetti che hanno la funzione di veri e propri emblemi e
possono avere varia natura (es. dagli oggetti preziosi di Dora Markus ai
soldatini di piombo di Carnevale di Gerti).

> Le occasioni, in questo senso (sempre secondo la lettura di De Rogatis),


rappresentano, in certo qual modo, l’inconscio del tempo, perché è la memoria
involontaria che viene fuori inconsapevolmente a contatto con un’occasione →
l’occasione è rappresentata non solo dagli oggetti-emblema ma anche dalla
131

donna, che quindi spesso rappresenta una sorta di “occasione incarnata”.

> La figura della donna è sempre in bilico tra presenza e assenza (cioè tra
quando si palesa e quando invece scompare) → la sua presenza però si
presenta quasi magicamente, solo per frammenti, per es. attr. gli oggetti che la
caratterizzano e che quindi si caricano di un’eternità distante → si ha quindi una
coesistenza di quotidiano (tutto nel tempo) e di assoluto (fuori dal tempo)
(potremmo dire - per usare le parole dello stesso M. - la coesistenza di
immanenza e trascendenza).
- Gli oggetti-emblema e la donna bucano la dimensione del tempo, perché
consentono di percorrerlo in una dimensione non lineare, andando indietro o
avanti (nella speranza). (semmai guarda ultimi 5 minuti)

8 NOV. 2021

Concezione del tempo

> Lo stesso M. del resto rileva la particolare importanza della componente


temporale (anche spaziale ma soprattutto temporale) delle occasioni.

«Tutto è interno e tutto è esterno per l’uomo d’oggi, senza che il mondo sia per
forza la nostra rappresentazione. Si vive con un senso mutato del tempo e dello
spazio».

- Si vive con un senso mutato del tempo anche in conseguenza della diversa
percezione che si ha pure dell’inconscio, della memoria, del ricordo, di tutto ciò
che sta all’interno del nostro animo, di tutta quella componente soggettiva della
coscienza che è così importante nel modernismo:
● cfr. La coscienza di Zeno → il tempo interiore della coscienza si sovram-
mette e si interseca continuamente complicando lo svolgimento lineare
del tempo della vita e della storia;
- La coscienza di Zeno non a caso non è organizzata in modo cronologico
→ il protagonista non descrive ciò che gli è accaduto secondo un ordine
cronologico ma i vari capitoli in cui si articola il memoriale di Zeno Cosini
sono organizzati per temi (il fumo, la storia del matrimonio ecc.);
- il raggruppamento è tematico perché il tempo che si segue è quello della
coscienza, che è un tempo misto, aggrovigliato, che mette insieme
passato, presente e futuro.
132

> In effetti (come ha rilevato De Rogatis) è proprio in Le occasioni che ha molta


influenza il pensiero di Bergson (il quale ha molto riflettuto sul tempo in rapporto
con la coscienza elaborando il concetto di durata).
- De Rogatis entra molto nel dettaglio della fiosofia bergsoniana in rapporto con
la poesia di M., collegando anche la questione del ricordo, dell’oggetto-emble-
ma e della memoria involontaria ad alcuni elementi propri della riflessione
filosofica di Bergson:
❖ innanzitutto è importante notare come Bergson concepisca la materia
come una serie di immagini, laddove con “immagini” si intende
un’esistenza situata a metà strada tra la cosa e la sua rappresentazione:
- es. Sartre, L’immaginario → Sartre differenzia la cosa, la sua
rappresentazione e l’immagine → Sartre parte con l’esempio del
suo amico Paul → tutte le volte che penso a Paul, in maniera quasi
involontaria e automatica nella mia mente si materializza la sua
immagine → si tratta di una immagine mentale, di un
ricordo-immagine dell’amico → però quello che si materializza nella
mia mente non è Paul stesso (la cosa in sé) e non è nemmeno una
rappresentazione di Paul (come potrebbe ess. una fotografia) ma è
un qualcosa che sta a metà;
❖ l’immagine dunque si situa a metà tra la cosa e la rappresentazione,
poiché da un lato è un’esperienza vissuta e percepita dal corpo nel
momento presente e nella sua materialità (è una cosa), dall’altro la
gestione di questa percezione sensoria e motoria chiama in causa i
ricordi pragmatici e poi anche la memoria più profonda (è una
rappresentazione);
- vale a dire che il ricordo immagine del mio amico si può
materializzare perché questo amico l’ho incontrato e c’è stata
un’esperienza sensibile e corporea;
- quindi la costruzione del ricordo immagine implica due cose → da
un lato che ci sia stata una situazione presente vissuta, dall’altro
tira sempre in gioco la memoria profonda (quella lastra fotografica
in cui si imprimono in maniera involontaria tutti i ricordi);
❖ il ricordo rappresenta l’intersezione tra lo spirito e la materia;
❖ l’oggetto montaliano è molto simile all’immagine bergsoniana perché in
esso convivono l’irriducibilità della materia e la risonanza (temporale e
mnemonica) che essa produce sull’io.
133

Il carnevale di Gerti

> Poesia che appartiene alla prima sezione dell’opera, che non ha un titolo ed è
densa di ritratti femminili.

