Sei sulla pagina 1di 9

LETTERATURA MODERNA E CONTEMPORANEA

MODULO A (sistema letterario moderno)

(26-9-2019)

Saggio di Spinazzola: Di chi la colpa se si legge poco?

Il saggio è degli inizi del millennio ma sono osservazioni ancora valide. Si parla di illetteratismo. E’
un’espressione che deriva dallo stesso Manzoni che dice che il suo romanzo è dedicato sia ai letterati che
agli illetterati, ovvero coloro che non hanno una professione legata all’ambito letterario. Questo
illetteratismo è conseguenza di 3 fattori:

- Presenza di video
- Scuola di tutti ordini e gradi che insegnano a leggere ma non fanno amare la lettura
- Ne manca uno

Quello che contava era offrire un canone di scrittori di classici che insegnassero e offrissero un modello da
emulare nelle pratiche degli scrittori. Fornire gli strumenti per comprendere qualsiasi tipo di testo e
sollecitare l’espressione libera delle reazioni spontanee che l’affiancamento al testo ha suscitato.

“Il patto narrativo” nel primo capitolo tratta del passaggio del sistema letterario dall’Ancient Regime a
quello moderno focalizzandosi principalmente sul romanzo. Il titolo di questo libro implica una relazione di
scambio tra chi legge e chi scrive. Le prime parole dei Promessi Sposi (non quelle del ramo del lago, prima),
sono importanti perché Manzoni si abbassa a un genere non di prestigio, e attraverso la pubblicazione
editoriale la fatica dell’autore arriva a coloro a ci è destinata l’intera opera. Con il passaggio tra i due sistemi
letterari cambiano moltissime caratteristiche. Un pre-requisito teorico è sapere che esiste una frattura
molto netta tra i due sistemi letterari. Il pre-requisito si fonda sulla tradizione letteraria e la conoscenza
della modernità, nonché titolo di un saggio di Jauss. Jauss si interroga sulla parola modernità (dal francese)
che è anzitutto un neologismo che implica una diversa concezione del mondo. Jauss considera il passaggio
tra i due sistemi letterari come un evento che crea un abisso tra i francesi prima di quel momento e il nuovo
resto del mondo, non solo per usi e costumi, ma anche per il senso di gusto e di bello. Jauus dice che il
tratto più importante è la distinzione tra modernitè e eternitè. L’antitesi forte non è tra antico e moderno
ma tra moderno ed eterno. Questo è il punto fondamentale. Tra le lettere di Petrarca c’è una destinata a
Marc Tullio Cicerone e una ai posteri. Per Petrarca era naturale rivolgersi contemporaneamente a un
grande autore della Roma antica, così come rivolgersi ai posteri che avrebbero apprezzato le sue opere.
Petrarca vedeva la letteratura come un’istituzione che rimane uguale nei secoli e che quindi risponde a
regole ben precise, quei valori eterni e universali che non conoscono eccezioni perché le regole del bello
sono indiscutibili, eterne e universali. Questo è esattamente il contrario del principio della modernità. Non
significa che noi non riconosciamo un valore universale alle opere del passato, ma significa che tutti gli
scrittori alle prime armi avevano come proprio postulato per la propria scrittura, un’idea di regole eterne e
universali. Principio di imitazione poggia su questo. Il bello supremo è stato incarnato dai classici e noi non
possiamo fare altro che imitarli cercando di avvicinarci il più possibile. Quando questo postulato viene
meno (e può accadere per varie ragioni), si passa da una concezione e da un universo chiuso della
letteratura (opere che magari rimandano l’un l’altra) a un universo più aperto della letteratura in cui a
cambiare sono anche le sedi in cui si fa letteratura: dalle accademie alle case editrici. Mutano i protagonisti
delle istituzioni letterarie. Noi tendenzialmente proiettiamo la nostra idea di letteratura nei secoli passati.

