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Uno scrittore per il prossimo millennio La sfida al labirinto Un neoilluminista inquieto, un razionalista tenace e battagliero, scettico e ironico, un narratore

e un intellettuale ancorato ai valori di un moderno umanesimo laico e aperto come pochi altri alle novit culturali del proprio tempo, per quarant'anni una presenza indispensabile della nostra cultura... un punto di riferimento sollecitante e rassicurante al tempo stesso (Pampaloni). Questo (ed altro) fu Italo Calvino. Di lui qui, in limine, importa soprattutto ricordare che, se matur progressivamente una profonda e disillusa consapevolezza di quanto di negativo, di "labirintico" c' nel mondo contemporaneo, si mantenne fedele a quella che egli stesso defin la sfida al labirinto, cio la ricerca di soluzioni razionali ai problemi dell'uomo o almeno di un ordine mentale abbastanza solido per contenere il disordine, nella speranza di saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all'inferno, non inferno, e farlo durare, e dargli spazio, come scrive nelle Citt invisibili. Resistenza, impegno, Casa Einaudi Italo Calvino nasce a Santiago de Las Vegas (Cuba) nel 1923, ma poco dopo si trasferisce con la famiglia a San Remo. I genitori, una naturalista e un agronomo che costituiscono il pi remoto contatto di Calvino con il mondo della scienza, che avr una parte cospicua nella sua pi recente narrativa - gli danno un'educazione rigorosamente laica e poi lo avviano agli studi di Agraria che egli intraprende ma non porta a compimento. Si intromettono a interromperli la guerra e l'esperienza partigiana da un lato (nel 1943 raggiunge la brigata comunista Garibaldi per evitare l'arruolamento nell'esercito della Repubblica Sociale) e gli interessi politici, culturali e letterari dall'altro. Rientrato nel 1945 a Torino collabora a vari giornali (soprattutto a l'Unit, dal 1946 al 1956), aderisce al PCI, si iscrive alla Facolt di Lettere, collabora al Politecnico di Vittorini ed entra a far parte del gruppo redazionale della Einaudi. Casa Einaudi - dir ha un posto molto grande nella mia biografia, stata la mia universit. Ho cominciato a lavorarci quando ero un ragazzo senza arte n parte, e trovarmi in un ambiente interdisciplinare, aperto alla cultura mondiale, ha avuto un'importanza decisiva nella mia formazione. Qui appunto matura la sua vocazione a scrivere pensando uno scaffale di libri non solo di letteratura e nutre la sua nativa inclinazione a una cultura enciclopedica. Esordio narrativo Frattanto Calvino si laurea con una tesi su Conrad ed esordisce come scrittore. Dopo qualche prova minore (in parte ancora inedita), la sua carriera di narratore pu farsi incominciare con la pubblicazione del romanzo d'argomento resistenziale Il sentiero dei nidi di ragno (1947), cui seguono i racconti di Ultimo vene il corvo (1949). Sono opere che nascono nel clima culturale del neorealismo, ma che si distinguono subito, fra l'altro, per la natura "fiabesca" del realismo calviniano. L'opera palesemente "neorealista" e "operaia" - e decisamente fallimentare - di questo primo Calvino un romanzo, I giovani del Po, edito solo in rivista (Officina) e solo vari anni pi tardi (1957-1958). L'impegno culturale e politico "militante" ha un corrispettivo in sede di poetica nella ricerca di una scrittura oggettiva e tesa alla definizione e chiarificazione della condizione dell'uomo nel proprio tempo: Noi crediamo che l'impegno politico, il parteggiare, il compromettersi sia, ancor pi che dovere, necessit naturale dello scrittore d'oggi, e prima ancora che dello scrittore, dell'uomo moderno. [...] Noi pure siamo tra quelli che credono in una letteratura che sia presenza attiva nella storia, in una letteratura come educazione, di grado e di qualit insostituibile. Cos nell'importante saggio Il midollo del leone del 1955. Due svolte Nel 1952 per Vittorini gli consiglia di abbandonare la linea "realistico socialpicaresca" del primo romanzo e di abbandonarsi alla sua vena di affabulatore (Benussi): nasce cos Il visconte dimezzato (1952), prima parte di quella trilogia fantastica e allegorica sull'uomo contemporaneo (1 nostri antenata; 1952-1959) che segna effettivamente una svolta nella carriera di narratore di Calvino. Un'altra significativa svolta ideologica e pratica costituita dall'abbandono del Pci dopo i fatti di Ungheria del 1956 (i cui riflessi

si colgono nel secondo volume della trilogia, Il barone rampante, 1957), che progressivamente lo porter a rinunciare in quanto scrittore a un preciso e diretto impegno politico. In questi anni pubblica varie altre opere narrative, raccoglie e traduce le Fiabe italiane (1956) e svolge un'intensa attivit saggistica su numerosissime riviste, dal Contemporaneo, a Societ, da Passato e presente a Nuovi Argomenti. Tra il 1959 e il 1967 dirige con Vittorini l'importante rivista culturale e letteraria Il menab, in cui pubblica alcuni interventi fondamentali: Il mare dell'oggettivit (1959) e La sfida al labirinto (1962), dove enuncia le ragioni di un impegno che ora pu definirsi etico-conoscitivo. A questi si possono accostare anche i successivi interventi del 1965 (ad esempio L'Antilingua) nell'ambito di una polemica linguistica. Nel 1963 pubblica La giornata di uno scrutatore, che chiude il ciclo apertosi circa un decennio prima. Il periodo parigino Il trasferimento a Parigi nel 1964, dopo il matrimonio con Judith Ester Singer, apre un'altra fase della carriera di Calvino. Il contatto diretto con la cultura francese assai fertile: si trov proiettato nel crocevia tra scienza e letteratura, e in quel paesaggio inestricabile e infinito sembr ritrovare una seconda patria della sua fantasia (Pampaloni). L'interesse per le scienze naturali e quelle umane (ora in particolare strutturalismo e semiotica), da sempre coltivato, si intensifica ed esercita un consistente influsso sulla narrativa: nascono prima Le cosmicomiche (1965) e Ti con zero (1967), di ispirazione originalmente fantascientifica, poi IL castello e La taverna dei destini incrociati (1969 e 1973), Le citt invisibili (1972), che appartengono alla fase cosiddetta "combinatoria". L'ultimo Calvino Da Parigi continua la collaborazione con la Einaudi, e pubblica numerosissimi interventi, prefazioni, traduzioni. Tra il 1974 e il 1984 riprende un'organica collaborazione ai quotidiani, prima al Corriere della Sera, poi alla Repubblica. Nel 1979 pubblica Se una notte d'inverno un viaggiatore, un romanzo combinatorio che diventa un best seller, e poco dopo raccoglie i suoi pi importanti saggi nel volume Una pietra sopra (1980). Nel 1980 si trasferisce a Roma. Nel 1983 pubblica i racconti di Palomar, l'ultimo suo libro einaudiano. Nel 1984 cambia editore, passando a Garzanti, presso cui pubblica Collezione di sabbia. Nel 1985, ricevuto l'incarico di tenere una serie di conferenze all'universit di Harvard, prepara le Lezioni americane (edite postume nel 1988), ma non fa a tempo n a tenere le lezioni n a terminare la stesura del testo, perch colpito da un'emorragia cerebrale muore all'ospedale di Siena. Dal Neorealismo a Marcovaldo Calvino neorealista Il "neorealismo" non fu una scuola scrive Calvino nella prefazione al Sentiero dei nidi di ragno del 1964, ma un insieme di voci, in gran parte periferiche, una molteplice scoperta delle diverse Italie, in un momento storico in cui la rinata libert di parlare fu per la gente al principio smania di raccontare e per gli scrittori fu anche sensazione di un'immediatezza di comunicazione con il proprio pubblico. I pi giovani poi, dice Calvino, dopo l'esperienza bellica e resistenziale non si sentivano schiacciati, vinti, "bruciati", ma vincitori e depositari esclusivi della sua eredit. Il sentiero dei nidi di ragno: il fiabesco In questo clima, di sostanziale fiducia nella storia e di generale fervore creativo, Calvino concepisce il suo romanzo neorealista, di un neorealismo sui generis, come si anticipato, per la componente fantastica e pi precisamente fiabesca che lo caratterizza (rilevata gi da Pavese). Il Sentiero narra una storia resistenziale che ha per protagonista un ragazzo e un gruppo di partigiani un po' sbandati. Ed proprio l'adozione del punto di vista del ragazzo Pin che determina il carattere fiabesco della narrazione: il motivo del gioco, dell'incantesimo, della fiaba [...] e in genere i motivi del meraviglioso, del misterioso e dell'incantato (aggettivi questi che tornano con martellante regolarit) sono tutti motivi evocati dallo sguardo infantile di Pin (Calligaris).

