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CRITICA E TEORIA DEL TESTO LETTERARIO

Le metodologie della critic


La critica letteraria è il tentativo di far parlare un testo letterario, quindi un supporto
secondario che ha il compito di chiarire il fatto letterario, ma soprattutto di rilanciarlo.
Man mano che la storia avanza, la visione del mondo cambia e così l’interpretazione
delle opere, attraverso nuove metodologie e sensibilità.

Vi sono varie metodologie, corrispondenti a diverse fasi storiche e diverse ideologie.


Il metodo stesso è in uenzato, infatti un metodo diventa egemonico se meglio risponde
alle esigenze di quel determinato periodo storico.
N.B. Il metodo nuovo non rappresenta una fase superiore e migliore rispetto al
precedente, sebbene sia in uenzato dall’approccio scienti co sociale sempre di
più.
La supremazia del metodo letterario è quindi relativa al periodo storico e alla sua
rispondenza con esso.

L’arte non viene intesa innanzitutto dalla critica come pura ispirazione irripetibile,
poichè altrimenti lo studio critico sarebbe super uo.
L’arte anzi è glia delle stesse direttive storiche della critica, quindi delle stesse direttive
culturali.

Il primo libro di critica letteraria è la Poetica di Aristotele, in cui si cerca di dare i primi
fondamenti attraverso cui muoversi nella letteratura: si distinguono i generi, di erenziati
tra alti e bassi nelle sfaccettature linguistiche e dei personaggi.
Secondo Aristotele, queste sono regole sse a cui attenersi, secondo uno schema
imitativo-retorico basato su diversi parametri (le 3 unità aristoteliche).
Tuttavia questa visione dell’arte dà luogo ad una critica limitata esclusivamente al
rigoroso controllo della prassi da rispettare.
L’arte è intesa come normatività e la critica è intesa come veri ca di queste prerogative.

Dal Romanticismo in poi nasce invece l’idea di critica come studio dei passaggi della
composizione dell’opera, in relazione a come le sensibilità contemporanee vengono
inserite nell’opera e come emergono.

Dalla ne del ‘700 si propone il termine di “ermeneutica” grazie al riammodernamento di


Schleiermacher e lo storicismo: da “spiegazione dell’opera nei suoi luoghi
di coltosi” si passa invece ad un ”interpretazione delle caratteristiche psicologiche
dello scrittore attraverso l’opera d’arte”.
L’arte viene quindi abbassata dalla sua oggettività assoluta, dalla sua normatività,
concentrandosi invece sulle normative del momento storico e del luogo, normative
che sono in un inevitabile divenire e quindi in continuo cambiamento.
N.B. L’opera d’arte è fatta dal momento del mondo
Anche il luogo entra in gioco come variabile signi cativa nell’opera d’arte: la sensibilità si
di erenzia in base a diverse nazioni e alle diverse epoche.

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Il cambio del paradigma ideologico è sempre favorito dal cambiamento sociale.
In particolare, a ne Settecento si assiste al crollo del feudalesimo dell’ancien
regime, un sistema economico che aveva dominato il mondo per più di mille anni, a cui
subentra la nuova classe dominante borghese, capitanata dai principi del capitalismo.

“Dio, il clima, l’epoca, il momento, l’età del mondo l’hanno fatto.”

Il gusto diventa nazionale e particolare.

Inoltre nel 1750 nasce l’estetica, secondo cui che la verità stessa decade
dall’oggettività, e nasce un nuovo genere letterario, il romanzo.
Questo rivoluzionamento non è casuale: la distruzione delle regole letterarie (sistema
normativo dei generi, dei personaggi,…) attuata dal romanzo è dovuta proprio a
questo crollo dei pilastri che avevano retto no a quel momento la cultura.
N.B. La scienza nuova di Vico (1725) esprime questo cambiamento radicale

Anche il mercato diventa un fattore rilevante: vi è un nuovo pubblico borghese,


interessato ai romanzi e composto in prevalenza da donne, a cui vengono proposti
suggerimenti alla lettura e pubblicità.

“Ogni di erenza di stile ha origine nella diversità delle idee.”


Cesare Beccaria

«Ogni mente percepisce una bellezza diversa»


David Hume

Si percepisce però il rischio di arrivare ad un puro relativismo, quindi si cerca di


sostituire le regole con nuove normative ma più adatte ai tempi correnti, cercando di
preservare dei gruppi di senso e non di a darsi alla di erenza particolare dell’individuo.
In sostanza, nel ‘700 scompare l’idea di imitazione: l’artista deve proporre le sue idee,
le sue sensibilità.
N.B. Nasce l’idea di genio, e la critica diventa un sostegno che deve
aumentare la partecipazione del lettore a questa opera d’arte.

Nel 1795, Schiller scrive Sulla poesia ingenua e sentimentale.


Per Schiller la poesia ingenua ha quel rapporto privilegiato ma infantile che gli antichi
avevano con la natura, che erano quindi in grado di imitare.
L’attitudinedell’opera, che sembrerebbe classicista, ha invece un altro risvolto: per
Schiller il rapporto con la natura è perso, ma la nostra arte può essere ri essione
proprio su questa perdita e questo divario incolmabile con la natura, secondo quindi
la nuova poesia sentimentale.
Si delinea quindi un divario rispetto agli antichi, senza però una distinzione di valore in
quanto si può comunque continuare ad ambire alla grandezza.

“Questi oggetti sono l’immagine di un’infanzia irrevocabilmente passata, che ci


resterà per sempre cara, e che dunque infonde in noi una certa malinconia; sono
anche l’immagine della più alta perfezione di un mondo ideale”

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Nasce quindi l’opposizione tra (neo)classicismo e romanticismo:
• Per i neoclassicisti, i valori del mondo classico sono ancora esportabili ed
esprimibili attraverso l’imitazione, non puramente artistica ma anche politica ed
etica. Vi è una perfezione passata recuperabile e riproducibile in qualsiasi luogo.
ES. Giuramento degli Orazi di David: i valori romani possono ancora rivivere in noi

• Per i romantici, le sensibilità sono diverse, non ne esistono di assolute, e i valori non
sono adattabili ovunque. Il passato è quindi un passato diverso da noi e perso
irrimediabilmente, che ci arriva come rovina dei fasti e quindi incomprensibilità.

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Critica romantica
Secondo i romantici, l‘arte non può essere fondata sul principio retorico e verrà
quindi declinata in diverse connotazioni.
I primi critici della metodologia storico-romantica hanno quindi una particolare
attenzione verso il contesto storico, legato alla sue connessioni con lo spirito e le
tradizioni di un popolo.
La critica indagherà allora maggiormente il contenuto -e non la forma- dell’opera,
cercando di rintracciarvi delle valenze morali e storiche.

“l’arte è un fatto sociale, un risultato della coltura e della vita nazionale”

Per De Sanctis l’arte è espressione di tutta una vita sociale, non della singola creatività
dell’autore.

“La primavera del 1528 fu livida per messer Francesco Guicciardini. La Repubblica
Fiorentina lo aveva rimosso da ogni u cio, come partigiano de’ Medici”

Ad esempio De Sanctis -in L’uomo del Guicciardini (1869)- vuole esprimere attraverso
l’esperienza di Guicciardini lo spirito dell’intera Italia del Cinquecento, a ermando come
una singola opera possa dipingere il contesto e il sentimento corrente di un intero
popolo, di un’intera epoca.
Negli scritti di Guicciardini infatti emerge la grandezza e allo stesso tempo la debolezza
storica dell’Italia del tempo.

“Ciò che la naturale prudenza e la lunga pratica delle cose del mondo e la dottrina
e la solitaria meditazione e il salutare raccoglimento ne’ tristi e buoni accidenti della
vita potea suggerire ad un sagacissimo osservatore, tutto trovi qui condensato e
scolpito con rara energia di pensiero e di parola. E mai non ho capito così bene,
perché l’Italia fosse allora sì grande e sì debole, che in questa lettura, dove lo
storico con perfetto abbandono dipinge se stesso e sotto forma di consigli ci
scopre i suoi pensieri e sentimenti più intimi, o, per dirla con parola moderna, il suo
ideale politico e civile dell’uomo .”

In Machiavelli, De Sanctis non trova le stesse cose, ma anzi vede riunirsi due momenti
lontanissimi della storia italiana: Roma e il Risorgimento.
Nella sensibilità di un’epoca lontana si possono quindi già scorgere i germi futuri di
un popolo, con i suoi futuri componenti ed eventi.

“Machiavelli scende nella corruttela, la studia, l’analizza, l’esamina, ne fa una


scienza: e poiché non dispera, cerca nel fango il risorgimento, e nella corruttela
gitta l’immagine di altri tempi grandiosi e virili, dei tempi di Roma. […] Egli
comprende che la corruttela non è sorta nel suo secolo come un fungo – che essa
è l’e etto del disfacimento di una grand’epoca – in luogo di arrestarsi ad essa,
comincia a scavare sotto l’edi cio crollante, giunge alla base, al fondamento
intellettuale di esso; rifà la base, il pensiero, il metodo e pone il fondamento di un
altro edi cio; e di questo sotterraneo lavoro egli esce fuori recisa negazione del
Medio Evo, a ermazione vera de’ tempi moderni..”

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Guicciardini esprime l’individualismo italiano del suo tempo in maniera eccellente,
presentando però l’isolamento e la lotta che dominano il particolare dell’individuo
non come una corruzione morale o un disvalore, bensì come una regola di vita,
elevata a paradigma sociale.

De Sanctis accusa Guicciardini quindi di non prendere parte, spiegando semplicemente


la sua epoca in maniera oggettiva ma senza uno schieramento.
Per Machiavelli invece vi è uno schieramento dettato dalle passioni personali, necessario
e soggettivo.

“E qual è la formola del Guicciardini? Stare col più forte, navigare in modo che tu
non ti trovi mai dal lato del debole! (…) Ciò ha pervertito il carattere italiano e l’ha
reso comico. Nessuno in Italia lo avea rappresentato, ed ora già vedete la grande
importanza che acquista don Abbondio.”

De Sanctis traccia una linea di continuità tra Guicciardini e Don Abbondio: la gura del
prete mira alla propria salvaguardia, alla conservazione del suo particolare teorizzata da
Guicciardini.

De Sanctis parla a nome di una borghesia patriottica, ma il suo giudizio sul


Guicciardini è ripreso poi anche da Gramsci nei Quaderni del carcere, in cui però si
accusano di “guicciardinismo” gli intellettuali italiani che credono che bastino le
parole e la teoria, rispetto alla prassi concreta.

“La volontà di non «impegnarsi» a fondo, che è il modo di badare solo al proprio
“particulare” del moderno guicciardinismo di molti intellettuali per i quali pare che
basti il “dire”: “Dixi, et salvavi animam meam”, ma l’anima non si salva solo per dire.
Ci vogliono le opere, e come! .”

La critica storico-romantica domina la scena no al 1880 circa, a ancata però da scuole


minori:
• Scuola positivista: vede nella letteratura il ri esso delle motivazioni scienti che;
è rimasta nella sua forma meno estrema, mentre è scomparsa la critica siologica
che associava la siologia dell’autore alle sue opere
• Critica biogra ca: vede nella biogra a dell’autore degli aspetti signi cativi per
quanto riguarda la comprensione delle sue opere
• Critica impressionistica ( ne Ottocento): critica digressiva che tende ad interpretare
l’opera d’arte sulla base del critico stesso. Il valore è dato dalla reazione dell’opera
d’arte con il lettore.

Questa critica apre al genere del saggio, forma di critica letteraria priva di un metodo:
nel saggio, il critico non si lega ad un sistema di approccio particolare, bensì decide
di portare una sovrabbondanza di riferimenti, connessioni, citazioni (anche supposte
e non certi cate) che però ci danno la sensazione di star comprendendo meglio l’opera.

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Per Croce l’arte non ha a che fare con la siologia degli scrittori, ma solamente le
cosiddette “intuizioni e liriche del sentimento” sono realmente arte.
Tutto ciò che nell’arte è impalcatura loso ca, politica, religiosa, non è arte.
N.B. Croce predilige la lirica per la sua scissione da impalcatura di altro tipo.

Egli attua poi una distinzione tra “poesia” e “non poesia”


➡ ESEMPIO: La Commedia
Croce ad esempio tende ad identi care come “arte” nella Commedia solo quei
momenti in cui Dante esprime l’io lirico.

! Terminologia di base

• Genere: sistema inizialmente sso che poi tende ad esplodere


Nel Novecento il genere non è più stabile, va a cambiare insieme alla storia stessa.
ES. La tragedia è mutevole, si riferisce agli elementi dell’opera secondo una
normativizzazione che tuttavia varia col tempo

• Modi: sono la dominante stilistica dell’opera, cioè le sfumature di come si


racconta una vicenda.
ES. Remo Ceserani li ha descritti, tra cui modo romanzesco, allegorico,
abesco, tragico, epico,…
Solitamente vi è un modo dominante, ma possono tranquillamente mischiarsi, al ne
di rendere il fatto storico reale più o meno nobilitato dalle altre forme con cui viene
proposto.
ES. ne “Il Partigiano Johnny” di Fenoglio vi sono modo epico, modo
realistico,…

• Struttura: idea secondo cui ogni elemento di un testo è in relazione con gli altri.
Per gli strutturalisti l’obiettivo è proprio ricostruire lo schema di ogni singolo testo con la
sua composizione.
L’analisi si focalizza su degli elementi funzionali: personaggi, lettore, intreccio, tempo,
narratore, ecc.
ES. Il narratore ci dice molto sulla struttura del testo, poichè un narratore
onnisciente in terza persona si riferisce ad una realtà oggettiva, mentre in terza
persona non onnisciente -come Memorie dal presbiterio di Emilio Praga (1881)- si
riferisce alla ne delle certezze.

• Temi ricorrenti: argomenti che si ripetono e si stereotipizzano


ES. Foscolo e l’allitterazione
ES. Lo stilema del padre in Svevo e Kafka

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Formalismo russo
La critica formalistica nasce in Russia -da qui la denominazione “russo”- negli anni ’10
del Novecento.
Il formalismo si discosta dalla visione storica e cerca un proprio statuto di autonomia
nell’idea di scoprire le proprietà del linguaggio letterario: bisogna capire cosa rende il
linguaggio di un testo un vero e proprio linguaggio letterario, rintracciando uno schema di
fondo in ogni tipo di narrazione.
➡ ESEMPIO: Propp in Morfologia della aba dimostra che ogni aba ha 31 strutture
ricorrenti, ossia ogni aba ha 31 elementi che sono necessariamente presenti.

Viktor Sklovskij in La struttura della novella e del romanzo (1921) parla di straniamento
per de nire la letterarietà, de nendolo come “qualcosa di inedito o spiazzante rispetto
al suo uso normale”
ES. racconto di Tolstoj che si conclude con la scoperta del narratore sotto forma di
cavallo

Lo straniamento è ogni tipo di comunicazione linguistica che tende a sovvertire le


norme della comunicazione quotidiana, sancendo l’ingresso di un testo nella sfera
della letterarietà.

Il linguaggio letterario infatti non ha un ne pratico a cui adempire, ma può


dedicarsi a digressioni e sfumature stilistiche che descrivono la realtà in maniera
straniata.

“Per fare di un oggetto un fatto artistico, è necessario estrarlo dal novero dei fatti
della vita. (…) Bisogna estrarre l’oggetto dalla serie di associazioni consuete nella
quale si trova. (…) Gli oggetti insorgono, gettando via da sé i vecchi nomi ed
assumendo, con un nuovo nome, un nuovo aspetto. Il poeta (…) chiama, poniamo,
il fuoco « ore rosso», oppure accosta a una vecchia parola un nuovo epiteto (…)
compie uno spostamento semantico”

Lo straniamento corrisponde quindi allo scarto dalla norma, non puramente linguistico
e stilistico, ma anche tematico.
➡ ESEMPIO: Di erenza tra fabula e intreccio
Fabula: narrazione cronologica degli eventi
Intreccio: modalità straniata con cui la narrazione cronologica è spostata e
modi cata nel testo letterario

➡ ESEMPIO: Stern propone un gra co che ricapitola la narrazione precedente,


rovesciando l’ordine cronologico ma anche proponendolo mediante un
disegno e quindi non attraverso la lingua.

Per quanto riguarda i generi, Sklovskij ritiene che la parodia ne esprima al massimo le
caratteristiche: essa è uno straniamento interno alla letteratura stessa, in quanto
simboleggia la morte di un genere e la nascita della sua nuova forma parodizzata.

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Nel Novecento lo straniamento avrà uno sviluppo marxista con Brecht, Sanguineti,
Benjamin.
Esso corrisponde allo svincolamento dell’arte dal senso comune borghese, come
sottrazione del godimento estetico -e illusorio- delle opere.

Per Brecht lo straniamento è il momento in cui lo spettatore non è più


illusionisticamente catturato dalla rappresentazione teatrale -complice del sistema
capitalistico in cui è inserita e a cui si presta come strumento- ma riesce a ri ettere su
quello a cui sta assistendo, non appagandosi con la realtà dove vive ma anzi
sentendosi a disagio.

Per Sanguineti la letteratura è intesa proprio come “la villa del Decameron”, ossia un
luogo ameno e illusorio che ci separa dalla realtà pestilenziale - e capitalistica- esterna.

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Critica stilistica
La critica stilistica nasce nei primi del Novecento ed ha alcune a nità col formalismo.
Questa critica è particolarmente interessata allo stile, ma non ricerca delle regolarità
strutturali, bensì vuole comprendere lo stile di un singolo autore al ne di
comprendere la sua esperienza biogra ca e il suo contesto storico, la sua
speci cità.
Per Bally, allievo di Saussure: la stilistica studia il linguaggio nella sua sfumatura
a ettiva.
Egli distingue quindi in:
‣ Stilistica comparativa: compara gli usi autoriali
‣ Stilistica interna: compara le diverse scelte del soggetto parlante
Tra i critici abbiamo: Spitzer, Auerbach, Contini

Spitzer
Per Spitzer, la lingua d’uso dipende da un’iniziativa stilistica individuale che è stata poi
normata e codi cata.
Egli è quindi interessato allo stile come espressione dell’individualità di un autore, o in
minor parte di un popolo o una cultura.

