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Dopo essere uscita vincitrice anche delle Terza Guerra Punica, Roma divenne la padrona indiscussa

dell’intero Mediterraneo. Questo, tra il II e il III secolo a.C. portò ad una sempre più crescente economia nel
territorio romano, ma i beneficiari furono le classi sociali più ricche come l’Aristocrazia Senatoria (deteneva
le proprietà terriere) e una nuova classe emergente: i cavalieri o ceto equestre. Per via della legge Claudia
del 218 a.C. gli aristocratici ebbero numerose limitazioni commerciali. Intanto i cavalieri diventavano
sempre più ricchi con il sistema degli appalti pubblici (commissionamento delle opere) e l’aristocrazia
senatoria non riusciva più a competere con il loro potere economico il quale doveva anche essere
proporzionato ad una rilevanza politica. Da questo si ebbe un conflitto di potere che andava a discapito dei
poveri contadini-soldati che furono costretti a vendere le proprie terre agli aristocratici i quali diedero inizio
a un vero e proprio sistema di latifondi. L’incontro con la cultura ellenica aveva provocato timori nel Senato
che si divise in due classi ben distinte: gli ottimati (definiti conservatori tradizionalisti contrari ai
cambiamenti culturali) e i popolari (formati da cavalieri, piccoli contadini e mercanti). I popolari portavano
avanti le idee dei Gracchi, due fratelli, nipoti di Scipione l’Africano, con un obiettivo in comune: migliorare
la qualità di vita dei poveri contadini. Il primo fratello fu Tiberio Gracco, il quale dopo essere divenuto
tribuno della plebe propose la Riforma Agraria con cui proponeva la distribuzione delle terre ai contadini
confiscate ingiustamente dai ricchi latifondisti. Ma un anno dopo la promulgazione della legge nel 133 a.C.
fu assassinato dai ricchi oppositori. 10 anni dopo la sua morte, nel 123 a.C. suo fratello minore Gaio Gracco
venne eletto Tribuno della Plebe. Egli ha riproposto una nuova riforma agraria che comprendeva questa
volta una riforma frumentaria, con cui garantiva prezzi bassi per il frumento per consentire anche ai poveri
di sfamarsi. Successivamente fece una cosa che creò scalpore nell’aristocrazia: la promulgazione della legge
che estendeva la cittadinanza ai popoli italici. Questa decisione non era ben vista né dal Popolo e né
tantomeno dal Senato. Gai Gracco si fece uccidere da un suo schiavo nel 121 a.C.

L’assassinio di Gaio Gracco ha avuto un notevole riscontro sulla repubblica, poiché sussisteva ancora la
mancanza di una soluzione sociale, fatto che portò definitivamente Roma nel caos. Nel contempo doveva
anche affrontare l’invasione e gli attacchi di nuovi popoli tra cui i Cimbri, Teutoni e Giugurta.

Dopo la morte del re di Numidia Macipsa, alleato di Roma, il regno venne diviso tra i figli Aderbale,
Iempsale e Giugurta. Quest’ultimo uccise il fratello Impsale e invase la città di Cirta dove era rifugiato
Aderbale. Questi chiese aiuto a Roma, in quanto alleata ma il Senato Romano non ci fece tanto peso così
Giugurta intanto fece una strage, uccidendo migliaia di persone tra cui commercianti italici e romani. La
notizia giunse ai cavalieri, i quali accusarono il Senato di corruzione da parte di Giugurta. Questo fatto
determinò una profonda frattura nella società romana. La situazione favorì l’elezione al consolato di Gaio
Mario nel 107 a.C. che fu generale della classe dei popolari. Egli intraprese la campagna militare contro
Giugurta nella Guerra Giugurtina (112 a.C. – 106 a.C) il quale venne sconfitto dopo 7 lunghi anni di
combattimento. Nel frattempo i Cimbri e i Teutoni rappresentavano un nuovo pericolo per Roma, ma il
console Mario li sconfisse. I cimbri sconfitti ad Aquiae Sestiae nel 101 a.C. e i Teutoni presso i Campi Raudi
nel 102 a.C. Al suo ritorno a Roma, Mario effettuò la riforma dell’esercito ammetendo i nullatenenti e
inserendo il salario per i soldati. Questo provocò una serie di conseguenze economiche e sociali tra cui
l’aumento delle spese di guerra, la crescita del peso politico dei nullatenenti al Senato e soprattutto lo
sfaldamento dei valori tradizionali poiché il soldato non è più chiamato a combattere per la sua famiglia ma
per il generale.

