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All’epoca della Riforma si impone nella visione dell’arte l’idea che la semplice riproduzione
mimetica della realtà non fa che reduplicare i dolori che l’uomo soffre nella realtà terrena > il
naturalismo è un qualcosa che si rifugge quanto più possibile e si rifugge la mimesis, in virtù della
riflessione letteraria e filosofica che deve fornire, a colui che scrive, uno sguardo dall’alto e un
punto di osservazione più elevato, quasi staccato, ma capace di portarlo al di sopra dei fatti reali e
di fornirgli uno sguardo superiore rispetto ai fatti stessi.
Le due fasi maggiori della letteratura tedesca moderna (Goethe e letteratura del fine secolo) sono
precedute e accompagnate dall’imporsi di grandi sistemi filosofici – Goethe con Rousseau e
accompagnato dalla filosofia Kantiana e idealistica - la fioritura filosofica in Germania cessa con
Hegel e quando muore anche Goethe. Ciò che consegue alla fine di questo secolo è un periodo
molto complesso pieno di eventi e di prospettive che in qualche modo o assume caratteristiche
internazionali – Marxismo, percepito non come qualcosa di specificatamente tedesco; la filosofia
di Schopenhauer, che scrive le sue opere in piena età goethiana, ma non ha alcuna risonanza e
viene riscoperto in Inghilterra 30 anni dopo. Fase dominata da scuole filosofiche in conflitto e
competizione che non produce una grande filosofia paragonabile alle precedenti. Bisogna arrivare
ad una filosofia nuova che condiziona il fine secolo tedesco > la filosofia di Nietzsche.
È un filosofo di riferimento che, per tante ragioni, sconvolge concezioni del mondo che si possono
considerare saldamente fondate nella cultura tedesca.
Testi in analisi: compresi tra il 1891 e il 1908. Betrachtung di Kafka: prima raccolta di prosa di
Kafka.
[La lettera di Lord Chandons: autore complesso e difficile da classificare. Da bambino prodigio della
cultura austriaca e come autore si esercita in campi e generi diversi. Questo testo è famoso perché
offre una chiave di lettura ad un’intera epoca che è la riconoscibilità del mondo nel linguaggio.
Tema decisivo per capire in che modo il fine secolo affronta la questione della rappresentazione
del mondo attraverso o al di là delle parole.]
Reigen. Testi che mettono al centro tematiche sessuali. È chiaro che fa riferimento alla psicanalisi
freudiana. Il fine secolo e ciò che proviene da Nietzsche produce una serie di prospettive sulla
realtà che sono inaudite per età del naturalismo, che solo grazie alle riflessioni sulla filosofia e sulla
scienza vengono ad avere una risonanza molto grande. Quando Wedekind scrive la sua tragedia
Freud non ha ancora scritto niente, ma la tematica è nell’aria > bisogna occuparsi delle tematiche
che stanno attraverso la cultura dell’800 e quindi si pongono contro la prospettiva della morale
dominante.
Nietzsche ha insegnato che il mondo di ieri si sgretola e che al di sotto dei valori morali e del senso
comune borghese c’è altro, una realtà della vita che fa saltare gli schemi consueti e ordinari
condivisi da una società (la cultura del nichilismo).
1890 è, rispetto alle vicende che hanno preparato il sorgere della cultura di fine secolo, un anno
importante. Nietzsche è impazzito e la sua filosofia si diffonde e diventa rapidamente non la
filosofia guida della cultura tedesca, ma un termine di riferimento per tutta la cultura tedesca
soprattutto letteraria. Nietzsche all’inizio viene solo parzialmente percepito come filosofo ed è
invece assorbito largamente dalla cultura letteraria. Egli è importante perché a Nietzsche venivano
acquisite e riflettute le due figure di Schopenhauer e Wagner > scrittori come Mann scriverà più
volte che è la costellazione sotto la quale si è formato, ma va anche per Hofmannsthal, per Rilke e
Kafka e che è il presupposto della cultura di fine secolo.
Figure che condizionano la cultura sono molto diverse e hanno un rapporto diverso con lo sviluppo
della cultura del XX secolo.
Un grande ammiratore e seguace di Schopenhauer è Wagner. Per derivazione anche nella sua
opera sono sensibili gli influssi dell’età di Goethe. Schiller è uno dei riferimenti di Wagner.
Questa idea viene variata in modo diverso durante la fine del secolo (la pantera dentro la gabbia
vede solo sbarre e queste sbarre sono come il nostro stesso sguardo > ci troviamo nella stessa
condizione i nostri occhi devono una realtà diversa).
Determinati fenomeni una volta che hanno preso il via hanno delle ripercussioni che vanno al di là
dei limiti temporali > la filosofia di Schopenhauer arriva fino a fine secolo. I contenuti dell’età di
Goethe in realtà arriva per echi successivi anche all’età del simbolismo e del fine secolo tedesco.
Nietzsche: rivalutarsi delle dimensioni e del rapporto fra individuo e mondo che la filosofia
precedente aveva declinato in modo diverso. Nietzsche sostiene insostenibile qualsiasi discorso
metafisico (realtà che trascende il mondo così come lo possiamo vedere, sentire, toccare), il che lo
porta a ritenere che abbiamo sacrificato il mondo vero per un altro mondo che non esiste e che
l’oggetto della filosofia deve quindi essere il mondo che vediamo, sentiamo e udiamo. Questo
mondo deve essere descritto, questo mondo è la cosa più importante. Tutta la filosofia e la cultura
del passato, in quanto è cultura metafisica, deve essere rifiutata e superata. Deve essere rifiutata
perché non può fare fede in un'altra realtà che caratterizza tanto la concezione del noumeno,
quanto la concezione idealistica dell’io e autocoscienza e la concezione schopenhaueriana del
mondo divisa in realtà e rappresentazione > conseguenze molto importanti. Questa filosofia
Lebensphilosophie attribuisce alla vita una importanza enorme. Nietzsche dice “Ja sagen zum
Leben”.
Il rifiuto del mondo dietro il mondo corrisponde con la religione: nella Gaia Scienza c’è l’aforisma
sulla morte di Dio che rappresenta la fine di ogni fede in una realtà trascendente e religiosa. La
religione, garanzia dei valori morali viene a meno allora anche i valori morali manifestano il loro
distruggimento. Si crea il nichilismo: la mancanza dei valori e la trasformazione dei valori che deve
giungere con il superuomo. Il problema del vuoto dei valori è duplice. Da una parte rende passivo
chi lo subisce e lo destabilizza [Buddenbrook: Thomas atteggiamento eroico: tiene duro sui vecchi
valori; Christian e Tony smantellerebbero tutti i valori perché per loro quel mondo non ha più
senso]. Il nichilismo è una condizione dell’esistenza la quale ha il suo metodo nella decadenza: il
decadere dei valori produce il nichilismo, ma produce altre energie che sono eversive rispetto a
quelli che si sono posseduti fino in quel momento. [Baudelaire: la luce del tramonto illumina le
cose in modo molto diverso rispetto alla luce della decadenza > osservare la distruzione significa
vedere le cose in modo diverso]
25/10/2016
NATURALISMO
È una tendenza letteraria mimetica (non vuole aggiungere nulla alla realtà), presupposti teorici che
derivano dalla cultura scientifica e socio-filosofica di fine ‘800. La sociologia è un approccio
analitico alla realtà che nasce con Kompt. I primi studi sociologici risalgono ai primi anni ’90
dell’‘800 (sul suicidio come fenomeno sociale per proseguire in studi fondamentali di Weber e
altri).
Il naturalismo riprende le modalità narrative del realismo, ma le estremizza cercando nella realtà
costanti scientifiche, come nella teoria di Darwin. La vita, al pari del darwinismo, viene vista come
fenomeno evolutivo. Nei romanzi naturalistici sono grandi romanzi di sviluppo (cf. Buddenbrook >
generazione di splendore e decadenza).
Nietzsche produce un naturalismo drammatico nella Freie Buhne, a cui hanno acceso solo i soci;
ma Frulings Erwachen non viene rappresentato.
Critico letterario e scrittore: Herman Bahr critico viennese importante per sviluppo cultura tedesca
a cavallo tra ‘800-‘900. Di cultura marxista e nietzschiana > si inserisce in modo ideale nel
naturalismo tedesco, ma estrae dalla cultura nietzschiana un’idea geniale: Nietzsche nella sua
visione del Nichilismo aveva proposto l’idea che “l’umanità cambia i propri valori come vestiti”: i
valori, non più tenuti insieme da una autorità trascendente, sono deboli e si consumano
facilmente, non offrono più alcuna certezza e garanzia a chi li fa propri, rivelano la loro
inconsistenza e devono essere sostituiti con valori nuovi. Bahr applica queste parole di Nietzsche
alla letteratura. Bahr ha inventato la teoria degli –ismi (Simbolismo, naturalismo etc.): cioè l’idea
che determinati atteggiamenti estetici, poetici, culturali possiedono la stessa fragilità dei valori
della società moderna e dunque si logorano con la stessa velocità, sicché è caratteristica della
società viva di trapassare da una fase all’altra.
Bahr è un critico che riconosce istantaneamente il valore di ciò che ha attorno e di lanciare sul
mercato queste persone che stanno ancora in sottofondo nella cultura del suo tempo. Bahr è il
dominatore della cultura viennese e della Germania del sud, la cultura lo segue assiduamente.
Bisogna estrapolare dalla sua critica gli elementi costituti della cultura di questi tempi.
Bahr da una spiegazione del sorgere di questi –ismi e li legittima, la cultura austriaca in particolare
si riconosce con le concezioni bahariane della decadenza.
La decadenza è un fenomeno europeo diagnosticato a metà degli anni ’80 da un critico, scrittore e
politico francese Paul Bourget che attribuisce la definizione di decadenza proprio a Nietzsche. Egli
parla di decadenza che inserisce nel 1881 in un saggio su Baudelaire una definizione di decadenza
che fa scuola. Nietzsche la riprende nei suoi scritti su Wagner e diventa paradigmatico.
Bourget prende Baudelaire come esempio di decadenza: a parte tutto ciò che Baudelaire dice
dell’importanza del decadere per l’insorgere di una nuova poetica e una nuova estetica, la
decadenza ha caratteristiche strutturali sociali e metafisica.
La prima fase si colloca a metà degli anni ’50. Bourget negli “Essais de la psychologie
contemporaine” inserisce dentro alcuni fondamentali saggi. Gli scrittori della decadenza: “la luce
del tramonto illumina le cose in modo diverso rispetto al mezzogiorno”, la decadenza fa vedere
cose in modo diverso.
La seconda fase nasce da una riflessione di un’altra generazione. I teorici francesi riflettono sulla
decadenza da una prospettiva diversa. Non sono rivoluzionari (Bourget non è un rivoluzionario
come Baudelaire). A Bourget interessa la diagnosi “La decadenza si ha laddove si manifesta una
disgregazione atomistica di una realtà e una massa coesa” > a questa atomizzazione della realtà
corrisponde anche un’atomizzazione della percezione e atomizzazione della rappresentazione
della realtà medesima. Atomizzazione = unità di misura della decadenza, è l’individuo che non si
identifica con nulla, non riconosce alcun valore generale, universale; individuo che non può fare
parte di una massa. Individualità perché i valori non ci sono più e nella decadenza la totalità perde
importanza a favore del singolo individuo. Sul piano estetico Bourget dice che la decadenza fa sì
che in letteratura “la pagina perde importanza a favore del paragrafo, il paragrafo a favore della
frase, la frase a favore della singola parola” = decadenza è un processo di disgregazione di ogni
totalità. Questa concezione la riprenderà Nietzsche.
In una Francia in difficoltà dalla sconfitta della guerra, dalla Comune, dalla fine di Napoleone,
significa ricostruire un sentimento nazionale, di nazionalismo, di appartenenza, una realtà religiosa
spirituale nell’ottica del conservatore. Ma secondo la cultura tedesca Bourget suggerisce che il
ritorno ai valori del passato, rinnovati e resi fruibile al presente, è una ricetta semplicistica > quei
valori si sono logorati secondo un processo logico e necessario (=stessa idea Nietzschiana).
Arrivando a Nietzsche le cose cambiano: questa idea di decadenza che è preoccupante per
Bourget non è affatto preoccupante per Nietzsche, ma anzi illustra il metodo del nichilismo che
disgrega i valori mostrandone l’inconsistenza (cerca come questi valori si sono formati e ne
dimostra o la natura paradossale o l’inconsistenza). La decadenza, cioè la cultura della
disgregazione dei valori è il nichilismo, la più sostanziale della realtà della cultura occidentale.
Nichilismo: usato prima per descrivere la tendenza del disfarsi dei valori, il termine ha tale
successo in Europa che diventa termine comune per il processo di abbandono di vecchi valori che
si trasforma in una nullificazione totale.
Gli intellettuali devono formare un sistema di tutti questi concetti presenti in questo periodo.
Bourget scrive dei saggi su questo. Il clima positivistico raccoglie grandi sintesi, scrittura basata
sull’utilizzo delle fonti. Narrazioni di grandi sintesi storiche basate su fonti che producono grandi
sintesi concettuali. Questi critici come Bourget, Bahr, Brandes (G. Brandes raccolta di saggi che
vanno a creare un prospetto generale della cultura del XIX esimo secolo).
All’epoca decadenza e naturalismo sono tendenze sparse, non riducibili a unità e sintetizzate di
per sé, il compito del critico è dare ordine sistematico e analizzare questi fenomeni e darne una
sintesi.
Il metodo d’analisi della filosofia nietzschiana coincideva con questo atteggiamento critico e
forniva ai critici strumenti utilissimi per la diagnostica del loro tempo. Bahr è marxista e socialista e
concepisce il mondo in termini di sviluppo vettoriale (il mondo procede in modo lineare), ma allo
stesso tempo questo gli permette di mettere in ordine le tendenze del suo tempo e permette di
classificarle nei suoi saggi come tendenze che si coordinano in una precisa tendenza o movimento.
Bahr porta alle sue conseguenze contemporanee = ciò che Brandes ha fatto per il XIX secolo
(Romanticismo). Bahr crea sintesi della contemporaneità e lo porta a scoprire che all’interno di
questa decadenza le correnti, che in precedenza duravano una o due generazioni, si abbreviano
drasticamente perché seguono lo stesso principio della mutazione dei valori. Allora Bahr, vicino ai
naturalisti, scrive la sua prima raccolta di saggi “Naturalismo” cogliendo concetti nietzschiani
intrinsechi, ma poi passa ad analizzare dei fenomeni in cui comincia a sviluppare la sua visione
della decadenza che contiene in “psicologia e “nuova psicologia” l’idea fondamentale per il suo
tempo (1891). L’idea che contrasta nettamente con le tendenze naturalistiche dominanti, le quali
fanno uso di una psicologia già datata e modelli di analisi psicologica.
Decadenza fondamentale per Nietzsche: è il metodo del nichilismo. Disgregazione del tempo. La
decadenza è un orizzonte insuperabile: la semplice volontà di andare oltre questa non basta. In
una realtà nichilistica ogni proposta di valore è sottoposta alla stessa decadenza perché non
garantita da dio o un ‘altra autorità e quindi debole.
