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ITALO SVEVO (Trieste, 1861 – Motta di Livenza, 1928)

VITA

Italo Svevo, pseudonimo di Aron Hector Schmitz, nasce a Trieste, allora territorio dell’impero asburgico, il
19 dicembre 1861, da padre ebreo tedesco, Francesco Schmitz, e madre italiana, Allegra Moravia.
Gli studi di Svevo, iniziati in Baviera e proseguiti nel 1878 a Trieste, vengono indirizzati dal padre verso la
carriera commerciale, ma il giovane Svevo contemporaneamente si dedica alla lettura di scrittori tedeschi,
come Goethe, Schiller, Heine, manifestando il suo grande interesse letterario.
Fa parte di un’agiata famiglia borghese ma nel 1880, in seguito ad un investimento industriale sbagliato,
l’azienda paterna fallisce e Svevo si trova a vivere l’esperienza della declassazione sociale passando
dall’agio borghese ad una condizione di ristrettezza.
Italo Svevo è costretto a cercare lavoro e ad impiegarsi presso la filiale triestina della Banca di Vienna,
presso cui rimane per un ventennio.
Parallelamente coltiva la sua passione letteraria cominciando a scrivere. Esordisce con una breve
novella “Una lotta”, apparsa sull’”Indipendente” nel 1888, dove due anni dopo, nell’ottobre 1890, pubblica
anche il racconto “L’assassinio di via Belpoggio”.
A proprie spese, nel 1892 Svevo pubblica il suo primo romanzo Una vita e nel 1898 Senilità.
Una vita e Senilità raccontano le storie di due sconfitti, Alfonso Nitti ed Emilio Brentani, anzi di due
predestinati alla sconfitta, di due mediocri, di due inetti. La voluta banalità delle loro vicende contrasta
rispetto al gusto prevalente dell’epoca in cui prevalevano figure di tipo d’annunziano, eroi scaltri e
dall’indole combattiva. Anche per questo motivo queste due opere non incontrano i gusti del pubblico e
della critica di quei tempi e non trovano un editore disposto a puntare su di loro.
Lo scarso successo di questi primi due romanzi induce Italo Svevo ad abbandonare l’attività letteraria.
Svevo giura a se stesso che non avrebbe mai più dedicato del tempo al "vizio" della letteratura.
Nel 1895 muore la madre, a cui lo scrittore era molto legato.
Nel 1896 Italo Svevo sposa la cugina Livia Veneziani, molto più giovane di lui e l’anno successivo nasce la
sua unica figlia, Letizia.
I suoceri sono ricchi industriali, ciò permette a Svevo di lasciare l’impiego in banca per entrare come
dirigente nella ditta dei suoceri ed uscire definitivamente dalla situazione di ristrettezza economica.
A decenni di distanza da Senilità e Una vita, due eventi inducono Italo Svevo a riprendere l’attività
letteraria:

o l’incontro nel 1905 con James Joyce, il celebre scrittore irlandese, che viveva allora a Trieste dove
insegnava inglese presso la Berlitz School e che diede dei giudizi lusinghieri sui due romanzi
pubblicati in precedenza da Svevo.

o l’incontro con la psicoanalisi e con le opere di Freud, ancora sconosciuti in Italia, che avviene tra il
1908 e il 1910. L’occasione è data dal cognato di Svevo che in quegli anni aveva sostenuto una
terapia a Vienna con Freud.

Nel 1919, Svevo inizia il suo terzo romanzo, La coscienza di Zeno, che viene pubblicato nel 1923.
Come per i due precedenti romanzi, l’opera passa inosservata.
Grazie a James Joyce, a cui Svevo invia il romanzo, l’opera, tradotta in francese, conosce immediatamente
una larga fama in Francia, dove, all’epoca, Joyce si era trasferito a vivere, e successivamente in Europa.
L’Italia continua invece ad ignorare il valore di Svevo e l’unica voce a suo favore è quella di un giovane
poeta, Eugenio Montale, che entusiasta del romanzo gli dedica un ampio saggio su una rivista letteraria.
Italo Svevo, già in condizioni di salute precarie, muore il 13 settembre 1928 a causa di un collasso a seguito
di un incidente automobilistico, nell’ospedale di Motta di Livenza.
Solo a partire dagli anni Sessanta verrà riconosciuto il valore delle sue opere letterarie.