La carriera politica di Mario si fermò momentaneamente con la morte di Lucio Apuleio Sturnino.
Quest’ultimo fu nominato questore nel 104 a.C. con l’incarico di provvedere alle riserve di grano ad Ostia.
In quel periodo però il grano scarseggiava e il Senato diede la colpa a Saturnino destituendolo dalla carica.
Al suo posto allora, venne eletto un nuovo questore: Marco Emilio Scauro, uno dei capi degli ottimati.
All’ingiustizia subìta Saturnino decise di passare alla classe dei popolari dove strinse forti legami con Gaio
Mario. Dopo essere stato eletto tribuno della plebe nel 102 a.C. Saturnino e Mario decidono di attuare una
strategia per eliminare dal Senato il loro comune rivale Metello Numidico (console romano responsabile
della caduta della carica di questore a Saturnino). I due decidono quindi di far eleggere Mario al consolato
nel 100 a.C., Saturnino tribuno della plebe per la seconda volta e Glaucia, un loro alleato politico abile
demagogo, alla pretura. Mario e Saturnino riuscirono nel loro obiettivo ma Glaucia dovette affrontare un
nuovo rivale politico: Gaio Memmio. Alla notizia dell’ormai certa vincita di Memmio alle elezioni, Glaucia e
Saturnino decidono di assoldare delle persone per uccidere Memmio durante i comizi. Alla notizia, la gente
ebbe una reazione molto violenta tant’è che il Senato con un senatus consultum ultimum li dichiarò nemici
pubblici. In qualità di console, Mario non potè esimersi dall’intervenire, ma fece il possibile per salvare i
suoi alleati. Decise di nasconderli nella Curia Hostilia (riuniva il senato) ma la folla era talmente inferocita
che salì sul tetto e uccise Glaucia e Saturnino a colpi di tegole. Dopo la morte di Saturnino Mario decide di
abbandonare momentaneamente la vita politica.

Intanto la questione della cittadinanza ai popoli italici era rimasta ancora aperta dopo la morte di Gaio
Gracco. Volevano ottenere la cittadinanza perché potevano godere di numerosi diritti, tra cui l’accesso alle
cariche pubbliche, beneficiare della distribuzione delle terre e godere delle leggi frumentarie. Ma nel 95
a.C. tutte lo loro speranze andarono in rovina a causa della proposta di legge fatta da Quinto Muzio Scevola
e da Lucio Licinio Crasso che impediva ai non cittadini romani di spacciarsi come tali e l’obbligo di
abbandonare l’URBE. Il nuovo tribuno della plebe Marco Livio Druso dopo numerose promesse fatte al
Senato come la riassegnazione del controllo dei tribunali e l’accesso al Senato per i cavalieri, propose
numerose leggi tra cui la legge frumentaria approvata tranquillamente. Ma quando propose la “lex Livia de
civitate sociis” si creò uno scalpore nel senato che respinse la legge e addirittura venne dichiarata illegale
rispetto alle norme della Repubblica dal suo rivale Lucio Marcio Filippo. Druso venne ucciso nel 91 a.C. e
con la sua morte gli italici comprendono che non otterranno mai la cittadinanza se non con la guerra. E così
fu. Nel 90 a.C. scoppia la guerra sociale nella città di Ascoli, combattuta dai Romani e dai popoli italici per
primi i Marsi. I romani ne uscirono gloriosamente vincitori nell’88 a.C. ma dovettero successivamente
cedere la cittadinanza in seguito alle precarie condizioni dopo la guerra mitridatica.

