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Letterature comparate – Grilli

26/9/18

L’immaginario, che sarebbe una sovrastruttura marxiana, influenza la struttura ed è importante studiare le
dinamiche dell’immaginario, il quale ci investe totalmente. Esso è l’insieme delle forze culturali che
influenzano la nostra società. Letterature comparate si occupa in maniera metadiscorsiva delle
determinanti di scelte, dei comportamenti e gusti che danno forma al mondo, come si collocano gli oggetti
di senso all’interno della nostra esperienza, del modo in cui la cultura sostiene e avalla determinati
comportamenti. Quindi si parla di anatomia di dinamiche di disciplinamento a cui tutti siamo sottoposti e la
letteratura è proprio l’ambito da scavare per trovare le radici di queste dinamiche di controllo sociale. La
semiotica viene usata in prospettiva metadiscorsiva e comparativa. Parlare di “grammatica della
demonizzazione” significa capire come la cultura costruisce i modelli negativi, quali sono le strategie per la
costruzione di questi modelli in maniera automatica perché la formazione del soggetto presuppone che lo
stesso impari a formarsi per distanziamento da questi modelli negativi. Questi infatti sono modelli dai quali
la cultura ci tiene lontano attraverso le “strategie di demonizzazione”. Tutte gli oggetti demonizzati si
annidano di valenze simboliche e quindi bisogna compiere un’analisi decostruttiva di meccanismi di
demonizzazione delle realtà negative. Per quanto riguarda la storia di questa disciplina, essa nasce in luoghi
e tempi precisi, quando la visione del testo come fonte storica e la focalizzazione monografica non bastava
più e, di fatti, si passò alla comparazione che mise a fuoco molto meglio il significato dei vari testi. Nasce
dall’istituzionalizzazione, dalla linguistica nell’800, periodo in cui si sviluppa la produzione capitalistica,
ovvero quando il colonialismo e l’uomo europeo occupano il pianeta e, dietro finalità strutturali, si
collocano sovrastrutture. Vi sono esplorazioni a scopo economico infatti. I missionari legati alla religione
scrissero le Etnografie, ovvero i racconti di viaggio, che sviluppano la prospettiva comparatistica in ambito
antropologico con Tylor che parlò di “cultura primitiva”, dove dava importanza ai sistemi di parentela in
popolazioni ad esempio amerinde per capire poi gli elementi astratti e culturali comuni. Con Frazer nascono
le enciclopedie di dati comparativi (1890/1922), che divennero poi una procedura su larga scala, fino a
comprendere la civiltà economica. Ci fu un tentativo storico di singole opere nella loro collocazione in una
genealogia, ma anche tematico riguardante testi di culture differenti che parlano di cose simili (‘800 in
prospettiva antropologa). Si passò all’estensione della filologia ma l’800 fu sempre legato al folklore e
quindi ai testi popolari, in prospettiva nazionalistica legato ad una cultura linguistica mentre per la critica si
parlava di specificità culturali di un elemento.

27/9/18

La comparazione a livello storico è un prodotto della globalizzazione, dello sviluppo dell’episteme


ottocentesca.

1. Bisogno d’interrogarsi circa le radici comuni della letteratura, cosa c’è in comune tra cose diverse. Si
afferma la teoria dell’origine della specie con Darwin, il quale non lavorava all’università ma era
indipendente. Questa mette in crisi la visione metafisica/religiosa secondo la quale l’uomo è apice
in un ordine già dato. Darwin non si pronuncia sull’aspetto metafisico ma parla dell’uomo come di
un animale in continua trasformazione sia sotto l’aspetto biologico che sociale. Colloca l’uomo
senza nessun vantaggio all’interno del mondo e, per recuperare la sua superiorità, cerca le radici
comuni tra le varie culture e l’elemento comune in fondo a questa grande diversità è l’albero
genealogico applicato anche alle lingue e alle culture. Ci sono genealogie documentate e quindi
storiche ma anche tipografiche e nell’800 la ricerca di elementi comuni avviene in vari ambiti, come
quello storico-culturale, nel quale si adotta una prospettiva universalistica che ha matrice storica
evidente nel periodo greco-romano ma poi ripresa dopo le guerre. L’identità è la comune matrice
europea dal 20° sec e riprende l’idea medievale imperiale con i Carolingi.
2. Identificare gli elementi specifici 800 vi erano gli Stati Nazione. Le letterature comparate nascono
da un lato della prospettiva universalistica e dall’altro dall’identificazione di specificità. Per quanto
riguarda il percorso teologico che ha un fine buono e riprende la visione metafisica, Frazer raccoglie
informazioni sulle culture ponendole in una successione evolutiva, andando da uno stato primitivo
(es: magia) a uno intermedio fino all’ultimo dell’uomo presente, che è la condizione di perfezione
alla quale tutte le culture tendono.

Con il tempo però si perde interesse per il nazionalismo e la comparatistica negli stati totalitari del ‘900 non
ebbe successo. Successivamente il panorama letterario si fa principalmente europeo e si ha un rifiuto delle
delimitazioni nazionali con la forma romanzo in prospettiva transnazionale.
Il circolo ermeneutico è il modo di formulare un problema che riguarda l’interpretazione di qualsiasi cosa. Si
hanno due sguardi paralleli durante l’interpretazione:
 Di insieme in accezione debole
 Di dettaglio in accezione forte, che rappresentano la stabilità, ovvero quei tipi di domande che
attivano le attività degli studiosi.
L’interpretazione avviene in maniera circolare, non si ha una comprensione intera senza le parti e viceversa,
influenzandosi l’uno con l’altro. Sono presenti dei dettagli nel singolo testo che possono essere compresi
solo in relazione ad altri. La trasformazione dei testi letterari avviene nello studio di questi in rapporto con
altri che li hanno influenzati. La critica tematica studia i temi, propone dei testi con le stesse tematiche e le
differenzia in prospettiva ermeneutica.

