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ITALO SVEVO (1861 - 1928)

LA VITA
§ Nasce a Trieste
§ Pseudonimo di Ettore Schmitz: duplicità culturale
§ Famiglia ebrea, padre commerciante austriaco
§ 1892: muore il padre, pubblica “Una vita” e sposa sua cugina (borghesia molto solida)
§ 1898: entra a far parte dell’industria Veneziani e volontà di abbandonare la letteratura
§ Durante la guerra salva la fabbrica e ne ricava alti profitti
§ 1919: ritorno alla letteratura
§ 1919-1923: scrive e pubblica “La coscienza di Zeno”

LA CULTURA E LA POETICA
§ Filoni di pensiero contraddittori: positivismo, Darwin e Marx VS pensiero negativo di
Schopenhauer e Nietzsche.
§ Marx: rifiuta la “soluzione sociale” e riprende il socialismo come prospettiva critica sulla
civiltà.
§ Darwin: rifiuta l’ottimismo progressista ma riprende l’analisi dell’evoluzione dell’umanità.
§ Schopenhauer: rifiuta la “noluntas” ma riprende soprattutto la capacita di criticare gli
autoinganni e di sottolineare il carattere inconsistente delle ideologie e dei desideri dell’uomo.
§ Nietzsche: rifiuta il vitalismo dionisiaco ma riprende la pluralità dell’Io.
§ Freud: rifiuto della psicoanalisi come terapia rivela nello Svevo della Coscienza di Zeno una
difesa dei diritti dei cosiddetti “ammalati” rispetto ai “sani”. La nevrosi, per Svevo, è anche
un segno positivo di non rassegnazione e di non adattamento ai meccanismi alienanti della
civiltà, la quale impone lavoro, disciplina, obbedienza alle leggi morali, sacrificando la ricerca
del piacere. L’ammalato è colui che non vuole rinunciare alla forza del desiderio. La terapia
lo renderebbe si più “normale”, ma a prezzo di spegnere in lui le pulsioni vitali. Per questo
l’ultimo Svevo difende la propria “inettitudine” e la propria nevrosi, viste come forme di
resistenza all’alienazione circostante.

CARATTERI DEI ROMANZI SVEVIANI


§ Centrale sta l’investigazione degli autoinganni e cioè lo svelamento degli alibi morali e delle
razionalizzazioni che nascondono la spinta delle pulsioni inconsce.
§ “Una vita” e “Senilità”: in terza persona, “giudice istruttore”— voce narrante interviene con
giudizi che marcano il netto dislivello esistente fra la sua coscienza giudicante e quella più
limitata del protagonista. L’inetto è un letterato piccolo-borghese
§ “La coscienza di Zeno”: dislivello tra la coscienza giudicante e quella più limitata del
protagonista viene quasi del tutto a cadere. L’inetto è un uomo che vive nel mondo della
finanza e del commercio e che gioca con la propria goffaggine sino a rivendicarne addirittura
i meriti.
§ “UNA VITA”: Il protagonista è Alfonso Nitri che si sente diverso e vorrebbe apparire
superiore che sa il latino e ama leggere poesie. D’altra parte le funzioni intellettuali dell’uomo
di cultura sono ormai decadute: egli deve fare il copista in una buca ed è costretto a mansioni
esclusivamente ripetitive e automatiche, ma sogna il riscatto attraverso la letteratura. La sua
frustrazione lo induce a tentare il salto di classe seducendo Annetta Maller, la figlia del
padrone della banca presso cui lavora. A questo punto, inaspettatamente, il meccanismo
dell’affermazione sociale si inceppa. Il protagonista infatti, è un ometto incapace di
approfittare della situazione favorevole che potrebbe portarlo al matrimonio con una ricca
ereditiera. Preso da inspiegabile paura, Alfonso fugge al paese per andare dalla madre, che
trova morente. Infine morta a madre e venduti i suoi beni, torna n banca. Annetta si è fidanzata
intanto con il suo rivale, Macario che rappresenta dunque il contrario speculare della sua
inettitudine. Una l’etera di Alfonso ad Annetta viene interpretata dai Maller come in tentativo
di riscatto. Il fratello di Annetta lo sfida al duello, ma Alfonso preferisce rinunciare alla loro
e suicidarsi.
§ “SENILITÀ”: Il protagonista Emilio Brentani, letterato, non si oppone alla “normalità” in
nome di una formazione umanistica accettandone le consuetudini borghesi e uniformandosi.
É la storia di un impiegato di trentacinque anni, Emilio Brentani, che ha scritto un romanzo e
frequenta i circoli letterari triestini.
Emilio trascorre una esistenza senile, opaca e grigia. Sogna però una avventura “facile e
breve” come quelle di cui è esperto l’amico Stefano Balli, scultore fallito ma dongiovanni
fortunato. Quando Emilio conosce Angiolina, una bella popolana, sembra che la vita gli
conceda finalmente tale possibilità. Ma egli subito idealizza la donna , andando incontro a
un’insanabile contraddizione: in realtà la ragazza non ha nulla di angelico, ma obbedisce solo
agli stimoli occasionali della passione e dell’interesse immediato. Quando infine egli se ne
accorge, Angiolina gli appare rozza e volgare. Dopo aver tentato di lasciarla, si accorge di non
riuscire a vivere senza la “giovinezza” di lei e perciò riallaccia la relazione, che giunge sino ad
un possesso fisico.
Ma a questo punto la ragazza si innamora di Balli, per cui fa la modella. La vicenda si complica
perché anche Amalia, in segreto, ama lo scultore.
Quando Emilio se ne accorge, chiede all’amico di non frequentare più la propria casa. Amalia
travolta dalla passione, ricorre all’etere per dimenticare e si indebolisce a dal punto che, alla
fine si ammala di una gravissima polmonite. Emilio lascia la stella morente per un ultimo
appuntamento con Angiolina, in cui la insulta violentemente.
Poi ormai, rimasto solo, senza Angiolina e senza Amalia, si chiude definitivamente in quella
senilità da cui non è mai uscito davvero.
Il romanzo si era aperto proprio quando un imprevisto (l’incontro con Angiolina) sembrava
offrire una possibilità di vita in grado di vincere la Senilità del protagonista e si chiude quando
tale possibilità viene meno.
Al motivo sociale dell’impiegato e del letterato piccolo- borghese , frustrato e inadatto alla
vita, si aggiunge quello intimo della “senilità”.
INETTITUDINE E SENILITA’
Nella pagina iniziale vengono portati sulla scena direttamente i due protagonisti , Emilio Brentani
e indirettamente Amalia, sorella di Emilio, che vive nella sua ombra e gli fa da madre.
Presentando la figura di Emilio, il narratore traccia un implicito collegamento fra inettitudine e
senilità, intesa come incapacità di osare, come eccesso di prudenza e di cautela che impedisce
l’abbandono al godimento e alla felicità.
Tutto il brano è costruito su una opposizione di fondo. Infatti sia all’inizio che alla fine di esso
troviamo i termini contrapposti della psicologia di Emilio: da un lato la cautela, il timore dei
pericoli, dall’altro il desiderio di godimento.
IL ritratto di Emilio è condotto dalla voce narrante che ne nota le contraddizioni, gli autoniganni,
gli alibi morali: per esempio Emilio dichiara di consigliare la cautela ad Angiolina, per il “bene”
di lei , quando in realtà gli pensa solo al proprio interesse.
Il ritratto di Angiolina è filtrato dal punto di vista di Emilio, che la immagina come un simbolo
di salute contrapposto alla propria debolezza.
Nel personaggio di Emilio letteratura e ,malattia coincidono. La letteratura è solo uno strumento
di difesa della realtà ed è propria dei deboli e degli inetti. É interessante tuttavia notare che nella
Coscienza di Zeno si assisterà a in capovolgimento della posizione di Senilità, a una difesa della
malattia e a una critica della salute e della normalità.