L’INETTITUDINE

Chi è l’inetto? 
L’inetto è il protagonista e contemporaneamente l’antagonista di se stesso, continuamente in contrasto
col mondo che lo circonda, incapace di vivere ma non abbastanza coraggioso da morire, tra lavori e amori
destinati a fallire. 
L’inettitudine è un tema cardine della letteratura europea del ‘900: non solo Zeno Cosini e Emilio
Brentani, protagonisti rispettivamente della  Coscienza di Zeno e di  Senilità, ma anche il Mattia Pascal di
Pirandello, L’uomo senza qualità di Musil, Lo straniero di Camus.
Le caratteristiche peculiari di questo sinistro personaggio sono perfettamente descritte ne “La coscienza di
Zeno”: in primis, il rapporto conflittuale con la figura paterna. Nella  Coscienza  c’è un intero capitolo
dedicato esclusivamente alla morte del padre e alla famosa scena dello “schiaffo”, un punto-chiave che ci
rivela i primi sintomi di inadeguatezza alla vita:
Due capitoli, poi, sono incentrati sul rapporto dell’inetto con le donne: la prima donna che cattura
l’attenzione del nostro protagonista è Ada, donna gelida e altera, dai capelli neri e ricci e di una bellezza
folgorante. È la primogenita del signor Malfenti, che ha quattro figlie: Ada, Augusta, Alberta e Anna.
Per cui, Zeno, deve desistere dal conquistare la bella Ada e ripiegare sulla secondogenita, Augusta, descritta
come una donna fortemente strabica: La proposta che Zeno fa ad Augusta è veramente rude, tant’è che lei
teme uno scherzo e gli dice che lui ama sua sorella Ada.

L’inettitudine è perciò un’attitudine alla debolezza, alla mancanza di spirito e di personalità, una vera e
propria malattia che si inserisce nel contesto storico di quegli anni, ma che si protrae per tutto il ventesimo
secolo. Anni ricchi di novità culturali: la più importante, e direttamente connessa al romanzo, la fondazione
della psicoanalisi di Sigmund Freud.

LA COSCIENZA DI ZENO

Cos’è?
E' un romanzo scritto da Italo Svevo pubblicato nel 1923 che narra le vicende di Zeno Cosini, un ricco
triestino, che per liberarsi dal vizio del fumo si sottopone a una cura psicanalitica che consiste nel mettere
per iscritto la propria vita.

Zeno riflette sul vizio del fumo perché per l'ennesima volta voleva cercare di smettere ed i primi ricordi che
gli affiorano in mente sono quando da piccolo ha iniziato a fumare.
Quando  inizia a fumare? Zeno inizia a fumare da piccolo all'incirca negli anni ’70.
La Coscienza si apre con la Prefazione del dottore psicoanalista (identifica dall'ironicamente beffarda
etichetta di "dottor S.", con un sotterraneo richiamo al cognome dell'autore reale) che ha avuto in cura
Zeno e che l'ha indotto a scrivere la sua autobiografia. Nella sua lettera, il dottor S., spiega di aver deciso di
pubblicare a scopo vendicativo le confessioni scritte di Zeno, perché indignato dalla sua mancanza di
volontà di “curarsi”, avvisando il lettore di non credere al racconto del nevrotico paziente.
L'immagine che si ricava del “Dottor S.” è quella di un pasticcione, il quale invece d'interpretare ciò che gli
racconta (come dovrebbe) giudica subito il proprio paziente. Cioè un disastro immane dal punto di vista
professionale che rende Zeno un vero eroe, visto che rifiuta con saggezza la cura così male impostata.
Via via Zeno adduce degli alibi per giustificare la propria incapacità di smettere di fumare. Una figura molto
importante per Zeno è quella del padre, con il quale il personaggio ha un rapporto di amore e odio. Il
tema della malattia, centrale in tutto il romanzo, emerge fin dalle prime pagine.
Per procurarsi i soldi necessari alle sigarette, infatti, il piccolo Zeno ruba i soldi dal panciotto del padre e i
mozziconi di sigaro che il padre lascia sparsi per la casa.

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