Nel 1749 viene pubblicato “il patto narrativo”. Fielding (che è l’autore di Tom Jones) ci dice che l’autore
moderno è come colui che apre un pubblico esercizio, un ristorante. Chi entra nel ristorante compra un
libro e ha il diritto/dovere di criticare, insultare e mandare a fanculo pranzo (il libro) e chef (l’autore).
Qualsiasi lettore nel sistema letterario delle modernità ha il diritto e il dovere di dare un giudizio. Ogni atto
di lettura si conclude con un giudizio. Nel 1749 siamo nel frangente in cui lo stesso Fielding dichiara che si
sta aprendo una nuova provincia, siamo proprio nel momento del passaggio e non è un caso che questo
commento sia stato fatto ancora una volta da un romanziere, perché la letteratura era altro, non quello che
noi oggi intendiamo con “romanzo”. Ad essere messe a fuoco sono le figure protagonistiche delle istituzioni
letterarie a partire da colui che fa l’eroica fatica, ovvero l’autore. Nel contempo la stessa figura del lettore
cambia radicalmente, ecco perché sarebbe più proprio capire cosa intendiamo per lettura. Noi per lettura
intendiamo un atto singolo, l’incontro tra l’autore e io leggente. Ma abbiamo il lettore come soggetto
singolo e pubblico come soggetto collettivo. Prima non si leggeva ma si ascoltava.

(2-10-2019)

Il concetto di autore si afferma solo nel passaggio fra i due sistemi letterari. Il termine mecenatismo deriva
da Mecenate, ovvero un consigliere etrusco molto influente e ricco, che operò nella protezione dei poeti al
tempo di Cesare Augusto. Fu protettore di tantissimi letterati e poeti tra cui Properzio, Orazio e soprattutto
Virgilio (a mecenate sono dedicate le Georgiche).

Il saggio più bello di Auerbach si chiama “pubblico occidentale e la sua lingua” e si apre con un’epigrafe di
Marziale. Il

Il tramonto del mecenatismo inizia con il tramonto del sistema letterario del classicismo. La figura
dell’ipotetico autore era una figura strettamente connesso alla letteratura dell’imitazione ma volto anche a
cambiare le cose.

Saggio “mecenatismo e dedica” di Chartier. Quando si parla di aura che connota l’opera letteraria e che
rimane a quel tipo di civiltà, civiltà che presupponeva da parte degli autori la dedica che ciascuno di loro
faceva al proprio mecenate. Significava offrire un libro a qualcuno per onorarlo e tesserne l’elogio nella
speranza di ricevere qualche ricompensa. La dedica è soprattutto un’immagine, e se noi andiamo a mettere
in fila le immagini che ci vengono proposte, sono molti i risultati che raffigurano un tipo in ginocchio. Le
immagini possono essere rappresentate su 3 tipologie a rappresentare lo spazio letterario tra una figura e
l’altra. La più classica mostra il gesto stesso della presentazione e del passaggio di mano del libro tra
l’autore e il destinatario. L’altra mostra il lettore nell’atto di leggere a voce alta la propria opera al sovrano a
cui la offre. Uno degli esempi di Chartier riguarda la nostra letteratura. Colui che offre la propria opera ne
perde la proprietà, non è più opera sua. Il re diventa poeta, scienziato ecc. e la sua biblioteca non è soltanto
un tesoro, ma si trasforma nello specchio in cui si riflette la sua potenza assoluta. Il letterato si sottomette
al dominio assoluto di colui a cui ha offerto l’opera. Le grazie dispensate da un generoso protettore sono
l’unico mezzo per i letterati (e tutte le figure che si dedicano alle arti) per ottenere oro e remunerazione.
Tutto questo tracolla nel passaggio dal sistema da Antico Regime al sistema letterario della modernità. Non
è solo una questione che riguarda l’articolazione degli intellettuali, o la sociologia; ma cambia proprio l’idea
di letteratura e di autore, ora quell’autore ha ceduto la propria autorialità. Il passaggio costituisce la figura,
il concetto, l’idea, di autore così come la intendiamo noi oggi. Al di là della pazzia di tasso, aldilà degli
omaggi che Ariosto offre alla casa degli Estensi, ma è l’intero paradigma a cambiare radicalmente. A dirci
come stanno le cose è Michel Foucault nello scritto “che cos’è un autore?). Foucault dice che l’autore non
ha un nome proprio come tutti gli altri. Per lui bisogna parlare di “funzione autore”.