LA COSCIENZA DI ZENO
LA SITUAZIONE CULTURALE TRIESTINA E LA COMPOSIZIONE DEL ROMANZO
Esce nel 1923, dopo il lunghissimo periodo di silenzio letterario dovuto a diverse ragioni (tra cui
probabilmente l’abbandono tranquillo del lavoro per l’impegno nell’industria di vernici della
famiglia della moglie).
Il titolo riflette la consapevolezza, il titolo “coscienza” può far riferimento alla coscienza morale
o alla consapevolezza, che si può intendere come consapevolezza già acquisita o che si sta
acquisendo. Inoltre la coscienza di Zeno si può intendere in senso positivo o negativo: come
consapevolezza delle proprie azioni oppure come inconsapevolezza.
La “Coscienza di Zeno” è suddiviso in sette capitoli preceduti da una prefazione, in questi sette
capitoli Zeno parla della propria vita e della coscienza che ne ha avuta.
Il tempo di narrazione è impuro e misto, perché gli avvenimenti sono sempre alterati dal
desiderio del narratore, infatti rievocando il passato, lo modifica.
La coscienza di Zeno inizia con un memoriale inviato al suo psicanalista, il dottor S. Costui non
ha trovato di meglio che indurre il suo paziente a scrivere una storia della sua malattia.
Egli spera che una simile attività sia un buon preludio alla psico-analisi ma viene deluso da Zeno,
il quale abbandona il trattamento e la cura. IN conseguenza lo psicanalista promette di pubblicare
il memoriale per vendetta.
Inoltre, Zeno è un nevrotico, questa malattia infatti comporta l’allontanamento dalla coscienza
degli eventi sgradevoli che vengono sepolti nell’inconscio, perciò il nevrotico non potrà mai
essere un testimone di fatti che sono in relazione alla sua nevrosi quindi il lettore della coscienza
non potrà mai prendere per buone le interpretazioni e le ricostruzioni stesse degli avvenimenti e
del proprio comportamento effettuate da Zeno.
Inoltre, la Coscienza di Zeno è una opera aperta, in cui non solo manca un giudizio sulla vicenda
e sui personaggi, ma non viene neanche esposta una concezione di vita.
TESTO: “LA PREFAZIONE DEL DOTTOR S.”
É una pagina che orienta tutto il romanzo, l’elemento più importante è la inattendibilità di Zeno,
che ha mescolato verità e bugie.
“Novella” fa pensare ad un racconto di fantasia.
TESTO: “LO SCHIAFFO DEL PADRE”
Non è ancora risolta la lunga conflittualità di Zeno col padre, questo cade all’improvviso di un
edema cerebrale, che lo priva della coscienza e lo porterà inevitabilmente alla morte. Il medico ha
affermato che l’ammalato deve stare assolutamente a letto. Zeno prende la prescrizione alla
lettera, forse troppo. Il padre, levandosi in piedi con un supremo sforzo, lascia cadere la mano
sulla guancia del figlio.
Lo schiaffo da padre in punto di morte non può essere inteso alla lettera come punizione, visto
che il padre era privo di coscienza.
Ma quell’atto a Zeno ha provocato un senso di colpa, voleva capire se quello schiaffo fosse
meritato ed intenzionale. Perché Zeno aveva sostenuto con forza di fronte al medico l’opportunità
di lasciar morire suo padre senza procuragli cure inutili.
Centrale è il senso di colpa dove Zeno cerca di allontanare la realtà con l’utilizzo dell’ironia, è
irrilevante stabilire se lo schiaffo fosse consenziente o meno perché il suo senso di colpa non si
attenua.
TESTO: “LA PROPOSTA DI MATRIMONIO”
Zeno decide improvvisamente di sposarsi per compensare il vuoto del padre. Il suo futuro
suocero sarebbe stato Giovanni Malfenti che aveva quattro figlie: Ada, Augusta, Alberta e Anna.
Subito tra le fanciulle egli sceglie Ada la più bella, ma riesce solamente a far innamorare Augusta,
la cui bruttezza è evidenziata da un occhio strabico.
Ada non è infatti innamorata di lui, anzi il fatto che ironizzi tutto viene visto negativamente . É
invece innamorata di Guido Speier.
Zeno si era avvicinato nei confronti di Ada non per “Conquistarla” ma per “sposarla”, Zeno più
che una determinata persona, cerca una moglie.
É proprio con Augusta che scatta l’identificazione materna, che non è stata possibile con Ada—
“Zeno avete bisogno di una donna che voglia vivere per voi e che vi assista”. La soluzione di
augusta quindi risulta essere un compromesso: si rivelerà un ottima moglie e Zeno se ne
innamorerà”
TESTO: “LO SCAMBIO DI FUNERALE”
Quando guido muore per effetto di un potente sonnifero, Zeno sbaglia clamorosamente funerale.
É il suo inconscio che agisce difendendosi dal senso di colpa: Zeno infatti avrebbe potuto
prevedere che Guido si sarebbe suicidato, ma lo aveva tracciato ad Ada proprio perché ancora
inconsciamente, voleva sbarazzarsi del suo rivale.
Guido ricatta la moglie cercandosi di farsi prestare dei soldi, inizialmente li riceve ma poi glieli
nega anche perché Ada non crede alla minaccia del suicidio. Quando arrivano i soccorsi poi è
troppo tardi, era morto.
É un riferimento a Freud, per Freud dire una parola al posto di un altra , non sono operazioni
causali, ma possono rivelare un significato profondo. Si può ad esempio dimenticare un nome
perché quel nome ce ne ricorda un altro di una persona sgradita.
Zeno trova il modo di giustifica re la sua assenza al funerale con il fatto di aver fatto recuperare
dei soldi nonostante le perdite di Guido
TESTO: “LA VITA E’ UNA MALATTIA”
La guerra sorprende Zeno mentre è in villeggiatura nella campagna sul Carso, e la lontanava con
la famiglia gli apre la strada ad un’altra attività: la speculazione con cui si procura facili ed ingenti
guadagni. Egli è convinto di aver finalmente raggiunto la tanto desiderata salute.
Queste ultime pagine sono molto contraddittorie e complesse.
Da una parte Zeno dichiara di sostenere nel modo più categorico di essere guarito, dall’altra però
dichiara che l’uomo è inevitabilmente destinato alla distruzione e all’estinzione proprio a causa
della civiltà come egli la ha concepita e costruita.
Il messaggio: il commercio per Zeno rappresenta la guarigione, significa il suo successo sociale,
con la gratificazione che ne deriva. Ma appare evidente che tale successo è dovuto alla violenza
che Zeno esercita sugli altri: la speculazione sulla guerra…
GIUSEPPE UNGARETTI (1888 - 1970)
§ Nasce nel 1888 ad Alessandria d’Egitto, i suoi genitori sono toscani, nel 1912 si sposta a Parigi
dove entra in contatto con tutta l’avanguardia
§ 1915: viene chiamato in guerra come soldato semplice e la guerra sarà la grande esperienza
che inciderà sulla sua vita (combatterà per quasi tutta la prima guerra mondiale)
§ 1916: era uscito il suo primo libro “Il porto sepolto”
§ 1919: viene dato alle stampe una seconda raccolta dal titolo “allegria di naufragi” al cui interno
si trovano anche le poesie della prima raccolta. Dall’edizione del 1931 il titolo viene cambiato
in “allegria”
§ 1918 – 1931: rimarrà a Parigi in cui si sposerà ed avrà anche dei figli. Dalla morte dei figli la
sua poetica subirà un cambiamento e scriverà poesie che andranno a far parte della raccolta
“il dolore”.
§ 1921: ritorna a Roma e lavora prevalentemente come giornalista.
§ 1923 esce un’altra sua opera dal titolo “sentimento nel tempo”
§ 1937–1942: vive a San Paolo, in Brasile in cui insegna lingua e letteratura italiana all’università.
§ Per quanto riguarda la produzione poetica ricordiamo due opere:
§ 1942: l’editore Mondadori inizia a ripubblicare le opere di Ungaretti sotto la raccolta dal titolo
complessivo di “vita di un uomo”.
§ Morirà poi nel 1970 all’eta di 82 anni.