28 settembre 2018

Questa disciplina non ha un confine determinato ma dipende da domande che vengono poste all’interno di
questo orizzonte e si evolve in modo tale che queste domande cambiano o vengono addirittura capovolte
nell’ambito dei contesti storici. Intorno al 900 mutano le prospettive della comparatistica, volgendo ad una
prospettiva internazionalistica e lontana dalle limitazioni delle culture nazionali in maniera legata
direttamente alle mutate condizioni mondiali dopo la fine della seconda guerra mondiale. Per arrivare a
capire come funziona l’effetto estetico della paura dobbiamo generalizzare la questione e parlare di che
cosa significa il piacere della conoscenza mimetica → la tesi da dimostrare è che la letteratura, è
un’esperienza fondamentale per il radicamento del soggetto culturale nel mondo, che permette agli
individui di diventare soggetti sociali pienamente formati anche perché essi possono trovare
rispecchiamento nei discorsi letterari. Il punto della costruzione del soggetto sociale è che il soggetto trova
una determinazione in forme di rappresentazione che gli vengono proposte discorsivamente per una
fruizione piacevole. L’importanza di questa teoria è chiara ad Aristotele → che si è occupato in modo
enciclopedico di moltissime discipline, oltre alla metafisica del mondo, anche di molte discipline particolari
quali biologie e anche la teoria della letteratura. Le sue opere erano distinte in due categorie: quelle
destinate alla pubblicazione, poi andate perdute, e quelle destinate alla scuola: Aristotele aveva fondato
una scuola dove veniva fatta ricerca e tramandato il sapere e il risultato di questa ricerca e i testi interni a
questo gruppo erano confezionati in forma poco curata letterariamente, spesso sono poco chiari ma hanno
una veste che va dritta al sodo della questione. Nel caso della poetica a noi interessano aspetti che vengono
affrontati in questo trattatello, composto in due libri, in cui lui parla della poetica, arte del comporre
letteratura. All’interno del primo libro, unico che abbiamo, teorizza le forme della tragedia e fa discorsi
molto specifici. L’interpretazione di alcune idee di Aristotele è utile per interpretare il fenomeno dell’horror
→ psicosociale culturologico che considera essenzialmente il testo letterario come occasione di una
esperienza emozionale e come una forza all’interno di una dinamica che non si esaurisce nei tratti finali del
testo. La nostra prospettiva considera il testo letterario come parte di una dinamica che coinvolge in primo
luogo i destinatari, in secondo luogo tutte le dinamiche sociali a cui i soggetti partecipano. L’evoluzione
della critica letteraria novecentesca è determinata da una serie di dinamiche di cambiamento, evoluzione.
Lo studio della letteratura nell’800 studiava il testo letterario come fatto storico e questo non veniva
distinto da altri tipi di testi documentali o da altri tipi di testi storici. Contro questo approccio reagisce
l’estetica crociana, fine ‘800, primo libro significativo del 1902, ma poi continua fino al 1928, e questo
approccio critico letterario si basa sulla dimensione intuitiva del critico. Croce reagisce proponendo un
discorso che si basa sulle categorie dello spirito e che privilegia la dimensione intuitiva, quello che conta è
distinguere i momenti di poesia intuitiva in cui la poesia viene riconosciuta sulla base di parametri filosofici,
dalla produzione letteraria che non assurge a questa sintesi poetica → l’estetica crociana scoraggia la
dimensione dell’analisi, ecco perché all’inizio del ‘900 in vari luoghi di Europa si sono sviluppate delle
metodologie di analisi letteraria che hanno rivendicato lo specifico della dimensione formale, di
conseguenza i nuovi orientamenti della critica letteraria sono stati dominati dalla importanza attribuita al
fattore normale: la letteratura è un fatto linguistico, il testo letterario deve essere analizzato sulla base di
parametri oggettivi come quelli linguistici, di significato, di struttura, e questo fa sì che l’orientamento
prevalente della critica sia stato quello di depragmatizzare il testo letterario e quindi farlo contare come
costruzione linguistica, che non ha un effetto che si propone di conseguire un certo effetto nel momento
della propria fruizione. Della letteratura si sottolinea con forza la sua straordinarietà rispetto al flusso
ordinario dell’esistenza, e altra caratteristica è che la dimensione su cui si insiste di più è quella
autoreferenziale → in realtà non parla di questo mondo ma costruisce mondi immaginari che hanno loro
vita propria, possono essere considerati spazi a parte che hanno rapporto di rispecchiamento con la realtà
primaria che però non è preciso e non ci interessa ← lo sostiene l’orientamento che reagisce all’estetismo
crociano che a sua volta era reazione contro lo storicismo ottocentesco. Punto di partenza importante è
quello di un teorico della letteratura tedesco, è una svolta rispetto a questa considerazione
depragmatizzata della letteratura. Lui fa propria tutta la tradizione del formalismo, narratologia, e
considera la letteratura come oggetto da scomporre e analizzare in maniera precisa, ma decide di dedicare
la sua attenzione al destinatario > la letteratura è un costrutto semiotico, linguistico, un insieme di parole…
però, lo studio della letteratura non consiste nello studiare la dimensione materiale del supporto, è un
costrutto che come tutti non funziona se non inserito in un circuito comunicativo, formato da varie parti
che sono tutte imprescindibili (discorso linguistico di Jacobson). Mentre nell’800 lo studio della letteratura
era fatto attribuendo l’importanza massima all’emittente, ora nel 1970 Iser scrive “il lettore implicito,
dedicato al destinatario della letteratura. Per la prima volta con Iser si arriva a decidere di considerare il
lettore come parte essenziale dello sviluppo di questa costruzione linguistica che è il testo letterario. Iser
elabora un vero e proprio metodo di analisi letteraria sulla base di quello che è il punto di vista del
destinatario → ovviamente non il destinatario empirico, ma il destinatario che ogni autore deve
presupporre quando confeziona un messaggio che è rivolto a qualcuno. Il tipo di analisi che faremo è
un’analisi che considera la dimensione della ricezione come primaria, quindi quello che dei testi ci interessa
non è il pensiero dell’autore, ma è il tipo di effetto che ottengono sul destinatario → essendo testi di paura,
l’effetto è una dimensione primaria di questo tipo di testi. In questi testi gli autori confezionano i testi con
obiettivo di produrre effetto, in questo caso di emozioni negative che noi genericamente consideriamo
effetto di paura, emozioni di paura. Sono evidentemente già previste dagli autori, cioè nessun autore crede
di star scrivendo un testo con effetto di serenità e poi nell’atto della fruizione si verifica il contrario, ma la
paura è parte della codifica iniziale. Se noi cerchiamo le origini di queste dinamiche di codifica letteraria
miranti a produrre un effetto di paura, all’origine della teoria troviamo la poetica di Aristotele. Lui si pone il
problema solo relativamente al teatro tragico, ma le considerazioni che fa sono di tipo teorico e generale e
si possono applicare ad altre forme letterarie come la narrativa, la poesia o forme come quelle esistenti ora
del cinema. L’elemento specifico della prospettiva del corso rispetto a quella di Iser è diverso. Tutto il
discorso di Iser è però fondamentale, mentre la nostra prospettiva cerca di allargare il campo oltre alle