(3-10-2019)

Il Cortegiano diventa uno dei testi più importanti e fondativi della critica letteraria. In Italia, durante
l’umanesimo, non si costituisce lo stato assoluto come in Francia. Da una parte potremmo dire che
continua il dominio del sovrano assoluto nell’Italia del 500/600, ovvero il papa. Agli uomini di lettere si apre
uno spazio privilegiato tipicamente italiano ovvero l’accademia. Ci dà il senso letterario, ci fa capire come
funzionavano le cose. L’accademia è al di qua di ogni apertura verso l’esterno, è uno spazio separato e
differenziale. L’accademia come luogo e spazio della festa, dell’otium, contrapposto al tempo e allo spazio
esterno che è quello del lavoro e della quotidianità. Dire che gli eruditi si riconoscono nello spazio
dell’accademia, in cui il tempo è quello della festa, significa riconoscere alla propria professione di erudito
una dimensione di otium e non di pratica utilitaria. La letteratura come fatto ontologico è fondata su quelle
basi che ritenevano l’accademia il luogo separato, distinto e autoreferenziale degli studiosi eruditi che ne
facevano parte. L’accademia ci aiuta a capire i caratteri fondativi.

(10-10-2019)

Definizione di Romanzo. Moretti scrive 5 volumi enciclopedici dedicati al romanzo. Alla fine non dà risposte
ma apre nuove questioni. Nell’ultimo volume, intitolato “Lezioni”, Moretti azzarda una definizione di
romanzo come narrazione, invenzione e fiction lunga e in prosa. Uno dei punti di partenza è che il romanzo
è il genere in divenire sostanziale per la modernità in quanto per statuto non ha un canone, non si riesce
mai a dare una formula comprensiva per il romanzo come genere, anzi i ricercatori non riescono ad
individuare neanche una caratteristica sicura del romanzo che non abbia riserve:

- il romanzo è un genere in più piani


- il romanzo è un genere basato sull’intreccio e sulla dinamicità
- è una storia d’amore
- è un genere prosastico.

Fa parte del concetto di romanzo non avere una definizione rigoda perché nasce dopo la costituzione del
sistema dei generi del sistema letterario d’Antico Regime. Il romanzo non è concepito né concepibile
all’interno delle poetiche classiche. La miglior descrizione dei romanzi è data dagli autori stessi. Manzoni
nella prima edizione dei Promessi definisce il romanzo come genere proscritto alla letteratura che si vanta
di non averne o di averne pochissimi. Il sistema dell’Ancient Regime era fondato sul principio
dell’imitazione, i classici erano modelli che offrivano quell’ordine di leggi compositive; le leggi a cui si
ispirano gli scrittori erano leggi che valevano nell’antichità e che continuano a permanere in quella marea di
generi.

Fondatore della poetica dei generi è Aristotele che ci dà una classificazione dei generi. Dà le possibilità di
due metodi di rappresentazione: drammatico e narrativo, su due livelli, uno superiore e uno inferiore:
tragedia - commedia - epos – ultima casella vuota (narrativo inferiore) poiché nel mondo classico non si dà
narrazione che possa essere accomunata dalla commedia.

(16-10-2019)

La lettura estensiva sollecita tutti i lettori a un’intensità di pathos maggiore. Il lettore si confronta
direttamente con il mondo inventato dall’autore. Il passaggio dalla letteratura orale a quella scritta,
scatena, secondo Withman, una sorta di dipendenza verso il libro. La lettura estensiva, che allarga il campo
delle possibilità di scelta, è paradossalmente quella che chiede un’intensità di lettura maggiore e più
consistente.

Critica al genere di romanzo. Pindemonte è definito come l’anti-Foscolo e scrive un romanzo che nessuno si
caga. Pindemonte prende in esame “I Dolori del Giovane Werter” da cui Foscolo prende ispirazione per le
lettere di Jacopo Ortis. Le accuse nei confronti del romanzo passano per la censura e le regole, agli effetti
che il romanzo induce, fino alla peggiore delle accuse ovvero che i romanzi sono letti da tutti. Il romanzo
per statuto è rivolto a un pubblico non solo di dotti, ma a letterati e illetterati. Le accuse continuano per
tutto il 900, anzi, la cultura letteraria novecentesca tende ad essere anti-romanza. Tende a conservare
l’interdetto contro un genere rivolto a tutti.