Per Nietzsche l’importante è dare spiegazione attraverso la decadenza del nichilismo. In questa età
del nichilismo (dal rinascimento ai secoli futuri) c’è come un mostro divoratore che mangia i valori
e per andare avanti l’uomo è costretto a creare nuovi valori, e quindi si trova sempre qualcosa di
nuovo e strano nella letteratura. Quando si crea un personaggio si creano nuovi valori che al
momento della creazione lo distruggono. Nietzsche prova a contrapporre qualcosa alla decadenza.
La cultura pre-decadente dice che ha sviluppato una psicologia dei sentimenti e delle emozioni e
sensazioni FORMATE: cioè nel modo in cui si presentano nella realtà. Bahr dice che c’è bisogno di
una nuova psicologia che colga le relazioni e pulsioni in uno stato precedente al loro formarsi.
Anticipa nettamente il concetto della psicanalisi e fornisce alla cultura contemporanea un campo
di esperimenti che l’arte austriaca viennese definiva come Nervenkunst.
04/11/2016
Filosofia di Nietzsche > troviamo alcuni tratti nel dramma. Ultima filosofia di Nietzsche: parte sotto
il concetto dionisiaco reinterpretato come invito a dire di sì alla vita in tutte le sue possibili
declinazioni.
Fühlings Erwachen 1891, piena epoca naturalistica. Si svolge fino alla fine secondo i canoni del
naturalismo drammatico > a ciò che avviene dentro una stanza si toglie una parete e si guarda
dentro la vita delle persone. Mimesis della realtà, tecnica della Freie Buhne di Berlino > principio
che domina il teatro naturalistico e post naturalistico, orientando anche le forme della scrittura
drammatica di questa epoca.
Naturalismo francese vs naturalismo tedesco. Zola critica sociale con ambizioni sociali e politiche,
in Germania queste ambizioni non ci sono. Naturalismo movimento di protesta: vuole favorire la
distruzione e del vecchio mondo MA con il fine di distruggere qualcosa di cui non riesce a definirne
i contorni. Il nichilismo è un movimento che non riesce a compiersi nella propria poetica e
letterarietà.
Bisogno di travalicare lo strumento mimetico per dire fino in fondo ciò che si vuole.
Questa mimesi è per così dire il metodo dominante del dramma. Prima scena: logica della 4°
parete del teatro naturalista.
PRIMA SCENA
Wedekind esemplifica nel conflitto genitori-figli il conflitto tra il mondo reso sicuro da una
trascendenza che garantisce per i valori e usanze vs un mondo privo di queste certezze, i giovani,
che si contrappongono al passato.
Wendla non è triste per la morte: è un orizzonte. È peccato pensare a queste cose? > Vecchi valori
garantiti dalla divinità (religione) e quindi chiede alla mamma che si basa su quei valori che si
orientavano sulla religione.
Nella visione di Wendla non è chiaro se è peccato o no, perché non sono più importanti quei
valori, ci sono cose nuove ora più importanti da cui i valori devono provenire, ma cosa?
SECONDA SCENA
Ora sono tutti ragazzi, prima solo donne. Vediamo i due punti di vista > Nietzsche filosofia del
prospettivismo. Osservare le cose come determinate dalle interpretazioni che le si danno, realtà
molteplici. Tema della volontà di potenza che coincide con la vita che cerca di affermarsi. Nel
conflitto tra due prospettive della realtà nasce la necessità vitale di guadagnare un’istanza vitale >
da qui nasce il conflitto. Ogni cosa ha un principio di conflitto, qualsiasi confronto tra istanze vitali
che cercano di affermarsi l’una contro l’altra. (Altona porto di Amburgo: vorrebbe andarsene)
Scena all’aperto, prima eravamo in una casa.
Perché andiamo a scuola: nessun valore viene dato alla scuola, nemmeno quello dell’istruzione
che è recepito come meccanismo repressivo e ininfluente per la formazione: non dà i contenuti
che questi ragazzi vorrebbero.
Citazione esplicita di Melchior delle follie e illusioni della religione, p.5. La vergogna è determinata
culturalmente. È il modo in cui si comporta con gli istinti ad essere determinato culturalmente.
I valori sono una Modesache, il modo in cui ci si comporta deriva da una influenza culturale. Moritz
propone un nuovo concetto di educazione prima pregiudizio del vestito lungo per pudore che si
porta dietro valori e convezioni che forse hanno rapporto con qualche valore morale, ma che sono
all’opposto dei valori vitali che questi ragazzi stanno rappresentando > valori dell’identità
personale che Moritz vorrebbe vedere affermati almeno nella gestione della sua futura famiglia in
abiti succinti. L’abito porta dietro il concetto di morale e di educazione che ha la sua struttura e
deve essere abbattuta e sostituita da un’altra.
Wedekind collega l’apparizione del gatto al tema della cultura umana e realtà animale. La
contrapposizione puramente arbitraria: i ragazzi non sanno ancora come nascono i bambini > sono
vittima della loro educazione. Il dramma svolgendosi in chiave degli sviluppi sessuali dei bambini
riconduce alla dimensione istintuale (Trieben). Ma i Trieben non sono solo animali > le idee di Bahr
sono in parte comuni alla generazione attuale e hanno già preso piede: dobbiamo basare la nuova
psicologia in base agli istinti. Osservare l’uomo dalla parte delle pulsioni primarie istintuali
capovolge la visione stessa dell’uomo e i valori che quella visione dell’uomo che deve contrapporsi
ai suoi istinti tramite la ragione, ma per Wedekind se l’uomo della morale passata è l’uomo
decadente, andiamo verso il Superuomo, cioè l’Oltre uomo: uomo che supera gli orizzonti
dell’uomo così com’è oggi. L’uomo degli istinti è l’uomo che supera l’orizzonte dell’uomo così
com’è stato fino ad adesso.
Tecnica di dialogo: puntini di sospensione > autocensure, non è in grado di dire certe cose:
l’educazione ha tolto ai ragazzi la possibilità di dire istinto e sessualità. Non ha il linguaggio, tema
dominante nella letteratura di fine secolo e decisamente centrale nella lettera di Lord Chandons,
lacune che stanno per incapacità. Bahr: se si prende l’uomo dall’istinto bisogna rivoluzionare
anche il modo di parlare: non ci sono ancora le parole per parlare di ciò. È Freud che darà le parole
per queste cose.
Nuova educazione “mit körperlicher Astrengung verbunden sind” > la cultura del corpo. Il corpo
era una cosa brutta e da non far vedere, cosa nefanda e irreligiose. Il corpo non era qualcosa da
coltivare e sviluppare. Realtà vista da un’altra prospettiva > capovolgono la visione dell’uomo. Ma
non hanno le parole per dirlo e quindi non hanno quella realtà. Vorrebbero capovolgere la visione
della realtà in qualcosa di diverso, ma non possedendo le parole per dirlo non possiedono quella
realtà.
Hanno le parole per dire Männlische Regungen > hanno solo queste parole per parlare della loro
sessualità. “Eccitazioni maschili” è un eufemismo, dispongono solo di eufemismi per parlare della
realtà dei fatti. Il sogno è rivelatore e precede il sentimento formato. I sogni rivelano più di quanto
sarebbe compreso nel concetto di Männlische Regungen.
Accenni a cose che la psicanalisi amplierà. Sul sogno c’era già un’ampia letteratura prima di Freud
e da qui vengono queste immagini collegate all’inizio della sessualità. Il sogno rivela ciò che i due
ragazzi provano. Anche per descrivere i sogni ci sono pause, il discorso è frammentato e culmina
con l’idea che non sia il senso di colpa a legarsi a questo inizio della sessualità, ma addirittura
l’angoscia di morte Todes Angst che poi diventerà un termine adottato da Freud.
Todes Angst vs Wendla che non ha paura della morte, per lei è una via d’uscita > ripetizione di
concetti: creazione di strutture parallele per entrare in un tema, ripetizione che crea un filo interno
tra le scene.
Angoscia di morte nasce da un senso di colpa ancestrale che si trasforma in ipocondria: il fatto di
aver qualcosa che prima non aveva mai avuto, non viene percepito come manifestazione della
natura, ma come colpa morale che si lega alla malattia del corpo (da Agostino in poi) e quindi il
corpo soffrirà perché ha commesso qualcosa di impuro, ha infranto il decalogo e quindi sarai
punito.
La sfera della sessualità deve indicare ora la sfera della natura, non potendosi manifestare nella
sfera della morale entra la sfera della natura.
Pag. 8 Worte, Worte, Worte Amleto Words, Words, Words: tutte queste parole non servono a
nulla, non c’è nulla che possa aiutare a capire la sessualità, e in particolare quella maschile. Non ci
sono le parole per dire le cose e quelle che ci sono non vogliono dire nulla. Incapacità del
linguaggio di dire qualsiasi realtà che ecceda la sfera della comunicazione strumentale.
Melchior, che è più avanti di Moritz, studioso, riesce meglio a scuola, ma i due sono collegati dalla
volontà di comprendere, in Melchior c’è già stata una volontà di comprendere che però Moritz ha
represso. Infatti, Moritz farà una brutta fine > letteratura dello shock, di orrori.
Descrizione erotica: nell’educazione repressiva dell’epoca era contenuto l’istinto che Baudelaire
aveva espresso > idea di tortura e coito, idea di decadenza presente anche in questa scena. La
punizione della ragazza prevede anche che sia spogliata e le compagne capiscono tutto ciò.
Pag. 10 Nuova fantasia educativa femminile che Martha assimila all’erba > Unkraut: erbaccia:
crescere soltanto come la natura vuole, in modo spontaneo. Modo di dire tedesco negativo (sei
maleducato) qui viene trasformato nel suo opposto: l’ideale dell’educazione è di crescere i figli
secondo natura, quindi come Unkraut.
Anche le ragazze non sanno come nascono i figli, pensano che basti sposarsi.
Pag. 11 Melchi Gabor: personaggio più nietzschiano del dramma. Fa il percorso delle opere di
Nietzsche: Gaia Scienza (1882 aforisma sulla morte di Dio), fino alle ultime opere della filosofia del
sì alla vita > Melchior segue questo sviluppo nel dramma. Filosofia che con la morte di Dio
concepisce anche il concetto di spirito libero. Lo spirito libero lascia dietro di sé le certezze del
vecchio mondo, le certezze metafisiche, e abbraccia la vita come realtà unica e priva di una alterità
trascendente giustificante e dunque può sperimentare liberamente con i fenomeni della realtà
senza confrontarsi con nessuna realtà superiore.
07/11/2016
QUARTA SCENA
Ansie di Moritz, l’utopista di stampo Nietzschiano. Moritz scopre che sarà promosso, senza più il
timore della bocciatura a questo punto si sente sollevato e dice cose grosse.
Pag. 13 Nei parallelismi ed equilibri dell’atto I il conflitto è fra valori morali vecchia generazione e
valori immorali nuova generazione. Il confronto fra le due cose non è pari: la vecchia generazione
determina ciò che la nuova è in grado di dire ed è in grado di pensare, soprattutto la prima dispone
di strumenti repressivi, e dunque il conflitto avviene sul piano della tensione fra coloro che
aspirano a qualcosa di nuovo e coloro che a confronto con i giovani costituiscono i soppressori
della libertà.
In Moritz il conflitto si manifesta in termini estremi: non fosse stato promosso si sarebbe ucciso >
morte come fine di tutto.
I naturalisti leggevano Nietzsche come il grande liberatore: colui che promoveva il nichilismo
attivo come soluzione dissolutrice, colui che dissolvendo il vecchio libera il nuovo. Preparazione
ad una liberazione intrinseca alla fine dei vecchi valori > ricezione naturalistica di Nietzsche.
QUINTA SCENA
Incontro Melchior e Wendla: connotato eroticamente. Sappiamo anche che in Wendla sta
succedendo altro cf. scena I.
Incontro preparato anche dai sogni dei due ragazzi.
Siamo di nuovo all’aperto (alternanza aperto-chiuso) > morale al chiuso vs libertà della vita
all’aperto.
Driade: dimensione mitica e primordiale, appare primordiale agli occhi di Melchior, il più colto
degli studenti. Ha gli strumenti per definire l’ignoto: gli strumenti del mito.
Pag. 14 Siamo nella stessa dimensione: fiaba e mito > forme elementari che rinviano alla infanzia
dell’umanità nella percezione che ha l’’800: dentro fiabe e miti sta qualcosa della psicologia più
profonda
Wendla è caritatevole (pag. 15) tema a cui non è estranea la filosofia die Nietzsche. Wedekind
vuole un clima Nietzschiano > dimensione amorale e sovra morale, ci richiama alla mente l’idea di
Nietzsche della carità come atto di egoismo perché aumenta il senso di sé a colui che dona.
Piacere dell’io, non piacere del donare, questo non esiste: la vita cerca un modo di affermarsi, per
questo non è mai dativa, ma qualcosa che donando si afferma. Se io dono aumento il mio potere
nei confronti di chi ho donato > apparente atto di generosità che è affermazione dell’io.
Nietzsche: opere sull’inesistenza dell’autosacrificio, inesistenza del donarsi dell’io. Con logica
nietzschiana Melchior trae da questa considerazione un argomento antireligioso e anti ecclesiale:
veniamo ingannati dalla chiesa che ci impone una morale di sacrificio, che è una morale dell’io
mascherata che sta alla base di ogni morale dell’altruismo che è un correlato della morale più
antica del porgi l’altra guancia, che è il vero esercito che sconfisse l’impero Romano, cioè il senso
di compassione > morale talmente disponibile a sottomettersi da provocare il collasso di un potere
determinato solo dalla volontà di resistenza. Nel momento in cui questa resistenza non c’è più
uccide senza trovare difesa, allora questo è un poderoso strumento distruttivo. Altra strategia che
il cristianesimo mette in atto per portare a deflagrare le contraddizioni della vita che vuole
affermarsi attraverso la violenza e la forza. Cnf. Al di là del bene e del male.
Racconto di Martha Bessel due scene prima era connotato eroticamente (punizioni del padre).
Melchior introduce l’idea Nietzschiana dell’autosacrificio, dell’inesistenza dell’altruismo; Wendla
racconta la sua fantasia fiabesca e infantile. Melchior si oppone in nome degli ideali nietzschiani
che portano al concetto di forza. Nietzsche dice che la forza (rappresentata dall’Impero Romano) è
stata sconfitta dal cristianesimo > non esiste più da quel momento, ma domina la morale del porgi
l’altra guancia, ora c’è l’uomo del risentimento che è proprio l’uomo moderno. Melchior calcando
Nietzsche dice che la forza non esiste più: Il vero forte è l’uomo che si sottomette, che è la vera
molla del potere che il cristianesimo esercita.
Melchior > problema sulla natura della forza nel mondo moderno\decadente
Wendla vs Melchior > diversa concezione della naturalità. La brutalità, la finta forza è brutalità di
chi la forza non ce l’ha, quella brutalità è connotata eroticamente.
Wendla non è in grado di comprendere Melchior, quindi traduce il suo discorso sulla forza nei suoi
termini che non hanno nulla a che fare con la filosofia di Melchior che hanno a che fare con la
psicologia e l’erotismo.
Cosa logica nell’ottica di Melchior denunciare il padre perché non si tratta di forza autentica. Si
può risolvere con una denuncia: non c’è nulla di interessante, nessun concetto di forza.