> Questa poesia è stata scritta subito dopo aver chiuso Ossi di seppia →
dunque cronologicamente è una delle prime poesie di Le occasioni e ha molto a
che vedere con la poesia seguente, Dora Markus → infatti le due figure
femminili sono tra loro sovrapponibili, tant’è vero che M. in Dora Markus le
sovrappone davvero.
- Gerti l’aveva effettivamente conosciuta, Dora Markus no → Gerti è il
diminutivo di Gertrude ed era la fidanzata di Bobi Bazlen (intellettuale amico di
M.) → Gerti non è italiana e nella poesia non è precisata la sua provenienza ma
lo scenario di riferimento è quello della Mitteleuropa (probabilmente è originaria
dell’Austria).
- Gerti è appunto la figura collegata all’oggetto-emblema della poesia = il
piombo fuso.
- In Gerti si trova un riferimento a un tema cardine in Ossi di seppia e che si
mantiene in Le occasioni, ossia il tema del varco, della maglia rotta nella rete,
della possibilità del miracolo al di là della dura legge di necessità → spesso la
possibilità del miracolo e del varco è collegata a figure femminili (in Le occasioni
in maniera ancor più sistematica).

> La prima strofa descrive la situazione del carnevale fiorentino → Gerti sta at-
traversando in carrozza probabilmente il lungarno.

Se la ruota si impiglia nel groviglio E il Natale verrà e il giorno dell'anno


delle stesse filanti ed il cavallo che sfolla le caserme e ti riporta
s'impenna tra la calca, se ti nevica gli amici spersi e questo carnevale
fra i capelli e le mani un lungo brivido pur esso tornerà che ora ci sfugge
d'iridi trascorrenti o alzano i bambini tra i muri che si fendono già. Chiedi
le flebili ocarine che salutano tu di fermare il tempo sul paese
il tuo viaggio e i lievi echi si sfaldano che attorno si dilata? Le grandi ali
giù dal ponte sul fiume, screziate ti sfiorano, le logge
se si sfolla la strada e ti conduce sospingono all'aperto esili bambole
in un mondo soffiato entro una tremula bionde, vive, le pale dei mulini
bolla d'aria e di luce dove il sole rotano fisse sulle pozze garrule.
saluta la tua grazia - hai ritrovato Chiedi di trattenere le campane
forse la strada che tentò un istante d'argento sopra il borgo e il suono rauco
il piombo fuso a mezzanotte quando delle colombe? Chiedi tu i mattini
finì l'anno tranquillo senza spari1. trepidi delle tue prode lontane?

Ed ora vuoi sostare dove un filtro Come tutto si fa strano e difficile


134

fa spogli i suoni2 come tutto è impossibile, tu dici.


e ne deriva i sorridenti ed acri La tua vita è quaggiù dove rimbombano
fumi che ti compongono il domani; le ruote dei carriaggi senza posa
ora chiedi il paese dove gli onagri e nulla torna se non forse
mordano quadri di zucchero dalle tue mani in questi disguidi del possibile7.
e i tozzi alberi spuntino germogli Ritorna là fra i morti balocchi
miracolosi al becco dei pavoni3. ove è negato pur morire; e col tempo che ti
batte
(Oh, il tuo carnevale sarà più triste al polso e all'esistenza ti ridona,
stanotte anche del mio, chiusa fra i doni tra le mura pesanti che non s'aprono
tu per gli assenti: carri dalle tinte al gorgo degli umani affaticato,
di rosolio, fantocci ed archibugi, torna alla via dove con te intristisco
palle di gomma, arnesi da cucina quella che mi additò un piombo raggelato
lillipuziani: l'urna li segnava alle mie, alle tue sere:
a ognuno dei lontani amici l'ora torna alle primavere che non fioriscono8.
che il gennaio si schiuse e nel silenzio
si compì il sortilegio4. È carnevale
o il dicembre s'indugia ancora?5 Penso
che se muovi la lancetta al piccolo
orologio che rechi al polso, tutto
arretrerà dentro un disfatto prisma
babelico di forme e di colori...)6

1
Scatta il ricordo dell’episodio del piombo fuso mentre Gerti attraversa in
carrozza il lungarno durante il carnevale (rappresentato dalle stelle filanti, dalla
calca delle persone sui lungarni, dai coriandoli che nevicano, dai bambini che
suonano vari strumenti) → tutto questo porta in un mondo di fantasia, sospeso
→ è proprio la situazione dell’epifania involontaria.
- Al momento della composizione della poesia ancora non si presentiva in modo
così deciso l’arrivo della II Guerra Mondiale.
2
Una sorta di campana di vetro del mondo immaginario e del ricordo.
3
Nella bolla di vetro si coniugano in maniera favolosa i ricordi del paese di
origine della stessa Gerti (descritto qua quasi come un paese delle favole).
4
Intende il capodanno → è il momento in cui si fonde il piombo.
5
In questa sorta di bolla di vetro del ricordo si perdono le precise coordinate
temporali e tutto si mescola.
6
Nel tempo interiore della coscienza si possono rimettere indietro le lancette
dell’orologio e tutto può tornare liberamente a mescolarsi.
7
I disguidi del possibile sono proprio le maglie rotte nella rete, il varco, quel
qualcosa che inceppa il corso della normalità e il meccanismo determinato e
135

deterministico su cui si basano le leggi che governano l’universo → i disguidi del


possibile sono dunque questi momenti in cui è possibile sfuggire alle rigide
maglie della necessità e acceder a qualcosa di altro.
8
C’è da una parte il tempo misto del disguido del possibile e dall’altra c’è il
ritorno alla realtà, che è tragica consapevolezza del ritorno alla realtà.