La Guerra Mitridatica fu la guerra combattuta tra i Romani e il re del Ponto, regione dell’asia nordorientale,
Mitridate. Questi aveva esteso i suoi confini dal Mar Nero sino alle regioni dell’Asia Minore. Nell’88 a.C.
organizza la rivolta antiromana dopo aver valicato i confini della provincia romana in Asia. Il senato
organizza la spedizione militare contro Mitridate con a Capo Lucio Cornelio Silla ma il tribuno della plebe
Sulpicio Rufo propone di affidare l’incarico a Mario, divenuto nuovamente console dopo che i popolari
hanno riconquistato Roma nell’86 a.C. La decisione del Senato non venne ben accolta da Silla, il quale dopo
essere sbarcato a Brindisi, ritorna a Roma per sconfiggere tutti i rivali politici ed uccidere i seguaci di Mario
nell’87 a.C. In questo contesto scoppia la prima guerra civile (83-82 a.C.). Silla sigla un accordo con due
giovani generali Gneo Pompeo e Marco Licinio Crasso con i quali sconfigge i popolari nel 82 a.C. nella
Battaglia di Porta Collina. Silla viene nominato dittatore a tempo indeterminato con l’incarico di riformare le
norme della Repubblica. Per prima cosa decide di eliminare tutti i suoi avversari politici stilando le liste di
proscrizione su cui sono segnati i nomi delle persone traditori dello stato e che potevano essere uccise da
chiunque pur di ottenere un compenso. Per fronteggiare possibili attacchi nemici, Silla promulgò le leggi a
stampo reazionario, con cui estende il Pomerium siano all’Arno e al Rubicone, imponendo il divieto ai
comandanti che ritornano reduci dalle guerre di oltrepassarlo. Silla continua la sua carica di dittatore per
altri cinque anni, finché decide di ritirarsi dalla politica e andare in Campania, dove morirà nel 79 a.C.

Con la morte di Silla si afferma l’ascesa di un nuovo personaggio politico della storia di Roma: Pompeo. Ma
prima è bene citare l’antefatto. Nel 78 a.C. il console Marco Emilio Lepido, ex sillano passato dalla parte dei
democratici, vuole smantellare la costituzione sillana così nel 77 a.C. forma un esercito caratterizzato da
italici dell’Etruria e della Gallia Cisalpina. Il senato chiama alla difesa Càtulo e il suo giovane luogotenente
Gneo Pompeo, i quali riescono a sconfiggere Lepido. Pompeo, già ufficiale di Silla nella Guerra Civile, nel 76
a.C. è chiamato a soffocare l’insurrezione dei lusitani di Quinto Sertorio in Spagna e nel 73 a.C. ha l’incarico
di fermare, insieme al cavaliere Marco Licinio Crasso, Spartaco, capo gladiatore della rivolta degli schiavi.
Spartaco viene sconfitto in Lucania nel 71 a.C. Pompeo e Crasso sono ben visti dal Senato, tant’è che
vengono eletti entrambi consoli nel 70 a.C. Nel 67 a.C. Pompeo viene nominato comandante militare
eccezionale e fu chiamato combattere contro i Pirati del Mediterraneo che mettevano a rischio i
rifornimenti alimentari di Roma. Successivamente nel 66 a.C. deve combattere Mitridate nella Seconda
Guerra Mitridatica che comporterà a Roma l’annessione dell’intera regione del Ponto. Mentre Pompeo e il
suo esercito affrontano Mitridate, a Roma si afferma la carriera politica di un nuovo personaggio: Marco
Tullio Cicerone, il quale eletto console nel 63 a.C. deve contrastare la Congiura di Catilina, pericolosa per la
Repubblica. Catilina era un nobile che aspirava alla carica di console. Egli dopo aver completato il Cursus
Honorum si è candidato per ben due volte alla carica di console, ma fu respinto con probabili brogli
elettorali. Per questo motivo guida una congiura all’insaputa del Senato per rovesciare la Repubblica.
Questi contava soprattutto sull’appoggio della plebe con promesse di riforme. Cicerone venne a saperlo a
causa della soffiata di Fulvia, moglie di Quinto Curio congiurato di Catilina. Cicerone fece promulgare un
senatus consultum ultimum per sconfiggere catilina nel 62 a.C.