Fostler, grande studioso, esprime nel 1927 la sua visione. La data coincide con il centenario della
pubblicazione dei Promessi Sposi. Fostler adotta la stessa terminologia adottata da Croce, ovvero il critico
che determinò tutta la letteratura novecentesca, e si augura che il genere romanzo in futuro non abbia
questo continuo successo. Quando Croce incontrerà Moravia scriverà una nota di diario definendolo come
un bravo giovane, peccato che sia un romanziere.

Il romanzo deve avere costitutivamente un’unica norma ovvero la gran norma dell’interesse.

L’atto di lettura mette in gioco la nostra esperienza personale e la nostra cultura secondo Manzoni

3 aspetti che differenziano epos e romanzo:

- tridimensionalità stilistica del romanzo


- Mutamento radicale delle coordinate temporali
- Nuova zona di costruzione del personaggio

L’epopea come genere letterario. L’epos è caratterizzato da 3 aspetti fondamentali. Oggetto dell’epopea è il
passato assoluto. Il mondo epico è separato dal presente cioè dal tempo del cantore. C’è una distanza
abissale rispetto all’eroe perché quegli eroi sono gli eroi dell’epica di un tempo universale, non sono eroi
simili a noi e ci affascinano per questo. Dire che il mondo dell’impero è il mondo dei primi significa che è il
mondo dei migliori, da cui noi tutti proveniamo.

Invece il tempo del romanzo è contemporaneo a noi, che non significa che i fatti accadano nel nostro stesso
presente. Il 600 di Manzoni nei Promessi Sposi è vicino a noi. I personaggi non sono più eroi appartenenti a
un tempo altro, ma sono come noi. Gli eroi invece sono personaggi fondati su uno o più valori e
mantengono sempre quel valore. Gli eroi dell’epos convivono con gli dei perché vivono in quella
dimensione altra rispetto al presente.

Nel romanzo inizia ad apparire la figura del narratore.

La frattura che si opera in Germania tra i due sistemi letterari che può essere collocata tra il 600 e 700 (noi
abbiamo preso il 1749) comporta una serie di innovazioni. In Italia la frattura è posta all’indomani
dell’Unità.

Se andiamo a leggere tutte le annate del caffè, di romanzo non se ne parla mai e le abitudini di lettura
continuano ad essere quelle che valevano nell’Antico Regime. La lettura è ancora un passatempo elegante e
snob e soprattutto privo della gran norma dell’interesse costitutiva della nuova provincia.

Il 1821 è una data importante. È l’anno de primi moti insurrezionali, quei moti che avvieranno lo spirito
costituzionale che porterà alla costituzione dello stato unitario e inoltre nel 1821 muore Napoleone.
Manzoni scrive il 5 maggio, ma soprattutto interrompe l’Adelchi e inizia a scrivere la storia di Renzo e Lucia.
Il tipografo che farà uscire i Promessi fa anche uscire la prima collezione di romanzi storici di Walter Scott.

MODULO B

Verga e Capuana scelgono Milano. Milano offre le officine della letteratura. Milano è fin ora la città dove
troviamo un vero pubblico. A Milano vale la regola della domanda e dell’offerta ed è grazie a questa
condizione economica che Milano diventa la terra promessa degli scrittori. Ormai gli scrittori hanno
acquisito i tratti della professionalità; non sono più nobili ma sono borghesi, alto o piccoli. La scrittura non è
più otium ma negotium. La repubblica delle lettere è diventata la repubblica della carta sporca, libri e
giornali. A Milano si passa da quelle che erano le tipografie a una struttura editoriale moderna. Ormai
anche a Milano non si parla più di gazzette e almanacchi, ma si parla di giornali e riviste. Nel 1876 Eugenio
Torelli fonda il corriere della sera. Si iniziano a pubblicare a puntate le varie opere. Tra il 1872 e il 1873, la
produzione dei nuovi testi triplica; il pubblico è sempre ristretto ma ormai è diventata moderna opinione
pubblica borghese e iniziano ad affacciarsi quelle distinzioni che continuano a permanere per tutto il 900.

