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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIUME/RIJEKA

FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA

Corso di Letteratura italiana contemporanea

Cesare Pavese – Il carcere

Letteratura italiana contemporanea


Relatore: dr. sc. Gianna Mazzieri Sanković
Studentessa: Ana Dugandžić
Anno accademico: 2023/2024

Fiume, 7 dicembre 2023


Indice

1. INTRODUZIONE………………………………………………………. 2
2. CESARE PAVESE……………………………………………………… 3
2.1. Vita……………………………………………………………….. 3
2.2. Opere e formazione letteraria…………………………………….. 4
2.3. Cesare Pavese e il mito…………………………………………… 5
3. IL CARCERE…………………………………………………………….7
3.1. Riassunto…………………………………………………………..8
3.2. Analisi dell’ultimo capitolo………………………………………. 9
4. CONCLUSIONE……………………………………………………….. 10
5. BIBLIOGRAFIA……………………………………………………….. 11

1
1. INTRODUZIONE

In questo seminario tratterò di uno degli autori più noti del periodo letterario del Novecento.
Nel mondo della letteratura, il XX secolo è stato il secolo della massima assunzione di rischi, della
sperimentazione fino al limite, dell’erosione della funzione della scrittura e delle sue tradizioni, per
poi ripristinarla ancora e ancora1. La letteratura del Novecento è caratterizzata da una varietà di stili,
temi e approcci artistici, che riflettono le tensioni sociali e le trasformazioni dei tempi e lasciano un
segno indelebile nella cultura e nella letteratura mondiale 2. Alcuni importanti movimenti letterari
del XX secolo in Italia sono il Futurismo, il Neorealismo e il Postmodernismo. Il Neorealismo è un
movimento letterario che si è sviluppato dopo la Seconda guerra mondiale, cioè dal 1943 al 1948-
49. Nasce dai giornali clandestini durante la guerra partigiana, dalle cronache e dalle testimonianze
sulla guerra e sul dopoguerra e soprattutto da un bisogno di comunicare riguardo le esperienze
concrete vissute in questi anni drammatici. Nel Neorealismo prevale il tema dell’impegno, ma esso
è anche sentito come spontanea esigenza morale, prima ancora che come progetto politico. 3

Gli scrittori neorealisti, come Cesare Pavese e Italo Calvino sono stati i più noti di quel periodo e si
concentrarono sulle condizioni politiche e sociali italiane, descrivendo la vita quotidiana, la povertà
e le difficoltà del dopoguerra.

1
Cfr. sito internet: Treccani, https://www.treccani.it/enciclopedia/introduzione-alla-letteratura-del-novecento_%28Storia-della-
civiltà-europea-a-cura-di-Umberto-Eco%29/ (consultato il 2 dicembre 2023)

2
Cfr. sito internet: Libri e parole, https://librieparole.it/classici-letteratura/2271/neorealismo-letterario-caratteristiche/ (consultato il 2
dicembre 2023)
3
Cfr. AA.VV. R. Luperini, P. Cataldi, L. Marchiani, F. Marchese: La scrittura e l’interpretazione 6 – Modernità e contemporaneità
(dal 1925 ai nostri giorni), G.B. Palumbo, Palermo, 2011, p. 62

