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carattere di offesa,
espansionistico.
Tipico, a riguardo, quel che
succede dopo la pace di Antalcida.
Isocrate contrappone l'Europa
all'Asia, come l'Elleno al barbaro.
Nell'Elena (scritta poco prima del
380 a'C') la contrapposizione
proiettata nel passato, nella guerra
di Troia, vista appunto come lotta fra
Europa e Asia; nel Panegirico (finito
nel 380) la rivendicazione del
diritto dell'Europa, sempre minacciata
dagli Asiatici, a partecipare alle
ricchezze dell'Asia, e trasferire la
prosperit dall'Asia all'Europa. Scopo
(17) Cfr' anche le due iscrizioni di
Cipro, nel 449448, e di Xantos, post'
412-1 (Historische Griechische
Epigramme, ed' V' Gaertingen, Bonn,
1926, nn' 49 e 56).
del Panegirico persuadere i Greci
ad accettare l'egemonia di Atene per
una nuova guerra contro la Persia.
Parecchi anni pi tardi, Isocrate
torna sulla questione, questa volta
per allo scopo di invitare Filippo re
di Macedonia a scegliere, come linea
di condotta politica, una politica
asiatica, a preferenza di quella
europea: nel senso che Filippo
dovrebbe distruggere, con una
spedizione in Asia, l'ingiusta
superiorit economica dell'Asia
sull'Europa, dei barbari sui Greci
(nel Filippo, del 346). , insomma,
il programma che sar poi svolto da
Alessandro Magno.
La contrapposizione Europa-Asia
ripresa da due allievi di Isocrate,
Eforo e Teopompo. Soprattutto
importante la posizione di Teopompo,
il quale per diverge sostanzialmente
dal maestro, perch sostiene che
Filippo, anzich una politica
asiatica, deve seguire una politica
europea (nel Filippo, 346) proprio il punto di vista opposto a
quello di Isocrate.
C' un'Europa, che per Teopompo
abbraccia una sfera pi vasta della
Grecia; Filippo l'uomo pi grande
che la Grecia abbia mai avuto; suo
compito dev'essere quello di
costituire un grande Stato europeo
contrapposto al grande Stato persiano
di Asia. (18)
Senonch, una simile
contrapposizione di continenti era
(18) Per tutto questo cfr' A'
Momigliano, loc' cit', pp' 477 sgg'.
destinata ad aver breve vita; ch
proprio la conquista di Alessandro,
creando l'ecumene ellenistica, rendeva
christianus).
Che poi barbaro non significhi
solamente forestiero, straniero, senza
significato spregiativo, come sostiene
il Dopsch, (25) e abbia invece spesso,
se non sempre, significato spregiativo
(com'era gi successo con i Greci tra
il V e il Iv secolo) dimostrano ad
evidenza alcuni passi: soprattutto
quello, notissimo, in cui Paolo Orosio
espone il programma di governo di
Ataulfo, il quale avrebbe voluto
dapprima far tutto con i soli Germani,
ma poi per multa experientia si
convinse neques Gothos ullo modo
parere legibus posse propter
affrenatam barbariem; (26) dove,
nuovamente, il barbaro non capace di
(25) W:irtschaftliche und Soziale
Grundlagen der europischen
Kulturentwicklung, 2a ed', Vienna,
1823, I, pp' 794 sgg'.
(26) :Historiarum adversus paganos
libri Vii, Vii, 43, ed' Zangemeister,
Vienna, 1882, p' 560.
sentire il limite della legge. Ma
anche il furor barbaricus, di cui
parlano s' Ambrogio e Vittore Vitense,
(27) la barbarica cupiditas di
Costanzo di Lione (28) - per citare
solo alcuni esempi - sono documento
abbastanza chiaro di come barbaro
equivalesse a senza legge e senza
freno, per gli uomini del Iv e del V
secolo; e lo conferma la stessa
polemica di s' Agostino, nel primo
libro del De Civitate Dei, a favore
dei barbari, che, nel sacco di Roma
del 410, per rispetto al nome di
(27) Per s' Ambrogio cfr' qui
appresso. Per Vittore Vitense cfr' la
:Historia persecutionis Africanae
provinciae temporibus Geiserici, ed'
Halm, in M'G'H', A'A' Vii, parte 1a
(Berlino, 1879), n' 3, e cfr' anche
Corippo, :Johannidos seu de bellis
libicis libri Viii, v' 28.
