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manuale

lunedì 26 settembre 2022 13:25

Per un sapere antigerarchico

Nell'immaginario umano, quindi in campi come il cinema, la psicanalisi, nell'arte, lo specchio


simboleggia la dualità, il vedere se stesso come un altro, come un doppio asimmetrico,
costruendo così un'identità basata sul confronto, rendendola il più completa possibile.
Per fare ciò c'è comunque bisogno dell'empatia, fondamentale per qualsiasi relazione umana
interpersonale e intrapersonale.
T.S. Elliot parla di ''stare da entrambe le parti di uno specchio'', cioè vedere il sé come l'altro e
modellando la propria identità proprio sull'altro, mettendo in discussione il principio aristotelico
di identità e non contraddizione.

Lo stesso si può dire che accada anche nelle letterature comparate: la comparatistica ha sempre
più bisogno di specchi multipli, per poter comprendere o anche solo assecondare questo
movimento frenetico (pp. 13).
Ha bisogno di un sapere "aperto", che non segua classi, gerarchie o valori, ma che sia cosciente
della precarietà di un "trend" (di un movimento artistico o di un interesse scientifico).
Di conseguenza, per poter fare ciò, bisogna rivisitare, rivedere delle grandi idee che hanno
caratterizzato il '900, soprattutto da pensatori come Marx e Freud.

Per farla breve, è importante avere chiaro un concetto: la letteratura non muore.
Non si tratta di entrata e uscita, un movimento non entra casualmente per poi uscire una volta
che non dice nulla di nuovo (impossibile), bensì un movimento "entra" per via di alcune necessità
(nasce 'influenzato' da movimenti precedenti) ed "esce" per via di altre necessità che nascono in
un secondo momento (viene eclissato da altri movimenti, continuando ad influenzare i posteri).

Il rizoma è stato scelto da Deleuze e Guattari per via di questa caratteristica: non è lineare
(entrata e uscita, rigido), poiché si parla di pluralità, di più possibilità.
Oggi, infatti, questa disciplina si è espansa, poiché non confronta più due autori che sono stati a
stretto contatto, ma confronta la letteratura ad altre arti, come il cinema, la musica, la pittura, il
teatro.

Una dimensione globale

Nel 1827, durante le guerre napoleoniche, Johann Wolfgang Goethe si appoggiò ad un concetto
sviluppato da Wieland, ovvero il Weltliterature ("letteratura mondiale").
Perché?
Già in quegli anni, ben prima della globalizzazione, "i prodotti delle varie nazioni si mescolavano
ad una tale velocità, che avevano bisogno di nuovi modi per imparare e per poter reagire".
(Goethe, 1827 a Johann Peter Eckermann).
In più, disse anche che la letteratura nazionale non valesse poi molto, che la letteratura
universale fosse decisamente più rilevante e che quindi ognuno di noi dovesse contribuire al suo
rapido avvento.
Non si sa bene a cosa si riferisca questo termine (Weltliterature), ma certamente Goethe
dimostrò una certa noia e, forse, disprezzo per la categoria di letteratura nazionale.
Al contrario del pensiero comune (soprattutto di Marx ed Engels) la letteratura mondiale non
portò mai ad un'unificazione generale, al contrario, aumentò le tensioni tra il locale e il globale,
fra la singola esperienza individuale e un ampio contesto di sguardi incrociati.
Goethe sostiene, ad esempio, che Carlyle possa capire Schiller meglio di un tedesco, esattamente
come un tedesco possa capire Shakespeare meglio di un inglese, e ciò è dovuto ad un punto di
vista di partenza culturalmente diverso.

È proprio su questo ultimo concetto che la concezione di Goethe di Weltliterature si basa: sulla
circolazione sempre più frenetica delle opere, che entrano a far parte di una rete inesauribile di
scambi (ricezione).
È su questo che David Damrosch basa ciò che lui chiama <<spazio ellittico>>: uno spazio prodotto
dalla cultura originaria di un testo e dalle culture che lo recepiscono, e circoscrivibile solo in
quell'amalgama.

La letteratura ha sempre avuto una vocazione mondiale; autori come Edward Saïd la chiamano
<<mondialità>> della letteratura: un termine che allude sia alla sua dimensione terrena, sia alla
sua capacità di trascendere il proprio contesto di appartenenza (di cui pure si alimenta di
continuo) per creare nuove connessioni, ridiscutere i confini, rivolgendosi ad un pubblico
potenzialmente illimitato.
L'esilio è uno dei temi chiave per figure come Saïd ed Erich Auerbach, il quale ha composto
Mimesis a Istanbul, durante la WW2, per scappare dalle persecuzioni naziste.

Come negli scritti di Saïd, la letteratura diventa un luogo per trasformare un'esperienza come
l'esilio in una condizione positiva: permette di osservare e leggere la realtà.

A partire dalla rivoluzione industriale, la Weltliterature ha avuto uno sviluppo esponenziale,


soprattutto grazie alle nuove tecnologie che hanno permesso la stampa di molte più opere
rispetto al passato.
Infatti, dopo Goethe, le tensioni tra il locale e il globale aumentarono soprattutto nelle minoranze
(EG. Hugo Metzel, faceva parte di una minoranza tedesca in Transilvania, era un intellettuale che,
grazie ad una collaborazione col filologo Brassaï, imbastì un ampio comitato scientifico in cui
comparivano studiosi da svariati paesi non solo europei, e a pubblicare sulla rivista "Acta
Comparationis Litterarum Universarum" in molte lingue la promozione delle letterature meno
note e lo studio del folklore).

Il concetto di letteratura mondiale arrivò anche in Oriente:

• India: Rabindranath Tagore si contrappone al sistema educativo inglese, che cercava di


separare le classi sociali, traducendolo in una forma più ampia e più legata al concetto di
armonia e coesistenza;
• Giappone: Kobayashi Hideo confronta la letteratura giapponese e le letterature europee;
• Cina: Qian Zhongshu imbastisce un dialogo tra la poesia cinese e le tradizioni occidentali;
ottenne numerosi riconoscimenti dopo essere stato costretto al silenzio dal regime
maoista, fra cui l'iscrizione onoraria alla Modern Language Association.

La concezione secondo la quale ci fosse un fondo comune a tutti gli esseri umani che trova nella
letteratura una delle sue espressioni più potenti iniziò a morire ben presto verso la seconda metà
del '900, quando venne dimostrato che l'universalizzazione sia quasi sempre l'assolutizzazione di
una sola cultura, la quale naturalizza le proprie caratteristiche.
Dall'altra parte, un relativismo pure non può esistere, poiché entrambi i termini hanno bisogno
l'uno dell'altro, in più, si è alla costante ricerca di uno spazio intermedio, o un universalismo
strategico (Paul Gilroy, 2004).
Espandere l'area di studio senza limitarsi ad un'aggiunta pseudo-casuale di scrittrici e scrittori, di
opere dalla provenienza marginale e quasi dimenticata, senza una rivendicazione settaria, è una
cosa positiva;
Il punto resta comunque che non si debba contrapporre un'identità alt ad una dominante, ma che
si debbano abbattere i confini e mettere in discussione ogni idea di identità statica,
trasformandola piuttosto in qualcosa di plurale, aperta ad influenze e contaminazioni.

Essendo la globalizzazione la realtà odierna, non potevano non svilupparsi teorie conflittuali sulla
letteratura mondiale.

• Pascale Casanova: pubblica la sua visione nel saggio La république mondiales des lettres, la
quale si focalizza sul conflitto tra centro e periferia, e fra le varie nazioni in cerca di
legittimazione culturale. La repubblica mondiale delle lettere aveva come centro una Parigi
fatta di violenza sottile e lotte per guadagnare il prestigio nazionale. Il suo libro ha dei punti
deboli, soprattutto di ordine storico e geografico, poiché ridurre le relazioni internazionali
ad una competizione fra nazioni, ignorando il passato e concentrandosi solo su Parigi è
riduttivo, soprattutto quando miriadi di altre letterature hanno cercato di affermarsi.
Tuttavia, il suo scritto analizza svariati casi particolari soprattutto di epoca contemporanea
e propone un'idea sull'ingresso nella <<repubblica delle lettere>> e sulla legittimazione
internazionale, che vede come processi complessi che implicano perdite e guadagni.

Nel 2000 Franco Moretti rinuncia a definire il concetto di Weltliterature, ma lo divide in due fasi:

1. Il primo modello di letteratura mondiale si articola come una progressiva diversificazione e


divergenza, ed è un mosaico di letterature locali separate; (teoria evoluzionistica di
Darwin).
2. Il secondo modello, al contrario, si basa sulla convergenza e sulla somiglianza, articolandosi
in una relazione complessa fra centro, semiperiferia e periferia (analisi del sistema-mondo
di Wallerstein).

Le proposte teoriche che vengono dalla comparatistica orientale sono sempre più numerose,
soprattutto grazie al ruolo che la Cina post-comunista gioca nella scena odierna.
Vengono anche avanzate delle polemiche da parte di Takayuki Yokota-Murakami, con il suo Don
Juan East/West, il quale si è traformato in una critica all'universalismo della comparatistica:
l'autore demistifica i concetti occidentali di amore, piacere e sessualità considerati troppo
naturali, affermando che una tale dicotomia sia improponibile alla cultura giapponese.
Comparare significa indagare le differenze dei temi presenti universalmente, quindi in tutte le
culture, che però cambiano proprio a causa di queste ultime, contestualizzandole.

La traduzione svolge un ruolo chiave nella comparatistica, poiché il comparatista ha sempre


dovuto muoversi tra le lingue, leggendo quindi le opere nella lingua di origine; il punto di forza
della traduzione è che l'adattamento linguistico può portare una certa aria di novità. Goethe
stesso preferiva leggere le sue opere in francese perché secondo lui acquistava una nuova
freschezza.
Inoltre è anche un atto antigerarchico, perché il testo tradotto non è da considerare come
inferiore rispetto all'originale; non è una perdita, non è un'approssimazione, è un adattamento
volto a risolvere certe idiosincrasie per far arrivare l'opera ad un pubblico più ampio.
I vantaggi non finiscono qui: leggere un'opera in lingua originale e tradotta può portare a
sviluppare nuovi punti di vista, portando ad una visione bifocale del testo.
Testi come quelli di Dostoevskij e Tolstoj continuano a forgiare l'immaginario mondiale quasi
esclusivamente tramite la traduzione.

