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Eugenio Montale

Eugenio Montale nacque a Genova nel 1896. La sua formazione fu molto eterogenea, nutrita dalla lettura di
testi letterari recenti, soprattutto italiani e francesi, nonché classici; era buona anche la sua conoscenza
artistica e ottima quella musicale, specie del melodramma italiano, inoltre grazie all’aiuto di familiari e
docenti, lesse numerosi scritti filosofici.
Sin dall’adolescenza Montale cercò di avvicinarsi alla cultura italiana più vivace, dapprima come lettore, poi
come recensore e autore di articoli già importanti, come Stile e tradizione, pubblicato all’inizio del 1925
sulla rivista torinese <<Il Baretti>> fondata dall’intellettuale Piero Gobetti:
in questo significativo saggio, manifesto di poetica, Montale sosteneva un’idea di lirica legata alla tradizione
e all’etica. Proprio Gobetti fu l’editore della prima raccolta montaliana, gli Ossi di seppia del 1925, peraltro
preceduta dalla pubblicazione di vari testi su riviste, che garantì a Montale una discreta notorietà e una
serie di amicizie (tra le più significative quella con il poeta ligure Camillo Sbarbato e Sergio Solmi.

Ossi di seppia
Gli ossi di seppia si presentano come un libro molto particolare, infatti per tentare di definire il carattere di
quest’opera la critica ha iniziato a impiegare la categoria del <<classicismo paradossale>>. Si tratta di una
formula creata dallo stesso Montale per Saba; ma nel poeta ligure è ben più forte la componente
modernista all’interno dell’uso di elementi tradizionali.
È il caso della metrica, nella quale riscontriamo la presenza di endecasillabi o settenari, quasi sempre
imperfetti o inconsueti, per esempio a causa di iper o ipometrie (sillabe in soprannumero o in difetto). Le
varie componenti di questa raccolta vengono tenute assieme da uno stile del tutto personale. Per quanto
riguarda l’aspetto tematico-contenutistico, diciamo che l’io lirico degli Ossi si presenta come un soggetto
debole, a suo modo un inetto, che non enuncia solo la propria condizione in modo malinconico (come i
crepuscolari), ma confronta la sua condizione con quella moderna e denuncia così il male di vivere.
Possiamo dire che gli Ossi propongono la narrazione di azioni mancate, di speranze deluse per l’io: per certi
aspetti si tratta di un rovesciamento della mitologia dannunziana proposta nell’Alcyone, infatti lo stesso
paesaggio ligure, è simbolo di una realtà ben più dura e dissonante rispetto a quella evocata dalla Versilia di
D’Annunzio. Si deve aggiungere che Alcyone con la sua strutturazione spazio-temporale, costituì un
modello rilevante per Montale, che suddivise gli Ossi in quattro grandi sezioni (Movimenti, Ossi di seppia,
Mediterraneo, Meriggi e ombre). In particolare, quest’ultima venne più volte rivista, con l’aggiunta di varie
liriche nell’edizione del 1928, come ad esempio Arsenio, forma un micro-romanzo che ha come tema
fondamentale radicale <<la fine dell’infanzia>> ovvero la perdita di un rapporto diretto con la natura,
sostituito dalla consapevolezza che la vita è <<crudele più che vana>>