(28) :Vita Germani episcopi
Antissiodorensis, ed' Grusch e
Levison in M'G'H', Script' Rer'
Meroving', Vii, parte I (Hannover e
Lipsia, 1919), pp' 271-72.
Cristo, tanta gente risparmiarono e le
basiliche degli Apostoli, poich Dio
sbigott le menti crudelissime e
sanguinosissime, le fren e
mirabilmente le temper. (29)
Dunque, concetto di christianitas,
e non di Europa.
(29) Cap' Vii.
E infatti tutto il pensiero politico
medievale, come gi si detto, poggia
sull'idea di cristianit dalla quale
precisamente deriva le sue aspirazioni
e 167.
Occidentali ed Orientali, si
presentano ormai con caratteristiche
ben delineate in ogni campo: furbi,
infidi, traditori, volpi per
l'ingegno, Ulissi per lo spergiuro e
la menzogna, adulatori gli Orientali;
leali, onesti, franchi gli Occidentali
(per Liutprando s'intende; per i
Bizantini naturalmente vale il
contrario); effeminati, molli,
inadatti alla guerra i primi, eroi
avvezzi alla guerra e alla vittoria i
secondi. A queste differenze
fondamentali altre se ne aggiungono
che riguardano i costumi e la vita
quotidiana: dall'armatura pesante dei
guerrieri occidentali, di cui si
prende giuoco l'imperatore Niceforo,
al vino dei Greci, imbevibile per
Liutprando perch mescolato con pece,
resina e gesso, ai costumi muliebri
indossati dagli uomini dell'Oriente e
che muovono a sdegno Liutprando.
Tutto dunque diverso, fra Occidente e Oriente. Ma se in tale contrasto
riappaiono taluni dei motivi gi emersi nel V-IV secolo a'C', v' una differenza
fondamentale tra quel lontano periodo e il Medioevo: ed che allora l'Oriente
voleva dire l'Asia e l'Occidente la Grecia, cio l'Europa civile; ora,
l'Occidente significa le regioni ad ovest dell'Adriatico e il disprezzato
Oriente comprende la Grecia.
Popoli nuovi, non conosciuti dai Greci del V secolo a'C', compongono il nuovo
Occidente, che abbraccia anche l'Europa centrale e si dilatato assai oltre le
regioni propriamente mediterranee.
Contrapposizione di gran conto, perch allontanava l'Oriente europeo dalla
comunit civile a cui, primo, esso aveva dato nutrimento, ed era destinata a
continuar per secoli, (38) anzi ad aggravarsi ancora dopo la conquista turca che
fin di staccare la Grecia e i Balcani dall'Europa morale, in cui quei popoli
cominciarono ad essere riaccolti soltanto nel momento dell'appello all'europeo
principio di nazionalit, e cio nel secolo Xix. Oriente ed Occidente: non per
nulla il termine Occidente, Abendland, stato pi e pi volte assunto come
equivalente d'Europa, soprattutto nella storiografia tedesca, la quale ha pure
messo in voga un'altra e consimile espressione, anch'essa come equivalente di
Europa, e cio la comunit dei popoli romano-germanici. Siffatta
contrapposizione culmina nel campo religioso con lo scisma d'Oriente e la
separazione definitiva (38) Vedi nota precedente.