TURBAMENTI DELLE IDENTITÀ

A partire dagli anni '70 del '900, la letteratura è stata considerata non più come un linguaggio
separato, ma come una delle tante possibilità con cui si elabora una cultura e si costruisce
un'identità, soprattutto a livello etnico e sessuale, temi su cui la critica si sofferma molto.

La comparatistica, forse per una sua naturale inclinazione, coglie anche il lato storico, quindi
filologico, analizzando tematiche quali gli studi sul gender e le rappresentazioni del potere e le
sue sovversioni, seguendo Gramsci e Foucault.
Queste azioni hanno dato una spinta molto forte soprattutto da un punto di vista politico, che
però sono già stati istituzionalizzati e che presto verranno superati.

Uno dei contributi più importanti riguardo al sapere antigerarchico è stata la rottura della
gerarchia fra cultura bassa e cultura alta: oggi non si guarda più la letteratura commerciale come
qualcosa di inferiore, grazie ad autori come -in Italia- Umberto Eco, che ha scritto saggi su James
Bond, perché ogni fenomeno culturale può avere un valore simbolico, anche se non fa parte
dell'arte nobile; l'importante è costruire percorsi argomentativi serrati e coerenti.
Ciò ha portato la comparatistica a prendere in analisi anche le pubblicità, le fiction, i videogiochi e
la pornografia.

Il sabotaggio della gerarchia fra arte alta e arte bassa è uno dei tratti caratteristici dell'estetica
camp, che è una sensibilità nata nella comunità gay prima della liberazione gay.
Non va confuso con il kitsch: è un uso ironico del cattivo gusto, teso a dimostrare che ci sia del
bello anche nel brutto, proprio perché brutto.

Gli ultimi temi affrontati/vissuti portano alla teoria queer, la quale è molto importante dal punto
di vista dell'identità, poiché tenta di abbattere ogni binarismo, a partire dall'eterosessualità e
omosessualità, tentando di esaltare la fluidità e l'instabilità, spingendola ad incrinare tutte le
frontiere possibili, di recente soprattutto quelle fra umano e non umano.
Cerca di mettere in crisi ogni categorizzazione di cultura, tempo e spazio, facendo riferimento a
più discipline, come la scienza, il diritto e la bioetica, rendendola fortemente comparatista.

HOMO ADAPTANS

Goethe ha fatto una delle riflessioni più importante sulla letteratura mondiale: un autore tedesco
ha scritto un'opera dedicata a un classico della letteratura italiana, e tradotto-adattato in
francese. Goethe prevede quindi i procedimenti che diventeranno sempre più importanti per la
circolazione della cultura nel mondo: la traduzione, la performance e l'adattamento.
Rispetto alle gerarchie classiche, le intersezioni e le comparazioni con le altre arti -minori o
maggiori- hanno reso possibile l'esplorazione di tutte le intersezioni (con la moda, le arti visive,
l'architettura, il cinema, la danza)

L'importanza degli studi visuali sta nel nucleo, il quale abbatte la dicotomia fra parola e immagine:

• La parola veniva associata alla cultura e alla razionalità;


• L'immagine veniva associata alla natura e alla bellezza.

Con i media che fanno uso di entrambe le cose, questa barriera è stata abbattuta; inoltre, i campi
di applicazione con cui la comparatistica si incrocia con gli studi visuali sono vari: possiamo
prendere come esempio degli artisti che fanno uso sistematicamente di due forme d'arte, com
Michelangelo e Pasolini, e analizzare le contaminazioni.

Importante è l'ekphrasis, ovvero la descrizione di opere d'arte codificata dalla retorica classica;
descrivere un pezzo d'arte visuale significa utilizzare il linguaggio corretto per descrivere al meglio
le caratteristiche della dimensione visiva. In questo modo si crea un incrocio.

Altro campo di incrocio importante è l'iconotesto: opere che sono concepite fin dal principio
come ibridi tra letteratura e visualità. Si parla di libri concepiti come contrappunto continuo fra
parola e immagine, sondando i limiti del dicibile e del rappresentabile.

Parlando di teatro, a partire dagli anni '60 del '900, la rappresentazione scenica non è più stata
considerata come una rappresentazione visiva della letteratura, ma come un incrocio con
quest'ultima; è l'interazione di due creatività diverse.

Risulta fondamentale la performance, la quale è un'azione piuttosto ritualizzata e legata alla


recitazione di un ruolo e alla partecipazione a un gioco (in senso ampio).

Mettere in scena un testo teatrale vuol dire adattarlo per i linguaggi della scena, e spesso anche
per un nuovo pubblico (vedi Shakespeare) e a una nuova cultura.
Prendiamo per esempio gli adattamenti cinematografici: molti lamentano del fatto che troppo
spesso il cinema non rappresenti a pieno le sfumature di un libro e la sfumatura psicologica, ma è
necessario ricordare la differenza radicale delle due arti; si guadagnano cose come densità, forza
emotiva e potenza icastica.
Parlando -come al solito- di gerarchie, quello ''giusto'' è quello che nasce prima, nonostante negli
ultimi anni questo tipo di fedeltà, di atteggiamento, stia cambiando.
L'adattamento non si limita al passaggio dei media: può anche occuparsi di adattamenti di eventi
realmente accaduti, pubblici o privati che siano.
Si può quindi coniare il termine homo adaptans, perché l'adattamento caratterizza qualsiasi
forma di comunicazione, rappresentazione e narrazione.

Smontare la gerarchia fra originale e secondario ci svela anche il valore retroattivo dei buoni
adattamenti e le buone riscritture, perché danno la possibilità di rileggere o ''riconsumare'' la
stessa opera sotto una luce diversa potenzialmente ogni volta.

IRRADIAZIONI

L'espansione tematica della comparatistica (intesa come comparazione fra letteratura e, ad


esempio, manga, oppure la bioetica) le ha dato una vitalità nuova e la possibilità di comparare
potenzialmente qualsiasi forma d'arte, rendendola decisamente meno chiusa rispetto alle
discipline letterarie prevalentemente puriste e classiciste.
Questa frammentazione può portare ad una dispersione troppo ampia e a far sembrare la
comparatistica come una sorta di tuttologia, ma come suggerisce David Ferris, prendendo spunti
da tutti i campi limitrofi, la letteratura comparata metterebbe le altre discipline di fronte ai limiti
e alle carenze del concetto stesso di specializzazione, raggiungendo un tutto tramite la
frammentazione. Fuori di testa. Paradossale.

Il rischio di una dispersione esagerata può tranquillamente essere evitato costruendo


argomentazioni serrate;
Per navigare nella frammentazione comparatistica bisogna partire da opere che sappiano
irradiare; è necessario esplorare le zone d'ombra e gli indizi.
Un sapere antigerarchico è un sapere delle piccole cose: un microcosmo che può portare
inaspettatamente al macrocosmo.

CAPITOLO 1

Una delle prime domande che ci si pone quando un libro cattura il nostro interesse
(tramite delle recensioni, dei consigli o anche solo vedendolo su uno scaffale) riguarda il
genere, e raramente la forma.
Ci sono poi altri fattori del cosiddetto paratesto -sfondando quasi nella sociologia-, come
la copertina, il titolo, i colori, una macropresentazione ecc.

Ora, prima di arrivare al perché della domanda, bisogna spiegare cos'è un genere e com'è
formato; il genere è una categoria che comprende diversi tratti e caratteristiche che un
testo deve rispettare per essere riconosciuto in quanto ''testo di X genere''. I generi sono
mai ben delimitati, infatti possiamo immaginarceli un po' come dei rami: c'è il ramo
principale che ha a sua volta rami più piccoli.
Prima che un testo entri nel sistema complesso della cultura, si costituisce secondo l'idea
di letteratura che un contesto storico, una tradizione e un soggetto autoriale hanno
formato nel tempo.

QUINDI. Mentre il genere invade le recensioni e i giudizi soggettivi, la forma non lo fa;
Con forma si intendono tutti i trucchi del mestiere con cui si compone un'opera: le rime, i
flash back, gli stream of consciousness e così via.
I due ordini di grandezza sono:
• Microstrutturale (autore consapevole):
○ Soluzioni stilistiche
○ Codici controllati
○ Retoriche e tecniche
• Macrostrutturale (postumo)
○ Archetipi
○ Paradigmi non codificati
○ Trascendenteale

Forme infinite

CAPITOLO 2

Il dialogo intertestuale

Calvino dice: <<i classici sono libri che esercitano un'influenza particolare sia quando si impongono come indimenticabili,
sia quando si nascondono nelle pieghe della memoria mimetizzandosi da inconscio collettivo o individuale>>.
L'idea che ogni rilettura dei classici porti a nuove scoperte e che ogni prima lettura sia una rilettura, può considerarsi
come un primo accenno all'intertestualità.
Definire l'intertestualità non è facile, ma credo sia definibile come il fenomeno secondo il quale ogni opera letteraria
abbia, al suo interno, altre opere letterarie, e il motivo è l'influenza che ogni autore riceve da altre opere.

Un testo è considerabile come tessuto, metaforicamente, perché le narrazioni presenti e passate si intrecciano l'una
nell'altra.
Possiamo prendere come esempio anche Shahrazad, di Mille e una notte, che 'tesse' le sue storie per evitare la sua
morte.
Il tessuto non è formato solo dalle sue trame, ma ogni intreccio e parola derivano da una variegata stratificazione di
origini, immagini e significati dotati di reciproca risonanza, armonia.
Si potrebbe parlare quindi di testo infinito, a detta di Roland Barthes.

Esiste un termine francese, jouissance, che indica la gioia che si prova quando un testo mette in discussione i nostri punti
di vista e le nostre credenze. Il godimento starebbe proprio nella rottura.