> Di questa poesia sono importanti:


● la funzione dell’oggetto-emblema (il piombo fuso);
● l’idea della mescolanza del tempo interiore a contatto con l’oggetto-em-
blema che buca il tempo (è allo stesso tempo nel tempo e fuori dal
tempo);
● il disguido del possibile → è proprio grazie all’oggetto-emblema che è
possibile bucare il tempo e aprire un varco nella fitta maglia che racchiu-
de le nostre esistenze.

Dora Markus

> Poesia che fonde insieme la figura di Gerti con quella di un’altra donna (in
verità mai conosciuta da M.) che M. inizia più o meno nello stesso periodo di
Gerti ma che poi riprenderà e concluderà molto successivamente (la rivede
anche a ridosso della pubblicazione di Le occasioni → siamo quindi già
proiettati in quello scenario plumbeo che prelude alla II Guerra Mondiale).

> La dimensione della memoria è chiaramente sottolineata dall’incipit del verso


che apre la prima strofa → quel Fu ci porta già in un tempo lontano.
- Questo è un altro elemento interessante da notare → infatti, mentre Ossi di
seppia sono tutti giocati sostanzialmente sulla dimensione del presente (anche
se ci sono poesie con riferimento esplicito alla memoria, come Cigola la
carrucola del pozzo, Non recidere forbice quel volto e le poesie di Meriggi e
ombre, che però sono già più spostate verso l’area di Le occasioni),
l’estensione temporale di Le occasioni tende verso il passato.

Fu dove il ponte di legno Ormai nella tua Carinzia7


mette a porto Corsini1 sul mare di mirti fioriti e di stagni,
alto china sul bordo sorvegli
e rari uomini, la carpa che timida abbocca
quasi immoti, affondano o segui sui tigli, tra gl’irti
o salpano le reti. Con un segno pinnacoli le accensioni
della mano additavi del vespro e nell’acque un avvampo
all’altra sponda di tende da scali e pensioni.
invisibile la tua patria vera2. La sera che si protende
136

Poi seguimmo il canale sull’umida conca non porta


fi no alla darsena col palpito dei motori
della città, lucida di fuliggine, che gemiti d’oche e un interno
nella bassura dove s’affondava di nivee maioliche dice
una primavera inerte, allo specchio annerito che ti vide
senza memoria3. diversa una storia di errori
E qui dove un’antica vita imperturbati e la incide
si screzia in una dolce dove la spugna non giunge8.
ansietà d’Oriente, La tua leggenda, Dora!
le tue parole iridavano Ma è scritta già in quegli sguardi
come le scaglie di uomini che hanno fedine
della triglia moribonda4. altere e deboli9 in grandi
ritratti d’oro e ritorna
La tua irrequietudine ad ogni accordo che esprime
mi fa pensare l’armonica guasta nell’ora
agli uccelli di passo che abbuia, sempre più tardi10.
che urtano ai fari È scritta là. Il sempreverde
nelle sere tempestose5: alloro per la cucina
è una tempesta anche resiste, la voce non muta,
la tua dolcezza, Ravenna è lontana, distilla
turbina e non appare, veleno una fede feroce11.
e i suoi riposi sono anche più rari. Che vuole da te? Non si cede
Non so come stremata tu resisti voce, leggenda o destino...
in questo lago Ma è tardi, sempre più tardi12.
d’indifferenza ch’è il
tuo cuore; forse
ti salva un amuleto che tu tieni
vicino alla matita delle labbra,
al piumino, alla lima:
un topo bianco,
d’avorio; e così esisti!6

1
Siamo a Ravenna.
2
Intende la patria di origine di Dora Markus, che possiamo immaginare
anch’essa originaria della Mitteleuropa → la patria vera si connota come una
terra promessa cui si vorrebbe poter tornare.
3
Interessante il rapporto tra il Fu che apre la strofa e il senza memoria che la
chiude, a mettere in evidenza come ci sia sempre un rapporto dialettico tra la
memoria e l’oblio → questo rapporto dialettico è un elemento cardine dell’intera
raccolta.
4
L’immagine delle scaglie che brillano era presente anche in Meriggiare
137

pallido e assorto, dove si trovano le scaglie di mare, cioè il pezzetto di mare che
si intravede dalle fronde e che era l’elemento di speranza verso cui tendeva lo
sguardo del poeta.
- Qua le scaglie sono anche un probabile riferimento anche ai mosaici bizantini
che caratterizzano il mausoleo di Ravenna.
5
L’irrequietudine di Dora fa pensare agli uccelli che migrano tutti insieme e
spesso urtano i fari nelle sere tempestose.
6
L’oggetto-emblema in questo caso è un amuleto (oggetto della vita
quotidiana collegato a una figura femminile), che non è altro che un topino bianco
d’avorio che si trova nella borsetta di Dora → è proprio l’amuleto quell’oggetto
che è in grado, in qualche modo, di salvarla.
7
Compare nuovamente la regione d’origine di Dora, ossia la Carinzia, che si
trova in Austria.
- Ormai nella tua Carinzia → la donna è partita dall’Italia ed è tornata in patria →
anche in questo caso la terra d’origine è descritta attr. tratti idilliaci, quasi
favolistici.
8
Dall’esterno si passa all’interno della casa di Dora, alle cui pareti sono appesi
degli oggetti di maiolica e di avorio (come il topino, che quindi è connesso alla
sua origine e per questo motivo è garanzia d’esistenza) e anche i ritratti degli
antenati.
9
Riferimento alle basette lunghe tipiche degli uomini ebrei.
10
Ancora una volta il passato che riaffiora nel presente in alcuni particolari
momenti.
11
fede feroce → riferimento al nazismo.
12
Qua comincia a ess. abbastanza esplicito il tema dell’imminente addensarsi
della tragedia della II Guerra Mondiale (e cmq siamo già dentro il periodo delle
deportazioni).
138

La casa dei doganieri

> Cronologicamente appartiene un po’ allo stesso periodo de Il carnevale di


Gerti, però poi è stata più volte rivista e infine inserita da M. come prima poesia
nella sezione conclusiva della raccolta.