Il filosofo ragiona sul concetto di forza, mentre la giovane driade è nutrita dal desiderio di provare
la forza maschile.
Baudelaire pag. 16: coito = tortura, le contorsioni dell’orgasmo sono le medesime dell’uomo\
donna sottoposti a fustigazione (dai Fiori del male).
Battute brevi: la filosofia viene a meno, si deve arrivare velocemente al punto. Non è più questione
di forza in senso nietzschiano: vita che si afferma attraverso la forza, ma sfera della vita decadente
che conosce il piacere soltanto nel SUBIRE la forza > inversione dell’ideale. Wendla è un esser
puramente istintuale e vive la sua condizione di decadente in modo spontaneo e inriflettuto, e può
provare piacere solo attraverso la soddisfazione del desiderio primario di subire la forza altrui.
Problema di come l’individuo della decadenza prova piacere piacere nel subire e passività è
l’aspirazione di Wendla di abbandono nella forza altrui. Stesso ragionamento di Baudelaire.
Wendla è passiva nel subire e prova passione erotica ed è lei il motore di Melchior che non
agirebbe.
Wedekind grande psicologo: erede della psicologia della decadenza come Baudelaire e legge il
mondo secondo queste categorie.
Eros della decadenza è l’eros passivo, che subisce la forza fisica, persuasiva dell’altro, ma è una
sessualità debole = l’istinto addomesticato dalla civiltà. Nel risveglio di primavera è il risveglio
dell’istinto, che represso e privo di qualsiasi indirizzo che possa darsi da solo, in questa condizione
di indebolimento cosa resta? La mediazione dell’intelletto. Quando l’istinto comunque emerge
sull’intelletto, si manifesta confusamente, si manifesta in modo tale da non produrre alcun effetto
naturale, per questo Wendla si fa picchiare.
Gonna: pag. 17 simbolo della civilizzazione che attraverso i costumi devia il corso dell’istinto.
È stato costretto ad una scena di violenza. Scappa spaventato per quello che ha fatto > Wedekind:
questo è l’eros della Decadence: eros come pura brutalità e violenza. Eros, inteso come istinto
naturale, è represso e non esiste più.
La cultura di fine secolo legge anche una misoginia in Nietzsche, ma anche un eco della letteratura
di Baudelaire ed è proprio così che la legge Wedekind. Trasformazione del concetto Baudelaire:
identità eros-uso della forza, dall’uomo verso la donna. È lei che costringe lui ad usare la frusta >
conflitto fra i sessi fondato sull’equazione: i due sessi si ingannano l’uno con l’altro (lei costringe
lui, anche se subisce lei).
Freud dirà: l’individuo che cresce in un ambiente familiare con un concetto di eros che deriva
dall’amore materno difficilmente sviluppa crescendo parallelamente una concezione di eros
emancipata da questa concezione di amore infantile > quando arriva alla vita adulta e matura, non
essendo in grado di separare le due cose si sposa e porta dentro il matrimonio, laddove dovrebbe
portare la natura dell’eros, una concezione tenera e infantile dell’eros. Paradosso per cui l’uomo è
in grado di manifestare la sua potenza sessuale solo con esseri che considera inferiori a lui
(prostitute, amanti occasionali).
08/11/2016
SECONDO ATTO
SCENA I
Siamo all’interno, nello studio di Melchior. La dinamica del dramma ha andamento più libero. Al
posto di un lungo monologo di Faust abbiamo un dialogo che confronta il pensatore nietzschiano e
il suo discepolo.
Dramma età di Goethe: Faust pensatore eroico vs dramma di fine secolo: Nietzsche lancia
un’ombra di dubbio sulla riflessione filosofica: il pensiero ha una parte meno rilevante rispetto a
Faust, per lui vivere è il pensiero. Melchior non è un personaggio positivo, è un decadente. Moritz
è egualmente incapace di vivere, ma ne è consapevole, mentre Melchior è un nichilista passivo:
vede disfarsi un mondo che non è più possibile e ci soffre, non ha i mezzi per trovare un altro
mondo possibile. Moritz è un carattere tormentato che non sa che direzione dare ai suoi desideri.
No fiducia nella capacità intellettuale di dominare il mondo. Melchior è preda di vecchie illusioni.
I rapporti di Melchior-Moritz > è Melchior che deve essere svegliato da Moritz, perché Moritz in
quanto meno dotato e dunque meno rispettoso delle istanze tradizionali, è paradossalmente più
vicino alla natura repressa, indebolita, censurata dei suoi istinti di quanto non lo sia Melchior.
Riflessioni sul rapporto delle istituzioni: istituzione è ciò che è più lontano dalla sua natura, sente
di più l’istinto primario, per questo con difficoltà scende a patti con i doveri della società. Le sue
preoccupazioni nascono sempre dalle reazioni dei genitori: è un grottesco modo di far riferimento
ai timori che il suo modo di fare possa creare catastrofi in una società alla quale lui sente di
appartenere. Nietzsche: il decadente cosciente sa sempre di essere appartenente, anche se cerca
di fuggire a questa sua condizione. Parliamo di ragazzi, Moritz sente la sua ribellione a ciò che gli
viene richiesto e imposto, ma, nonostante ciò, si sente responsabile nei confronti di una realtà che
è pur sempre la sua. Le sue istanze di liberazione vanno in senso contrario alla realtà e alla sua
società, ma lui ne fa parte e non può fare a meno di farne parte.
Melchior: pensa e non si limita ed esprimere la forza istintiva delle istanze sociali, ma le articola
con il pensiero in modo filosofico. Si è fuori e dentro la realtà, vorrebbe esserne fuori, ma non può
farne a meno (Cf. Richiesta del tè).
Moritz racconta un’esperienza: acuirsi dei sensi che si ritroverà anche nella lettera di Lord
Chandons, dove l’acutizzarsi delle sensazioni sensibili e iper-sensibili in un manifestarsi di una
percezione estrema della realtà sta a significare che esistono altri modi di vedere e leggere il reale
e che questi modi sembrano portaci fuori da noi stessi, come effetto di un potenziamento delle
facoltà che ci restituisce un’immagine diversa della realtà, ma non abbiamo parole per descrivere
questa realtà. Anche Moritz non sa dire che cosa realmente sente e succede in lui.
In generale il diverso approccio alla realtà è un tema costante, il linguaggio che manca. Qui però
l’incapacità di dirlo è solo una parte del problema, la constatazione della nuova realtà che si
dischiude ad una nuova sensibilità di vita. Moritz è interessante perché sente tutti i bisogni e le
istanze dell’uomo decadente, la necessità di uscire dalla decadenza, ma non sa immaginare su
questa base nulla di diverso da quello che già c’è. A cosa serve questa sensibilità?
La modernità ha definito queste percezioni come epifanie (improvviso sollevarsi di un velo sopra la
realtà che mostra la realtà medesima in un altro modo permettendo di comprenderla), nel mondo
moderno è esperienza comune e inservibile. Ne la coscienza di Zeno improvvisamente egli capisce
tutto, chi era, dov’era, perché era nato: è esattamente la tipica esperienza del romanzo moderno.
Il romanzo moderno nasce dalla percezione non fruibile di una verità che sta al di là di una realtà
non fruibile con un carattere momentaneo e non afferrabile della realtà.
Il tè in questo momento è ciò che dovrebbe riportarlo alla realtà: tè usanza quotidiana.
Pag. 19 favola di Aristofane nel Simposio di Platone. È una gara di 5 persone attorno ad un
banchetto che devono definire la natura dell’amore. Socrate è colui che dice le cose più profonde.
Il mito che racconta Aristofane: gli uomini erano esseri perfetti androgini, tale era la loro
perfezione che aspirano alla condizione di dei (hybris) e gli dei si sentono minacciati. Zeus decide
di tagliargli in due: queste due metà si cercano nel mondo per cercare l’unità perfetta da cui sono
derivati. Favola della regina senza testa assomiglia a quella di Platone > il problema è sempre la
complementarità dei sessi.
2. Regina senza testa fa riferimento alla realtà: alla regina mancano i sensi > ideale erotico
espresso in termini infantili dalla fiaba di Moritz e quindi la ricerca di un essere complementare
che però gli possa conferire qualcosa di suo (come il re conferisce la sua testa alla regina senza
testa). Ma allo stesso tempo la filosofia nietzschiana che invita l’uomo a leggere il mondo
attraverso i sensi: la perdita dei sensi è la condizione dell’individuo rimesso ad una verità
insensibile, sovrasensibile metafisica di cui va in cerca continuamente, senza trovarla, il quale
essere disprezza e ignora i suoi sensi (Nietzsche dice che esiste un solo mondo restituito dai nostri
sensi, non ne esiste un altro). La sensibilità, modo attraverso la quale si interagisce con il mondo
sensibile, è il più importante degli strumenti filosofici: materialismo, ma anche in chiave sensistica,
il mondo è quello che abbiamo ed è ciò che i nostri sensi ci restituiscono. La regina senza testa è
l’uomo del passato, che crede nella metafisica e nella realtà dietro il mondo e non ha orecchi e
occhi per il mondo che lo circonda.
Moritz invece avverte il rinascere degli istinti in lui come un acuirsi della sensibilità e della sua
capacità filosofica, l’uso dell’intelletto e della razionalità per capire il mondo è un approccio
improprio al mondo stesso. Non è la ragione che ci mette realmente in contatto con il mondo, ma
è la sensibilità. Mortiz che si sente agli antipodi di questa insensibilità della decadenza cerca una
sua metà decadente la quale possa conferirgli la sua sensibilità o la cui insensibilità può essere
compensata dalla sua ipersensibilità (senza teste> due teste, senza sensibilità > iper-sensensibilità)
> umanità stessa decadente priva (o che si auto priva) di una sensibilità capace di penetrare le
cose del mondo che ha bisogno di una nuova più acuta e più forte sensibilità.
1. I nervi sono repressi nella decadenza e reagiscono con una attività febbrile che indebolisce
l’organismo dell’individuo decadente e allo stesso tempo lo rende più acuto;
2. l’uomo decadente, malato di nervi, è tuttavia colui che percepisce ciò che gli altri non
percepiscono proprio perché malato di nervi, come il Moritz. Per Nietzsche ci sono autori
(Leopardi, Flaubert, Tolstojeski) ipersensibili della decadenza, la letteratura della decadenza serve
perché viene da persone che HANNO DUE TESTE (malati di nervi) e prestano la loro sensibilità a chi
non ce l’ha più o non sanno dove metterla. P. 20
L’intervento della Frau Gabor è di tipo repressivo: non bisogna leggere il Faust a questa età. La
considerazione che esegue quella di Melchior non cambierebbe la sostanza e il giudizio
sull’operato di Faust, perché aspira a conquistare oltre la donna amata una realtà a cui non ha
accesso (un infinito), perché gli è preclusa dai limiti delle sue capacità. Faust è condannabile
perché cerca ciò che non c’è: la verità che non può esistere, il mondo dietro il mondo. La scena si
apre con uno scenario simile a quello del Mologno di Faust: scena Nacht, ma il contenuto finisce
per contraddire completamente proprio l’ideale faustiano della ricerca infinita e assoluta della
verità.
p. 21: il dramma riprende il filone principale della sua argomentazione: rapporto fra i sessi. Moritz
ha letto l’elaborato di Melchior ed è stato colpito da un’argomentazione che riguarda il Faust.
Tre considerazioni:
1. Occhi chiusi: iper vista di Moritz
2. Moritz sta risvegliando l’istinto, il represso torna.
3. Subire un’ingiustizia piuttosto che produrla >porgi l’altra guancia. Variazione sul tema che
Moritz raggiunge la consapevolezza della forza di subire l’ingiustizia, che è la forza del
cristianesimo che nella visione nietzschiana è la forza dei deboli. Kant: è preferibile subire
un’ingiustizia piuttosto che arrecarla, perché permette anche a chi è più debole di acquisire
una forza agli occhi di chi l’ingiustizia la produce.
Risposta di Moritz alle considerazioni di Melchior. Moritz esprime il fondamento della morale del
risentimento, morale dei deboli dell’” offrire l’altra guancia” trovando lo strumento per esercitare
una qualche forza sull’avversario, una reazione in grado di scardinare l’ordinario procedere della
forza come sopraffazione, Melchior propone: “io non voglio mendicare la mia felicità, non
voglionulla che io non mi sia dovuto conquistare “(cf.).
Moritz porge le sue confuse aspirazioni alla superazione dei limiti e della condizione della
decadenza in cui si trova ogni individuo e giunge alla formula in cui si riassume la morale e ideale
di felicità di una vita indebolita dai meccanismi della decadenza e della civiltà. Nietzsche: dal
momento in cui l’uomo decide di pensare da filosofo (Socrate) invece di agire è tutta decadenza.
Meccanismo per cui l’uomo inizia a pensare e indebolisce istinti e nature, sensibilità, impulsi:
Nietzsche nelle guerre della Grecia del Peloponneso, Socrate per combattere l’indebolirsi degli
istinti nella popolazione ateniese, ricorre all’ultimo istinto: quello di pensare > ma inizia un
meccanismo contrario che pone altri valori: dall’ istinto > all’intelletto e alla razionalità.
Scena:
1. Moritz dà espressione alla sensibilità e all’ipersensibilità che caratterizza l’uomo che è
insieme il marchio del suo decadentismo e la possibilità che ha di uscire dalla decadenza se
questa sensibilità riprende la posizione che ha avuto nel passato. Fintanto che ciò non
avviene però è meglio >
2. Godere del desiderio residuale del subire piuttosto dell’agire. Moritz che in qualche modo
prima poteva condividere l’ottica di Melchior, ora invece dice di non voler una vita ridotta
ad elemosina, ma vuole riconquistare il diritto di avere ciò per cui combatte.
Alla decadenza non si può sfuggire semplicemente volendolo. Nietzsche: decadenza assorbe
qualsiasi istanza, se il metodo è il nichilismo, qualsiasi istanza proposta dall’interno della
decadenza viene consumato come istanza dalla decadenza stessa.
Per il momento Moritz è più avanti di Melchior perché lui continua ad usare la testa, ha sempre
bisogno di qualcuno che da fuori lo inviti a non pensare, le sue sono sempre istanze razionali e
quindi una ideologia della vita sana e non in declino, in realtà sono i sogni del decadente che come
tali sono condannati ad essere sconfitti dalla realtà. Melchior non conquista alcunché con le sue
forze, incontra solo catastrofi.
Insieme si è sempre un decadente ed un anti decadente > non si può superare la decadenza con
un atto di volontà. Il superamento della decadenza può avvenire soltanto a partire da una
rivoluzione della vita: cioè quando la vita ritrova la sua condizione di forza. Questa condizione di
forza semplicemente annunciata, ma non realizzata non porta da nessuna parte.
SECONDA SCENA
Pag. 22 atteggiamento non soltanto di repressione di istinti, ma di pari passo anche il primato della
menzogna (Wendla non sa come si concepisce) falsificazione fiabesca della realtà.
Repressione –falsificazione. Repressione degli istinti nei ragazzi crea ipersensibilità vs scene
femminili la repressione della conoscenza produce il primato della fiaba, del racconto
immaginario.