PRODUZIONE POETICA
Si può dividere in due fasi:
§ Prima fase: riguarda la produzione per la raccolta l’”allegria” si ha un approccio fortemente
rivoluzionario, troviamo la frantumazione della sintassi e della metrica, la quasi sparizione
della punteggiatura, e versi addirittura composti da una sola parola.
§ Seconda parte: raccolta “sentimento del tempo”, si impone un taglio più classicistico ed
armonioso, viene recuperata la metrica tradizionale e anche dal punto di vista espressivo e
delle forme stilistiche si hanno delle forme meno estreme, tuttavia anche in queste due fasi
possiamo togliere una costante della sua poetica che accomuna le fasi, ed è il culto della parola.
Infatti la parola, nella poesia di Ungaretti è caricata del massimo di tensione espressiva, e
quindi ogni parola racchiude in se una rivelazione. Quindi Ungaretti tende a considerare la
poesia come l’unica in grado di rivelare la verità attraverso la ricerca delle parole (nessuna
parola è a caso).

L’ALLEGRIA
I testi più antichi che fanno parte di questa raccolta risalgono al 1914 mentre quelli più recenti
son quelli del 1919. (Prima e dopo l’esperienza di guerra).
Già quindi guardando la disposizione cronologica si sa che al centro sta l’esperienza della prima
guerra mondiale, ed è proprio la vita di guerra e di trincea che sarà la tematica dominante della
raccolta.
Il primo nucleo venne pubblicato nel 1916 e portò il titolo del porto sepolto, nel 1919 poi vennero
aggiunti nuovi testi per una edizione fiorentina che muta il titolo in “allegria di naufragi”.
A partire dall’edizione del 1931, l’edizione milanese cambia il titolo in “ l’allegria”.
IL PORTO SEPOLTO
Con questo titolo Ungaretti vuole far riferimento ad una leggenda nata in Egitto, questa leggenda
raccontava dell’esistenza di un antico porto sommerso vicino ad Alessandria, però comunque
dietro a questo rimando al mito, si può anche cogliere un altro riferimento che vuole rimandare
alla forma misteriosa e nascosta che assumono le cose, al significato nascosto delle cose.
ALLEGRIA DI NAUFRAGI
Questo titolo rimanda al tema della guerra, l’idea del naufragio, che secondo Ungaretti la guerra
è il momento per eccellenza della tragedia esistenziale che coinvolge l’uomo in generale.
Sullo sfondo però di questa tragedia, resta la possibilità di una espressione di vitalità, di uno
slancio positivo, infatti si parla di allegria.
La poesia diventa quindi il punto di incontro tra la presa di coscienza della tragedia (che
caratterizza l’esistenza umana ) e il bisogno di una forma di positività (uno slancio vitale).
L’ALLEGRIA
SI punta tutta l’attenzione su quella che è la spinta vitale che è invincibile nell’essere umano.
“Rendo più diretto ed assoluto il rimando all’energia vitale, all intenzione positiva di valorizzare
per mezzo della parola poetica il fondo di autenticità e di vitalità che può ancora essere colto nella
condizione intrinsecamente tragica e disperata dell’uomo moderno.”
La prima sezione dell’opera si intitola “ultime”, e contiene quelli che sono i testi più antichi, cioè
quelli precedenti all’esperienza di guerra.
La seconda sezione dell’opera si intitola “il porto sepolto” e raccoglie appunto gran parte dei
componimenti pubblicati nell’edizione che aveva questo titolo (edizione del 1916), e sono le
poesie di guerra composte tra il 22 dicembre 1915 e il 2 ottobre del 1916.
La terza sezione si intitola “naufragi” e comprende le poesie di guerra composte sul fronte
italiano e sono state composte tra il 26 dicembre 1616 e il 31 agosto 1917
La quarta sezione si intitola “girovago” e comprende le poesie/testi scritti durante l’esperienza
di guerra in Francia, sono quelle composte tra il marzo ed il luglio del 1918.
La quinta ed ultima sezione si intitola “prime”, e contiene i testi composti dopo la guerra nel
periodo trascorso tra Parigi e Milano nel 1919. Questo è un momento di passaggio tra la poetica
prevalente nell’”allegria” e quella nella seconda fase che si esprimerà nell’opera “sentimento del
tempo”.
TESTO “IL PORTO SEPOLTO”
In questa poesia si trovano concentrati alcuni dei temi più importanti della poetica di Ungaretti:
il mistero sopratutto sulle origini dell’uomo. Vi è un tentativo da parte del poeta di far luce su
questo mistero ma e risulta solamente quasi un fallimento e un insuccesso.
Nella prima parte della poesia viene narrato come il poeta raggiunga le profondità del porto
sepolto e come nel venire in superficie sia ricco di canti poetici che decide di privarsene per
donargli agli altri.
Nella seconda parte si nota invece come il poeta riesca a marcare eccellentemente il senso di
mistero e di indeterminazione che sta alla base del fare poetico (questo avviene tramite l’utilizzo
di piccoli accorgimenti lessicali come “questa” o “quel” in cui quest’ultimo cerca di valorizzare il
senso di lontananza , fondamentale nell’infinito mistero della poesia.
Vi è una somiglianza con l’infinito di Giacomo Leopardi perché anche egli manifesta il senso
dell’eterno proveniente dal confronto tra oggetti concreti e oggetti astratti.
I temi fondamentali sono 2:
il primo è l’origine dell’esistenza che il poeta ritrova in se ed esprime in forma letteraria
Il secondo è la lotta che l’uomo ha contro il tempo ( il quale distrugge tutto)—- questo
collegamento lo si può fare al titolo” porto sepolto” che ricorda la città natale del poeta
(Alessandria d’Egitto).