2
2. CESARE PAVESE

2.1. Vita

Cesare Pavese nacque il 9 settembre dell’anno 1908 a Santo Stefano Belbo, in provincia di
Cuneo (Piemonte) da una famiglia piccolo-borghese, originaria delle Langhe 4. Visse
prevalentemente a Torino, dove si laureò in lettere nel 1932. Determinante per i suoi studi e la
formazione dell’autore fu l’incontro con Augusto Monti, uomo di cultura e antifascista, che Pavese
ebbe come insegnante. È stato anche traduttore per narratori americani come Melville, Dos Passos,
Faulkner, ecc. Trovò lavoro presso la casa editrice Einaudi, che all’epoca aveva una vasta influenza
e con il suo lavoro si distinse nello sviluppo della moderna cultura democratica. 5 Le sue competenze
traduttive vennero messe alla prova collaborando con la rivista ‘La Cultura’. Il suo impegno
culturale e politico fu interrotto dall’arresto nel maggio 1935 con una pena di tre anni in prigione.
Fu imprigionato in Cabria dove fu condannato da un tribunale fascista per motivi politici. Graziato
però nel 1936, ritornò a Torino dove continuò il suo lavoro culturale e lavorò nella casa editrice
Einaudi. Nel dopoguerra la sua attività di narrazione e di promozione culturale lo resero una figura
di spicco tra gli intellettuali italiani. La sua vita fu dominata da un profondo senso di solitudine e di
un vuoto profondo, che rafforzò dopo la fine delle sue esperienze sentimentali, durante gli ultimi
anni di college.6 Nel 1942 venne assunto come dipendente della casa editrice, poi trascorse un
periodo a Roma e si rifugiò durante l’occupazione tedesca in un paese del Monferrato, insieme a
sua sorella, osservando con dispiacere gli avvenimenti della Resistenza. Dopo la Liberazione aderì
al Partito comunista e iniziò a collaborare con L’Unità. Seguirono anni di intenso lavoro, durante i
quali scrisse e pubblicò le sue opere di maggior successo e nel 1950 ricevette il Premio Strega – uno
dei riconoscimenti più prestigiosi dell’epoca. Fu trovato morto in un albergo a Torino per overdose
di sonniferi il 27 agosto 1950.7

4
Cfr. AA.VV. R. Luperini, P. Cataldi, L. Marchiani, F. Marchese: La scrittura e l’interpretazione 6 – Modernità e contemporaneità
(dal 1925 ai nostri giorni), G.B. Palumbo, Palermo, 2011, p.317

5
Cfr. AA.VV. R. Luperini, P. Cataldi, L. Marchiani, F. Marchese: La scrittura e l’interpretazione 6 – Modernità e contemporaneità
(dal 1925 ai nostri giorni), G.B. Palumbo, Palermo, 2011, p.317

6
Cfr. AA.VV. C. Siviero, A. Spada: Nautilus – Dalla fine dell’Ottocento alla fine del Novecento, G.B. Zanichelli, Bologna, 2000,
p.561

7
Cfr. sito internet: Treccani: https://www.treccani.it/enciclopedia/cesare-pavese/ (consultato il 3 dicembre 2023)
3
2.2. Opere e formazione letteraria

Cesare Pavese iniziò a scrivere abbastanza presto, le sue prime poesie e racconti furono
scritti tra il 1921 e il 1921, ma furono pubblicati dopo la sua morte e ora sono stati raccolti e
formano una raccolta intitolata Ciau Masino.8 Pubblicò il suo primo libro, Lavorare Stanca nel
1936, una poesia-racconto ambientata nella periferia di Torino, dove i protagonisti sono giovani
contadini inurbati. Successivamente, Pavese stesso ne ha dato una sintesi, definendola come
l’avventura di un giovane orgoglioso della sua campagna, che immagina la stessa città, ma ritrova lì
la solitudine e la supera con il sesso e la passione, che servono solo a sradicarlo e gettarlo lontano
da casa e dalla città, in una solitudine più tragica, quella della fine dell’adolescenza. 9 Con questo
libro Cesare Pavese già anticipa motivi e toni che diventeranno poi costanti nella sua arte come i
temi della giovinezza, dell’attrazione condivisa tra i due poli, delle differenze tra le città e
campagne, ecc. La sua esistenza diventa un doloroso esame del proprio carattere e delle relazioni
con gli altri, segnata da una lotta incessante per l’affermarsi genuinamente umano e influente, e
dove maggiore è la fiducia e la sicurezza di sé acquisite, maggiori sono le opportunità per lui. Nei
suoi testi accentua la ricerca delle connessioni umane, gli incontri con la realtà quotidiana, la
rappresentazione nel mondo della campagna da cui proviene, per proteggersi dalla meccanicità della
vita urbana e dalla solitudine interiore ma anche dall’idea sintetica della morte. 10 Gran parte delle
opere di Pavese sono dominate da riferimenti alla sua infanzia, vissuta in parte nelle campagne delle
Langhe: l’infanzia e il mondo rurale rappresentano un passato primordiale, racchiuso al suo interno
tracce di un evento primordiale e unico, di cui non è possibile identificare i personaggi, ma che la
scrittura e la riflessione cercano di riscoprire e ripetere. Il paesaggio piemontese è legato ai
fondamenti primordiali della terra, ai ritmi inesorabili della natura, alle varietà eterne della nascita e
della morte: di esse e nelle attività della vita contadina del periodo leggendario, sempre uguale,
estraneo ai movimenti della storia, carico di fascino segreto e pericoloso. La città nei testi di Pavese
simboleggia il movimento, l’azione, la costruzione e il lavoro che trasforma le cose e ci allontana
dalla natura e dalla vita contadina. Il rapporto tra città e campagna è contradditorio tra loro perché
gli elementi positivi e negativi si intrecciano in entrambe. Nelle campagne la natura rivela la sua
intrinseca vitalità, ma allo stesso tempo si afferma come forza cieca, crudele e omicida. Dall’altra

