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LEZIONE DI LETTERATURA ITALIANA CONTEMPORANEA 07/03/2023

File Calvino “3 correnti del Romanzo italiano”

La prova di valutazione finale consisterà in tre tesine, tre elaborati, distribuite in tre consegne man mano o
altrimenti vanno prodotte tutte alla fine, a ridosso delle date d’esame.

Da questa lezione in poi prenderà le firme e per coloro che seguiranno almeno il 75% avranno una
maggiorazione del voto finale.

La scorsa lezione abbiamo introdotto il neorealismo, cercando anche di capire le difficoltà riguardanti la
periodizzazione e abbiamo parlato del neorealismo in Italia leggendo parte della prefazione di Calvino in
“sentieri dei nidi di ragno” del 1964.

Oggi si continua con Calvino che in quanto a periodizzazioni ha scritto tanto e ha scritto dall’interno, come
espressione di quella generazione. La prefazione si chiudeva dicendo “il neorealismo potrebbe essere dal
mio sentiero dei nidi di ragno a una questione privata di Fenoglio” facendo capire quanto è estesa questa
etichetta, attenendoci al ’63 che è sia la data della morte di Fenoglio che la data della fondazione
dell’avanguardia del famoso Gruppo 63, dove entra in scena tutto un dibattito sulla morte del romanzo,
della trama e formalismo, significante. Un rovesciamento ai fatti e la cronaca che aveva caratterizzato il
neorealismo.

Torniamo a Calvino con questo testo del 1959 presentato alla Columbia University. Calvino dà ai lettori una
sorta di panoramica dello stato della letteratura negli anni ’60, facendo un passo indietro specificando
quello che ha rappresentato l’esperienza del neorealismo (per la generazione degli anni ’20) e
dell’ermetismo, corrente poetica che caratterizza soprattutto l’Italia nel ventennio fascista e che era stata in
qualche modo inquadrata dalla storiografia letteraria e dal dibattito degli anni ‘40-‘50 come quella corrente
letteraria convivente col fascismo perché i poeti non avevano mostrato dissenso verso il regime. In qualche
modo l’interpretazione degli anni ’50-‘60 dell’ermetismo fa capo all’idea che nel regime questi poeti si
esprimevano con una poesia oscura (es. “Oboe sommerso” di Quasimodo), senza contatto con la storia, con
la realtà. Una poesia che gioca molto sulla realtà musicale della parola poetica ma poi non è radicata nella
storia. Il neorealismo tendeva a condannare questa esperienza verso chi si impegnò nel periodo della
guerra.

Calvino in questo testo degli anni ’60, precedente alla prefazione, ci dice “il neorealismo si può dire che è
uno dei rari movimenti italiani di cui il pubblico internazionale ha avuto cognizione e possiamo prendere le
mosse da esso per il nostro esame.” Uno dei problemi della letteratura italiana fino al secondo ‘900 è stato
proprio quello di avere piena consapevolezza che si aveva poca aderenza di ciò che accadeva oltre i confini
nazionali. Non c’era apertura per ciò che succedeva in Europa e in America. Sempre presente questo
ragionamento tra la letteratura italiana e la letteratura nel mondo. Con il neorealismo ci hanno visto a livello
internazionale. È stato uno dei pochi movimenti che ha avuto risonanza a livello internazionale. “È questo
anche un inizio autobiografico, perché appunto in quell’atmosfera che ho mosso i miei primi passi e ogni mio
discorso deve rifarsi a quel punto di partenza. Deve rifarsi soprattutto alla presenza attiva negli anni ’40 di
due scrittori: Cesare Pavese ed Elio Vittorini. Parlare di neorealismo a proposito dell’uno e dell’altro è
improprio: Cesare Pavese negli ultimi anni finì per accettare quella definizione, Elio Vittorini la usò sempre
solo in senso negativo.” Difficoltà a rientrare sotto questa etichetta che, come tutte le etichette, tende a
limitare, non far emergere l’originalità espressiva dei singoli. “Il mio punto di partenza è quindi non una
scuola ma un’epoca e un clima, e l’ascendente che su me e molti giovani della mia generazione ebbero
questi due scrittori molto diversi fra loro ma che avevano in comune alcune scelte fondamentali di stile e di
contenuto e in primo luogo proprio l’interesse per la letteratura americana.” Stile, contenuto, influenza della
letteratura americana. L’influenza degli scrittori nord-americani, esempio Hemingway, e le loro traduzioni,
porta a tradurre per rinnovare il romanzo, quindi lo stile, il ritmo della narrazione. “ La definizione più chiara
di quel clima letterario posso dunque darvela cercando di definire cosa l’America- di Melville, Hawthorne,
Whitman, Twain, Anderson, Hemingway,- significava per loro, e per noi più giovani che leggevamo le loro
traduzioni e i loro saggi critici.