dinamiche propriamente linguistiche che Iser mette in luce in relazione al destinatario, perché noi vogliamo
far vedere come queste dinamiche hanno una matrice di tipo sociologico e anche antropologico. Questo
effetto estetico della paura va visto come uno strumento di guida dei comportamenti, perché è un sistema
di costruzione dell’immaginario e l’immaginario è lo specchio attraverso cui comprendiamo e percepiamo la
realtà.
Aristotele → capitolo VI: La descrizione della tragedia in generale
definizione di tragedia, ci concentriamo solo su alcuni aspetti: è imitazione di un’azione seria e compiuta
avente una sua grandezza in un linguaggio condito da ornamenti, separatamente per ciascun elemento
nelle sue parti di persone che agiscono e non tramite la narrazione che attraverso la pietà e la paura
produce la purificazione di questi sentimenti.
Per imitazione intendiamo riproduzione artificiale di una concatenazione di eventi che potrebbero aver
luogo nella realtà primaria. Platone sosteneva che la realtà non finzionale viene riprodotta in una
dimensione artificiale. Aristotele quando parla di imitazione presuppone la prospettiva platonica per cui la
realtà è la base e l’arte ne è l’imitazione. Nella nostra prospettiva il rapporto tra arte e realtà non è
unilaterale, perché l’arte è in un rapporto di interazione con la vita perché non solo riproduce delle forme
presenti nella realtà primaria, ma la realtà primaria nella dimensione sociale deriva dalle modellizzazioni
che costituiscono il contenuto privilegiato della letteratura → non è vero che l’arte imita la vita, ma la vita
prende forma imitando delle forme artistiche. Per Aristotele quindi la tragedia, ma nel nostro caso il testo
letterario, è imitazione di un’azione seria e compiuta → serio in questo caso si oppone a comico, compiuta
significa qualcosa che ha un inizio un mezzo e una fine. La letteratura non imita un flusso indistinto, ma è
imitazione di un’azione saliente, cioè di una concatenazione di azioni che non esistono all’inizio, si
sviluppano al centro e si risolvono alla fine, quindi la letteratura focalizza l’attenzione su dei momenti
salienti → SPECIALI che spiccano, marcati e che in un certo senso sono fuori dall’ordinario. Momenti salienti
che vengono seguiti dal loro primo formarsi fino alla loro risoluzione, quindi la letteratura fotografa un
segmento di realtà in cui avviene una azione saliente, prima della quale abbiamo il flusso piatto
dell’ordinarietà, dopo della quale ritorna questo flusso. Si occupa di un evento eccezionale, a diverso titolo,
che si produce. Condito da ornamenti: si riferisce alla parte dello stile, per i testi letterari l’aspetto retorico
della parte linguistica, per i testi cinematografici lo stile delle immagini, le scelte stilistiche all’interno delle
opportunità fornite dal codice. Questo è un elemento fondamentale per distinguere il discorso tra fatto
artistico e realtà primaria: discorso letterario ci presenta una imitazione della realtà primaria che però è
stata sottoposta a un processo di stilizzazione formale. La letteratura ispessisce il discorso formale del
discorso, e questo è stato studiato per tutto il ‘900.
Ogni parte del discorso letterario comunque inteso può essere ispessita sul lato stilistico.
Effetto estetico → in Aristotele ridotto, ma fulcro centrale del corso. Aristotele dice che l’esperienza
letteraria produce emozioni sul destinatario: la compassione, èleos e la paura, phòbos → poi parla del fatto
che l’esperienza teatrale di queste emozioni, che sono pietà e paura, producono la catarsis, la purificazione
di queste emozioni.
Gli studiosi sostengono che il testo non sia chiaro, che non si capisca cosa si deve intendere per catarsi, e
per le emozioni di cui Aristotele parla. In realtà le emozioni sono emozioni estetiche, che vengono prodotte
non da un evento nella vita reale ma da una serie di eventi che vengono simulati in modo finzionale, come
se le persone stessero giocando (termine giocare e recitare sono lo stesso termine in quasi tutte le lingue
europee), e queste emozioni sono provate durante un gioco che permette la loro purificazione.
La poetica di Aristotele → parla di persone con disturbi psichici che riescono a purificarsene attraverso
strumenti come la musica. La teoria di Aristotele compresa in modo storicizzato è: se il cittadino di Atene va
a teatro e prova pietà e paura, una volta tornato a casa queste emozioni gli vengono facilitate, le rimuove e
raggiunge una maggiore impassibilità. Quando si parla di paura, è la disgrazia della persona che fa paura, la
volontà del dio? Cosa fa paura? La parola phobos originariamente significa istinto di fuga quando si viene
inseguiti infatti il phobos è la fuga in guerra. La paura quindi è un’emozione che viene descritta dal tipo di
reazione che si ha quando si prova. Nel caso della tragedia gli spettatori provano paura per qualcosa che
potrebbe essere l’entità che causa il dolore del personaggio. In realtà sarebbe più preciso interpretare la
paura come riferita alle conseguenze della identificazione emotiva della compassione. Cioè eleos e phobos
non sono fasi contemporanee, ma sono fase 1 e fase 2. Aristotele sottolinea che quello che rende tragica la
tragedia è il fatto non che la sofferenza colpisca un personaggio cattivo, ma che la sofferenza colpisca un
personaggio innocente → quando i buoni soffrono. Invece la compassione è sollecitata da una sofferenza
senza motivazione e colpa, e qui il meccanismo psicologico presupposto è l’identificazione → ci
identifichiamo con il personaggio che soffre (fase 1). Fase 2: paura di trovarsi in una situazione di quel
tipo. Ciò che più concretamente fa paura è l’eventualità di ritrovarsi in prima persona dentro i panni della
persona colpita, quindi compassione e paura sono due momenti successivi che fanno vedere come la
reazione estetica che Aristotele attribuisce allo spettatore, sia una reazione che tende ad attaccarsi allo
stadio di mediocrità non eroica purché sia indipendente dalla sofferenza. Nella prospettiva che interessa a
noi, questa modellizzazione di Aristotele può essere letta come una sorta di dinamica educativa per cui lo
spettatore medio è spinto ad avere un momento di simpatia identificativa con i personaggi eccezionali che
vengono messi in scena, per poi fuggire da questa identificazione in una condizione di normalità dove non
c’è eccezionalità né sfiga eroica. L’esperienza estetica dell’eccezionalità sofferente si risolve in un
attaccamento all’esperienza ordinaria, alla sofferenza della persona comune. Ha una valenza educativa
nella misura in cui produce un attaccamento alla vita quotidiana che uno ha intorno a sé. Noi potremmo
riformulare il ragionamento di Aristotele in una prospettiva costruzionista. La realtà non è fatta di entità
metafisiche che sono lì prima di noi, ma la prospettiva costruzionista significa ipotizzare che la realtà non
sappiamo se esiste o non esiste, ma accanto a questo scetticismo metafisico, c’è un altro punto di vista che
ciò che è reale è ciò che viene costruito come reale nel discorso dello scambio sociale. La realtà ultima è la
realtà del discorso sociale che viene scambiato fra i vari discorsi sociali. Ciò che rende le cose reali è
l’accordo sociale. In una prospettiva di questo tipo l’obiettivo ultimo delle produzioni culturali, cioè tutti i
principi, i costumi le abitudini e i rituali le credenze di ogni società, quindi anche a un livello sopraelevato
cioè quello dell’immaginario culturale consideriamo tutte queste cose come strumenti per la produzione
della realtà.