L'adozione dell'ottica straniante e fiabesca di Pin consente a Calvino di ridurre realt a sogno senza che la prima perda consistenza e nettezza di linee ed evidenzia il suo sentirsi in sintonia con la storia: la Resistenza diventa per Pin una fiaba a lieto fine, quando, dopo varie disavventure, egli fa ritorno dai partigiani e presa la mano soffice e calma, quella gran mano di pane di Cugino, rassicurato si avvia con lui nella notte, in mezzo alle lucciole per la strada della vita. Ma il proposito di Calvino pi complesso: l'abbassamento dell'epos della resistenza a una dimensione mitico-fiabesca che ha per protagonisti dei partigiani sbandati e politicamente inconsapevoli mira ad evitare la troppo scoperta retorica celebrativa e un facile populismo, senza far perdere all'evento narrato la sua pregnanza di significati storici. Il pericolo del populismo in realt solo in parte evitato: si manifesta soprattutto nell'unico capitolo narrato al di fuori dell'ottica di Pin, in cui il commissario Kim espone le ragioni ideali della lotta partigiana mostrando un'ingenua fiducia (tale apparir poco pi tardi a Calvino stesso) di essere nel giusto e di avere la storia dalla propria parte: qui si nel giusto, l nello sbagliato [...] noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall'altra. Ma, oltre a ci, bisogna osservare che Calvino attua qui per la prima volta il procedimento della semplificazione delle forme narrative, mediante l'adozione di modelli facilmente fruibili, nella convinzione che un testo per essere veramente rappresentativo debba poter venir gustato anche da un lettore ingenuo, come osserva la Benussi, che accanto al motivo fiabesco e a quello picaresco pu rilevare nell'opera vari echi di romanzi americani (i pi vicini, allora, a un modello di narrativa popolare) e persino di fumetti e film assai diffusi. Se ora la scelta ha motivazioni ideologiche storicamente ben comprensibili (la volont di una letteratura "popolare" in uno scrittore politicamente impegnato), in seguito, caduto quel tipo di impegno e assuntone uno etico-conoscitivo, Calvino sperimenter altre forme espressive, contaminando vari modelli colti e popolari, dall'allegoria alla fantascienza, dal racconto filosofico alla fiaba, dal racconto d'avventura al giallo, senza per venir meno al principio di mirare a un pubblico vasto e a molteplici livelli di lettura, a realizzare il quale cooperano anche il linguaggio e lo stile sempre limpidi ed eleganti, concreti e razionali, sobri ed incisivi. Ultimo viene il corvo L'altra opera narrativa di Calvino che si inscrive nel clima neorealistico la raccolta di racconti che ha per titolo Ultimo viene il corvo. NIa si notano in quest'opera evidenti segni di crisi ideologica e formale: Calvino, pur abbandonando per lo pi l'ottica infantile del Sentiero, si mantiene nell'ambito del modello formale della fiaba; sennonch si incrinata ormai in lui la fiducia nella storia, e il fabesco appare percorso da motivi di inquietudine e in sostanza snaturato; di qui anche l'impressione di manierismo che lasciano questi racconti per altro singolarmente talora assa felici. Sono storie di paure, di morte, di disagi e di squallori cui manca sempre la mano calda e "fatta di pane" di Cugino con cui mettersi in cammino. La fiaba si manierizza perch non ha pi niente di fiabesco da dire: la stessa Resistenza si colora ormai di una luce nuova e minacciosa che il colore di un sangue che si teme sparso invano (Calligaris). Sono in effetti gli anni in cui la concordia resistenziale lascia il posto alle contrapposizioni ideologiche violente tra democristiani e comunisti, dando a questi la sensazione che lo spirito della Resistenza sia stato tradito. E sono gli anni in cui Calvino matura il suo distacco dal neorealismo, cui concede per ancora il romanzo "operaio", artisticamente fallimentare, de I giovani del Po, che terr a lungo nel cassetto e non raccoglier in volume. Oltre il neorealismo: l'allegoria L'invito di Vittorini ad abbandonarsi alla sua vena di affabulatore segna una svolta nella carriera narrativa di Calvino, come s' detto. Calvino scrive Il visconte dimezzato (1952), racconto d'impianto fantastico ma denso di significati storici, pubblici e privati, che si manifestano in forma allegorico-simbolica: tale forma consente una fruizione immediata e ingenua, che si appaghi della semplice dinamica narrativa superficiale, e una fruizione di secondo livello, che rilevi i significati profondi del testo. La storia di Medardo, diviso in due da una palla di cannone durante una crociata, che ritorna in patria sdoppiato, verte soprattutto sugli scempi compiuti sia dal Gramo che dal Buono, per opposti fini, finch un chirurgo ricucendo insieme le due met non riporta le cose alla loro normalit fatta di commistione di bene e di male, L'interpretazione della fabula e dei suoi motivi particolari naturalmente non univoca: dietro al terna del dimezzamento stanno probabilmente riferimenti molteplici alla scissione tra privato e pubblico, tra speranza e realt, tra