> La poesia presenta alcuni elementi già presenti nella sezione Meriggi e
Ombre di Ossi di seppia:
● innanzitutto è comune la donna = Annetta Arletta;
● presenta delle tangenze abbastanza evidenti con le poesie Incontro e
La casa sul mare.

> Nella quarta parte di Le occasioni si accentua moltissimo il rapporto dialettico


tra interno ed esterno (è anzi un elemento centrale).
- Della questione si era parlato già a partire dalla poesia incipitaria, Il balcone,
laddove il balcone è uno spazio liminare tra dentro e fuori ed esprime l’idea di
un limite tra interno ed esterno.
- Anche la stessa casa dei doganieri è ovviamente uno spazio liminare di per sé
→ infatti la dogana si trova sul confine, che è un limite, e lo spazio della dogana
è una sorta di terra di nessuno che divide uno spazio da un altro.
- In più questa casa dei doganieri si trova a strapiombo sulla scogliera
(posizione liminare dialettica tra mare e terra).
- Inoltre la poesia gioca sul rapporto tra l’interno e l’esterno della casa.

> Centrale nella poesia è anche il tema della memoria → o meglio il tema di una
memoria che non fa il suo lavoro o quanto meno non lo fa nella maniera
tradizionale:
❖ secondo la tradizione petrarchesca, la memoria ha valore in quanto
consente di unire il passato e il presente, convocando nel presente tutto
ciò che è passato e che quindi è assente → la memoria petrarchesca è
una sorta di sutura rispetto all’assenza;
❖ questo tipo di memoria va in frantumi nel periodo del classicismo mo-
derno → non è più attivo né in Ungaretti né in M. → infatti sono più fre-
quenti i casi di affermazione dell’inefficacia del ricordo che quelli invece
in cui il ricordo funziona in maniera attiva.

Tu non ricordi la casa dei doganieri Ne tengo ancora un capo7; ma s'allontana


sul rialzo a strapiombo sulla scogliera: la casa e in cima al tetto la banderuola
desolata t'attende dalla sera1 affumicata gira senza pietà8.
in cui v'entrò lo sciame dei tuoi pensieri Ne tengo un capo; ma tu resti sola
e vi sostò irrequieto2. né qui respiri nell'oscurità9.

Libeccio sferza da anni le vecchie mura Oh l'orizzonte in fuga, dove s'accende


e il suono del tuo riso non è più lieto3: rara la luce della petroliera!10
139

la bussola va impazzita all'avventura4 Il varco è qui?11 (Ripullula il frangente


e il calcolo dei dadi più non torna. ancora sulla balza che scoscende ...)
Tu non ricordi; altro tempo frastorna Tu non ricordi la casa di questa
la tua memoria5; un filo s'addipana6. mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.

1
Nella prima strofa si ha subito l’opposizione tra interno ed esterno → la
casa dei doganieri (che viene descritta dall’esterno perché si trova a rialzo sulla
scogliera) vs l’interno della casa, dove a un certo punto una sera era entrata la
donna.
2
Perché la donna non ricorda? → lo capiremo più avanti.
3
Il libeccio sferza da anni le vecchie mura della casa, che è lì da molto
tempo e dalla quale, evidentemente, la donna è assente da molto tempo.
4
La bussola indica la direzione → il fatto che vada impazzita all’avventura vuol
dire che non è più possibile capire la direzione in cui andare ed esprime un
momento di confusione (infatti non torna nemmeno il calcolo dei dadi) → siamo
cioè in un momento che non risponde più alla logica tradizionale.
5
Altro tempo frastorna la tua memoria perché chiaramente la donna è passata
a un’altra sponda, cioè non è più in vita → dunque non può ricordare e dunque
è assente dalla casa dei doganieri e dunque lo sciame dei suoi pensieri è fuori
dalla casa.
6
L’immagine del filo che si addipana dà proprio l’idea dell’immagine
bergsoniana del gomitolo del tempo → il filo è strettamente intrecciato e non
può più ess. srotolato, proprio perché l’unico a tenerne un capo è il poeta.
7
È però l’unico capo, perché non c’è più la donna a tenere l’altro e a
svolgere in maniera ordinata il filo dei ricordi.
8
La banderuola è quella che segna la direzione del vento → gira senza pietà =
gira in tutte le direzioni → questo oggetto (assieme alla bussola e ai dadi)
testimonia ancora come sia un momento di smarrimento e di sospensione delle
coordinate logiche della realtà.
9
La donna non c’è più, non risponde, non può ess. invocata e convocata,
non ritorna → la memoria non è petrarchescamente sutura dell’assenza e
possibilità di ricordare la donna amata ma è semmai disorientamento, qualcosa
che non funziona più e che impazzisce.
10
Di nuovo il mare (con valore sempre positivo) che si estende all’orizzonte e
dove si percepisce una luce in lontananza.
11
Guardando il mare sembra che possa aprirsi un varco e che possa esserci
un disguido del possibile, la possibilità di un miracolo a interrompere la legge di
necessità, che ci sia modo di poter in qualche modo accedere a qualcosa di
diverso.
140

Nuove stanze

> Poesia in cui è presente la figura di Clizia (è la protagonista) (che entra nella
raccolta a partire dai Mottetti, anche se in maniera non completamente esplici-
ta).