della chiesa greca da quella romana, nel campo politico con le Crociate e i
progetti e le imprese di conquista di prncipi occidentali in Oriente. I Greci
non appaiono nemmeno pi veri cristiani, anzi, un che di mezzo tra cristiani e
Saraceni; sono eretici poco meno pericolosi dei Turchi. (39) Essi si
contrappongono ai Latini e
Franchi: che sono le due denominazioni
complessive sotto cui vengono
raggruppati gli uomini delle nazioni
occidentali. Pensate, appunto,
all'impero latino d'Oriente, che
segna il trionfo, sia pur breve, della
campagna offensiva dell'Occidente
contro l'Oriente. L'Occidente, gli
Occidentali, i Franchi: ed ecco,
talvolta, il nome Europa assunto
(39) R' Wallach, op' cit', p' 25.
proprio ad indicare gli Occidentali, e
i Franchi o Latini ed essi soli. (40)
Alla contrapposizione dei termini
(Introduction).
Anche politicamente sono evidenti le
frecciate antiassolutistiche: che in
Cina pi che altrove il bene pubblico
sia considerato il primo dei doveri,
ci equivale a dire che altrove (leggi
Francia ed in genere Stati europei) il
bene pubblico non sempre perseguito,
anzi sottost spesso al bene
particolare (del re, di un ministro,
di una favorita ecc'). L'avversione al
malo uso della politica in Europa,
alla ragion di Stato pi forte
ancora nel Voltaire che nel
Montesquieu.
Soltanto, siccome gi abbiamo
osservato, mentre l'avversione al
cattolicesimo, al papismo, ed in
genere al cristianesimo sic et
simpliciter, avversione di
principio, che investe le fondamenta
stesse dell'edificio cristiano,
l'avversione alla politica, la
diffidenza verso lo Stato cos forti
nel Settecento, (11) sono pi verso i
modi di applicazione, che verso il
principio stesso, che contro lo Stato
in s. Ponete a capo di uno Stato un
re illuminato, un re filosofo,
tollerante in materia religiosa,
protettore delle arti e delle lettere,
che faccia eseguire molti lavori
pubblici ed incrementi la vita
economica del paese (infatti per il
Voltaire dalla cura del bene pubblico
deriva in Cina attenzione continua
dell'imperatore e dei tribunali a
riparare le grandi strade, a unire i
fiumi scavando canali, a favorire
l'agricoltura e l'industria) e
vedrete che l'ostilit degli
illuministi alla politica scomparir,
e che essi eleveranno plausi ed encomi
a quel re. L'ostilit, insomma, del
'700 contro lo Stato assolutistico
alla Luigi Xiv: l'esperienza di mezzo
(11) Su ci cfr' il libro assai
interessante di A' Gerbi, :La
politica del Settecento, Bari, 1928,
passim.
secolo determina, proprio soprattutto
in terra di Francia, una reazione che,
iniziata dal trio Boulainvilliers,
Fnelon, Saint-Simon, prosegue col
Montesquieu e col Voltaire e gli
altri, trasformandosi per da pura
reazione di stampo feudale-nobiliare,
che vagheggia il ritorno ad un passato
lontano come all'ottimo dei regimi
(Boulainvilliers ed anche
Saint-Simon), in una dottrina gi
apertamente costituzionale-liberale
(Montesquieu), anche per il decisivo
influsso esercitato dal pensiero
imperturbabile audacia,
quell'accecamento della logica che
rifulgono nelle civilt antiche.
Stessa variet, stessi contrasti nei
sentimenti, nella letteratura,
nell'arte: e se la letteratura e
l'arte sono dal punto di vista della
forma meno perfette di quelle antiche,
ci deriva appunto dal fatto della
prodigiosa diversit di idee e di
sentimenti della civilt europea, che
ha scosso l'anima umana su pi vasta
distesa ed a pi grande profondit, ma
che per questo pi difficilmente pu
giungere a quella chiarezza e
semplicit in cui risiede la bellezza
formale dell'opera d'arte.