Per Pavese l’America era il paese che aveva fondato una letteratura legata al fare degli uomini, alla pesca
delle balene o ai campi di granoturco o alle città industriali, creando miti nuovi della vita moderna che
avevano la forza di simboli primordiali della coscienza, creando dalla lingua parlata un nuovo linguaggio
poetico tutto cose.” Da questi modelli Pavese riprende la capacità di rinnovare una certa mitologia del
moderno, della città (urbanizzazione) e provincia (americana). Il parlato è importante, forte attenzione.
Quando si rappresenta un mondo la cosa più difficile è la lingua: in che lingua scrivo? Il realismo opta
inevitabilmente per una lingua che possa rispecchiare le intenzioni, non essenzialmente mimetica ma che
deve ricreare quello spirito proprio dei personaggi. Operazione che si ritrova negli scrittori americani, con le
sequenze dialogate, il mettere in campo l’attitudine al parlato. “Per Vittorini la letteratura americana era
una sterminata riserva di vitalità naturale, un ideale campo di battaglia per la lotta tra le nuove invenzioni
stilistiche e le tradizioni accademiche, tra la sincerità delle passioni, della fatica, del furore e il peso delle
ipocrisie e delle morali consacrate. Per l’uno e per l’altro, la letteratura americana, così lontana dalla nostra
tradizione, era un termine di confronto che ci permetteva di riaccostarci alla nostra tradizione con spirito
nuovo: e con occhi diversi rileggevamo Giovanni Verga” spiega in maniera più articolata “I motivi politici
negli ultimi anni del fascismo si intrecciarono ai motivi letterari: l’America, il sogno americano, era una
gigantesca allegoria della libertà, indipendenza dai problemi nostri, di noi italiani d’allora, del nostro male e
del nostro bene, del nostro conservatorismo e del nostro bisogno di ribellione, del nostro Sud e del nostro
Nord. America allegoria della libertà, sogno americano. “A quest’immagine dell’America ci sentiamo legati
noi più giovani che iniziammo la nostra formazione letteraria negli ultimi anni del fascismo in opposizione
con l’atmosfera ufficiale. Crescevamo in anni di tragedia ed era naturale che la nostra passione per la
letteratura diventasse una cosa sola con la nostra passione per le sorti del mondo. Ma che letteratura e
politica non dovessero confondersi, questo è stato sempre per noi altrettanto chiaro, cercavamo delle
immagini del mondo, cercavamo qualcosa che nel mondo delle parole e delle immagini valesse la forza e la
tragicità del nostro tempo. La mia analisi sarebbe parziale se non dicessi che la nostra generazione ha tratto
la sua lezione anche da quel periodo della letteratura italiana noto con il nome di ermetismo”, separazione
netta tra politica e letteratura “non per nulla il poeta della nostra giovinezza è stato Eugenio Montale”
dialogo che ciascun intellettuale ha con l’identità immediata passata.