“A qualsiasi emozione, ossia a qualsiasi allontanamento dal nostro stato psichico


normale, corrisponde, nel campo espressivo, un allontanamento dall’uso linguistico
normale. (…) Una particolare espressione linguistica è, insomma, il ri esso e lo
specchio di una particolare condizione dello spirito. (…) I nostri sentimenti
agiscono sulla lingua come la linfa in fermento sugli alberi a primavera”

Per Spitzer, ad ogni tipo di emozione, intesa come allontanamento dallo stato
psichico abituale, corrisponde un particolare tipo di linguaggio che corrisponde
all’emergere dell’anima dello scrittore.

➡ ESEMPIO: Di erenza tra Petrarca e Dante


‣ Petrarca ha uno stile alto o medio-alto, con un uso smodato di liquide, poche
rotative, ecc.
‣ Dante ha uno stile che spazia dall’alto al basso, con un uso di suoni aspri
N.B. Contini distingue infatti tra monolinguismo petrarchesco e
plurilinguismo dantesco

➡ ESEMPIO: Il plurilinguismo di Dante


Ezio Raimondi ha notato come il sommo poeta abbia utilizzato 3 termini per
indicare la vecchiaia, a seconda della cantica, andando ad elevarsi dall’italiano, al
provenzale e in ne al latino:
- “Vecchio” (Inf.)
- “Veglio” (Pur.)
- “Sene” (Par.)
La lingua si innalza man mano che Dante ascende nel viaggio

Per Spitzer, le diverse scelte formali rispondono ad una radice psicologica comune,
così che si può instaurare un circolo ermeneutico: dall’opera si risale al senso
particolare e viceversa.

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Lo stile diventa un elemento centrale, ma perdendo quella connotazione arcaica e
sovraindividuale, de nendo invece la speci cità e la personalità del singolo autore.
N.B. Questo può avvenire solamente in una società come quella del Novecento
dove gli individui sono intesi ormai come personalità disconnesse dalla collettività.

➡ ESEMPIO: Illusioni perdute di Balzac


Balzac denuncia la merci cazione e la calcolabilità del mondo, attraverso
l’inserimento di una pagina di parole e numeri frammentati, legati ad estratti conto,
percentuali, interessi,…

Spitzer recupera inoltre parte dell’idea romantica di De Sanctis di poter ritrovare lo


spirito di un popolo all’interno delle opere più signi cative della sua letteratura,
ovviamente analizzandole da un punto di vista puramente stilistico e non
contenutistico.

“Dato che il miglior documento dell’anima di una nazione è la sua letteratura, e


dato che questa non è se non la sua lingua come è scritta da una élite di parlanti,
non potremmo sperare di cogliere lo spirito di una nazione nella lingua delle sue
opere letterarie più spiccate?”

Il metodo stilistico dipende molto ancora dall’intuizione del critico, ma comunque è


già all’interno della sfera puramente letteraria, come lo strutturalismo, poichè vi è una
catalogazione precisa dei fenomeni stilistici individuati.

➡ ESEMPIO: La morte di Bastianazzo nei Malavoglia di Verga

“Verga non descrive (…) la morte di Bastianazzo sulla sua barca Provvidenza,
ma il processo per cui questa morte diventa realtà per il villaggio e per sua
moglie, attraverso i discorsi, i gesti e in generale le attitudini di tutti i membri
di quella comunità”

La morte di Bastianazzo è descritta attraverso le reazioni della comunità, non


attraverso il fatto tragico in sè.
Questo si spiega nell’ottica del naturalismo verghiano, la comunità è centrale
rispetto all’individuo, che è determinato proprio dalla collettività e dal contesto
stesso.

Auerbac
Anche per Auerbach, da un semplice passo d’un’opera si può ricostruire la tendenza
dominante stilistica nella sua interezza.
Tuttavia, Auerbach si concentra sulla modalità di rappresentazione degli elementi
referenziali, non tanto sull’attenzione per un sintagma o un costrutto linguistico.
Per Auerbach è quindi fondamentale ricostruire un “motivo principale” che esprima
l’essenzialità dell’opera.
➡ ESEMPIO: Il ritratto della padrona in Papà Goriot

“Il ritratto della padrona è legato alla sua apparizione mattutina nella sala da
pranzo; ella compare in questo centro della sua attività (…); e poi s’inizia una
minuta descrizione della sua persona. La descrizione si muove lungo un
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motivo principale che viene ripetuto più volte: il motivo della consonanza
della sua persona e del luogo, la pensione (…) corpo, avvizzito, grasso,
sudicio e repellente (…), tutte cose che s’accordano con l’aria della stanza.
(…) Tale realismo atmosferico di Balzac è un prodotto della sua epica"

Per Auerbach, in Balzac i personaggi vengono rappresentati attraverso caratteristiche


simili all’ambiente in cui si muovono.
Egli interpreta il ritratto della padrona come una metonimia narrativa, una sorta di
“realismo atmosferico”, dovuto alla sua epoca.
Il contesto infatti è matrice non solo dei personaggi, ma lo stile -il realismo-
dell’autore stesso, plasmato sulla sua visione dell’epoca e viceversa.
Auerbach ha quindi una tendenza a incasellare l’autore nella sua realtà storica, come
componente di un universale sopraindividuale (l’epoca nel suo senso storico, uno spazio
di possibilità in cui è possibile o impossibile scrivere in un certo modo)

Contini
Contini inventa un metodo oggettivo per fare la critica stilistica, la cosiddetta critica delle
varianti, ossia lo studio dell’evoluzione delle modi che documentate che un’opera
ha subito nel corso delle sue edizioni, dall’autografo all’ultima.
Con questo tipo di critica, si sottolinea come lo stile speci co di uno stesso autore
possa cambiare in maniera sistematica e radicale nel corso del tempo.
N.B. L’interpretazione della vera ispirazione dell’autore, che non è nient’altro
che una creazione individuale ed espressione di fantasia ed inventiva, non
gestibile quindi attraverso un calcolo ed una ricostruzione razionale.

Contini è anche il primo a scorgere la grandezza di Montale

“La principale costante nella carriera di Montale è che poesia e non-poesia in lui
non sono contigue, ma strettamente interdipendenti e complementari”

Allo stesso modo, egli analizza la lingua di Pascoli, riscontrando nell’uso paradialettale di
Pascoli un riferimento ben preciso al medioevo folcloristico.

“Riconosciamo anzitutto la presenza di onomatopee, «vi-devitt, «scilp», «trr trr trr»


(…) si constaterà che talvolta il poeta vuole riprodurre il color locale (…): e quando
per esempio il Pascoli vuole alludere al tono presunto nella poesia volgare dei
tempi di re Enzio, quel medioevo comunale e romanticamente folcloristico, egli
ricorre a elementi linguisitici che (…) asssociano echi bolognesi, emiliani, padani"

Allo stesso modo in una poesia come Italy -poesia che celebra l’Italia emigrata in un
quadro nazionalista dolceamaro- la fusione delle lingue e il progressivo recupero della
lingua italiana esprimono l’ideologia di Pascoli e il suo fortissimo sentimento
nazionalistico.
Il recupero della lingua da parte della bambina è il recupero di un’identità nazionalistica.

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Croce opera nella critica stilistica anche, ad esempio cercando di smontare una credenza
inculcata nella letteratura, ossia l’ironia ariostesca.
Per Croce, in Ariosto vi è una costante autoparodia di quello che l’autore stesso sta
raccontando.

“La forza magica che compiva questo prodigio, era il tono dell’espressione, quel
tono disinvolto, lieve, trasmutabili in mille guise e sempre grazioso che i vecchi
critici chiamavano «aria con denziale» (…), ed in cui non solo consiste intero lo
stile, ma, poiché lo stile non è altro che l’espressione del poeta e la sua anima
stessa, consisteva tutto intero l’Ariosto, col suo cantare armonioso. Palpabile è
quest’opera di svalutazione e distruzione (…) nelle osservazioni intercalate, nelle
riprese, nei vocaboli adoperati, nel fraseggiare e nel periodare (…). E questo tono è
altresì la tante volta notata e denominata, e non mai bene determinata ironia
ariostesca”

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Strutturalismo
Lo strutturalismo si forma in Francia a partire dagli anni ’60, sopravvivendo no ai primi
anni del Duemila, quando proprio da esso si svilupperà la corrente poststrutturalista.
Si identi ca come una liazione del formalismo e si concentra sulla struttura, ricercando
le motivazioni della composizione dell’opera, ma di erenza del formalismo introduce
una scienti cità, ossia introduce l’idea che il testo possa essere analizzato in se
stesso, malgrado quindi il contesto storico e la biogra a dell’autore stesso, che
risultano quindi scollegate e super ue rispetto all’opera.
Non si analizza il testo per descrivere il contesto storico o la psicologia dell’autore, ma
per descrivere come il testo funziona rispetto a noi.

Lo strutturalismo tende a trovare degli schemi ssi all’interno del testo letterario, che
si ripresentano in maniera scissa dal contesto spazio-temporale.
N.B. Questa corrente ha una derivazione dalla linguistica di Saussure e dagli studi
antropologici di Lévi-Strauss, il quale aveva indicato degli schemi sociali ricorrenti,
indipendenti da di erenze spazio-temporali.

Questa insistenza sull’universalità però è in contrasto con la nuova tendenza del


moderno, che tende invece all’assenza dell’universalità: in luoghi diversi vigono valori
diversi, quindi particolari di quello spazio-tempo.
Tuttavia vi è un assoluto scienti co che sopravvive no agli anni ’80, momento in cui
anche lo strutturalismo declina e si inizierà allora a credere che anche la certezza
scienti ca è sempre e comunque basata su determinati presupposti ideologici e su delle
precomprensioni.
N.B. In Dialogo sul metodo di Feyerabend si dice che la scienza è direzionata dal
potere e dall’ideologia comune.

«Notiamo innanzitutto che la preoccupazione d’interrogare delle strutture, cioè


delle totalità coerenti e signi cative, coesiste nella nostra società con la
convinzione (…) secondo la quale lo spirito dell’epoca è contraddistinto
dall’incoerenza, dall’assurdo, dalla confusione delle lingue, dalla perdita e dalla
dissipazione dei valori tradizionali della cultura (…). Lo strutturalismo, in quanto
strumento di decifrazione del nostro tempo, postula la possibilità di trovare in esso
degli insiemi comprensibili. Di conseguenza implica la fede nella presenza
immanente di una ragione strutturante, e rivendica (…) una razionalità del mondo.
(…) una vigile disposizione a tener conto dell’interdipendenza e dell’interazione
delle parti in seno al tutto»

Starobinski, critico psicanalitico, descrive quindi lo strutturalismo come un’idea


scienti ca di coerenza che dilaga in un periodo in cui la mentalità comune tende a
riscontrare invece l’incoerenza del mondo.
Esso implica quindi la fede nella presenza immanente di una ragione strutturante,
capace di fornire nuovamente delle risposte.
Gli elementi disconnessi di un testo sono quindi interdipendenti e interattivi, capaci di
darci un’idea di totalità del testo se visti nel loro insieme.

Tutto lo strutturalismo quindi crede che il testo abbia delle speci che caratteristiche
costanti formali nel quadro di un’autonomia letteraria, categorizzabili in sistemi
precisi.
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La funzione poetic
Roman Jakobson in Poetica e stilistica (1958) parte dall’idea formalista di Sklovskij di
letterarietà, ricercando gli elementi prerogativi che fanno di un messaggio verbale
un’opera d’arte; si sposta l’accento sulla forma, sul segno, sulla struttura.
Per Jakobson in ogni atto linguistico ci sono 6 possibili fattori:
• Mittente
• Contesto
• Messaggio
• Destinatario
• Codice
• Contatto

Per Jakobson i 6 fattori possono coesistere, ma c’è una gerarchia e quindi ve ne è


uno predominante che fa attivare una determinata funzione linguistica:

‣ Funzione espressiva: l’accento cade sul mittente, si dà importanza all’intonazione e


allo stato emotivo di chi sta parlando
‣ Funzione referenziale: l’accento cade sul contesto, si dà importanza a cosa si dice,
per accentuare la comprensione
‣ Funzione poetica: l’accendo cade sul messaggio, quindi si riferisce all’arte
‣ Funzione conativa: l’accento cade sul destinatario, quindi è una funzione retorica e
persuasiva perché tende ad avere un esito concreto e pratico
‣ Funzione metalinguistica: linguaggio che parla di se stesso
‣ Funzione fatica: si dà importanza al contatto tra i parlanti

Per accentuare la funzione poetica è necessario attivare tutti gli elementi retorici
utilizzabili (metrica, eufonia, temi ricorrenti), secondo due grandi schemi sempli cati:
• Selezione: scelta delle lettere
• Combinazione: combinazione delle lettere stesse
Secondo una de nizione del critico strutturalista Jurij Lotman, l’arte è un sistema di
simulazione secondario, ossia non una simulazione primaria (mimesi) ma una mimesi
a cui si aggiungono i fattori della funzione poetica e dei suoi due schemi.

La narratologi
La narratologia si fonda nello strutturalismo e si applica come:
‣ studio dell’intreccio del romanzo, notando gli elementi ricorrenti, nalizzati ad
aumentare o determinare uno stato d’animo.
ES. Insistenza su un oggetto o luogo
Binomio tra pensiero dell’atto/compimento dell’atto
‣ studio del sistema dei personaggi, ossia la modalità del rapporto tra i vari
personaggi in un’opera, secondo delle funzioni ricorrenti
ES. soggetto, aiutante, oppositore, ecc
‣ studio dei modi della narrazione, poichè i punti di vista sono fondamentali per
l’attivarsi della funzione poetica.

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In questo senso si è mosso l’operato di Gerard Genette, che in Discorso del racconto
(1972) spiega le diverse teorie del punto di vista e le loro dicotomie:
‣ Io narrante/Narratore onnisciente
‣ Prima persona/Terza persona
‣ Narratore extradiegetico/Narratore intradiegetico, a seconda che il narratore sia o
meno un personaggio lui stesso.
‣ Narratore omodiegetico/Narratore eterodiegetico, a seconda che il narratore stia
raccontando storie sue o di altri.

La modalità narrativa ci dice anche molto sull’autore e sulla sua visione del mondo,
più o meno oggettiva, più o meno a dabile.

A queste teorie si aggiungono tre ulteriori focalizzazioni per Genette:


• Racconto a focalizzazione zero
• Racconto a focalizzazione interna, ssa o variabile: il punto di vista è quello dei
personaggi, ma può appunto mantenersi su un singolo personaggio o spostarsi su vari
personaggi.
• Racconto a focalizzazione esterna: in questo caso il narratore sa meno di quello che
sanno i personaggi.

Secondo Cesare Segre, strutturalista italiano, crede a queste funzioni strutturali ma le


ritiene mutevoli in base al contesto storico-sociale.
ES. perché crolla il narratore onnisciente, in connessione al cambiamento sociale?

Barthe
«Riguardo al vestito sembra estremamente utile distinguere una realtà, che
proponiamo di chiamare «costume», (…) e una seconda realtà, che proponiamo di
chiamare «abbigliamento» (…). La prima è una realtà istituzionale, essenzialmente
sociale indipendente dall’individuo (…) normativa, all’interno del quale il singolo
organizza la propria tenuta; la seconda è una realtà individuale (…) attraverso il
quale l’individuo attualizza su di sé l’istituzione generale del costume»

In Miti d’oggi (1957) Barthes rivaluta la cultura popolare per analizzare il funzionamento
della società, dando quindi valore a semplici tic quotidiani che danno informazioni
culturali universali.
Barthes crede che ogni individualità esistente è sempre legata al contesto in cui
opera, secondo un modello simile alla langue e parole di Saussure, in cui una è
attuazione individuale dell’altra).
Il “costume” di Barthes sono le funzioni ricorrenti, che creano un modo come potrebbe
essere quello realistico (parole scurrili, passato remoto, stile indiretto,…), a cui si associa
“l’abbigliamento”, la caratterizzazione, lo scarto singolare dell’autore.

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Genette e l’epigraf
Gli strutturalisti non si concentrano solo sulla macrostruttura, ma anche sulle singole
parti del testo.
Un esempio di ciò è l’interesse di Genette per le epigra , motti ad inizio o ne libro che
va a riassumere la poetica stessa dell’autore.

«Ciò che distingue il motto non è dunque obbligatoriamente il suo carattere


autografo, ma la sua indipendenza rispetto al testo particolare, il fatto che possa
trovarsi all'inizio di diverse opere dello stesso autore, che lo colloca per così dire in
esergo alla sua carriera, o della sua vita intera»

➡ ESEMPI:
Ha osservato le usanze di molti uomini
(Tom Jones)
Non sono le azioni, ma le opinioni riguardanti le azioni, che preoccupano gli
uomini (Tristam Shandy)

• Attitudine realistica e che propone una prospettiva oggettiva


• Attitudine meno concreta, punta sull’interpretazione soggettiva e non sul fatto
in sè

Genette indaga anche le ragioni che concernono il posizionamento dell’epigrafe:

«L'epigrafe liminare prepara il lettore alla sua relazione col testo; l'epigrafe nale,
che si impone dopo la lettura del testo, ha in linea di principio un signi cato
evidente, una maggiore autorità conclusiva: è l'ultima parola»

L’epigrafe può essere valutata a seconda della sua correttezza o meno, a seconda della
sua verità o meno, a seconda del tipo di font, e altri elementi ancora, che vanno a dare
particolari sfumature di signi cato.

Genette distingue 4 funzioni delle epigra :


• Funzione di commento-chiarimento, come chiave di accesso al testo
• Funzione ironico parodica
• Funzione di atmosfera, sempre in ottica di preparare alla lettura
• Funzione di riferimento, ad esempio al pensiero dell’autore in questione

Lotman e Leopardi: strutturalismo all’estrem

«Vi distingueremo due sfere nettamente separate: uno spazio interno ed uno
esterno. Quello interno è provvisto dei seguenti tratti: 1) l’unicità (ermo), un tratto
che, inserendosi nelle opposizioni ‘unico-plurimo’, ‘ nito-illimitato’, rappresenta la
caratteristica ssa dello spazio chiuso; 2) la rotondità. La rotondità del colle
presuppone una linea chiusa che lo delimiti nei confronti della pianura. Il tratto della
fron era tra i due spazi è ampli cato con il ricorso alla siepe»
Lotman analizza L’in nito di Leopardi in maniera semiotica-geometrica.
L’idea dell’unicità (ermo) dà la sensazione di chiuso, che però permette di sviluppare in un
secondo momento la sensazione opposta dell’in nito. Inoltre, malgrado questa unicità del
colle, la sua rotondità richiama ancora all’idea di in nito.
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La ne dello strutturalismo
Dall’inizio degli anni ’80, iniziano a di ondersi una serie di critiche basate sui diritti del
lettore, il quale deve essere aiutato nella comprensione del testo e incluso e non confuso.
Il valore del testo è dato anche dall’interpretazione del lettore, che diventa parte
integrante del testo stesso.
N.B. Ciò verrà poi sviluppato dalla teoria della ricezione di Stanley Fischer

Un esempio di ciò è il concetto di “opera aperta” di Umberto Eco: il signi cato di ogni
testo è arricchito dalle nuove letture che si accumulano nel corso della storia sul
testo, con diverse sensibilità.