etica e ideologia, tra blocchi ideologicamente contrapposti (siamo negli anni della Guerra fredda), con la sensazione che nessuno sia in possesso di verit risolutive e senza pi la certezza di aver la storia dalla propria. Passato il momento eroico in cui era la storia a spingerci a una scelta obbligata, Calvino comincia impercettibilmente a declinare le proprie responsabilit di intellettuale impegnato a indicare, come dice Fenoglio, "the right side", la parte giusta (Benuss). La forma allegorico-simbolica mantenuta nei due successivi tomi della trilogia dei Nostri antenati, che disegnano l'itinerario ideologico-culturale di Calvino in questa fase centrale della sua carriera. In breve, Cosimo, cio il protagonista del Barone rampante (1957), che per protesta contro l'autoritarismo paterno sceglie di salire sugli alberi e trascorrervi la vita senza pi mettere piede a terra e che dichiara che chi vuole guardare bene la terra deve tenersi alla distanza necessaria, in questo e in molti altri suoi connotati (ad esempio la cultura razionalistica ed enciclopedica: siamo nel Settecento) un alter ego di Calvino che abbandona il Pcr e la concezione della letteratura come strumento di impegno politico. Per conoscere il mondo opportuno svincolarsi da troppo rigidi condizionamenti (ideologici e politici) e porsi semplicemente al servizio della ragione. IL barone rampante in questo senso vuol essere, come rileva la Benussi, il Bildungsroman (romanzo di formazione) della generazione degli anni difficili: Capisco tante cose che prima non capivo, guardandole con una prospettiva meno immediata, dichiarer Calvino stesso pi tardi. Ma questo motivo non esaurisce certo il significato del testo, che come sempre vive anche per la felicissima autonomia delle invenzioni narrative e fantastiche e per molti motivi particolari qui non riassumibili. Quando poi nel 1959 scrive Il cavaliere inesistente, la storia di Agilulfo, cavaliere privo di corpo, ma tutto pensiero e razionalit, immesso in un intricato contesto di vicende cavalleresche, sembra indicare un incupirsi del pessimismo di Calvino se non altro perch lo scrittore alla fine fa suicidare il suo protagonista: si pu vivere di sola razionalit? che posto ha la ragione nel contesto della vita reale fatta di spinte molteplici, irrazionali, biologiche, economiche, politiche? c' ancora posto per l'intellettuale rigoroso che salito sugli alberi per osservare la terra da distante e capirla meglio, o questi non rischia di dissolversi nel nulla? La metafora del suicidio di Agilulfo e i problemi che tutto il libro pone annunciano che un'ulteriore svolta nella carriera letteraria di Calvino imminente.. Tra realt e fiaba -------------------------------------------------------------------------------Parallelamente alla produzione allegorico-simbolica, di prevalente matrice fantastica (nel senso che la superficie del testo narra storie fantastiche), Calvino in questi medesimi anni persegue altre strade, ed essenzialmente quella di una narrativa che assume pi direttamente come suo oggetto di rappresentazione la realt presente, sia pur con atteggiamenti assai diversi, ora con ironia e distacco e magari anche con una sfumatura di indulgenza, di compatimento e di nostalgia (il neo-flaubertismo di Marcovaldo), ora viceversa con una pi profonda e oggettiva mimesi della realt negativa (il neo-balzachismo della Speculazione edilizia), e pur attuando sul piano dell'intreccio e di singole tematiche contaminazioni col fantastico (fiabesco, assurdo o surreale). L'itinerario logico descritto da queste opere parallelo a quello tracciato nella trilogia araldica: Calvino medita sulla realt sociale e sul ruolo dell'intellettuale, con sempre maggiore senso di sfiducia circa le concrete possibilit di un intervento chiarificatore di quest'ultimo. Con diverse modalit appartengono a questo gruppo di testi: la "trilogia industriale" composta da La formica argentina (1952), La speculazione edilizia (1957) e La nuvola di smog (1958); i tre racconti dell'Entrata in guerra (1953), sull'insensatezza della guerra clta attraverso la memoria privata; i racconti degli Amori difficili (1958) e le due serie di racconti di Marcovaldo (1958 e 1963), fantasioso e maliconico contadino inurbato alle prese con i piccoli e grandi problemi della civilt dei consumi, la prima delle quali risente in modo esplicito dell'influsso della struttura della fiaba (nel 1956 Calvino ha riscritto e pubblicato le Fiabe italiane), mentre la seconda volge i temi del vivere nella societ urbana odierna pi frequentemente verso esiti assurdi. Ma l'ultimo importante atto di questa fase della ricerca letteraria di Calvino costituito da La giornata di uno scrutatore (1963), in cui la riflessione sulle proprie scelte ideologiche da parte di Amerigo Ormea, un militante comunista che fa lo scrutatore in un seggio all'interno di un ospedale per malati di mente, si incontra e scontra con l'oscura, irrazionale, inspiegabile realt delle profondit della psiche e del dolore e con un vitalismo biologico che prescinde dalla ragione.

Dalle Cosmicomiche a Palomar Temi nuovi, problemi di sempre La narrativa pi recente di Calvino pone problemi interpretativi non facilmente solubili, che riguardano innanzi tutto i limiti esatti del pessimismo e dello scetticismo cui lo scrittore approda nell'ambito della sua ricerca etico-conoscitiva, dopo aver abbandonato gi da tempo l'obiettivo di assegnare all'intellettuale il compito di interagire direttamente con la realt politico-sociale. Calvino muove, com' noto, dalle prese di posizione contenute soprattutto nella Sfida al labirinto, da cui abbiamo preso le mosse. Il ruolo dell'intellettuale nei limiti delle sue competenze e forze quello - semplifichiamo - di individuare dei modelli teorici, etici e conoscitivi, in grado di fondare l'agire pratico o almeno di comprendere la realt nel suo disordine e quindi di dare un senso all'esistere. Dopo la Giornata di uno scrutatore, all'incirca in coincidenza col suo trasferimento a Parigi, Calvino si apre ad una stagione narrativa nuova per motivi, forme espressive e influssi culturali. Il dato immediatamente percepibile la presenza sempre pi fitta di elementi di molteplici discipline scientifiche (dalla fisica alla biologia, dall'epistemologia all'antropologia, dallo strutturalismo alla semiotica). A questo proposito il nostro discorso deve di necessit farsi molto sommario: non certo questa la sede per un'investigazione e neppure per un catalogo delle prospettive euristiche cui Calvino, lettore onnivoro, attinge. opportuno per puntualizzare un fatto: tutte le discipline cui Calvino mostra di essersi accostato lasciano tracce anche vistose nella sua opera narrativa, ma incidono sul suo orientamento ideologico e culturale forse non cos in profondit come si potrebbe pensare. Calvino amplia le prospettive ma per molti versi si mostra anche fedele ai problemi di sempre e in particolare a quelli etico-conoscitivi enunciati negli scritti sopra citati. Ha scritto Roscioni: Non credo che Calvino si sia mai molto interessato alla scienza in s [...]. Il suo problema era come utilizzare i metodi e i linguaggi della scienza, come tradurli in letteratura. La fase fantascientifica Se prendiamo le Cosmicomiche (1965) e Ti con zero (1967) riscontriamo via via palesi suggestioni di fisica, astrofisica, biologia, genetica, biochimica ecc. Ma Calvino in concreto facendo commentare a Qfwfq varie ipotesi scientifiche (ad esempio sull'origine dell'universo, dello spazio e del tempo) mostra di proiettarsi ancora di preferenza sul problema dei rapporti umani e sociali. Lo stesso Qfwfq, improbabile e mutevole essere vecchio quant' vecchio il mondo, sempre in grado di dir la propria, per esperienza diretta, sulle pi astratte ipotesi e sui fenomeni pi remoti e lontani, appare un nuovo Marcovaldo. I temi di fondo della raccolta cos si rivelano essere quelli calviniani di sempre, vale a dire i rapporti tra soggetto e oggetto colti nella dimensione non pi storica ma conoscitiva: solo [...], straniato [...], insicuro e frustrato, Qfwfq constata la differenza tra la scoperta di un paradigma scientifico e l'effetto che esso produce nella vita (Benussi). Il rapporto in parte capovolto negli ultimi racconti di Ti con zero, dove non compaiono protagonisti fantascientifici, ma persone comuni che di fronte ai problemi concreti (come evadere da una prigione, come sfuggire all'inseguimento di un killer) tentano di applicare dei paradigmi scientifici alla loro soluzione. Il senso profondo per non cambia. La ragione, la scienza fino a che punto possono incidere nella vita dell'uomo, nei suoi rapporti (pratici) col mondo? dalla ragione e dalla scienza che possiamo attenderci quelle risposte significative che gettino una prospettiva nel labirinto dell'esistenza? Il ricorso alle suggestioni scientifiche costituisce insomma un'investigazione a vasto raggio dei campi di conoscenza che l'uomo va esplorando e dei metodi che va mettendo a punto per vedere se caso mai da queste discipline venga la risposta al problema di fondo: dare un senso all'esistere, nel palese contrasto tra spinte biologiche ed esigenze razionali. E tutta questa stagione narrativa con i suoi temi e motivi ne costituisce l'ultima grande metafora. In particolare, dalla Giornata di uno scrutatore in poi lo scrittore appare dominato da un'ossessione mentale: il significato e il valore dell'azione, o pi largamente del movimento vitale. Come per una sorta di coazione a ripetere, si accumulano le variazioni su un unico tema, l'ansia di possedere la realt (Spinazzola). L'ansia sistematicamente frustrata, la risposta ai quesiti in sostanza sempre negativa, ma la ricerca non si interrompe.

