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Il brano proposto è tratto dal quindicesimo capitolo de “I Malavoglia”, nonché l’ultimo.

I
Malavoglia è la storia di una famiglia di pescatori siciliani che, a causa di vari avvenimenti che si
sono succeduti dalla partenza di Ntoni per il servizio militare, cade in disgrazia.
In questo capitolo Ntoni, dopo la coltellata inferta alla guardia doganale e dopo essere stato
condannato, ritorna ad Aci Trezza per salutare i fratelli. Nel mentre Mena incontra Alfio, il suo
amato che chiede la sua mano, ma lei rifiuta dicendogli che non è più degna di essere presa in
sposa perché se si sposasse la gente tornerebbe a parlare di sua sorella Lia e dell’accaduto
che ha contribuito a mandare in disgrazia la sua famiglia. Rifiuta di sposarsi perché troppo
grande e perché lo stesso Alfio si pentirebbe di questa scelta in quanto nessuno sposerebbe
una Malavoglia.
Padron ‘Ntoni dopo aver scoperto che il nipote più giovane, Alessi, è riuscito a comprare la casa
del nespolo, muore in ospedale in cui i nipoti si recano poco dopo per portarlo a casa ma non lo
trovano perché già morto.
‘Ntoni torna a casa e viene accolto dai due fratelli, Alessi, sposato con Nunziata, e Mena, che si
occupa dei suoi nipoti e di spolverare la soffitta come se sperasse che i suoi familiari tornino da
un lungo viaggio. ‘Ntoni quasi non viene riconosciuto dato il suo aspetto trasandato, la barba
lunga e il corpo coperto di polvere, ma gli viene offerto da mangiare e quando decide di
andarsene dalla città chiede ai due fratelli del nonno e della sorella Lia. Ricevendo in risposta il
silenzio, il giovane per poco non cade per terra per il dolore ma decide di visitare la casa per
un’ultima volta. In questa parte del brano si percepisce tutta la malinconia e la tristezza di Ntoni,
che ricorda le chiacchierate fatte la sera, gli indovinelli di Nunziata, la madre, il nonno e la
sorella Lia. Con la consapevolezza che tutto ormai è stato distrutto, e con l’animo pieno di
rimpianti per gli affetti perduti che lascia ad Aci Trezza, dice al fratello, che gli aveva
precedentemente proposto di rimanere, che è costretto ad andarsene esordendo con la frase
“Anch’io allora non sapevo nulla, e qui non volevo starci, ma ora che so ogni cosa devo
andarmene”. Prima ancora di sapere come sarebbero andate le cose in futuro, Ntoni aveva il
desiderio di fuggire dal paesino e conoscere le grandi città a cui poi si è abituato, ma adesso
che alla casa del nespolo sono legati troppi ricordi tristi, adesso che la famiglia si è disgregata e
lui si sente un estraneo, dato che anche il cane non lo ha riconosciuto entrando in casa, sente
di dover lasciare il paesino per seguire un destino che sconosce. La morte del nonno ha in
qualche modo liberato 'Ntoni dall'idea che occorre perpetuare la storia familiare, perché il nonno
rispetto al nipote più progressista era un tradizionalista con ideali e valori ben precisi.
Quest’ultima idea rispecchia “l’ideale dell’ostrica”: come l’ostrica che vive aggrappata allo
scoglio, chi appartiene alle classi sociali più deboli e resta legato alle tradizioni e al proprio
nucleo familiare non si perde e può salvarsi. In tale modo la pensa non solo Padre ‘Ntoni,
contrario al progresso e quindi ai cambiamenti che inevitabilmente vengono portati anche a
questa famiglia che cade infatti in disgrazia, ma anche Alessi, l’unico che non è stato tentato dai
richiami di questo nuovo mondo e rimane nel paesino dopo aver ricostruito la casa del nespolo.
Di vedute opposte è ‘Ntoni, che invece si distacca dall’ambiente e dai valori della famiglia e si
avvicina alla società “moderna” e del progresso, come l’ostrica che si stacca dallo scoglio.