Tema Nietzschiano: le verità della metafisica sono da lui sempre chiamate fiabe > “le fiabe della
religione e della metafisica” sono sia i miti che da sempre la letteratura tedesca ama (e anche gli
italiani cf. Vico e le favole antiche con valore gnoseologico), ma ora in civiltà avanzata non hanno
più valore pedagogico, ma repressivo – censorio. La storia della cicogna è manifestazione
culturalmente mascherata di un atteggiamento volutamente falsificante e censorio
Condizione di inconsapevolezza: l’uomo che ragiona per farsi un’idea della realtà, che ha perduto
la guida degli impulsi, non è in grado di farsi una ragione attraverso la ragione. Se si staccano le
facoltà umano e si dà il primato ad una sull’altra, cioè se si separa la ragione dall’istinto, dagli
impulsi, dai sensi, si ha un mondo fantastico, che è il mondo che la mamma vuole dare a Wendla.
Pubertà: età chiave in cui la ragione ti permette di capire che c’è qualcosa che esiste, ma che non
sai cos’è > tragedia di bambini, l’ottica è quella che vede i figli come bambini, producendo quindi
una tragedia: consapevolezza e inconsapevolezza. La ragione che unita all’istinto dovrebbe
produrre una cosa sola, cioè che la realtà è così com’è e non ce n’è un'altra, e che quindi dovrebbe
indurre a vivere la realtà per quella che è, finisce per essere uno strumento falsificazione nel
momento in cui si mette la maschera della morale sull’istinto.
Pag. 23 kann nicht > non potere che dipende dal fatto di non essere in grado. La mamma non è in
grado perché mancano le parole per dirlo. La mamma non ha le parole.
Pag. 24 idea di togliere i figli ai genitori in scena di Martha. La mamma ha un’epifania: ha acquisito
la consapevolezza della mancanza di strumenti e parole a causa del contesto e della società in cui
vive. Assoluta consapevolezza vs assoluta inconsapevolezza di Wendla alla quale non si può porre
rimedio perché chi sa non può dire e chi non sa deve restare in una condizione di assoluta
ignoranza. In mezzo a queste due condizioni c’è la morale. Clamorosamente la natura si
contrappone alla morale, l’istinto al valore razionalmente acquisito, ma questo manifesta la sua
debolezza nel momento in cui si capovolge in impotenza = vorrei dire, ma non posso dire.
Incapacità della parola di sciogliere il nodo della conoscenza: incapacità della parola di superare il
limite metaforico del linguaggio, le parole diventano metafore che hanno perso la consapevolezza
di essere metafore (tavolo= parlo per metafora di qualcosa su cui mi posso appoggiare). La
formula dell’impotenza del linguaggio e quindi la formula dell’impotenza della ragione sul
linguaggio esistente. C’è un nesso incancellabile fra razionalità e linguaggio, fra linguaggio e
concetto, fra razionalità e concetto. Cioè la lingua di cui ci serviamo per vivere è in realtà una
lingua metaforica, che per tale ragione è inservibile al fine di dire la verità.
09/11/2016
Due monologhi: il primo di un personaggio minore del dramma e la madre di Melchior >
contrapposte.
Una è un monologo teatrale, l’altra una lettera e portano in avanti la contrapposizione la natura
profonda dell’uomo e la morale intesa come insieme di valori repressivi che diventano anche
opprimenti e oppressivi.
Scena scandalosissima: masturbazione su immagine di Madonna, che richiama alla modella che è
servita al pittore > toglie l’elemento blasfemo attraverso l’espediente. Idea baudelairiana: tra eros
e agape (amore e misericordia) non c’è nessuna differenza se si toglie l’elemento religioso,
potrebbe essere un amore carnale. Fondamentali poesie di Baudelaire su prostitute comparate a
figure sacre che hanno entrambe le identità, cioè l’identità naturale di donne. Pregiudizio religioso
che conferisce a figure perfettamente umane uno status più alto, sacro.
Se si legge in ottica desacralizzata, l’immagine presta nella figura della madonna, solo l’immagine
della modella e quindi tutto il sacro scompare > espediente per evitare accusa di blasfemia,
dall’altra permette a Wedekind di articolare un pensiero già esplorato dalla letteratura decadente.
Pag. 25 espressioni legate ad un codice fisico e sensibile, non sta profanando un’immagine sacra,
sta sognando il corpo della modella e nella conduzione monologica dei pensieri associa al corpo
della modella il suo corpo > segnare dell’emergere incontenibile degli istinti che provocano
reazioni corporee.
Collezioni di immagini che derivano dalla pittura classica o religiosa e tutte figure sacre o
semidivine.
Sottolineati i connotati decadenti di questo monologo: metafora della lotta > battaglia condotta
con figure che non si oppongono: anche qui c’è la passività in primo piano: eros a disposizione dei
decadenti. È un eros che non legge più l’immagine per quel che è, ma per la sua fruibilità nella
battaglia che il personaggio conduce per permettere ai propri istinti di trovare una direzione e
un’identità, ma questi istinti si sfogano in una situazione in cui non c’è reale battaglia, ma la lotta è
solo immaginata e immaginaria. Importanza della scena dal fatto che l’onanismo non ha bisogno
del confronto con la vita reale ed è quindi bastante a sé stesso in quanto proprio espressione
eponima dell’eros decadente: nel momento in cui gli istinti si indeboliscono non c’è più reale
bisogno e desiderio di dare all’eros la sua destinazione naturale, ma è più che sufficiente un
surrogato. Le indicazioni che dà sui precedenti possessori delle immagini di cui si è appropriato (il
padre, il fratello), danno un ‘idea di un panorama connotato da un erotismo residuale, sminuito,
diminuito.
Altro elemento decadente è il richiamo all’harem: uno stile della cultura contemporanea che
popola l’immaginario decadente. Harem descritti in fantasie arabeggianti della cultura decadente,
pittori che superano l’orientalismo ispirato dalla bibbia. Il vero orientalismo esplode dopo le
guerre di conquista in Africa e Asia e si impone alla fine dell’800 come rappresentazione
idealizzata degli spazi e delle realtà dei colonizzatori e trasfigurazione ideale. L’harem è in questa
cultura un luogo di perdizione e di eccessi: sogno dell’uomo europeo che si sente sultano nelle
contemplazioni degli harem o letteratura connotata eroticamente (cf. Pierre Louis; Les jardin des
delices). Scena dell’eros decadente con elementi che misurano l’entità di ciò che Wedekind vuole
comunicare. L’idea che sempre nella trasfigurazione onirico-psicologica, i Todes Kandidaten di
queste immagini hanno una connotazione erotico-sadica. Torna l’elemento fiabesco.
L’identificazione richiama le precedenti identificazioni di Martha con la Piccola fiammiferaia, con
Wendla e Cappuccetto Rosso (qui Barbablù) > modelli evocati perché è la principale cultura che
possiedono, quella fiabesca.
Capovolgimento delle relazioni morali: le vittime di Barba Blu non hanno sofferto così tanto
quanto le sue uccidendole una a una. L’assassino è sempre una vittima: Nietzsche e i meccanismi
di scoperta del contenuto psicologico di determinati atti e gesti. Così come il verso precedente
comincia con l’evocazione dei propri peccati; anche questo capoverso inizia con un’evocazione del
rapporto tra peccato e coscienza (Nietzsche: il rapporto fra atto e coscienza può diventare
distruttivo e la soppressione di questa origine dell’impurità morale alla quale si abbandona questo
personaggio e quindi soppresso l’oggetto del desiderio, l’impurità che scompare è connessa con il
correlato psicologico del rilassamento: il tenerla troppo con sé provocherebbe un senso di colpa e
conseguentemente l’omicidio è liberazione del senso di colpa > liberazione dal punto di vista
psicologico che spiega anche come questa scena sia una scena di smascheramento e rivelazione
che resta nascosto nel profondo dell’individuo).
Heliogabalus: autore di nefandezze, qui citato per questo e noto a Rilow perché parte della cultura
scolastica dell’epoca.
Scena erotica tutta pensata: pensieri in libertà: i puntini di sospensione lasciano immaginare l’esito
dell’operazione.
Si trova una serie di rappresentazioni che facevano già parte del repertorio decadente e legati al
nesso violenza-tortura-eros. Comincia con la morte e poi simula una scena di stupro (le ginocchia
che si premono una contro l’altra), tutto ha a che fare con erotismo sognato e
contemporaneamente perverso. (cf. “idola di perversità” > elementi per comprensione di un
erotismo che per Wedekind è erotismo solo parzialmente espresso ed inesprimibile perché
repressi gli istinti rimane solo il sogno dell’eros). Contrapposizione tra naturale sfogo del desiderio
e condizione del desiderio represso de-istintualizzato nell’età della decadenza caratterizzata dal
pervertimento e dall’indebolimento degli istinti.
Atto erotico nell’ omicidio della decadenza: nella trasfigurazione onirica di un eros che non trova
altro sfogo se non in una soddisfazione onanistica risulta evidentemente paradossale, grottesco e
Wedekind intende realizzarlo.
SCENA QUARTA
Secondo incontro fatale tra Melchior e Wendla. Senso Nietzschiano della scena: non c’è nessuna
forma d’amore > forma nietzschiana in una situazione improbabile. La concezione dell’uomo del
naturalismo che deriva da Nietzsche era una visione dell’uomo che, restituito alla sua forza
primigenia agli istinti e impulsi primari, si comporta istintivamente e nel farlo si contrappone
proprio non soltanto alla decadenza che nella scena precedete umilia gli istinti umani, ma anche
manifesta il fatto che l’autentica natura dell’uomo è priva di connotati morali, tabù e
addomesticamenti che la cultura occidentale ha introdotto come moderatori e organizzatori degli
istinti nella cultura e nella società.
Qui Melchior appare come una sorta di aggressore e uomo degli istinti. L’uomo rimesso ai suoi
istinti è puramente egoista, puramente io e rimesso a sé stesso e quindi totalmente separato dalla
volontà dell’altro.
Esattamente come la scena precedente è una scena immaginativa dello stupro della modella di cui
l’artista si è servito per quella immagina, ora Wedekind gioca con la capacità di immaginazione
dello spettatore, lo pone nelle condizioni di Rilow, sei in grado di immaginarti di tutto, ma così
facendo puoi porti il dubbio che la tua facoltà immaginativa sia espressione della sensualità
residuale che è frutto degli istinti indeboliti che esistono nella decadenza.
QUINTA SCENA
Secondo monologo mediato dalla lettera che è il contenuto del monologo medesimo.
Moritz chiede alla Mamma di Melchior soldi per fuggire in America: ciò che scrive la madre di
Melchior, che è un rifiuto, contiene un riferimento al peccato. La cultura vecchia è costantemente
connotata in senso religioso: morale religiosa. Sarebbe un peccato dargli i soldi per portare a
termine il suo intento.
Rilevante nella lettera: la valutazione della madre rimanda sempre ad una debolezza di forza, forza
morale e allo stesso tempo come capacità intellettiva > cortocircuito tra le due concezioni della
forza che rappresentano nuovamente l’uomo decadente secondo la visione Nietzschiana. Moritz
viene descritto come l’uomo della decadenza, ma in modo inconsapevole. Le forze morali
mancano in Moritz, e che invece abbondano in lei che si comporta come una brava educatrice nel
senso della buona condotta morale dell’esistenza. Lei che manifesta il suo essere perfettamente
aderente alla realtà morale di una società repressiva, fa manifestazione di volontà educatrice
tendando di rafforzare in Mortiz l’idea di una debolezza morale che realmente Moritz rappresenta.
Debolezza di Moritz dovuta al prendere in sopravvento in lui di istinti e impulsi che ne
indeboliscono le capacità intellettuali e morali.
La possibilità di fuga dell’uomo della decadenza è scappare dall’altro lato del mondo o uccidersi.
Perché la diagnosi di un male sociale determina le azioni difensive dell’uomo della decadenza: non
c’è altra soluzione a problemi che nascono dal contrasto con la situazione scolastica, sociale che lo
circonda se non il rifugio nella morte che nella simbologia nietzschiana è la liberazione, la
decisione di scardinare determinati valori: rifiuto dei precetti della religione, delle parole della
morale, della situazione nella quale si trova: negazione totale dei valori, nichilismo. Nichilismo
attivo che serve a distruggere l’esistente per preparale il nuovo, Wedekind è di questa linea.
Suicidio = contrapposizione dei valori
Silenzio sul suicidio: l’inclusione di questo atto nella società avrebbe un’azione deflagrante sulla
società se se ne parlasse.
Suicida: nichilista attivo estremo. Moritz vorrebbe eliminare i vecchi valori perché stanno tra lui e
ciò che desidera (la realizzazione dell’istinto) vs il nichilista passivo che soffre perché i vecchi valori
manifestano la loro impotenza.
Il nichilista attivo è colui che fa qualsiasi altra cosa, poiché qualsiasi altra cosa faccia contribuisce al
logoramento e alla distruzione dei vecchi valori. Il suicida è un nichilista attivo estremo: la
negazione totale della morale comune corrisponde al gesto più estremo che il nichilista attivo
possa immettere nelle idee della società.
Pag. 28 Nietzsche nella nascita della tragedia: I greci si sono inventati gli dei olimpici per poter
sopravvivere al pessimismo. Questo pessimismo Nietzsche lo mette in connessione con un
sentimento della vita e del mondo che chiama dionisiaco o divenire. Questo dionisiaco è connesso
con la realtà del trascorrere delle cose e della morte. Il divenire ed il trapassare (Goethe).
La realtà del dionisiaco rimane presente, e ciò che ha salvato i greci, mentre ciò gli etruschi non
hanno accolto, è stata la possibilità di immaginare una trasfigurazione della loro esistenza in una
sfera divina ed eterna. Fintanto che prevale il sentimento della morte si è portati a soccombervi.
Madre di Melchior: se tutti si suicidano nessun essere umano rimane > se ci lasciamo andare alla
disperazione difronte alla realtà universale del divenire e del morire non resta più nessuno. Ma in
una società che si è creata i suoi dei, valori e tabu per nascondere la realtà del divenire e
trapassare, se qualcuno la rende nuovamente visibile allora non resta più nessuno > Idea simile già
in Schopenhauer, filosofia del pessimismo. Nietzsche si contrappone a Schopenhauer, il
pessimismo che conduce nel suicidio non può dilagare, altrimenti non avremmo la nostra società e
l’essere umano nel mondo.
Il suicida è sempre colui che rende visibile la realtà incoercibile del dionisiaco.
Ovviamente la frase della mamma coglie nel segno il gesto di Mortiz, che si suicida per portare alla
luce la radice distruttiva di tutte le cose che nella morte ha la sua manifestazione visibile. Muore
lui perché il mondo non ha ragione di sussistere così com’è e quindi la madre di Melchior dice che
se tutti fanno come lui non rimane più nessuno (frase che non ha senso se letta così, si può
interpretare come formula di buona educazione, ma la madre trae conseguenze generali e
generalissime da una vaga minaccia: è più facile abbandonarsi al sentimento dionisiaco che la
resistenza al sentimento stesso.
I greci hanno prodotto l’olimpo, la società moderna produce solo tabuizzazioni e quindi produce
valori deboli. Non produce realtà che si oppongono all’evidenza della morte.