3/10/18

La funzione che Aristotele attribuisce alla paura da immedesimazione è una sorta di terapia omeopatica. La
situazione della funzione estetica collettiva a teatro espone tutti i soggetti ad una esperienza emozionale
collettiva. L’esperienza letteraria nella cultura antica era legata a contesti sociali, l’epos veniva recitato per il
diletto di una comunità riunita per una festa, lo stesso che poi diventa un libro di testo per l’aristocrazia,
per l’istruzione; la poesia lirica era recitata in occasioni rituali pubbliche. Nel teatro la cittadinanza riunita
ritrova delle situazioni nelle quali si può riconoscere e ciò ha un aspetto di rispecchiamento immediato. Le
emozioni vengono condivise da una comunità che impara il funzionamento di queste emozioni, condivise
da tutti. La tragedia finisce per diventare, in una prospettiva costruzionistica (in cui la realtà è l’effetto di un
accordo sociale) un atto in cui le emozioni nella teoria dell’estetica non sono date a priori ma da dinamiche
affettive che vengono imparate e disciplinate da una loro vera e propria grammatica. Vengono suscitate da
delle situazioni che si associano a delle determinate emozioni. La paura tende ad essere sollecitata da una
serie di convenzioni semiotiche che hanno lo scopo di insegnare di cosa avere paura. La teoria della catarsi
è che la funzione dell’esperienza estetica è quella di fornire al soggetto di percepirsi come tale, grazie alla
dinamica di rispecchiamento e grazie alla condivisione collettiva delle emozioni. L’esperienza estetica come
testo di letteratura ci presenta una realtà ordinata, ovvero che ha selezionato delle linee precise di azione
che individuano in prima battuta delle azioni (es: chi commette un crimine, chi scopre qualcosa). L’azione
viene prima del personaggio, è ciò che determina il personaggio soprattutto nel teatro per una forma di
mimesi diretta. Teoria di Aristotele coincide oggi con la morfologia della fiaba di Propp (anni 30), opera
rivoluzionaria perché si contrappone alla tradizione, la quale vede la fiaba come qualcosa che si basa su dei
referenti, oggetti; lui capovolge questa classificazione ritornando a Aristotele, ciò che è importante sono le
azioni che vengono eseguite e sono poche quelle che costituiscono una storia. In prospettiva costruzionista
i soggetti si caratterizzano in base alle azioni che compiono. L’esperienza estetica ci aiuta a costruirci come
soggetti di azioni, esposizione e conoscenza di azioni che ci permettono di inserirci come potenziali soggetti
di azioni. La nostra maniera di vita assume delle forme narrative. La letteratura si presenta come finita e
dotata di senso, tutto quello che è riportato è significativo. Ciò non è riportato nella realtà, nella quale vi è il
caos. La funzione della letteratura è quella di rispecchiare la realtà (mondo finzionale e realtà rappresentata
si relazionano con la nostra realtà dell’esperienza); spesso portiamo nella realtà caratteristiche specifiche
delle letterature. Ciò che avviene nel mondo della letteratura non è mai casuale, ma sempre legato da
necessità, le quali sono leggi che formano ordine, contrariamente alla realtà. Ciò ci aiuta a medicare la
consapevolezza che la realtà sia caos. La letteratura e l’esperienza estetica sono importanti perché avallano
il presupposto che il mondo reale sia come le storie della letteratura. Abbiamo interiorizzato la possibilità
che la realtà sia narrativizzata. La nostra rappresentazione del mondo è fatta di schemi ordinati narrativi.
Aristotele aveva intuito il perché del piacere che si prova nella visione di cose ripugnanti. Saggio di teoria
cognitiva “Wide Horrors Seduces” dinamiche cognitive alla base di questo effetto di piacere su cose
spiacevoli. Aristotele aveva attirato l’attenzione sul fatto che anche dalle cose che nella vita danno
dispiacere (es: cadaveri) si ricava piacere quando sono rappresentati nella letteratura. La conoscenza è
riconoscimento e quindi vedere la rappresentazione artistica di oggetti che sono spiacevoli nella realtà
primaria, nella realtà secondaria sono piacevoli perché riguardano un oggetto concreto che della realtà
primaria. Una chiave del gioco sta nel piacere della simulazione, meccanismo di riconoscimento che
produce piacere, si può intendere anche in prospettiva costruzionistica perché il riconoscimento del segno
di secondo grado rispetto alla realtà primaria permette di avere una conferma veritativa della realtà
primaria. Rappresentazione come oggetto dell’accordo sociale, i soggetti sociali si mettono d’accordo che
quella è un’immagine della realtà primaria, di fatti gli animali non riconoscono le immagini, hanno difficoltà
a simbolizzare la realtà primaria. L’uomo stilizza la realtà primaria in simboli e su questi si forma un accordo
sociale. Questo corrisponde alle modalità di appropriazione del mondo che vanno sotto il nome di “gioco”.
G. Vico molte storie che i popoli antichi hanno tramandato erano una forma della loro modalità di
conoscenza del mondo, le raffigurazioni simboliche della realtà servono per impossessarsi della realtà. Da
un punto di vista emozionale i bambini imparano in maniera mimetica (psicologia dell’età evolutiva, le leggi
dell’imitazione, teoria del desiderio mimetico di Gerard). L’esperienza letteraria è una prosecuzione con
altri mezzi dell’esperienza del gioco e ha una funzione analoga a quella che ha il gioco per i bambini. Il
gioco è una simulazione di secondo grado che al suo interno è seria, pone dei vincoli ai partecipanti e la
partecipazione è sovraordinata. L’esperienza del teatro viene definita come gioco, una simulazione di realtà
che assolve le sue funzioni mobilitando la sospensione volontaria della verità sulla base che quella
esperienza sia vincolante perché in rapporto diretto con la realtà esterna. L’uomo, grazie a queste forme di
gioco, costruisce la sua cultura. Idea che anche le cose che ci sembrano più basilari come l’innamoramento,
sono dinamiche psicosociali totalmente costruite su basi culturali. Badinter “l’istinto materno” è una
costruzione culturale. Nei meccanismi psicologici non vi è la spontaneità, sono guidati da modelli culturali.
Dinamica della costruzione mimetica; mettendo in scena una situazione convenzionale di quella che sarà la
realtà, anche l’esperienza primaria è essa stessa uno spettacolo teatrale. La realtà primaria sarebbe un caos
se non ci fossero dei modelli culturali, è tutto una messa in scena e il contorno fa in modo di far capire che è
la realtà vera e non un gioco. Il costruzionismo dice che la collettività basta per dire cosa è reale. Goffman,
sociologo fa un’analisi sociologica delle piccole interazioni tra i soggetti; mondo come un teatro, realtà
sociale come un teatro. La posizione costruzionista dice che non si può uscire dal teatro, viviamo dentro
questo e l’esperienza estetica fornisce le istruzioni per l’uso. In tutte le arti la funzione è quella di
addestrare rispetto alla realtà messa in scena. Anche gli adulti hanno i loro giochi, eventi di simulazione ai
quali si partecipa in maniera convinta pur sapendo che si tratta di simulazione: questi sono i riti. La realtà
primaria ha bisogno di essere sostenuta da piccole messe in scena: nei bambini il gioco, per gli adulti da un
lato la letteratura e dall’altro il rituale. Per i bambini l’esperienza della narrazione è un’esperienza
originaria. C’è sempre una rappresentazione che personifica i soggetti. Il rituale è un gioco a cui tutti
partecipano seriamente, anche se a livello sovraordinato. Sono dei segmenti di realtà secondaria in cui
avvengono delle cose che vengono ancorate alla realtà primaria attraverso delle “funi”. Il rito religioso ha la
funzione di collegare il presente con un passato originario. Le parole della messa sono i resoconti di ciò che
è avvenuto una volta, individuano un momento di ripresa memoriale. Il rito è un segmento marcato che ha
la funzione di convogliare per un momento tutta la capacità di fiducia che hanno tutti i partecipanti. Il
comportamento deve mostrare che uno ci crede. Mary Douglas dice che il denaro è un’entità rituale,
perché esiste esclusivamente sulla base dell’accordo intersoggettivo. Entità convenzionale, che di per sé
non ha la funzione a cui viene adibita, ma che riveste la funzione in virtù della convergenza della fiducia da
tutte le parti coinvolte. La moneta è un simulacro, rappresentazioni che vengono considerate pari a delle
azioni. La dimensione della convenzionalità della realtà.
Rapporto tra gioco e paura: presuppone una distinzione tra modalità della paura. Lingue moderne come
quelle europee non hanno una distinzione semantica estremamente chiara (phobos=fuga, paura come
emozione di quando si fugge). Parametri: istantaneo e prolungato; reale e simulato. Nella gamma di
emozioni negative (inquietudine, paura, spavento…) distinzione tra emozione continua (paura) e una
istantanea (spavento). L’emozione istantanea è la risposta subitanea allo stimolo improvviso mentre
l’emozione continua ha una componente cognitiva maggiore che può essere anticipata e avere una precisa
sintomatologica fisica. Carroll (1990) fa una distinzione tra emozioni del mondo reale e quelle nel mondo
simulato= art fear, emozione della paura simulata dal testo per immedesimazione empatica. L’emozione
che si prova nella realtà non ha parallelo in quella simulata. Quando parliamo di spavento in realtà si parla
di art horror. La distinzione tra reale e simulato è fondamentale. Quando si parla di paura si parla di art
fear. Lo spavento simulato è un’emozione che noi tendiamo a percepire come sgradevole. Quando
parliamo dell’horror in realtà parliamo della realtà simulata, perché ci presenta una versione vaccinale che
è il principio patogeno che stimola i nostri meccanismi di difesa. Anche se attenuata, è sgradevole. La chiave
è “bu bu sette” (peekaboo) è la prima originaria forma di esperienza di art horror, ovvero spavento
simulato; è una drammatizzazione relazionale in cui ci sono due attori: un bambino e un adulto che compie
un’azione che dal punto di vista finzionale s’interpreta come allontanamento. Il bambino prova prima un
accumulo e poi un rilascio di tensione. La dinamica dell’horror sta principalmente in ciò che si ha intorno, si
ha il rilascio della tensione perché mostra la sua natura finzionale. La dinamica dell’estetica dell’horror
comprende tutto il processo, dall’inizio fino alla fine. L’horror è avvincente e si ricerca perché il piacere
specifico è quello del ritorno alla normalità, come il “bu bu sette”. Il momento del rilascio di tensione non
viene mai considerato ma è essenziale. La dinamica dell’horror comprende due fasi: esperienza dell’horror
simulato, superamento dell’horror.