TESTO “FRATELLI”
Questo componimento si concentra ancora una volta sull’inumanità della guerra, ma anche sulla
possibilità di resistere al suo orrore, se ci si tiene fermi al senso di alcune parole che per l’uomo
rimangono fondamentali. La parola “fratelli”, la cui presenza è centrale in tutta la poesia, dal
titolo fino all’ultimo verso, è una di queste espressioni di cui gli uomini non dovranno mai fare a
meno.
Importanti nel testo sono la rima “tremante-spasimante” e l’allitterazione che mette in contrasto
sempre questi ultimi con “presente”. Un’altra allitterazione è presente tra “fragilità - fratelli”.
Importante è anche la metafora della foglia per esprimere la “fragilità” della parola fratelli che
rimanda alla stessa immagine adoperata dal poeta in “Soldati”.

TESTO “SOLDATI”
É il testo che chiude la quarta sezione del libro “Girovago”. Viene colta e dichiarata con una
similitudine la condizione sospesa e minacciata dei soldati durante uno scontro a fuoco . La scelta
di un’immagine tradizionale come quella della foglia che in autunno sta per staccarsi dal ramo è
riscattata grazie alla fulminea incisività del componimento e alla valorizzazione dei singoli
elementi per mezzo dei brevissimi versi. I soldati sono in una condizione che li fa assomigliare a
quella, assai incerta e minacciata delle foglie in autunno.

TESTO “SAN MARTINO DEL CARSO”


Temi. La poesia è costruita attraverso due figure consecutive: i brandelli di muro e di
conseguenza i compagni scomparsi. Ritroviamo la frammentazione dei versi, brevità, uso di
termini crudi ed espressionistici come nel componimento “Veglia”.
Figure retoriche. L’autore a differenza di altre poesie non pone particolare attenzione ad
includere delle figure retoriche; infatti oltre all’anafora (“non è rimasto”) ripetuta in due versi,
ritroviamo una sorta di personificazione nel verso 3.
Infatti con l’espressione “brandelli di muro” l’autore conferisce sembianze umane ai resti che
davanti a sé trova.
TESTO “MATTINA”
Presenta i principali aspetti della poetica ungarettiana. La comprensione richiede di soffermarsi
soprattutto sul titolo in modo da capire la poesia, “mattina” lo splendore del sole sorto da poco
trasmette al poeta una sensazione di luminosità che prova immediate associazioni interiori ed in
particolare il senso di vastità, M’illumino d’immenso infatti significa : l’idea della infinita
grandezza mi colpisce nella forma della luce. Una sensazione legata al dato naturale della
mattina, diviene immediatamente un sentimento interiore, con scambio rapidissimo tra
sensazione e pensiero, secondo i modi tipici del simbolismo.
TESTO “VEGLIA”
É una delle poesie più forti della raccolta “allegria” (soprattutto grazie anche all’utilizzo lessicale
con parole cariche di violenza (buttato, massacrato, digrignato)
Nella poesia il poeta racconta come egli sia restata accanto al cadavere di un suo compagno morto
e arriva fino a condividere con lui l’esperienza della morte. Per condannare questa triste
condizione dell’essere umano, il poeta contrasta questa sensazione con un forte atto vitale infatti
con le parole “lettere piene d’amore” vi è ufficialmente in attaccamento alla vita.
In questo testo soprattutto nella parte finale troviamo l’autore che nella tristezza ricerca un senso
di positività e di armonia rappresentato dal verso “ non sono mai stato tanto attaccato alla vita.

TESTO “SONO UNA CREATURA”


Al centro vi è una similitudine tragica, “sono una creatura” è una poesia in cui il poeta associa la
propria condizione disumana a quella della pietra di San Michele che, fredda e prosciugata
rappresenta la desertificazione dell’io.
Molto importante è la concezione di vita che emerge negli ultimi versi “la morte si sconta
vivendo” in cui la liberazione della morte secondo Ungaretti si paga con la sofferenza della vita,
la possibilità della morte è per il soldato, liberatrice da una atroce esistenza.