8
Cfr. G. Petronio: La nuova attività letteraria in Italia, G.B. Palumbo, Palermo, 2000, p.561

9
Cfr. AA.VV. R. Luperini, P. Cataldi, L. Marchiani, F. Marchese: La scrittura e l’interpretazione 6 – Modernità e contemporaneità
(dal 1925 ai nostri giorni), G.B. Palumbo, Palermo, 2011, p.318

10
Cfr. M. Pazzaglia: Letteratura italiana 4 - Il Novecento, G.B. Zanichelli, Bologna, 1992, p.876
4
parte nella città l’uomo si costruisce come entità sociale e civile, in un’impresa di trasformazione
delle cose, ma allo stesso tempo si perde nell’artificio, nell’accumulazione delle cose, in una vita
che perde sempre più valore. Come già detto, il suo lavoro letterario cominciò con la poesia ma
subito dopo si dedicò alla scrittura di prosa. Tra le opere più note si trovano: La casa in collina
(1949) che è il secondo romanzo della ‘Trilogia della Solitudine’ e racconta la storia di un
intellettuale torinese in esilio durante l’era del fascismo, che si rifugia nelle Langhe (colline
piemontesi da dove deriva la sua famiglia) e riflette sulla sua solitudine e sulla ricerca di un senso di
appartenenza.11 Detto questo, quest’opera possiamo collegare direttamente al tipico stile di Pavese
dove esplora e spiega il bisogno degli umani che si combattono in sé stessi fra l’approfondimento
dell’angoscia e dalla solitudine dell’io e il desiderio di impegnarsi nella creazione di una società
nuova e di una più autentica civiltà. Il compagno (1947) è un romanzo ambientato nel periodo
dell'antifascismo e della Resistenza. Questo romanzo racconta la storia di un intellettuale comunista
arrestato dalla polizia fascista. In esso è presente una riflessione profonda sul senso di colpa e sulla
resistenza personale in un contesto politico difficile. Il mestiere di vivere, l’opera scritta nel 1952, è
una raccolta dei suoi diari, pubblicata postuma, che offre un'intima e profonda riflessione
sull'esistenza, sull'arte e sui tormenti interiori di Pavese. 12 Dà anche un valore storico, ma anche
umano perché rappresenta un'autobiografia spirituale dell'autore. 3

2.3. Cesare Pavese e il mito

Dietro lo schema realistico dei libri di Pavese come le colline piemontesi, Torino, la guerra e le lotte
partigiane, si nasconde un altro contenuto di cui lo scrittore era consapevole e lo definì chiaramente
in suoi libri: nel suo diario Professione vivente (1952, postumo) e in un suo volume, Dialoghi con
Leucò (1947). L’essenza dell’arte, scrisse Pavese, è un “mito”, cioè “un evento accaduto una volta
per tutte; quindi, pieno di significato e sempre lo sarà”. 13 Il Mito che è proprietà della gioventù delle
persone e del mondo, ma poi anche di ogni persona e l'umanità e lo ritroveranno poi, da adulta, e
cercheranno di decodificarlo. L’arte, quindi, è creazione di miti, e avvicinarsi all’opera d’arte
significa “entrare nel buio fertile dell’origine, dove il mondo umano ci accoglie”, respirare per un

11
Cfr. M. Pazzaglia: Letteratura italiana 4 - Il Novecento, G.B. Zanichelli, Bologna, 1992, p.877

12
Cfr. M. Pazzaglia: Letteratura italiana 4 - Il Novecento, G.B. Zanichelli, Bologna, 1992, p.878

13
Cfr. G. Ferroni: Storia della letteratura italiana – Il Novecento e il nuovo millennio, G.B. Mondadori Education, Milano, 2013,
p.391

