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LA LUNA E I FALÒ

RELAZIONE
Il libro “la luna e i falò” venne scritto nel 1950 da Cesare Pavese un autore nato nel 1908 a Santo
Stefano Belbo, un paesino delle langhe, in una famiglia benestante. Egli poi, si trasferì a Torino ma
ripianse sempre i luoghi e i paesaggi della sua infanzia, visti come simbolo di serenità e
spensieratezza. Nonostante le numerose amicizie ebbe una vita solitaria e segnata da esperienze
sentimentali dolorose e tormentate. Accusato di antifascismo, venne arrestato e condannato al
confino ma fu graziato dopo un anno. Riuscì a tornare a lavorare nel mondo editoriale come
saggista e traduttore di importanti autori inglesi e americani, e dedicandosi anche alla propria
attività letteraria. Molto importante fu il suo rapporto, tra gli altri, con Fernanda Pivano, che era
stata sua alunna ai tempi del liceo torinese D’Azeglio. Pavese ebbe sempre un animo inquieto e
non gli fu d’aiuto nemmeno il Premio Strega che ricevette nel giugno del 1950 per “La bella
estate”. Il 27 agosto di quell’anno, in una camera d’albergo di Torino, si tolse la vita, lasciando
scritto a penna un messaggio: “Perdono tutti e a tutti chiedo perdono, Va bene? Non fate troppi
pettegolezzi”.
Il libro può essere collocato nella tipologia di romanzi neorealisti dove l’autore descrive la società
del tempo e i suoi problemi legati alla guerra e alla resistenza difatti il neorealismo è una corrente
letteraria che si sviluppa nel dopoguerra come reazione alla passività che gli intellettuali italiani
avevano dimostrato durante gli anni del Fascismo e si pone l’obiettivo di formare una nuova
mentalità e di spronare gli intellettuali verso la partecipazione attiva alla vita politica e culturale
del paese. Ad ogni modo la scrittura di pavese adoperata in questo libro potrebbe far pensare che
non si tratti di un’opera neorealista a causa della soggettività e della presenza di un unico
narratore, tuttavia ciò è perfettamente in linea con gli intenti dell’autore in questo libro. Egli,
infatti, adopera la tematica della guerra partigiana non unicamente a scopo storico e
documentativo ma anche e specialmente per poter compiere un parallelismo fra quelle che sono
le tragedie della guerra con le tragedie della propria vita e coglie l’occasione di palesare ai lettori
quella che è la sua visione del mondo dilaniato da continue sofferenze. Tutto ciò lo porterà
appunto a commettere il gesto estremo del suicidio e questo è infatti l’ultimo romanzo di Pavese
prima della sua morte ed è per questo che nella lettura sono ben visibili le tematiche che hanno
portato lo scrittore tanto dolore da fargli commettere un gesto così estremo.
La narrazione degli avvenimenti nel romanzo si basa su due filoni differenti ossia quelli del passato,
caratterizzati dal desiderio di scoperta del protagonista, e quelli del presente i quali sono segnati
da una consapevolezza e da un rammarico da parte dell’autore su quello che è adesso diventato il
mondo e la propria casa. La storia narra di anguilla, un uomo che, alla fine della seconda guerra
mondiale dopo aver vissuto per molti anni in America e aver fatto fortuna, torna al suo paese
d’origine sulle colline piemontesi spinto dalla nostalgia di quel mondo di campagna. Tuttavia egli
appena tornato si renderà conto che tutto ciò che aveva lasciato non esiste più e quindi assieme al
suo vecchio amico Nuto, un ex partigiano che non ha mai lasciato il paese, rievoca gli eventi del
suo felice passato in netto contrasto con la dolorosa realtà del presente. Gli eventi del presente
del passato si accavallano di continuo e sono tenuti insieme dal ricordo e dal paragone che il
protagonista fa fra di essi. Il racconto parte con i primi anni della vita di anguilla il quale non
conosce la sua vera origine in quanto egli è stato adottato da una povera famiglia che decise di
prendersene cura unicamente per ricevere i soldi che lo Stato gli avrebbe offerto in cambio. La sua
vita tuttavia viene sconvolta dalla morte della madre adottiva Virgilia E successivamente a questo
evento e al matrimonio delle sue due sorelle adottive egli decise di andare a lavorare presso la
fattoria di Sora Matteo che viveva assieme alle sue tre figlie Irene, Silvia e Santa con le quali stringe