TESTO “ I FIUMI”
É uno dei testi più importanti e dell’intera opera ungarettiana.
Il poeta in un momento di riposo dalla guerra, ha fatto il bagno nel fiume Isonzo. A sera ripensa
a quell’esperienza e si rende conto che l’acqua dell’Isonzo ha rievocato e come riepilogato in se
stessa quella di altri tre fiumi: Serchio, Nilo e Senna, rappresentativi di altri momenti della sua
vita.
L’immersione nell’acqua del fiume comporta due conseguenze: una regressiva e una
purificatrice. La purificazione permette al poeta di sentirsi in armonia coll’universo, di percepire
la propria esistenza.
La regressione permette invece di recuperare anche la dimensione temporale, cioè il proprio
passato individuale, facendone quasi un attributo del presente: anche la storia della propria vita
diventa per il poeta recuperabile come ricchezza presente, in nome della generale condizione di
“armonia”.
Il poeta ci presenta diversi aspetti della sua esistenza citando alcuni fiumi per lui molto
importanti:
§ Il Serchio, il fiume del territorio di Lucca, la città originaria della famiglia del poeta;
§ Il Nilo che lo “ha visto nascere” perché il poeta è nato ad Alessandria d’Egitto e lì ha vissuto
la sua adolescenza, quando ancora non aveva piena consapevolezza di sé e del mondo;
§ La Senna di Parigi, città nella quale Ungaretti ha conosciuto il “torbido” malessere esistenziale
(lo spleen di cui ha parlato Baudelaire), e ha acquisito consapevolezza e si è formato come
letterato;
§ L’Isonzo, il fiume che scorre nel Carso devastato, su cui i fanti italiani combatterono dodici
battaglie terribili contro gli Austriaci.
Ancora una volta è la tragedia della prima guerra mondiale la vera protagonista del
componimento, ed è un paesaggio di guerra quello che ci viene presentato. Il poeta resiste nel
paesaggio come un albero mutilato e contempla la natura per ritrovare il senso delle cose.
I fiumi, infatti, hanno un valore di «summa poetica (ed esistenziale), nei quali una
tregua della saison en enfer [stagione all’inferno] dei combattimenti si concretizza nel gesto
archetipico dell’uomo che affida la propria ansia di assoluto al flusso eracliteo del divenire (vv.
61-69)».
Il poeta è nascosto in una dolina: cavità tipica del terreno carsico, usata dai soldati come trincea,
durante la prima guerra mondiale. Ciò che lo circonda è desolante: è un circo senza spettatori,
perché è il momento in cui le luci della ribalta sono spente.
Il poeta, unico superstite, si sente come una reliquia conservata in un’urna (l’urna d’acqua è l’atto
simbolico della morte, se si legge la poesia come una discesa agli inferi) e, dopo essersi alzato
cammina in bilico, come farebbe un acrobata (riprende la metafora del circo), sul fondo melmoso
e pieno di sassi. S’immerge nelle acque del fiume e dopo si avvicina ai suoi vestiti “sudici di
guerra” e come un beduino (similitudine che richiama un nomade arabo che vive nei deserti
dell’Africa, terra in cui il poeta è nato) si prostra per ricevere il sole.
L’Isonzo è il fiume in cui il poeta si riconosce fino in fondo come una parte piccolissima
dell’universo (“una docile fibra dell’universo”), dopo aver compiuto un lungo processo per
acquisire la consapevolezza di essere comunque nella soavità dell’acqua, così come nell’angoscia
che deriva dal vedere la devastazione del Carso.
La guerra mette l’uomo a nudo e lo porta ad una maggiore consapevolezza di sé e dei suoi
rapporti con la natura, a conoscere pienamente la condizione umana. I fiumi ricostruiscono la sua
fibra e lo aiutano ad entrare in armonia con il creato e con se stesso, sebbene permanga un forte
senso di nostalgia, tanto è che la poesia si chiude come è iniziata: con un paesaggio notturno che
riflette l’angoscia e la desolazione che il poeta prova di fronte al mondo sconvolto dall’atrocità
della guerra.
Questa poesia presenta alcune delle innovazioni stilistiche tipiche del lirismo
dell’Allegria di Ungaretti: l’indicazione del luogo e della data della composizione; il contenuto
autobiografico; la sintassi particolarmente frammentata e una metrica diversa da quella
tradizionale, perché i versi sono ridotti a brevi sintagmi (i cosiddetti “versicoli”) alla ricerca della
cosiddetta parola “scavata”.
L’Allegria tutta attua una nuova sintassi lirica: le rare parole campeggiano con forza sul foglio
bianco. Ungaretti si pone, infatti, l’obiettivo di ritornare ad una significazione autentica,
staccandosi nettamente dalla retorica della poesia dei poeti-vati.
UMBERTO SABA (1883 - 1957)