Esaminando il progresso, che ‘Ntoni insegue separandosi dal suo paese, importante per Verga
è la “fiumana del progresso”, ovvero la trasformazione della realtà contemporanea, dovuta in
particolare a quei tempi all’unificazione d’Italia, che ha portato a una nuova organizzazione
economica e sociale. Verga, nonostante esprima la sua ammirazione per il progresso citando
anche l’ideologia borghese di Adam Smith, secondo cui l’individuo, perseguendo il suo
interesse personale coopera inconsapevolmente al benessere di tutti, raffigura solo i lati
negativi, come ciò che subiscono i vinti, per esempio le imposte indirette che causano gravi
conseguenze economiche per la famiglia Toscano. Per Verga i vinti esistono perché la realtà è
governata da leggi universali e valide in qualunque tipo di società, secondo cui alcuni individui
riusciranno a vivere in pace e tranquillità e altri meno. Ciò viene spiegato dal meccanismo della
lotta per la vita, che non è applicabile solo all’evoluzione ma anche alla società (secondo la
teoria di Darwin da cui nasce “il darwinismo sociale”). Per Verga nella società non esistono
altruismo, generosità e pietà, valori dimostrati da alcuni membri della famiglia dei Malavoglia,
ma solo interesse economico, avidità, disinteresse. Non si può sperare in una società differente
perché in realtà in qualunque tempo ognuna di queste è governata dagli stessi principi; la
famiglia dei Malavoglia, che potrebbe sembrare collocata in un mondo mitico con i suoi
valori,non vive una vita serena e anche questa è governata dalle leggi della lotta per la vita che
regolano il mondo del progresso. Il mondo di questa famiglia di pescatori può apparire mitico e
idillico solo nell’ottica dei personaggi, ma è un paesaggio chiuso determinato anch’esso da
conflitti. Proprio da qui si percepisce il pessimismo di Verga: la consapevolezza che non esista
una società diversa non influenzata dal progresso e non regolata da leggi darwiniste.
Questo suo pessimismo lo induce a rappresentare la realtà così com’è; infatti prima di scrivere
l’opera Verga si documenta cercando testimonianze e racconti. Il lettore deve avere
l’impressione di vedere ciò che viene narrato attraverso i personaggi stessi, non mediante
l’autore, il quale non cita suoi pensieri o commenti e non presenta ai lettori gli antefatti che
verranno poi spiegati dai personaggi stessi. Per via di questa tecnica dell’impersonalità per chi
legge potrebbe essere inizialmente difficile comprendere gli accaduti e i personaggi che non
vengono presentati precedentemente, ma ciò permette di entrare nel loro mondo, conoscerli
mediante le loro azioni senza filtri. Il narratore è quindi in terza persona, si mimetizza coi
protagonisti come se facesse parte della storia ma non appare mai, non esprime un suo giudizio
e narra ciò che accade giudicando i fatti e commentando solo attraverso la visione elementare
della collettività popolare.
Poiché il narratore si immerge nella classe sociale dei Malavoglia, il linguaggio da lui usato deve
rispettare diversi criteri. Nel caso della famiglia Toscano, il linguaggio è spoglio, povero, colmo
di modi di dire popolari, proverbi e presenta anche una struttura dialettale, che Verga preferisce
inserire tra le virgolette all’interno del romanzo. Secondo l’autore la forma dell’opera deve
adattarsi al soggetto preso in esame; per esempio nel romanzo successivo, Mastro-Don
Gesualdo, ci troviamo a parlare di un borghese, quindi il livello del narratore si innalza in
corrispondenza dell’ambiente sociale.
All’interno del brano si possono individuare diverse analessi [meglio inserire queste
osservazioni prima, nella parte dedicata alla sintesi o allo stile], come quando Alfio chiede la
mano di Mena ma ella rifiuta (r. 11), e quando ‘Ntoni ricorda con malinconia la vita prima di tutte
le disgrazie accadute (r. 94-107). Queste analessi spiegano al lettore i motivi che spingono
‘Ntoni ad abbandonare Aci Trezza alla fine del romanzo: ormai tutto è cambiato, la famiglia si è
disgregata, Mena non può più sposarsi, il padre, la madre e il nonno sono morti, la sorella è
fuggita. Non c’è più posto in paese per lui, il suo destino è altrove, in una città più moderna.
Perciò alla fine del romanzo ‘Ntoni al concludersi della notte, si ferma ad osservare Aci Trezza
ancora dormiente per l’ultima volta, guardando il mare che come lui non appartiene a nessun
paese.

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