SESTA SCENA
Melchior: Se non c’è amore (=eros e disposizione dell’uomo verso l’altro) non c’è comprensione
(cf. Melchior), personaggi che agiscono in scena come esseri separati uno dall’altro.
Tema della mancanza delle parole: la madre di Wendla non trovava le parole, e ora Wendla
pretende al pari della madre di non trovare le parole. Tema presentato come una banalizzazione,
ma non lo è.
È il segnale che qualcosa è avvenuto, la realtà più profonda si è manifestata e mancano le parole
per parlarne. Qui è inserito nel dramma come una scusa che Wendla rivolge alla madre “non ho
parole” > idea del tasso di ovvietà del tema nel Fine secolo. Idea che non ci siano parole per
esprimere la realtà non è una conquista della decadenza, l’avevano già detto i Romantici, la
conquista è costruire una realtà su questo. La realtà del silenzio, dell’incomunicabilità con le
parole genera la necessità di un sapere, di un rapportarsi alle cose diverso perché la parola non è
uno strumento affidabile. Argomento posto, ma non risolto, ma posto alla base di tutto ciò che
avviene e avviene dopo: l’incomunicabilità prende una forma plastica nel dramma prima del
suicidio di Moritz.
SETTIMA SCENA
Precede il dialogo salvifico, se solo Moritz avesse la forza e la capacità di trarne conseguenza. Ma
poiché la parola è uno strumento insufficiente, le parole di Ilse, che è colei che potrebbe trarlo
dalla sua solitudine e dalla sua condizione sofferente dei suoi istinti, nell’isolamento e
nell’inconsistenza delle parole si resta nell’isolamento anche quando si scambiano parole.
“ich passe nicht hinhein” non sono adatto a questo mondo e quindi esco.
L’argomento inizia a diventare metafisico: è venuto in questa terra senza averlo chiesto e adesso
mi ci hanno spinto e mi ci ha spinto quel Dio nel nome del quale questa società esiste e da forma
ai suoi valori, mentre questi valori per lui sono oppressivi.
“Auf der Kopf gefallen sein”: concetto Egeliano della Geworfenheit. Cioè ognuno di noi è stato
gettato nel mondo e quindi la concezione esistenza dell’uomo è determinata da questa
Geworfenheit.
Pag. 29 concetto dell’essere esseri umani senza aver conosciuto l’amore (inteso come sessualità,
eros). Quando Melchior dice “non c’è amore, è tutto egoismo” dice una cosa che sta alla base del
concetto della riduzione della sessualità e dell’eros. Situazione in cui l’uomo si trova è di
estromissione dalla realtà naturale e vitale degli istinti, la riduzione del concetto di amore alla
dimensione puramente erotica, sta per una prospettiva di restituzione dell’uomo all’elementare.
Da ciò è possibile concepire un’altra storia all’uomo > Il problema della cultura del fine secolo
dopo la lett. di decadenza e dopo Nietzsche è immaginare una via di decadenza legata alla
possibilità di azzerare l’esistente e incominciare da un punto che sia estraneo alla cultura che ha
prodotto questo mondo. (Stesso tema lettera Lord Chandons > le parole non servono e i concetti
sono inutilizzabili; intuiamo che c’è qualcosa ma non riusiamo ad afferrarlo).
Il naturalismo immagina la cancellazione dei valori come restituzione dell’uomo ad una realtà
elementare, primigenia tabuizzata dalla cultura, a partire dalla quale è possibile costruire nuova
storia dell’umanità. Importante elemento sessuale per Freud: è il non detto, cioè che in virtù della
repressione genera i più gravi disagi nella società contemporanea. Quindi la sessualità è ciò che
rende più uomo un uomo, più umano un essere umano.
14/11/2016
Moritz dice una affermazione universale: l’uomo sta sulla terra senza conoscere ciò che lo rende
un essere umano.
Questo secondo lui è il fondamento negativo della filosofia di Schopenhauer (filosofia pessimistica)
che si contrappone al desiderio di riconquistare la vita che è al centro della filosofia di Nietzsche.
L’ambizione nietzschiana alla vita rinuncia, si consegna alla morte per l’impossibilità di accettare la
vita come natura e la natura come vita. Sentimento di autocommiserazione di Melchior che è
presupposto necessario perché possa provare compassione per chi possa aver avuto a che fare
con lui.
Tragedia con finalità catartica: generare timore, terrore e compassione > gli spettatori provano
compassione; Wedekind: la debolezza di Moritz che si trasmette a chi assiste a questa sua ultima
“avventura”.
Moritz si compatisce > la compassione di chi assiste alla fine si trasmette come sentimento che
implica ostilità nei confronti della vita, seppur frustata dalla morale e incapace di realizzarsi come
vita.
Il ragionamento di Moritz diventa quasi subito meta letterario. Pag. 30: nell’aldilà della vita, ma
anche qua = dall’alto del palcoscenico vedo sguardi compassionevoli. La tragedia ha compiuto un
primo arco, dopo aver tematizzato la necessità di un nuovo rapporto con vita e natura,
rappresenta un soccombente, la vittima della morale in Moritz che resta ancora attaccato al
concetto di compassione di provenienza religiosa (pietas) = sentimento che in quanto condanna la
vita rimanda ad una realtà che sta al di là della vita medesima, sentimento che accetto il contenuto
morale del giudizio sul destino dell’uomo sul mondo.
Nel ‘700 il Mitleid è il sentimento che rende umani, è il più importante dei sentimenti che il teatro
deve suscitare per purificare tutti gli altri sentimenti negativi che contrastano con questo. Il fatto di
menzionarlo qui significa che il suicida che compatisce e viene compatito è comunque un oggetto
giocato da sentimenti morali che nulla hanno a che fare con la natura dell’uomo e con la natura in
generale. Moritz soccombe alla morale perché ci crede, è preoccupato per cose che hanno
carattere opposto a quello che posseggono le sue aspirazioni alla riconquista di una forma di
naturalezza.
Questa parte va letto come espressione di una personalità che vuole porsi al di sopra dei giudizi
morali, ma viene completamente assorbito da essi. Inconsapevolezza di Moritz e la risposta di Ilse
“allora è anche inutile che cerchi” è anche sostanzialmente una conferma della necessità e
dell’inevitabilità dell’uscita di scena come liberazione dalla società stessa. Dialogo fra due persone
che in diverso modo contrastano con i loro atti le pretese della morale dominante: Moritz suicidio
è l’atto più nichilistico.
Suicidio è atto della negazione dei valori, ma è la soluzione estrema. La morte, il suicidio,
l’autocancellazione è l’esatto antagonismo al dire sì alla vita. A differenza dei naturalisti, per
Nietzsche il nichilista attivo non è l’eroe della trasformazione, ma è uno che accelera la distruzione
dei valori che ormai sono inservibili e logorati. [Christian: folle, ma nichilista attivo: dissacra ogni
valore vs Moritz fool tragico che dice cose vere, si oppone alla morale, ma poi entrambi
soccombono]
Trasvalutazione dei valori: se si rovesciano i valori se ne vede la debolezza. Il fine è quello di
cambiare la coscienza e la consapevolezza della vita conferendo agli uomini nuovi una base per
agire che sia inaudita e mai conosciuta e quindi non può essere preda della decadence. Se si
cambia il modo di guardare all’uomo e il suo rapporto con la natura e la sua natura, è qualcosa di
inaudito e quindi non soggetto di decadenza. Non si può negare né vita né natura, la vita deve
esistere in una accettazione totale e immediata della natura stessa pura e semplice. L’uomo si
salva solo nel ricordo (Schiller).
Eros: istinto che punta la continuazione alla vita vs desiderio di tornare allo stato di inerzia, di
Annullamento (Freud). Vs Nietzsche istinto principale è l’istinto vitale o si ha una riduzione della
vita stessa; Freud invece dice che vogliamo tornare alla condizione di inerzia: Moritz è disturbato
dalla società. Ilse gli propone di andare a letto, lui piuttosto si uccide = vuole tornare allo stato di
inerzia.
Pag. 32-33 piuttosto che accettare la sfida di diventare un essere umano godendo delle cose più
umane, Moritz si ritira alla vita: l’istinto rinunciatario prevale in lui. Egli riconosce che questa
ragazza non pensa, si abbandona alla vita, al puro desiderio Besinnungslosigkeit, a lui manca
questa. Se sei consapevole sei lontanissimo da quella condizione naturale e animale che è l’unica
che ti permetterebbe di vivere al di là del giudizio sui valori.
Melchior vs Moritz: a confronto uno che pensa queste cose e uno che soffre per queste cose.
Ilse vs Moritz: confronto una che vive secondo quel principio e uno che soffre per quello. Questo
dimostra che vivere secondo natura è il più difficile per l’uomo della morale e della Besinnung.
Brucia la lettera di Frau Gabor: perché non si creda che il suo suicidio sia in relazione ad un atto,
ma in relazione\negazione a tutto.
ATTO TERZO
SCENA PRIMA
Professori di decerebrati: parassiti del valore, non hanno bisogno di riflettere sui valori in cui
credono.
1. come dare la notizia?\ come tenerla nascosta?
2. Interrogatorio di Melchior: paternità dello scritto. Non fa parlare Melchior PAG. 36
Scritto definito ripugnante dai professori: evidente il gioco morale contrapposto alla natura. Scena
che suona superflua a noi moderni, ma nella logica nietzschiana è ancora più evidente che il
concepimento è l’espressione della vita che estende il suo dominio eternandosi. La morale si
oppone proprio alla vita che non può fare a meno del coito per estendersi. Netto ed evidente il
contrasto tra natura e morale e il necessario istinto della vita ad espandersi.
SCENA SECONDA
Funerale. Torna la negazione del coito: pag. 38 addirittura il padre di Moritz vuole rinnegare la
realtà stessa che ha dato vita al figlio. “Der Junge war nicht von mir”: i professori considerano
ripugnante la descrizione di un coito, ed è addirittura come se il padre di Moritz volesse rinnegare
la realtà stessa da cui era nato il figlio. E la rinnega, perché rinnegandola la morte non è altro che
la logica conclusione di qualcosa che sarebbe dovuto succedere prima, e invece succede solo
adesso.
Cioè il figlio non sarebbe dovuto nascere, vorrebbe revocare la cosa stessa all’origine, è come se
lui si opponesse proprio alla realtà della concezione del figlio, la quale è stata revocata dal figlio
stesso. Il suicidio è solo la logica conseguenza: rimozione di qualcosa che non doveva neanche
incominciare e perde così il suo carattere scandaloso e nichilistico.
Lo scandalo non è solo teorico, ma è il desiderio del padre di Moritz di negare ciò che dà la vita.
Non è il sol creare scandalo su una realtà naturale, ma proprio considerare la vita come scandalo.
Ilse che parla con le amiche pag. 40: devozione della vita verso la morte, se ne coltiva il ricordo
(pistola come memoria e memento). La vita è memore della morte, ma la rifiuta.
Cervello e sangue: Cnf. Werther e lo splatter: funzione precisa > Werther vuole realizzare il bello,
alla fine progetta il suicidio perché non ha potuto realizzare questa sua idea di bellezza e quindi
trovare una ultima e diversa bellezza in una scena finale in cui tutto si conclude e si completa
(peccato che non muore subito); descrizione del suicidio che imbratta tutto > la morte non può
essere bella. Ripugnanza della vita verso la morte, ma deve serbarne il ricordo altrimenti non
sarebbe vita.
SCENA TERZA
Parola agli adulti: genitori di Melchior che devono prendere una decisione sul destino del figlio:
collegio o riformatorio?
In nome di che cosa la madre di Melchior si oppone all’idea che Herr Gabor chiama “deine
grenzenloses Liebe” amore assoluto > la madre di Melchior, la stessa che ha rifiutato di dare i soldi
a Moritz, si schiera dalla parte di Melchior in nome dell’amore per il figlio e arriva a dire cose che
sono molto vicine a ciò che pensa il figlio stesso e che sono la denuncia delle perversioni della
morale e dei principi.
Pag. 43 si ribella alle scelte del padre in nome della vita del figlio descritto con metafore molto
naturali. La madre è la più vicina a capire l’ottica di Melchior e quindi la sua visione di vita. Adulti
linguaggio di giustizia, legge, principi vs natura > Gesetzt vs Naturell
15/11/2016
QUARTA SCENA
QUINTA SCENA
Apparizione del Medico: la medicina dovrebbe aiutare a far sapere, non può ignorare la situazione
che ha davanti. Figura ipocrita che aspira alla negazione della vita piuttosto che alla vita, ma la
medicina non è veicolo di conoscenza, ma strumento utile alla morale per rappresentarsi
autorevolmente.
INA: sa cos’è successo, ma lei è sposata. È la simmetria dei personaggi femminili: Wendla-Ina-
Madre. Wendla appare tanto più come l’anomalia, come colei che non solo infrange le regole della
morale, ma rivendica un diritto che le viene negato dalla morale. La disponibilità del medico a
negare la vita contrasta con l’istinto di Wendla a prolungarla e ampliarla. Contrasto fra istinto e
ragione, tra istinto riproduttivo e la negazione della vita stessa che a quell’istinto si oppone con
razionalità scientifica.
I discorsi di Wendla sono carichi di emotività = linguaggio dell’istinto. Non siamo ancora nella
nuova sfera della psicologia rivendicata da Bahr, sono sempre sensazioni strutturate cioè
sentimenti in termini di felicità e abbattimento, laddove la felicità è messa in connessione con uno
scenario naturale, mentre il dolore è messo in relazione alla situazione e in cui si trova-stanza
chiusa.
Wendla ha una intuitiva consapevolezza del suo stato che non riesce a descrivere con le sue parole
e cerca scappatoie: si inventa una malattia per giustificare la propria condizione. La cosa più
naturale al mondo viene patologizzata: la morale rende la natura l’eccezione anziché la regola.
Pag. 47 atteggiamento che prende la madre nei confronti della figlia: come la morale patologizza la
natura, adesso un evento perfettamente naturale diviene una colpa e un delitto compiuto ai danni
di un’altra persona (mir getan) > la madre di Wendla interpreta la realtà naturalissima della
gravidanza alla stregua di un’azione coscientemente compiuta per recare danno. Allo stesso
tempo è un nichilismo involontario quello di Wendla. Moritz aveva in fondo aderito ai principi
della morale suicidandosi, ma allo stesso tempo gli aveva fatti saltare perché aveva immesso uno
scandalo inarginabile all’interno della società, ora Wendla è nella stessa situazione: anche lei ha
introdotto uno scandalo.
La differenza fra Moritz-Wendla: Wendla non sa nulla, mentre Mortiz organizza la sua morte > lo
scardinamento della morale, e dell’ipocrisia intrinseca nei principi della morale avviene di
necessità, non avviene per una scelta (Moritz), ma avviene perché se metti al bando la natura
questa rivendica il suo diritto e quindi mette in crisi la morale.
Timore del giudizio sociale: il giudizio è di esecrazione perché la morale non sa dove mettere la
natura. Il dialogo procede in modo grottesco perché l’effetto di straniamento è prodotto
dall’ignoranza di Wendla > discorso su ignoranza e inconsapevolezza di Wendla.