Nasce a Trieste, il 9 marzo del 1883. La madre è ebrea, ed è una donna con carattere severo, il
padre non viene conosciuto molto, perché prima della nascita abbandona la famiglia; segnerà la
vita successiva di Saba. Viene affidato ad una balia, vive fino all’età di 3 anni. Periodo che ricorda
in maniera bella, spensierata, con marito che lo trattava bene. La madre decide poi di
riprenderselo e inizia un periodo diverso, gli impone un’educazione rigida.
Questa situazione familiare nel complesso lo segnerà particolarmente, tanto che a 20 anni inizia
a manifestare i sintomi di nevrosi. Farà poi delle terapie, la nevrosi lo accompagnerà fino alla fine
della sua vita. 1907-8 viene chiamato alle armi. 1909 si sposa. decide di acquistare la libreria che
sarà la sua attività. Nel 1921 esce la prima edizione del suo Canzoniere. È la raccolta di tutta la
sua produzione poetica principale. Durante la seconda guerra mondiale sarà costretto a spostarsi
continuamente e muore il 25 agosto nel 1957.
La poesia si Saba è in contrapposizione per esempio con d’Annunzio, ma anche la tendenza
dell’ermetismo con Ungaretti. Poesia un po’ differente, a volte le sue poesie sembrano che ci
portino nella narrazione.
La sua poesia è una poesia molto autentica, onesta che cerca di portare avanti la verità contro
tutto quello che è la bellezza formale e artificio. Saba afferma che la poesia deve esprimere in
modo limpido e semplice la verità del mondo interiore, senza misticazioni né abbellimenti.
Da una parte ci sono degli elementi che si rifanno alla tradizione e dall’altra elementi di forte
autenticità. A volte si fa delle forme tradizionali ma cerca sempre di rinterpretarla in modo nuovo,
perché sono di facile interpretazione per le persone. Anche in Saba, tutto il mondo della
psicoanalisi avranno un ruolo importante. Utilizza la psicoanalisi come un mezzo per riuscire a
decifrare e interpretare le contraddizioni del reale. La poesia di Saba parte dell’interiorità, analisi
dell’io, e poi cerca di diventare un valore della collettività. La poesia non può essere uno
strumento che cancella il dolore, ma è una valida consolazione che riesce a rende re più leggero
il peso della vita. il rifiuto di una poesia intesa come un qualcosa di bello fine a se stesso e invece
la ricerca di una massima chiarezza e onestà.
CANZONIERE
Composta tra il 1900 e 1954.
Prima edizione del libro pubblicata nel 1921 e una seconda edizione nel 1945. L’edizione del 1945
che ridisegna l’opera come era stata pensata nel ’21. Compare la divisione in 3 volumi e il 1
volume riproduce l’edizione precedente. Corrisponde ad un’idea definitiva della struttura
dell’opera che non verrà modificata da tutte le edizioni successive. L’ultima edizione sarà
pubblicata dopo la sua morte nel 1961. La scelta del titolo è significativo, si fa alla tradizione della
lirica italiana. Il canzoniere è organizzato in 3 volumi; 1 volume in 8 sezioni e 2 e 3 in 9 sezioni.
La struttura dell’opera fa si che l’aspetto di questa raccolta sia di un’opera unitaria e non
frammentata. Tutta questa impalcatura da all’opera “l’idea di un romanzo”; questa tendenza
narrativa viene spesso utilizzata dai suoi studiosi perchè il suo è il racconto della ricerca del
significato della vita. è un racconto di autoanalisi.
I temi principali del canzoniere è il tema della scissione dell’io, deriva dalla sua infanzia e in
particolare dal carattere opposto dei due genitori. La separazione, abbandono del padre,
separazione dalla balia, andò ad accentuare la scissione interiore.
L’obiettivo dell’opera è quello di portare alla luce la scissione interiore del poeta e di cercare di
ricongiungere le parti. È centrale il tema dell’infanzia, che è il momento di incubazione della
nevrosi dell’uomo. un altro tema importante è il tema erotico. Le due donne ebbero un ruolo della
sua vita (balia e madre), la diversità tra le due donne, portarono a creare due modelli di
rappresentazione della donna. O le donne madri o le donne balia; tende ad inserire nei due
modelli l’universo femminile. Nel tema erotico, Saba considera i poeti come dei sacerdoti di Eros,
ritiene che i poeti debbano essere i cantoni della profonda verità elementare che accumuna tutti
gli esseri viventi, ovvero la brama.
Dal punto di vista del linguaggio e metrico, è originale perché è l’unico che decide di considerare
la fiducia nelle forme metriche della tradizione. Saba nel linguaggio utilizza la lingua vecchia
rinterprentandola ma stare comunque legata ad essa. Accostamento tra un lessico letterario e un
lessico molto più familiare, quotidiano, naturale.