Tale dunque il carattere dominante
della civilt europea. Perci civilt
incomparabilmente pi ricca di tutte
le altre; civilt che dura da quindici
secoli e che tuttavia in continuo
progresso: molto meno rapida nel suo
dispiegarsi della civilt greca, essa
non cessa di crescere, mentre l'altra
dopo la prodigiosa ascesa aveva
conosciuto il rapido declino. Perci,
anche, mentre le altre civilt hanno
conosciuto soltanto la tirannia, che
si esercitata nelle forme pi varie
ed in nome dei princpi pi diversi,
anche nell'apparente democrazia delle
citt greche, perch ogni tendenza
diversa da quella dominante era
proscritta, l'Europa moderna la
madre della libert: che significa
impossibilit per una sola forza di
soffocare le altre: non potendo
determinarsi, i princpi diversi hanno
dovuto vivere assieme, venire a
transazione, accontentarsi ciascuno
solo di una parte di dominio: la
libert stata cos il risultato
della variet degli elementi della
civilt europea. La quale non dunque
n ristretta, n esclusiva, n
stazionaria; essa entrata se
permesso dirlo, nella eterna verit,
nel piano della Provvidenza; essa
cammina sulle vie di Dio. il
principio razionale della sua
superiorit (lezione Ii, pp' 17-18).
In questo quadro fondamentale su cui
il Guizot richiama l'attenzione del
lettore, il principio
dell'unit-variet viene svolto intero
tanto da condurre ad alcune
conseguenze che ci portano oltre il
modo di vedere degli europeisti del
Settecento. Identica l'esaltazione
della gloria dell'Europa; identico,
l'esaltare la libert europea contro
la tirannia, fatto non europeo;
identico, ancora, il sottolineare
Chiesa.
E ne deriva la rivalutazione del
Medioevo. Nella storia dell'umanit,
per Voltaire e i suoi colleghi, c'era,
ad un certo punto, un grosso buco, una
zona oscura, senza fondo n luce: ed
era il Medioevo. La caduta dell'Impero
romano - dovuta s alle inondazioni
dei barbari, ma anche al
cristianesimo, che indebol, snerv le
forze, rivolgendo gli animi al cielo e
facendo andare in rovina la terra aveva segnato la fine della civilt e
l'avvento della barbarie, del :chaos
de notre Europe che cominci a
riprender forma solo nell'et di Carlo
Magno (Essai sur les moeurs,
Avant-propos): affermazione comune
al Voltaire e al Montesquieu, agli
inglesi Gibbon e Robertson. Ed
un'affermazione in cui confluiscono le
tradizioni del nostro Rinascimento,
sdegnoso della cosiddetta rozzezza
culturale-artistica dei secoli
precedenti il Xiv, convinto che
pittura e scultura e poesia fossero
risorte solo con Giotto e con
l'Umanesimo; e la tradizione
protestante, avversa al Medioevo come
all'epoca del predominio di Roma
cattolica, all'epoca del papismo. (1)
Il Romanticismo invece rivaluta il
Medioevo, il suo pensiero, la sua
arte, la sua fede; riporta in alto il
tanto disprezzato gothique; colloca
anche questa et fra quelle fruttuose
dello spirito umano.
Alla tradizione classica
greco-romana, iniziale fondamento di
tutto il pi tardo sviluppo del
pensiero europeo, al Rinascimento, al
secolo di Luigi Xiv, il Romanticismo
aggiunge, giustamente, il Medioevo:
l'et che ha segnato di indelebile
(1) Cfr' G' Falco, :La polemica sul
Medioevo, Torino, 1933.
impronta cristiana il volto
dell'Europa, l'et per cui il pensiero
e il modo di sentire degli Europei non
possono non poggiare su basi
cristiane, oltre che greco-romane.
Noi siamo cristiani, e non possiamo
non esserlo: lo ha luminosamente
provato, or poco, Benedetto Croce.
(2) Non possiamo non esserlo, anche se
non seguiamo pi le pratiche di culto,
perch il cristianesimo ha modellato
il nostro modo di sentire e di pensare
in guisa incancellabile; e la
diversit profonda che c' fra noi e
gli antichi, fra il nostro modo di
sentire la vita e quello di un
contemporaneo di Pericle e di Augusto
proprio dovuta a questo gran fatto,