L'intertestualità ha spesso come contenitore il sogno, uno spazio di rielaborazione letteraria libera che in quanto tale si
sostituisce alla realtà per renderla più sopportabile. Come il sogno, quindi, l'intertestualità si forma tra memoria e
immaginazione, ed è accessibile e traducibile tramite il linguaggio che può essere facilmente o difficilmente
interpretabile.
Il virus libresco di cui è malato Don Chisciotte lo spinge a fare azioni non normali, e sembra che viva in un sogno, e lo
stesso si può dire di Madame Bovary, che si nutre di stereotipi romanzeschi come gli amanti, le foreste oscure e signori
coraggiosi come leoni.
Se il sogno, quindi, ha la capacità di evocare e di potenziare la libera creatività che accompagna l'intertestualità,
quest'ultima ha la capacità di esercitare una funzione autocritica all'interno di un testo.
Diventa insomma un indice dello scadimento di forme, motivi e personaggi, e dunque è motore dello sviluppo verso il
rinnovamento.

Ci sono due (2) definizioni di ''intertestualità''

• Julia Kristeva: il termine ribadisce la necessità di non fermarsi alla sola disamina delle fonti e delle sicure genealogie
tra testi, ma di considerare la cultura e la letteratura nel loro dinamismo di significazione;
• Michael Riffaterre: identifica la letterarietà con l'intertestualità che definisce come <<il meccanismo proprio della
lettura letteraria. Essa produce la significanza.>>

Bachtin individua il dialogismo, soprattutto in Dostoevskij, il quale è il genere per eccellenza, non solo per il distacco
dell'autore dai personaggi (che quindi permette una maggiore mobilità di punti di vista), ma anche per il metalinguaggio
che rende il testo letterario uno spazio fondamentale di discussione, dialogo e conflitto.
Bachtin, inoltre, parla di tempo grande, perché secondo lui le opere si arricchiscono nel tempo, rendendo inadeguato il
solo orizzonte storico.
La nozione di dialogo intertestuale rimanda alla pluralità di voci e di significati che si stratificano in un testo
costituendone il rilievo anche da un punto di vista critico.
Bachtin parla anche di extralocalità, che agisce su più livelli: linguistico, simbolico, culturale e intertestuale. La distanza è
fondamentale nel dialogo intertestuale, poiché mostra uno spettro maggiore di possibilità creative.

La riscrittura implica una diversa contestualizzazione, risemantizzazione e una reinterpretazione della storia. Secondo un
certo punto di vista, tutto è una riscrittura dall'Iliade in poi, che è il mito per eccellenza. Proprio parlando di miti,
possiamo notare come questi siano uno dei percorsi più proficui per quanto riguarda la categoria critica del personaggio,
dalla funzione archetipica, attraverso i linguaggi e i modi, e il personagio nei diversi generi letterari: possiamo vedere
l'avaro, il misantropo, il dongiovanni, la femme fatale e così via.
Possiamo quindi parlare di palinsesti, da sfogliare e studiare nelle loro stratigrafie di trasformazioni e di significati.

Genette considera i rapporti intertestuali e le loro trasformazioni catalogando con minuzia la letteratura di secondo
grado a partira dalla parodia, dal pastiche e dal travestimento burlesco.
La parodia è stata ridefinita da Linda Hutcheon in A Theory of Parody; la studiosa considera la parodia come
fondamentale modalità di acquisizione e reinvenzione del passato, un punto di contatto tra la scrittura creativa e il
discorso critico.
Possiamo ricordare:

• Narrativizzazione:
○ Possiamo ricordare il Doktor Faustus di Mann rispetto al dramma di Marlowe
• Drammatizzazione:
○ il teatro di Shakespeare nasce spesso dalla drammatizzazione delle novelle italiane; egli è il ''genio che
migliora un'invenzione'', perché comunica con un linguaggio estremamente sofisticato e duttile al tempo
stesso.
• Transmodalizzazione:
○ Dall'Odissea di Omero a Ulisse di Joyce, quindi il passaggio dall'epica al romanzo e la decostruzione burlesca
del mondo dell'epopea.

La critica si è soffermata soprattutto sull'adattamento e sulla simulazione di testi intesi a includere trasposizioni
cinematografiche, televisive e, in generale, mediatiche. Ciò non può prescindere dalla conoscenza dell'ipotesto.
L'ironia -che appartiene alle diverse pratiche parodiche- gioca un ruolo fondamentale: ironico è, ad esempio, il modo in
cui Cervantes e Ariosto implicitamente dialogano tra loro e, al tempo stesso, si appropriano della tradizione dei romanzi,
dei poemi cavallereschi e di Boiardo rovesciandone talune convenzioni.

Una modalità dell'intertestualità è il manoscritto fittizio, usato ad esempio da Manzoni ne I Promessi Sposi; questo
espediente permette all'autore di prendere una certa distanza dal materiale, illudendo l'esigenza di verità e storicità del
lettore.
L'ironia, quindi, costituisce uno dei modi privilegiati di dialogo intertestuale, anche perché suggerisce riflessioni
metanarrative. Ad esempio, City of Glass (interpretazione del Quijote), rovescia gli sterotipi del genere (noir e poliziesco
tradizionale) facendo dell'investigazione un percorso non di ritrovamento, ma di dissolvenza.

L'immediata identificazione del primo significato mitico porta ad una più facile comprensione delle sue stratificazioni
simboliche (archetipi) successive e degli adattamenti a nuovi contesti culturali; la familiarità è un elemento
fondamentale della ricezione.
In Mito e Significato si riconosce al pensiero mitico la capacità di mimare il pensiero concettuale, usando immagini tratte
dall'esperienza per discutere un concetto astratto.
C'è una mitologia che influenza l'immaginario collettivo, assumendo un valore assoluto normalmente immobile, e che
quindi si rivela sempre interpretabile ex novo.
Mito è un evento, una rivelazione simbolica avvenuta <<una volta per tutte>>, e per questo capace di dare forma
all'immaginazione e alla memoria.
Parlare di mito significa tornare ai tragici dell'antica Grecia, soprattutto a Platone e alla distinzione tra:

• Logos: discorso razionale;


• Mythos: racconto inventato e costruito per immagini.

I due termini sono complementari, perché il logos, interagendo con il mito, funge da tramite attraverso cui accedere al
mondo delle idee (secondo Platone).

Andando avanti si arriva alla Metamorfosi di Ovidio, il cui linguaggio crea un mondo parallelo ma osmotico rispetto al
mondo reale, indebolendo i confini tra concetti opposti, come vita e morte; mescola il comico e il tragico, il realismo e il
fantastico, passa dalla prosa alla poesia in modo brusco. Tutto ciò non fa altro che esaltare l'aspetto performativo.
Nel modernismo, la mitologia classica e giudaica si incontrano, e il mito segue l'impossibilità del tragico nella cultura
contemporanea, contaminandosi attraverso il quotidiano, il grottesco e il paradossale. (Ulisse di Joyce, o il Mito di Sisifo
di Camus).

Nella contemporaneità, l'intertestualità segue <<la vita dei segni nella società>>, ovvero tutti i linguaggi delle arti: la
pittura, il cinema, la fotografia, la musica e persino l'architettura.
Foucault ha decretato la fine dell'umanesimo con l'arrivo di discipline come l'antropologia e la psicanalisi, ma Said
suggerisce la nozione di <<umanesimo antiumanistico>>, cioè discutere l'umanesimo con gli strumenti dell'arte e della
letteratura.

Il concetto di Bachtin di dialogismo, che ha un'importanza sempre maggiore, ci fa passare dal dialogo intertestuale al
dialogo interculturale che comprende l'identità europea nel suo pluralismo di lingue e culture, ma anche come
denominatore comune che si confronta con il mondo.

Le letterature nazionali devono essere il punto di partenza verso l'idea di Weltliteratur.


Se quindi il concetto di umanesimo oggi non sia più 'tollerabile', esso può comunque essere un ''nuovo'' modo di
guardare il mondo.
La letteratura comparata orienta questo sguardo ad ampio raggio verso ciò che Bachtin chiama ''il tempo grande''.

• Tempo grande: concetto secondo il quale un'opera si arricchisca negli anni, perché con il progresso e i cambi di
punti di vista, può assumere significati diversi.

Il dialogo intertestuale risulta indispensabile per comprendere il libro dell'umanità e per mettersi nei panni degli altri.
È, insomma, una ricerca dell'empatia, la quale è parte essenziale delle migliori condizioni di educazione alla democrazia.

CAPITOLO 3 - TEMI, MOTIVI, TOPOI

La critica tematica ha rivelato una straordinaria vitalità nella seconda metà del '900, come dimostra l'interesse che
diverse discipline, quali il folklore, la psicologia, la linguistica e la letteratura hano manifestato per questo campo di
indagine.
L'attenzione per questo approccio non è mai venuta meno, anzi spesso si è rinnovata.
Gli studiosi Poulet, Richard, Starobinski e Gaston Bachelard sono stati protagonisti di un momento chiave della critica
tematica in quanto hanno tentato di costituire un fondo comune sulla base di numerose opere in un contesto
geografico-linguistico e temporale limitato e contemporaneo.
Secondo il filosofo italiano Benedetto Croce, definisce questi studi sui temi -seppur utili per gli studi letterari- come
<<aridi e inutili alla comprensione di un'opera>>.
Dall'altra parte, personaggi come Harry Levin e Tzvetan Todorov ribadiscono il valore degli studi tematici per la
letteratura, riconoscendo (Levin) che il giudizio di condanna deriva da premesse troppo formaliste e che (Todorov)
tali atteggiamenti rischiano di far sparire la specificità letteraria.

Un importante contributo al dibattito sulla critica letteraria si deve alla pubblicazione di repertori tematici come Il
Dizionario dei temi letterari in Italia.
Questo dizionario forma un percorso cronologico, basato su un approccio tipologico, seguendo un criterio che mira a
evidenziare una rete di connessioni all'interno del quale il tema vive e si evolve. I temi non sono limitati alla
letteratura, ma spaziano in altre discipline come la musica, il cinema e l'opera.