Nel delineare il ritratto degli artisti della nuova Italia, il confronto è costante con la Francia. In effetti la
scapigliatura e il verismo hanno il confronto con la letteratura d’oltralpe. Il modello anche dopo l’unità
d’Italia rimane quello francese, Baudelaire per la poesia e Flaubert per il romanzo. Milano viene definita
come la microscopica Parigi della Lombardia. Sebbene Milano abbia le prime officine della letteratura,
sebbene la scapigliatura sia il movimento che per primo reagisce alle correnti della modernità, ricordiamoci
che Milano non solo non è Parigi, ma che quei processi di modernizzazioni sono lenti e faticosi. Nel 1873,
quando la scapigliatura si avvia verso il declino, la Pirelli è fondata da pochi mesi (8 operai).

Luigi Gualdo scrive i suoi romanzi in lingua francese. Aldilà delle vicende biografiche ed editoriali, partiamo
da una scommessa. Come la stragrande maggioranza dei testi scapigliati, “La Scommessa” è costituito a
scatole cinesi tipo. Non abbiamo più il narratore onniscente di terza persona, ma qui il narratore è interno
al testo ed è omodiegetico. Nella scommessa di gualdo abbiamo la trascrizione diretta di che cos’è adesso
l’attività letteraria, ovvero inchiostrare un foglio di carta bianco. I racconti ora occupano poche pagine per
essere pubblicati su riviste e giornali. La stragrande maggioranza dei racconti novecenteschi, a partire da
Pirandello, vengono pubblicati sulla terza pagina dei quotidiani. La misura sono le due colonne e mezzo
dell’elzeviro. È il numero limitato di spazio che governa la composizione testuale del racconto.

Il papà di Camillo Boito in uno dei suoi viaggi conosce una polacca ricca e la sposa, quindi i suoi figli vivono
in una famiglia polacco-veneta. I figli crescono quindi ben lontani dal ritratto esistenziale dei poeti
scapigliati, miseri, poveri e sfigati che muoiono per amore. Boito ha quel profilo molto caratteristico dei
letterati milanesi, cosi come nel 900, la grande maggioranza dei letterati, non hanno come attività solo
l’attività di scrittore. Boito faceva anche l’insegnante.

Racconto di Boito. Tutti gli uomini d’arte e di belle lettere si sentivano messi da parte e volevano
rivendicare con forza d’arte e di scrittura, non solo il loro genio, ma proprio la funzione dell’arte che deve
dare il valore dell’eternità al corpo splendente di Carlotta (la tipa del racconto, una gafi).

Il racconto pubblicato nel 70 finisce diversamente rispetto al racconto del 95.

Emilio Praga è uno degli scapigliati che si cimenta in più generi. “tre storie in una” è una narrazione che si
stende su più livelli diegetici e il narratore in omodiegesi racconta la propria storia. Terza guerra di
indipendenza, non è solo Praga che parte perché a quella terza guerra tutti i giovanissimi (nati a fine anni
30/inizio 40) partecipano tra cui anche Boito per esempio. Nel museo del conservatorio è ancora
conservata una lettera di Praga al direttore del Conservatorio in cui da le dimissioni dalla cattedra di
letteratura. È proprio la terza guerra di indipendenza quella che sembra illustrare con maggior sconforto le
sconfitte del Risorgimento italiano. È proprio sulla terza guerra di indipendenza che Verga costruisce gran
parte del suo discorso anche sul Ciclo dei Vinti. Altrettanto significativo è il trattamento dei materiali storici
nei racconti scapigliati.

All’interno di questa novella di Emilio Praga. Maurizio è un ragazzo a cui va tutto storto. È rilevante
sciogliere il dubbio sul fatto se sono due o tre storie. Tutta la novella è fondata su un equivoco. Questa
novella ci racconta di un pittore, descritto in modo canonico, che aspetta nel suo studio una donna. Gli
viene consegnata una lettera che contiene l’annuncio di morte della donna che quindi non potrà venire, ma
il pittore non si immagina proprio una roba del genere.

MODULO C

Non c’è stato un cambiamento istantaneo per arrivare alla poetica moderna, ma è stata frutto di una
metamorfosi partita dalla seconda metà del 800. Si arriva a un punto in cui i poeti hanno la possibilità di
esprimersi liberamente. Tutto questo avviene dopo varie tappe. Il punto di arrivo sarà chiudere la vita in un
versetto, esattamente come faceva Ungaretti.