La fase combinatoria Con Il castello dei destini incrociati si inaugura il periodo cosiddetto combinatorio, in cui Calvino si mostra prevalentemente influenzato nell'immaginazione e nella strutturazione dei suoi racconti dalla semiotica e dallo strutturalismo. Dato un mazzo di tarocchi, Calvino ipotizza le possibili combinazioni tra le cartepersonaggi che diventano un certo numero (elevato ma finito) di storie. Il problema di una conoscenza ordinata, di un dominio razionale del reale sembra cos trovare momentaneamente un fondamento rassicurante nella nozione che tutte le storie, come tutti i fenomeni, siano il prodotto di un numero limitato di combinazioni di dati e fatti, che alla base del disordine fenomenico stiano delle strutture profonde capaci, una volta individuate, di fornire il modello del mondo e della realt. Modalit narrative (di tipo combinatorio) e problemi conoscitivi simili sono alla base anche delle Citt invisibili (1972) e di Se una notte d'inverno un viaggiatore (1979). Nel primo libro, forse il prodotto pi felice di questa fase fortemente intellettualistica, c' un racconto a cornice in cui si confrontano Kublai Khan e Marco Polo (il modello narrativo esplicito il Milione e in genere la narrativa antica di viaggi): Kublai tramite le relazioni dei suoi ambasciatori e di Marco cerca di dominare il suo immenso impero, che non conosce direttamente, e Marco, a differenza degli altri aridi relatori, gli racconta storie affascinanti e misteriose di citt reali e fantastiche, avvincendolo. Il problema di fondo, come si vede, il medesimo pur nella sua concreta attualizzazione di un'investigazione delle citt dell'impero, che metafora della societ e del mondo. Quella che Calvino compie attraverso la narrazione di Marco Polo una catalogazione ordinata del disordine reale: la narrazione si sdipana entro confini delimitati (anche qui applicato un modello combinatorio: il numero delle citt finito e queste sono divise in insiemi distinti) ma le citt nei loro connotati concreti sono un esempio della fluidit e dell'indeterminatezza del fenomenico, che dal campo dell'esperienza concreta si apre senza soluzione di continuit a quello dell'esperienza puramente mentale (il sogno, il desiderio). Nel secondo libro ci si sposta dal campo del reale a quello della letteratura, ma anche in questo caso la dinamica non muta: la vicenda della cornice narra di una lettrice alla ricerca di quello che in definitiva appare il libro dei libri, il libro che consenta la spiegazione del mondo, libro che naturalmente si nega, lasciando lo spazio solo a una serie di capitoli interrotti di tanti libri diversi, che costituiscono al tempo stesso un catalogo di possibili temi e modelli narrativi di Calvino. Palomar Che in questo passaggio ci sia un progressivo abdicare alle speranze di trovare una risposta definitiva al quesito di fondo assai probabile: il passaggio stesso dal campo dei problemi reali a quello dei problemi letterari e dalle discipline scientifiche alla narratologia (di cui in Se una notte palese l'influsso) determina, secondo alcuni, una sorta di ripiegamento e di progressiva rinuncia. In Palomar il protagonista delle meditazioni si mostra alle prese con problemi conoscitivi nuovamente reali e concreti ma sempre pi limitati (determinare le ragioni del moto di una singola onda, conoscere nei dettagli la composizione del prato del proprio giardino, ecc.), che pure risultano insolubili e costantemente frustranti. Ha scritto la Benussi: Palomar attraversa in maniera patetica e talvolta esilarante il sapere universale prima di naufragare: tanta fatica per dimostrare la vanit del sapere cos come lo usa o per dimostrare la vanit del sapere tout court? Scetticismo e curiosit infinita per lo scibile umano accumulato nei secoli sono le doti che uno scrittore deve comunque possedere, e proprio questa ostinazione a stabilire relazioni tra discorsi metodi e livelli il testamento che avrebbe voluto lasciare: "La conoscenza come molteplicit il filo che lega le opere maggiori, tanto di quello che viene chiamato modernismo quanto di quello che viene chiamato postmodern, un filo che - al di l di tutte le etichette vorrei continuasse a svolgersi nel prossimo millennio" (Calvino). I nostri antenati Il visconte dimezzato Il nipote del visconte Medardo di Terralba narra che lo zio durante la guerra contro i turchi (sul finire del Seicento) viene tagliato in due da una palla di cannone. I medici ne trovano dapprima la parte destra, la

curano e la rimettono in condizione di vivere. Questi fa ritorno in patria e si dimostra malvagio e crudele in ogni suo atto: emette sentenze terribili, causa incidenti, incendia case e fienili. semina il terrore, insidia la bella Pamela ecc. A un certo punto per si diffonde la notizia d'una doppia natura di Medardo: il visconte alternativamente costruisce e distrugge, fa e ripara i torti. Il fatto che a Terralba ha fatto ritorno anche l'altra met del visconte, anch'essa medicata e rimessa in sesto. Il visconte dimezzato agisce ora nelle due persone opposte del Gramo e del Buono. Cose tra carit e terrore trascorrevano le nostre vite. Senonch il Buono non si limita a soccorrere chi ha bisogno (ad esempio i lebbrosi), ma vuol curare pure le anime e a tutti fa la morale. Delle due met peggio la buona della grama, dice ormai la gente. Le due met, infine, si sfidano a duello per il possesso di Pamela. Il dottor Trelawney approfitta allora del fatto che nel duello entrambi i contendenti sono rimasti feriti dalla parte monca per ricucire insieme le due met e riportare il visconte alla normalit fatta di una commistione di bene e di male. Il barone rampante Il narratore racconta la storia del fratello, Cosimo Piovasco di Rond, barone di Ombrosa, che all'et di dodici anni - nel 1767 - dopo un'ennesima punizione inflittagli dal padre, per protesta contro l'educazione autoritaria decide di salire sugli alberi e formula la promessa di non scendere mai pi. I ragazzi lo scherniscono, i genitori lo disprezzano, molti lo osservano incuriositi, ma egli tiene fede alla promessa. Si costruisce cos un mondo aereo pienamente autosufficiente: si fa portare dal fratello e dal precettore dei libri (romanzi e testi di pensatori illuministi), si istruisce e a sua volta in segreto istruisce l'antico precettore, suggerisce letture di romanzi ad un brigante, quindi si prende cura degli alberi e degli animali; allaccia una relazione con la bella e volubile Viola, viaggia passando d'albero in albero. Elabora anche una teoria secondo cui stando sugli alberi si pu osservare e comprendere meglio la vita che si svolge sulla terra e comincia a scrivere un Progetto di Costituzione d'uno Stato ideale fondato sopra gli alberi, di cui invia un riassunto a Diderot. Col tempo la fama della sua bizzarra esistenza si diffonde e varie personalit (tra cui Napoleone) vengono appositamente a Ombrosa per conoscere questo strano "filosofo". Ormai vecchio e malato, un giorno il barone si aggrappa alla fune di una mongolfiera di passaggio e vola via sul mare. Il cavaliere inesistente Suor Teodora narra la storia di Agilulfo, un cavaliere privo del corpo che solo per forza di volont e di fede anima un'armatura e milita nell'esercito cristiano di Carlomagno. Durante l'assedio di Parigi Agilulfo desta l'ammirazione del giovane Rambaldo, ma si aliena anche le simpatie di molti guerrieri per la sua mania di ordine e di precisione e per la sua intransigenza. A un certo punto, dopo essersi mostrato valoroso in guerra, Agilulfo decide di abbandonare il campo per ricercare Sofronia che egli stesso quindici anni prima aveva salvato e nascosto in un convento. Parte alla sua ricerca accompagnato dallo scudiero Gurdul, che il suo esatto opposto (corpo privo di personalit e identit, tanto che continuamente crede di essere le cose che osserva), e inseguito dalla guerriera Bradamante, che innamorata di lui. Quando incontra finalmente Sofronia, crede erroneamente che costei si macchi di un incesto, e decide di abbandonare l'armatura e annullarsi. Rambaldo veste l'armatura che riceve in eredit dal cavaliere inesistente e viene raggiunto da Bradamante, che lo scambia per l'altro e si fa inseguire: quando, dopo un amplesso, si accorge dell'errore, disperata si rifugia in un convento. Nell'ultimo capitolo si scopre che Suor Teodora (la narratrice) e Bradamante sono la stessa persona: ma al convento giunge Rambaldo alla ricerca di Bradamante, che ora decide di abbandonare il racconto e il convento per fuggire con lui. Allegoria e modelli formali Scritti nel corso di un decennio e pubblicati separatamente (1952, 1957 e 1959) i tre racconti vennero riuniti nel 1960 col titolo I nostri antenati, vagamente allusivo al significato profondo del trittico, che vuol essere al tempo stesso una godibilissima fantasia narrativa attraverso epoche passate e un allegorico ritratto dell'uomo contemporaneo. Un ritratto per in divenire, tant' che fornisce evidenti indizi del tracciato ideologico descritto nel frattempo dallo scrittore, alle prese con una riflessione critica sul ruolo dell'intellettuale nella societ. L'impianto storico sostanzialmente un pretesto, vista la proiezione dello scrittore verso problemi contemporanei, per adottare e contaminare dei moduli narrativi rispondenti alla poetica della fruibilit: una generica disposizione fiabesca, la favola allegorica (specie nel Visconte), il conte philosophique (specie nel Barone) e il racconto epico-cavalleresco (nel Cavaliere). Tali strutture