Una delle tendenze emerse di recente si concentra sul motivo; Cesare Segre ha suggerito il primato del motivo sul
tema, individuando un collegamento tra i due basato sulla ripetizione.
Tema e motivo sono unità di significato stereotipe, ricorrenti in un testo o in un gruppo di testi e tali da individuare
delle aree semantiche determinanti.
Spiegato in PAROLE SEMPLICI, il tema e il motivo possono essere parole, frasi o parafrasi che istituiscono un
significato autonomo. La stereotipia (forse come gli archetipi) che suscitano, derivano anche dal riutilizzo
(ripetitività) in una cultura.

• Temi: unità che sottendono tutto un testo o una parte ampia di esso;
• Motivo: unità minori che possono essere presenti anche in maniera elevata.

Quindi l'attenzione si sposta sull'interazione che il testo ha con il mondo esterno, nella convinzione che i temi
esistano nella realtà prima che nella letteratura.

Tra gli anni '80 e '90 c'è stato un revival della tematica umanistica, la quale considera il tema un concetto
ermeneutico carico di significato inserito in una rete di rapporti testuali, sociali e culturali alla quale discipline come
la biologia, l'antropologia, la pragmatica e l'estetica danno un contributo significativo. Un contributo recente è dato
dall'analisi informatica di un testo, tendenza che tenta di definire una teoria empirica della letteratura.

Possiamo osservare una recursività dei temi nel tempo e tra le opere:

• Faust: sembra attraversare tutta la letteratura tedesca, dal Faustbuch al Doktor Faustus passando ovviamente
per Goehe;
• Demonio: Lucifer: Stationen eines Motivs, Satan: A Biography.
• Miti: L'ombra di Ulisse, Il grande racconto delle stelle.

Nell'ultima opera, Boitani esplora altri campi del sapere e analizza anche le culture extraeuropee, dimostrando come
un tema viva all'interno di una rete di connessioni mondiali, fornendo un esempio di Weltliteratur.

La critica tematica non è emersa solo in tempi recenti; nello Ione di Platone, Socrate mette in relazione i temi di
Omero con la forma e lo stile della poesia in un confronto implicito con gli altri poeti.
Nel '500, autori come Tasso e Cinzio considerano il tema della letteratura come vita, ma parecchi anni dopo, Goethe
ribadisce l'importanza dei motivi che conterrebbero maggiore potere nella poesia.
Melville afferma che <<per produrre un grande libro si deve scegliere un grande argomento>>, mentre Baudelaire
individua due temi: il motivo religioso e il canto di voluttà, che servono a <<svegliare l'attenzione del pubblico e a
riportarlo nel presente>>.

Cerchiamo ora di dare qualche definizione; la tematologia si occupa del raggruppamento analitico dei temi, mentre
la tematica riguarda lo studio analitico dei temi, oppure, secondo la distinzione di Trousson, la prima ha a che fare
con la metamorfosi del tema in testi diversi, la seconda analizza temi che a una lettura ravvicinata possono rivelare il
carattere unitario di un testo secondo un'analisi sincronica.
La difficoltà nel distinguere il tema dal motivo, ha determinato una situazione tale che ha fatto sì che i due termini
siano scomparsi dagli indici della Modern Language Association.
Wolpers introduce una terza categoria che include temi mitici, storici, letterari, biblici e folklorici.

Lo studio del tema segue due direttrici: una che riguarda la singola opera, l'altra che si concentra sull'evoluzione
nella tradizione che quindi contestualizza il tema in un preciso contesto culturale.
Un tema super ricorrente è quello del viaggio, nato nell'Odissea.

Passando ora ai motivi, Wilhelm Dilthey sostiene che essi possano essere pienamente compresi soltanto quando
esaminati in relazione ad altri motivi e che il numero dei motivi è limitato, prospettando l'idea di una classificazione.
Il termine ''motivo'' compare per la prima volte nell'enciclopedia di Diderot, la quale definizione è basata sul'opera
settecentesca: il motif è l'idea principale dell'aria, quella che costituisce il carattere del canto e della sua
declamazione.
Curtius, in un saggio su Ulysses di Joyce, dice:

<<il tema rivela il suo significato solo nel corso delle variazioni, mentre il il motivo della parola rimane un frammento
senza senso, e assume il suo significato solo nella connesione con tutto l'argomento.>>

La definizione dei motivi è una delle aree di maggiore incertezza nel campo della critica.
Thompson li definisce così: <<un motivo è il più piccolo elemento di un racconto capace di persistere nella tradizione.
Per avere tale capacità, deve possedere qualcosa di inusitato e di sensazionale. Questi si dividono in 3 classi:

1. Personaggi: divinità, orchi, fate, streghe, persone normali ma stereotipate.


2. Elementi per spronare un'azione: oggetti magici, credenze strane, costumi strani.
3. Singoli episodi: maggioranza dei motivi. Può essere indipendente e può essere un vero e proprio racconto.

Possiamo ancora dividere i motivi in:

• Motivi archetipici, che costituiscono la base sulla quale si innesta un ulteriore livello di significato del motivo
sotto;
• Motivi storicamente e culturalmente determinato, i quali determinano un cambiamento del motivo sopra in
relazione a uno specifico contesto storico.

A questo riguardo possiamo citare il figliol prodigo, che include motivi quali la fuga, una prigionia, il viaggio, la
conoscenza di sé, il rapporto col padre etc.
Tale esempio dimostra come motivi secondari, legati ad uno specifico contesto culturale e storico, possano essere
interpretati come variazioni di un tema, nel caso specifico l'amore di Dio per l'uomo.

La critica tematica si occupa anche dei topoi letterari, ovvero quei luoghi comuni, eredità in parte della retorica
antica dove, come insegnano in particolare Cicerone e Quintilliano, sono parte dell'inventio e indicano un'attività di
accumulazione, classificazione e reperimento degli argomenti del discorso che, presenti nella mente dell'oratore,
vengono richiamati attraverso la memoria.
È così che nascono i luoghi comuni.
Esempi di topoi possono essere:

• Locus amoenus: origine nella Bibbia, ma si può ritrovare nel Fedro di Platone, nell'Eneide (Campi Elisi) e nel
Decameron;
• Hortus conclusus;
• L'isola: può significare l'inizio di un'avventura come un luogo di perdizione.

Per concludere, la discussione sulla World Literature impone un'ulteriore riflessione sulla critica tematica e sulle sue
componenti fondamentali: temi, motivi e topoi.

CAPITOLO 4 - RISCRITTURE

Nell'ambito della teoria della letteratura, la riscrittura costituisce un problema fondamentale. Occuparsene significa
interrogarsi sul principio di mutamento/non mutamento; non è però impossibile riconoscere delle costanti.
Il fil rouge si potrebbe individuare nella natura paradossale della riscrittura stessa: è ripetizione senza replica, quindi
una ripetizione che comporta variazione, anche senza l'intenzione di modificare l'ipotesto (Genette).
È un testo secondo perché cronologicamente successivo all'originale, ma è anche primo, perché non è lo stesso
testo.
Per compiere una sistematizzazione, ci muoveremo per assi.

PRIMO ASSE - Testo/Processo

Si parla di riscrittura riferendosi ad un'opera che è una trasposizione di uno o più testi condotta in modo estensivo
ed evidente, ma anche al processo del generarsi di quella stessa opera.
Oggetto della riscrittura possono essere personaggi, temi, parti della fabula, modelli, strutture della narrazione e
qualsiasi altro elemento o forma del testo letterario.
La trasposizione può avere come conseguenza mutamenti di molti tipi: può cambiare l'ambientazione, il genere, la
prospettiva, si può passare dal reale al fittizio e viceversa.

Riscrivere significa aver letto per ovvi motivi, ma anche perché la ricezione condiziona i modi del riscrivere, dato che
l'interpretazione del testo primo è soggettiva.
L'autore della riscrittura intesa come testo e l'autore del processo del riscrivere non sono necessariamente lo
stesso/gli stessi.

SECONDO ASSE - Trasformazione seria/satirico-parodica

In che modo un testo si relaziona al testo da cui deriva?


Genette ha definito transtestualità tutto ciò che mette un testo in relazione, manifesta o segreta, con gli altri.
Riconosce 5 tipi di transtestualità:

1. Intertestualità: presenza effettiva di un testo in un altro;


2. Paratestualità: la relazione tra il testo e il materiale che lo circonda nello stesso spazio, quindi il titolo, la
copertina etc.
3. Metatestualità: la relazione di commento che unisce un testo ad un altro testo di cui esso parla;
4. Architestualità: relazione tra il testo e l'insieme delle categorie generali o trascendenti, come il tipo di
discorso, di enunciazione, generi letterari;
5. Ipertestualità: ogni relazione che unisca un testo B (ipertesto) a un testo anteriore A (ipotesto).

Esempi di ipertestualità possono essere l'Eneide e Ulysses, entrambi ipertesti di uno stesso ipotesto, l'Odissea.
La differenza è che nell'Ulisse avviene una trasformazione, perché le avventure di Ulisse vengono trasposte nella
Dublino anni '20 del '900, mentre nell'Eneide avviene un'imitazione, perché Virgilio si ispira al modello formale e
tematico.

Genette riprende anche la distinzione tra funzione satirica e non satirica del testo; gli ipertesti appartenenti al
regime satirico sono orientati CONTRO l'ipotesto, e sono animati da un intento distruttivo; il regime ludico è
proprio di quei testi che Genette definisce <<un puro divertimento, un esercizio di distrazione>>; infine, del regime
serio fanno parte quei testi che non si oppongono al loro ipotesto, rivelandosi piuttosto come trasposizioni o
continuazioni.

Secondo Deleuze, la ripetizione -e quindi anche la parodia- è sempre trasgressione, eccezione e singolarità; eppure
la parodia può essere, oltre che sovversiva, anche conservativa, perché è per natura una trasgressione autorizzata,
presupponendo sia l'autorità che la sua trasgressione.