La poesia è la prima forma letteraria ad aver fatto registrare la cosiddetta “crisi del consenso”. La poesia col
tempo si è ritagliata un ruolo di perdita di prestigio sociale.

Ma come viene valorizzato un testo o un genere? (Spinazzola). Ci sono una serie di gradini da percorrere
per far si che un testo sia pienamente valorizzato.

In poesia, il genere dominante della modernità è la lirica, ovvero dei versi in cui si esprime uno stato
d’animo. La lirica pura non ha personaggi e tempi riconoscibili. In lirica si presuppone che l’io che parla sia
anche l’io che scrive.
Non si può parlare di Croce in questo ambito: poesia si manifesta in momenti epifanici, il resto è struttura.
Se oggi si pensa alla poesia si pensa alla lirica. Per capire questa cosa dobbiamo vedere come si è evoluta la
figura del poeta. Il soggetto lirico ha delle caratteristiche funzionali e romanzesche e certamente nella
nostra intuizione può arrivare a coincidere con l’autore., come se fosse lo stesso Ungaretti a parlare per
esempio.

Com’è strutturata la strofa. la funziona associativa della rima associa due rimanti sul piano semantica. Nel
primo 900 ci furono delle polemiche pesanti verso la schiavitù della rima, si parlava di catene dorate della
rima. In genere si giunge a discutere di una crisi della rima a inizio 900. In realtà dovremmo parlare del fatto
che la rima nei primi del 900 non è un fattore così scontato. Tende a perdere poteri strutturanti, si cercano
nuove ricorrenze, si rilancia invece il potere associativo. Per quanto riguarda i futuristi, ci sono richiami
onomatopeici ed altre tendenze e in più scrivono opere simili ai poemi in prosa in cui individuare un verso
risulta più difficile. Non è che con il verso libero, tutta la tradizione precedente vada a farsi fottere, ma si
modifica la ritmica. Diventa fondamentale il concetto di allusione metrica.

Il decennio che fa vino al 1918 è un periodo pieno di sperimentazioni molto diverse tra loro (Ungaretti,
Campana…) e si riscontrano cambiamenti anche sul piano formale. Si inizia a parlare di verso libero in Italia
sono negli ultimi anni del 800, mentre nel retto d’Europa era già presente. I n ostri poeti conoscevano
molto bene la cultura francese. Ma come riconoscere la presenza di un verso libero? Tanto per cominciare
sarebbe meglio parlare di metrica libera e bisogna fare delle considerazioni fondamentali.

- Abolizione della rima


- Mescolanza imprevedibile di versi
- Nessuna suddivisione in strofe riconoscibili

Gli autori di fine 800 stanno un po' a metà per questo per loro si parla di metrica liberata. Il verso libero non
può diventare un’etichetta sotto la quale mettiamo tutte le classi dei poeti del 900. Altri poeti del 900
hanno lavorato sugli accenti, guardando il numero di accenti in un determinato verso, per esempio
Palazzeschi. Altri poeti hanno guardato al numero degli accenti a prescindere dal numero delle sillabe
(Pavese). Altro punto importante sono le dimensioni dei versi che si possono distinguere in lunghi, brevi e
brevissimi. Per esempio Carducci utilizzava versi molto lunghi (le barbare). D’altra parte ci sono i versicoli di
Ungaretti: la metricità è data dallo spezzarsi dei versi, dai bianchi tipografici.

Arriva il momento in cui l’insieme di varie regole metriche non sparisce ma si modifica. Parte il discorso del
come andare a capo e quindi come spezzare il verso. Il concetto stesso di verso sbagliato cade. Nel 900
banalmente è molto più difficile riconoscere un verso perché non siamo più in un contesto isosillabico.