4/10/18

Importanza dell’esperienza estetica per il rafforzamento di una consapevolezza costruzionistica della realtà,
dimensione del consenso collettivo all’interno di un contesto sociale. Costruzione sociale della realtà,
ovvero cosa è realtà sulla base di momenti di interazione regolata. Orrore istantaneo legato a uno stimolo
improvviso e paura cognitiva, legata all’anticipazione di un pericolo. Le emozioni che si provano
nell’interazione reale e le emozioni che vengono sollecitate da una situazione estetica. Le emozioni che si
sviluppano nel piano di simulazione della realtà, nell’esperienza estetica sono delle emozioni più blande,
meno intense ma al tempo stesso sono l’occasione di un disciplinamento emozionale, che avviene in modi
non codificati, per questo bisogna decifrarli. Dinamiche di rappresentazione dell’effetto della paura: come
gli effetti della paura vengono codificati all’interno del testo codice multimediale nel caso del film che ha
diversi parametri di significazione (contenutistici, tematici, sintattici, punto di vista della macchina da presa,
realtà primaria che viene filmata e parte sonora). The Shining room 237/The Conjuring Annabelle scene.
Nella prima gli elementi che ci aiutano a comprendere l’effetto di paura sono su diversi piani semiotici che
convergono verso la paura elementi tematici: luogo isolato e demonizzazione della solitudine, obiettivo
fondamentale del discorso horror, riconferma della necessità del contatto sociale, tutte le storie di paura
cominciano col demonizzare l’isolamento e rappresentano la solitudine come anomala e associata ad una
situazione di difficoltà di privazione di contatto con i propri simili. L’edificio attiva la competenza “luogo
isolato”, enciclopedica per evocare in maniera automatica l’idea di disforia in associazione tematica con il
luogo isolato che diventa una sorta di significante e che ha un significato che non viene dichiarato ma che
viene tradotto in emozione. Noi veniamo familiarizzati con dei segni che hanno un significato, il quale nei
testi horror non viene esplicitato ma lasciato sottinteso e sostituito dalla dimensione emozionale evocata.
Da un punto di vista razionale il significato del segno “luogo isolato” =privo di rapporto di interazione
sociale; dal punto di vista psicodinamico questo significato non viene comunicato in maniera razionale,
viene veicolato tramite l’emozione la quale è obbligatoria perché è implicita nello strumento semiotico, nel
significante del segno. Gli stereotipi hanno sempre degli effetti anche su chi è preparato come per chi non
lo è. La costruzione delle dinamiche semiotiche sollecita degli effetti automatici e incontrollabili. Emozione
disforica alla quale non possiamo fare a meno che ha un messaggio (messaggio ideologico), che ha
l’obiettivo di salvare lo status quo, la cultura cerca di proporre dei discorsi che siano favorevoli al
mantenimento di vari assetti più possibilmente funzionali al gruppo sociale. Nel momento in cui noi
rispondiamo ai significanti, stiamo già partecipando alla dinamica di conservazione di valori di un gruppo
sociale perché ci stiamo facendo convincere che il luogo isolato sia negativo. L’orientamento emozionale
che ha un contenuto ideologico ottiene come effetto che in noi si sviluppano dei desideri, come paura della
solitudine che non è originaria, ma è un effetto cognitivo di questi meccanismi culturali e ha la conseguenza
che nessuno desidera la solitudine e che tutti convergono nel desiderare l’interazione. Primo elemento -
Perdita di orientamento=labirinto, è significativo perché può essere messo come etichetta a una serie di
fenomeni chiamati “perdita di soggettività”. È un significante. Ottiene un effetto fisiologico di vertigine e
disorientamento, e un effetto pratico di perdita di controllo spaziale. La persona vacilla nella posizione che
occupa nel mondo. Secondo elemento: molto lodato come grande trovata stilistica del regista, inerente alle
qualità specifiche del riportare nel cinema (“Shining” è un romanzo di King). In questa scena la macchina da
presa è su un carrello che segue il bambino alla stessa altezza degli occhi dello stesso. Camera da presa
fondamentale perché determina il punto di vista dello spettatore che in narrativa è la focalizzazione 
scelta di una particolare posizione di osservazione. Abbassamento al punto di vista del bambino, ottenuto
attraverso codici semiotici: la situazione di paura è propria di un effetto di ansia e disforia, l’anticipazione
dello spavento, la paura è l’aspettativa di un possibile spavento. In questa situazione vediamo che una
soggettività infantile rappresentata in maniera tale da creare solidarietà semiotica tra il punto di vista
dell’osservatore con il bambino e quindi di infantilizzazione del destinatario, è associata ad un contesto
spaziale del labirinto che si realizza con la perdita di orientamento e la vertigine. L’emozione della paura è
legata ad una serie di elementi che puntano in una stessa direzione: configurare il destinatario nel modo
più debole e indifeso possibile. Le dinamiche di paura si realizzano attivando semioticamente l’intrinseca
debolezza del destinatario. La disattivazione delle realtà dell’uomo adulto porta in primo piano la vitale
insicurezza del soggetto che prima di essere stato un adulto, è stato un’entità fragile completamente
dipendente da un altro per la propria sopravvivenza. L’uomo ha un periodo di dipendenza infantile
prolungato, mentre gli altri animali sono in grado di autonomizzarsi presto. Questa difficoltà biologica viene
riportata in primo piano come superata ma rimessa in mezzo, viene caratterizzata in vari modi come
l’infantilizzazione, una situazione in cui il soggetto non può far riferimento alla sua competenza spaziale. La
semiotica della paura lavora per riportare in primo piano i rischi dell’intrinseca debolezza dell’essere
umano. L’anatomia della paura prevale sulla soluzione positiva nelle storie horror, il quale da piacere
perché ha un effetto di tensione (95%) /rilascio che riconduce l’immaginazione alla possibile soluzione e
verso gli obiettivi pro sociali. La porta è un altro segno che appartiene ad una categoria di segni, la
situazione di paura individua un confine è legata alla rappresentazione del soggetto lungo una linea di
confine (entrare nel bosco di Cappuccetto Rosso, possibile entrata di Danny nella stanza dove è avvenuto
un assassinio). Da un punto di vista narrativo la debolezza del soggetto viene rappresentata in relazione ad
una situazione di scelta e superamento di un limite. Il racconto fantastico – Propp formula una teoria per
classificare e studiare in un’opera di raccolta. Dinamica dell’infrazione in uno stato iniziale di equilibrio
precario, l’eroe sa che non deve superare un limite e nell’infrangere questo veto deve superare varie prove
che poi portano alla soluzione che, a sua volta, porta ad un equilibrio migliore della situazione di inizio. In
altri racconti la trasgressione è il momento in cui si realizza l’incontro tra il protagonista e i personaggi con
l’elemento negativo, questo incontro è configurato sempre come una contrapposizione semiotica che
individua uno spazio positivo dell’eroe e uno negativo simbolico che s’incarna in uno spazio fisico che si
trova al di la di un limite, confine tra piano della cultura e piano della non cultura. La porta è il contatto tra
ordine e disordine. Il soggetto viene fatto regredire e viene sospinto al confine dello spazio culturale. Luogo
ben preciso che viene associato agli elementi di disordine sociale. Un elemento supplementare è il sostegno
della colonna sonora, elemento più importante per quanto riguarda le emozioni da un punto di vista
semiotico. Qui non abbiamo spavento, ma solo di paura perché ci aspettiamo qualcosa, un minimo di
situazione di spavento lo si vede con il montaggio rapidissimo fra la realtà percepita dal bambino allo
spettatore e l’inquadratura in soggettiva della visione del bambino e inquadra per una frazione di secondo
due bambine vittime dell’assassinio. In questo testo la semiotica musicale, la linea musicale privilegia gli
intervalli problematici. La melodia di shining è organizzata in maniera tale da suscitare una sensazione di
sospensione, di disorientamento. Intervalli dissonanti qui vengono utilizzati in maniera ripetitiva perché
hanno caratteristiche psicotrope, ovvero di orientare le emozioni. La colonna sonora lavora in sinergia.
Quando vediamo la storia rappresentata dall’esterno non vediamo ciò che il personaggio vede, dall’esterno
manteniamo una distanza da quello che il personaggio vede all’interno della storia. La componente
sonora(uditiva) la percepiamo in un modo sovrapposto a quello dei personaggi. In The Conjuring la bambina
sente i tuoni, anche noi li sentiamo. Allineamento percettivo, è completo solo nella componente sonora
(non olfatto, non tatto). Nella visione noi la condividiamo solo in parte, perché c’è sempre uno sfalsamento
percettivo. L’esperienza uditiva fa capire per quale ragione il rumore è importante nella semiotica
dell’orrore perché l’emozione dello spavento viene realizzata con la massima forza nel momento in cui le
percezioni presunte del personaggio e quelle effettive dello spettatore coincidono. Affinché queste
emozioni siano forti e irriflesse c’è bisogno che siano fornite di una base fisica. Il rumore improvviso agisce
su di noi in maniera fisica e in maniera tale che la nostra risposta fisica nella realtà primaria è esattamente
sovrapponibile con l’esperienza del personaggio. Il movimento di questo ciondolo non è riconducibile a
nessun meccanismo, attiva l’ansia perché viene sollecitato il nostro senso di causa-effetto. Se vediamo un
effetto meccanico ma non una causa meccanica ragioniamo immediatamente postulando una causa
personale. Quando non vediamo l’agente di un effetto meccanico il tipo di postulato ci riporta sempre ad
una situazione di inquietudine, ci mette in allerta come se un soggetto invisibile sia aggressivo. Ciò è un
modo semiotico di evocare in maniera emozionale la paura di un’entità pericolosa ma invisibile. L’oscurità
rientra nella categoria labirinto, uno spazio nel quale il soggetto perde il controllo del proprio contesto e in
cui un’eventuale presenza ostile non può essere riconosciuta. Situazione di disagio per autodeterminazione
soggettiva. La bambina dorme, momento di mancanza di difese. La macchina da presa inquadra i piedi della
bambina, quando escono dall’inquadratura la nostra reazione di spavento ci fa intuire che i piedi della
bimba sono stati tirati. Da un punto di vista psicologico la paura di essere tirati per i piedi è tipica dei
bambini che si spiega come una sorta di apprensione nei confronti della situazione predatoria, ogni preda
scappa dal pericolo, dal predatore. Rumore sordo del temporale è inquietante ma non particolarmente
spaventoso perché non avviene all’improvviso ma l’oscurità è l’equivalente del labirinto. Questa situazione
di debolezza viene accentuata dal movimento di macchina alla parte più buia della scena come se fosse il
punto di vista di un essere spaventoso che la vuole aggredire. L’avvicinamento è ostile. Ciò che crea l’effetto
di stimolazione sensoriale spaventosa pone prima il rumore perché più importante. Il temporale assume la
dinamica di base dell’horror cinematografico perché non ha chance di essere narrato, perché non siamo
sollecitati fisicamente. Nella sollecitazione diretta mimetica la rappresentazione di un rumore ha lo stesso
effetto che ha lo spettatore e il personaggio, spavento sussulto momentaneo, alterazione fisica. Ciò è la
cellula di base della dinamica estetica dell’horror. La situazione spiacevole è una cosa che noi anticipiamo
cognitivamente in tutti i momenti in cui abbiamo paura. La paura è l’aspettarsi qualcosa di negativo nel
futuro: nella realtà simulata può essere l’animale mostruoso o la presenza mostruosa; nella realtà primaria
si aspetta un momento di spavento, sensazione spiacevole che si prova nel momento del sussulto. Livello
macro testuale che riguarda l’interezza della vicenda; a livello puntiforme della singola istanza si ha una
micro dialettica di tensione e rilascio impercettibile. Micro situazione di spavento è seguita da una
sensazione di calma.