narrative e la sovrastruttura allegorica, poi, consentono che i racconti svolgano insieme quelle funzioni ricreativa e educativo-conoscitiva, che Calvino soprattutto in questo periodo persegue. Elementi strutturali Osservato questo si deve aggiungere che la struttura narrativa dei tre testi appare abbastanza tradizionale (conforme ai modelli). Segnaliamo qui almeno un elemento ricorrente: l'adozione di un narratore interno diretto testimone o protagonista secondario della vicenda (il nipote del visconte, il fratello del barone, Bradamante-Suor Teodora), che consente allo scrittore al tempo stesso di osservare dall'esterno i protagonisti e di commentare le vicende senza intervenire di persona, ma celandosi appunto dietro la mediazione di questi narratori fittizi. Anche in questo dettaglio si manifesta il gusto calviniano di esprimere per metafore e mediatamente il proprio punto di vista. Ma assai significativo un ulteriore elemento: nel Cavaliere inesistente, mano a mano che procede il racconto la narratrice acquista connotati sempre pi precisi (svelando infine la propria vera identit) e dedica maggiore spazio alla riflessione sulla propria funzione di scrittrice e sul tempo della scrittura, sino a far prendere a questa parte quasi il sopravvento sulla storia narrata. Questo espediente e le modalit con cui viene realizzato assolvono anche la funzione di evidenziare il carattere fittizio della narrazione, le cui vicende si riducono al ghirigoro d'inchiostro tracciato dalla narratrice sul foglio (Ora disegno, qui nel mare, la feluca. La faccio un po' pi grossa della nave di prima, perch anche se incontrasse la balena non succedano disastri. Con questa linea ricurva segno il percorso della feluca che vorrei far arrivare fino al porto di San Mal. Il guaio che qui all'altezza del golfo di Biscaglia c' gi un tale pasticcio di linee che si intersecano, che meglio far passare la feluca un po' pi in qua...). anche questo un segnale discreto del progressivo spostarsi della riflessione di Calvino dalla funzione dello scrittore nel reale alla sua funzione di scrittore nell'ambito specifico della dimensione mentale e fittizia della letteratura. I motivi dominanti Il motivo dominante come in tutta la narrativa di Calvino, il rapporto del soggetto con il mondo e qui in particolare - sotto il velame dell'allegoria - dell'intellettuale con il mondo storico e sociale. Un motivo ricorrente, che nel suo dispiegarsi segna l'evoluzione della posizione ideologica di Calvino, quello della funzione conoscitiva assegnata alla ragione. Nel Visconte dimezzato sia il Gramo che il Buono vedono nel proprio dimezzamento, pur doloroso e sostanzialmente fallimentare sul piano pratico, una possibilit di pi lucida conoscenza del mondo (il Gramo: Ero intero e tutte le cose erano per me naturali e confuse, stupide come l'aria; credevo di veder tutto e non era che la scorza. Se mai tu diventerai met di te stesso, e te lo auguro, ragazzo, capirai cose al di l della comune intelligenza dei cervelli interi il Buono: Io ero intero e non capivo, e mi muovevo sordo e incomunicabile tra i dolori e le ferite seminate dovunque, l dove meno da intero uno osa credere. [...] Ecco ora io ho una fraternit che prima, da intero, non conoscevo; e la saggezza del visconte riunificato si fonda sulla somma della duplice esperienza delle met separate). una prospettiva che pur nel pessimismo di fondo (le implicazioni negative del motivo del dimezzamento, e i limiti del lieto fine: ma chiaro che non basta un visconte completo perch diventi completo tutto il mondo) lascia ampi margini "costruttivi". Il Barone rampante con la sua grande metafora del salire sugli alberi per conoscere meglio la terra e con la densit dei riferimenti alla cultura illuministica potrebbe essere definito il momento della ragione utopica, che se non riesce immediatamente a modificare la realt (e anzi segna la crisi di questo rapporto) mantiene intatte le sue prerogative di strumento per una conoscenza ordinata del mondo (tutta 1a vicenda del barone muove in questa direzione). Il Cavaliere inesistente viceversa esplicitamente segna un aggravarsi del pessimismo: Agilulfo fallisce (ad esempio nel riconoscere l'innocenza di Sofronia) e si annulla volontariamente, lasciando l'armatura e le sue prerogative al giovane Rambaldo, via di mezzo tra Agilulfo pura razionalit e Gurdul pura corporeit. Il barone rampante Trama In questo romanzo si narra di un adolescente di 12 anni, Cosimo, figlio del barone di un paese della Liguria, che, stanco della vita piena di regole e costrizioni, decide, come segno di protesta, di andare a vivere sugli alberi e di non scendere mai pi. Cos incomincia una nuova vita ricca di avventure. Dapprima