TERZO ASSE - Spazi di memoria/vuoti

In Lachmann l'intertestualità si configura come lo spazio di memoria che si dispiega tra e nei testi. Le riscritture sono
configurazioni di spazi di memoria, nuove ''messe in scena'' di questi spazi.
Un'altra fondamentale tesi di Lachmann è che l'inserimento di testi preesistenti in una nuova costellazione che fa
parte del presente, implichi non solo processi di memoria, bensì anche di omissione.
Nelle riscritture, la cultura è presente sia come oggetto della riscrittura che come paradigma che orienta la
riscrittura stessa.

Lachmann riconosce una progressione:

• Traduzione: il testo primo è presente come Urtext (testo originale), e procedendo verso l'intertestualità si
trasforma gradualmente in Pratext (pre-testo). Nella traduzione avviene una sostituzione di segni attraverso
segni che si è posta come traguardo utopico il concetto di equivalenza;
• Imitatio: l'originale viene contraffatto e stilizzato in modalità seria o parodica;
• Intertestualità: è la presenza di un testo in un altro testo, dove il testo primo si dà ormai solo come Pratext.

Ora affrontiamo i concetti del riscrivere.


Possiamo iniziare con il concetto di polisistema, sviluppato negli anni '60 e '70, secondo cui la letteratura, la cultura,
la lingua e ogni altro fenomeno comunicativo di ordine semiotico devono essere considerati come sistemi di
sistemi.
Il concetto di sistema permette di analizzare i fenomeni letterari con un approccio dinamico; oggetto dell'analisi è il
modo stesso in cui un sistema opera e muta nel tempo.
In questo contesto, Evan-Zohar crea il concetto di interferenza, una relazione tra sistemi nella quale un sistema-
target importa, direttamente o indirettamente, un elemento da un sistema-source.
L'INTERFERENZA AVVIENE QUANDO IL SISTEMA LETTERARIO HA BISOGNO DI QUALCOSA CHE NON HA.
L'interferenza riguarda anche modelli, generi, forme e l'insieme delle attività coinvolte nel sistema letterario; può
avere effetti sulla source, sul target o su entrambi, ma tende ad essere asimmetrica. Non può essere analizzata fuori
dal suo contesto storico.
Per comprenderla è necessario tener conto della distinzione tra sistema indipendente (si evolve entro la propria
sfera) o dipendente (debole, minoritario, periferico).
Il target dell'interferenza tende a scegliere la propria fonte in base al prestigio di cui gode essa stessa o il (poli)
sistema a cui appartiene. Sussistono fattori che possono agevolare o ostacolare l'interferenza, fattori sia
intraletterari, sia extraletterari, ovvero politici o socioeconomici.

André Lefevere sviluppa il concetto di rewriting, ovvero l'adattamento di un'opera letteraria per un pubblico diverso
con l'intenzione di influenzare il modo in cui quel pubblico legge quell'opera.
I rewriters spingono una data letteratura in una determinata direzione creando immagini di uno scrittore, di
un'opera, di un periodo storico, le quali spesso hanno avuto un impatto maggiore e raggiunto un pubblico più
esteso delle originali.
Un cambio di paradigma è importante: se la critica letteraria rinunciasse a basarsi solo sulle opere writing-based,
diventerebbe capace di cogliere più precisamente le dinamiche intraletterarie.
Nel rewriting appaiono con più evidenza i limiti, i costraints di natura culturale, ideologica, politica etc.
Un esempio è il patronage, con cui si intendono i lettori di professione di indirizzare la scrittura e la riscrittura in una
determinata direzione, stabilendo un canone letterario.

La riscrittura è sia più che meno di tali generi, modi, forme: coincide con essi ma solo in parte, eppure li comprende
e contiene anche altro. È più e meno di una traduzione, di un montaggio di citazioni, di un'antologia etc.
Possiamo quindi pensare alla riscrittura come limes, ovvero come confine abitato di altri processi, generi, forme,
modi letterari.

Iniziamo con la traduzione: il Diario di Anne Frank.


In una versione tedesca pubblicata nel '47, la frase: "non esiste inimicizia più grande di quella tra i tedeschi e gli
ebrei" è stata cambiata leggermente in: "non esiste inimicizia più grande di quella tra questi tedeschi e gli ebrei".
Cambiando continente arriviamo in Africa, che ha donato il contenuto poetico per creare le antologie di poesia
africana, pubblicate tra il 1964 e il 1984, pensate prevalentemente per un pubblico occidentale.
Le antologie rivelano come la letteratura africana si costituisca come sistema e possa così permettersi persino di
raffigurarsi in forme parodiche.

La critica letteraria stessa può essere una forma di riscrittura, poiché può cambiare radicalmente il senso di un
testo.
Esiste anche l'editing, di cui possiamo citare il genere del centone, che consiste nella creazione di componimenti
attraverso la combinazione di citazioni tratte da poesie già esistenti. Non si possono mettere materiali propri se non
per appianare le discrepanze.

La traduzione può anche essere immaginaria, cioè bisogna immaginarsi un testo straniero inesistente e tradurlo.
La creazione in potenza di un originale fittizio è finalizzata al tentativo di riempire un vuoto nella propria lingua o
cultura prendendo spunto da una lingua o cultura straniera.
Questa forma non è solo traduzione ma anche riscrittura.

L'idea della superiorità dell'originale sulla traduzione è abbastanza recente, inesistente nel panorama medievale,
arrivato con l'invenzione della stampa tra la fine del XV secolo e l'inizio del XVI secolo.
Anche fattori politici hanno ''aiutato'' a svilupparla, dato che quest'idea coincide con l'inizio del colonialismo;
l'Europa: il Grande Originale.
In Brasile però, verso la fine degli anni '20, viene sviluppato un nuovo movimento letterario e artistico, quello dei
''cannibali''; lo scrittore cannibale fagocita i classici dell'Occidente, li assimila e li trasforma, assorbendone le forze,
per creare qualcosa di nuovo (non lontano dal principio dialogico alla base di ogni relazione intertestuale).

CAPITOLO 5 - La letteratura e le altre arti


La letteratura si nutre di un dialogo costante tra testi di diversa epoca e provenienza geografica e culturale.
Valicando i propri confini, la letteratura si pone da sempre in diaologo anche con le altre arti: la pittura, la musica,
il teatro, l'architettura, il cinema e la fotografia tessono con la letteratura una rete di citazioni, riprese,
rimodulazioni, influenze e prestiti difficile da districare quanto evidente se si guarda alla storia della letteratura e
delle altre arti con sguardo sincronico.
Sul piano dell'interpretazione critica e dell'analisi intersemiotica la questione si è rivelata piuttosto complessa, a
lungo viziata da preconcetti, presunte superiorità, soprattutto in senso ''letterariocentrico'', e da ingiustificati
complessi di inferiorità da parte delle altre arti. Per condurre in modo serio un paragone tra le arti bisognerebbe
pradoneggiare abilità il più trasversali possibili.
La letteratura e le altre arti hanno una lunga storia in comune; guardando la storia dell'estetica comparata, si
registra una sostanziale alternanza tra posizioni ''separatiste'' che supportano l'idea di un'unicità di ciascuna arte
e posizioni ''unitarie'', che privilegiano un'interpretazione in chiave sinestetica delle arti.
Tra le arti, in particolar modo tra la letteratura e arti figurative, c'è un rapporto di naturale familiarità assicurato
dal mito classico: secondo Plutarco, la pittura è poesia muta e la poesia è pittura parlante.

Il dialogo inter artes subì un arresto con il Laocoonte di Lessing; il testo poneva la relazione tra la letteratura e le
altre arti nei termini di una precisa delimitazione tra le due (pittura e poesia), dal quale emergeva una superiorià
della prima sulla seconda.
La netta contrapposizione operata da Lessing tra le due arti è stata confutata in tempi recenti: <<risulta difficile
separare spazio (pittura) e tempo (poesia), due categorie che si intrecciano strettamente>> (Fusillo).
Entrambi i linguaggi -figurativo e verbale- sono dotati di segni, simboli e capacità di rappresentazione dello spazio
e del tempo.

È l'800 che promuove la visione utopica dell'unità fra le arti; il Romanticismo fa della contaminazione tra i generi e
le arti una vera e propria categoria estetica.

Mentre la ricerca artistica si muoveva verso una direzione di convergenza tra le arti, la riflessione teorica
novecentesca non avrebbe cancellato facilmente le tracce di quella delimitazione di campo fatta da Lessing.
Curtius non avrebbe esitato a pronunciare giudizi apodittici sulla facilità della scienza delle immagini rispetto alla
complessità della scienza dei libri.
Aby Warburg rovescia le conclusioni del Laocoonte, e arriva a teorizzare le Pathosformeln, cioè quell'insieme di
miti, figure, simboli in cui si condensa la memoria culturale dell'Occidente e di cui resta traccia nelle immagini.
Nell'atlante Mnemosyne, Warburg applica lo studio delle costanti, inaugurando una nuova interazione tra parola
e immagine, fotografia e testo.
Mnemosyne è anche il titolo scelto da Mario Praz per il suo studio dedicato al parallelo tra letteratura e arti
visive; Praz tenta di sottrarre il discorso sulla relazione tra le arti dalla ricerca ossessiva di rapporti tematici o di
specifiche influenze di un artista su un altro e pone l'attenzione sui concetti di forma e funzione.
Si cerca di trovare le corrispondenze strutturali tra le varie espressioni artistiche, cioè tutti quei procedimenti di
un'arte che vengono importati da un'altra.

L'estetica comparata degli ultimi anni va però in tutt'altra direzione; si guarda negli ultimi deceni alla luce dei due
concetti chiave di ibridazione (tra i linguaggi e le forme) e di contaminazione.
L'opportunità di porre la letteratura all'interno di un processo più ampio e complesso, unita alla preoccupazione
di voler liberare il campo da quelle gerarchie tra ''arti ancelle' e ''arti egemoni'', si taducono nella necessità di
adottare una <<visione impura, da contrapporre al feticismo del testo che dominava, invece, nel periodo
strutturalista>> (Fusillo).
Tale approccio è debitore alla prospettiva dei visual studies, che pongono lo studio dei rapporti tra testo e
immagine, nello specchio di una realtà culturale profondamente cambiata. Oggi non si può parlare di letteratura e
arti visive senza considerare la funzione dello sguardo (come punto di vista) e del dispositivo (il media utilizzato).