La definizione di crepuscolari arriva nel 1910 sul giornale La Stampa quando il movimento ormai era già in
declino. Il termine crepuscolarismo richiama la metafora del tramonto, l’idea della poesia italiana che si
spegne in un lunghissimo crepuscolo, declino. La figura del vate è ormai superata e questo ci porta al
rapporto poeta-società. I crepuscolari riprendono pascoli, anche loro insistono sull’immagine del fanciullo
per esempio. Se guardiamo al concetto di maschere ci accorgiamo di avere a che fare con un
declassamento del poeta che adesso si autorappresenta in personaggi deboli, deboli perché malati, perché
fanciulli, perché incapaci di capire, e proprio per questo sono patetici e ridicoli (Gozzano che si definisce
come un coso con due gambe). Si sviluppa la retorica dell’ingenuità e della semplicità caratterizzata da una
diminuzione di contenuti. Prima con Carducci il poeta era l’artiere che plasma la poesia come un fabbro,
impegnato anche a livello sociale. Ora non è più così. Gozzano addirittura a una certa dice di vergognarsi di
essere un poeta. Non si trova più l’orgoglio del poeta, ma ora è poetica dell’impotenza. Gli autori sono in
costante frattura con la modernità perché forse non riescono a starci dietro. Non è un caso che molti di
questi poeti muoiano prematuramente. Abbiamo quindi il tema dell’inettitudine, dell’incapacità di essere
all’altezza e si risponde a tutto ciò con l’accidia. In alcuni di questi poeti troviamo un intreccio tra
malinconia e ironia. Si rifugiano in una quotidianità grigia, nella quotidianità borghese a cui appartengono.
Non guardano al futuro ma al passato con malinconia. Tutto ciò ovviamente si riflette sullo stile, non c’è
una forte difficoltà stilistica. Gli Scapigliati per esempio creano un nesso tra le loro piccole cose e riducono il
peso delle forme auliche, dando grande spazio agli oggetti della quotidianità. Per esempio i francesismi che
allora punteggiavano la vita quotidiana vengono un po' a meno. Sintassi semplificata senza ramificazioni
complesse. Questo non significa che scompaiono del tutto tutti gli elementi della tradizione, ci sono ancora
dei residui della tradizione poetica.

Covoni insiste molto sulla tavolozza dei colori. Inizialmente si limita al bianco e al nero per poi passare a
colori più sgargianti. Covoni a Milano strinse rapporti con Marinetti.

Con corazzini si ha il rifiuto del concetto di poeta. Lui non si definisce poeta ma fanciullo che piange.
Vediamo anche il rifiuto della vita come spettacolo al contrario di D’Annunzio.

Con Gozzano siamo a Torino nel primo ‘900. Partecipa attivamente alla vita mondana della città.

Nel 1907 viene pubblicata la raccolta “la via del rifugio” di Gozzano che contiene già alcuni capolavori.
Gozzano si interessa piuttosto precocemente al teatro e al cinema e nel 1911 pubblica il suo libro più
importante ovvero I Colloqui, libro diviso in tre sezioni con una forte componente narrativa, caratteristica
importante di Gozzano. Questo è uno dei motivi che lo portano ad adottare una metrica chiusa. Nelle
poesie della seconda fase si insinua il tema della malinconia, della malattia ma anche dell’inganno, temi
crepuscolari. Questo si riflette nel come tratta il tema dell’amore, non ci sono più femme fatale ma gli
amori ora sono ancellari o semplici ragazze di paese, oppure ancora amori impossibili. Abbiamo a che fare
con un “coso con due gambe” detto Guido Gozzano (sua citazione) che si vergogna di essere un poeta.
Utilizza il termine inetto per indicare il non essere all’altezza delle aspettative che il mondo ha nei suoi
confronti, sono aspettative che lui stesso però non vuole rispettare. È facile riconoscere in lui la sfiducia
nello scrivere versi, cosa che appare per la prima volta nella cultura italiana. Decide di recuperare dei
materiali logori, il cosiddetto “ciarpame”, sulle quali getta delle abbondanti spruzzate di ironia perché la sua
maniera sii fonda su questo cozzare tra l’alto e il prosaico. Scriveva con una sostanza verbale ricca. Gozzano
punta molto sulla rima e punta molto anche sulle rime cosiddette dissonanti; oppure si diverte a inserire il
lessico quotidiano in contesti piuttosto alti.