“ e non è un’eredità da poco: essi ci hanno insegnato in ogni cosa a tenerci all’osso, ci hanno insegnato che
ciò di cui possiamo esser sicuri è pochissimo e va sofferto fino in fondo dentro di noi: una lezione di
stoicismo.” ”con questo scarno bagaglio di valori da salvare dalla nostra tradizione, ci buttavamo con
impazienza nel crogiuolo della letteratura del secolo e il nostro ideale era una letteratura saldata con la
civiltà produttiva che portasse una forte carica fantastica, morale, mitica direttamene nelle parole, gesti
della vita moderna.” La letteratura del modernismo europeo, letteratura americana e una letteratura calata
nella modernità, è una letteratura con una forte carica morale, con un messaggio di responsabilità verso il
lettore e un bagaglio imperativo emotivo degli intellettuali di quella generazione.

Si va a parlare quindi di aspetto politico, ideologie e quindi di Gobetti e Gramsci con l’esperienza delle
letture “quaderni dal carcere” in cui dice che la letteratura italiana non è destinata al basso pubblico ma
solo all’alto. C’è poi l’aspetto del necessario impegno pedagogico e l’intellettuale per essere moderno nel
proprio corpo deve farsi carico di questo messaggio, stesso bagaglio di Pasolini “resistenza vittoriosa lotta
popolare contro il fascismo”. Nella ricostruzione, in quel momento storico, il popolo usa le armi verso il
nemico. Popolo e borghesi si uniscono, un qualcosa di rarissimo nella storia italiana, caratterizza l’esistenza.
Nel ’46 a Napoli si voterà il re, la monarchia, lontano dalla borghesia. Come possono i borghesi
educare/convincere il popolo alla democrazia? Aumenta così il risalto tra Nord e Sud con questa scelta.
“Fu un periodo crudo e miracoloso, un risveglio unico nella nostra storia, che neanche durante il
Risorgimento aveva conosciuto una così generale partecipazione del popolo, talli esempi di abnegazione e
coraggio, tanto fervore di rinnovamento della cultura. La Resistenza fece credere possibile una letteratura
come epica, carica di un’energia che fosse insieme razionale e vitale, sociale ed esistenziale, collettiva e
autobiografica. Quella sorta di tensione mitica che anima le opere di Pavese e di Vittorini è il frutto più
prezioso e irripetibile di quel clima/ bisogna dire che in questo clima, le poche voci dei veri scrittori furono
soverchiate da una fumana di libri grezzi, voci anonime, testimonianze sulle esperienze più crude, di tentativi
letterari, una retorica che si sovrapponeva alla realtà.” Il periodo del neorealismo, proliferazione di testi
anche da non scrittori, esempio le memorie, celebrazioni dei caduti. Aspetto che danneggia. “Tutti questi
aspetti, buoni e cattivi insieme, caratterizzarono quello che è stato chiamato il neorealismo italiano, e che
fu, pur con i suoi difetti, un’epoca letteraria piena di vita, che coincide con il primo decennio o forse solo con
il primo quinquennio del dopoguerra. Tra i suoi frutti migliori, i racconti napoletani di Domenico Rea.”

I racconti a cui allude sono nel testo appunto di Rea “Racconti di Spaccanapoli” e anche se nessun racconto
è ambientato a Napoli, mira a ricordare un qualcosa di diviso in due come fa la strada metafora di altro, cioè
borghesia e popolo.

In questa capacità metaforica c’è l’eccellenza letteraria, la capacità di visione di uno scrittore che prende una
strada in cui vede un qualcosa molto preciso, ossia la divaricazione sociale e lo scontro tra le classi e prende
le parti della classe in difficoltà. Calvino lo sostiene. Generalmente produce romanzi ma in area campana
usa racconti in forma breve e si impone con questa raccolta e la pubblica con Mondadori. “se questa
ondata di vitalità popolare ai è fermata lo si deve un po’ al cambiamento del clima storico e un po’ anche a
un bisogno di approfondimento che si è fatto vivo nei giovani scrittori”