Sempre a partire dagli anni ’80, Compagnon accantona il relativismo estremo di Fischer e
gli a anca un relativismo legato al senso comune egemonico di ogni epoca, non ad
ogni individuo.

«Il testo vive solo nelle letture che ne vengono fatte, la sua interpretazione è a data
totalmente alla responsabilità del lettore, la cui libertà d’interpretazione non trova
nessun limite (…). L’interpretazione che si impone è quella che, per la sua forza
retorica e persuasiva, viene accettata e fatta propria dalla comunità interpretante»

Allo stesso modo, Remo Ceserani sostituisce al relativismo l’autorità dell’interpretazione


migliore che quindi diventa egemonica in un dato periodo storico.

In sintesi, lo scientismo strutturalista ha perso presa per il cambiamento della


società, che essendo più disconnessa predilige l’individualismo e quindi
un’eterogeneità di opinioni rispetto a delle opinioni assolute e scienti che.

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Le teorie del romanzo
Bachti
Michail Bachtin è stato un critico di con ne
‣ condivide con il formalismo e la stilistica l’attenzione alle forme
‣ condivide con il marxismo e lo storicismo l’idea che le forme letterarie e il
linguaggio stesso siano connesse con il piano sociale.

Bachtin crede che la struttura sociale si possa intravedere tanto nei temi quanto
nelle forme dei generi letterari, non in maniera intatta nelle opere.
Nel romanzo, tutte le ideologie sono presenti e ad ognuna si associa un personaggio,
secondo il concetto di polifonia: nel romanzo si sovrappongono e contrastano più
voci, rappresentate dai personaggi i quali, entrando in contatto tra loro danno luogo ad
un divenire dei personaggi stessi e ad un dialogismo, ossia un’in nita dialettica
senza una verità univoca e risolutiva.

Tuttavia il dialogismo non è solo interno al romanzo, ma si estende al di fuori: ne


consegue lo spaesamento del lettore rispetto al giudizio assoluto sui personaggi e
sulle idee del romanzo.
Il romanzo non dà quindi un punto di vista assoluto sul mondo, ma anzi mima la
“crisi degli universali”, segnando la ne del punto di vista totalizzante.

Il carnevalesc
Nei suoi studi medievali della grande letteratura, Bachtin rileva l’esistenza di una linea
subalterna della letteratura “comico-carnevalesca” che si rifa alla parodia del
quotidiano, degradato e familiarizzato, con l’emersione del corporeo, degli istinti e
della volgarità.
Il carnevale è il periodo di completa reversibilità delle logiche e dei valori, dove il riso ha
una funzione liberatoria e antidogmatica.

Gli elementi del carnevalesco -grottesco, satira sboccacciata, volgarità- sono propri
della letteratura comica, quindi solitamente considerati bassi rispetto al resto della
letteratura.
Questi modi danno vita al genere letterario del romanzo, in cui la di erenza tra alto e
basso decade in qualsiasi ambito, cancellando le distinzioni tra forme, lingua e
tematica.
È quindi un genere ribelle rispetto all’autorità aristotelica dei generi e anche nei
modi, poichè qualsiasi contenuto può essere degradato e mescolato.

➡ ESEMPIO: I ori di Aldo Palazzeschi (1911)


Il topos del ore è detronizzato e riportato alla sfera della sessualità, trascinato
quindi dall’alto al basso contemporaneo, familiare.

Annullando le antiche distinzioni e monologismi, il romanzo è il genere cardine della


modernità, con cui condivide il crollo degli assoluti.
Si assiste parallelamente ad una “romanzizzazione” degli altri generi, che per reggere il
passo del tempo devono adeguarsi al genere egemonico, introducendo elementi
carnevaleschi.

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Nel romanzo anche i personaggi si trasformano: i personaggi borghesi, esclusi dalla
letteratura alta, invadono la letteratura con la loro quotidianità.
N.B. Banalmente, non esiste “il dottore va a trovare il paziente” nella letteratura
precedente al romanzo
Il sistema gerarchico dei personaggi decade, così come la gura dell’eroe, mentre si
staglia lo spazio metropolitano borghese con la sua ripetitiva normalità.
N.B. Qualcuno prova a rintanarsi all’interno dello spazio preciso (come quello
agreste) in cui sopravvivono valori assoluti, ritmi ciclici e storici,…

«L’individuo, come appare in questo mondo della prosa quotidiana, non è attivo in
base alla propria totalità (…). L’uomo singolo viene a dipendere da in uenze
esterne, leggi, istituzioni statali, rapporti civili, che egli già trova, e a cui deve
piegarsi»

L’azione dell’individuo perde il signi cato universale e il potere d'agire, diventando


un atomo isolato, espressione di se stesso e impossibilitato ad ambire ad essere un
simbolo.
N.B. Per Auerbach, il romanzo è il genere della vita particolare, con signi cato
in se stessa e quindi nessun simbolo assoluto e allegorico.

Bachtin ritiene gli altri generi “quasi morti” per la loro staticità, nel senso che sono
de niti una volta e per sempre, a di erenza del romanzo, un genere assorbente e
centrifugo che è in continuo divenire.
Esso si apre ad un dialogismo con le voci della modernità, di cui diventa la cartina
tornasole per eccellenza.

«La pluralità delle voci e delle coscienze indipendenti e disgiunte, l’autentica


polifonia delle voci pienamente autonome costituisce e ettivamente la
caratteristica fondamentale dei romanzi di Dostoevskij. Nelle sue opere non si
svolge una quantità di caratteri e destini per entro un unitario mondo oggettivo e
alla luce di un’unitaria coscienza poetica, ma qui appunto una pluralità di coscienze
equivalenti con i loro proprio mondi si unisce. (…) Gli eroi principali (…) non
soltanto oggetti della parola dell’autore, ma anche soggetti della propria parola»

Bachtin in Dostoevskij a erma come i personaggi dello scrittore russo siano


indipendenti, voci autonome non collocate in un mondo oggettivo con una morale
unitaria, bensì coscienze equivalenti che si giustappongono senza un giudizio di
valore.

I personaggi e i loro punti di vista sono allora autonomi anche rispetto all’autore stesso,
polifonici e plurimi anche rispetto a se stessi: il dialogismo si allarga all’interno della
psicologia del personaggio attraverso l’ipertro a della coscienza, creando un
soggetto scisso in diversi Io, in contraddizione con se stesso.
ES. già nel protagonista di Memorie dal sottosuolo di Dostoevskij.

Epica e romanz
In Epos e romanzo, Bachtin distingue tra epica e romanzo:
• Epica: mondo assoluto, ripetitivo ed eterizzato
• Romanzo: mondo in divenire, privo di valori assoluti, che anzi sbe eggia.
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I personaggi epici sono sovrapersonali, mentre quelli romanzeschi no.

Ogni volta quindi che un genere è portato a parodia, allora si va verso il romanzo.
ES. La secchia rapita di Tassoni: parodia dell’epica, in cui l’oggetto conteso passa
da essere ad esempio Elena di Troia -contesa tra Greci e Troiani- ad una secchia
contesa tra bolognesi e modenesi.

Il dialogismo è poi teso all’in nito: anche l’interpretazione critica perde l’assoluto

«L’attività di chi conosce una cosa muta e l’attività di chi conosce un altro
soggetto, cioè l’attività dialogica del conoscente (…). La conoscenza dialogica ha il
carattere di evento. L’incontro. (…) Ogni comprensione è correlazione di un testo
con altri testi. Il commento. Dialogicità di questa correlazione (…) e
reinterpretazione in un nuovo contesto (nel mio, in quello contemporaneo, in quello
futuro)»

N.B. Si arriva alla teoria della ricezione quindi

«Il romanzo parodia gli altri generi (proprio in quanto generi), smaschera la
convenzionalità delle loro forme e del loro linguaggio (…). Fenomeni di particolare
interesse si osservano nelle epoche in cui il romanzo diventa il genere letterario
dominante. Tutta la letteratura è allora presa da una sorta di «criticismo di genere»
(…). La letteratura è inondata di parodie e di travestimenti di tutti i generi letterari
nobili (…), in essi penetrano ampiamente il riso, l’ironia, lo humour (…) e il vivo
contatto con l’età contemporanea»

Le principali di erenze tra epica e romanzo sono:


• L’eroe del romanzo non è per forza eroico, ma può unire lati positivi e negativi
• Il cambiamento del personaggio del romanzo non è de nito dall’inizio, ma è in
divenire
ES. Lo stesso romanzo di formazione all’inizio si pone in una maniera assolutista,
tuttavia poi nel corso dello sviluppo del romanzo come genere si va ad avere
romanzi di formazione che si concludono con un nulla di fatto
• Crolla il giudizio su bene e male nel romanzo
• La classe sociale non determina una connotazione sul personaggio.
• Lo stile diventa nalmente individuale e modi cabile, non più dipendente dai
precetti aristotelici.

➡ ESEMPIO: Eugenij Onegin di Puskin


«Onegin, mio buon amico, nacque sulle rive della Neva, dove forse sei nato
tu»
Il protagonista è messo sullo stesso piano del lettore

Anche la psicologia entra nel romanzo:


‣ Epica: il personaggio non ha una psicologia modi cabile, che ri ette su se stessa,
così come il destino del personaggio è stabilito e sso.
‣ Romanzo: il personaggio ha uno sviluppo psicologico, un cambiamento del suo
destino.

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Lukac
In Teoria del romanzo (1920), Lukacs parla del romanzo in maniera analoga a Bachtin,
tuttavia negativa: l’allontanamento dall’epica è vissuto con malinconia.

Esso è un fatto compiuto e simboleggia la caduta dell’uomo, incapace di vedere la


realtà in maniera assoluta in seguito all’avvento della modernità e della
frammentazione sociale.
In una società frammentata, è normale che il sintomo sia il romanzo, poichè l’uomo
ha perso la dimensione sociale che gli permetteva di agire come collettivo, come
nel mondo greco, che aveva come controparte letteraria proprio nell’epos, l’epica.

Pur tuttavia scomparendo il signi cato univoco fornito dall’epica, non scompare la
volontà e la disposizione emotiva di ricercare un signi cato assoluto.
Lukacs valorizza quei personaggi dei romanzi che si fanno “cercatori della totalità”

«Tempi beati quelli in cui è il rmamento a tracciare la mappa delle vie accessibili e
da battere, rischiarandole alla luce delle stelle. Tutto è nuovo in essi e però familiare
- avventuroso e insieme avito. Vasto è il mondo e tuttavia non più della propria
casa, giacché il fuoco, che brucia nell’anima, divide la sostanza con le stelle; un
taglio preciso separa il mondo dall’io, la luce dal fuoco, eppure esso non è tale da
renderli per sempre stranieri; il fuoco, infatti, d’ogni luce è l’anima, e ogni fuoco di
luce si riveste. Così, ogni atto dell’anima prende senso e pregnanza da questa
duplicità: è compiuto nel senso e compiuto per i sensi; è pregno perché l’anima,
durante l’azione, riposa in se stessa; ed è pregno perché l’atto si stacca dall’anima
e, divenuto autosu ciente, cerca un centro suo proprio e traccia attorno a sé un
circolo conchiuso. «Filoso a è propriamente nostalgia» dice Novalis «è l’impulso a
sentirsi dovunque a casa propria».

Per Lukacs, nell’epica tutto è famigliarità poichè l’assoluto traccia le azioni


dell’uomo e l’uomo stesso è ri esso di qualcosa di superiore.
L’uomo è coeso con il mondo, dove si sente a casa e dove ritrova il proprio senso;
inoltre, l’immaginazione dell’atto e la sua attuazione sono un tutt’uno.
N.B. Lukacs successivamente aderisce alla teoria marxista e teorizza il ritorno al
passato nella società comunista, capace di ripristinare il sistema di valori
epici.

«Quando la divinità che domina il mondo distribuisce i doni incogniti e arbitrari del
destino e si para dinanzi all’uomo, inconcepibile eppur nota e vicina, come usa il
padre di fronte al bambino, allora ad ogni atto corrisponde un acconcio panneggio
dell’anima. Essere e destino, avventura e perfezione, vita ed essenza, diventano
concetti identici. Sicché la risposta da cui prende forma l’epos è rivolta a questa
domanda: come può la vita farsi essenziale? L’inimitabilità di Omero, la
sua irraggiungibilità - e a rigore solo i suoi poemi sono epici -, siede sul fatto che
egli ha trovato la risposta prima che il cammino dello spirito nella storia rendesse
esplicita la domanda.”

Per Lukacs, l’epica è la risposta alla ricerca di una vita vera ed essenziale, una
risposta fornita dal genere epico prima che la domanda stessa si esplicitasse nell’uomo.
Il romanzo, di contro, non ha risposte ma interpretazioni.
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Ovviamente, nella letteratura esistono altre possibilità di rientrare in contatto con il divino
e la verità perduta.
ES. Epifania di Joyce, Montale,…

Tuttavia, il momento dell’epifania è fuggevole e grandioso ma non basta alla ricerca


di Lukacs

«“Qui, chi lo voglia, può a rontare il mistero della grecità: la sua perfezione per noi
inconcepibile e la sua insuperabile estraneità: il Greco conosce solo risposte, non
domande, solo soluzioni (sebbene enigmatiche), nessun enigma - solo forme,
nessun caos. (…). Quando si parla dei Greci si confonde sempre la loso a della
storia con l’estetica, la psicologia con la meta sica, e si inventa un qualche nesso
tra le loro forme e la nostra epoca. Le anime belle cercano dietro queste maschere
silenziose, ammutolite per sempre, i momenti culminanti - unici, guizzanti,
ina errabili - di una quiete onirica, ma esse dimenticano che il pregio di quei
momenti consiste nella loro fuggevolezza, dimenticano che proprio ciò che le
induce a cercar riparo presso i Greci costituisce la loro grandezza e profondità. ”

Lukacs distingue poi due modalità del romanzo:


‣ Narrazione, dove il narratore è parte attiva e funge da collegamento organico
delle vicende dei destini dei personaggi
‣ Descrizione, dove il narratore è un semplice registratore di fatti e cose nel loro
esistere, senza una reale comprensione
Il romanzo del Novecento è puramente descrittivo, ossia l’autore viene degradato
dalla sua funzione narrativa a semplice spettatore di un destino ineluttabile

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Critica psicanalitica
La critica letteraria di impronta psicanalitica intende il testo come espressione più o
meno controllata dell’inconscio dello scrittore, come appunto faceva Freud
rintracciando la causa di determinate patologie nell’accumulo di traumi nell’inconscio.

Premess
L’incoscio manifestato è terri cante per il soggetto stesso e sicuramente non
accettabile per le norme sociali vigenti, che respingono determinate pulsioni del
soggetto.
Tra pre-conscio e inconscio si situa quindi un meccanismo di censura, ossia una
rimozione che impedisce all’Io cosciente l’accesso ai desideri inconsci,
allontanandolo da quegli istinti.
Vi può essere però un ritorno del rimosso, che è in fondo lo scopo dell’analisi:
rimuovere blocchi e censure per far sì che -in un ambiente controllato e sicuro- il
soggetto possa entrare in contatto con quanto è stato no ad ora seppellito
nell’inconscio.

“Tutto è intatto come sotto la cenere stanno i palazzi di Pompei”

La psicanalisi e critica sono simili poichè sono due metodi di approccio indiretto:
non si interpreta alla lettera quello che si legge o ascolta, ma si cerca di scendere negli
abissi del testo/coscienza.
Tutta l’opera di Freud non a caso è intessuta di riferimenti letterari, poichè la letteratura è
utilizzata come strumento privilegiato per spiegare i motivi psicanalitici
ES. complesso di Edipo con riferimento all’Edipo re di Sofocle

Tuttavia, sebbene l’artista ci apra con la creazione artistica allo spazio di sè più profondo,
nella letteratura i desideri e le pulsioni sono proposte in maniera non ripugnante,
velata e quindi sublimata.

«L’obiettivo dell’arte sta a mezzo tra l’oggetto immaginario del sogno e l’oggetto
reale: è una proiezione dell’immaginario nel reale, e non come il sogno,
incomprensibile; al contrario, è nella sua essenza di essere comunicabile agli altri»

Charles Badouin, allievo di Freud, scrive in Psicanalisi dell’arte (1929) che l’arte non
tende a darci la confusione di immagini di un sogno, ma tende invece ad
organizzare quel materiale.

Freud teorizza poi la divisione dell’Io in varie entità:


• ES, parte fantasiosa dove vagano le pulsioni
• IO, io cosciente
• SUPERIO, parte di noi che attiva i blocchi, che regola il nostro comportamento in
società

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La critic
La gura del Superio è spesso rappresentata nella letteratura come gura paterna.

➡ ESEMPIO: La coscienza di Zeno di Italo Svevo


Con la morte del padre, egli non si libera della sua autorità ma anzi questa autorità
è eternizzata in quanto entra in lui (come la morte di Dio per Weber) e si manifesta
nel corso della narrazione come senso di colpa.
La morte del padre non permette a Zeno di compiere il parricidio simbolico che
tutti compiono per arrivare alla vita adulta.

L’idea alla base della concezione di Freud stesso è che l’artista fa emergere dei
contenuti inconsci che stanno anche nell’inconscio del lettore, che quindi risuonano
con i nostri e ci permettono il godimento della scrittura e ci mettono in relazione
con il nostro inconscio.
L’artista è tuttavia un uomo come gli altri, quindi cerca di velare quell’inconscio che
l’opera d’arte porta a coscienza, impacchettando le strutture psichiche entro le
direttive permesse culturalmente, nuovo criterio di censura.

➡ ESEMPIO: Edipo re di Sofocle


Sofocle non ha il coraggio di inscenare il testo per quello che è, bensì esso è
impacchettato dentro le direttive culturali dei Greci, come il destino ineluttabile.
In questo modo la storia di Edipo è presentata come ineluttabile per via del
destino, ma tuttavia è solo una censura dell’autore stesso per non far emergere la
vera realtà del testo, ossia il complesso di Edipo stesso.