> È una delle ultime poesie composte → siamo veramente a ridosso dell’uscita
del libro (1938-39) → infatti si presente come imminente la tragedia della II
Guerra Mondiale (ormai è cosa certa e si sente arrivare alle porte).

> La poesia è ambientata in una stanza ed è centrale il rapporto dialettico tra in-
terno ed esterno → in questo caso l’interno rappresenta un ambiente protettivo,
in cui è ancora possibile pensare e cercare di interpretare in maniera lucida ciò
che sta accadendo, mentre l’esterno è caratterizzato dal senso di minaccia per
una tragedia irrazionale che sta per compiersi.

Poi che gli ultimi fili di tabacco Il mio dubbio d’un tempo era se forse
al tuo gesto si spengono nel piatto tu stessa ignori il giuoco che si svolge
di cristallo1, al soffitto lenta sale sul quadrato e ora è nembo alle tue porte5:
la spirale del fumo follia di morte non si placa a poco
che gli alfieri e i cavalli degli scacchi prezzo, se poco è il lampo del tuo sguardo,
guardano stupefatti; e nuovi anelli ma domanda altri fuochi, oltre le fitte
la seguono, più mobili di quelli cortine che per te fomenta il dio
delle tue dita2. del caso, quando assiste6.

La morgana che in cielo liberava Oggi so ciò che vuoi; batte il suo fioco
torri e ponti è sparita tocco la Martinella7 ed impaura
al primo soffio; s’apre la finestra le sagome d’avorio in una luce
non vista e il fumo s’agita3. Là in fondo, spettrale di nevaio8. Ma resiste
altro storno si muove: una tregenda e vince il premio della solitaria
d’uomini che non sa questo tuo incenso, veglia chi può con te allo specchio ustorio
nella scacchiera di cui puoi tu sola che accieca le pedine opporre i tuoi
comporre il senso4. occhi d’acciaio9.

1
Vediamo già un oggetto prezioso = piattino di cristallo.
2
Gli anelli di fumo sono paragonati agli anelli che Clizia ha alle dita (ancora
un elemento prezioso) → spesso le donne in M. sono descritte attr. oggetti
magici e preziosi che le circondano → in questo caso gli anelli fanno riferimento
anche a un mondo magico-rituale perché Clizia compie un’azione quasi di
previsione del futuro (la situazione sembra avere quasi carattere
magico-rituale).

- Letteralmente cosa sta facendo la donna? → Clizia sta fumando una sigaretta,
141

la spegne nel posacenere e dalla sigaretta esce il fumo in spirali di fumo


sempre più grandi → il fumo si addensa sotto il soffitto e le spirali di fumo
sembrano disegnare sul soffitto quasi dei mondi e degli scenari immaginari, che
le pedine della scacchiera guardano stupefatti.
- Da notare come il gioco degli scacchi sia tradizionalmente legato all’esercizio
dell’intelligenza e della razionalità → gli scacchi sono un gioco di intelligenza
che segue delle regole estremamente razionali, tant’è vero che nell’opera
letteraria la scacchiera ha spesso la funzione di indicare il predominio della
razionalità.
3
La morgana = il miraggio disegnato dalle spirali di fumo, che sembra quasi
sprigionare il miraggio di una città ideale (speculare alla scacchiera) →
d’improvviso però tutto questo sparisce perché dalla finestra aperta entra
dell’aria che disperde il fumo (il quale aveva dato vita al miraggio) → questo
vale a dire che qualcosa dall’esterno entra all’interno come una minaccia,
disperdendo il miraggio.
- Rapporto interno-esterno → l’interno è uno spazio chiuso, sicuro, dove si può
ancora esercitare la razionalità vs l’esterno è spesso luogo di minaccia.
4
All’esterno si muove non uno stormo di uccelli migratori ma una tregenda
d’uomini = un consesso quasi infernale di uomini → è un termine con cui si
indicava un convegno notturno di diavoli, spiriti e streghe.
- Questi uomini non conoscono l’incenso di Clizia → prima facevamo riferimento
alla situazione quasi magico-rituale della prima strofa, in cui Clizia è agghindata
con tutti i suoi amuleti, ha di fronte a sé la scacchiera, il fumo assomiglia a
quello dell’incenso e lei è l’unica che può dominare il senso, che può ancora
comprendere ed esercitare appieno la ragione, che è ancora a salvaguardia
della ragione a fronte della tregenda d’uomini che incombe all’esterno come
una minaccia.
5
Durante Le occasioni non sono poche le volte in cui il poeta mette in dubbio
i poteri di Clizia → questo dubbio è sciolto e vanificato perché Clizia è
consapevole del gioco che si svolge sul quadrato e ora è tempesta che
minaccia dall’esterno → tra l’altro il gioco degli scacchi mette in scena una sorta
di guerra e quindi è in rapporto positivo e dialettico alla guerra che incombe da
fuori, perché la battaglia che viene inscenata sulla scacchiera è improntata a
dei principi di razionalità e di senso, mentre ciò che si prepara fuori è dominato
dall’irrazionalità, dalla violenza e dal senso di tragedia e minaccia.
6
La follia di morte che incombe alle porte non si placa con poco, ma chiede
qualcosa in più dello sguardo di Clizia (che di per sé non è poco), sperando che
il caso gli sia amico e possa assistere → cioè ci vuole veramente non solo
l’impegno di Clizia ma forse anche il caso che lei può suscitare per riuscire a
opporsi a questa così pressante minaccia.
142

