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Ettore Schmitz, che assumerà lo pseudonimo di Italo Svevo, appartiene ad una famiglia benestante
di origine ebraica. La famiglia aveva un ricco patrimonio ed Ettore e il fratello vengono mandati,
ancora molto piccoli, in Germania a studiare. Nasce a Trieste nel 1861, Trieste in questo periodo è
sotto il dominio austro-ungarico. Ettore viene mandato in Germania per studiare, perché la lingua
tedesca era la più qualificata ed era una lingua commerciale. Accanto alla pratica mercantile
comincia ad interessarsi alla letteratura. Ben presto ritorna in Italia e la sua famiglia subisce un
tracollo economico, per cui Ettore deve lasciare la vita che aveva svolto finora per accettare un
impiego in una banca commerciale di Trieste. Ettore sente come una ristrettezza il lavoro d'ufficio.
Oltre a lavorare legge i classici italiani e i naturalisti francesi, studia i filosofi tedeschi come
Schopenhauer che diventa il suo autore prediletto. Trieste agli inizi del Novecento era una città
importante dal punto di vista culturale (città mitteleuropea) al centro dell'Impero Austro-Ungarico,
dove vi confluivano culture europee da tutto il mondo. Ettore cresce in un ambiente fecondo e
questa caratteristica è molto importante per la sua formazione. Contemporaneamente alle sue opere
poetiche e filosofiche comincia ad interessarsi del teatro. Egli scrive le prime raccolte che non
pubblica subito perché non ha ancora capito qual è la sua strada. Quando pubblicherà la sua prima
raccolta di opere a proprie spese, non sortirà l'effetto desiderato né presso la critica né presso il
pubblico. E' profondamente scoraggiato e non confesserà a nessuno l'amore per la letteratura. In
questi anni comincia a formarsi la figura dell'inetto che inserirà nelle sue opere Una vita (il suo
primo romanzo), Senilità (secondo romanzo) e La coscienza di Zeno. Dopo la morte della madre,
ritrova la cugina e si sposa con lei. La cugina è figlia di un grande industriale ed Ettore fa il salto di
qualità. Lascia il posto in banca e inizia la scalata in una società imprenditoriale. Abbandona per un
periodo la letteratura. Grazie ai suoi viaggi di lavoro, di cui molti in Inghilterra, in seguito egli
stabilisce un legame di amicizia con James Joyce. Svevo fa leggere a Joyce le sue poesie, ed egli
rimane particolarmente entusiasta dalla sua seconda opera (Senilità), così Joyce manda i testi di
Svevo in Francia dove verranno valutati in maniera positiva da alcuni amici critici. Fu così che
anche gli italiani cominciarono ad interessarsi alle sue opere, tra cui anche Montale. Nel 1914
scoppia il conflitto mondiale e la ditta del suocero fu espropriata dagli Austriaci e si ritrovò senza
lavoro. Riprende di nuovo la letteratura e scrive La coscienza di Zeno. Nell'Ulisse di Joyce il
protagonista fa un viaggio all'interno di sé stesso, attraverso il fluire della coscienza: alcuni elementi
di questa ricerca li ritroviamo in Italo Svevo. Nei suoi tre romanzi c'è un filo conduttore che è la
creazione della figura dell'inetto. Adottando lo pseudonimo di Italo Svevo, l'autore vuole
sottolineare come in lui confluiscano la cultura italiana e tedesca. Svevo è considerato dai critici un
letterato anomalo che non rientra nei canoni della letteratura classica. Viene considerato
maggiormente come un autodidatta che ha conquistato la sua cultura letteraria e filosofica attraverso
ampie letture personali. Egli legge opere di Nietzsche, Schopenhauer, Darwin e Freud. L’incontro
con la psicanalisi avvenne tramite il cognato Bruno Veneziani, omosessuale, che, per tale motivo,
era in cura dal dottor Freud ma che, nonostante ciò, non guarisce. Svevo rimane sfiduciato nei
confronti delle possibilità terapeutiche della psicanalisi, pur apprezzando le teorie freudiane che
riguardano la diagnosi dei comportamenti. Raggiunto il sucesso non potrà gustarselo a lungo a
causa della sua morte avvenuta in seguito ad un incidente stradale nel 1928.