➡ ESEMPIO: Amleto
Il fantasma del padre appare per rivelare la verità, ma Shakespeare impacchetta il
tutto dentro idee come il diritto regale, la vendetta, …, nascondendo ancora il
meccanismo del complesso: la vendetta serve a scaricare la frustrazione di non
aver compiuto lui stesso l’omicidio del padre, non ad onorare il padre defunto.

Freud in Dostoevskij e il parricidio (1927) a erma che l’arte è rassicurante e sublimante


anche perché in essa tutti i rischi connessi alla soddisfazione degli istinti sono
riversati sul personaggio, come ad esempio succede in Dostoevskij e nella sua
aspirazione al parricidio.

«La simpatia di Dostoevskij per il criminale è senza limiti, supera assai i con ni della
compassione alla quale l’infelice ha diritto (…). Il criminale è per lui quasi un
redentore che ha preso su di sé la colpa che in caso contrario sarebbe toccato agli
altri portare. (…) Forse questo è il meccanismo generale della partecipazione
sollecita alla sorte degli altri uomini, che possiamo scrutare con particolare facilità
nel caso estremo dello scrittore dominato dal senso di colpa. (…) ha dapprima
ritratto il delinquente comune (…) e il delinquete politico e religioso, prima di
tornare, al termine della sua esistenza, al delinquente primordiale, al parricida»

In Dostoevskij il suo desiderio di delinquenza è sublimato mettendolo in mostra nei


personaggi.
Il vero desiderio (il parricidio) viene a rontato solamente sul nire della sua vita, dopo che
l’autore russo ha presentato ed elogiato prima altri tipi di delinquenza.

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Tuttavia, la critica psicanalitica di prima battuta è molto biogra sta, ossia la critica
letteraria serve solo a comprendere l’autore e la sua soggettività, trascurando il testo nella
sua formalità.

Gli allievi di Freu


Dagli anni ’20, si comprende questa necessità di superare il mero biogra smo.

Una prima indagine si fonda sulla ricerca di topoi ricorrenti, i quali sarebbero indicazioni
utili alla comprensione del testo e della psicologia di un autore o di un gruppo di autori.
N.B. Nasce la critica tematica

Otto Rank, allievo di Freud, si concentra sul tema del doppio, connesso al tema della
scissione dell’io in senso psicologico

➡ ESEMPIO: Lo specchio di Aldo Palazzeschi (1911)


Il poeta e il suo ri esso all’inizio sono entrambi bianchi, simili a morti.
Successivamente, l’occhio del ri esso diventa rosso e inizia a brillare, segnalando
il tumulto e l’emergere delle passioni dell’Es, no al mantello rosso che ricopre
tutto l’uomo ri esso.

➡ ESEMPIO: Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde


La soddisfazione degli istinti e la conseguenze mostruosità del volto peccaminoso
è scaricata sul ritratto, permettendo all’Io conscio di rimanere in società con un
viso giovane e pulito.

➡ ESEMPIO: Visita alla contessa Eva Pizzardini Ba di Aldo Palazzeschi (1913)


Lo scambio di battute triviali tra i due interlocutori permette di sospendere le
norme sociali per dare sfogo ai desideri dell’Es.

L’approccio psicanalitico può essere usato anche per denunciare le perversioni della
società borghese, cioè l’approccio capitalistico distorto della sessualità.

Ad esempio, Sanguineti compone una poesia su Djamila Boupacha, militante del Fronte
di liberazione algerina stuprata dall’Esercito francese. In questo modo, mostra come
l’imperialismo distorce la sessualità e correla la tortura con l’eccitazione.
La psicanalisi rappresenta questo funzionamento sociale attraverso la perversione.

Ad esempio, Pasolini in Salò mostra esperimenti e torture connesse alla sfera sessuale;
anche qui si tratta di mostrare attraverso la distorsione sessuale la distorsione sociale.
La critica è rivolta verso il “nuovo fascismo”, ossia la società del consumo, un
paradigma sociale che a di erenza del fascismo è riuscita a penetrare nelle menti di tutti.
ES. Merci cazione dei corpi: nella società il corpo è merce e così viene trattato.

La linea di Jung e Fry


Negli stessi anni si sviluppa anche la linea di Jung, che tende a superare l’idea
dell’analisi psicanalitica come individuale, particolare e atomizzata.
Per la corrente di Jung invece vi sono archetipi ricorrenti, ossia esigenze psichiche
che hanno sempre coinvolto gli uomini a prescindere dallo spazio-tempo e sono
connesse a determinate strutture mentali.
Nel testo si cercheranno quindi degli stilemi ricorrenti e il loro signi cato.
ES. come l’immagine archetipica del fuoco ricorra nel testo letterario.
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Su questa linea si sviluppa Anatomia della critica di Frye, un libro di impronta tematica
in cui il critico associa determinati generi/modi con un preciso immaginario
stagionale
ES. Romanzo all’autunno
Commedia alla primavera
Tragedia all’inverno (tema del bianco, il freddo,..)

Esempi più recenti di come la psicanalisi si possa attuare vanno a toccare la critica
tematica.

Critica tematica
La critica tematica è il tentativo di ricostruire la forma mentis di particolari autori a partire
dai temi trattati. Si ricerca quindi la ricorrenza di alcuni temi nella letteratura e la loro
correlazione con la fase storica o con gli interessi e il vissuto dell’autore.

Orland
Il più importante critico tematico è Francesco Orlando, che ricerca temi ricorrenti nel
lungo periodo storico.
In Gli oggetti desueti nelle immagini della letteratura, Orlando si accorge che nel
Settecento i libri vengono invasi da oggetti inutili che accrescono a dismisura le
descrizioni di luoghi e persone.

La sua spiegazione unisce critica tematica, psicanalisi e marxismo: da metà


Settecento, il capitalismo diventa fenomeno sociale dominante e nella sua accezione
materiale signi ca "un’immane raccolta di antimerci”.
La letteratura funziona come ritorno del rimosso: come riemergono le pulsioni, così gli
oggetti inutili ri utati dal mondo capitalistico adesso ricompaiono nella letteratura, che
diventa un enorme magazzino o cimitero di anti-merci.

Orlando condivide l’idea che la letteratura funzioni come un prodotto del preconscio,
riconosciuto non nei sogni ma nel motto di spirito: il motto di spirito è la battuta
mordace, importante all’interno della sfera psichica poichè allenta i blocchi della
censura e l’energia psichica viene risparmiata.

La letteratura è più simile al motto che al sogno: il motto -come la letteratura- ha una
sua forma ben precisa, è impacchettato e confezionato con ordine rispetto alla
confusione del sogno.

«Secondo l’informazione comune, la psicoanalisi è principalmente una terapia che


serve a guarire certe malattie nervose; (…) che chiama in causa l’infanzia di un
individuo per spiegare la sua personalità di adulto, e che si riferisce costantemente
al sesso. Si tratterà allora di portare luce secondo questa tecnica sulla biogra a di
Racine, sul rapporto fra la sua personalità e la sua infanzia? (…). Ma né la biogra a
dell’autore né la psicologia della sua creazione possono essere decisive per la
comprensione di un’opera. (…) è un oggetto fatto di parole (…) il quale va a dei
des natari (…) in tante generazioni successive»

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Oppure anche la critica marxista

➡ ESEMPIO: Sei personaggi.com di Edoardo Sanguineti (2001)


Sanguineti scrive questo travestimento -opera in cui si riscrive un’altra opera-
eliminando tutto il meccanismo metateatrale, poichè crede che il fulcro del
testo di Pirandello è un altro.

Per Sanguineti, il metateatro è il meccanismo di censura che cela il centro del


testo, ossia quella di una possibile relazione incestuosa tra il padre e la gliastra,
quindi una situazione di sfruttamento economico-sessuale.
.
➡ ESEMPIO: Il padre di Kafka
Giacomo Debenedetti, critico psicanalitico italiano, analizza la gura del padre di
Kafka.

➡ ESEMPIO: La poetica del fanciullino di Pascoli


Elio Gioanola a erma che questo tipo di poetica cela in realtà una situazione
interiore che Pascoli vive in quanto eterno bambino, incapace di compiere il
parricidio e approdare all’età adulta
N.B. Molto biogra sta

➡ ESEMPIO: La scrittura di Zeno


Mario Lavagetto analizza la scrittura del diario di Zeno Cosini, a ermando che la
scrittura d’istinto è utile ad allentare i blocchi della scrittura, ma questo si a anca
nello scenario letterario alla disgregazione dei blocchi tradizionali dello svolgimento
romanzesco
Nella Coscienza di Zeno si vede questa rivoluzione delle forme e della psicologia di
pari passo.

Mimetismo del desiderio


L’antropologo Renè Girard ha sviluppato una teoria psicanalitica basata sul concetto di
“mimesi del desiderio”, secondo cui le nostre pulsioni non sono legate ad un
bisogno inconscio o alle qualità dell’oggetto desiderato, ma bensì dipendono dai
desideri altrui.
Per Girard il desiderio umano è imitativo e la letteratura registra questa tendenza nei suoi
personaggi.

Con questa teoria si sono chiarite alcune dinamiche della letteratura, come ad esempio il
bovarismo, una tendenza ad idealizzare la realtà in maniera ttizia, utilizzando la
letteratura come via di fuga.
Madame Bovary infatti inizia a desiderare una tipologia di uomo che le viene proposta nei
romanzetti d’amore che legge, oggetto di desiderio di molte donne della letteratura
sebbene speso questo tipo di uomo sia un soggetto spregevole e dissoluto.
Allo stesso modo Don Chisciotte è in uenzato dalla sua lettura di romanzi, e Paolo e
Francesca sono mossi nella loro passione dalla lettura.

Per Girard il desiderio mimetico è accentuato nella modernità, sviluppandosi in


maniera orizzontale sui modelli che ci circondano. Man mano che aumenta il desiderio
mimetico, la società si balcanizza in un modello di tutti contro tutti, no all’arrivo ad un
capro espiatorio e l’azzeramento del con itto.

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Il marxismo
Premessa
• Materialismo: nel marxismo consiste nell’idea che la nostra coscienza, il nostro
sentire e quello che viene prodotto a partire da questo, è in relazione di dipendenza
dal piano materiale sociale, ossia dalla struttura economica della società.
• Struttura economica: è in quest’ottica il luogo dove la società appare realmente per
come è: il modo di produzione, di di usione, vendita e consumo delle merci.
Il resto consiste nella sovrastruttura: politica, arte, letteratura, ideologia,…
• Lotta di classe: la storia dell’umanità è un ciclico con itto tra due classi in
opposizione (borghesia-nobiltà; borghesia-proletariato,…)
N.B. Il libro Il capitale stesso può essere inteso come un prodotto della struttura,
ossia del modo di funzionamento della società stessa in quel periodo.

Lo stesso principio vige anche nella critica letteraria di impronta marxista: ogni scritto è
in relazione dialettica con l’avvenimento storico in cui è prodotto.

«In ne, in tempi nei quali la lotta delle classi si avvicina al momento decisivo, il
processo di disgregazione all’interno della classe dominante assume un carattere
così violento e aspro, che una piccola parte della classe dominante di distacca da
essa e si unisce alla classe rivoluzionaria, alla classe che tiene in mano l’avvenire.
Quindi, come prima una parte della nobiltà era passata alla borghesia, così ora una
parte della borghesia passa al proletariato; e specialmente una parte degli ideologi
borghesi, che sono riusciti a giungere all’intelligenza teorica del movimento storico
nel suo insieme»

Per Marx, vi è una parte sociale della classe dominante che capisce il movimento
della storia e tradisce la propria classe di appartenenza, associandosi con la classe
oppressa poichè risulterà vincitrice.
In questo stesso modo Marx, leggendo la storia non in senso etico, si era aggregato alla
classe proletaria, abbandonando la borghesia.
La loso a infatti passa ad uno stadio di prassi, poichè solo modi cando la prassi e
non losofando puramente in maniera teoretica si può imporre la propria loso a nel
mondo.

Le manifestazioni spirituali dell’uomo sono espressione della base socio-economica


vigente.

«Non è la coscienza degli uomini he determina il loro essere, ma al contrario è


l’essere sociale che determina la loro coscienza. (…) gli uomini che sviluppano la
loro produzione materiale e le loro relazioni materiali trasformano, insieme con
questa loro realtà, anche il loro pensiero e i prodotti del loro pensiero. (…) Le idee
della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè , la classe che è
la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza
spirituale dominante»

La classe dominante è sia potenza materiale della società, sia potenza spirituale e
ideologica della società.
Tutte le espressioni della coscienza e le manifestazioni spirituali sono espressione della
base socio-economica del mondo e vanno quindi studiate con il ltro della struttura, del
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loro funzionamento nella società, secondo la cosiddetta teoria del rispecchiamento di
Lukacs: tra opere d’arte e realtà materiale vi è un ri esso, poichè la coscienza
autoriale è plasmata dal mondo esterno.

La critica marxist
Fino agli anni ’20 del Novecento vi è il cosiddetto marxismo volgare: vige l’idea che la
direzione sociale è unicamente quella della struttura, senza in uenze della sovra-
struttura.
Tuttavia, negli anni ’20, si capisce che anche la sovrastruttura ha un e etto: anche la
lotta culturale -ideologica, letteraria, loso ca- ha un ruolo nella futura
trasformazione ideologica del mondo.

Per Marx, l’intellettuale crede di avere un’ideologia propria, formatasi in maniera


autonoma rispetto al funzionamento economico. Ciò produce quindi nella mente
dell’intellettuale un’immagine distorta del mondo, chiamata ideologia o falsa
coscienza.
Tutta la cultura che non si riconosce in relazione dialettica col piano economico e
sociale, produce ulteriormente questa falsa coscienza, cercando di nascondere la
vera realtà, ossia la lotta di classe.

Il compito della prima critica marxista è quello quindi di svelare questa falsa coscienza,
andando ad incastrare invece il discorso dell’intellettuale nel quadro della struttura,
poichè il suo discorso è ri esso del dominio di una classe sull’altra.

➡ ESEMPIO: La poesia fascista di Ardengo So ci


L’ideologia emerge in:
1. So ci crede nella necessità di una classe dominante rispetto alla schiavitù, che
come le bestie necessita di un padrone
2. So ci naturalizza ciò che è storico, ossia presenta un elemento storico agente
e potente (nel senso di cambiamento) come il contadino, così come un
elemento eterno e immutabile nella sua condizione come l’uccello o la
montagna.

Il proletariato è materia, nel senso che è costretto alla merci cazione di sè e del suo
operato. Il materialismo diviene quindi loso a poichè la classe proletaria è cosciente
della sua condizione di oggetto.
N.B. L’emergere della prostituta come personaggio topico nell’Ottocento è una
presa di coscienza proprio di questa condizione
L’ideologia borghese è quindi una prevenzione di questa coscienza e di questo
cambiamento, ngendo l’ineluttabilità del destino e della condizione del proletariato,
immutabile e immutata.

«Lo scrittore infrange le illusioni convenzionali dominanti, scuote l’ottimismo del


mondo borghese, rende inevitabile il dubbio sull’eterna validità di ciò che in atto
sussiste, senza neppure direttamente fornire una soluzione, anzi in certi casi, senza
neppure prendere ostensibilmente partito»

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Per Marx è necessario quindi mettere in dubbio la validità di quello che avviene,
scardinando l’idea dell’esistenza naturale della società, intesa come giusta e normale,
eterna e immutabile.

«Sono molto lontano dal vedere un errore nel fatto che Lei non abbia scritto un
romanzo schiettamente socialista, un romanzo di tendenza (…). Quanto più
nascoste rimangono le opinioni dell’autore, tanto è meglio per l’opera d’arte. Il
realismo di cui parlo può manifestarsi anche a dispetto delle idee sociali e politiche
dell’autore. Mi permetta un esempio: Balzac (…) ci dà nella Comédie humaine
un’eccellente storica realistica della società francese, poiché, sotto forma di
cronaca, egli descrive (…) la spinta sempre crescente della borghesia in ascesa
contro la società nobiliare (…). Che quindi Balzac sia stato costretto ad agire contro
le simpatie di classe e i pregiudizi politici a lui propri, che abbia visto la necessità
del tramonto dei suoi diletti nobili»

Per Hengels, Balzac è in grado di mostrare questa dialettica delle classi, malgrado le sue
posizioni antiborghesi, registrando quello che succede come cronaca fedele e totale.

Marx elogia la borghesia per aver distrutto l’antico sistema, la precedente struttura,
tuttavia individua due fasi:
• Fase rivoluzionaria, no al 1848 circa
• Fase reazionaria, dopo aver preso il potere
La borghesia introduce il concetto della ciclicità della storia, salvo poi eliminarle e
insabbiarle una volta che queste si dimostrano antagoniste della borghesia stessa.

La critica marxista analizza la classe sociale dell’autore, ma non può ridursi


solamente a quello, infatti il giudizio sull’opera d’arte non è più puramente estetico:
al binomio “bello-brutto” si sostituisce il binomio “progressista-reazionario”.
N.B. Non esistono giudizi oggettivi, poichè ognuno (critico e scrittore) parteggia
per la propria ideologia

Gramsc
Il primo ad intendere la relazione dialettica tra struttura e sovrastruttura è Gramsci.
Nei Quaderni del carcere egli annota che, fatto salvo il momento della lotta concreta tra
classi, l’ideologia manifestata nella cultura non è sempre falsa coscienza, ma anzi
può aiutare a cambiare la struttura stessa.
La lotta culturale va quindi ripensata: la cultura non deve credersi autonoma ma deve
legarsi alle classi subalterne, prendendo il controllo della società civile (scuole, ecc)
per poi prenderlo nella prassi dello Stato.
È importante quindi formare l’editoria, la scuola, la cultura, per accompagnare il
movimento storico del proletariato e vincere il senso comune, ossia egemonizzare la
società e le sue direttive culturali.

Per Gramsci tutti gli uomini sono intellettuali in quanto socializzano delle idee, ma in Italia
manca un evento come la riforma protestante. Distingue quindi in:
‣ Fase riforma, ossia il momento di socializzazione tra le masse della cultura
intellettuale, come era successo in Germania con le idee di Lutero, Muntzer,…
‣ Fase rinascimento, ossia un momento di circolazione delle idee entro un’èlite
intellettuale ristretta, senza un contatto o passaggio verso le masse.
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In Italia è mancata quindi una cultura nazionalpopolare, una fase riforma che
connettesse gli intellettuali alle necessità delle masse.
➡ ESEMPIO: Manzoni, Tolstoj e l’atteggiamento con le masse

«Dice il Crispolti del Manzoni: «Il popolo ha per sé tutto il cuore di lui, ma egli
non si piega ad adularlo mai; lo vede anzi collo stesso occhio severo con cui
vede i piú di coloro che non sono popolo». Ma non si tratta di volere che il
Manzoni «aduli il popolo», si tratta del suo atteggiamento psicologico verso i
singoli personaggi che sono «popolari»; questo atteggiamento è nettamente
di casta pur nella sua forma religiosa cattolica; i popolani, per il Manzoni, non
hanno «vita interiore», non hanno personalità morale profonda; essi sono
«animali» e il Manzoni è «benevolo» verso di loro proprio della benevolenza di
una cattolica società di protezione degli animali».