Il ritorno in Italia di Pompeo era atteso con timore perché come aveva fatto Silla, avrebbe potuto scatenare
una nuova guerra. Pompeo invece non lo fece, anzi decide di congedare il suo esercito proponendo al
Senato romano di approvare il suo operato in oriente e dare le terre ai suoi veterani. Il Senato però rifiutò
perché era troppo spaventato dal potere acquisito da Pompeo.

Ad approfittare del contrasto tra Pompeo con il Senato fu un nuovo personaggio di grande rilievo nella
storia di Roma: Gaio Giulio Cesare, discendente della gens Iulia. Cesare durante la proscrizione adi Silla
stava ancora ultimando il Corsus Honorum. La sua fortuna fu quella di avere come amico Marco Licinio
Crasso che secondo l’attuale rivista economica Forbes è stato l’uomo più ricco nella storia di Roma con un
patrimonio di circa 170 milioni di sesterzi, l’equivalente di 1 miliardo di euro. Crasso riesce a finanziare
economicamente la carriera politica di Cesare fino a farlo candidare al consolato nel 60 a.C. Cesare entra
subito in contatto con Pompeo che lo definisce un uomo abile, astuto, deciso e coraggioso. Pompeo ebbe
l’idea di sottoscrivere un accordo segreto di reciproco aiuto con Crasso e Cesare, a causa di attriti comuni
con il Senato. Per rafforzare questo legame, Pompeo sposò la figlia di Cesare. Questi divenne console nel 59
a.C. e fece attuare le decisioni dell’accordo, in particolare approva le richieste di Pompeo fatte precedente
al Senato, quindi sistema i veterani di guerra sull’ager publicus e attua la sistemazione delle conquiste in
Asia. Cesare ottenne il proconsolato nella Gallia Cisalpina e nella Gallia Narbonense, utili per affermare
l’approvazione dell’esercito. Nel 58 a.C. termina la carica di console e nomina come suo successore Publio
Clodio Pulcro che sotto consiglio di Cesare, fece approvare una legge indiretta contro Cicerone perché
condanno Catilina senza che avesse potuto ribellarsi all’assemblea popolare. Cicerone venne mandato in
esilio. Per conquistare la Gallia, Cesare deve affrontare l’esercito del comandante Vercingetoringe il quale
aveva formato un esercito di tribù Averne. La battaglia conclusiva si intraprese ad Alesia nel 52 a.C. ovvero il
territorio dove Vercingetoringe si fermò con il suo esercito. Ma l’avamposto di 150 m non riusciva a
ospitarlo tutto e Cesare approfittandone decise di attuare un piano d’attacco di dimensioni colossali. La
Gallia divenne così una Provincia Romana.

La fine del triumvirato venne sancita nel 53 a.C. con la morte di Crasso nella Battaglia di Carre contro i Parti.
Pompeo rimase invece a Roma, non rispettando i patti del Triumvirato poiché gli era stata assegnato il
proconsolato in Spagna. Lo fece perché a Roma c’era una situazione di conflitto tra le fazioni dei popolari e
degli ottimati. Per questo motivo il Senato lo nomina console unico per ristabilire l’equilibrio nella città.

Cesare tornato dalla Gallia, voleva a tutti i costi ritornare a roma con la carica di console e non come
semplice cittadino. Il senato rifiuto la richiesta di Cesare nominandolo nemico pubblico con un senatus
consultum ultimum. Cesare nel 49 a.C. decide di valicare il Pomerium attraversando il Rubicone con il suo
esercito. Alla notizia, Pompeo fuggì in Grecia dove sperava di formare un nuovo esercito. La battaglia
conclusiva tra i due si intraprese a Farsalo. Pompeo è costretto a fuggire in Egitto e sperare nell’aiuto di
Tolomeo II, fratello di Cleopatra. Egli lo tradisce e lo uccide per conquistare l’ammirazione di Cesare,
servendogli la testa decapitata. Cesare non accolse il fatto e assedia Alessandria. Cesare viene nominato
dittatore a vita e successivamente assume la carica di pontefice massimo. Ma lui non era ben visto dalla
classe dell’aristocrazia per cui alcuni suoi oppositori organizzarono una congiura contro Cesare fino ad
ucciderlo definitivamente durante un comizio del Senato con 23 pugnalate, uno per congiurato nelle IDI DI
MARZO del 44 a.C.

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