Gozzano aveva già scritto una piccola opera chiamata L’Ipotesi in cui immagina la sua vita di sereno
borghese sposato in un futuro ipotetico nel 1940 e si immaginava anziano, tranquillo e sereno sposato con
una donna che ama leggere, partite a carte la sera e cazzate varie. Questo è un preludio alla signora Felicita.
È una novella in versi e in queste novelle racconta il soggiorno in un paesino canavese. Racconta il
soggiorno di un suo alter ego avvocato, giovane, colto e figo. In questa villa del paese incontra Felicita,
donna nubile, non bella e abbastanza semplice, ma di cui si invaghisce. Questo componimento è costituito
da sestine che si caratterizzano per il fatto di insistere solamente su due rime con schemi differenti. Si
rivolge fin dall’inizio alla signorina Felicita. Nella seconda parte mette a fuoco la famiglia, parla del padre
per esempio. Entra in scena e assume un ruolo cruciale la malattia; questo presunto avvocato è malato di
tubercolosi che o consuma dall’interno. È anche una malattia morale, la malattia di chi guarda ogni
sentimento in modo disincantato e che non ha interesse e desiderio di nulla. Importante aspetto è
ricoperto dal paesaggio del canavese. Insiste anche sul solaio, chiaro riferimento alla sua poetica.
Manifesto del futurismo di Marinetti. Tra i vari punti presentati, dicono che la donna è il sesso debole. È un
movimento che si identifica anche sul versante generazionale, i più anziani di loro avevano 30 anni più o
meno (lui era un filo più grande) e quindi hanno ancora un decennio per fare tutto, perché la nuova
generazione arriverà e li butterà nel cestino giustamente. La potenza delle macchine, la velocità e il rifiuto
di tutto ciò che è immobile prende il sopravvento, modernizzazione a tutti i costi. Le scoperte scientifiche
rinnovano la sensibilità umana e questo si deve riflettere nella letteratura e nell’arte. Non è una bellezza
rassicurante e armonica ma d’altronde c’è l’idea per cui è necessario distruggere l’io, la psicologia, perché
tutto risulta subordinato al mito della materia e del motore. Dal punto di vista stilistico c’è un analogismo
spinto come vedremo. Erano anni in cui si trasforma la sensibilità umana, le innovazioni per loro erano
qualcosa di pazzesco a differenza nostra. Cambia la percezione della distanza e del tempo. Non ci deve
stupire il fatto che il futurismo nasce a Milano, la città più meccanica e industriale d’Italia. La volontà dei
futuristi era quella di sanare la frattura fra uomo e modernità e questo significava attribuire all’artista dei
compiti particolari che magari andavano oltre la sua sfera di competenza. Il compito dell’artista è anche
quello di modificare la percezione della società. Queste idee suscitavano un fascino trasversale perché
questa componente antidemocratica e nazionalista si riflettevano anche in politica. Ci si era resi conto di
essere in una nuova epoca, l’epoca delle grandi città operaie, della vita intensa e tumultuosa, e tutto ciò
doveva riflettersi nell’arte. Queste idee colpirono anche all’estero, per esempio in Russia dove alcuni poeti
aderirono poi però al comunismo allontanandosi dagli ideali futuristi. C’era una diversa concezione del
pubblico, bisognava attirare e provocare il grosso pubblico, più gente possibile. Distribuivano volantini, cosa
che prima non si faceva, per esempio avevano buttato i volantini di una loro serata dal campanile di San
Marco. Teniamo presente che questa avanguardia non è caratterizzata esclusivamente in senso letterario
come i crepuscolari per esempio; il futurismo coinvolgeva tanti ambiti. Anche il teatro era importante, il
cinema, l’architettura, addirittura la gastronomia.

Siamo nel 1912, quando appare il manifesto tecnico della letteratura futurista, pubblicato nella prima
antologia dei poeti futuristi che si chiamava appunto “i poeti futuristi”.

Battaglia peso + odore – Marinetti. Sono una serie di associazioni mentali che sono nella testa dell’autore.
insistenza sui rumori onomatopeici, non ci sono aggettivi, non c’è la punteggiatura. Notare come
procedimenti di questo tipo tendono a valorizzare l’aspetto orale e grafico del testo poetico. I testi poetici
venivano recitati al pubblico in serate molto movimentate, l’aspetto grafico è altrettanto significativo per il
carattere, gli spazi bianchi e cagate simili. Spesso si assume la forma del calligramma.

Palazzeschi nel 1905 fa uscire “i cavallo bianchi” una raccolta di poesie in 100 copie.

Potrebbero piacerti anche