TESTO: “A MIA MOGLIE”


Un pomeriggio d’estate racconta Saba mia moglie era uscita per recarsi in città. Rimasto solo
sedetti per attenderne il ritorno sui gradini del solaio. Non avevo voglia di leggere a tutto pensavo
fuori che a scrivere una poesia. Ma una cagna, una “lunga cagna” mi si fece vicino e mi pose il
muso sulle ginocchia, guardandomi con occhi nei quali si leggeva tanta dolcezza e tanta ferocia.
Quando poche ore dopo mia moglie ritornò a casa la poesia era fatta… Mi aspettavo un
ringraziamento ed un elogio mentre con mia grande meraviglia non ricevetti né l’una né l’altra.
Era invece rimasta male, molto male; mancò poco litigasse con me. Ma è anche vero che poca
fatica durai a persuaderla che nessuna offesa ne veniva alla sua persona, che era la mia più bella
poesia e che la dovevo a lei.
Attraverso le similitudini con i vari animali è esaltata la vitalità femminile della donna, alludendo
alla concezione profondamente positiva che Saba ha degli istinti naturali.
Molto importante è anche l’unicità della moglie tra le donne allude all’unicità della madre.
(Saba - se un bambino potesse sposare, sposerebbe la madre).
É esaltata l’unicità tra le donne anche perché dopo aver sentito il lamentarsi della donna, prova
un senso di colpa che lo spinge a un bisogno di autogiustificazione.

TESTO: “CITTÀ VECCHIA”


Saba incontra personaggi popolari, che conducono una vita assai diversa da quella borghese, una
vita più libera e istintiva. In loro egli afferma, è possibile vedere con chiarezza manifestarsi gli
impulsi autentici dell’uomo, non ancora del tutto nascosti dalla civiltà. Tali impulsi
rappresentano per Saba la vera condizione profonda di tutti gli esseri e in essi si esprime perciò
la purezza originaria delle pulsioni.
Vv 5-10: esprime in modo più autentico il vero significato della vita. nelle cose più umili si
possono riconoscere le più grandi: infinito e dio stesso. L’utilizzo di figure retoriche aiuta e unisce
in modo imprescindibile il senso che si vuole trasmettere. La struttura metrica, presenza di strofe
di diversa lunghezza, endecasillabi e settenari e rime incrociate. Ci sono dei linguaggi più facili
da interpretare e dei linguaggi che per comunicare utilizzano metodi più nascosti e sottili. Anche
una cosa banale (es. rima) ci possa prestare più attenzione al senso, significato che si nasconde
dietro ogni singolo elemento.
TESTO: “PREGHIERA ALLA MADRE”
In questa poesia il poeta si rivolge direttamente alla madre, ormai morta, rievocando l’angoscia
dei propri anni adolescenziali e soffermandosi sulla nuova prospettiva da cui ora egli si avvicina
a lei, quasi desiderando di annullarsi nello stesso destino di morte, ricongiungendosi così alla
madre.
Ungaretti rappresenta l’aspetto religioso della questione mentre Montale punta sull’aspetto
materiale della memoria. Saba invece, è interessato sl significato psicologico profondo
rappresentato dalla figura materna per il soggetto.
É per questa ragione che il ricordo non è considerato in termini stabili, ma prospettando
possibilità di una sua attenuazione o di una sua rinascita e rivivicazione