Cosimo conosce una bambina, Violante, di cui si innamora perdutamente; ma in seguito questa parte, spezzandogli il cuore. Negli anni seguenti Cosimo si adatta alla vita sugli alberi, cercando di renderla pi comoda possibile, sopravvivendo grazie alla caccia e vivendo molte avventure e molti avvenimenti: lotta contro i pirati, legge molti libri diventando un filosofo conosciuto in tutta Europa , conosce un pericoloso brigante, che riesce a redimere grazie alla cultura ma che vede poi morire sulla forca...conosce Ottimo Massimo, il cane che gli tiene compagnia per molti anni: se non che un giorno Violante ritorna a casa, e tra i due nasce una grande amore, che per si conclude male e quindi la ragazza riparte. Cosimo, raccontando le sue avventure, passa tranquillamente gli ultimi anni della sua vita e alla fine muore, a sessantacinque anni, dopo essersi ammalato gravemente, attaccandosi all'ancora di una mongolfiera in volo e buttandosi lontano dal suo paese, per non dare agli abitanti la soddisfazione di vederlo alla fine toccare la terra. Ambientazione La vicenda si svolge principalmente ad Ombrosa, un paese immaginario della riviera ligure; spesso per il luogo della narrazione cambia per spostarsi in altri paesi della Liguria o addirittura a Parigi, dove il fratello di Cosimo, si recava per affari. La narrazione si svolge nell'epoca direttamente successiva alla Rivoluzione Francese. Personaggi Il protagonista del romanzo Cosimo, figlio primogenito del Barone Arminio Piovasco di Rond e fratello di Biagio, il narratore del racconto. Anche se del suo aspetto fisico l'autore non scrive niente, il suo comportamento e il suo carattere vengono riportati nel romanzo con estrema cura. L'aspetto pi importante del suo carattere sicuramente il grande anticonformismo e la grande avversione nei confronti delle regole del suo ceto sociale: infatti questi determinano il litigio con i suoi genitori, litigio che lo porta a prendere la difficile decisione di abbandonare la terra per andare a vivere tutta la sua vita sugli alberi, gi dall'et di 12 anni. Cosimo ha una visione molto strana della vita: secondo lui "chi vuole guardare bene la terra deve tenersi alla distanza necessaria",cio chi guarda dall'alto pu vedere molte pi cose e vederle meglio: con questa affermazione possiamo intuire come la sua vita sia soltanto un allegoria del suo pensiero. Anche se all'apparenza Cosimo ha un animo molto forte e deciso, in realt si rivela alla fine del racconto un uomo molto fragile; infatti quando Violante lo abbandona, cade di uno stato di tristezza che lo spinge a rifiutare il cibo e a piangere tutto il giorno;un aspetto molto importante del carattere di Cosimo di sicuro il fatto di voler sembrare migliore di quello che veramente: infatti per questo ogni volta che racconta agli abitanti di Ombrosa le proprie avventure, ingigantisce enormemente i propri meriti e le proprie capacit. Messaggio Ribellione e rifiuto convinto di una realt che impone convenzioni e rapporti non sentiti, elogio dell'indipendenza di pensiero e satira di una classe sociale imbalsamata, bigotta, conformista.In pi l'autore ha voluto raccontare il suo stato d'animo e specialmente la condizione propria di ogni uomo; infatti, come gi molti altri poeti e scrittori hanno fatto , vuole mettere in evidenza la condizione di estrema solitudine di ogni uomo durante la sua breve vita. Quindi, con questo racconto, il poeta vuole affermare che, nonostante la vita di un uomo possa essere felice e ricca di avvenimenti, ognuno comunque solo e chiuso in se stesso, come Cosimo, che, nonostante conservi un gran numero di amicizie ed una vita avventurosa e ricca di movimento, comunque distaccato dalla realt perch vive sugli alberi, lontano da tutto e da tutti. Linguaggio Semplice e chiaro,privo di lunghe descrizioni o riflessioni con alcuni termini della lingua spagnola. E' frequentemente usato il discorso diretto.

Il barone rampante (2)

Trama Secondo romanzo di una trilogia che comprende anche "Il visconte dimezzato" ed "Il cavaliere inesistente", "Il barone rampante" di Calvino segue lo stesso filone storico e fantastico degli altri due libri, ambientando in un passato appena evocato vicende surreali dal tono morale: in questo caso particolare si tratta della vita di Cosimo Rond, un nobilotto ligure che un giorno decide di salire sugli alberi e di non scenderne pi. Tale gesto ha il valore metaforico di un allontanamento e di un distacco dalla societ degli uomini e della possibilit di guardarli dall'alto, ovvero da una posizione oggettiva, ed il protagonista assume quindi le caratteristiche necessarie al raggiungimento di questa elevata quanto ideale condizione. Innanzitutto, egli ci appare, o meglio viene esplicitamente definito un "ribelle", qualit questa che si delinea soprattutto nel conflitto coi genitori e che ha l'aspetto non di irriverente sceneggiata, ma del consapevole rifiuto del loro mondo decadente, padre e madre, infatti sono entrambi ignari dell'irreversibile fine cui l'Ancien Rgime stato condannato in quegli anni dalla rivoluzione in Francia, ed esprimono una sorta di insofferenza ed indifferenza nei confronti del loro presente, il primo ostentando una passione viscerale per l'albero genealogico della propria famiglia e per i propri diritti feudali sui terreni che da secoli non sono pi sotto il giogo della nobilt, la seconda interessandosi a guerre e battaglie, soprattutto se di vecchia data. Se il coraggio a non accettare tutte le imposizioni attuate da un'autorit o dalla societ, che si manifesta in Cosimo quando, durante il pranzo, rifiuta una portata a suo giudizio disgustosa, portano il protagonista a salire sugli alberi con un vero e proprio atto di ribellione, sono l'ingenuit e la caparbiet a indurlo al completo distacco da un mondo malizioso e volubile; egli decide infatti di non scendere pi dai rami in seguito all'incontro con la ragazza della tenuta vicina, Violante d'Ondariva e d'Ombrosa (che incarna appunto malizia e volutt), la quale gli cede per gioco il "regno" arboricolo tenendo per s quello meno puro e certo non incontaminato della terra. Lo stile di vita spartano e precario sono la prima occasione per mettere in luce alcuni dei migliori aspetti della personalit del protagonista, quali il coraggio (non pi solo quello a ribellarsi) ed il senso pratico: quest'ultimo in particolare si rivela molto utile, in quanto, oltre che ad aiutarlo nel rendere pi confortevole la propria esistenza, lo spinge ad occuparsi della comunit del villaggio e a salvarla da pericoli quali un enorme e distruttivo incendio o lo sbarco dei pirati saraceni, pericoli questi che gli uomini non potrebbero fronteggiare a dovere sotto il mero controllo autoritario di un qualunque "terrestre". La parte centrale del libro , inoltre, dedicata ad una serie d'incontri con personaggi, nuovi o gi presentati all'interno del romanzo, con cui mai il barone avrebbe avuto a che fare o di cui non avrebbe scoperto i segreti rimanendo a terra. E', infatti, spiandone le mosse dall'alto che comprende la vera natura del misterioso e riservato zio, fratellastro del barone, il quale fu prigioniero dei mussulmani, dai quali impar la tecnica idraulica e l'arte dell'apicoltura, ed il quale, mascherandosi con la timidezza, cela un'indifferenza nei confronti degli occidentali che lo spinger a favorire i pirati saraceni. Le circostanze della sua morte, note solo a Cosimo, ed il modo in cui queste possono essere interpretate dalla gente mostrano nuovamente la simbolica condizione di oggettivit raggiunta dal barone. Sempre dall'alto degli alberi, il protagonista fa la conoscenza di un altro personaggio, ovvero il capo dei briganti Gian dei Brughi, il quale, oltre a non corrispondere alla propria fama di ladro temerario, contro ogni aspettativa si appassiona di letture al punto da preferirle alla sua solita occupazione; persino sul patibolo (al quale sar condannato per esser stato maldestro proprio per aver perso la dimestichezza nelle rapine) il suo primo pensiero sar il finale di un romanzo, a dimostrare come le persone celino in se stesse un carattere o una personalit ignota ai pi. Molti altri incontri di Cosimo avvengono con ragazzi poveri, contadini o boscaioli, il che dimostra, nuovamente, la totale oggettivit della sua situazione, che gli ha fatto dimenticare d'essere un barone e gli ha permesso di andare oltre le regole tra le classi sociali. Questo si delinea anche, seppur in senso inverso, dall'incontro con i nobili spagnoli i quali, col loro snobbismo e mancanza di senso pratico, mostrano tutta la distanza che ormai v' tra loro ed il protagonista. La vicenda narrata in prima persona dal fratello di Cosimo, il che permette all'autore di illustrare vari punti di vista, quale, oltre a quello dello stesso personaggio, anche quello della comunit paesana, sempre pronta a sentenziare sulle strane abitudini del barone; tale espediente, mescolando affetti a giudizi, smorza di poco il tono farsesco di taluni episodi. Ma, nonostante ci e, soprattutto, nonostante i diversi spunti morali, il romanzo si presta ad una lettura anche di solo intrattenimento, venendo a collocarsi a met strada fra "Il visconte dimezzato", estremamente pedante, ed "Il cavaliere inesistente", forse troppo burlesco, e risultando essere certamente il pi memorabile della trilogia.