Manzoni ha un atteggiamento paternalistico e verticalistico, per cui intende la


massa come buona quando non si ribella, è priva di interiorità e quindi la tratta
come animale.
“brescianismo”: atteggiamento populista e paternalista

«Nel Tolstoi è caratteristico appunto che la saggezza ingenua ed istintiva del


popolo, enunciata anche con una parola casuale, faccia la luce e determini
una crisi nell'uomo colto. Ciò appunto è il tratto piú rilevante della religione
del Tolstoi che intende l'Evangelo «democraticamente», cioè secondo il suo
spirito originario e originale».

In Tolstoj invece resiste il rapporto dialettico tra masse ed intellettuali.

Per Gramsci, anche la letteratura borghese può avere utilità.


ES. Pirandello distrugge il concetto di oggettività del reale, che è necessario anche
per distruggere l’ineluttabilità del reale stesso e della sua immutabilità.
All’opposto vi è Ungaretti: letteratura come concetto sacrale e separato dalle
masse.

Le idee gramsciane danno il via a due loni critici:


• Critica marxista delle ideologie: si guarda come le ideologie intellettuali sono parte
in causa della lotta sociale, no a come anche le forme letterarie sono parte in causa
della lotta.
Tra i suoi esponenti in Italia gura Romano Luperini
• Critica marxista tesa ad approfondire il rapporto populistico tra intellettuali e
masse che secondo Gramsci è tipica dell’Italia
Tra i suoi esponenti in Italia gura Asor Rosa

Gramsci avrà poi fortuna in ambito internazionale, poichè anche dalla sua ri essione
prenderanno spunto:
‣ Cultural Studies: i prodotti popolari portano in sè gli stessi segni sociali della cultura
alta, quindi vanno rivalorizzati.
‣ Postcolonial Studies: esistono parti del mondo -ad esempio l’India- dove il
capitalismo instauratosi non è riuscito ad egemonizzare la cultura del popolo; è quindi
sopravvissuta un’altra cultura, subalterna, che deve essere rivalutata.
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Lukacs e la teoria del romanzo
Gyorgy Lukacs vede il romanzo moderno come una caduta letteraria, assegnandogli
le stesse peculiarità di Bachtin (divenire contro essere, particolarità contro universalità,…)
ma sogna un’arte del romanzo in grado di dire qualcosa di vero ed essenziale, come
lo era l’epica greca.
N.B. La letteratura greca era il prodotto di una società compatta e coesa,
corrispondente alla società stessa poichè rivolta a tutti, senza distinzioni di classe,
censo, razza,…

Lukacs marxista comprende il bisogno di ricompattare la società per riottenere quella


letteratura ormai persa.
Per fare ciò la società deve abbandonare la divisione in classi, poichè ad esempio la
borghesia e la sua egemonia poggiano proprio sulla frammentazione sociale in classi.

Successivamente, la maturazione del pensiero di Lukacs lo porta ad indicare il realismo


come linea guida dell’arte moderna.
Per Lukacs: “realismo” è un modo di fare arte dove la rappresentazione e il racconto
particolare di qualcosa (il “tipico”) comprende in sè la totalità dei rapporti sociali di
un’epoca, aprendosi ad una prospettiva anche futura sulla lotta di classe, sul movimento
storico, …
N.B. Il tipico non è un simbolo ma è qualcosa che racchiude in sè la sua epoca.

➡ ESEMPIO: Uomini contro di Francesco Rosi (1970)

La totalità è espressa in una semplice scena che dà le linee dei rapporti di classe
ed ideologia:
• Le corazze Pasina: prodotto reale chiamato “corazze Farina”
• Riferimento ai Romani: lo diretto tra guerra mondiale e il recupero della
romanità fascista.
• La produzione: le corazze sono merce, venduta allo Stato ma inutili nella loro
e cacia.

I personaggi rappresentano poi il tipico:


• il generale Leone è borghese, che ammanta con l’ideologia la brutalità bellica;
• il tenente Ottolenghi rappresenta il socialismo; la sua morte è necessaria poichè
il socialismo non è stato in grado di fermare né la guerra né il fascismo che
avverrà.
• Sassu rappresenta gli studenti universitari nazionalisti, promotori del con itto
ma poi avvicinati al socialismo nel corso della loro tra la bellica.

L’ideologia della scena bellica è poi eliminata: il paesaggio è lunare, senza


nessun elemento gioioso e naturale, presenta invece nell’omonimo libro di Lussu.
N.B. Lussu era interventista democratico e quindi, malgrado la critica della
guerra, fa emergere ancora dei tratti positivi e naturali, che qui invece sono
completamente aberrati.
Il punto di vista è terreno, al livello del fante semplice; questo poichè un punto di
vista dall’alto è ancora ideologico e o re un’immagine della guerra sublimata.

! La visione del fante (limitata e inserita nel meccanismo) è la stessa dell’operaio


nella nuova fabbrica, dove egli produce un singolo pezzo.
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La guerra è un momento di interclassismo forzato, in cui è di cile fare divisione
sociale, ma è anche luogo dove emerge la lotta di classe.
N.B. Internazionalismo: idea per cui l’unione tra persone deve avvenire
secondo linee di classe e non di nazione.
ES. gli austriaci che si ri utano di sparare

Il realismo è quindi un modo di fare arte che cerca di capire il funzionamento delle
direttive della società in un determinato momento storico, senza un’attualizzazione o
la creazione di un simbolo, ma solo la rappresentazione di personaggi tipici per
sottolineare le relazioni sociali.

«Lo scrittore se vuole restare fedele alla realtà, non aggiungerà dall’esterno alcuna
istanza ideale all’immagine che egli o re di essa, perché in questa immagine deve
essere contenuto il destino di qualsiasi istanza ideale, emersa concretamente dalla
lotta di classe, (…), la sua rappresentazione, se è veramente fedele e dialettica, si
fonda sulla conoscenza delle tendenze che si a ermano all’interno dell’evoluzione
sociale obiettiva»

Per Lukacs bisogna dipingere le tendenze in atto nella società e la loro dialettica.

La critica italiana
Tra i critici italiani più vicini a Lukacs troviamo gure come Carlo Salinari e Franco
Fortini.
La critica di Fortini è tesa a integrare la gura dell’intellettuale all’interno delle
dinamiche dei rapporti di forza della società.

«Le grandi rivoluzioni culturali si preparano quando lo specialista scienti co,


loso co, artistico, assumendo un’attitudine critica di fronte al proprio lavoro
a ronta gli interrogativi della propria posizione nella società e nel tempo»

Per Fortini l’artista deve ri ettere sulla sua stessa posizione, secondo una sorta di
“lettura sintomatica”, ossia una fruizione delle opere d’arte come sintomi degli
accadimenti sociali.
A ancabile a questa visione di Lukacs è l’interpretazione del “Superuomo
dannunziano” descritta da Salinari e Raimondi.
Per i due critici esso rappresenta la condizione della piccola borghesia impiegatizia, la
quale ha necessità di valvole di sfogo ideologiche, fornite dal personaggio di D’Annunzio.

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La Scuola di Francoforte
Adorn
La scuola di Francoforte (Adorno, Horkheimer, Marcuse e Benjamin in parte) ha una
visione opposta a quella di Lukacs: la grande arte non è quella che presenta la totalità
delle relazioni sociali, bensì un’arte colma di contraddizioni e orrori frutto della logica
capitalista.
In sostanza, se il mondo capitalista è un luogo di merci cazione assoluta, dove addirittura
l’industria culturale de nisce i tratti del nostro tempo libero, allora la grande arte è quella
che esprime la sua stessa merci cazione.
ES. Arte d’avanguardia e del modernismo: arte che si sottrae all’immediato
godimento estetico, non fruibile semplicemente.

Per Adorno, un’arte fruibile passa la sensazione di una conciliazione tra noi e la
realtà, che però va evitata in quanto signi cherebbe riconciliarsi con la realtà capitalista.
L’arte non deve però mostrarsi come denuncia al capitalismo, ma semplicemente
essere veritiera ed esempli care la sua stessa degradazione a pura propaganda,
pubblicità o intrattenimento, distruggendo il mito borghese di una divisione tra arte e
mercato, che non sussiste più.
Ri utandosi di partecipare al capitalismo, la grande arte diventa distorta e strana.

➡ ESEMPIO: Dolci Rime di Guido Gozzano


In questo componimento Gozzano spiega ad una bambina come si fa poesia.
Essa è descritta in maniera bizzarra e distorta, come se fosse un disco di
cioccolato; inoltre il poeta è un semplice mercante, abbassato a svolgere un
comune “mestiere”, abbassato dalla sua precedente funzione sacrale ad un
semplice intrattenitore.

N.B. Tutto è ridotto a merce, tutto è ridotto a “ragione strumentale”, ossia una
razionalità tecnica sempre diretta ad uno scopo utile; il poeta è derubato della sua
aurea, poichè nell’epoca dei media la borghesia non ha più bisogno di legittimarsi
attraverso la poesia.

➡ ESEMPIO: Resultanze in merito alla vita e al carattere di Gino Bianchi di


Piero Jahier (1915)
Il romanzo è dedicato alla condizione impiegatizia e burocratica.
Jahier racconta non solo come la vita del protagonista sia soggiogata
dall’ideologia, ma come anche il suo linguaggio si stia modi cando, presentando
come la merce sia entrata nell’arte stessa.

L’uomo è ridotto al suo guadagno e al suo lavoro, poichè il denaro è il solo che gli
permette l’accesso al mondo e a se stesso.
La descrizione del salotto si so erma sulla precisa utilità a cui ogni oggetto di
mobilio o accessorio è predisposto.

Tuttavia nel libro riemergono anche degli scorci di una realtà diversa e precedente,
ancora naturale. L’autore cede e diventa quindi complice del capitalismo stesso,
ngendo che momenti idilliaci e naturali siano ancora possibili sotto l’egemonia
capitalista.

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➡ ESEMPIO: Chi sono? di Aldo Palazzeschi
In questo componimento il poeta si chiede qual è la sua identità e il suo ruolo,
giungendo alla conclusione di essere “un saltimbanco”, ossia un uomo che svende
la sua arte per soldi.

«Non si dà vera vita nella falsa»

Per Adorno è quindi inconcepibile mostrare una vita conciliata e autentica all’interno
del dominio delle merci e del capitalismo; la produzione che o re una visione della
realtà conciliata e libera è allora una produzione artistica complice del capitalismo
stesso.
N.B. L’arte nazi-fascista è proprio un’arte conciliata e naturale, un’arte che cerca di
occultare la vera situazione in atto.

Adorno ha una particolare predilezione per Franz Kafka, che identi ca come modello
della sua visione artistica.

Per Adorno, un’opera come Il processo contiene la sorte dell’uomo comune all’interno
della società capitalistica e va a criticare la ragione strumentale attraverso le sue
allegorie irrisolte e vuote: la frustrazione suscitata dall’incomprensione di queste
allegorie senza un ne, è proprio il capolavoro di quest’opera.

«la letteratura è dunque protesta contro una condizione sociale che ogni singolo
sperimenta come a lui estranea, fredda, nemica»

Per Adorno, la letteratura ci rivela la nostra condizione alienata.

«con la trasformazione della vita privata in tempo libero e del tempo libero in attività
insulse, completamente controllate, nei piaceri dello stadio e del cinema, del
bestseller e della radio, scompare l’interiorità. (…) Questo altro mondo era quello
dell’arte. Oggi essa sopravvive solo nelle opere che esprimono senza compromessi
l’abisso che si apre tra l’individuo nomadico e il suo ambiente barbarico – nella
prosa di Joyce, ad esempio, ed in quadri come Guernica di Picasso. (…) La
coscienza che sta dietro di esse si vive piuttosto come tagliata fuori dalla società
com’è, e costretta forme espressive grottesche, dissonanti»

Per Horkheimer

Benjami
Walter Benjamin ri ette sulla trasformazione avvenuta col capitalismo e lo fa in un’opera
intitolata L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica (1936).
Per Benjaminm, se è possibile creare copie identiche alle versione originali, allora si
va incontro alla perdita di sacralità dell’arte (“caduta dell’aurea”), vista però da una
prospettiva positiva in quanto arma a doppio taglio di un’arte che mette in luce gli
e etti devastanti del capitalismo su se stessa.

Benjamin è però legato ad un’idea di conciliazione e di totalità, passata e perduta,


simile a quella greca di Lukacs ma delineata attraverso la gura del Paradiso.

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Per Benjamin, rivolgere lo sguardo a questa totalità è utile a capire meglio la
divisione che si ha invece nel presente.

«C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che
sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui ssa lo sguardo. Ha gli occhi
spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L'angelo della storia deve avere questo
aspetto. Ha il viso rivolto al passato.
Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula
senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben
trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal
paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più
chiuderle.
Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre
il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è
questa tempesta»

L’angelo è rivolto verso il Paradiso, ma è inevitabilmente allontanato dal vento del


progresso, mentre davanti a lui si stende la storia, un paesaggio di rovine e macerie che
gli impedisce la visione del Paradiso stesso.
Per Benjamin quindi la rivoluzione è un freno d’emergenza in grado di fermare questo
progresso incessante; l’arte inoltre deve mostrare le sue rovine per evidenziare
l’immediatezza del suo consumo e la sua condizione perduta.

➡ ESEMPIO: A una passante di Charles Baudelaire


La scena è ambientata nella strada assordante di una metropoli, dove l’amore è
descritto come un consumo immediato, il fugace contatto visivo con una passante
sconosciuta.

Per Benjamin, la critica letteraria ha il compito di andare a cercare quei momenti in cui
l’arte si esprime come rovina, ossia esprime la sua so erenza e la sua
inconciliabilità con la realtà borghese.
L’arte deve essere ri essione su se stessa e annullamento del piacere della fruizione
dell’arte stessa, secondo la stessa idea di Brecht, poichè solo così è in grado di
proporre la sua vera natura di “prodotto”.

«Condizione essenziale perché si possa usare l’e etto di straniamento (…) è che la
scena e la sala siano ripulite da ogni aura «magica» e che non sorgano «campi
ipnotici» (…)., non ci si sforzava di far cadere il pubblico in trance, di dargli
l’illusione che stesse assistendo a un fatto naturale, spontaneo, non preparato»

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La critica marxista successiva e il postmodernismo
Dagli anni ’70, con l’a ermarsi delle teorie post-strutturaliste e l’a ermarsi
dell’impossibilità di ogni discorso di verità, l’area di sinistra della critica letteraria si è
divisa, andando a fondare una nuova visione del potere, frammentato in “micro-
poteri”.

I successivi posizionamenti post-strutturalisti hanno sì favorito l’aprirsi di nuovi orizzonti e


prospettive di studio (Gender studies, Cultural studies,…), ma hanno anche creato una
balcanizzazione delle lotte che rende di coltosa l’attuazione concreta.
Negli ultimi anni i marxisti hanno quindi accusato i post-strutturalisti di culturalismo,
ossia di tralasciare il piano della prassi a favore del piano culturale, nella loro battaglia
politica.
Altra accusa è quella di essere un sintomo e non una reazione al capitalismo stesso.

«Il capitalismo (…) ha un orrore faustiano dei con ni ssi, di tutto ciò che si
presenta come ostacolo all’in nita accumulazione di capitale (…). Tutto ciò che è
solido si deve dissolvere nell’aria. (…) Nessun modo di vita nella storia è stato così
in amore con la trasgressione e la trasformazione, più innamorato dell’ibrido, del
pluralistico, che il capitalismo. (…) La logica del mercato è una logica di piacere e
pluralismo, di e mero e discontinuo, di alcuni decentrati network di desiderio di
cui gli individui sembrano meramente e etti. (…) L’ambivalenza politica del
postmodernismo rispecchia esattamente questa contraddizione. (…) E’ radicale
ntantoché attacca un sistema che necessita valori assoluti, meta sici, fondanti;
contro questo mobilita molteplicità, trasgressione, anti-fondazionalismo, relativismo
(…). Ma il postmodernismo manca di riconoscere che ciò che accade al livello
dell’ideologia non sempre accade al livello del mercato. (…) Il mercato è spesso
spontaneamente postmodernista, ha i suoi stessi valori».

Per Terry Eagleton, il discorso contestatario di sinistra potrebbe essere connesso al


funzionamento del mercato.

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L’universo degli “Studies”
Innanzitutto, tanto i Gender studies quanto i Postcolonial studies (branca della critica
letteraria che studia lo sviluppo letterario di un paese dopo la ne del processo coloniale)
nascono all’interno di una prospettiva marxista: quell’astrazione di universalità
attuata dalla borghesia quando si propone come classe neutra e universale, volta a
celare la dicotomia di classe (borghesia-proletariato), è qui invece intesa in una
dicotomia tra generi (uomo-donna) e razza (bianca-nera), dove il genere maschile e la
razza bianca sono proposti come modelli universali che appiattiscono le altre speci cità
sulla loro.

Il femminism
Innanzitutto, Gender studies e femminismo non corrispondono, bensì i Gender studies
sono un particolare sviluppo del femminismo dalla metà degli anni ’80.
Il femminismo vero e proprio si sviluppa in 3 ondate:
‣ Femminismo della prima ondata: liberale, promosso dalle su ragette e volto a
ottenere il su ragio universale
‣ Femminismo della seconda ondata: vera e propria branca del marxismo

Questo femminismo aggiunge alla prospettiva dei rapporti di sfruttamento tra classi
anche la prospettiva dei rapporti di sfruttamento tra generi.
La più importante innovazione teorica è quella del concetto di riproduzione sociale.
Con questo termine si intende il ruolo a dato alle donne, ossia di riproduzione e
mantenimento della classe lavoratrice, attraverso:
• Il concepimento di bambini
• La cura e il servizio dei mariti
La donna ha quindi un ruolo fondamentale nel mantenere in equilibrio il meccanismo
capitalista, ma tuttavia questo ruolo è celato e non è equamente considerato
all’interno del sistema capitalistico, andando a creare quel privilegio culturale e
materiale che l’uomo ha rispetto alla donna.
Così facendo l’equilibrio si sbilancia verso la produzione, a sfavore della
riproduzione, per poter mantenere alto il pro tto a discapito delle donne.