5
attimo l’aria è limpida e piena di vita, e allo stesso tempo consolarsi con la meravigliosa certezza
che non vi è nulla di diverso da ciò che resta nell'animo nostro o del più umile contadino. Quest'aura
attrattiva, dunque, tra lirica e mito, circola nei libri di Pavese, anche se appaiono più realistici. I
contadini di Paesi tuoi (1941) il libro che lo rivelò, o La luna e i falò (1950), il suo ultimo romanzo,
possono parere realistici come anche può parere la loro lingua, tramata di dialetto e quando è
necessario, di gergo, come realistiche possono parere le storie di La casa in collina (1947-`48), Tra
donne sole (1949) e La bella estate (1949); ma ciò che in quei libri conta, o che dovrebbe contare,
sono le atmosfere che trasfigurano liricamente ambienti e cose, la sostanza mitica di cui i racconti si
imbevo la lingua.14

Il ragionamento di Pavese è estremamente chiaro: il mito è un qualcosa che permea la vita delle
persone ed è personale per ciascuno, e come tale ogni persona deve saper distinguere tra simboli e
miti del proprio telefono. In altre parole, si può anche comprendere come l'approccio mitologico ed
è insito nell'uomo come una caratteristica dell'esistenza umana, a partire dall'approccio simbolico.
Pavese aveva ben presente le sue riflessioni sul mito, era conscio del fatto che queste facevano da
base al suo ultimo romanzo (La luna e i falò), e quindi proprio per questo per ritrovarne almeno
l’embrione teorico, quando non la corrispondenza perfetta, bisogna scavare al di sotto della
superficie, tenendo ben a mente le assonanze letterarie. 15 Cesare Pavese disse “Non è da credere che
in sé quest'esperienza del mito sia un privilegio dei poeti e, a un grado più discosto, dei pensatori.
L'arte, la musica, la letteratura, il pensiero e la religione sono i luoghi del mito in cui ci rifugiamo
quando la vita non basta, non dice abbastanza o va male.”16

14
Cfr. G. Ferroni: Storia della letteratura italiana – Il Novecento e il nuovo millennio, G.B. Mondadori Education, Milano, 2013,
p.392

15
Cfr. sito internet: Langhe: https://langhe.net/110996/mito-delle-colline-mito-nelle-colline 1/#:~:text=Il%20mito%20come
%20tratto%20tipico,simboli%20ed%20i%20propri%20miti.

16
Cfr. sito internet: Gli stati generali: https://www.glistatigenerali.com/letteratura_storia-cultura/veneziani-il-fascino-irresistibile-
del-mito-secondo-pavese/#:~:text=Lo%20dice%20Pavese%3A%20«Non%20è,dice%20abbastanza%20o%20va%20male.
6
3. IL CARCERE