Pag. 48 la morale si oppone alla natura perché concepisce l’evento innaturale, ma non è in grado
di concepire l’evento naturale. Il DIR è passato a Wendla, nel cambiamento prodotto da questo
passaggio del dativus comodi dalla madre alla figlia è chiaro che è la morale la portatrice della
colpa e in fondo uno strumento distruttivo.
Delirio febbrile: primo elemento fantastico dominante nell’ultima scena. È un’allucinazione,
Wendla vede cose che non esistono.
SCENA SESTA
Descrizione del Pfarrer: condizione contemplativa che si oppone esattamente alla vita attiva e che
si oppone quindi all’abbraccio con la natura e con la vita. Pag. 49: monumento > Dio morto di
Nietzsche in forma plastica: celebrazione post mortem di Dio.
Personaggi che seguono la natura. Fare il monumento a Dio è la celebrazione della natura e anche
il fatto che la natura esiste di per sé, non ha bisogno di Dio. Passaggio necessario per la scena
finale in cui Melchior fugge, Wendla è sepolta e appare il fantasma di Moritz ed un uomo
mascherato.
Nella prima scena vengono poste le premesse su cui si sostiene la narrazione e nel capitolo finale
c’è lo scioglimento dei temi, ma al contrario della logica che fino ad adesso ha seguito il dramma.
Era un dramma realistico perché doveva rappresentare il conflitto morale-natura; ora dentro
questo conflitto non è possibile nessuno scioglimento e quindi appare sul piano irrealistico, il
conflitto è quindi sempre aperto e solo in una sfera che trascende la realtà si può immaginare una
soluzione al conflitto perenne.
SCENA SETTE
Discesa agli inferi di Melchior > morte come negazione della vita. In apertura di scena perché è il
tema di tutta la scena.
Pag. 50: siamo negli inferi. Melchior coltiva pensieri suicidi che però non è in condizione di dare
realtà. Melchior non è condizione di suicidarsi perché al contrario di Moritz sente più forte il
richiamo alla vita, ha conosciuto il menschlische, il valore vita dell’eros che si contrappone alla
negazione totale della vita. Melchior è più sano, è più ja sagen zum Leben che però è connotato
come colpa: Ich war nicht schelcht X3. Insistenza perché la negazione della colpa è una
rivendicazione di un comportamento secondo natura: nella natura non c’è il concetto di bene\
male.
Pag. 51 apparizione di Moritz, siamo nel regno dei morti: si scende nel regno dei morti per
acquisire una conoscenza che ci manca per vivere (topos letterario). Ilse tiene la pistola di Moritz
come ricordo della morte: anche la drammaturgia della vita che ha alle spalle la
Lebensphilosophie, deve però coltivare il rapporto con la morte per meglio comprendere la vita
stessa. Nella Nascita Della Tragedia, l’istinto dionisiaco è l’istinto naturale a cancellare le forme
create, è l’istinto dell’individuo a ritrarsi di fronte allo spavento che genera il divenire della morte.
Soltanto se si è consapevoli di quella realtà puoi creare il mondo degli dei olimpici per contrapporti
ad essa. Non c’è civiltà e vita che non possa nascere senza il rapporto con la morte.
Il senso della discesa negli inferi è che Melchior vuole vivere, ma dall’altra parte però deve
necessariamente confrontarsi con la morte perché altrimenti la vita risulta incomprensibile.
Nella filosofia di Nietzsche che vede il dionisiaco come istinto naturale, il dionisiaco diventa
nell’ultima parte proprio il principio filosofico del dire sì alla vita: dici sì soltanto se hai nozione
della morte.
Moritz gli dice come si vive da morto e gli sta dicendo che è al di sopra della morale e al di sopra
della natura. Negazione di tutto è la morte, davanti alla morte tutto è insignificante I morti
disprezzano i viventi e non sono da compatire in quanto viventi.
Mitleid per Nietzsche è puro e semplice condivisione della sofferenza della via. Io soffro e tu
compatendomi in realtà compatisci la vita che soffre. È un diffondersi della malattia della vita. I
morti non possono soffrire della vita, ridono quindi delle sofferenze dei viventi. Il sorriso diventa
per così dire la forma del sentimento che la morte connette con la tragedia del vivere. Il schernire
la vita è il sentimento della morte, ma il sentimento è sempre lo stesso: si compatisce l’uomo
perché vive, così come la compassione dei viventi è non accettazione della vita, è incapacità di
accettare la vita perché è sofferenza.
Pag. 52 Concetto di sublimità: idea che Nietzsche rifiuta, non esiste nessuna realtà metafisica a
partire dalla quale il mondo potrebbe essere giudicato. Quindi il riso di Moritz, che corrisponde al
Mitleid per la vita, è l’espressione di uno scherno nei confronti della vita che è inaccettabile. Pag.
53 Nuova apparizione: l’uomo è l’espressione della vita che allontana Melchior dalla morte e
respinge Moritz perché ora si tratta di abbracciare la vita. Mentre Melchior continua a chiedere
Wer sind Sie mein Herr? Moritz si difende.
Lügen è la menzogna della metafisica, dell’aldilà, del mondo dietro al mondo, la menzogna del Dio
vivo. Qui segue Nietzsche passo passo. Il Vermummte Herr è l’espressione della filosofia
Nietzschiana del ja sagen zum Leben, la quale non può concepire un aldilà, se no la vita verrebbe
negata se esistesse l’aldilà. Moritz mente, come mentono anche tutti i filosofi e i profeti che
sostengono la nozione di una realtà al di là di un mondo.
Moritz, si fa portavoce di un messaggio ingannevole: la sotto è brutto, voglio partecipare alla vita.
Capovolgimento del discorso: la morte qui allora vuole partecipare alla vita, non la vita della
morte.
Il Fine della vita è il contrario di quello che Moritz ha detto fin ora. Se però non c’è alcuna
trascendenza e mondo dietro il mondo, allora c’è un capovolgimento della gerarchia religiosa.
Desacralizzazione del concetto di vita e aldilà. Non c’è aldilà, dunque si vive senza la protezione e
le indicazioni di una realtà trascendentale.
La vita è mascherata: la vita non si conosce, la civiltà non la conosce. Siamo colmi di principi morali
e religione e abbiamo nascosto la vita dietro ad una maschera, la maschera di un mondo
trascendente.
Pag. 54 bisogna abbandonarsi alla vita per conoscerla. Battute sul destino di Wendla sono il rifiuto
degli strumenti che ne hanno provocato la morte.
Pag. 55 Dio è stato creato, e quindi si può credere nella sua esistenza, anche della morale ma
questo non significa che esistano, o che abbiano una ragion d’essere nel rapporto con la vita. A
seconda di come si guardano le cose si può dire: esistono se si guardano dalla prospettiva della
civiltà, Non esistono se li guardo dalla prospettiva della vita > Je nach Umstände. Le vuoi creare e
le devi creare per proteggerti dalla vita > idea antagonista del dramma: la vita bisogna
abbracciarla, ja sagen zum leben.
Moritz è vittima della morale, Melchior non si può suicidare, non può dargli la mano perché crede
nella vita e la sua fede alla vita lo mette in opposizione alla morale. La morale l’avrebbe ucciso,
l’immoralità lo salva.
Spiegazione del suicidio: se era tra la vita e la morte, allora il signore mascherato non può essere
che la vita. Nel momento del suicidio c’era stata l’apparizione di un esserino naturale, amorale,
Ilse, che è l’espressione della vitalità nel dramma.
La vita è trasformazione, ma non dimentica, perché la vita deve serbare la memoria della morte. E
se serba memoria allora è veramente vita.
Moritz chiude il dramma: la morte resta in scena affinché resti memorabile. Moritz torna ad essere
un morto. In una dimensione metaforica e fantastica è possibile la liberazione dalla morale e dalla
civilizzazione, ma in una prospettiva realistica, questa liberazione è impossibile. Moritz è l’ultima
istanza, è il nichilista. Lo Ja sagen zum Leben, l’abbandonarsi alla vita, il fuggire con l’uomo
mascherato è solo un’illusione che non può realizzarsi.
16/11/2016
Von Hofmannsthal
Scoperto da Bahr, a Vienna, quando ha 16 anni. Bambino prodigio di famiglia ebrea nobilitata.
Lettore di tutto, coltissimo. Poeta doctus. Nel momento di passaggio da una letteratura
naturalista, trapassa in una letteratura molteplice: simbolismo, neoromanticismo, impressionismo
etc. Rapporto significativo con cultura del suo tempo: sostanziale dipendenza nel senso che
assorbe la cultura e i simbolisti francesi per lirica, assorbe età goethiana e fino alla fine del ‘900
sperimenta con forme diverse la lirica, il dramma lirico e forse il suo maggior merito è quello di
aver sempre cambiato posizione e generi nuove, strade diverse > la sua vocazione.
Problema di Hofmannsthal: non si riesce a identificarlo con un’opera specifica, ha prodotto molte
opere molto importanti, ma nessuna è una grande opera rappresentativa di un epoca-cultura-
momento. Caratteristica di provare, tentare principalmente in ambito teatrale, ma anche in prosa
e poesia.
Fino alla fine del ‘900 dipende da modelli simbolisti francesi, conosce molte lingue, importa
Dannunzio in paesi di lingua tedesca, ricopre molti autori, riscrive le tragedie di Sofocle, le
completa, tra cui la tragedia di Edipo; traduce l’Edipo Re.
Dopo il 1900 inizia a sperimentare con il teatro greco, collaborazione con il musicista Strauss tra
cui Electra e il cavaliere della rosa, opera tarda ma che è molto importante per vedere l’evoluzione
della cultura teatrale e musicale intorno agli anni ’20. Sperimenta anche con la commedia (1920)
“l’uomo difficile”, lavoro più accessibile al grande pubblico. Jedermann: riscrittura della tradizione
medievale inglese. Riscopre anche il ‘700 italiano, scrive un frammento di romanzo incompiuto che
avrebbe potuto essere il suo capolavoro “Andrea” >Catalizzatore di tendenza, interessante da
studiare perché porta sul piano concreto ciò che Bahr teorizza. Egli trascorre in simultanea con la
cultura Austriaca.
1963 Magris “Emilio Asburgico” riscopriva letteratura dimenticata austriaca: si riscoprono autori
che diventano accessibili al grande pubblico. Magris germanista molto giovane che fa sì che in
Italia e altrove la lett austriaca conosca un grande boom, con ragione! La lett tedesca continua con
l’espressionismo e tendenze avanguardiste, mentre la letteratura austriaca si porta dietro un
bagaglio culturale e un destino storico di tutta Europa: letteratura del ricordo, letteratura della fine
per la realtà in disfacimento è l’erede della cultura della decadenza.
Lettera di lord Chandos
Testo sopravvalutato? Crisi del linguaggio di fine secolo è la tematica presente. 1902 scritta dopo
un periodo di crisi creativa > dall’essere un bambino prodigio a diventare uno scrittore adulto.
Passa per questa brevissima opera difficile da inquadrare dal punto di vista del genere: epistola
con caratteristiche legata al genere del dramma lirico a cui era ancora legato. Ha caratteristiche
ancora legate alla prosa poetica che non è immediatamente visibile, ma in certi momenti
emergono.
Sceglie la via più difficile: parte dalla narrazione della crisi dello strumento principale dello
scrittore: il linguaggio. Crisi del linguaggio tema centrale della sua produzione successiva: il silenzio
gioca sempre un ruolo fondamentale. La crisi del linguaggio e la poetica del silenzio emerge nello
scritto che la critica ha percorso e continua a percorrere.
La lettera si finge scritta da Lord Philipp Chandos. Bacon: filosofo dell’empirismo moderno, uno dei
più importanti rappresentati di un pre-illuminismo.
Tema: rinuncia al lavoro letterario. Hofmannsthal scrive il testo dopo una sua crisi creativa e
sostanziale stallo della sua capacità di scrittura: resoconto immaginario trasfigurato in forma di
lettera storica delle ragioni che hanno condotto Hofmannsthal al suo stallo creativo. Dopo questa
lettera inizia una sua grande produzione di testi, è attivissimo e super attivo come scrittore di
lettere > crisi superata.
Anspielungen alla vita di Hofmannsthal sono evidenti: anche Chandos è un giovane di cultura
neoclassica, scrittore apprezzato giovanissimo, il quale sarebbe entrato in una crisi della scrittura
verso la quale il suo maestro Bacon ironizza, ma soprattutto patologizza. Punto di interesse: figura
di Bacon: come padre dell’empirismo e quindi come maestro di Chandons è indirettamente colpito
come figura dalla crisi del suo allievo. L’empirismo che Bacon professa, insegna e su cui scrive dei
libri sarebbe uno strumento insufficiente per un individuo che è entrato in una crisi creativa
irresolubile. Questo significa che in questo contesto il tema della lettera è già definito: sarà una
lettera a proposito della quale bisogna sempre tener presente il rapporto con l’empirismo e cioè
con una filosofia fondativa del razionalismo moderno. Si contrappongono quindi Bacon in quanto
rappresentante di una cultura nascente, che prende forma nel ‘600. [Bacone fissa gli Idola: i
pregiudizi > lotta contro pregiudizi che non hanno fondamento in una verifica sperimentale delle
cose, sarà il modello della lotta al pregiudizio dell’illuminismo]. La sua filosofia razionalista è
all’alba: siamo nel periodo di nascita del razionalismo, all’opposto della decadenza.
Hofmannsthal dice che anche in questa epoca vitale che scopre la potenza dell’empirismo, del
razionalismo e dell’intelletto ci sono i germi di una crisi e ci sono tendenze che vanno contro quella
istanza fondamentale che caratterizzerà un’epoca solo perché le istanze contrarie che potrebbero
negarla tacciono.
Chandons in quanto allievo di Bacone dovrebbe essere il prosecutore di quella filosofia di Bacone,
ma essendo scrittore egli possiede una sensibilità diversa che finché è giovane si dispiega in
esercizi di poesia neoclassica, e però ad un certo punto si imbatte in un qualcosa che gli impedisce
di proseguire nella sua attività e di proseguire quello che, come allievo di Bacone, dovrebbe
portare avanti poiché la crisi personale incide su questo piano.
Bacon patologizza questo stato: una crisi così si può spiegare solo nei termini di Ippocrate (medico
antichità greca). “Coloro che non sentono la gravità della malattia una volta che sia lenito il dolore,
si ammalano nella mente”, il commento è > lei pensa che io abbia bisogno della medicina non solo
per lenire il mio dolore, ma ancor più per acuire la mia sensibilità per lo stato della mia coscienza
interiore. Chandons spiega che è una diagnosi da scienziato empirista, adatta a colui che confida
pienamente nelle capacità della scienza di correggere il corso delle cose. Chandons dice: “io non so
come devo comportarmi, non so neppure se io sia lo stesso a cui si rivolge la sua preziosa lettera”,
è una confessione di mutamento profondo che non può conoscere ritorno rispetto al passato:
qualcosa si è intromesso fra la coscienza attuale di Chandons e la sua esistenza passata. Chandons
è descrivibile da sé stesso essenzialmente attraverso le opere che ha scritto. Ora la sua crisi ha a
che fare con qualcosa di identitario: differenza tra essere e fare, incertezza sul suo essere e la sua
esistenza.