5/10/18
La paura è focalizzata sull’anticipazione di qualcosa di spiacevole che nella realtà è la situazione di
spavento, nel cinema viene realizzata attraverso strumenti semiotici come la improvvisa stimolazione
uditiva. L’art horror/spavento di secondo grado viene associato a stimoli uditivi improvvisi che hanno la
peculiarità semiotica di essere l’unico livello in cui le percezioni del personaggio e quelle dello spettatore
sono allineate e questo determina il massimo della convergenza identificativa. Nel focalizzare l’attenzione
sullo spavento noi dimentichiamo il rapporto spavento-reazione, il quale è un elemento puntiforme che
dura per poco. Comprendere l’intero binomio di tensione e rilassamento. In The Conjuring vi sono questi
momenti improvvisi. Situazione di apice pauroso si risolve in una situazione di fuga quindi le situazioni di
paura che culminano in momenti di spavento sono risolte sul piano comportamentale in situazioni di paura
(phobos= fuga), scappare in senso etologico-biologico un comportamento che l’uomo condivide con le altre
creature ovvero scappare dal predatore. Il riflesso atavico di fuggire presuppone grossi felini ma questo
impulso è in parte un retaggio evolutivo che la specie umana condivide con altre specie e questa risposta di
fuga dalla predazione viene usata come base per costruire culturalmente l’idea che l’uomo si deve
proteggere dal predatore. L’uomo è pericolo di sé stesso, l’uomo si deve difendere dagli altri uomini. The
Inheritance situazione grammaticale tipica, colonna sonora sottolinea con un rumore improvviso quella
che nell’esperienza del personaggio è un movimento improvviso, per stimolare le emozioni del destinatario.
Incertezza percettiva è la situazione in cui un individuo non invulnerabile si sente esposto al possibile
attacco di predatori, attiva il frame possibile di situazioni di attacco predatorio (vedere non vedere, non
vedere ecc) trasformazioni funzionali di una stessa funzione che attiva la competenza della situazione di
possibile attacco predatorio. Alternanza tra incertezza percettiva seguito da un momento di calma in cui
possono intensificarsi le aspettative (momento di tensione) e poi c’è il momento dello spavento che è
sollecitazione improvvisa, che avviene in maniera anticipata. Situazione di perdita di controllo è dovuta a
un’entità personale confermando l’attacco predatorio. Le dinamiche di spavento sono legate a degli stimoli
fisici che ritroviamo in film già semantizzati, cioè già associate a determinati significati. Chi attacca è sempre
qualcuno che ha già delle caratteristiche. L’esperienza dei mostri che ci spaventano: stimolo fisiologico e il
referente (oggetto associato a questo) e ciò può essere fatto grazie all’esperimento del Piccolo Albert è
una situazione di psicologia sperimentale che dimostra in maniera clinica. Il piccolo Albert era un neonato
di 9 mesi a cui vengono presentati degli oggetti come un topolino con il quale il bimbo gioca, il bimbo ha
emozioni euforiche. Il secondo step consiste nel far esplodere dei sacchetti di carta alle spalle del bimbo e
ciò ha la caratteristica spiacevole di essere uno stimolo forte improvviso disforico e spiacevole. Ogni volta il
bambino piange. Ogni volta che tocca il topo vengono esplosi dietro la sua testa dei palloncini e dopo un
po’ che il bambino esperisce la simultaneità fra presenza del topolino ed esplosione del palloncino, il
bambino comincia a piangere quando vede il topolino. La terza fase i palloncini non esplodono ma appena il
bimbo vede il topo si mette a piangere. Quarta fase il bambino piange quando vede oggetti che somigliano
al topolino. Nella psiche del soggetto c’è una componente istintuale di disponibilità allo spavento, quindi
non deve impararlo perché è una competenza istintiva (i pulcini appena schiusi hanno paura del predatore
falco). Albert è un individuo ha la capacità istintiva di provare una sensazione disforica che risponde
automaticamente a degli stimoli improvvisi. L’esperimento dimostra che questa associazione può essere
specificata associandola a un contenuto. La prima fase dell’esperimento dimostra che il topolino non fa
paura ad Albert. Nella seconda fase la simultaneità spinge il bambino a fare un’associazione biunivoca che
trasferisce la sgradevolezza dello stimolo fisico anche al topolino. È un procedimento appreso. Il topolino
finisce per far paura da solo, la paura è un’emozione che si impara, è la versione educata per
apprendimento di una capacità istintiva originaria che è la capacità di provare spavento ad uno stimolo
improvviso che è una sorta di autodifesa davanti ad una situazione predatoria. La cultura fa leva su questa
capacità per associarla a degli oggetti. Tutto viene culturalizzato per essere associate a forme spiacevoli per
renderle negative o no, come dei modelli. Questa capacità di provare emozioni disforiche: capacità di
desiderare (cibo…), capacità di provare emozioni negative al fine di massimizzare le capacità di
sopravvivenza. Il bambino umano ha già delle risorse da poter operare la generalizzazione: il topo diventa
una classe legata ai tratti distintivi dello stesso. L’effetto disforico dello spavento viene tradotto in emozione
negativa di paura associata a degli oggetti che possono essere concatenati l’uno all’altro per delle loro
proprietà. Quando vediamo i film horror viene ripetuta la situazione del piccolo Albert adulti, con delle
competenze del mondo. La paura è una delle nostre capacità a priori che viene riempita di contenuti nel
corso della nostra esperienza, legata ad una cultura precisa. Lo studio delle dinamiche dell’horror riguarda
la grammatica delle culture. La comprensione del fenomeno della paura dipende dalle valenze culturali che
un determinato gruppo sociale attribuisce a degli oggetti, le cose non fanno paura intrinsecamente ma
perché un gruppo sociale si è messo d’accorso che questo o quello fa paura. La paura dev’essere legata alla
capacità di provare emozioni che portano al voler fuggire dal predatore. Le culture quindi compiono
un’azione politica, ovvero dove la cultura vuole orientare le nostre conoscenze e dove le vuole allontanare.
Il sublime si lega alla presenza di cose soverchianti, grandi. Emozione estetica paradossale perché ci dà
piacere anche se ci minaccia di distruzione. Il primo trattatello è del primo secolo d.C.nella letteratura
greca si trovano dei passi in cui la grandezza degli oggetti è tale che la persona del personaggio ma anche il
lettore si senta piccola e l’emozione che suscita finisce per essere positiva. L’elemento essenziale è la
piccolezza del rettore rispetto agli oggetti rappresentati, la dinamica è a due tempi: momento di
restringimento della psiche difronte a delle realtà giganti ma è l’alternanza tra un momento in cui l’uomo si
sente piccolo rispetto ad una realtà gigante ma anche l’uomo che alza la testa e recupera in un modo
indiretto quella grandezza che aveva perso nel confronto soverchiante. Viene tradotto da Boileau che
riporta il sublime nel dibattito letterario nel 1600, associando il sublime all’esposizione dell’uomo
all’annientamento che diventa la fonte di un nutrimento estetico. “Il naufragar m’è dolce in questo mar” la
grandezza diventa una fonte di piccolezza dell’uomo e di piacere. Kant sublime come perdita di sé di fronte
a realtà soverchianti; al primo momento di negatività vi è uno di recupero di coscienza umana che si trova
di fronte a queste realtà ma capisce che con le proprie capacità razionali può riconquistare il sé. L’horror
nasce nell’estetica moderna in stretta relazione con il sublime. I temi propriamente orrorosi nascono nel
1700 nel romanzo gotico: natura selvaggia, tempeste, rovine, luoghi solitari, buio… tutti che hanno un
rapporto col sublime. Trattato sull’estetica del sublime di Burke nel 1757, dove distingue il bello dal sublime
facendo vedere che il primo è rassicurante, pacificante mentre il secondo è legato ad un senso di rottura e
insicurezza. Connessione tra sublime e terrore. Il sublime è una forma di emozione dialettica, basata su
un’alternanza di tensione e momento di recupero della coscienza positivo. La riflessione sul sublime
accompagna cronologicamente la nascita del romanzo gotico. Il nostro immaginario horror è una sorta di
enciclopedia fatta di pezzi.
L’estetica della paura va compresa all’interno di un sistema filosofico più ampio in cui le emozioni negative
hanno una funzione di “palestra” emozionale. Si educano le emozioni per fare in modo che un gruppo sia
coeso al fine della sopravvivenza, le persone devono essere sintonizzate le une alle altre. Le emozioni
singole devono essere sintonizzate tutte nello stesso modo, vengano accordate in maniera da rispondere
tutte in maniera armonica e concorde agli stessi stimoli. I racconti moralistici sono rivolti ai bambini, il
genere horror è rivolto a una fascia di età successiva. Il destinatario ideale dei film horror è un adulto non
ancora del tutto adulto, perché il soggetto informazione è il destinatario ideale perché sulla strada
dell’apertura del sipario che è la realtà ordinaria. Componente iniziatica dell’orrore consiste nel fatto che la
visione di gruppo mette in evidenza la resistenza che vuole rappresentare la forza del soggetto.
L’esperienza sociale è piena di componenti iniziatiche che vengono intermezzate da momenti rituali. Nel
gioco della paura finiamo per subire un processo di ammaestramento di condivisione anche di emozioni in
un gruppo sociale. Noi siamo tutti d’accordo nel rispondere allo stesso modo a tutto ciò che viene per
estensione ricollegato all’oggetto della paura. L’educazione del testo horror è orientata in modo inconscio.
La nostra educazione emozionale catalizza le nostre paure non solo verso l’oggetto rappresentato ma anche
agli oggetti a lui collegati. Paura: sollecita l’emozione collettiva, fornirci il codice per gestire le emozioni.
Cosa fa paura in un testo letterario: oggetti sempre diversi ma possibili da ridurre in poche categorie di
base. Prendere le distanze dagli oggetti negativi. Come in natura la paura è uno strumento fondamentale
per la conservazione dell’esistenza, la paura come esperienza culturale è uno strumento per la
conservazione della esistenza collettiva culturalmente organizzata. La funzione di base è di conservazione
del gruppo sociale. Certe cose sono funzionali al benessere dell’individuo ma possono essere sprezzanti per
il gruppo.