Anni ’60 modificazione antropologica dovuta alla modernizzazione, questo cambiamento antropologico
culturale che deriva dal boom economico (modernizzazione). C’è stata la Repubblica fino agli anni ‘60, al
patto atlantico/soffertissimo, dopo la guerra fredda. Con il patto atlantico si aggrava ancora di più la
situazione meridionale. La memoria della guerra è ancora viva nella coscienza popolare. Aderire alla NATO
significava aderire ad uno schieramento, prende parte nello schieramento con un rischio concreto per la
pace. Con i soldi del piano Marshall, il patto atlantico, l’Italia inizia a ripartire. La ricostruzione con i soldi del
piano Marshall fa ripartire il mezzogiorno ma così l‘Italia. Questa ripartenza si traduce in modernizzazione,
porta alla nascita di industrie e beni di consumo. Costruzioni e creazione di infrastrutture, ad esempio
l’autostrada del sole. La trasformazione avviene anche a livello letterario.

CARLO BO “Inchiesta sul neorealismo”

1. Definizione difficile
2. Lo scrittore di fronte la realtà
3. Lezione degli americani
4. Il neorealismo nel cinema, teatro e in pittura
5. Tentativi di un bilancio

Altra fonte per capire il neorealismo è la famosa inchiesta di Carlo Bo, realizzata nel 1950. L’inchiesta, ossia il
tentativo di fare il punto su una situazione oggetto di dibattito attraverso una serie di domande, che
vengono estese ad un pubblico con una certa autorevolezza. Lui pone 4 domande e un bilancio conclusivo a
diversi personaggi dell’editoria, letteratura e società letteraria del tempo. La prima questione è la
definizione; che prospettiva ha lo scrittore davanti la realtà, come si pone uno scrittore la questione del
realismo; il neorealismo che come etichetta nasce in ambito cinematografico e esempi di film neorealisti
sono “il somaro” ”ladri di biciclette” “Roma città aperta”.

È possibile definire il neorealismo? Cosa si intende per neorealismo?


● Gli intervistati: Solmi, Flora, Sapegno, Ferrata, Montale, Antonicelli, Sereni, Vittorini ​

● Montale: “L’etichetta di neorealismo è, almeno in Italia, di origine cinematografica. [...] Esiste un


realismo - quello per esempio di Vittorini, di Pavese, di Pratolini - che ha subito l’influsso della
nuova narrativa americana [...]. Non è possibile parlare di neorealismo come di un vero e proprio
movimento costante e ben definibile.” ​

● Vittorini: “Possiamo parlare di neorealismo anche per la nostra letteratura ma non nello stesso
senso in cui possiamo parlarne, ad esempio, per il nostro cinematografo. [...] Ai tanti
neorealismi quanti sono i principali narratori. [...] La realtà è la fonte della ispirazione poetica
dell’autore” ​

Mentre nel neorealismo cinematografico, dice Vittorini, c’è una sorta di compattezza, in realtà dice Vittorini
“tanti sono gli autori, tanti sono i tipi di neorealismo”. Ognuno ha una propria originalità espressiva. La
realtà è una fonte di ispirazione, la narrativa neorealista non è una documentazione di ciò che accade nella
realtà ma questa realtà ispira l’immaginazione letteraria che poi trasfigura dando un senso ulteriore,
longevo. Fosse solo un racconto di fatti, ad esempio sulla resistenza, forse oggi non lo leggeremo.

L’opera con la capacità di rappresentare metaforicamente una condizione esistenziale umana attraverso i
fatti. Ed è un po’ quello che Vittorini prova a fare in “uomini e no” in cui il problema al di la di tutto è
definire cosa è uomo, cosa no, cos’è la speranza, cos’è la disperazione, cosa si è capaci di fare in una guerra
fratricida.