A ciò si a anca una lotta culturale per riequilibrare la posizione delle donne anche nella
letteratura, andando ad attaccare per prima cosa il canone.
Il canone viene considerato uno strumento culturale per ribadire la superiorità
maschile, privo quindi di un valore stilistico ma solo politico.
Esso è la trasposizione culturale di un dominio storico che si vuole imporre.

Il rischio è però quello di ridurre il tutto al culturalismo, una mera lotta culturale, che
lascerebbe illeso il piano della prassi.
Dagli anni ’80 si parla quindi di “cultural turn”, ossia una “svolta culturale” che mostra
un interesse sempre più marcato verso gli elementi culturali, a scapito di quelli materiali.

Il femminismo come critica letteraria opera in un’intersezione tra estetica e politica,


dove però il valore puramente estetico è subordinato al valore politico.

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Nel femminismo della seconda ondata si sviluppano due opzioni operative:
‣ Critica del machismo, del patriarcato e del fallocentrismo: si attua una critica degli
elementi che sottolineano la dominazione maschile nell’opera.
‣ Riscoperta e rivalutazione di punti di vista femminili accantonati o biasimati, sia di
autrici sia di personaggi stessi.

«La critica femminista può essere divisa in due distinte varianti. Il primo tipo ha a
che fare con la donna come lettrice: cioè, con la donna come consumatrice di
letteratura prodotta da uomini, e con il modo in cui l’ipotesi di un lettore femminile
cambia la percezione di un dato testo (….). Il suo tema include le immagini e gli
stereotipi della donna in letteratura, le omissioni e i pregiudizi intorno alle donne
(…). Il secondo tipo di critica femminista ha a che vedere con la donna come
scrittrice (…). I suoi temi includono la psicodinamica della creatività femminile; la
linguistica e il problema del linguaggio femminile ; la storia letteraria; e,
naturalmente, lo studio di alcune opere o scrittrici»

Per Elaine Showalter, le due critiche combaciano coi due ruoli che la donna assume
rispetto all’opera, quello di lettrice e quello di scrittrice.

«La poesia dipende dalla libertà intellettuale. E le donne sono state sempre povere
(…). Shakespeare aveva una sorella (…) non scrisse mai una parola (…). Vive in voi
e vive in me e in molte donne che non si trovano qui questa sera, perché stanno a
casa, lavando i piatti e facendo dormire i bambini»

Per Virginia Woolf, bisogna considerare i vuoti storici della gura femminile nel campo
letterario come conseguenze del suo impegno domestico, ossia quella riproduzione
sociale che deve portare avanti.

Molto spesso infatti i personaggi femminili sono rei cati nella letteratura come
strumenti o accessori, con un preciso funzionamento subordinato alla gura maschile
ES. Beatrice come strumento di salvezza di Dante
Oppure sono connotati negativamente e vanno recuperati.
ES. Armida della Gerusalemme liberata

«È sempre questione del desiderio, dice Freud. Le donne sono però considerate
solo come oggetti del desiderio, e come oggetti in questione. Nella misura in cui le
donne sono l’enigma, esse non possono enunciarlo; non possono essere soggetti
parlanti di quel sapere»

Per Shoshana Felman, si tratta di vedere come la donna sia sempre stata obbligata a ruoli
stereotipati, come quello di oggetto del desiderio.
N.B. Critiche di questo tipo vanno ad annullare il con ne tra critica letteraria e la
storia/politica/economia

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Ad inizio anni ’90, la critica femminista si divide in altre due partizioni:
✤ Mantenimento dell’identità femminile, contrapposta a quella maschile
Da questo settore dipartono poi due linee di pensiero:
‣ Femminismo della di erenza, di stampo sinistroide, insiste sull’importanza
della femminilità come corpo, come soggetto minoritario rivoluzionario
‣ Femminismo liberale, meno rivoluzionario

✤ Abbandono dell’identità femminile


Il femminismo di questo tipo -denominato femminismo della terza ondata- sviluppa
l’idea che l’identità femminile sia un concetto essenzialista, legato ad un concetto di
verità.
Questa corrente si distacca dal marxismo per a ancarsi invece alle teorie del
postmodernismo, secondo cui ogni discorso di identità e di verità è implicitamente
correlato ad un discorso di dominio e di potere.

Questa corrente mira all’emersione di identità uide, in continua trasformazione e


dinamismo, al ne di creare un discorso antiessenzialista, impossibile da incanalare ed
etichettare secondo le logiche de nitorie proprie del potere maschile.

Ogni de nizione o essenza -quindi anche l’identità femminile- è infatti falsa proprio
poichè legata al discorso di dominio e potere maschile; ogni discorso razionale che
punti a spiegare la verità, lo fa infatti con i presupposti de nitori del potere maschile.

Il vero nemico diventa allora proprio questo fallologocentrismo.


N.B. La di erenza tra modernismo e postmodernismo sta proprio nel diverso
atteggiamento (angoscia-gioia) di fronte al superamento e alla ne della verità.

Gender studies
Il gender è la de nizione culturale e sociale dell’identità sessuale, plasmata e de nita dalla
cultura e società stessa.

«Ritenendo che l’uomo sia un animale impigliato nelle reti di signi cati che egli
stesso ha tessuto, a ermo che la cultura consiste in queste reti»

Per Cli ord Geertz, l’uomo è bloccato e riempito di signi cati da delle reti culturali da
lui stesso intessute.

Questa posizione postmodernista e antiessenzialista, è oggigiorno maggioritario


all’interno della corrente femminista e si è diviso a sua volta in due partizioni:

‣ Una corrente esalta in maniera liberale la capacità performativa del singolo


individuo. L’individuo è considerato per la sua performance, giudicandolo ed
esaltandolo quindi per la sua libera individualità e mutevolezza.
‣ L’altra corrente, sostenuta dal pensiero di Judy Butler, crede invece che il genere si
formi in realtà in maniera molto meno autonoma, essendo il frutto dell’incrocio
dialettico tra le norme sociali -vigenti ed imposte- e la nostra performatività.

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Questo tipo di lavori si fondano molto sulla loso a di Michel Foucault, il quale aveva
mostrato come determinate nozioni culturali (sessualità, follia,…) fossero costruite
sulla base delle strutture e delle prassi sociali, poi tradotte in norme sociali volte
sempre a mantenere subalterni determinati soggetti.

«È contro il potere che si lotta, allora tutti quelli su cui il potere s’esercita come
abuso, tutti quelli che lo riconoscono come intollerabile, possono entrare in lotta là
dove si trovano ed a partire dalla loro attività (o passività) (…). Come alleati certo
del proletariato poiché, se il potere si esercita come si esercita, è proprio per
mantenere lo sfruttamento capitalistico. (…) Le donne, i prigionieri, i soldati di leva,
i malati negli ospedali, gli omosessuali»

La critica letteraria
Se la critica femminista di seconda ondata si concentra su elementi come il matriarcato,
la solidarietà femminile, ossia elementi che recuperano l’identità femminile, il lone dei
gender studies sarà invece interessato a quei temi di decentramento e abbandono
dell’identità
ES. Orlando di Virginia Woolf
Oppure di ibridazione di identità e di rapporti (uomo-macchina, uomo-animale).
N.B. Si arriva agli animal studies e al lone “postumano”, in cui si analizzano
queste ibridazioni estreme in cui sfocia la dissoluzione dell’identità umana.

Il femminismo più recente introduce anche una visione della razza nel proprio
discorso femminista.
Gayatry Spivak, una delle più importanti teoriche postcoloniali, in Critica della ragione
postcoloniale scrive:

«un interesse per le donne, per gli uomini, che non sono stati scritti nella stessa
inserzione culturale (un’ipotesi di lavoro che funziona bene nelle situazioni
coloniali), non può essere mobilitato allo stesso modo dell’indagine sulla produzione
del genere (gendering) nella propria. Non è impossibile, ma è necessario apprendere
e insegnare nuove modalità, e l’attenzione verso il margine in senso generale deve
essere costantemente rinnovata»

Per Spivak, bisogna spostarsi verso una prospettiva di intersezionalità, cercando di


mantenere una prospettiva più ampia nell’analisi, per poter considerare tutti i tipi di
subalternità e marginalità all’interno della stessa valutazione.

L’a nità tra femminismo e studi postcoloniali si vede anche nell’atteggiamento verso i
rispettivi subalterni (donne-colonie).
Allo stesso tempo vi è una di cile relazione con il marxismo, concepito come parte
integrante della visione essenzialità occidentale e parte integrante della razionalità
occidentale stessa, poichè, pur sembrando critico nei suoi confronti, ha invece insita in
sè una volontà di verità tipica del discorso di potere stesso.

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Postcolonial Studies
I Postcolonial Studies si muovono su una linea di continuità dal postmodernismo,
a liandosi quindi anche agli stessi Gender Studies che pescavano da quel bacino teorico
molti concetti.
N.B. Poststrutturalismo-Postmodernismo: si basa sulla cosiddetta “ ne delle
grandi narrazioni”, ossia la convinzione della ne della validità di discorsi
sistematici e totalizzanti -come il marxismo- volti a de nire il mondo in maniera
organica.

La nascita dei Postcolonial è segnata dall’uscita nel 1979 del libro Orientalismo di
Edward Said. L’opera si basa sull’assunto che la visione occidentale del mondo
orientale sia falsa e anzi si costituisca di tendenze e caratteristiche occidentali, che
sono però attribuite all’Oriente, al diverso, per la loro inconciliabilità con il modello sociale
occidentale.

L’Est viene quindi rappresentato sempre all’interno di un rapporto di potere con


l’Ovest, ma questo può essere trasposto anche nel rapporto tra un qualsiasi Nord e un
qualsiasi Sud; l’obiettivo sarà allora quello di recuperare il punto di vista interno di
coloro che costituiscono la parte subalterna del discorso di potere.

I Postcolonial studies ricercano, all’interno delle letterature mondiali, proprio quegli


sviluppi letterari che hanno mantenuto uno schema di pensiero autonomo e
distaccato dallo sviluppo occidentale, poichè escluso dallo sviluppo capitalistico
ES. Subaltern studies: nell’a rontare la situazione dell’India, si sostiene che il
capitalismo inglese abbia dominato la penisola del sud-est asiatico
economicamente, ma senza egemonia culturale.

«La scelta del termine «orientale» era canonica; se n'erano serviti Chaucer e
Mandeville, Shakespeare, Dryden, Pope e Byron. Indicava l'Asia o l'Est in generale
in senso sia geogra co che morale e culturale. Si poteva quindi parlare di una
personalità orientale, un'atmosfera orientale, una aba orientale, un dispotismo
orientale o un modo di produzione orientale, certi di venire compresi da chiunque»

«L'Inghilterra conosce l'Egitto; l'Egitto è ciò che l'Inghilterra di esso conosce;


l'Inghilterra sa che l'Egitto è essenzialmente incapace di autogoverno; perciò
occupandolo non gli fa violenza, ma ne rispetta e protegge l'essenza; per gli
egiziani l'Egitto è ciò che l'Inghilterra governa, dopo averlo occupato;
l'occupazione straniera perciò diventa «la vera base» della civiltà egiziana
contemporanea; l'Egitto si giova, ha addirittura un assoluto bisogno,
dell'occupazione britannica»

Per Said, il discorso orientalista cela ovviamente un intento politico di dominazione: una
volta attuata una narrazione orientalistica dell’Altro, sorge inevitabile l’idea che il
dominio impostogli sia in realtà un gesto di protezione verso la cultura di quel Paese.
L’Altro è infatti de nito come tale poichè è escluso dallo sviluppo del pensiero
comune, si muove secondo una propria morale e una propria logica.

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➡ ESEMPIO: citazione di Lord Cromer
«L'europeo è un ragionatore lucido, le sue descrizioni dei fatti sono prive di
ambiguità; egli è spontaneamente logico, anche quando non ha nozioni di
logica formale; è per natura scettico, e pretende prove prima di accettare
come vera una qualunque asserzione; la sua intelligenza bene addestrata
funziona come un insieme di ra nati ingranaggi. Al contrario, la mente
dell'orientale, come le pittoresche strade delle sue città, in modo
caratteristico manca di simmetria. I suoi ragionamenti sono come descrizioni
abusive, che non o rono appigli sicuri»

Per Said:

«lungo tutta la storia dell'orientalismo moderno si ritrova la tendenza tipica di ogni


conoscenza basata su distinzioni semplicistiche come «Est» e «Ovest»: quella cioè
di incanalare il pensiero in una delle due correnti separate. Questa tendenza
occupa una posizione centrale nell'orientalismo»

Come nei Gender studies, si potrebbe rischiare di sfociare in un mero culturalismo,


ma l’analisi può andare anche a materializzarsi sul piano della prassi.
Altra metodologia associabile a questi studi è quella dei Cultural studies, poichè nei
Postcolonial studies si pone l’attenzione sulla cultura pop dei popoli colonizzati.
N.B. Letteratura coloniale negli studi di italianistica
Lo sviluppo è duplice:
• Analisi di autori eritrei, somali, libici legati al passato coloniale italiano
• Analisi del divario tra Nord e Sud, dove emergono abe di tradizione popolare o
opere che descrivono un mondo escluso dalla mentalità capitalistica.

N.B. Tutte queste teorie hanno come indiretto bersaglio l’Illuminismo, poichè
in questo periodo ha avuto origine la tendenza a normalizzare e a ssare
verità assolute, ma sopratutto la convinzione che esista una ratio -ovviamente
quella occidentale- universalizzabile e applicabile a tutti.

«Da un lato vediamo il potere dei testi e leggiamo il potere come un testo; dall’altro
il «colonialismo come testo» può essere ridotto a una sfera indipendente
dall’economia e dalla storia che quindi ripete l’isolamento conservatore e umanista
del testo letterario»

Per Ania Loomba, lo studioso deve fare attenzione a non considerare il potere solo
culturalmente senza la sua accezione economica, poichè signi ca ribadire in maniera
occidentale l’autonomia -falsa- della cultura.

«Il postrutturalismo fu un prodotto di quel miscuglio di euforia e disillusione, di


libertà e dissipazione, di carnevale e tragedia, che fu il sessantotto. Incapace di
scardinare le strutture del potere dello Stato, il poststrutturalismo scoprì che era
invece possibile sovvertire le strutture del linguaggio. (…) I suoi nemici divennero i
sistemi coerenti di pensiero, di qualunque tipo, e in particolare, ogni forma di
organizzazione e teorizzazione politica che cercasse di in uenzare le strutture della
società»

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Per Terry Eagleton, il poststrutturalismo è frutto del ’68, una battaglia puramente
teorica che ha sovrastimato l’aspetto culturale all’interno della lotta al capitalismo.

Le teorie di questo tipo infatti tendono sempre a vedere il capitalismo come controparte
materiale di discorsi universalistici, come una forza culturale che produce discorsi ssi e
monolitici; in realtà la necessità di vendere permette proprio al capitalismo di
ragionare in un’ottica non culturale, agendo in maniera subdola e falsi cando il suo
atteggiamento esclusivo.

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Teoria della letteratura
La teoria della letteratura si divide in due grandi branche:
‣ Strutturalismo, legato agli anni ’50/’60, al marxismo e alla convinzione di creare una
legge della letteratura valida per sempre
‣ Poststrutturalismo, per cui tutto è interpretazione e gioco linguistico

La teoria della letteratura si sviluppa quando gli elementi cardine del “fare letteratura”
(contesto, autore, stile,…) non vengono più considerati come ovvi e dati, ma si cerca di
chiari care questi concetti in via de nitiva, andando quindi a fondare la cosiddetta
“scienza della letteratura” citata da Barthes.
A ne anni ’90, la critica si stava muovendo verso le scienze sociali -come dimostrano le
odierne tendenze agli Studies- e quindi l’opera di Compagnon cerca di accompagnare
il discorso letterario a quello sociale, rivalutando il senso comune.

«Fare teoria della letteratura vuol dire interessarsi della letteratura in generale, da un
punto di vista che tende all’universale»

Per Compagnon, la teoria doveva gettare delle regole valide universalmente,


scienti camente. A di erenza della vecchia universalità aristotelica però, questa teoria
non vuole essere prescrittiva, ma si interessa di capire gli elementi indispensabili per
fare letteratura nei suoi minimi.
La teoria vuole esplicitare e chiarire i presupposti di ogni a ermazione letteraria e
criterio di valore, spiegando l’oggettività di questi presupposti.

Per i teorici la letteratura non può essere interpretata al di fuori dell’oggetto “testo”,
in quanto essa è costituita soprattutto di parole. Questo anche poichè il bisogno
dell’intervento extraletterario -ad esempio della storia- nella letteratura segnala
proprio la mancanza di una vera comprensione della pratica letteraria.
N.B. Per i poststrutturalisti invece è plausibile integrare elementi esterni
nell’analisi del testo letterario

«La teoria letteraria nasce quando l’approccio ai testi letterari non si fonda più su
considerazioni non linguistiche (…), quando l’oggetto della discussione non è più il
senso o il valore, ma le modalità di produzione del senso e del valore»

Per Compagnon, non interessa il senso dell’opera ma come l’opera determina in noi i
signi cati e i giudizi di valore.

Gli elementi della letteratura


Per avere letteratura sono necessari: Tuttavia vi sono altri elementi, in questo
• Autore caso non inerenti alla letteratura ma
• Libro indispensabili invece al fare letteratura:
• Lettore • Letteratura (o Letterarietà)
• Storia • Autore
• Referente • Mondo
• Lettore
• Stile
• Storia
• Valore
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Letterarietà
Il concetto di letteratura in quanto letterarietà - ossia l’elemento discriminante tale da
rendere de nibile un testo come “opera letteraria”- è stato a lungo dibattuto,
giungendo però a delle tautologie ine caci.

Per a rontare questa de nizione sono stati sperimentati due approcci, entro i quali è
stretta la letteratura:
✦ Storico, secondo cui il testo è un documento che esprime un determinato contesto
storico
✦ Linguistico, secondo cui il testo è un monumento che quindi ha valore in se stesso,
come fatto di lingua.

Di pari passo alla de nizione di letterarietà, anche il con ne tra letterario e non
letterario varia tra le epoche.