10/10/18

Ipotesi atavica. Nella realtà simulata dei testi la paura è sempre una situazione di soprassalto improvviso,
mentre nella vita reale gli incontri devastanti si possono identificare con la specie biologica. La situazione di
paura onnicomprensiva è quella dell’attacco fisico che dal punto di vista fisico riprende la predazione. Da un
punto di vista etologico la paura fa sempre riferimento a una situazione predatoria; da un punto di vista
letterario c’è un’assimilazione, i momenti di soprassalto sono sempre implicitamente o esplicitamente la
figura di situazione di attacco fisico predatorio. L’attacco predatorio è alla base di tutte le situazioni di
spavento ed è dimostrato grazie alle caratteristiche che assumono i mostri che sono facilmente riconducibili
alla figura predatoria. Jurassic Parkmomento culminante con il mostro, incontro predatorio. L’esibizione
del mostro è cruciale per la semiosi di una situazione del genere come è cruciale lo squilibrio delle
dimensioni: il mostro è grande mentre la preda è piccina, come se un boccone. Alla base la paura delle
paure è la privazione di soggettivazione. La storia umana non contempla eventi in cui l’uomo viene predato.
Il film è di fantascienza, i dinosauri si sono istinti prima dell’arrivo dell’uomo; ma anche nel momento in cui
l’uomo si è esposto ad animali grandi come balene non siamo di fronte a situazioni predatorie. I veri
predatori sono rari. La situazione orrorosa rappresenta l’uomo in una posizione opposta a quella in cui è
culturalmente necessario che egli occupi; non è in pieno controllo del suo contesto, l’elemento di perdita di
orientamento, rischio della desoggettivizzazione, privato dei suoi tratti definitori essenziali che sono frutto
di una lunga costruzione culturale. Privato di cultura, l’uomo è solo materia organica. La vita umana diventa
un valore assunto a priori come superiore a qualunque altro valore ma questo è soltanto un effetto
convenzionale di un accordo alla base di tutte le culture che ha bisogno di forti supporti in senso dinamico,
simbolico, comunicativo per essere ribadito. Questa situazione è l’ennesima conferma che l’uomo sia
prezioso e le situazioni in cui viene messa a rischio la sua preziosità sono pericolose. Il valore dell’uomo
viene fatto derivare da una grandezza metafisica (religione: uomo creato a immagine e somiglianza di dio)
ideologica che tende a non contrastare la sua grandezza rispetto agli altri oggetti, in prospettiva laica
sottolinea la maggiore complessità cognitiva ma anche materia organica come qualsiasi altro animale. La
personalità individuale nella prospettiva metafisica corrisponde all’anima e dal punto di vista laico è un
artefatto concettuale che ha come obiettivo quello di immaginare una cosa che rende un soggetto diverso
dagli altri. Il massimo orrore è una situazione in cui il destinatario del testo è messo nella condizione di
contemplare la irrilevanza di tutte queste costruzioni culturali. La massima vertigine è vedere l’uomo
trattato come materia organica, cibo. Questa rappresentazione è accompagnata dalla semiosi più
terrificante: l’uomo denudato per come potrebbe essere realmente, ovvero materia organica, è
un’eventualità che le culture scongiurano. I contenuti culturali hanno il compito di definire, trasmettere e
rafforzare la costruzione sociale dell’identità umana. I testi di paura hanno la finalità, da un punto di vista
culturologico, di schieramento funzionale automatico dalla parte di alcuni valori culturali contro la messa in
discussione di questi valori culturali come l’assunto che l’uomo deve essere un soggetto autodeterminato
collocato al vertice ma deve anche partecipare alle situazioni del predatore facendo il predatore, evitando
di trovarsi nella situazione della preda. La semiotica è basata sulla intuizione che il significato è il frutto di
una differenziazione, nella diversità di due poli e quindi il significato del concetto di uomo si definisce
tramite contrapposizioni semiotiche di base e dove quella fondamentale è uomo-animale, dove il primo si
definisce come soggetto superiore, capace d’azione che ha personalità, ciò che ha il diritto di disporre
l’animale come materia organica. L’uomo è il non-animale è l’animale è il non-uomo. Questa
contrapposizione è impropria perché l’uomo è animale. Per la definizione categoriale “uomo” c’è bisogno di
costruire una differenziazione tra uomo (che è un animale) e tutti gli altri animali. Tutte le situazioni in cui
l’uomo viene mangiato mettono in crisi la costruzione culturale dell’uomo, identità di uomo è basata sul
presupposto della solidarietà categoriale, ovvero è uomo solo chi appartiene a delle categorie. L’uomo è
colui che mangia gli altri e di conseguenza gli altri sono la materia alimentare dell’uomo e lo sviluppo
crescente del veganismo, vegetarianismo… è la rappresentazione di una crisi dell’uomo, che mette in crisi
l’antropocentrismo. Le culture hanno sempre costruito queste situazioni mettendo l’uomo nella posizione
dell’animale che viene mangiato. L’uomo viene confrontato con l’ipotesi che la sua entità umana possa
essere minacciata da entità pericolose. Ciò funge da monito comportamentale, ovvero che le nostre azioni
sono interpretabili come risposte a stimoli. Questa situazione sollecita una demonizzazione
comportamentista, l’uomo viene confrontato nella posizione della preda e viene incoraggiato ad occupare
la posizione del predatore. Viene esibita la potenziale temibile decostruzione soggettiva. Ricorrenza di
soggetti bambini, con cui noi tendiamo ad identificarci, età in cui si scopre la scienza (fossili, minerali...),
messaggi rivolti a soggetti informazione ovvero individui nel corso di formazione. Discrimine del non
rimanere per sempre bambini discriminazione di andare avanti o indietro e ha due strade: culturale
sconfiggere la realtà e la situazione critica in cui ci si trova che è l’eventualità positiva, mentre quella
negativa riguarda l’ipotesi che il bambino sparisca, idea di rovesciare questa situazione di pericolosità. La
situazione orrorosa è “animale mangia uomo” e attivazione di una forte desiderio che questa situazione
venga capovolta. Il bambino non è ancora del tutto un soggetto culturale. Nell’apparente luddismo (ciò che
riguarda la tecnologia) c’è sempre un messaggio ideologicamente marcato di mantenersi nella posizione di
controllo anche questo l’uomo che crea non riesce a gestire. Horror comedy vuole fare sorridere (scena
uomo sul water) all’interno di una scena apicale. Dal punto di visto contenutistico e ideologico fa leva su
un’aria dell’umorismo che punta al controllo della fisiologia. Teoria freudiana dell’umorismo e teoria sulla
vergogna la vergogna è un sentimento sociale e, da un punto di vista sperimentale, nel bambino insorge
dopo che comincia a riuscire controllare gli sfinteri. Nel momento in cui il bambino comincia ad essere
padrone delle escrezioni (incoraggiato in questa direzione e scoraggiato a non farlo), le ricadute all’indietro
sono un problema medico-psicologico. L’esibizione dei beni corporali rappresenta un significante di una
potente dinamica di regressione/represso, cioè i bisogni disinibiti sono un oggetto represso, nell’età umana
più precoce.
L’io è l’effetto di un conflitto di forza tra l’es, ovvero la componente libidica, pulsionale originaria
contrastata dal Super-io che è l’introiezione di tutti gli stimoli culturali e sociale al dovere e all’abnegazione.
L’io è la dialettica tra es e super io nella loro interazione con il principio di realtà, le quali sono forze che
porterebbero l’io alla distruzione.
Ontogenesi (sviluppo dell’individuo) è il processo di evoluzione dell’individuo, si oppone alla filogenesi
(phylum, tribù sviluppo del gruppo sociale) riguarda lo sviluppo di una specifica specie. Sotto l’aspetto
ontogenetico l’es viene prima, il bambino è es e la costruzione dell’individualità adulta e l’esposizione ai
principi del super io. All’inizio i bambini sono esposti al rischio (lastra di vetro della macchina da un punto di
vista simbolico rappresenta il confine) alla quale loro oppongono le loro manine contro le zanne mostruose.
Poi il mostro gigantesco viene rappresentato come un’entità priva di cervello (congetture della
paleontologia), contrapposto all’uomo con cervello. L’uomo nella toilette viene mangiato, si deve vedere il
sangue, questo rischio deve essere visualizzato, perché quest’uomo rappresenta l’altra opzione negativa in
cui si fa vedere cosa succede a chi non rispetta le regole, a chi non fa bene. Tettuccio simbolo di
rafforzamento del limite mentre la porta della toilette di bambù non funziona, il limite che opponiamo al
mostro non funziona e ci presenta cosa succede. I bambini sono gli eroi pro culturali. Cosa succede quando
non vengono rispettate le regole culturali viene sbranato, diventando materia organica. Lui è il correlato
simbolico dell’opzione dei bimbi (opzione a, positiva) ma nell’opzione b. La sua posizione sul vasino
rappresenta il bambino che non ha saputo diventare grande e se il bambino non diventa grande quello che
gli tocca è finire cibo per il predatore (favole). Comportamento corretto e quello scorretto, lui è un uomo
rappresentato in azioni che rimandano all’infanzia. Bisogna evitare che i contenuti repressi vengano
sdoganati perché sono anticulturali, altrimenti interviene l’elemento demonizzante.
Descrizione del mostro dello Squalo (come funziona la strategia semiotica della demonizzazione)
“creature-alive today” il pericolo è reale ma al tempo stesso fa pensare che la creatura è un’emersione del
passato remoto. La paura viene connotata come il passato che cerca di fare leva sul presente, è la
costruzione della diacronia in termini spazializzati, come se il passato fosse uno spazio non culturale dove si
trovano cose che non fanno parte della nostra cultura. I mostri che ritornano sono il passato che ritorna. Lo
squalo, animale carnivoro, vive negli abissi del tempo; la profondità temporale e spaziale vengono a
soprapporsi. La filogenesi viene presentata in termini generici, sembra che la “creature” sia una specie di
individuo che vive da un’eternità. Nelle tre determinazioni che il trailer offre (“without change, without
passion, without logic”) vi è un’enciclopedia ideologica della categoria umana: “without change”  le
culture non raccomandano il cambiamento ma l’uomo sa che le sue capacità intellettive sono adattive e che
quindi l’adattamento è positivo. Qui è ambiguo. Change è la capacità di accettare la trasformazione
esistenziale del soggetto spinto fino ad occupare tutte le fasi; dal punto di vista negativo è la messa in
discussione di una serie di assunti culturali. Valore negativo della creatura fossile non è capace di
adattamento mentre l’uomo lo è.
Ideologico è un concetto che ha due accezioni:
- Generale dove ideologia denota un qualsiasi insieme sistematico di idee;
- Specifica introdotta da Marx è qualunque discorso che abbia come finalità quella di fornire una
giustificazione razionale (o non) argomentata alle situazioni di privilegio e di vantaggio indebito di
una parte più forte su una più debole. Il contenuto ideologico ha come finalità la giustificazione
indebita di uno stato di distribuzione ingiusta dei vantaggi.
Negli uomini-animali il primo costruisce ingiustamente la propria superiorità (es: l’uomo ha l’anima, gli
animali no come giustificazione ideologica per permettere all’uomo di essere superiore all’animale). La
contrapposizione “passion-logic” è l’espressione di un contenuto ideologico, l’idea di uomo come chi ha
capacità cognitive superiori mentre il mostro (animale) è “without logic”, non ha capacità cognitive
superiori. “Passion” e “logic” individuano i due principali fronti di contrapposizione che definiscono
l’umano, la condizione umana è giustificata come il giusto mezzo opposta a due condizioni limite: animale
che non ha capacità cognitive superiore; macchina sulla quale l’uomo non può sostenere la superiorità e
quindi c’è la “passion” perché le macchine non hanno emozioni (anche se le hanno anche gli animali).
Quindi l’uomo è di nuovo superiore, il parametro cambia e si contraddice. Lo squalo come un’entità senza
passione e logica è la creazione di un mostro semiotico ovvero un’entità che condivide i tratti culturali sia
dell’animalità sia quelli della meccanicità pericolosa e anticulturale, divenendo una “eating machine” il
mostro viene meccanizzato.