Il carcere è un romanzo breve scritto da Cesare Pavese tra il 1938 e il 1939 ma pubblicato solo nel
1949, insieme a La casa in collina. L'opera si ispira all'autobiografia: riconosciamo nel personaggio
principale dello stesso Stefano Pavese che per lo scrittore rappresenta un alter ego. Il protagonista fu
condannato al carcere dal fascismo dall'agosto 1935 alla primavera 1936 per motivi politici. Come
ho già scritto precedentemente in questo seminario, Pavese, infatti, fu arrestato per opposizione al
fascismo e frequentazione di gruppi sovversivi nonostante all'epoca fosse piuttosto distante dalla
politica e detenuto prima nel carcere di Torino, poi a Roma, per essere infine condannato a tre anni
confino in Calabria a Brancaleone, ma alla fine dopo un anno fu graziato grazie al successo nella
guerra d'Etiopia, l'esperienza della prigionia e dell'isolamento forzato segnò profondamente lo
scrittore. La raccolta è composta da brevi prose frammenti e appunti e si presenta come una sorta di
diario o anche un diario che registra la mente dell’autore. La scrittura di Pavese è come anche negli
altri suoi testi abbastanza semplice e incentrata sulla ricerca di senso e significato nella vita. Il
carcere esplora la prigione interiore dell’uomo, la condizione umana e la solitudine dell’individuo,
nonostante la sua integrazione nella società. Secondo i critici, Il carcere è un libro importante sia
perché d’ispirazione autobiografica e può dunque rappresentare un esempio magistrale per chi
desideri trasformare il proprio vissuto esperienziale in narrazione, sia perché affronta uno dei temi
centrali della letteratura, essendo la vicenda di un intellettuale del nord confinato in un piccolo
paesino della Calabria: la difficoltà del rapporto con gli altri e l’incomunicabilità. 17 Il tipo di
scrittura di Pavese in questo lavoro si spicca proprio perché la ricerca dell’anima è una cosa molto
nota ma anche comune nei testi più antichi ma si può fare anche un bel riferimento alla situazione
sociale attuale. Noi siamo tutti in un modo i prigionieri di sé stessi, perché non possiamo controllare
tutto nelle nostre vite. L’unica cosa che davvero possiamo controllare e influenzare siamo noi stessi,
che è a volte anche più difficile che controllare qualcun’altro. Così attraverso quest’opera Pavese ci
suggerisce che il carcere non è solo un luogo fisico, ma può anche essere un’esperienza interiore
che comporta limitazioni psicologiche, paure e limitazioni personali che possono essere anche più
duri da attraversare. L’autore affronta temi come l’incapacità di comunicare, l’alienazione e
l’impotenza dell’individuo di fronte alla propria esistenza. Ci dimostra una profonda
consapevolezza delle contradizioni umane, della fragilità umana e della lotta costante per
riconquistare un senso di appartenenza e di libertà. Pavese ha però deciso di confrontare le due
paure più grandi di una persona; quella di stare da solo senza qualcuno e quella di stare da solo con
17
Cfr. sito internet: Gli stati generali: https://www.glistatigenerali.com/letteratura_storia-cultura/veneziani-il-fascino-irresistibile-
del-mito-secondo-pavese/#:~:text=Lo%20dice%20Pavese%3A%20«Non%20è,dice%20abbastanza%20o%20va%20male.

7
sé stesso. Questa è una delle tipiche contradizioni che Pavese usa nei suoi testi, perché sappiamo
che a volte è proprio difficile stare accanto a qualcuno e in questo momento vogliamo stare da soli,
ma quando finalmente arriva quel momento, stare da solo con sé stesso è la cosa più difficile di tutte
perché il vero carcere è quello che portiamo dentro noi stessi. L’opera dimostra anche una profonda
consapevolezza delle contradizioni umane, della fragilità umana e della lotta costante per
riconquistare un senso di appartenenza e di libertà. La prosa di Pavese in ‘Carcere’ è ricca di
significato e offre riflessioni profonde su vari aspetti della vita e della condizione umana. La sua
scrittura è caratterizzata da una costante ricerca di autenticità insieme alla ricerca umana e da una
profonda introspezione. In sintesi, Il carcere di Cesare Pavese è un’opera che esplora la prigione
dell’animo umano, la ricerca di senso e la solitudine dell’individuo in una società complessa. È
anche un’opera che spinge i propri lettori a riflettere sulla propria esistenza e sulla condizione
umana, offrendo uno sguardo intenso, forse anche nuovo ma soprattutto profondo sull’esperienza
umana.