Per Genette, infatti, la letteratura può essere vista attraverso:


• Regime costitutivo: regime chiuso in cui uno scritto è sempre letteratura
• Regime condizionale: regime aperto in cui alcune opere, generi e modi possono
considerarsi letteratura solo in un determinato momento storico
ES. Per Aristotele la poesia lirica è minore poichè non è mimetica, nel senso che
non corrisponde al mondo e al referente; tuttavia ad oggi la lirica ha superato altri
generi poetici, divenendo il termine generale con cui si intende la poesia.

ES. Per i romantici, la letteratura era quella dei grandi scrittori, il cui canone ha
però subito modi che, uscite e ingressi, nel corso del tempo.

ES. Il fumetto ha acquisito col tempo un valore letterario.

Se è quindi de nibile la letterarietà di qualcosa, la sua estensione -ossia il regime del


gusto- invece è molto labile.

«I monumenti esistenti compongono un ordine ideale che si modi ca quando vi sia


introdotta una nuova (veramente nuova) opera d’arte. L’ordine esistente è in sé
concluso prima che arrivi l’opera nuova; ma dopo che l’opera nuova è comparsa,
se l’ordine deve continuare a sussistere, tutto deve essere modi cato, magari di
pochissimo. Contemporaneamente tutti i rapporti, le proporzioni, i valori di ogni
opera d’arte trovano un nuovo equilibrio»
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Per T.S. Eliot, non è la storia a modi care la concezione di valore della letteratura,
ma è la letteratura stessa che si modi ca quando nuove opere subentrano nel novero
dei monumenti, determinando un riassetto della tradizione nella sua totalità e nel
singolo valore di ogni sua opera già presente.

Questa concezione si a lia all’idea strutturalista di autonomia della letteratura, una


letteratura comprensibile dal suo stesso interno e modi cata da se stessa.

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La stessa funzione della letteratura si modi ca nel tempo: per Aristotele era la catarsi,
per Orazio il dulce et utile, ma in generale no ai romantici lo scopo principale era quello
di creare elementi che permettano di comprendere l’umano e il sociale in senso
generale, quindi una funzione allegorica, universalistica e didattica.

Successivamente, col trionfo del romanzo e del particolare, lo scopo letterario


abbandona la sua allegoria e la sua mira ad esprimere qualcosa di superiore.

La letteratura rispetto al linguaggio comune crea un reticolo metaforico più tto, in


grado di mettere sullo sfondo le altre funzioni dell’atto comunicativo individuate da
Jackobson.
Non è semplice presenza di un tropo, ma la quantità e la qualità -selezione,
combinazione- di essi.

I formalisti russi utilizzano lo straniamento come criterio di valore, in quanto esso


aggiorna la sensibilità del lettore tramite un procedimento letterario a cui egli non è
abituato.

«La letterarietà (lo straniamento) non dipende dall’uso di elementi linguistici


appropriati, ma da una diversa organizzazione (ad esempio più densa, più coerente,
più complessa) degli stessi materiali linguistici di uso comune. In altre parole, non è
la metafora in sé a costituire la letterarietà di un testo, ma un reticolo metaforico più
tto, che fa passare in secondo piano le altre funzioni linguistiche»

La letteratura non si basa quindi sull’uso di elementi linguistici appropriati, ma su


questo principio di selezione -di temi, di parole, di generi-con cui si attualizza lo
straniamento.
Inoltre, lo straniamento si pone in continuo rinnovamento poichè segue la creazione
dell’abitudine di certi procedimenti letterari e il loro nuovo riassetto.

Seguendo però questo principio, allora qualsiasi cosa che operi con decisione sulle
forme del linguaggio -anche non letterario, come la pubblicità- dovrebbe essere
considerata arte

«I formalisti russi preferivano evidentemente i testi che la loro nozione di letterarietà


descriveva meglio, dato che ne era stata dedotta: facevano tutt’uno con
l’avanguardia della poesia futurista. Una de nizione di letteratura è sempre una
preferenza»

Per Compagnon quindi, il metro di giudizio -lo straniamento- formalista della


letterarietà deve essere storicizzato e accordato alla loro preferenza per la poesia
futurista, e così ogni de nizione di letteratura implica una preferenza extraletteraria
eretta a validità universale.
Il criterio di valore della letterarietà è quindi sempre extraletterario ed esclusivo.
Per Compagnon invece la letteratura è l’accordo convenzionale di qualcosa de nito
come tale, seguendo il senso comune di una società dotta che ne fa un uso
letterario e al di fuori del contesto originario.
N.B. Barthes: “La letteratura è ciò che si insegna”

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«La de nizione di un termine come «letteratura» non fornirà mai null’altro se non
l’insieme delle occorrenze in cui chi fa uso di una lingua accetta di utilizzarlo»

Per Compagnon è quindi in via de nitiva impossibile de nire la letterarietà:


- Si può abbracciare lo strutturalismo, con lo straniamento e l’universalità
- Si può abbracciare il postmodernismo che considera tutto letteratura
- Si può stabilire la convenzione secondo il senso comune, senza la pretesa di
arrivare da un estensione a una comprensione di essa.

Autore
La funzione dell’autore -colui che scrive il testo- corrisponde all’intenzione del testo
letterario: se vi è un autore, viene facile pensare che egli abbia inserito un’intenzione o un
messaggio dentro all’opera da trasmettere al lettore.

Era credenza comune che il testo si identi casse completamente con l’intenzione
autoriale, tuttavia:
‣ Teoria strutturalista de nisce super ua l’intenzione dell’autore rispetto al testo
stesso, al linguaggio stesso.
‣ Teoria poststrutturalista a erma che sia autore che testo non contano, a di erenza
del lettore.

«L’autore è un personaggio moderno, prodotto della nostra società quando, alla


ne del Medioevo, scopre grazie all’empirismo inglese, al razionalismo francese e
alla fede individuale della Riforma il prestigio del singolo»

Lo strutturalismo ri uta l’autore, in quanto rappresentazione dell’umanesimo


borghese e connesso alla fede della borghesia nelle potenzialità dell’uomo e dell’Io.
La morte dell’autore è necessaria nell’analisi strutturalista poichè essa mira a
raggiungere degli universali -in questo caso l’intenzione autoriale, impossibile da
ricostruire oggettivamente.
Lo strutturalismo quindi de nisce il testo non come frutto dell’autore in quanto uomo, ma
come glio di una tradizione di testi precedenti con cui instaura rapporti di
intertestualità.

Per i poststrutturalisti questa idea di intertestualità viene portata agli estremi: il testo
è concepito come un mosaico di citazioni, distruggendo quindi l’autorialità del testo
stesso.

Il problema dell’intenzionalità è poi collegato al principio allegorico-didattico caduto in


disuso nella letteratura, secondo cui l’allegoria dovrebbe riproporre l’intenzionalità
dell’autore e nascondere un senso oltre a quello letterario, secondo un modello
esegetico che ci permetta di attualizzare i testi alla nostra realtà.

«Credete voi in buona fede che Omero, quando scriveva l’Iliade e l’Odissea, avesse
proprio in mente tutte quelle allegorie che ci hanno combinato sopra Plutarco,
Eraclide Pontico, Eustazio?»

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Per Rabelais, non vi è davvero una soluzione nel rispondere alla domanda su quale sia
l’intenzionalità autoriale, ma il lettore deve prendersi la responsabilità di quanto ha voluto
leggervi.

«La ricostruzione delle condizioni originarie, come ogni altro tipo di restaurazione, si
rivela un’impresa destinata allo scacco. La vita che viene restaurata, recuperata dal
suo stato di estraneità, non è più la vita originaria»

Per Gadamer, losofo del ‘900, è impossibile risalire all’intenzione originaria -come
pensavano gli strutturalisti.
Egli però propone una soluzione in linea con il senso comune, che chiama “fusione di
orizzonti”: l’opera letteraria è il punto di incontro dialettico tra due ideologie e
momenti storici, uno il contesto originario autoriale e l’altro quello che il lettore
aggiunge di proprio, è la dialettica tra la domanda e la risposta.

«La risposta fornita dal testo dipende dalla domanda che gli poniamo dal nostro
punto di vista storico, ma anche dalla nostra capacità di ricostruire la domanda a
cui il testo risponde»

Come spiega Compagnon quindi, la teoria del senso comune non è assimilabile con la
teoria della ricezione: non basta una semplice lettura ed un’interpretazione super ciale
individuale, bensì il lettore pur avendo diritto di portare il proprio punto di vista nel
testo, deve anche approfondire e ricostruire la domanda a cui il testo risponde in
principio, l’interrogativo autoriale nelle sue intenzioni originali.

La morte dell’autor
Pur eliminando l’autore, non possiamo eliminare l’intenzionalità, criterio di valore
accademico dell’analisi testuale, senza rischiare di mettere in crisi l’approccio base
della critica, ossia il metodo dei passi paralleli: ricercare le ricorrenze di determinate
parole o temi all’interno dell’opera, al ne di chiarire un passo “oscuro” con uno
“chiari cato”.
Togliendo l’intenzionalità, si dovrebbe quindi rinunciare all’idea di una coerenza
testuale -se non premeditata, almeno strutturata, in atto-, o addirittura pensare che il
testo sia frutto di un puro inciampo casuale.

«Le opere di Shakespeare non furono scritte da lui ma da una persona che aveva lo
stesso nome»

L’eliminazione dell’autore non è tanto legata alla sua gura storica, quanto più al grado di
intenzionalità che si associa all’autore.

➡ ESEMPIO:
«Io sono la piaga e il coltello
la guancia e la percossa!
Sono la vittima e il boia»

In questa poesia di Baudelaire, senza intenzionalità autoriale si potrebbe


presupporre che i due “sono” siano enunciati da due soggetti diversi.

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L’intenzionalità autoriale quindi non è del tutto pertinente all’analisi, poichè l’opera
che sopravvive va oltre le intenzioni dell’autore stesso.

«Il disegno o l’intenzione dell’autore non è disponibile né auspicabile come


norma giuridica della riuscita di un’opera d’arte letteraria»

Per Wimsatt e Beardsley, l’intenzionalità può essere giudicata inin uente per il giudizio
del testo stesso.
In conclusione, l’intenzionalità non può essere esclusa dal testo stesso, ma può
essere sorvolata durante l’interpretazione del testo.

Bisogna però presupporre, se non un autore, almeno un referente o un mondo da cui


dipende il signi cato delle parole.
Tuttavia, il testo come tale sfugge al contesto originario al ne di creare nuovi
rapporti e nuovi contesti.

«I testi (…) non vogliono essere compresi come espressioni della soggettività
dell’autore. (…) Ciò che è ssato per iscritto si è ormai liberato dalla contingenza
della propria origine e del proprio autore, e si apre positivamente a un nuovo
rapporto»

Per Gadamer, il testo non è più legato alla contingenza storica ma instaura un rapporto
continuo con lo scorrere della storia.

«Quanto all’intenzione d’autore, essa non si riduce al senso originario, ma


comprende il signi cato originario. (…) Le grandi opere sono inesauribili; ogni
generazione le comprende a modo suo: questo vuol dire che i lettori vi trovano di
che chiarire un aspetto della propria esperienza. Ma se un’opera è inesauribile, non
vuol dire che non abbia senso originario, né che l’intenzione dell’autore non ne sia il
criterio»

Per Compagnon, bisogna seguire il senso comune, quindi presupporre la coabitazione


del senso originario e dei nuovi sensi che vengono attribuiti dalle successive
generazioni.
Tuttavia, Compagnon restringe il campo alle sole grandi opere, mentre per i
poststrutturalisti questa distinzione non viene attuata.

Empson a erma che serve considerare tutti i possibili signi cati del testo come
parti integranti -e rilevanti- dell’intenzionalità autoriale, poichè altrimenti il testo
diventerebbe solo frutto della ricezione individuale del singolo individuo.
Per Compagnon invece ciò non è corretto, poichè la conoscenza del contesto storico
dell’autore aiuta a discernere tra interpretazioni plausibili ed interpretazioni errate.
ES. Pierre Menard e la riscrittura del Don Chisciotte: i due libri sono da
considerarsi diversi per la diversa intenzionalità che li muove e soprattutto perché
devono essere contestualizzati in due epoche diverse.

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Mondo
Il mondo -o referente- è quello di cui la letteratura parla, è il concetto di mimesis.

La teoria strutturalista insisteva molto sulla necessità di un crollo della mimesis e


del testo inteso come rappresentazione, portando quindi avanti l’idea di un’autonomia del
testo dalla realtà.
Si porta avanti il primato del signi cante sul signi cato, facendo decadere molte
critiche basate esclusivamente sullo studio dei collegamenti del testo con la realtà, o
legati all’identi cazione di persone reali nei personaggi.

«La funzione del racconto non è di «rappresentare», ma di costituire uno spettacolo


che continua a sembrarci molto enigmatico, che non è di certo d’ordine mimetico.
(…) «ciò che succede» in un racconto, da un punto di vista referenziale (reale), è
alla lettera niente, «ciò che avviene» è unicamente il linguaggio»

Per giusti care il crollo della mimesis, Barthes a erma che tutto quello che è
rappresentazione del reale in un testo, tutto quello che viene raccontato e
presentato come naturale, è sempre veicolato dalle forme e dai temi dell’ideologia
dominante, teso quindi semplicemente a ra orzare le nostre convinzioni e sicurezze in
maniera subdola, per mantenere l’ordine sociale vigente.
N.B. In questo caso Barthes si avvicina molto al marxismo di Adorno, seguendo
il concetto di frustrazione sperimentata durante la lettura.
Solo concentrandoci sul segno in sè come signi cante ci si può liberare di questa
tendenza a propagare l’idea di un mondo contemporaneo presentato come naturale,
una tendenza che ra orza appunto i vincoli sociali.

«Quello che chiamiamo »reale» (nella teoria del testo realista) non è altro che un
codice di rappresentazione (di signi cazione): non è altro che un codice di
esecuzione»

Per Barthes, lo stesso realismo è in realtà puro linguaggio, prodotto dall’uso dei segni
e moderato da un codice. Anche il realismo è quindi in fondo un’apparenza della realtà.

Se però allora il testo non ha come referente il mondo, né l’autore, bisognerà rintracciare
questa referenzialità nel meccanismo dell’intertestualità: il testo ha come referente gli
altri testi.

«Ogni testo si costruisce come mosaico di citazioni, ogni testo è assorbimento e


trasformazione di un altro testo»

Per Kristeva, appunto, il testo è in comunicazione con altri testi, spostandosi quindi verso
un tipo di letteratura citazionale e autoreferenziale.
N.B. Dietro questa teoria sta il dialogismo di Bachtin, a cui però viene sottratto
il mondo come referente.
N.B. Ci si apre verso il poststrutturalismo, poichè la ricezione dei riferimenti
intertestuali deve essere obbligatoriamente a data al lettore, preso come punto di
vista dai poststrutturalisti

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! Direttive guida del poststrutturalismo
‣ Secolarizzazione: non esiste più il trascendentale
‣ Ermeneutica: tutto è aperto, tutto è gioco linguistico e il testo è continuamente
interpretabile.
‣ Nichilismo: inesistenza di certezze assolute e direttive universali, ne delle grandi
narrazioni
Esso comprende teorie disparate, che al loro concepimento non avevano una valenza
politica, ma poi attraverso l’arrivo e lo sviluppo delle teorie negli Stati Uniti si va a
denominare questa corrente come French Theory, politicizzando la teoria.

Prendergast, però, a erma ne L’ordine della mimesis che se la letteratura fornisce questa
illusione referenziale signi ca che esiste un modo di parlare della realtà e un modo in
cui riferirci ad essa.
Il mondo quindi continua ad esistere no a quando vi è comprensione riguardo a quello di
cui si parla.

Ricœur a erma invece in Tempo e narrazione che la mimesi non è sempre negativa e
opprimente, poichè essa è imitazione della realtà ma allo stesso tempo è costituita anche
da una creazione frutto della visione e della mente dell’autore.

Lo strutturalismo va poi a declinare nel poststrutturalismo, giungendo ad insistere sul


fatto che ogni discorso di lingua -e la lingua stessa- siano permeati dal potere sociale.

«Il linguaggio è una legislazione, e la lingua ne è il codice. Noi non scorgiamo il


potere che è insito nella lingua, perché dimentichiamo che ogni lingua è una
classi cazione e che ogni classi cazione è oppressiva»

Per Barthes, ogni classi cazione -compresa la lingua- è oppressiva.

Nel poststrutturalismo, verrà recuperato il nesso con il mondo-referente, ma il


linguaggio rimarrà comunque un punto cardine all’interno di questa analisi, come
dimostrano infatti le tendenze dei Gender studies, Postcolonial studies,…
ES. Utilizzo dell’asterisco per combattere il maschile sovraesteso imposto
dall’ideologia dominante

Lettore
Alcuni approcci escludono la gura del lettore poichè intendono il testo come un sistema
chiuso e inaccessibile, mentre altri pongono il lettore alla base dell’interpretazione del
testo letterario, inteso come un’opera aperta.

Dagli anni ’20 del Novecento, in concomitanza con la separazione della critica dalla
storiogra a, il formalismo russo attacca la critica del tempo, che comprendeva la
critica impressionistica e quella storica.
La critica impressionistica si focalizzava sulle sensazioni sperimentate dal lettore in
maniera individuale durante l’esperienza dell’opera. In questo tipo di critica quindi sono
proprio le impressioni e il lettore a diventare criteri di valore dell’opera.

“Resta convenuto [...] che la voragine c’è, ma che non c’è rimedio e nessuno la
colma. E sì, questo è un discorso che mi piace! Sarà forse che di giovane mi son
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fatto vecchio, che l’ardore è tutto caduto [...]. Comunque, sì, a questo ci sto; a
questo vivere e dipingere immediatamente senza impalcature senza pregiudizi,
senza sistemi. [...] un generale senso di amarezza ironica [...], di non so che
disperazione sorridente [...], è ormai troppo mia perché non l’ami .”

Giovanni Boine scrive nel 1915 un libro di critica impressionistica intitolato Plausi e botte.
Non vi sono parametri oggettivi nella descrizione delle opere.

A questa critica impressionistica basata sulle reazioni individuali, di usasi anche in


Francia con l’operato di Anatole France, si contrapponeva n da subito una critica che
distanziava lettore e testo, come quella positivista storica di Gustave Lanson.

“L’esercizio del commento ha lo scopo e, quando è ben radicato, l’e etto, di


abituare gli studenti a leggere con attenzione, a interpretare fedelmente i testi
letterari».

