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Italo Svevo nasce nel 1861 a Trieste da un’agiata famiglia ebrea d’origine
tedesca. La città di Trieste era uno dei più importanti centri culturali
d’Europa, nonché luogo d’incontro di diverse culture e tradizioni.
Lavora in banca per 18 anni tuttavia è oppresso dal grigiore
dell’ambiente di lavoro Svevo dedica le ore libere per leggere
principalmente i romanzi francesi dell’800 (Balzac, Flaubert).
Nel 1892 pubblicherà a sue spese il romanzo “Una Vita” (solo 1000 copie)
che passerà del tutto inosservato.
Nel 1896 sposerà una lontana cugina, Livia Veneziani, figlia di un ricco
industriale (matrimonio d’interesse). Due anni dopo pubblica il suo
secondo romanzo “Senilità” il quale sarà nuovamente un fallimento. La
delusione lo induce ad accantonare la letteratura e diventare un
concreto uomo d’affari.
Il primo però a credere nelle sue capacità fu James Joyce che Svevo
incontra a Trieste presso la Berlitz School dove Joyce insegnava inglese.
Nasce così un’amicizia basata su interessi comuni. Un altro importante
incontro per Svevo sarà quello con Freud, il padre della psicoanalisi
saranno infatti fondamentali per Svevo il ruolo dell’inconscio,
l’incapacità dell’uomo di conoscersi e di guidare razionalmente la sua
vita.
Con lo scoppio della prima guerra mondiale si dedicò interamente alla
scrittura scrivendo il suo terzo romanzo “La coscienza di Zeno” 1923.
Questo terzo romanzo sembra fare la fine dei primi due tuttavia su
consiglio di Joyce decide di mandarlo a due importanti critici francesi, i
quali rimangono entusiasti del romanzo e lo recensiscono
positivamente. Successivamente grazie ad una recensione di Montale,
Svevo inizierà ad ottenere molto successo.
Il motivo per cui i suoi romanzi non riuscirono ad avere molto successo
era perché i temi e il modo di scrivere di Svevo era qualcosa di nuovo,
mai visto prima e le persone facevano fatica ad abituarsi di conseguenza
la stessa critica faceva fatica ad apprezzare le sue opere, solo grazie ad
una recensione di Montale ottenne il successo meritato in Italia questo
perché in Francia era già conosciuto.
Una Vita
Una Vita è il primo romanzo pubblicato da Svevo nel 1892, all’interno si
intrecciano le sue esperienze personali (opera autobiografica).
Il protagonista è Alfonso Nitti, un giovane venuto dalla campagna a
Trieste per lavorare come impiegato presso la banca Maller. Annoiato e
frustrato per la sua fallimentare carriera da letterato, quando la figlia del
proprietario, Annetta, gli propone la scrittura di un romanzo a due mani
lui accetta. Alfonso sfrutta l’occasione per fare la corte alla ragazza
riuscendo a sedurla, a questo punto avrebbe la possibilità di sposarla per
capovolgere le sue condizioni sociali, ma si tira indietro e torna nel suo
paese, ritornando in città solo molto tempo dopo quando Annetta sta per
sposare un altro. Convinto di aver raggiunto una qualche tipo di purezza e
superiorità spirituale per aver rifiutato Annetta si illude di poter scrivere il
suo libro. Tuttavia non riesce a sopportare le umiliazioni della vita in
banca e dopo essere stato trasferito in un ufficio minore si scaglia contro
il proprietario, mandando inoltre una lettera anche ad Annetta chiedendo
un colloquio, la famiglia Maller però interpreta la lettera come un ricatto
e all’appuntamento si presenta il fratello di Annetta che sfida Alfonso a
duello. Alfonso convinto che anche Annetta lo voglia morto si uccide.
Senilità
Senilità è il secondo romanzo scritto da Svevo e pubblicato nel 1898.
Anche in questo caso il protagonista del romanzo è un inetto,
quest’ultimo infatti rispecchia la “crisi di valore che attanagliava
l’Europa” (L’uomo senza qualità- Musil), gli inetti svolgono attività
alienanti e sono estranei al sistema.
Il protagonista del romanzo è Emilio Brentani (anche lui ha sogni letterari
proprio come Alfonso e lo stesso Svevo) che vive un’esistenza monotona
con la sorella Amalia, in uno stato di rinuncia ai piaceri e alle gioie della
vita, vive quindi proprio come un vecchio e da qui il titolo senilità. Un
giorno incontra Angiolina della quale se ne innamora e la passione si fa
tanto più forte e bruciante più la donna gli mente e lo tradisce. Emilio
chiede quindi aiuto all’amico Balli, scultore senza talento ma abile con le
donne. L’intervento di costui si rivela un disastro, infatti non solo
Angiolina si innamora dello scultore ma anche Amalia, la sorella di Emilio
se ne invaghisce. Il romanzo si conclude con la morte di Amalia drogatasi
con dell’etere per sfuggire alla delusione amorosa e con Emilio che
rimasto solo ritorna alla sua condizione di “inerzia”
(Inerzia=inetto=persona che non si muove, incerta, incapace) e di
senilità.
La coscienza di Zeno
La coscienza di Zeno esce più di vent’anni dopo la pubblicazione di
Senilità..
Il protagonista è Zeno Cosini (la Z nel nome è l’ultima lettera
dell’alfabeto che ricorda quindi gli ultimi e cosini ricorda una cosa
piccola) che ha scritto la storia della sua vita su consiglio del dottor S
(Sigmund Frued che influenza molto l’attività letteraria di Svevo) lo
psicoanalista che lo ha in cura, ma a un certo punto ha interrotto la
terapia. Il dottor S allora per “vendetta” decide di pubblicare gli scritti
del suo ex paziente.
L’opera è quindi un’autobiografia di Zeno divisa in capitoli che non
seguono l’ordine cronologico ma raccolgono momenti, fatti, situazione
della vita del protagonista attorno temi fondamentali. I capitoli sono:
Prefazione
Preambolo
Fumo (Zeno tanta di smettere di fumare)
La morte di mio padre (rapporto di amore e odio con il padre)
La storia del mio matrimonio (Zeno anziché sposare la ragazza che
ama, ne sposa la sorella brutta e strabica, nonostante questo però il
matrimonio si rivela felice)
La moglie e l’amante (Zeno tradisce la moglie nonostante la ami)
Storia di un’associazione commerciale (Si narrano le disastrose
imprese commerciali di Zeno)
Psicoanalisi (è l’ultimo capitolo, si finge scritto un anno dopo gli altri
capitoli, Zeno si sente pianamente guarito e ripudia la terapia
psicoanalista dicendo che la malattia ossia inettitudine, l’incapacità
è una condizione comune a tutti gli uomini).
Fumo
Zeno tenta di smettere di fumare ma non ci riesce (inetto, incapacità).
Rievoca i momenti di quando da ragazzo fumava qualche sigaro del
padre.