3.1. Riassunto

Il protagonista dell’opera è Stefano che viene imprigionato in un piccolo paese della Calabria dopo
essere stato trovato in possesso di lettere antifasciste. Stefano è un intellettuale del Nord e si ritrova
a confrontarsi con la realtà di un altro mondo, detto anche alieno e dimenticato che per lui diventa
metafora concreta dell’insicurezza della sua esistenza e la seguiamo verso tutta l’opera. Stefano che
è uscito dal carcere deve scontare un periodo di confino in un paese a lui estraneo. Qui stringe dei
rapporti con alcuni abitanti, tra cui i più importanti sono quelli con Giannino, Elena e Concia.
Nell’opera gran parte fanno anche i personaggi femminili che insieme a protagonista fanno i
principali contatti umani nella trama. Elena è la figlia della padrona di casa di Stefano che
intrattiene con lei un rapporto piuttosto superficiale. Lei si innamora di Stefano ed è un personaggio
calmo e docile, ma lei è anche fragile e sottomessa, nell’immaginario di Stefano, che è l’opposto di
Concia, un’altra ragazza che è però incolta, selvaggia e sensuale. Vive vicino a Stefano e infine
diventa l’oggetto del desiderio ed immagine mitica dell’angoscia esistenziale del protagonista.
Concia rappresenta il riflesso delle angosce interiori di una persona, rinchiusa in una prigione tanto
fisica quanto esistenziale. Stefano rimane deluso perché nonostante era fiducioso, la donna che ha
difeso tutto il tempo lo ha tradito. Il motivo dell’intimo tormento prevalse così, durante i lunghi
mesi di reclusione a Brancaleone, sulla necessità di impegno politico e attivismo. Stefano aveva la
possibilità ad incontrare un altro confinato, un anarchico in montagna ma lui lo rifiutò. La vita
sociale di Stefano è quasi inesistente, l'unica persona con cui parla è Elena. Non riesce a stabilire
rapporti nemmeno con persone della città che sono completamente distanti da lui per modo e stile di
8
vita e livello di istruzione. Indignato per la punizione, che crede ancora ingiusta, Stefano continua a
non comprendere il mondo che lo circonda e si sente isolato e alienato, e il suo senso di ansia
aumenta ancora di più. L'ultima parte ci mostra un'immagine del deserto e di muri invisibili che
ritornano a noi tra le descrizioni dello spazio. Brancaleone è un piccolo borgo circondato da un
paesaggio brullo ma con vista sul mare. Stefano gode finalmente della vera libertà di movimento,
ma in realtà trova intorno a sé solo le stesse intime restrizioni che lo opprimono costantemente. Il
mare, simbolo di libertà e natura, diventa ora per Stefan la quarta parete della sua prigione,
sottolineando ulteriormente l'ansia e il dolore nella sua vita solitaria. Alla fine, viene spiegato che il
carcere è molto più di un luogo fisico, è uno stato dell'essere e una situazione esistenziale che non
lascia andare il protagonista.

3.2. Analisi dell’ultimo capitolo

Il capitolo finale Del Carcere di Cesare Pavese rappresenta un momento culminante che condensa
molte delle tematiche chiave affrontate nel libro. Il capitolo descrive dettagliatamente il luogo in cui
si trova Stefano, è una delle descrizioni che ci mostra non solo la descrizione del luogo ma anche il
significato trasferito dei sentimenti di Stefano. In questo capitolo ma anche nel resto del romanzo
Pavese usa uno stile di scrittura molto essenziale, con un linguaggio tuttavia elevato. I periodi usati
sono brevi e prevale la coordinazione delle frasi dove molto spesso utilizza la punteggiatura.
“Continuò a gironzolare dalla sua stanza all’osteria, incapace di fare una corsa più lontano, di
salutare a uno a uno i luoghi deserti, pallidi, della campagna e del mare, che tante volte aveva
divorato con gli occhi, nel tedio esasperato, dicendosi: “Verrà l’ultima volta e rivivrò
quest’istante”.”.18 in questo passaggio possiamo vedere l'agitazione di Stefano e il suo sentimento di
ansia e la speranza che un giorno potrà ritrovarsi nello stesso posto in cui si trovava. Il personaggio
principale vive una lotta con sé stesso, alla fine affronta la sua punizione, ed è ancora più difficile
perché è intrappolato nella sua stessa testa e nelle sue insicurezze.

Dal mio punto di vista la frase più significativa in questo capitolo ma anche in quest’opera è “Senza
lotta, s'accorse Stefano, non si può stare da soli; ma star da soli vuol dire non voler più lottare.” 19 A
me personalmente dà forza ma anche mostra quella dell’ autore che vuole spiegare a tutti che il
nostro carcere è quello creato da noi stessi ma anche noi siamo gli unici che possiamo liberarci da
essoì. Noi creiamo le nostre vite, facciamo le nostre decisioni ed allora dobbiamo anche essere

18
Cfr. C. Pavese: Il Carcere, G.B. Mondadori Education, Milano, 2018, p.91

19
Cfr. C. Pavese: Il Carcere, G.B. Mondadori Education, Milano, 2018, p.96
9
responsabili e dobbiamo saper riconoscere i nostri fatti. La sua vita si risolve in una tormentosa
analisi di sé stesso e dei rapporti con gli altri in una ininterrotta lotta per costruirsi come uomo ed è
una lotta nella quale, quanto più egli acquista sicurezza e coscienza di sé, tanto più sente di essere
altrove, di non poter coincidere con gli altri.

La sua vita si risolve in una tormentosa analisi di sé stesso e dei rapporti con gli altri in una
ininterrotta lotta per costruirsi come uomo ed è una lotta nella quale, quanto più egli acquista
sicurezza e coscienza di sé, tanto più sente di essere altrove, di non poter coincidere con gli altri.