La coscienza di Zeno, terzo romanzo di Italo Svevo venne pubblicato nel 1923, dopo venticinque
anni di silenzio letterario, perlomeno pubblico, dell’autore. Quest’opera, composta fra il ’19 e il ’22,
appare molto diversa nella struttura rispetto ai romanzi precedenti (Una vita, 1892 e Senilità, 1898):
gli anni trascorsi infatti furono cruciali per quanto riguarda l’evoluzione interiore dell’autore, che
rimase profondamente influenzato dalla conoscenza della psicanalisi freudiana e che visse le
radicali trasformazioni nell’assetto della società europea provocate dalla Prima Guerra mondiale.
Questo libro si profila come un memoriale, o una confessione autobiografica, che il protagonista
Capitolo 1
In questo capitolo il narratore non è Zeno ma il suo psicoanalista.
Egli racconta di aver pubblicato il racconto del suo paziente Zeno in un primo tempo per vendetta,
visto che Zeno aveva abbandonato la sua terapia, ma poi anche perché in questo modo vorrebbe
dare lui lo stimolo giusto per riprenderla. Questi, identificato con il nome di Dottor S, è anche
disposto a dividere con Zeno i lauti guadagni provenienti da questa pubblicazione.
Capitolo 2 (preambolo)
Zeno si trova nello studio del Dottor S, e con grandi sforzi ,cerca di rievocare il passato ma invano.
Ad un certo punto appare ad i suoi occhi l'immagine di un neonato. Si rende conto che questi non fa
parte del suo passato ma riconosce in lui il figlio di sua cugina che aveva visto alcuni giorni prima,
lo informa riguardo le innumerevoli avversità che potrebbe incontrare nel cammino della vita. Dopo
ciò Zeno decide di interrompere la seduta terapeutica per concedersi un po' di riposo.
ELEMENTI PRINCIPALI
NOVITA’
Il narratore interno: Svevo adotta la tecnica del narratore interno, cioè di un narratore che
narra in prima persona la propria storia.
Una nuova struttura del romanzo: ogni capitolo ha un titolo, manca una successione
cronologica degli eventi, è diviso per temi (il tempo di Svevo è un tempo soggettivo, e non
oggettivo).
Nella prefazione non è il narratore a parlare, bensì il suo psicanalista, il dottor S., il quale ha
dato a Zeno (nell’ambito di una terapia) il compito di scrivere un diario; siccome Zeno ha
interrotto la terapia, per vendetta egli pubblica tale diario.
Viene meno la figura del narratore oggettivo: Zeno non è infatti un narratore attendibile,
perché il suo io tende a giustificare i suoi comportamenti sbagliati; anche il dottor S. non è
molto attendibile: il suo carattere vendicativo e ricattatore fanno prendere le distanze anche
da lui.
CARATTERISTICHE
I temi de “La coscienza di Zeno” sono la salute e la malattia (non a livello fisico, ma della
psiche).
Presenza di molti personaggi femminili.
Importanza della città (Trieste).
Ironia con la quale Zeno descrive sé stesso.
L'opera è scritta in Italiano ma compaiono anche il dialetto triestino e alcune influenze della
lingua tedesca.
IL TEMA DELL’INETTITUDINE
L’inettitudine (presentata espressamente come nevrosi), nella “Coscienza di Zeno” non è associata
alla tragicità (come nei precedenti romanzi di Svevo): la vita di Zeno è solo relativamente
fallimentare, anzi, alla fine Zeno è addirittura uomo di successo, un vincente. A Zeno, nonostante
tutto, le cose vanno bene, teme il fumo, ma non ne ha conseguenze; sposa Augusta per ripiego, ma
poi scopre di amarla; tradisce la moglie con Carla, ma il suo tradimento non viene mai scoperto;
trae profitto dal commercio, e crede di trovare negli affari la soluzione ai suoi problemi psicologici.
La morale è che la malattia di Zeno in fondo non è una condizione eccezionale e anormale, ma è
forse una condizione comune e inalienabile dell’uomo, che solo una catastrofe inaudita che lo
facesse scomparire dall’universo potrebbe definitivamente eliminare.