Ogni linguaggio artistico ha stabilito nel corso della storia rapporti peculiari con la scrittura letteraria, facendo
emergere di volta in volta aspetti e problemi specifici.
Pittura, scultura e architettura rappresentano da sempre il terrerno limitrofo con il quale la letteratura si misura
dando vita a una dinamica di prestiti, confronti e rispecchiamenti.
Possiamo parlare di ekphrasis, la cui origine risiede nella poesia epica, che raggiunge una particolare densità nel
romanzo modernista, fino ad arrivare al piano metadiscorsivo della critica d'arte.
L'ekphrasis è importante perché rappresenta il fortunato incontro tra letteratura e arti figurative.
Un caso interessante è quello dei "talenti multipli" o doppi: Michelangelo era pittore, scultore, architetto e ottimo
autore di sonetti.
Se ogni ambito artistico ha un suo codice espressivo, il linguaggio (artistico) scelto dall'artista dovrebbe essere
una scelta voluta per attuare specifiche meccaniche, e non dovrebbe rappresentare un ostacolo.
Ci sono poi casi in cui, più che l'opera, è il suo creatore a trovarsi al centro di una dinamica di interazione tra
letteratura e arte; vediamo ad esempio la figura del dandy.

Non possiamo tralasciare quei casi in cui testo e immagine sono inscindibili perché, senza uno, ci sarebbe un
deficit di comprensione dell'opera. Ad esempio, gli iconotesti (fumetti) e gli iconismi (poesia viva): qui, testo e
immagine vivono simbioticamente.
Interessante -anche a livello teorico- è il rapporto tra letteratura e fotografia, poiché con il tramite della memoria
la fotografia intesse un profondo legame con la scrittura autobiografica e con i modi, estremamente vari e
sfaccettati, di rappresentazione del sé. La Narrative Art mira a catturare momenti apparentemente insignificanti
della quotidinatià che, in realtà, hanno un significato per qualcuno. (a me ricorda l'Ulisse di Joyce)
Il romanzo coglie la peculiarità dell'occhio fotografico, quella di soffermarsi su particolari tralasciati dall'occhio
umano e di modificare dunque la percezione stessa del reale.

La relazione che la letteratura intesse con la musica e con le arti dello spettacolo si pone sotto il segno della
transcodificazione, dell'adattamento e della riscrittura.
L'opera musicale, la danza, il teatro e il cinema traghettano e veicolano materiale attinto da quell'enorme
serbatoio di temi, trame e personaggi che è la letteratura.
Questa migrazione avviene prima di tutto sul piano contenutistico e consiste nella riscrittura di un mito o nella
reinterpretazione di un tema o di un motivo.
Significativo è anche il percorso opposto, cioè quando delle tecniche di altre arti migrano nella letteratura, in
particolar modo con la musica.
Luciano Berio suggerisce come la relazione tra testo letterario e musicale vada intesa nei termini di una
traduzione agonistica in cui, per sfuggire al pericolo di fungere da mero pretesto, il testo letterario deve lasciarsi
modificare dalla musica.
La prospettiva più interessante è allora quella di non voler trovare a tutti i costi forzate analogie tra i due
linguaggi.
Il melodramma merita un'attenzione specifica, perché deve tener conto di una molteplice sovrapposizione di
piani: il testo letterario e la partitura musicale ma anche la scenografia e la performance recitativa e vocale dei
cantanti-attori.
Il melodramma mette in atto un'estrema semplificazione della materia narrativa e psicologica, dall'alto tasso
simbolico e di immediata potenza espressiva. Compito del libretto d'opera è quello di amplificare, affidandosi a
un linguaggio delberatamente enfatico e iperbolico, attuando un meccanismo di tensione tra gli opposti; i
personaggi, in pratica, sono ben definiti e riconoscibili, ma privati di profondità.

Nel dramma wagneriano, parola e musica sono unite da un rapporto profondo e ambiguo: sono inscindibili, ma
non sono neanche sovrapponibili e concordi. Lo strumento di cui Wagner si serve è la tecnica del Leitmotiv:
Wagner mette a punto un metodo di ripetizione di <<unità semplici, di grande affetto>> che si pongano in termini
di ricordo o presagio e stabiliscano con lo spettatore un canale di comunicazione parallelo a quello affidato al
gesto e alla voce, che anticipa il ruolo che la colonna sonora avrà nel cinema.
Per la sua capacità di rafforzare la struttura dell'opera e di stabilire con il fruitore un canale di comunicazione
implicito ed efficace, la tecnica del Leitmotiv rivela la propria efficacia anche in campo letterario.
Un esempio significativo è il Leitmotiv manniano delle ombre azzurrine attorno agli occhi che definisce con rapido
tratto quei personaggi femminiloi dotati di una bellezza enigmatica e un po' malata unita a una spiccata sensibilità
artistica.

Più complesso è ricostruire i profondi rapporti tra letteratura e teatro, e questa complessità nasce dal fatto che il
teatro si colloca per dioversi secoli in perfetta continuità con il discorso letterario, finendo per essere catalogato
al suo interno come genere e venendo in questo modo in un certo senso privato di una propria autonomia
artistica.
Superando la dicotomia tra il testo e la scena, una prospettiva più interessante attraverso cui guardare oggi al
rapporto tra teatro e letteratura appare piuttosto quella dei performance studies.

È però soprattuto con il cinema che la letteratura ha intrattenuto, nell'ultimo secolo, il rapporto più intimo e
significativo. Nel narrare una storia, i due linguaggi ricorrono a strategie comuni tanto nell'organizzazione delle
sequenze narrative (flashback, fabula) quanto nei meccanismi messi in atto per dosare la tensione del plot
creando effetti di sorpresa e di suspense, tipo come nel cliffhanger.
La letteratura funge da bacino di temi e trame da cui il cinema può prendere e rielaborare potenzialmente
all'infinito tramite i remake.
Ma anche la letteratura si appropria delle tecniche del cinema: un caso interessante è quello delle continue
allusioni e citazioni nel romanzo postmoderno a tecniche di inquadratura cinematografica a cui, fingendo di porsi
dietro alla macchina da presa, lo scrittore ricorre per asumere, nella narrazione, pov insoliti.
Un'altra delle sfide degli ultimi anni è anche quella di svuotare definitivamente di senso il criterio della fedeltà
all'originale che ha dominato per anni il dibattito attorno alla diffusissima pratica dell'adattamento in un'altra
forma o linguaggio artistico. La teoria degli adattamenti odierna parte dal presupposto che ogni opera vada
considerata come nuova.

Italo Calvino includeva tra i <<valori da salvare>>, o meglio tra le <<specificitià della letteratura>>, la visibilità,
intesa come <<il potere di mettere a fuoco visioni a occhi chiusi, di far scaturire colori e forme dall'allineamento di
caratteri alfabetici neri su pagina bianca, di pensare per immagini>>.
Pensare per immagini, tradurre le immagini in parole, interpretare i segni grafici impressi sulla pagina sono le tre
fasi fondamentali in cui si articola l'affascinante meccanismo di creazione e fruizione di un'opera letteraria.
Dentro di noi è in funzione un <<cinema mentale>>, ovvero immagini tratte dalla fantasia, dalla realtà o dalla
pagina scritta e ri-create in modo del tutto soggettivo.
Vi sono però casi in cui la dialettica tra reale e immaginare si arricchisce di un ulteriore passaggio; questo accade
quando la visione che mette in moto il processo di creazione dell'opera deriva a sua volta da immagini reali: è
l'operazione di <<iconologia fantastica>>, ma è anche ciò che avviene, più in generale, nell'ekphrasis.
Un esempio limite di come le immagini generate dalla fantasia dell'autore e poi descritte ed evocate dalla parola
scritta possano concretizzarsi è rappresentato dal Museo dell'innocenza di Orhan Pamuk.
Il museo raccoglie uno straordinario numero di oggetti domestici originali degli anni Settanta o fatti ricostruire
dallo scrittore per poter ricreare l'atmosfera dell'epoca in cui il romanzo si svolge.
Il museo di Pamuk offre anche la possibilità di verificare quel rapporto tra ispirazione letteraria e "visione".
La modalità di relazione più consolidata e frequente tra letteratura e arti visive è senz'altro quella della
descrizione di opere d'arte, nota con il nome greco di ekphrasis; i più recenti studi vanno tutti nella direzione di
una troppo netta dicotomia tra narrazione e descrizione e del superamento di una visione gerarchica del
momento descrittivo come subordinato all'azione narrativa.
Una nuova concezione di ekphrasis, che ponga l'attenzione sulla sua potenza icastica e sulla capacità di inserirsi
nel ritmo della narrazione, chiama inevitabilmente in causa il piano della ricezione e del "patto" con il lettore.
Sarebbe necessario e produttivo leggere anche la tecnica dell'ekphrasis come strumento utile a catturare,
sollecitare o mantenere viva l'attenzione del lettore-spettatore.
Un esempio di come l'ekphrasis possa svolgere un ruolo centrale all'interno della narrazione è dato dai casi in cui
la descrizione dell'opera d'arte è collocata in luoghi significativi e strategici com l'incipit dell'opera; l'ekphrasis
assume in questi casi il compito di fare breccia nell'attenzione del lettore preparando la sua entrata nella storia e
costringendolo, il più delle volte, a rimodulare il proprio orizzonte di attesa. Il romanzo postmoderno si serve di
questo strumento di spaesamento con particolare consapevolezza e ironia.
Ad esempio: l'incipit del Vangelo secondo Gesù Cristo di Saramago, nel quale il ricorso a un'incisione di Durer
raffigurante la Crocifissione assume la funzione di filtro attraverso cui guardare vicende arcinote da una
prospettiva completamente rovesciata. Colpisce innanzitutto, dell'incipit di Saramago, l'abilità nel tenere il lettore
in uno stato di sospensione.
Il successivo riferimento esplicito all'arte dell'incisione non risolve però il dubbio del lettore allo statuto di realtà
dell'immagine descritta: l'ambiguità tra ekphrasis nozionale e mimetica verrà sciolta soltanto fuori i confini
dell'opera quando, nel corso di un'intervista, Saramago svelerà l'autore e il titolo dell'incisione ricreata nelle
parole del prologo.
La scelta di un'incisione, peraltro tra le meno note, colpisce innanzitutto per il soggetto rappresentato: in modo
diametralmente opposto a quello che accadeva nei vangeli canonici, il racconto prende le mosse dalla morte di
Cristo. Una delle particolarità dell'incisione è la compresenza sulla scena di elementi risalenti a epoche diverse,
che farebbe pensare quasi ad un'operazione di montaggio tra immagini diverse.
Il modo in cui Saramago interpreta l'incisione di Durer diventa così la spia per comprendere l'atteggiamento
stesso con cui l'autore si appresta a riscrivere il Vangelo: non una mera descrizione la sua, ma un'interpretazione
libera e personale.