IL NEOREALISMO NEL CINEMA

● ●Il cinema può insegnare a guardare (Gadda)​- trarre ispirazione dal cinema, per esempio, dalle
tecniche di montaggio, sguardo, i tipi di riprese o inquadrature e tradurlo poi in letteratura, che ha
un altro linguaggio;

● ●Letteratura e cinema neorealista scaturiscono entrambi dall’esigenza di documentare l’attualità


drammatica, ma camminano per due strade tecnicamente diverse (Spagnoletti)​

● ●Letteratura e cinema neorealista hanno un medesimo movente: “movente di moralità, di riscatto:


l’ingiustizia da condannarsi, l’unità di narratore e pubblico nel verdetto” (Banti)​Il valore e la giustizia
nel testimoniarlo, raccontarlo e l’unità di narratore e pubblico lo intravediamo con il concetto di
letteratura nazional popolare, cioè lo scrittore che sa parlare al suo pubblico, un pubblico vasto;

● ●Solmi riflette sull’interscambio tra letteratura e cinema sotto il profilo delle tecniche (analessi,
prolessi, dissolvenze, intreccio.)

IL NEOREALISMO A NAPOLI

La generazione degli anni ’20, definita anche la generazione degli anni difficili.

“Scrittori degli anni delle generazioni difficili” questa come etichetta prelevata dai due critici, negli anni
‘50/’60, che intendono fare il punto sulle caratteristiche che accomunano gli scrittori italiani degli anni ’20.
Generazione che cresce negli anni del fascismo. Prendono coscienza critica dei fatti un po’ tardi, perché
nascendo dal fascismo vivono incapsulati dentro una cultura del regime che non permette loro di vedere da
cosa sono circondati e non hanno altro contesto. Coinvolge scrittori da Pomelio, Prisco, La Capria,
Incoronato.

"Sia io che Ghirelli siamo nati nel 1922. Sia io che lui abbiamo subito un doppio condizionamento, quello di
un’Italia isolata culturalmente e psicologicamente dal resto dell’Europa, e quello di una Napoli chiusa in una
dimensione propria, fatta di miti e indulgenze cui è sempre difficile sottrarsi. Eravamo come pesci rossi in
una boccia, scrive Ghirelli, e il paragone mi sembra appropriato. ​Anche io mi sentivo allora come un
pesce chiuso in un acquario, costretto sempre nello stesso spazio. Non sapevamo niente di ciò che
realmente stava accadendo al mondo degli anni tra il ’30 e il ’40."​(R. La Capria, su Napoli sbagliata, 1993) .

Libro che fa una disamina sulla situazione di Napoli nel dopoguerra. Questa sensazione nei napoletani degli
anni ’20 si ritrova anche in altri scrittori come Campana. Hanno la sensazione di vivere in un doppio
isolamento, per via del fascismo e perché si trovano a Napoli, un microcosmo che dialoga a stento con
l’esterno. La letteratura ne è testimonianza perché dimostra la non presa di coscienza. Molti per via della
guerra vengono reclutati nell’esercito e li si rendono effettivamente conto della ferocia del regime, prima
non sentito molto presente dato che si sentivano prima di stare in una situazione quasi normale, non c’era
questa forte privazione della libertà, costrizione che ci aspetteremmo. Tutto procede in un ritmo quasi
normale fino alla guerra. Gli intellettuali vengono poi reclutati in esercito. Nel 1943 con l’armistizio Badoglio
e lo sbarco degli alleati, il sud vive un momento di fiducia e fervore per il futuro. Dopo lo scontro scorre tra
gli intellettuali la sensazione che qualcosa potesse essere rinnovato. L’occasione di rinascita parte come
spinta dalla società intellettuale il cui l’antifascismo tende a costituirsi politicamente nel PCI. Gli intellettuali
sopravvissuti dopo l’esperienza della guerra si tessereranno/simpatizzeranno per il PCI che puntava a creare
case per i bisognosi, sanità, fogne e lavoro per tutti. Mirava a creare una cultura che arrivasse a coinvolgere
tutte le classi nella speranza di far arrivare poi la sinistra al potere.

Nel ’45, verso Monte di Dio, il giovane intellettuale Prunas fonda la rivista “Sud”, che si ispira al “Politecnico”
di Vittorini, un giornale divulgativo vicino al popolo, cultura antiaccademica, l’intellettuale che deve essere
vicino al polo. Lo stesso Vittorini si iscrive al PCI ma ritiene che la letteratura debba essere indipendente
dalla politica. Dopo il suo scontro con Togliatti la rivista verrà chiusa per via di mancanza di finanziamenti.