7
La Martinella è la campana che si trova a Palazzo Vecchio e che suona in
caso di pericolo.
8
Spesso la neve e queste figure scricchiolanti legate al ghiaccio fanno intuire
una minaccia di tipo mortifero e infernale.
9
Può resistere in qualche modo alla tempesta e allo scenario di morte e di
follia che si prefigurano soltanto chi è alleato con Clizia e può opporre alla
tragedia imminente lo sguardo d’acciaio di Clizia, laddove invece le pedine
(ossia coloro che non capiscono la tragedia che sta arrivando) sono impotenti
perché accecate (non riescono a comprendere la gravità di ciò che si prepara
nel futuro).
- In questo punto M. riprende una posizione che era già stata espressa in Ossi
di seppia → solo il poeta è colui che si rende conto di cosa c’è alle sue spalle e
si preoccupa di guardare l’ombra → M. ancora una volta recupera una funzione
importante per il poeta, il quale è capace di rendersi conto di una serie di cose e
di intendere il messaggio di Clizia e quindi di opporsi alla follia che sta per
distruggere l’interno della casa e che, per estensione, sta per portare morte e
distruzione nella storia → Clizia appunto rappresenta anche quella possibilità e
quella fiducia nella cultura umanistica che è l’ultimo baluardo rimasto a difesa
nella barbarie che si sta per scatenare → Clizia è garanzia di quei valori etici e
morali che si possono ancora opporre alla catastrofe e che d’altronde sono
l’unica possibilità per contrastare e resistere a ciò che sta accadendo.

9 NOV. 2021

La primavera hitleriana

> Questa poesia fa parte di La bufera e altro, raccolta composita pubblicata nel
1956 (dunque a grande distanza da Le occasioni).
- Il periodo tra la seconda edizione di Le occasioni e la pubblicazione di La
bufera e altro non è silente → M. infatti fa uscire in modo sparso (o su rivista o
in plaquette) diverse poesie prima di inserirle nella raccolta definitiva.
- M. inoltre prosegue anche la sua attività intellettuale, per quanto riguarda sia
la critica letteraria sia la collaborazione a giornali e quotidiani (da ricordare è la
collaborazione con Il corriere della sera, motivo per cui si trasferisce da Firenze
a Milano).
- Nel frattempo scrive anche una serie di testi in prosa, raccolti successivamen-
te in un volume appositamente dedicato alle prose montaliane.
143

> La bufera e altro ha dunque una gestazione molto lunga → M. comincia a


comporre le poesie subito dopo la seconda edizione di Le occasioni o
addirittura anche prima → questo lo dice un po’ anche il titolo stesso:
● la bufera è quella della II Guerra Mondiale;
● altro indica quello che accade dopo → ci sono infatti poesie molto
importanti che testimoniano del periodo della ricostruzione nel secondo
dopoguerra.

> M. comincia a comporre La primavera hitleriana nel 1939 → la poesia è dun-


que contigua (anche tematicamente) a Nuove stanze e consente di definire me-
glio l’evoluzione della figura di Clizia (che non viene praticamente mai nominata
in Le occasioni, mentre viene nominata in La bufera e nelle opere successive).

Piccola parentesi biografica

> Clizia è Irma Brandeis, donna molto colta, studiosa di letteratura


italiana, di origini tedesche.
- M. la conosce a Firenze mentre lavorava al Gabinetto Viesseux →
Irma un giorno si presentò nello studio di M. presso il Gabinetto con
una copia di Ossi di seppia, chiedendo al poeta di autografargliela →
ne segue un rapporto mentre i due si trovavano a Firenze e poi un
rapporto epistolare quando la donna fece ritorno negli Stati Uniti.
- La pubblicazione del carteggio ha consentito di chiarire molti luoghi
testuali delle poesie di M.

> La contiguità tra La primavera hitleriana e Nuove stanze è testimoniata anche


dalla posizione che La primavera hitleriana occupa nella raccolta →
originariamente era stata pensata per stare all’inizio di La bufera, poi però M.
ritorna più volte sul testo che aveva abbozzato nel 1939 e sposta il testo nella
sezione Silve.
- La poesia si riferisce a un evento effettivamente accaduto nel 1938, ossia la
visita di Hitler a Firenze.
144

Folta la nuvola bianca delle falene impazzite


turbina intorno agli scialbi fanali e sulle spallette,
stende a terra una coltre su cui scricchia
come su zucchero il piede; l’estate imminente sprigiona
ora il gelo notturno che capiva
nelle cave segrete della stagione morta,
negli orti che da Maiano scavalcano a questi renai1.