L'ultimo esempio di ekphrasis che mi sento di fare è legato alla musica: Doktor Faust di Thomas Mann.
Qui, il protagonista, descrive delle opere musicali inesistenti in modo molto dettagliato.

CAPITOLO 6 - Oriente/Occidente

L'allargamento più significativo della comparatistica contemporanea è il confronto sistematico fra le


letteratura orientali e quelle occidentali: gli East and West studies.
Il problema di un ascolto attento dell'alltro è centrale. Nel suo Death of a Discipline, G. Ch. Spivak, propugna
una nuova comparatistica, che dovrebbe nascere dalle ceneri di quella eurocentrica, e che dovrebbe evitare la
superficialità degli studi di area, proprio grazie alla sua attenzione allo studio dei testi nella lingua originale.
Per chi studia letteratura comparate l'indagine su queste relazioni è particolarmente feconda perché rivela il
carattere di costruzione e "rappresentazione" insito in ogni letteratura nazionale o areale.
Goethe mette in relazione il rapporto tra Occidente e Oriente con una visione del mondo inteso come sistema
di relazioni non solo letterarie (Weltliteratur), ma anche politiche, economiche e culturali; una visione del
mondo sincronica (tutto ciò che vive nello stesso momento) e diacronica (mantenendo la memoria di ciò che è
già stato).

Weltgeschichte, Weltliteratur: due termini importanti che irradiano una forza tale da illuminare la posizione
dello studioso di letteratura nella patria filologica, ma anche politica e culturale.

Weltgeschichte: Jacob Burckhardt scriveva nel 1870 le sue Considerazioni sulla storia universale. Egli intendeva
per Weltgeschichte qualcosa che noi facilmente tradurremmo e traduciamo come "storia universale".
A questo tramonto dell'Abendland, dell'Occidente, Auerbach reagì con un grande libro: Mimesis. Il realismo
nella letteratura occidentale; un libro sull'uomo, sula realtà come luogo di autoconoscenza che gli consentì di
acquisire in Oriente, presso l'università di Istanbul, un punto privilegiato di osservazione dell'Occidente.
La Weltgeschichte è coniata e percepita nella sua pienezza semantica come universale; Weltliteratur sarebbe
opportuno tradurla come "letteratura-mondo".
"Mondo" è un'intraducibile per eccellenza, in quanto <<mostra il suo stretto legame concettuale con le nozioni
di tempo proprie della tradizione biblica e della tradizione illuministica>> implica concezioni ora estetiche, ora
regolate da un nomos, ora metafisiche e comunque sempre universalistiche.

Lo storico francese Fernand Braudel può essere interessante nei nostri ragionamenti, poiché può arrivare
all'éeconomie-monde: è un oggetto di studio, un fenomeno economico che occupa solo una porzione del
mondo. Non è dunque estensibile a tutto il mondo, ma ne costituisce uno a sé.
La letteratura-mondo è a sua volta fatta di <<opere-mondo>>, che per sua natura è tesa nell'aporia di un
sistema di opere insieme aperto e chiuso, e questa sua caratteristica emerge con particolare evidenza nella
prospettiva occidentale-orientale.
La definizione letteratura-mondo presuppone l'esistenza di un Ganzes (un tutto organico) in cui ogni parte è
riconducibile a un tutto.
L'aspiraziopne del comparatista in un certo senso è già tutta nella pretesa di Faust, di scoprire cosa tiene
insieme il mondo nel suo intimo.

Per Auerbach forse era ancora l'umano il verso geist della weltliteratur.
Edward Said, con il suo Orientalism, ha messo a fuoco una volta per tutte <<l'immagine europea dell'Oriente>>
che implica un'immagine di sé dell'Occidente inteso come declinazione dell'identità europea; egli mostra come
a una visione articolata e complessa dell'Occidente corrisponda un'immagina di un luogo chiamato Islam,
Oriente etc.; e dunque inserito in "contenitori" geoculturali, caratterizzati ora da elementi d'irrazionalismo, ora
da violenza, ora da poteri seduttivi, o invece distruttivi.
L'orientamento delle prospettive cambia costantemente. Più che di mondo si potrebbe parlare di
heterocosmos ("mondi alternativi, a tutti accessibili").

Per farci un'idea di Oriente e Occidente dobbiamo intenderci su che cosa sia il mondo di cui parliamo. Non solo
di cui parla la letteratura, ma anche in cui la letteratura nasce e si radica.
Il termine <<Weltliteratur>> è ambiguo: talora indica il crescente scambio culturale fra i popoli, talvolta
designa opere poetiche il cui spirito abbraccia problemi e motivi d'ampiezza cosmopolita e, più spesso, si
riferisce a una rete di rapporti internazionali che non riguarda tanto la letteratura, quanto altre sfere
dell'attività umana; questo termine indica, anche e soprattutto, quelle trasformazioni delle strutture sociali in
cui è connesso il carattere universale della nuova letteratura che sta formandosi.

Il nesso tra weltliteratur, weltgeschichte, weltmarket comune alle loro weltanschauugen è l'assunto che il
mondo si ricomponga in centro e periferia.
Nel '900 non vengono abbandonate le dicotomie ottocentesche, sarà infatti difficile separare in zone coerenti
e localizzabili i "centri" e le "periferie".
Facendo riferimento all'idea di tout-monde di édouard Glissant, Emily Apter formula una serie di problemi
intorno alla nuova World Literature francofona.
L'esempio degli studi sulla francofonia inseriti in più vasta scala, perdendo il centro irradiante della <<regola
parigina>>, conduce a un sistema di relazioni in cui cadono le dicotomie centro/periferia, noi/loro, di
casa/esotico.
Chi dice ''mondo'' dice dunque cose diverse se il suo setting è situato nel XIX secolo, nel XX secolo prima o
dopo la cesura bellica.

Possiamo cogliere le opportunità offerte da una comparatistica relazionale oltre le limitazioni della
comparazione basata su somiglianze e differenze.
Una <<integrative world history and world literature>> consente di decentrare e spostare continuamente gli
assi e i punti cardinali, in un sistema mondiale policentrico, secondo prospettive sorprendenti.

Per quanto riguarda la tradizione più antica della Weltliteratur, nel rapporto tra Occidente e Oriente,
l'onnipresente Goethe aveva già in mente un modello relazionale basato sulle seguenti quattro domande:

• In che misura i frutti del nostro sapere sono appetibili per gli altri;
• In che misura essi si appropriano ai risultati di essa;
• In che misura essi usano le nostre forme estetiche;
• In che misura essi riutilizzano come tema ciò cui noi abbiamo già dato forma.

Goethe propone un modello relazionale ancora eurocentrico. Il senso procede: da noi agli altri.
Esiste un'eccezione a questo suo eurocentrismo, ovvero nel suo rapporto con il suo Oriente.
L'adozione del ghazal avviene attraverso il dialogare di Goethe con un poeta niente affatto contemporaneo,
Hafez, considerato il centro di gravità del canone persiano.
Hafez era parte della letteratura contemporanea del 1812-1813 è la prima edizione completa del Divan di
Hafez.
Hammer si presentava come Dolmetscher: non traduttore ma interprete; colui che introduce un ideale
viaggiatore culturale occidentale come ospite nell'altrove. Nel caso di Hammer, la mediazione della traduzione
è molto più importante di quanto possa apparire nel titolo. Lo stesso traduttore cita i testi ottomani su cui ha b
asato la propria traduzione, oltre che l'"originale" persiano; dichiara di essere passato sulle orme di Sudi, il
commentatore bosniaco-ottomano; i versi li commenta verso per verso in turco, infine li traduce in turco.

L'ibridismo della b ase d'ispirazione hammeriana diventa per Goethe, dieci anni dopo la redazione del Divan,
un modello di scambio weltliterarisch.
Durante la prima traduzione di Hafez, la sensazione immediata che pervase Goethe fu una forma acuta di
<<anxiety of influence>>. Goethe intende questa impresa come un vero e proprio dialogo con Hafez; è Goethe
a cogliere prima e meglio dei filologi e dei poeti del suo tempo quello che lui chiama <<il metodo>> di Hafez.
L'insistenza di Goethe sulla necessità di una letteratura integrale gli permise di apprezzarlo.
Egli, attraverso il Ghazal, dialoga con un poeta che chiama gemello facendolo entrare nella sua Weltliteratur;
per Goethe, la contemporaneità di un'opera non è temporale, ma è relativa a come si inserisce nel presente.

Il tema della translatio studii è una pietra miliare del pensiero medievale, nel suo sforzo di mostrare come il
sapere si fosse ricollocato, déplacé dalla Grecia a Roma, e poi al mondo cristiano.
L'aspetto più interessante di questo déplacement è il fatto che a partire dal XII secolo il discorso sulla translatio
studii passò sotto l'egemonio dell'università di Parigi. Il trasferimento di sapere mondano e profano emerge
presto come fatto politico di egemonia in un contesto culturale all'alba delle nazioni.
Il latino diventa una lingua sacra legittimata ed è primaria nel trasferimento della parola sacra, ma non del
sapere scientifico, affidato al greco e all'arabo.
Non esiste né una fonte originaria del sapere né un'unica direzione di esso; i tranlation studies possono
lavorare come un campo in cui rinegoziare mappe e rotte egemoniche del sapere e del potere.