TESTO: "TRE POESIE ALLA MIA BALIA”


Saba ricostruisce in particolare il momento della separazione dalla balia e racconta il tentativo di
Ritrovare serenità ed equilibrio recandosi a trovarla a casa.
La prima delle tre poesie introduce alla riconquista della figura della balia ed alla dolcezza serena
che la vita con lei aveva rappresentato.
La seconda delle tre poesie, si riferisce al bisogno che il poeta avverte di recarsi a trovare la balia
dopo che il sogno l’ha ricondotta alla sua memoria.
La terza infine, riguarda il momento decisivo della separazione e cerca in qualche modo di
elaborarne la ferita.
In questi testi Saba riproduce grazie a un particolare uso dello stille della metrica e delle
immagini, i meccanismi specifici dell’inconscio. L’intera poesia è scritta tenendo presenti i
meccanismi dell’inconscio e anche praticando specifiche tecniche associative della psicanalisi. In
particolare nel primo testo si passa secondo meccanismi di libera associazione e del sogno
attraverso varie immagini apparentemente slegate, ma coerenti per ragioni profonde. Esempio:
le immagini della terza strofa (seno, amoroso seno) e le analogie con “il braccio, ignudo” della
figlia.
EUGENIO MONTALE (1896 - 1981)
§ Nasce a Genova
§ Paesaggio marino ligure ha importanza per ossi di seppia
§ 1915 diploma di ragioniere
§ 1917 partecipa alla guerra
§ 1925 prima edizione ossi di seppia
§ 1928 seconda edizione ossi di seppia contiene 6 liriche in più e struttura diversa
§ Antifascista
OSSI DI SEPPIA
Ossi di seppia presenta poetiche diverse: crepuscolare, impressionistica, simbolistica,
antiavanguardistica, classicista.
Ossi di seppia ne aveva già parlato d’Annunzio in “Alcione”. É presente un contrasto tra mare e
terra in cui il mare rappresenta la gioventù, la felicità mentre la terra rappresenta la solitudine, la
desolazione e il limite della condizione umana.
Quello che Montale vuol far emergere con l’immagine degli ossi di seppia è la condizione
esistenziale del poeta che come l’osso di seppia gettato sulla spiaggia e lontano dal mare, è escluso
dalla felicità.
La struttura di Ossi di Seppia si divide in 4 sezioni:
§ Prima sezione: intitolata “Movimenti” è giocata tutta sull’opposizione mare-terra ,natura-
città, infanzia-maturità.
§ Seconda sezione: porta lo stesso titolo del libro (ossi di seppia) è domina invece l’aspetto dello
scarto dell’osso di seppia, abbandonato a sé stesso (esprime anche la condizione del poeta
nella società).
§ Terza sezione: intitolata “Mediterraneo”, un poemetto che racconta del mare come patria
sognata e paese incorrotto, mentre poi viene a rappresentarsi il distacco ed il disaccordo da
esso.
§ Quarta sezione: intitolata “Meriggi e ombre”, comprende i testi più lunghi ed impegnati del
libro. In questa parte l’uomo accetta un destino di sconfitta, di discesa verso il nulla da
affrontare con dignità.
TESTO: “NON CHIEDERCI LA PAROLA”
É il primo componimento della sezione “Ossi di Seppia” ed è una dichiarazione di poetica, rivolta
al lettore che accomuna Montale ad i poeti della sua generazione.
Il poeta non ha alcun messaggio positivo da riferire perché la sua anima divisa può comunicare
solamente messaggi negativi, di denuncia del male di vivere e dell’insignificanza del mondo.
Tra Montale e Leopardi in “Ossi di seppia” vi sono caratteristiche comuni: riferimento alla natura
che viene vista anche in maniera ostile, il “male del vivere”, comune ad entrambi gli autori e la
volontà di negazione: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
TESTO: “MERIGGIARE PALLIDO E ASSORTO”
Lirica che scrive all’eta di vent’anni, tratta di un caldo pomeriggio estivo, in cui il poeta ascolta i
pochi rumori della campagna e osserva le formiche sul terreno, spia il mare lontano, cammina
lungo un muro disseminato di vetri aguzzi. Queste immagini di lontananza esprimono un senso
di “travaglio”, ovvero di dolore della vita.
La lirica possiede sonorità dure, talvolta sgradevoli che esprimono sensibilmente disagio e fatica.
La descrizione paesaggistica accompagnata da una riflessione filosofica trova origine da alcuni
grandi poeti della tradizione, come lo stesso Leopardi, a cui Montale si ispira. Anche
Leopardi con i suoi idilli ha una evocazione paesaggistica per poi giungere ad una poesia di
pensiero.
TESTO: “SPESSO IL MALE DI VIVERE HO INCONTRATO”.
A tre emblemi del male di vivere (il rivo strozzato, la foglia riarsa, il cavallo stramazzato) ne
vengono contrapposti altrettanti di indifferenza (la statua, la nuvola, il falco) vista come unica
soluzione esistenziale.
L’unico modo per non stare male in questo mondo è avere l’indifferenza, che è rappresentata
dalla statua, dalla nuvola e dal falco che sono indifferenti da ciò che succede sulla terra perché
guardano dall’alto.
Vi è un climax ascendente tra (dal ruscello che è minerale, alla foglia che è un vegetale inanimato,
fino al cavallo che è un essere animato) inorganico-vegetale organico - organico animato.

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