Le occasioni
Nel 1927 Montale si trasferì a Firenze dove entrò in contatto con autori, critici e scrittori dell’epoca. In
questo ambiente ebbe modo di conoscere le tendenze della letteratura italiana e internazionale, grazie
all’apertura tipica di riviste come <<Solaria>>.
È in questi anni che matura una svolta nella poetica montaliana: le Occasioni, del 1939, si orientano verso
l’oscurità tipicamente otto-novecentesca, molto diversa da quella degli ermetici. In questa seconda raccolta
si rafforza l’importanza degli oggetti, che non sono più principalmente ricavati dalla natura (come gli stessi
Ossi di seppia) ma sono frutto di lavoro artigianale o tecnico. Si tratta dunque di una poesia rivalutata che è
portatrice di un valore universale e non semplice espressione dei sentimenti dell’io.
Fra le novità, spicca l’esaltazione del tema modernistico dell’epifania miracolosa, dell’occasione che porta
allo svelamento di una verità oltre le apparenze terrene, che all’io poeta può manifestarsi grazie
all’intervento di Clizia, la donna-angelo dai tratti stilnovistici. A livello strutturale, la seconda raccolta ripete
in parte la prima, con una lirica proemiale e quattro sezioni, delle quali le due centrali (Mottetti e Tempi di
Bellosguardo) corrispondono idealmente a quella degli Ossi brevi e a Mediterraneo.
Insomma, se molti dei temi di fondo degli Ossi si ripropongono nelle Occasioni, essi risultano modificati non
solo per l’azione della donna-angelo e dei fantasmi liberatori, ma anche la consapevolezza della necessità di
difendere la cultura dalla tradizione, che permette di superare le difficoltà della storia.
La bufera e altro
Montale dopo le Occasioni scrisse componimenti che alludevano alla Seconda guerra mondiale, raccolti nel
1943 e nel 1945 in due plaquettes dal titolo Finisterre. Da questa serie di testi deriva la prima sezione della
terza raccolta montaliana, uscita nel 1956 e intitolata La bufera e altro.
Nel frattempo, Montale aveva attraversato una breve fase di impegno politico nel Partito d’Azione.
Si era poi trasferito nel 1948 a Milano, diventando redattore del <<Corriere della sera>>.
L’attività giornalistica lo porta incontrare artisti, scrittori e in generale realtà culturali europee ed
extraeuropee. Nella bufera, complessivamente, si accentuano anzi i tratti manieristici e barocchi, applicati a
una realtà storica. Le vicende dell’io lirico si collocano in questo sfondo collettivo, dal quale emerge ancora
Clizia, così nominata in uno dei testi più alti della lirica montaliana, la primavera hitleriana, e poi sostituita
dalla più terrena Volpe; rispetto alle Occasioni, sono più frequenti i testi interpretabili in senso allegorico,
ovvero come descrizioni di oggetti, personaggi e vicende che richiedono una lettura di secondo grado (è
proprio il caso del componimento chiamato Iride, Il gallo cedrone o L’Anguilla.
La struttura d’insieme si complica: le parti sono sette e una, Intermezzo, propone addirittura brevi testi in
prosa: la sezione in cui si colgono le più forti tensioni è forse quella intitolata Silvae (<<Selve>>).
Molto significativa è la parte finale della Bufera, dal titolo Conclusioni provvisorie nei cui due testi, ovvero
Piccolo testamento e Il sogno del prigioniero si riscontrano alcuni cambiamenti, come ad esempio il fatto
che l’io viene a coincidere con quello autobiografico.

Satura e le ultime raccolte


Dopo un lungo silenzio poetico, Montale ricomincia a scrivere a partire dal 1963 e soprattutto dal 1968. Il
risultato di questa nuova fase è un libro molto diverso dai precedenti, ovvero Satura, edito per la prima
volta nel 1971. Lo stile diventa quello comico-satirico, anche se il termine satura dovrebbe essere riferito
alla varietà degli argomenti e degli stili. Una componente propriamente satirica è bene evidente, dato che
sono molti i testi dove si combattono le assurdità della società di massa, i luoghi comuni, le arti
neoavanguardiste ecc.
Gli interventi conservatori dal punto di vista culturale e politico che Montale proponeva sul Corriere della
sera dalla fine degli anni Cinquanta, quindi in poche parole la stessa cronaca, inizia a fornire direttamente il
materiale per le elaborazioni poetiche, che spesso prendono spunto o sono addirittura coeve ad articolo
giornalistici. L’io poeta si riverse in genere il ruolo di ironico esaminatore delle storture sociali, tra l’altro
non mancano le frecciate contro altri poeti, o contro gli stessi critici del poeta.
Si distinguono le due sezioni degli Xenia, scritte precedentemente alle sue intitolate Satura, e dedicate alla
moglie Mosca morta nel 1963, dove possiamo individuare componimenti di valore come Ho sceso, dandoti
il braccio o Avevamo studiato per l’aldilà.
I tratti riscontrati in Satura si ripropongono nelle raccolte successive come Diario del ’71 e ’72 pubblicati nel
1973, Quaderno di quattro anni del 1977, Altri versi del 1980.
I punti di forza di quest’ultima fase stanno forse in quei componimenti che meglio riescono a coniugare il
nuovo stile basso e mescidato con una riflessione non scontata sui destini dell’umanità e dell’arte, come nel
caso di uno degli ultimi testi di Montale, che morì nel 1981, I miraggi.

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