Da poco sul corso è passato a volo un messo infernale


tra un alalà di scherani2, un golfo mistico acceso
e pavesato di croci a uncino l’ha preso e inghiottito3,
si sono chiuse le vetrine, povere
e inoffensive benché armate anch’esse
di cannoni e giocattoli di guerra4,
ha sprangato il beccaio che infiorava
di bacche il muso dei capretti uccisi5,
la sagra dei miti carnefici6 che ancora ignorano il sangue
s’è tramutata in un sozzo trescone d’ali schiantate7,
di larve sulle golene8, e l’acqua séguita a rodere
le sponde e più nessuno è incolpevole9.

Tutto per nulla, dunque? – e le candele


romane, a San Giovanni, che sbiancavano lente
l’orizzonte, ed i pegni e i lunghi addii
forti come un battesimo nella lugubre attesa
dell’orda (ma una gemma rigò l’aria stillando
sui ghiacci e le riviere dei tuoi lidi
gli angeli di Tobia, i sette, la semina
dell’avvenire) e gli eliotropi nati
dalle tue mani – tutto arso e succhiato
da un polline che stride come il fuoco
e ha punte di sinibbio…10

Oh la piagata
primavera11 è pur festa se raggela
in morte questa morte!12 Guarda ancora
145

in alto, Clizia, è la tua sorte13, tu


che il non mutato amor mutata serbi14,
fino a che il cieco sole che in te porti
si abbàcini nell’Altro e si distrugga
in Lui, per tutti15. Forse le sirene, i rintocchi
che salutano i mostri nella sera
della loro tregenda, si confondono già
col suono che slegato dal cielo, scende, vince16 –
col respiro di un’alba che domani per tutti
si riaffacci17, bianca ma senz’ali
di raccapriccio18, ai greti arsi del sud…19

1
L’immagine è definibile come “perturbante”, perché sono chiaramente
individuabili in questa strofa dei cattivi presagi di sventura, che ci portano al
tema della poesia, ossia la guerra imminente.
- Quali sono questi segni negativi? → le falene impazzite e il gelo (siamo ormai
prossimi alla fine dell’inverno, quindi la temperatura dovrebbe farsi più mite ma
invece il gelo permane).
2
Si tratta di Hitler, che sfila lungo le vie della città in mezzo ai soldati
schierati.
3
Si tratta del palco che era stato allestito, illuminato e decorato coi simboli
nazisti.
4
È un giorno di festa, quindi i negozi in città sono chiusi → anche la
rappresentazione dei negozi è caratterizzata da presagi di morte → per es.
nelle vetrine, che sono povere e inoffensive, si vendono i giocattoli di guerra e
di cannoni → come precisa il verso finale, nessuno è incolpevole perché in
questo contesto (e soprattutto nella retorica del regime nazi-fascista) si
incentivano i bambini fin dall’infanzia a coltivare i valori della virilità, della
guerra, della battaglia.
5
Siamo a primavera e si avvicina la Pasqua, per cui le vetrine sono piene
anche di capretti → anche il capretto ucciso è un presagio di morte (e non certo
di innocenza), perché è un animale che viene sacrificato.
6
Coloro che si trasformeranno in carnefici sono ancora miti (la guerra ancora
non è cominciata) → in qualche modo però sono già in parte carnefici in quanto
sono lì che acclamano Hitler e dunque stanno preparando il futuro che verrà.
7
Torna qui l’immagine delle ali schiantate e dunque delle falene impazzite →
questa qualificazione di “impazzita” si trovava già in La casa dei doganieri, dove
sta a indicare un momento di disorientamento e confusione → non si riesce,
attr. l’esercizio della razionalità, a trovare e comporre un senso.
8
Le golene sono gli argini dell’Arno.
146

9
Nessuno è completamente esente da colpe perché ognuno, seppur in
diversa misura, sta partecipando alla preparazione della catastrofe.
10
Tutto quello che c’è di buono e che avrebbe potuto contrastare la tragedia
imminente è stato vano? → M. qui elenca tutta una serie di elementi
emblematici collegati a un orizzonte positivo e anche alla liturgia cattolica →
nella lunga parentesi fa riferimento in maniera più diretta a simboli di origine
religiosa.
- eliotropi = girasoli → riferimento diretto a Clizia, che nella mitologia è la ninfa
trasformata in girasole.
- sinibbio = vento proveniente dal nord → in generale il vento che proviene dal
nord nel macrotesto montaliano ha un significato negativo.
11
Nella prima strofa la primavera era piagata dall’improvviso riemergere del
freddo → qua è piagata anche dall’imminente passaggio della guerra e della
morte → si vede dunque come nella prima strofa siano contenuti dei presagi di
morte che sono poi ripresi nel corso del testo.
12
È una festa per modo di dire perché è una festa mortifera.
13
Riferimento diretto a Clizia e al suo potere di opporsi a tutto questo.
- La sorte della ninfa Clizia è quella di guardare in alto fissa verso il sole.
14
Riferimento alle rime dantesche (anche se l’attribuzione è incerta), dove
Dante fa riferimento a colei che guarda fissa in alto il sole e il non mutato amor
mutata serbi, perché appunto la ninfa Clizia era innamorata del sole e continua a
conservare l’amore per il sole nonostante sia stata tramutata in girasole.
15
Clizia dunque ha valore salvifico rispetto all’umanità, è a lei che è
demandata la possibilità di salvezza.
16
Nella parte finale della poesia inserisce un elemento di speranza verso il
futuro (infatti M. comincia la poesia nel 1939 ma poi la riprende più tardi, perciò
già conosce l’esito della storia).
- I mostri sono Hitler e tutta la sua schiera, i suoi sostenitori.
17
La speranza è quella che ritorni l’alba dopo la notte terribile della sciagura
della guerra.
18
Di nuovo ritorna il riferimento alle falene impazzite e schiacciate, che in
precedenza erano state presagio di morte → perciò la speranza è che ci sia un
domani senza presagi e segni di morte.
19
In genere per M. il sud come punto cardinale ha valore positivo.