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Il visconte dimezzato Trama L'idea del Bene come fine assoluto cui l'umanit tende e cui la morale, religiosa o laica che sia, ha da essere subordinata, nel mondo contemporaneo, ormai scomparsa, sia per il valore relativo che ad essa si attribuito, sia, soprattutto per il gusto diffuso che privilegia l'anticonformismo e considera il male come alternativa alla convenzionalit: ed per questo che non si potr mai confondere il lettore nel riconoscere l'impronta novecentesca nel romanzo di Italo Calvino "Il visconte dimezzato", nel quale, assumendo le sembianze di una fiaba morale, si narrano le vicende di un nobiluomo ligure che, in seguito ad una battaglia, rimane diviso in due met, l'una malvagia, l'altra proba sino all'inverosimile, entrambe ingombranti per il loro carattere estremo e nessuna completa di per s. Ed l'incompletezza di ciascuno dei due atteggiamenti il tema centrale di questa novella, la quale, se da un lato ribadisce tutta la perversit e negativit del male, senza per negargli una certa grandezza ed un irresistibile potere d'attrazione, dall'altro non risparmia nemmeno di mettere in luce la goffaggine e presunzione della bont, che in un mondo dominato dall'equilibrio delle due forze contrapposte non pu che risultare in sovrappeso. Infatti, nel racconto, si alternano alle facezie dell'uno, odiose, o repellenti, o grandiose che si voglia definirle, i tentativi di risanare lo spirito e salvare le anime dell'altro che, per, disturbano, o pi banalmente tediano gli abitanti del villaggio, tanto da non fargliene aver meno risentimenti che non rispetto alla parte malvagia: solo l'unione, o "ricucitura", delle due met riporter la giusta armonia nella comunit, senza pi ansie per la paura dell'uno n sospiri per la pedanteria dell'altro. Si tratta dunque di un'idea propria del mondo moderno, quando si parla di morale, quella che preferisce alla mera benignit un equilibrio tra le due parti, venendo cos a soddisfare sia le esigenze di una societ che non potrebbe che basarsi sull'altruismo, sia a quelle individuali egoistiche tanto care agli uomini contemporanei come a quelli antichi, se non di pi. Il cavaliere inesistente Trama Il cavaliere inesistente narra la storia di Agilulfo, un cavaliere al servizio di Carlo Magno. Come dice il titolo stesso, questo cavaliere inesistente; infatti lo si riconosce semplicemente dalla corazza candida che indossa. Una guerriera di nome Bradamante si innamorata di Agilulfo, al seguito del quale vi Gurdul, lo scudiero personale del Cavaliere Inesistente; un uomo che prima di fare lo scudiero era un vagabondo ed stato raccolto dai paladini di Carlo Magno sul cammino per la guerra. Durante un banchetto sorge una discussione tra Agilulfo e Torrismondo, un altro cavaliere. Il primo inizialmente critica le opinioni dei commensali e il secondo, invece, critica il fatto che Agilulfo sia diventato cavaliere senza meritarselo. Torrismondo, infatti, sostiene che la vergine, di nome Sofronia, che ha salvato Agilulfo da due Briganti, in realt non era una vergine, bens sua madre. Secondo Torrismondo, infatti, lui figlio di un cavaliere del Santo Graal poich sua madre era stata messa incinta da un cavaliere del celebre ordine. D'ora in poi i due cavalieri sono impegnati a dimostrare ognuno la verit delle proprie origini. Dall'esercito di Carlo Magno si staccano i due cavalieri per la loro missione seguiti da altre due partenze; Bradamente che insegue il suo amato e Rambaldo, un soldato amico di Agilulfo e innamorato di Bradamante. Agilulfo, tra mille peripezie, riesce a trarre in salvo Sofronia da un sultano che l'aveva fatta prigioniera e la porta in Gran Bretagna al sicuro. Mentre il cavaliere sta conducendo Carlo Magno da Sofronia, giunge Torrismondo, il quale si innamora della donna senza riconoscerla. Arrivato sul posto con il re, Agilulfo fugge credendo che Torrismondo fosse realmente il figlio di Sofronia; quest'ultimo, per, fugge anche lui dopo aver scoperto la vera identit della donna. In seguito la donna chiarisce ogni equivoco e rende noto che la sorellastra di Torrismondo. Risolto ogni problema vengono cercati i due fuggitivi; Torrismondo ritorna e sposa Sofronia, mentre Agilulfo, credendo di non essere degno della sua carica si era tolto la corazza, ed era diventato "inesistente". Il romanzo si conclude con il fidanzamento di Rambaldo e Bradamante, inoltre il lettore si rende conto che quest'ultima la vera narratrice delle vicende.

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Ambiente Per la maggior parte del romanzo le vicende sono ambientate in Francia. Vi sono per alcuni viaggi compiuti dai vari personaggi che spostano l'ambiente in Gran Bretagna e in Marocco. Non vi sono descrizioni del paesaggio, l'autore lascia intendere che il paesaggio circostante sia principalmente rurale. Protagonista Il protagonista del romanzo chiaramente il cavaliere inesistente. Agilulfo caratterizzato dalla sua candida corazza che l'elemento che lo rende visibile. Inoltre la sua splendida armatura lo distingue dagli altri cavalieri di Carlo Magno. Dal punto di vista del carattere molto rigoroso e preciso in ogni suo comportamento. In battaglia estremamente abile e attento in ogni sua azione e spesso redarguisce i compagni quando, umanamente, sbagliano. Essi sono infastiditi da questo suo atteggiamento critico e Agilulfo si rende ogni giorno pi antipatico. Come in molti racconti di Calvino ogni personaggio rappresenta una tipologia umana; in questo caso il cavaliere inesistente raffigura l'uomo moderno, che sembra essere privo di ogni genere di sentimento, non ha infatti caratteristiche umane. Inoltre Agilulfo aveva vissuto tutta la vita da cavaliere e quando perde la sua carica si toglie la corazza e non pi nessuno; similmente l'uomo moderno quando perde la sua posizione nella societ sparisce e nessuno lo riconosce pi. Altri personaggi e relazione col protagonista Un personaggio secondario, ma in stretta relazione col protagonista e Gurdul, il suo scudiero. La sua figura si contrappone chiaramente a Agilfo. Infatti lo scudiero, pur essendo un uomo fisicamente "normale", mentalmente assente; inizialmente si presenta al lettore come un vagabondo, ma anche diventando lo scudiero di un cavaliere del re, non cambia minimamente il suo carattere. Bradamante, il guerriero - donna, uno dei pochi personaggi che si trova bene col protagonista. Anche lei rappresenta una tipologia umana. Indubbiamente Calvino vuole fare portavoce dei diritti della donna proprio Bradamante che essendo guerriera, sicuramente inconsueto nel medioevo per una donna, dimostra cos di essere uguale all'uomo. Anche Rambaldo un personaggio che stima il protagonista. Egli si dimostra molto rispettoso nei confronti di Agilulfo e non nutre nemmeno un po' di gelosia sapendo che Bradamante, sua amata, ama a sua volta il cavaliere inesistente. Rambalo di carattere molto volonteroso e tenace; infatti pur essendo giovane e da poco nell'esercito, si dimostra subito desideroso di combattere e di diventare uno tra i migliori paladini del re. Messaggio dell'autore L'autore in questo romanzo ha voluto trasportare alcuni "tipi" della societ moderna nei tempi passati. Calvino ha scritto questo testo in modo che possa essere letto a sue livelli di significato: come un semplice romanzo fantastico ambientato nel medioevo, oppure come una trasposizione della societ moderna nel tempo di Carlo Magno. Il cavaliere inesistente (seconda scheda libro) La vita dell'uomo odierno, nel suo pragmatismo e nella sua totale assenza di un qualsiasi sfogo mistico, appare come la pi vuota ed insoddisfacente, nonostante sia fondata sulle basi concrete del materialismo, ed ampiamente diffusa la domanda su cosa rimanga di un individuo sotto la scorza di convenzioni sociali ed apparenze con cui si tenta di esorcizzare il generale senso di vanit; di tale argomento tratta il libro di Calvino "Il cavaliere inesistente", ultimo della trilogia degli antenati, il quale si ambienta come i due precedenti in un passato appena tratteggiato, in questo caso nell'epoca dell'epopea dei cavalieri di Carlo Magno, i cui valori completamente trascendenti si contrappongono funzionalmente, riflettendoli, ai ritmi ed alle abitudini della vita minuziosa e meccanica del nostro tempo. Il protagonista Agilulfo, un paladino che, sotto le placche della propria armatura, semplicemente non esiste, nonostante resti convinto del contrario, e sopravvive unicamente nel rigore con cui conduce la giornata sin nei minimi particolari, dai pasti, a cui partecipa con atteggiamento impeccabile pur non