una profonda amicizia. E successivamente alla reazione si sposta sugli eventi del presente dove il
protagonista va a visitare quella che un tempo è stata la casa della sua famiglia adottiva e scopre
che ad abitarci adesso è una famiglia di contadini dove il capo famiglia è un uomo violento e il
figlio di nome Cinto e zoppo tuttavia Anguilla lo prende molto a cuore infatti, dopo la tragedia
della morte di tutti i familiari di Cinto causata dal padre dello stesso saranno Anguilla e Nuto a
prendersi cura di un ormai sconvolto e traumatizzato Cinto. Successivamente la narrazione degli
eventi passati con gli eventi del presente si ricongiungono maggiormente poiché il protagonista
viene a sapere del destino delle tre sorelle figlie di Sor Matteo in quanto sono tutte e tre decedute
per motivazioni diverse infatti Irene dopo essere sopravvissuta appena al tifo viene condotta
forzatamente ad un matrimonio infelice e qualche anno dopo si spegnerà così come accade alla
sorella Silvia la quale morì a causa di un aborto tenuto segreto poiché ella rimase incinta al di fuori
del matrimonio e l’ultima sorella, santa, poiché ritenuta una spia delle camice nere venne uccisa
da alcuni partigiani e il suo corpo venne. Da questa ultima scena si può ben vedere il parallelismo
fra presente e passato con la rappresentazione e descrizione di quelli che sono i falò e la
simbologia che c’è al di dietro di essi, difatti mentre per quanto riguarda la narrazione del passato i
falò rappresentavano un momento che si avvicinava molto al magico e al senso di scoperta, me lo
dai reazione del presente rappresentano nient’altro che distruzione e dolore.
Fra i personaggi principali abbiamo senz’altro Anguilla il quale è il nostro protagonista, il quale è
l’incarnazione dell’autore stesso infatti egli nonostante i numerosi viaggi non riesce mai a trovare
un luogo in cui si sentisse realmente a casa e si sente sempre solo percependo sé stesso come un
fallimento. Successivamente abbiamo Nuto, un uomo scaltro e molto sapiente il quale nella vita
nonostante la sua grande passione per la musica e per il clarinetto decide di dedicarsi al mestiere
di falegname. In seguito abbiamo cinto, il figlio di un contadino zoppo a causa di una grave
malformazione alle gambe il quale ricorda al protagonista la propria infanzia. E in fine abbiamo le
tre figlie di Sor Matteo ossia: Silvia, la maggiore delle tre, è una ragazza tanto bella quanto
precipitosa, ella si lascia dominare dai propri sentimenti e a causa della propria irrazionalità morirà
a causa di un aborto segreto; Irene, la seconda figlia è una ragazza molto tranquilla dolce e
riflessiva, al contrario della sorella maggiore, è appassionata di pianoforte e muove
sfortunatamente giovane dopo un breve ma infelice matrimonio; e Santa, l’ultima sorella, è una
ragazza di bell’aspetto che viene giustiziata per tradimento.
La vicenda prende luogo nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale a seguito della
liberazione dell’Italia dal regime fascista di Benito Mussolini e la storia viene ambientata nelle
langhe torinesi, con precisione a santo Stefano Belbo, luogo di infanzia del nostro protagonista.
Il romanzo è narrato in prima persona ed è quindi presente la figura di un narratore interno,
mentre per quanto riguarda la focalizzazione è interna poiché è riportato solamente il punto di
vista del protagonista. Per quanto concerne la fabula e l’intreccio non coincidono poiché come già
detto in precedenza la narrazione si basa per di più sui numerosi flash-back. La scrittura che
pavese decide di adoperare si alterna fra una scrittura colta al dialogo di paese con termini gergali
tipici delle langhe torinesi.
Ciò che più mi ha colpita di questo libro e in generale di questo autore del quale non avevo mai
letto nulla prima è la sua capacità di farti appassionare ad ogni singolo personaggio e di farti
seguire le loro vicissitudini quasi come se il lettore si trovasse all’interno del libro. Nonostante la
scrittura può a volte risultare più complessa rimane comunque un libro molto scorrevole e
assolutamente godibile grazie anche ai termini dialettali che compensano in maniera egregia i
momenti più elevati a livello di scrittura.

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