> Clizia (stavolta nominata esplicimente) è nuovamente colei che è posta a


baluardo della salvezza dell’umanità, che ha quantomeno la possibilità di
intercedere per tutta l’umanità.
- Si vede dunque come, laddove in Nuove stanze il poeta cerca di opporre il suo
147

sguardo d’acciaio e spera che il caso venga in soccorso di Clizia ma cmq ha


fiducia in lei perché è in grado di comporre il senso, in La primavera hitleriana si
passi dalla speranza a una invocazione esplicita del potere di Clizia di farsi
mediatrice della salvezza dell’umanità.

Mottetti

> I mottetti sono delle composizioni brevi, legate a un genere musicale della
nostra tradizione medievale e rinascimentale, in genere di argomento amoroso
→ hanno una forma breve e non hanno un titolo (come gli Ossi).
- Mottetti è la seconda sezione di Le occasioni.

- I Mottetti sono caratterizzati soprattutto dalla dialettica presenza-assenza →


assenza della donna, di un segno, di un prodigio, di un amuleto, di qualcosa
che possa conferire senso alla realtà o che per lo meno possa costituire una
speranza di varco, di disguido del possibile, di miracolo.

Lo sai: debbo riperderti e non posso.


Come un tiro aggiustato mi sommuove
ogni opera1, ogni grido e anche lo spiro
salino che straripa
dai moli e fa l'oscura primavera
di Sottoripa2.

Paese di ferrame e alberature3


a selva nella polvere del vespro.
Un ronzìo lungo viene dall'aperto,
strazia com'unghia ai vetri. Cerco il segno
smarrito, il pegno solo ch'ebbi in grazia
da te4.
E l'inferno è certo.

1
Cioè come un colpo sparato che deve raggiungere il bersaglio → l’immagine è
quella del proiettile che viene deviato dalla sua traiettoria.
2
Siamo a Genova nella parte di Sottoripa, quei vicoli che si affacciano sul porto
antico.
3
Indica il ferro e gli alberi delle navi del porto di Genova.
4
Ancora una volta torna l’idea di un amuleto connesso alla figura femminile e
che costituisce un segno, cioè un varco di accesso alla maglia rotta nella rete.
148

La speranza di pur rivederti


m’abbandonava1;

e mi chiesi se questo che mi chiude


ogni senso di te, schermo d’immagini,
ha i segni della morte o dal passato
è in esso, ma distorto e fatto labile,
un tuo barbaglio2:

(a Modena, tra i portici,


un servo gallonato trascinava
due sciacalli al guinzaglio).

1
Di nuovo gioca sulla dialettica assenza-presenza.
2
Immagine legata al quotidiano → l’evento che è associato a un momento di
interrogazione riguardo alla donna e al fatto se sia possibile rinvenire un
barbaglio, un segno, un’illuminazione della donna nel passato.
- schermo d’immagini = l’apparenza consueta di cui è fatta la realtà.
- barbaglio = lampo, illuminazione improvvisa, epifania capace di illuminare il
presente e di indicare un varco → alla donna è dunque associata la luce
improvvisa, laddove il lampo e la luce hanno a che fare con l’epifania e la
possibilità di una rivelazione.

Ecco il segno1; s’innerva


sul muro che s’indora:
un frastaglio di palma
bruciato dai barbagli dell’aurora2.

Il passo che proviene


dalla serra sì lieve,
non è felpato dalla neve, è ancora
tua vita, sangue tuo nelle mie vene3.

1
Si torna di nuovo al segno e al suo legame con la donna e alla possibilità di
comporre il senso.
2
L’immagine è quella di una luce che si stampa sul muro attraversando le
palme illuminate dalla luce dell’aurora → si tratta dunque di un evento che si fa
segno.
- Anche qua è presente l’elemento del barbaglio e della luce improvvisa.
3
Il segno in questo caso consiste in un raggio di luce che filtra sul muro che
riaccende l’immagine della donna.
149

Ti libero la fronte dai ghiaccioli


che raccogliesti traversando l’alte
nebulose; hai le penne lacerate
dai cicloni, ti desti a soprassalti1.

Mezzodì: allunga nel riquadro il nespolo


l’ombra nera, s’ostina in cielo un sole
freddoloso; e l’altre ombre che scantonano
nel vicolo non sanno che sei qui2.

- Questo mottetto è aggiunto nella seconda edizione di Le occasioni, per cui la


composizione è più tarda rispetto agli altri → infatti qua già si delinea in maniera
più precisa la figura di Clizia come donna-angelo (immagine che si configurerà
in maniera completa in La primavera hitleriana).
1
Chiara allusione alla figura della donna come angelo, che infatti proviene dai
cieli lontani (alte nebulose) e ha le penne lacerate dalle guerre (i cicloni) e che
attraversa il cielo per arrivare a terra dal poeta.
2
Gli altri uomini (l’altre ombre) che non si voltano e continuano per la loro strada
non sanno che la donna è presente (il poeta invece lo sa).

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