Un’altra cosa molto interessante in questo testo è che, quando Cesare Pavese scrive, Il carcere viene
scritto in terza persona ed enfatizza proprio questa componente riflessiva dove le storie, invece di
essere scandite da eventi e azioni reali, sono quasi interamente costituite da riflessioni e pensieri
nati dal mondo interiore di Stefano.

4. CONCLUSIONE

Cesare Pavese attraverso la sua scrittura, esplora i conflitti interiori, le lotte emotive e i dilemmi
dell'esistenza umana. I suoi personaggi sono spesso in cerca di significato e di un senso di
appartenenza in un mondo segnato dalla disillusione e dalla solitudine. La sua opera è riconosciuta
per la sua profonda introspezione psicologica e per la capacità di catturare le sfumature della
condizione umana. Pavese ha influenzato significativamente la letteratura italiana del Novecento ed
è ancora ampiamente letto e studiato per la sua importanza culturale e letteraria.

In conclusione, l'opera di Cesare Pavese, 'Il Carcere', ci offre uno sguardo profondo e penetrante
sulla prigione interiore dell'uomo. Attraverso la sua scrittura lucida e riflessiva, Pavese ci conduce
in un viaggio attraverso le profondità dell'animo umano, esplorando le sfumature della solitudine,
della ricerca di senso e della lotta per la libertà interiore. Pavese, con la sua prosa intensa e senza
fronzoli, ci ha invitati a riflettere sull'alienazione e sulla condizione umana, evidenziando la
complessità delle emozioni umane e l'inevitabile conflitto tra il desiderio di appartenenza e la
solitudine interiore. Le sue riflessioni ci hanno lasciato con interrogativi essenziali sulla vita e
sull'esistenza umana, spingendoci a esaminare la nostra stessa prigione interiore e a cercare la
libertà nella consapevolezza di sé e nell'autenticità. 'Il Carcere' non è solo una raccolta di scritti, ma
una porta aperta verso la comprensione delle profondità dell'animo umano. Attraverso le parole di
Pavese, siamo stati invitati a confrontarci con la nostra personale esperienza di prigionia interiore,
incoraggiati a cercare la chiave per aprire le porte della libertà e a esplorare la complessità della

10
condizione umana. L'eredità di Cesare Pavese continua a sfidare e ispirare, offrendoci la possibilità
di approfondire la nostra comprensione di noi stessi e del mondo che ci circonda.

5. BIBLIOGRAFIA

1. AA.VV. R. Luperini, P. Cataldi, L. Marchiani, F. Marchese: La scrittura e l’interpretazione


6 – Modernità e contemporaneità (dal 1925 ai nostri giorni), G.B. Palumbo, Palermo, 2011
2. AA.VV. C. Siviero, A. Spada: Nautilus – Dalla fine dell’Ottocento alla fine del Novecento,
G.B. Zanichelli, Bologna, 2000
3. G. Petronio: La nuova attività letteraria in Italia, G.B. Palumbo, Palermo, 2000
4. M. Pazzaglia: Letteratura italiana 4 - Il Novecento, G.B. Zanichelli, Bologna, 1992
5. G. Ferroni: Storia della letteratura italiana – Il Novecento e il nuovo millennio, G.B.
Mondadori Education, Milano, 2013
6. C. Pavese: Il Carcere, G.B. Mondadori Education, Milano, 2018
7. Sito internet: Treccani: https://www.treccani.it/enciclopedia/introduzione-alla-letteratura-
del-novecento_%28Storia-della-civiltà-europea-a-cura-di-Umberto-Eco%29/
8. Sito internet: Libri e parole: https://librieparole.it/classici-letteratura/2271/neorealismo-
letterario-caratteristiche/
9. Sito internet: Langhe: : https://langhe.net/110996/mito-delle-colline-mito-nelle-colline
1/#:~:text=Il%20mito%20come%20tratto%20tipico,simboli%20ed%20i%20propri%20miti.
10. Sito internet: Gli stati generali:
https://www.glistatigenerali.com/letteratura_storia-cultura/veneziani-il-fascino-irresistibile-
del-mito-secondo-pavese/#:~:text=Lo%20dice%20Pavese%3A%20«Non%20è,dice
%20abbastanza%20o%20va%20male.

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