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consumando niente, alle esercitazioni guerresche, nelle quali la perfezione della sua idealit si riflette nell'accuratezza e precisione dei gesti praticamente infallibili; soltanto nel momento in cui il titolo, da lui acquisito per aver salvato una vergine, viene messo in discussione insieme alla castit della donna, essendo stata proprio tale nomea la sua origine e la sua vera essenza, il cavaliere entra in crisi e, dopo una lunga serie di peripezie al termine delle quali si scopre impossibile accertare l'onore del paladino, questi scompare definitivamente, insieme ai valori di cui era l'espressione. All'esatto opposto di Agilulfo , vi il personaggio di Gurdul, il quale, di contro al protagonista, pur essendo concreto e di carne, ignora del tutto la propria esistenza e si tramuta negli oggetti, animali ed uomini che incontra di volta in volta: e mentre il protagonista, composto solo di idee, appare vuoto e grottesco, soprattutto per la sua invidia nei confronti degli altri esseri, questi altri si propone come alternativa alla vita rigidamente impostata del primo fondata sulle gioie e piaceri della concretezza e semplicit di un'esistenza condotta senza regole e costrizioni. Il libro, come emerge dalla lettura e dalla caratterizzazione dei due personaggi principali, si presenta la parodia di quei valori cavallereschi riflesso, come si detto, di quelli della civilt contemporanea, che privilegiano l'uomo in quanto marionetta di una societ non adatta a lui e che pur accetta come traspare con evidenza nell'episodio dei Cavalieri del Santo Graal, i quali, in preda alle loro estasi mistiche, non disdegnano la strage nei confronti di contadini indifesi e pure rassegnati; inoltre si fa anche riferimento al tema dell'apparenza come fondamento dei rapporti sociali quando si narra dell'amore della virtuosa Bradamante per Agilulfo, amore che finir per essere rivolto ad un altro personaggio del libro nel momento in cui si impossesser della lucente armatura del paladino d'aria. Alessandro Il sentiero dei nidi di ragno Trama Le vicende si svolgono prima in paese , successivamente sulle montagne liguri. Pin , un ragazzino monello e ribelle viene rinchiuso in prigione perch ha rubato la pistola di un marinaio tedesco per vincere una scommessa con gli adulti del bar che solitamente frequenta . Riesce per a fuggire insieme ad un compagno di prigionia, Lupo Rosso, ed di nuovo libero. Poi, a causa di una serie di circostanza , Pin si unisce ad una strana banda di partigiani, composta non da veri soldati , ma da ladruncoli , girovaghi e personaggi rari e irregolari. Pin si trova cos a lottare contro i nazisti , ma questo non il suo vero desiderio: il suo reale scopo quello di trovare un amico che abbia le sue stesse idee, per confidarsi, per sentirsi importante e contemporaneamente compreso da qualcuno. Il suo desiderio si avvera nella conclusione della storia , quando Pin scopre che l'amico tanto cercato il buon Cupino, che calmer con la sua amicizia la solitudine del ragazzino. Personaggi -Pin: simpatico, irruente e volgare, ecco il protagonista della vicenda . Pin un monello cresciuto nei vicoli miserabili di una citt di mare, spregiudicato e maligno quando frequenta il mondo violento e crudele degli adulti, ma sostanzialmente solo e bisognoso di protezione e di affetto. Infatti Pin non ha amici della sua et perch, apparentemente, diventato grande troppo in fretta . Si trova bene con gli adulti del bar del suo paese quando loro gli chiedono di scherzare e raccontare qualche barzelletta o di cantare, arte in cui Pin un maestro. Ma quando gli adulti si occupano dei loro problemi , dei loro desideri, delle loro paure, Pin comprende che quello non il suo mondo , perci si rifugia in un luogo favoloso vicino al torrente, un sentiero in cui i ragni fanno il loro nido . Questo fantastico mondo conosciuto solamente da lui, ma Pin vorrebbe mostrarlo a qualcuno che sia un vero amico. -Sorella di Pin: definita come "La Nera del Carrugio Lungo" ed la prostituta del paese. Lei disponibile a fare questo mestiere per guadagnarsi da vivere e poter condurre un'esistenza lontana da quella misera degli altri paesani. Cos facendo considerata per, persino da Pin, che solo un bambino, una traditrice e viene da lui disprezzata. Invece, e di questo Pin non comprende il perch, molto ricercata dai fascisti e dai partigiani che, a causa della guerra, vanno solo raramente con le donne. -Mancino: l'anziano cuoco del distaccamento, marito di Giglia, possessore di un falchetto di nome Babeuf.

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-Cugino : un partigiano ingenuo e buono, molto grosso fisicamente ma altrettanto grande di cuore. Infatti, quando incontra Pin nel bosco, decide di condurlo con s e non lasciarlo solo. Cugino , come si scopre in conclusione, il vero amico tanto desiderato da Pin : interessato, al contrario di tutti gli altri ai nidi di ragno, mentre non attratto dalla sorella di Pin ed inoltre sa farsi apprezzare dal ragazzino. -Dritto : il comandante del distaccamento, molto apprezzato dai suoi uomini; un giovane magro, con uno strano movimento delle narici, assai malato. Comunque continua a prendere parte alle missioni dirigendo altri partigiani con ordini precisi . Egli l'unico che sospetta che il loro distaccamento considerato il peggiore e inaffidabile e questo aspetto emerge dai discorsi del commissario Kim. Paesaggio Il paesaggio quello di un paese di mare, all'inizio della vicenda, e successivamente quello delle montagne e dei boschi liguri. Il paesaggio reale descritto in alcuni tratti in modo volutamente crudo e privo di abbellimenti, cos come appare agli occhi di Pin e ci che il ragazzino vede ricalca in modo autobiografico i ricordi che Calvino ha del Sanremese dove, ancora giovane, aveva preso parte al movimento di Resistenza. Ci nonostante, in altri tratti, il paesaggio rivela diversi particolari che attirano l'attenzione di Pin; il ragazzino incontra numerosi posti dove potrebbe fare bellissimi giochi, passeggiate e corse. Resistenza Attraverso gli occhi di Pin la vita Partigiani sui monti e nei boschi, pieni di ostacoli ed agguati e segnata da nuove esperienze, si spoglia della retorica, che comune rinvenire in molta narrativa resistenziale, per diventare avventura fiabesca, sospesa tra realt e immaginazione. Infatti Calvino afferma nella prefazione del libro: "Inventai una storia che restasse in margine alla guerra partigiana, ai suoi eroismi e sacrifici, ma allo stesso tempo ne rendesse il colore, l'aspro sapore, il ritmo. "Ed ecco allora che l'autore non celebra il coraggio di alcuni e la violenza di altri, ma inserisce numerosi elementi dialettali, come la trascrizione di canzoni, le voci gergali, le parolacce che illustrano la vita a quei tempi. Linguaggio e stile Il linguaggio semplice a tratti gergale e la narrazione risulta veloce anche se intervallata da molti dialoghi. Il testo facilmente comprensibile e molto appassionante, adatto a chi ama una lettura distensiva, ma allo stesso impegnata su alcuni importanti temi di ordine.

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