La Terra, rispetto al mondo, è luogo di molti mondi. Interessante è la nuova collocazione degli East-West
studies nelle università americane; Emily Apter mostra come un problema teorico possa nascere da una
circostanza concreta.
Le conseguenze metodologiche di questa osservazione sono rilevanti. A cominciare dalla questione della
"vicinanza" o "distanza" dai testi apertasi negli USA e in Europa intorno agli studi di Moretti sulla <<letteratura
vista da lontano>>
Due diverse opere sono implicite:

• Qualcosa che possiamo chiamare traduzione primaria, ovvero la traduzione vera e propria, in presa
diretta sul testo, da una lingua in un'altra;
• Un'altra attività che potremmo chiamare traduzione secondaria: l'sservazione della traduzione letteraria,
del transfer, delle sue energie.

In entrambi i casi si tratta di una comparatistica basata sulla filologia. Si tratta di passare a una letteratura dei
mondi e delle lingue.
Lo spazio di traduzione è spazio di tensione interpretativa e metodologica. Si aprirà ai diversi studiosi che
insieme metteranno mano a studi occidentali-orientali, ciascuno con le proprie competenze.

Said individua tre categorie di orientalisti occidentali:

1. Il filologo che si occupa della cultura orientale dal punto di vista scientifico;
2. Il saggista, o filosofo, che incorpora il sapere orientale in percorsi propri;
3. Il poeta, i cui viaggi immaginari o reali costituiscono materia di ispirazione e creazione autonoma.

Un filo di continuità li lega tutti: il circuito ermeneutico che abbraccia il lavoro dei traduttori, l'immaginario dei
filosofi e dei poeti, per tornare ai traduttori stessi.

I primi incontri della cultura tedesca con il buddhismo avvengono attraverso la mediazione della corona di
Russia. Caterina II di Russia aveva invitato gruppi di coloni tedeschi a stabilirsi nelle regioni fertili, ma quasi
spopolate, del medio e basso Volga, che confinavano con zone abitate dai kalmuki buddhisti.
Le loro impressioni sulla cultura buddhista sono molto positive.
Compone già un elemento che si troverà nel filosofo Schopnhauer e nel traduttore Karl Eugen Neumann: la
ricerca di una continuità, di un'analogia tra pensiero orientale e occidentale, il riportare a "noi" ciò che è
"loro": <<trovano molto bello il Vangelo perché contiene gli stessi insegnamenti delle loro scritture>>.
Emerge un altro topos: il parallelo tra la morte di Gesù e la morte di Saschamuni.
La missione fra i kalmuki aprì la strada a un importante studioso: Isaac Jacob Schmidt, il cui lavoro costituisce
la base scientifica di un istituto di ricerca sul buddhismo che restò a lungo punto di riferimento in Occidente.
Tra i suoi lettori va annoverato Schopenhauer, il quale descriveva l'uomo come un essere che attraverso la
prorpria volontà crea una rappresentazione del mondo.
Poiché la volonta è determinata dall'egoismo e dall'istinto di sopravvivenza, inevitabilmente la vita prevede
molto dolore; l'uomo si può sottrarre al dolore solo se impara a praticare una profonda compassine rispetto a
tutto ciò che la vità comporta. La volontà raggiunge la quiete attraverso l' "immersione nell'arte".

Nel 1854, Schopenhauer rileva progressiva decadenza del cristianesimo e prevede il propagarsi della saggezza
indiana in Europa.
Ritorna spesso il parallelo tra Buddha, Francesco d'Assisi e i mistici tedeschi.
Egli considera il Buddhismo come una variante più pura di ciò che sarebbe stato presente ma contaminato nel
cristianesimo.
La sapienza degli scritti buddhisti a differenza del cristianesimo non è contaminata <<da un elemento a lei del
tutto estraneo, come appunt la dottrina della fede giudaica>>.
A questa impropria commistione sarebbero dovute la decadenza e la disgregazione del cristianesimo
contemporaneo.
La lettura schopenhaureiana del buddhismo, per quanto precoce, non è esente da deformazioni.
Il Nirvana viene interpretato negativamente; dire che il Nirvana è il nulla significa dunque ammettere che il
Samsara non possiede alcun elemento che possa contribuire alla costituzione del Nirvana. La differenza
fondamentale tra le religioni sarà se esse siano ottimiste o pessimiste.
Tra il Nirvana e il Samsara andrebbe individuato un rapporto profondo: la stessa base, e il fatto che
abandonare il dolore e il mondo produce piacere.

Di contro, la poesia e la poetica di Rilke partecipa del Nirvana come pienezza, tutt'altro che nichilistica.
Gli anni attorno alla morte di Schopen furono caratterizzati da una crescita esponenziale degli studi sul
buddhismo.

A Vienna si forma il più importante tra i pionieri della traduzione del canone pali: Karl Eugen Neumann.
Sulla scia di Schopen, Neumann intende il buddhismo come una forma di religiosità più pura e più astratta,
come una manifestazione del pensiero mistico da accostare alla mistica tedesca medievale.
Neumann arriva a identificare profondamente la stessa figura di Schopen con quella di Buddha, quasi a
dichiararlo un nuovo Buddha.
Nonostante le severe critiche di alcuni indologi, Neumann continuò a rappresentare per il pubblico dei lettori
colti un punto di riferimento. Attraverso le sue versioni si avvicinarono al buddhismo Rilke, Hugo von
Hofmannsthal e Carl Gustav Jung.
Reinhard Piper diventa l'editore di Neumann, ed entrò egli stesso in contatto con l'insegnamento di Buddha
attraverso la personale frequentazione di Schopen.
Il passaggio alla casa editrice significò un immediato incremento di lettori.
Dal primo all'ultimo volume delle Reden notiamo come Neumann si mostri sempre più consapevole
dell'importanza della lingua per spiegare anche gli aspetti dell'interpretazione.

Lettori di Neumann furono Rilke e Hesse:

RILKE HESSE
1. Estetico: Buddha come opera d'arte; 1. Etico: Buddha come exemplum;
2. Poetica dedicata al Buddha sugli ultimi giorni, sul 2. Poesia dedicata al Buddha nella sua dimensione
silenzio, sui suoni del gong; etica;

Il lavoro di una vita sarà per Rilke dare Herman Hesse va davvero in Oriente, per lui è
un'architettura a un soggetto in crisi che si trova a centrale l'esperienza del buddhismo. La delusione
dover navigare in uno spazio dinamico, analogo a lo assale, a causa della distanza tra ideale e reale.
quello che negli stessi anni in cui Rilke scriveva si Ripensa alla propria pratica di Buddhismo, che
andava aprendo alla conoscenza scientifica e aveva inteso fin'ora come fuga dall'Europa. Dagli
filosofica. anni '20 in poi tenta l'innesto del buddhismo nel
qui e ora.
Il soggetto torna ad "essere" senza perdersi Tutta la sua energia sarà impegnata a cercare una
nell'unica dimensione del divenire, ritrovando una costante, un ponte tra Oriente e Occidente.
nuova architettura musicale; Cerca di vivere in un mondo spirituale in cui
Europa e Asia, Veda e Bibbia, Buddha e Goethe
Delle molteplici figure del divino paramitico che abiano ugualmente parte.
attraversano la poesia rilkiana almeno due hanno un Ovunque vede solo idolatria: osserva l'aspetto
legame originario con la musica intesa come ritmo. miserabile dei sacerdoti e lo scadimento di una
religione <<così leggera ed essenziale>>, in <<una
La serie delle poesie dedicate al Buddha riproduce vera e propria rarità idolatrica>>.
una progressiva fenomenologia della percezione.
Dall'oggetto-statua che porta compiegato in sé il Hesse insiste sulla Vita, intesa come Opera e Via.
respiro del mondo e dell'io, fino al suono del
silenzio, misura dello spazio nuovo del Rilke
estremo: il gong.

Buddha è l'energia, la pienezza, la comunicazione


tra interno ed esterno.

La genesi delle poesie dedicate al Buddha è di


origine plastica.

In recenti sviluppi della letteratura, si può forse osservare un secondo aspetto della translatio studii, più
contemporaneo.
Riguarda le istanze autoreferenziale e nazionalistiche della Cina che si avvia a scoprire la propria identità dove
le caratteristiche nazionali sembrano riconosciute come termine per interpretare topoi e sentimenti.
Comparare, per gli studi di CompLit cinese, significa riconoscere le caratteristiche di ciò che è cinese da ciò che
è estraneo.
Si accetta, dell'estraneo, solo ciò che può aiutare a distillare gli elementi immutabili dell'identità cinese.
Ancora più eloquente il caso di come venga messa in crisi la cosiddetta Eurochronology.
Se si limita il campo d'indagine agli anni Trenta in Europa il Modernismo orientale figura solo marginalmente,
ma se si estende l'osservazione alla globalità, il Modernismo diventa fenomeno centrale in Cina per tutti i
passaggi tra modernità e modernizzazione, nazionalismo e occidentalizzazione.

Le discrepanze temporali avviano una riconversione delle categorie e dei paradigmi tradizionali della teoria
letteraria: non sarà più possibile rubricare le letterature non europee sotto etichette generiche com Islam o
Asia.
Sarà necessario andare oltre la trappola dell'afro- o asiacentrismo contrapposta al vecchio eurocentrismo.
Una scrittrice plurilingue come Yoko Tawada, che scrive in tedesco e in giapponese, talvolta in inglese, vive in
Germania e pubblica diverse versioni dei suoi testi, autotraducendosi o autorizzando traduzioni, producendo
testi ibridi, a quale emisfero geoletterario e culturale potremo ascriverla?

Come accade nella traduzione degli studi, reimpiantarsi delle tradizioni critiche genera nuove prospettive per
rileggere il presente, ma anche il passato del sistema globale.

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