Chandons si descrive come autore neoclassico, la lettera percorre un itinerario che si riaggancia
alla descrizione del suo passato letterario, e come scrittore di versi latini e di un piccolo trattato
citato nella non riprodotta lettera di Bacon, trattato che lo osserva distante e freddo –dice Bacon-
che non saprei intendere nella sua astringenza, ma comprensibile parola per parola, quasi che le
parole latine così composte mi venissero agli occhi per la prima volta.
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Il fatto è che però tutto questo non è stato realizzato. Non è stato realizzato, ma Chandons è
perfettamente in grado di descriverla: egli non realizza cioè che ha in mente, ma è perfettamente
in grado di ricordare tutto ciò che avrebbe voluto fare, lo spirito e il senso di ciò che avrebbe
voluto fare.
Riferimento a Shakespeare: Chandos è un contemporaneo, ma anche consentaneo di Shakespeare
> nasce nello stesso tempo e possiede le stesse basi (Shakespeare traeva da opere classiche i temi
delle sue opere).
Shakespeare nella cultura di Hofmannsthal è considerato il grande iniziatore della cultura
drammatica e cultura europea moderna tout court.
Torna il tema sotterraneo della lettera che è quello della decadenza nel bel mezzo di un’epoca
amorale e iniziale. Questo è un altro tema nietzschiano molto significativo: per lui la decadenza
diventa un fenomeno endemico, cioè una realtà dell’esistenza umana: la decadenza non si può
estirpare con il mutamento storico, è piuttosto intrinseca all’esistenza dell’uomo e dunque è
sempre presente anche laddove non sembrerebbe manifestarsi. Anche dove un’epoca sorge c’è
già il germe di un decadimento. Tema che è austriaco come nessun altro: epoca in cui l’impero si
sta dissolvendo, non ci sono eredi significativi e quindi impero minacciato nella sua tenuta > tema
della decadenza che si nutre di Nietzsche.
TEMA: Cosa c’è al di là del velo? Schopenhauer lo descrive in tutti i suoi dettagli cosa c’è, possiamo
farcene un’idea e darcene una spiegazione per deduzione logica, ma questo è il compito di un
filosofo, non dello scrittore. Ciò che c’è al di là del velo di Maya si pone allo scrittore come una
intuizione che contraddice la possibilità stessa di rappresentar le cose per quel che appaiono nella
loro pura e semplice apparenza fenomenica.
Effettivamente Hofmannsthal ha nel cassetto un qualcosa del genere che ha intitolato Ad me
ipsum e che diventerà il libro degli amici= raccolta di aneddoti e sentenze che ha tratto da libri che
ha letto e dalla realtà: in piena (pag.4) scrittura autobiografica. Deve dare al ’600 un’identità
moderna, è chiaro che Hofmannsthal attinge dal bagaglio che meglio conosce e cioè dalla
sensibilità di uomo moderno, di lettore di infinite cose, di uomo curiosissimo e di scrittore
enciclopedistico > c’è quel tanto di illuminismo che è il derivato della matrice baconiana della sua
cultura.
La coscienza del velo di Maya è posteriore a questi scritti, è un’impressione che ha adesso. È una
declinazione schopenhaueriana che dobbiamo dare alle ragioni di questa crisi: c’è qualcosa al di là
del velo delle apparenze che possiamo solo intuire, ma che la nostra poesia, retorica, curiosità,
scienza non può minimamente descrivere. Si apre uno iato tra ciò che la poesia dovrebbe e
potrebbe fare, e ciò che invece può e fa tutta la cultura europea.
Avvicina la musica all’algebra: contraddice nettamente l’idea schopenhaueriana che attraverso la
musica si può sospender il dolore della rappresentazione e far intuire realtà altra fatta di qualcosa
che la rappresentazione non conosce. La musica, come più astratta delle arti, non è simile a quelle
arti che invece non possono che riferirsi alla realtà fenomenica del mondo per generare i loro
prodotto. È invece l’arte che più di ogni altra ci avvicina alla dimensione di quella realtà informe
che è costituita dalla volontà che deve essere ciò che sta dietro al mondo delle rappresentazioni.
Musica algebra: due rappresentazioni astratte, ma sono rappresentazioni astratte comunque
legate ad una attività dell’uomo che non può trascendere la dimensione del velo e la sua
rappresentazione.
PAGINA 5
Riferimento all’enciclopedia è esplicito: ciò che la visione del mondo che Chandos sta descrivendo
è combinata da una quantità di riferimenti e autori che influenzano profondamente la cultura del
‘600.
Il prima e il dopo di Chandos non sono il prima e il dopo di un individuo, ma di una civiltà,
dell’Europa. Il prima è rappresentato da una cultura che Chandos ha dispiegato nella prima parte
della lettera; il dopo è rappresentato da quelle impressioni di inconsistenza che di tanto in tanto
sono affiorate all’interno del suo discorso.
Chandos sta cercando di dire che la sua visione di allora si componeva, per esempio, di una
nozione di indifferenza tra la vita psichica e la vita fisica dell’uomo che è precisamente ciò che
Cartesio aveva insegnato con la sua visione dell’essere umano composto di res cogita e res
estensa, che è una visione solida fino alla fine del ‘700.
Quando dice che tutto il mondo è una serie di corrispondenze fa riferimento alla mistica di Jacob
Böhne, nel quale il problema dell’analogia si pone in termini così forti da condizionare tutto il neo-
romanticismo tedesco.
L’ idea che sulle basi di queste membra della cultura europea tutto può riunirsi in un’immagine
unitaria del mondo è evidentemente l’immagine della cultura illuminista e del razionalismo
‘700esco.
Prima e dopo di Chandos sono il prima e il dopo di una cultura e civilizzazione e in particolare di
quella europea.
Enciclopedismo della cultura europea che esprime Chandos, (n.b. densità dei riferimenti colti,
elencazione autori latini, luoghi della cultura europea etc.) culmina in una idea della totalità
governata dalla provvidenza. La quale è dall’autore illuminista negata in quanto tale > Herder,
pastore e teorico della immanenza di una provvidenza del mondo che dice che questa prospettiva
dall’alto di Dio è irraggiungibile dall’uomo e resta celato il disegno della storia a colui che vuole
esplorare. Siamo dentro questa realtà della storia europea dal ‘600 in poi, ma naturalmente è già
ampliamente ampliata l’idea Schopenhaueriana.
Pag. 5: Visioni schopenhaueriane, perché prima diceva che le visioni religiose non avevano nessun
potere su di lui: empirista e illuminista ante litteram, non si sente confortato dalla religione.
Queste visioni gli sono apparse come un’immagine del velo di Maya, che è l’oggetto della
percezione della realtà e dell’illusorietà di rappresentazioni, che erano quelle della religione
ABER… (cf. frase al centro della lettera), qui non è il linguaggio, le forme del mondo, non sono le
idee della religione che si sottraggono a Hofmannsthal, ma sono i Begriffe, i concetti, che sono
naturalmente lo strumento fondamentale di una conoscenza filosofica che pone l’intelletto al di
sopra di tutto come aveva insegnato Kant. Quindi il concetto è il vero problema di lord Chandos
Egli continua ad usa domande retoriche alle quali rispondere dopo, ma che continuano ad essere
lo strumentario della sua facoltà poetica, del suo mestiere letterario.
21/11/2016
Nella prima parte non parla delle ragioni della sua crisi: “non so più se sono la stessa persona”. La
seconda parte, pag. 6. Comincia l’elenco delle esperienze che ha fatto e che lo hanno portato
all’incapacità di scrive e di esprimersi, persino di parlare. Critiche: crisi della lingua che si esprime
benissimo, è una crisi anche a livello di espressione, quindi sembra una contraddizione; ma questo
non significa che lui non sia in grado di comunicare, perché in realtà questa incapacità è
intermittente: incapacità che insorge da una difficoltà che in alcuni casi si manifesta più acuta ed in
altri casi assente.
Sfiducia nell’esprimersi e nei concetti. Il problema è che non è in grado parlare di cose in generale
e di cose superiori e non si sente nemmeno in grado di usare parole comuni che si usano tutti i
giorni. È una crisi quindi che investe in generale la natura della parola.
Primo esempio: quando deve rimproverare la figlia per una bugia. La prima manifestazione nello
scetticismo del linguaggio: egli voleva invitarla ed essere sempre veritiera, ma improvvisamente i
concetti che aveva pronti presero una colorazione stridente e brillante e si confuse in modo che la
frase diventa impossibile. Il dato che rende impossibile respingere la bugia è la confusione: i
concetti si confondono l’uno con l’altro > viene a meno la possibilità stessa di parlare di vero- falso.
Nietzsche: concetto di vero-falso deve essere messo su un nuovo piano. La metafisica occidentale
attribuisce il valore di verità a qualcosa di sovra terreno, al mondo dietro al mondo. La realtà
religiosamente concepita di una realtà dietro al mondo. Chandons si trova in questa situazione,
cosa è vero? Cosa è falso? Da che punto di vista devo giudicare la falsità e la verità delle cose?
pp. 6-7 Il problema si pone a questo livello: la nostra cultura e la cultura metafisica sono incapaci
di tenere viva la realtà delle metafore e quindi il rendersi fragili di queste metafore stesse e il
rendersi indipendenti dai fenomeni che le metafore vorrebbero descrivere, rende così
problematico l’uso delle parole.
La difficoltà nasce dal fatto che concetti e parole sono simplificatrici, illuminano le cose dall’ alto: a
partire da una generalità che nel momento in cui la tenuta dei concetti viene meno si manifesta
nella sua inconsistenza. Il generale, l’universale, non è più in grado di descrivere nulla di specifico e
aggiungendo una specificazione al concetto di decadence di Bourget e di Nietzsche è come se
dicesse che il problema non è solo a livello dei fenomeni che si disgregano e si separano uno
dall’alto mostrandosi inafferrabili, ma il problema si pone laddove il generale si separa dal
particolare. Perché il descrittore generale non è in grado di afferrare la realtà del singolo
fenomeno. Le parole attirano in ragione della loro inconsistenza in un vortice di nulla. Nel
momento in cui non si hanno le parole non si ha neanche più la realtà che queste parole
descrivono. Chandos: non si può salvare l’universalità del concetto attraverso l’universalità
dell’idea, perché questa è già messa in crisi dalla crisi dell’universale = sono gli universali ad essere
problematici, non le parole-concetto o le idee. Critica alla pretesa dei conservatori francesi di
risolvere la crisi dei valori attraverso quei valori stessi= non è con una marcia indietro che si piò
restaurare il valore di determinati principi, concetti o idee, ma è andando avanti divisione netta
di questa cultura tedesca dalla contemporanea francese degli autori come Bourget o Zola, che in
quanto naturalista e positivista è comunque legato alla possibilità di rappresentare il mondo
attraverso un universale della massa, cioè realtà e totalità determinate dalla possibilità di
rappresentare la massa come un’unità. Zola scrive il Rougon- Macquart descrivendo una visione
del mondo.
p. 7 Non alle idee di Platone, ma ci si deve rivolgere ad una filosofia in cui ci si riferisce ad una
concezione quotidiana e domestica e addomesticata, perché questi concetti conoscono una
addomesticazione già in partenza per il fatto di non poter ambire ad una realtà universale, ma
comunque, troppo generale per essere accettabile per lui. Fine pag. 7 Questa condizione di totale
sfiducia nel linguaggio e nelle idee non conduce Chandos alla disperazione, ma paradossalmente lo
conduce ad una forma di esistenza simile a quella degli altri nobili del nostro regno e che non è
priva di momenti felici e vivificanti. Il nulla dei concetti, delle parole, delle idee che si avvolgono
come una spirale e assorbono e attirano nel loro gorgo l’individuo trascinandolo in una sfera dove
non ci sono più realtà, dall’altra però ha un’esistenza caratterizzata da momenti di felicità.
p. 8 Hofmannsthal passa dall’uso comune della parola “momento” al suo uso specifico. Non si
tratta di momenti in senso generico, ma sono momenti, attimi dentro ai quali si verificano eventi
che sono “innominati” perché non si possono nominare (perché non ci sono le parole). Si stanno
opponendo a realtà generali-universali (parole, idee, concetti) ad eventi puntuali, specifici e
momentanei per i quali non c’è nessuna descrizione possibile, perché nessuna parola si applica
propriamente ad una realtà individuale, perché le parole sono degli universali che si fingono capaci
di descrivere l’individualità.
Però Chandos dice ci sono momenti in cui questa incapacità di descrivere con le parole è palese e
questi sono i momenti della sua felicità. Sono momenti in cui certi fatti quotidiani si riempiono di
un Höheres. Qui è l’inadeguatezza dello strumento parola al Höheres, ma il manifestarsi di questo
Höheres non viene negato, viene negata la parola che lo descrive.
Per Nietzsche ogni realtà superiore deve essere negata perché inconsistente: non abbiamo
nessuna prova dell’esistenza del mondo dietro il mondo e ci dobbiamo attenere alla realtà dei
nostri sensi. Hofmannsthal dice una cosa diversa! > Ci sono situazioni che non possono essere
descritte perché non ci sono le parole per descriverle, però si riempiono di un significato
superiore, sono qualcosa nelle quali noi percepiamo il manifestarsi una realtà superiore della
quale però noi non abbiamo espressione. Non è l’esistenza stessa di una realtà superiore che può
essere negata sulla base di quei sensi che a volte ci restituiscono una sensazione di pienezza e di
alterità rispetto alla nostra vita originaria che noi crediamo non esistere perché noi non abbiamo i
termini per rappresentarla e per descriverla. Ci manca il linguaggio adeguato a questi viventi, ma
non la realtà di questi momenti > agli antipodi di Nietzsche!
La cosa che Hofmannsthal condivide con Nietzsche e il significato di un noumeno dietro al
fenomeno, di un divino dietro il fenomeno? Non lo possiamo sapere! Perché non avendo le parole
per rifletterci non abbiamo potuto studiarlo. Tutto ciò che si ammanta di linguaggio, compresi i
valori, le filosofie, le religioni, sono inconsistenti perché non hanno accesso a questi momenti di
felicità.
p. 8 Offenbarung: rivelazione. Alcuni oggetti di assoluta quotidianità possono diventare i veicoli di
una rivelazione. La centralità dell’esperienza epifanica per la comprensione del mondo superiore
che nel mondo così come noi lo possiamo descrivere non è afferrabile.
Seconda precisazione molto importante: è una cosa contro la scienza, contro Bacone, il padre
dell’empirismo. L’estrema efficacia di questa lettera sta nel mettere questa esperienza che
chiunque fa e che è incomunicabile, come esperienza di una realtà altra. Come l’accesso alla realtà
dell’avventura dietro al mondo.
L’empirismo è il principio secondo il quale un esperimento risulta valido solo se ripetibile infinite
volte in laboratorio.