Le riviste

SUD- (45-47)

● Pasquale Prunas ()Ortese, La Capria, Scognamiglio, Rea, Compagnone)​

● Allineamento al Politecnico: rinnovare la cultura con un orientamento ideologico di sinistra​

● Sprovincializzazione della cultura e nuove tecniche narrative espressive (Kafka, Proust, Joyce, Mann)
su cui erano caduti veti incrociati: fascismo, riserve di Croce, marxismo​

● La chiusura nel 1947: il rifiuto del sostegno del Pci e l'editoriale "Cultura non è casta"​

La rivista chiude perché rifiuta l’aiuto economico del PCI, così da non essere strumentalizzata. L’esperienza,
perciò, dura solo 2 anni. È stata comunque una rivista ideologicamente vicina al “Politecnico” proponendo
una sprovincializzazione della letteratura meridionale e di andare verso la letteratura europea, con
l’obiettivo di portare Napoli nell’Europa, farla tornare la capitale cosmopolita come in età moderna, un
centro di elaborazione culturale capace di dialogare con le opere prodotte all’estero. E questo si fa
proponendo testi, creando occasioni per riflettere su tecniche narrative per rinnovare il linguaggio. Gli
scrittori che più si leggono sono Kafka, Proust, Joyce, Mann, maestri da studiare. In periodo fascista furono
molto ostracizzati. Croce aveva un’idea molto precisa della letteratura sintetizzata in “poesia o non poesia”
cioè o è arte o no. L’aspetto essenziale per Croce ,ciò che distingue un’opera d’arte, è l’idea dell’opera,
l’aspetto concettuale dell’opera, l’intuizione che l’artista vuole veicolare (non conta i bozzetti, dialoghi
interiori). Conta l’idea, il concetto, la metafora, mentre la tecnica narrativa e la concretezza del fare erano il
nulla. Dal pensiero al fare per Croce c’è il nulla. Gli scrittori di questa generazione recupereranno le
attenzioni verso le tecniche narrative. A volte è la tecnica, il modo espressivo, che favorisce l’idea.

Molti di questi intellettuali, dopo il ’47, andranno via da Napoli per lavorare.
P. Prunas, Avviso, 15 nov. 1945, pp. 1-2​

“Sud non ha il significato di una geografia politica, né tantomeno spirituale; il Sud, ha per noi il significato di
Italia, Europa, Mondo. Sentendoci meridionali ci sentiamo europei. Perché Napoli è Italia, Europa, Mondo
allorché entri nelle coscienze che lo spirito è fuggito alle piccole massonerie, alla costrizione materiale e
morale di un paesaggio per i vieti stati d'animo turistici [...] allorché entri nelle coscienze, anche qui, proprio
qui, qui soprattutto che lo spirito non ha pesi e bilance, allorché, noi e gli altri, si sappia che lo spirito non
ha latitudine".​

Nel primo numero della rivista, il Sud non viene visto come uno spazio circoscritto ma come condizione,
stato d’animo. Metafora che c’è un sud ovunque, ora chiaro ma prima no. Gli scrittori di Sud vogliono
raccontare questo tipo di esperienza e vogliono comunicare al popolo. Fare in modo che quello che viene
comunicato tramite scrittura critica, rivista letta anche da strati popolari, fino ad allora esclusi dalla cultura
nella convinzione che si costruisce insieme una situazione migliore.

Chiudere la rivista significa dichiarare fallimento totale di queste intenzioni.

Sotto l’Italia centrista con il secondo governo de Gasperi, anni ’50, chiudono molte fabbriche, malcontento e
disoccupazione alle stelle. La letteratura ha poco spazio, perché vige la cultura del profitto che si insinua
sempre più. La cultura che non da profitto viene messa da parte.

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