Sia storicismo che formalismo infatti vanno a bandire il lettore:


• Lo storicismo legge l’opera attraverso il contesto originario e autoriale
• Il formalismo legge l’opera in quanto monumento, separato dalla sua produzione e
immanente
Il lettore è contemplato solo in quanto “lettore ideale”, ossia colui che è in grado di
andare nella profondità originale del testo, approcciando il testo come se fosse egli
stesso l’autore con la sua intenzionalità.

Tuttavia, si levano alcune obiezioni contrarie a questa ricerca di oggettività.

“In realtà ogni lettore, quando legge, è soltanto il lettore di se stesso. L’opera dello
scrittore è soltanto una sorta di strumento ottico ch’esso o re al lettore per
permettergli di scorgere ciò che forse, senza il libro, non avrebbe veduto lui
stesso.”
Per Proust, non serve focalizzarsi sul contesto originario, poichè quello che rimane
dopo la lettura del testo non è il testo in sè, ma il contesto soggettivo in cui l’opera è
stata sperimentata dal lettore, l’ambiente della lettura.
L’autore fornisce quindi uno strumento al lettore per indagarsi.
N.B. Proust sembra anticipare la teoria della ricezione

“Rimarrebbe ancora la possibilità di censire e classi care le impressioni


soggettive.”

Gustave Lanson legge la teoria di Proust nel segno del relativismo, ma comunque la
considera come una possibilità coerente, tuttavia a erma che il critico può allora
-perlomeno- accingersi a classi care in maniera oggettiva le varie impressioni
soggettive, mediante i gusti sociali, cercando di rintracciare quella preponderante
su base statistica.

La terza possibilità tra queste due (intenzionalità autoriale-pura ricezione) è quella di


teorizzare un rapporto dialettico tra autore e lettore nelle loro individualità, tra i
preconcetti insiti nel lettore e quello che la lettura modi ca di essi.

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“L’operazione dello scrivere implica quella di leggere come proprio correlativo
dialettico.”

Per Sartre, scrivere e leggere un’opera sono quindi due facce della stessa identica
medaglia dialettica

“E etti e risposte (…) non sono caratteristiche del testo, né del lettore; il testo
rappresenta un e etto potenziale che viene realizzato nel corso del processo di
lettura.”
“Un tale signi cato deve evidentemente essere il risultato di un’interazione fra
segnali testuali e comprensione del lettore”

Per Iser, i valori dell’autore hanno un e etto sul lettore, ma la precomprensione del
lettore agisce anch’essa sull’intenzione dell’autore.
Il testo è potenziale che agisce sul lettore nella lettura, divenendo qualcos’altro alla
ne del processo dialettico-lettura.
La letteratura ha quindi due dimensioni: una in potenza in se stessa, una in atto quando si
sperimenta la lettura.

Vi sono però alcune eccezioni, come ad esempio nel caso di Papà Goriot di Balzac in cui
l’autore implicito dà delle direttive precise su come leggere il testo, secondo
un’intenzionalità.

“Così farete voi, voi che tenete questo libro in una mano bianca, voi che ve ne state
sprofondato in una morbida poltrona dicendovi: Forse questo mi divertirà. Dopo
avere letto le segrete infelicità di papà Goriot, pranzerete con appetito, imputando
la vostra insensibilità all’autore, tacciandolo d’esagerazione (…). Ah! sappiatelo:
questo dramma non è né una invenzione né un romanzo. All is true ”

Questa intenzionalità dichiarata si pone come un problema per quanto riguarda il ruolo
del lettore nel rapporto dialettico, che verrebbe meno.
Tuttavia, anche la traduzione dell’intenzione varia da soggetto a soggetto, non
modi cando la situazione.

Se i testi scritti no all’Ottocento hanno però una programmaticità determinata e


limpida, nel Novecento l’intenzione autoriale sfuma e diviene ancora più di cile da
cogliere.
La tendenza quindi a preferire un’analisi basata sulla soggettività - no a sfociare nella
teoria della ricezione e all’estremo relativismo di Fish- ha come base un cambiamento
interno alla letteratura stessa.
Il lettore è quindi obbligato a impiegare se stesso all’interno della narrazione per
colmare la mancata intenzionalità autoriale.

Tuttavia vi sono ancora elementi che danno una direttiva all’interpretazione e


forniscono un orizzonte di attesa, ossia un prospetto di paradigmi e situazioni topiche
che ci aspettiamo di ritrovare nel testo: il genere -non più nell’accezione normativa di
Aristotele-, lo stile, la copertina.

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Anche il gruppo sociale di appartenenza fornisce un orizzonte di attesa: l’etnia, il
genere, …; vi è quindi un’in uenza esterna e soggettiva che agisce sulla soggettività
individuale.

“Sono insieme di norme interpretative, letterarie ed extraletterarie, che un gruppo


condivide: convenzioni, un codice, un’ideologia se si vuole”

N.B. Agendo in questo modo si va però allora a decretare in modo paradossale il


ritorno dell’autore: se l’opera può essere colta solo da una soggettività a ne a
quella autoriale (ES. una donna bianca non può tradurre una donna nera), allora è
necessario reintrodurlo in maniera oggettiva.

Stile
Comunemente, lo stile viene inteso come termine medio tra lingua e letteratura: ciò che
modi ca la lingua no a renderla letteratura.

La teoria si snoda tra due tesi agli antipodi nella sua interpretazione dello stile:
• Stile come certezza
• Stile come illusione
Per Compagnon, si supporta ancora il senso comune: concetti come autore, referente,
stile,… sono concetti ancora vivi nell’opinione comune.

Lo stile però ha nella sua semantica un’ambiguità: da un lato denota l’individualità


dell’autore, dall’altro denota una sovraindividualità, inquadrando l’autore in una
determinata scuola, epoca,…
Lo stile è quindi contemporaneamente la norma e lo scarto singolare.

Per i romantici, lo stile è ri esso della singolarità, connesso con il “genio”.


Per i classicisti invece lo stile è la norma, connesso quindi ad un genere o un modo con
cui fare buona letteratura.
Nel Novecento, anche lo stile può mantenere una sua oggettività, divenendo una
variazione sul tema, come succede in Esercizi di stile di Queneau; tuttavia questa cosa
diventa in realtà una semplice dimostrazione di diversi insiemi normativi di narrazione.

Lo stile -soprattutto nella storia dell’arte- può anche essere legato al mercato, al
riconoscimento e al valore delle opere stesse.
Si individua una dicotomia tra Rinascimento e Barocco, due stili che spartiscono l’intera
produzione artistica.

“L’arte barocca non è accompagnata, come quella del Rinascimento, da una teoria.
Lo stile si sviluppa senza modelli […]. E così non nasce neppure una
denominazione per questo stile; «stile moderno» […] fascino dell’informe”

Con Leo Spitzer e la critica stilistica si tendeva a far emergere lo scarto individuale
stilistico, però con l’ascesa della linguistica e della teoria, lo stile inizia a cedere il passo
proprio per la sua ambiguità.

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Per i teorici, le variazioni di stile sono anche variazioni di contenuto: le variazioni di
signi cante sono anche variazioni di signi cato, facendo così crollare il concetto di
sinonimia, poiché cambiando di stile un testo, cambia totalmente il signi cato del
testo.
Secondo la sinonimia -diversi modi per dire una cosa- si presupponeva: una referenza
-qualcosa da dire- e un’intenzione -la scelta dei modi in cui dirla-.

“Distinguere lo stile dal contenuto non richiede (…) che possano esservi modi
diversi per dire esattamente la stessa cosa, ma solo che ciò che si dice possa
variare in maniera non concomitante coi modi, appunto, di dirlo”.

Per Nelson Goodman, l’unica via per preservare il concetto di stile sta nel renderlo
più essibile, nell’eliminare il concetto di sinonimia, ammettendo un compromesso: si
possono dire in modo simile cose diverse e viceversa.
Compagnon accetta questa opinione poichè segue sempre la linea del senso comune.

Emerge l’idea di stile come aria di riconoscimento, un’aria di famiglia che accomuna
autori tra loro a ni ma non identici.

“Uno stile è una caratteristica complessa che serve in qualche modo come una
rma individuale o collettiva”.

Storia
La storia descrive i testi tenendo conto del loro rapporto col tempo, mentre il valore fa
l’opposto, non tenendo conto della collocazione temporale del testo.
Uno quindi valuta il testo in rapporto col contesto, l’altro paragonandolo invece ad altri
testi.

La storia di un testo è intesa sia come rapporto col contesto, sia anche in rapporto ad
una linea di evoluzione letteraria, dove già di per sè il testo ha dei rapporti ( liazione,
derivazione,…) rispetto ad altri testi.
Le due possibilità in cui però la storia si esprime si intrecciano: cioè la liazione si spiega
con il suo contesto, come avviene ad esempio nelle parodie dei poemi cavallereschi.

“Ogniqualvolta si opera una sezione attraverso una disciplina per determinare il suo
stato in un certo momento della sua storia è necessario mostrare come il risultato
che si ottiene non è solo un momento nell’autonomo sviluppo storico di questa
scienza, ma soprattutto un elemento della situazione complessiva della civiltà nel
momento considerato”

Per Benjamin, ogni opera è glia di una storia minore (letteraria in questo caso) e
una storia maggiore e generale.

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Rapporto storia-letteratur
In questo rapporto entrano in gioco varie antinomie (innovazione-imitazione, tradizione-
rottura, antichità e modernità, orizzonte d’attesa (ciò che si aspetta)- scarto estetico (ciò
che è inaspettato) ) che hanno comunque un’incidenza sul valore stesso dell’opera.
N.B. Per Jauss, il tasso di negatività, ossia lo scarto e la provocazione rispetto
all’orizzonte d’attesa, sono criteri di valore
La letteratura, come già visto, può essere analizzata da due prospettive:
‣ Quella di documento, ossia espressione sintomatica del contesto storico dove si
forgia, come voleva De Sanctis
‣ Quella di monumento, ossia un testo in quanto testo, con un interesse esplicito e
puro per il testo come fatto di lingua.

“Una teoria – ispirata ad esempio alla linguistica o alla psicoanalisi – può ri utare la
storia come quadro esplicativo della letteratura, ma non può ignorare che la
letteratura ha immancabilmente una dimensione storica”

Per Compagnon, è di cile dimenticare completamente la dimensione storica della


letteratura.
Essa può essere ri utata come parametro di analisi, ma non si può escludere la storicità
di un testo.

La concezione storica della letteratura introduce il relativismo del valore: con la


sensibilità romantico-storica, si considerano le opere nel loro tempo, con i modelli
assoluti classicisti di verità e bellezza che decadono.
All’interno di una concezione storica della letteratura, si possono inquadrare anche quelle
metodologie critiche come ad esempio il biogra smo, il positivismo, che danno valore a
parametri come la razza, l’ambiente sociale, ecc.
ES. Se il positivismo mette in luce l’ambiente sociale dell’autore, in realtà riprende il
principio romantico del contesto storico.
Anche quando si toccano tematiche stilistiche e formalistiche, si suppone
comunque uno sviluppo storico.

“Un’opera d’arte ha valore soltanto nel suo inquadramento, e l’inquadramento di


ogni opera è la sua epoca”

L’approccio storico permette di superare la banalità della critica soggettiva e


impressionista, poichè legge oggettivamente.
Se il metodo classicista vedeva le opere come monumenti giudicabili
simultaneamente e le comparava senza un contesto storico, quello romantico le
vede come documenti, in maniera diacronica.

Tuttavia sono alcuni problemi in questo approccio: nell’analisi di un contesto storico, non
si riesce a giudicarlo oggettivamente ma ci si porta dietro un pregiudizio frutto delle
nostre convinzioni riguardo ad una determinata epoca.
Si veri ca l’incontro tra due prospettive storiche: quella dell’opera e quella del lettore.

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Pensare ad una separazione tra critica letteraria e storia è improbabile, ma anche pensare
ad uno storicismo puramente oggettivo e originario. Si sono quindi proposte alcune
soluzioni:

“Una storia storica della letteratura (…) vuole (o vorrebbe) dire la storia di una
letteratura in un determinato periodo, considerata nei suoi rapporti con la vita
sociale di quel periodo (…). Per scriverla, bisognerebbe ricostruire l’ambiente,
chiedersi chi scriveva e per chi; chi leggeva, e perché; sapere la formazione
ricevuta dagli scrittori in collegio o altrove e, analogamente, la formazione dei
lettori. (…) mettere in rapporto i cambiamenti d’abitudine, di gusto, di scrittura (…)
con le vicissitudini della politica, con le trasformazioni della mentalità religiosa, e i
cambiamenti della moda artistica e del gusto”

La critica storico-sociale ha trovato una certa di usione nel campo storiogra co,
andando a prendere in considerazione i corollari sociali della letteratura, ossia gli elementi
paraletterari come il libro come oggetto in sè, i cataloghi, le tirature,…

Per Febvre per ricostruire la storia storica della letteratura bisogna ricostruire tutto il
mondo sviluppato attorno al libro, permettendoci di capire il contesto storico e la
ricezione del suddetto libro.
N.B. Per Auerbach questo deve essere guidato da un’idea-intuizione iniziale, per
evitare che si trasformi in una “cattiva in nità”, cioè un accumulo di dati privo di
una direzione di ricerca.

Un’altra possibilità è quella della storia delle idee -o storia culturale-, ossia una storia
che mediante l’analisi di opere letterarie fosse in grado di ricostruire l’ideologia-
sensibilità di un’intera epoca.

Un’altra possibilità è quella di a darsi alla storia delle forme letterarie, ossia interessata
ai codici e alle tecniche.
ES. Letterature europee e medioevo latino, in cui si riscontra la sopravvivenza di
topoi classici nella letteratura medievale

Un’altra possibilità, molto attuale, è quella teorizzata da Roland Barthes nel 1960, ossia la
linea che poi porta ai Cultural strudies, mettendo in luce il valore storico-istituzionale
(sociologico) e non puramente estetico della letteratura.
N.B. Bloom, per difendere un’idea di letteratura alta, di un canone, rilancia invece
la componente estetica.

Tra gli estremi dello storicismo relativo e lo strutturalismo, si situa il formalismo russo con
il concetto di straniamento.
Lo straniamento è un concetto storico che può avvenire solo in ottica diacronica,
rispetto ad una tradizione in cui si opera uno scarto. Il formalismo cerca di far
coesistere la storia e l’evoluzione letteraria delle forme.

“Il procedimento letterario ha una funzione straniante sia nell’opera in cui si


inserisce sia al di là di quel testo, nella tradizione letteraria in generale. Così lo

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straniamento, in quanto scarto rispetto alla tradizione, consente di individuare la
relazione storica che lega un procedimento e il sistema letterario, il testo e la
letteratura.”

Lo straniamento può segnalare il passaggio storico-ideologico da un contesto


all’altro, registrato anche nell’evoluzione letteraria di generi e forme.
Alla base della diacronia storica non vi è quindi più una continuità, ma bensì una rottura:
la storia della letteratura è costituita di scarti e salti rispetto al precedente.

Il modello letterario base della rottura è nella forma della parodia, poichè quando essa
appare è sintomo che la mentalità di un’epoca è tramontata o sta tramontando.

“Senza la partecipazione attiva del destinatario la vita storica dell’opera letteraria


non sarebbe neppure pensabile.”

Per Jauss, la comprensione di un testo è tanto quella originaria, ma anche il suo


processo di lettura futuro, ossia il testo è contemporaneamente tanto orizzonte di
attesa quanto scarto estetico, il quale è incarnato dal lettore stesso.

Valore
Il valore di un’opera è vasto: lo scarto, la complessità dell’opera, la moralità,…
Tutti questi elementi hanno una comunanza, poichè sono stati usati per far sopravvivere
la nozione di bello, ma quando questa entra in crisi si deve far ricorso ad altre
nozioni per de nire il valore di un’opera.

Qualunque giudizio di valore in realtà, non ha puramente un’oggettività, bensì è


fondato su un sistema di preferenze.
Secondo Kant, infatti, il bello e il giudizio estetico sono soggettivi, ma egli cercava di
preservare dalla deriva del relativismo il giudizio estetico.
Per Genette invece, vi è un’illusione estetica, un’oggettivazione del valore soggettivo di
un’opera, che la renderebbe bella in sè.

“Gusto è la facoltà di giudicare un oggetto o un modo rappresentativo mediante un


compiacimento, o un dispiacimento, senza alcun interesse. L’oggetto di tale
compiacimento si chiama bello.”

Il classic
Per Sainte-Beuve, il classico non è un modello basato sulla romanità, a cui conformarsi e
su cui operare la mimesis, bensì è uno scrittore che utilizza uno stile proprio e allo stesso
tempo proprio di tutti, uno scrittore in grado di proporsi in maniera energica e sempre
originale ai suoi lettori.

Dalla ne del XVIII sec. il classico ha avuto due signi cati:


• Opera atemporale che costituisce un bene universale
• Opera che è patrimonio di una nazione

“Classico è ciò che si mantiene valido di fronte alla critica storica, giacché il suo
predominio storico, la potenza della sua vitalità che dura e si tramanda (…). Ciò che

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è classico è sottratto alla mutevolezza dello scorrere del tempo e al variare del
gusto.”

Per Gadamer bisogna staccare la nozione di classico dalla sua atemporalità: non è
qualcosa di bello sempre, ma qualcosa che resiste alla storia.
Esso è quindi allo stesso tempo storico e sovrastorico, presente fuori dal tempo ma
contemporaneo ad ogni presente.

Per Jauss invece il classico è ciò che viene capito solamente dai posteri, non dai
contemporanei, traendo la sua grandezza dalla negatività.

“Passate le infatuazioni super ciali della moda e le incomprensioni momentanee


dovute all’interrompersi di un’abitudine, le opere realmente belle (…) niscono
sempre per imporsi.”

Per Genette, l’opera che regge il lavorio del tempo è considerabile classico, in quanto ha
superato i falsi valori innescati dalla moda, mettendo in mostra allo stesso tempo i valori
veri.

Per Adorno, infatti, il valore è a dato allo scarto, allo straniamento: il classico
diventa tale quando si incasella in una stringa di innovazioni, di cui esso non è la più
recente ma quella immediatamente prima.
Solo in questo modo emergono i veri valori, a seguito di una parodia o un superamento
delle iniziali innovazioni.

In conclusione, poichè il canone non ha né una forma ssa, né una forma aleatoria, è
impossibile fondare un valore in maniera teoretica, poiché possiamo solo studiare il
cambiamento delle gerarchie estetiche, ma non la loro e ettiva strutturazione.

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