Göttlichen Gefühles: siamo nella sfera luminosa in cui la cultura moderna associa all’origine del
pensiero divino. (=sensazione divina\sensazione del divino). Le religioni nascono tutte
dall’esperienza del luminoso. Anche la pura e semplice vocazione di un’esperienza può generare
un’esperienza luminosa. Ex. Lui avvelena i topi in cantina e improvvisamente, mentre si fa una
cavalcata, la scena gli appare come vista a rallentatore sotto una lente di ingrandimento con una
partecipazione emotiva vivissima a questa realtà animale che insieme göttlicher und sogleich
tierischer. La nostra religione esclude la dimensione del corpo dalla dimensione animale dalla sfera
religiosa, ma qui l’animale e il divino sono la stessa cosa e insieme si manifestano in una realtà che
non è vista, ma è puramente interiore e rivissuta. Leggo lo sterminio dei topi come lo sterminio dei
cartaginesi, e non per questo è meno vero. Uscita dalla crisi del linguaggio: è la mia cultura
neoclassica che mi dà gli strumenti per percepire questa cosa che nessuno altrimenti riesce ad
avvertire, se non descrivendola attraverso qualcosa che per similitudine io posso avvicinare allo
sterminio dei cartaginesi.
L’impossibile è la ripetizione di quell’istante di epifanica coscienza della morte dei ratti e della
disperazione di questi animali volutamente umili e schifati che però diventano esemplari di
qualcosa che ha una sua perfetta rispondenza con una delle più terribili stragi dell’antichità che è
la distruzione di Cartagine.
22/11/2016
Realtà non empiricamente data genera comunque questo tipo di stadi, perché? Momenti anti-
nichilistici. Il nichilismo è la negazione di tutto quanto la vecchia metafisica riteneva fosse in grado
di descrivere la realtà del nostro mondo e di un mondo che sta al di là della fisica e che dunque
determina i fenomeni della nostra realtà. Qui è chiaro che al di là della pura realtà sensibile, esiste
un’altra realtà: qualcosa di simile ad un’intuizione intellettuale, cioè l’intuizione di cose che stanno
al là del dominio dell’esperienza sensibile. Diceva Kant: “non è possibile nella sfera della ragione
una intuizione senza realtà sensibile”. Hofmannsthal sostiene che questa dimensione
dell’intuizione intellettuale è ben presente nell’uomo e si manifesta là dove senza percezione
sensibile del mondo si può immaginare una realtà dalla quale si è naturalmente separati (perché
non siamo topi), ma rispetto alla quale si è così coinvolti da sentirsi quasi parte di quella specifica,
singolarissima realtà. Mentre la religione tradizionale separa il dominio dello spirito da quello
animale, in Hofmannsthal la coappartenenza dei due spiriti è dominante, le due sono l’una parte
dell’altra > SCANDALO
Cultura paolina: uomo= corpo, spirito e anima in maniera separata. Hofmannsthal dice che non
possiamo distinguere nulla della nostra natura animale dalla nostra natura spirituale, perché
dall’intersezione di queste due nature si danno questi momenti che sono proprio i momenti
significativi dal punto di vista religioso: si manifestano i depositi del divino.
Pag. 9-10 La negazione dell’istanza compassionevole non è compassione per la realtà dei topi a
generare in Chandos questo stato epifanico. È la negazione del Mitleid che ha due radici: per il
‘700 sentimento tragico per eccellenza (scaturente dalla catarsi, l’uomo si ritrovava più umano
quando capace di compassione); è necessario negare il Mitleid perché non fa parte di una
dimensione inscrivibile all’interno del regno della morale di cui parla Chandos. E nemmeno ha a
che fare con il Mitleid come condivisione del soffrire come condizione dell’esistenza (compassione,
patire per la vita). Non si tratta di Mitleid che ridurrebbe ciò che ho descritto a qualcosa di noto e
irrilevante dal punto di vista psicologico, ma si stratta di altro: dimostra sulla base del fatto che è
anche la semplice osservazione di esseri inerti e inanimati che provocano una sensazione di
pienezza, la quale si deve legare a qualcos’altro: ad una sfera superiore alla quale tuttavia egli non
crede.
Torsione della matrice Nietzschiana: naturalmente non si può credere al divino nell’era della
morte di Dio, ma non si possono neanche negare questi momenti epifanici che le nostre parole
non possono descrivere che come divini.
Momenti che non sono invenzioni, ma sensazioni che tutti possiamo avere: sensazione di aver
vissuto in modo diverso determinate situazioni (Déjà Vu), o sensazione di pienezza legata a
momenti e situazioni, stati d’animo e condizioni legate all’attività dei nostri sensi che però
travalicano la loro origine sensibile e si colorano di una sensazione non descrivibile e non nota. Si
tratta di momenti iper-soggettivi e non comunicabili. Incomunicabili: crisi della parola, possiamo
descrivere gli attimi in modo imperfetto e se le parole sono metafore che abbiamo accettato e
sono diventate convenzionali mediante le quali possiamo parlare di fenomeni diversissimi
riuscendo in qualche modo ad intenderci, qui la crisi della parola diventa il giustificativo del fatto
che l’intendimento non è possibile e dunque ci illudiamo che non esiste la realtà dietro la realtà,
solo perché non possediamo le parole per dirla.
Lettera sulla crisi del linguaggio che la menziona solo in via strumentale. La diagnosi della
decadenza, della morte di dio, la visione di una realtà trascendente cancellata da un’evidenza di
qualcosa di diverso sono fenomeni determinati da una cultura che si affida ad una concettualità e
linguaggio incapace di cogliere determinate condizioni e momenti.
Pag. 10 es ist mir dann, als bestünde meine Körper aus laute Chiffern, die mir alles aufschliessen.
Continua a descrivere intorno al fenomeno, il quale è una specie di oltrepassamento dei limiti della
coscienza individuale e di perfetta unione con una qualsiasi realtà oggettiva. Il contenuto
dell’intuizione intellettuale immaginata dai romantici era questo: lo stato in cui abbandonata la
necessità dell’esperienza sensibile per produrre l’intuizione di qualcos’altro, la distanza fra
individualità e mondo, fra io e non io, fra soggettività individuata e limitata e assoluto oggettivo
illimitato non ha più luogo. In questo momento di intuizione intellettuale l’io coincide con il
mondo: non c’è più distanza fra ciò che osserva e ciò che è. Nel momento in cui viene afferrato da
questa condizione, l’io non si percepisce più come distinto dal mondo, ma come un tutt’uno con
esso.
Pensare con il cuore: Pascal, grande assertore di una realtà intellettuale ulteriore rispetto alla
realtà della ragione. Aforisma “esistono ragioni del cuore che la ragione non può minimamente
afferrare”. Hofmannsthal piega questo pensiero all’idea che pensare con il cuore significhi pensare
con qualcosa di alternativo rispetto alla ragione e il pensiero, e quindi di alternativo a quegli
strumenti e quelle facoltà che tutta l’umanità occidentale ha usato per farsi un’idea del mondo.
Il luminoso non lascia strascichi: è una coscienza unicamente puntuale che si manifesta nell’istante
e solo nell’istante ha valore: perché nulla è in grado di restituire quella esperienza e sensazione.
Sensi e intelletto non possono essere distinti. Non si può neanche distinguere se queste sensazioni
sono un prodotto dei sensi oppure dello spirito.
Momenti non solo dischiudono una realtà che si trova al di là di quella descrivibile con i concetti e
le parole comuni, ma sono momenti di una pienezza tale e felicità indescrivibile, che sono tali da
svuotare il resto dell’esistenza da qualsiasi significato e dunque sono anch’essi latori della
distruzione del vecchio, ma contemporaneamente indicano in una direzione che quella realtà del
passato travalica e svuota di valore.
C’è un nesso fra il nichilismo e lo stato che Chandos descrive, ma questa realtà nel manifestarsi
svuota l’esistenza di qualsiasi valore e resta essa stessa l’unico valore consistente per sé
medesimo. Superamento della visione naturalistica nietzschiana in chiave diversa: non possiamo
accontentarci della trasvalutazione dei valori, della cancellazione della vecchia morale, della
nozione di metafisica, del Dio è morto, perché tutto questo pur promuovendo lo sgretolamento e
annichilimento di ciò che è stato non si indirizza verso nessuna credibile, nuova realtà se non si
unisce ad un’altra percezione delle cose che possa prendere il posto di ciò che abbandoniamo.
Pag. 11-12 Crasso e la murena: ricorre negli scritti che Chandos avrebbe voluto compulsare in
quella antologia di cui aveva parlato all’inizio della lettera e dunque questo ha suggerito agli
interpreti l’idea che se viene utilizzato per descrivere la condizione che altrimenti sarebbe
innominabile e che quindi si crei un circuito dall’inizio della lettera e questo momento culminante
che rende questo momento stesso discutibile e lo mette in dubbio. Perché sembrerebbe ad
interpreti che questo stato di cui parla non sia affatto indescrivibile e sia l’oggetto di cui l’intera
lettera parla, ma sia anche riconducibile ad esempi classici sui cui Chandos vorrebbe scrivere
un’opera nuova. Come se Chandos mettesse sperimentalmente alla prova quello che va
meditando, fondandosi sugli stessi esempi classici che aveva detto all’inizio di voler utilizzare che
però invece pretende di non voler più scrivere: cortocircuito. (Come se stesse mettendo in atto ciò
che lui stesso aveva detto che avrebbe voluto scrivere).
Altra interpretazione. Chandos così come si vale residualmente delle parole con le quali cerca di
descrivere le sue epifanie, così si vale della sua cultura per cercare paragoni che risultano sempre
insufficienti. Se cita questo esempio ha a che fare con un essere vivente: è un esempio imperfetto
perché ha ancora a che fare con un essere che perde la sua vita, con il quale pur essendo sì così
distante e diverso da noi, il fatto della identificazione è singolare, ma che non basta a spiegare
quegli stati d’animo che lui prova. Questo è ancora una volta un paragone classico che Chandos si
permette, così ancora per l’ultima volta si permette di scrivere una lettera.
Se teniamo come buona l’ipotesi biografica allora così come Hofmannsthal ricomincia a scrivere,
anche Chandos non sta veramente dicendo di voler rinunciare al linguaggio, ma sta sperimentando
con una nuova possibilità di articolazione e declinazione del linguaggio medesimo.
Interpretazione iper-raffinata: Chandos, che dice di voler descrivere uno stato non descrivibile, fa
ricorso ad un esempio classico proprio per descriverlo. Esempio che si ritrova in una delle opere
che ha citato all’inizio, Sallustio, che voleva utilizzare come base per la sua opera. Quindi è come
se stesse veramente scrivendo quell’opera. Non sta quindi veramente dicendo di voler rinunciare a
scrivere e rinunciare al linguaggio, ma sta dicendo qualcosa che ha a che fare con un’opera che
intendeva scrivere e che adesso sta effettivamente scrivendo. In realtà altra interpretazione:
all’interno della sua cultura classica Chandos sceglie un esempio che è più vicino agli altri per
avvicinarsi a quella sensazione che è comunque indescrivibile.
Lettera con due visioni:
1. qualcosa di legato con la vita di Hofmannsthal > scrive qualcosa che lui stesso ha interiorizzato e
percepito, alla cui descrizione dedicherà anche il resto della sua opera. Al modo stesso in cui
Candos potrebbe farlo e sembra farlo in questa lettera stessa.
2. Interpretazione critica: non si può mettere da parte l’idea che l’oggetto attorno a cui ruotano
tutte metafore, parole descrizioni non esauriscono l’oggetto psicologico che sta cercando di
descrivere a Bacon. Se si conoscono questi stadi di percezione luminosa di una realtà piena di
senso, allora non si può pensare che qualsiasi circonlocuzione di CHANDOS possa veramente
descriverla e esaurirla.
Da questo momento in poi tutte le opere di Hofmannsthal ruotano attorno a momenti chiave che
avvengono senza l’uso del linguaggio = c’è un vuoto all’interno delle opere di Hofmannsthal.
Anche la lettera si rivolge all’intuizione del lettore per riempire ciò che Chandos non è in grado di
dire con la sua esperienza del luminoso, perché nessuna descrizione può arrivare vicino alla
descrizione di quella sensazione; ma si descrive qualcosa che sta attorno alla sensazione e la
contiene.
L’essenziale è al di là della parola, la deve riempire il lettore con la sua esperienza. Con l’esempio
di Crasso descrive qualcosa che sta attorno a quella sensazione specifica che sta a noi colmare.
Chandos si sforza di dare una forma a ciò che una forma non ha, attraverso parole ed esempi.
Letteratura aperta che il lettore deve integrare lui descrive ciò che sta attorno, al lettore tocca
riempire l’interno con una interpretazione.
Interessante questa lettura perché la critica di Hofmannsthal non si rivolge solo al linguaggio, ma a
tutto ciò che l’occidente ha costruito e con Nietzsche ha decostruito intorno alla metafisica del
linguaggio, cioè la capacità del linguaggio di abbracciare tutte le realtà del mondo. Ovvero si
rivolge alla sfera dei concetti, perfettamente nella cultura di fine secolo di Hof-Ch che additano
quella cultura assente dalla cultura occidentale a partire dalla quale nuova concezione dell’uomo,
del mondo e del divino è immaginabile. Ciò si lega ad un movimento di pensiero che prende forma
attorno agli anni ’70-’80 dell’’800, pensiero “mistico”. Cultura scientifica che si avvale degli
strumenti della scienza medesima per dimostrare l’incapacità della scienza di cogliere fenomeni
che soltanto attraverso il trascendimento della ragione sono intuibili.
Filosofia della mistica di Du Prel: esistono stadi della nostra vita –sonnambulismo- grazie ai quali
entriamo in una realtà di noi stessi non percettibile durante la nostra vita diurna. Du Prel ha
derivato dal suo maestro la nozione di inconscio: l’uomo si porta dietro una realtà nascosta che ha
contatto e accesso ad una realtà trascendente che si rende manifesta unicamente in una
dimensione di noi stessi estranea alla vita corrente. Bipartizione dell’uomo che è il contenuto di
tutta la psicanalisi freudiana (io ed es). Si tratta per Du Prel e i suoi mistici contemporanei che la
somma degli inconsci dell’umani siano il divino (somma delle psiche dà la realtà totale che
chiamiamo Dio). La vita oltre la morte. Lombroso
Stati di cui si parla nella lettera sono stati legati alla vita dell’inconscio, realtà che gli scienziati
hanno già rappresentato. Per Chandos il rapporto della realtà è dettato dalla nostra coscienza, ma
la vera pienezza deriva unicamente dall’inconscio, unicamente dalla conoscenza che può derivare
dell’inconscio. Il movimento che si lega in queste concezioni si chiama Neo-romanticismo. Walter
Benjamin: il libro, per esempio, è uno strumento di trasmissione del pensiero, ma essendo
materialista e marxista dice che in realtà con questa concezione mistica della trasmissione del
pensiero noi non apprendiamo di più su un libro rispetto a quanto il libro non riesca a dirci su
questa concezione mistica. Dalla realtà ad una dimensione altra, che però non riesce a spiegarci
nulla.
Bisogna cambiare il modo di pensare e vedere il mondo e la concezione che comunichiamo solo
attraverso le parole. Fare diventare un po’ più conscio il nostro inconscio, portare questa parte
oscura più in superficie, bisogna potenziare la mente e il nostro inconscio nella nostra vita reale.
Hofmannsthal Vuole fondare su nuove basi la civiltà. Chiudiamo con la scienza e con Bacon.
Attivare altre dimensioni della mente > dare al mondo una nuova forma.
23/11/2016
Schnitzler_ Reigen