11/10/18

Dinamiche della demonizzazione teoria della semiotica della cultura. Lo squalo è un film che allarga il
discorso dell’orrore alle mostruosità naturali mostrando il confluire dell’immaginario soprannaturale con un
immaginario più realistico. La situazione presupposta tratta di una storia realistica che viene raccontata con
gli stereotipi e le regole grammaticali della narrazione soprannaturale. La caratterizzazione del mostro fa
convergere il disumano: animale e macchina; antiuomo in senso categoriale dove l’idea di umano è definita
per contrasto da questa figura, che pur essendo un animale equiparato ad un mostro soprannaturale, viene
costruito come la negazione assoluta dell’idea di uomo. “Lives to kill” l’identità viene appiattita alla sua
attività distruttiva, la sua categoria è la distruzione, l’uccisione. Il kill è l’alimentarsi del mostro, in realtà in
questo caso l’azione viene costruita, ovvero viene rappresentata discorsivamente, viene descritta quindi
connotando lo squalo come assassino quando potrebbe solo essere un carnivoro. “Lives to kill” è una
costruzione sociale come un soggetto votato alla distruzione e alla aggressività ai danni dell’uomo. Questa
costruzione sbilanciata serve a costruire uno sbilanciamento nei confronti dell’uomo. “Mindless”, dal punto
di vista culturale è una persona che non dà spazio al pensiero degli altri, non si mette dal punto di vista
dell’altro. Queste descrizioni “eating machine” ma lui ha una “logic” ma ha la “passion”, come però ha
anche l’animale. Costruire discorsivamente la differenza discorsiva tra uomo e non uomo (animale) e
questo processo si realizza in uno sbilanciamento di valore che consiste nel portare tutte le caratteristiche
positive da una parte e quelle negative dall’altra e questo discorso può essere fatto anche a metà. Questo
processo di sbilanciamento di caratteristiche assiologiche (gergo filosofico, relativo ai valori; assiologia è un
discorso sui valori, prioritizza i valori di vari elementi) rendono il confronto negativo nei confronti di uno e
con ciò la demonizzazione. “It will attack and devour anything”=esplicitazione della “eating machine”.
Scotomizza (nascondere nell’ombra, non rendere visibile) il fatto che anche l’uomo uccide ma l’uccisione
dello squalo viene connotata come negativa perché indiscriminata e perché sembra che l’uomo uccida per
difendersi. Lo squalo da un punto di vista fantastico è l’attualizzazione di un topos letterario che comincia
nella bibbia con Giona che viene buttato dalla nave e viene divorato dalla balena. Si ritrova nella letteratura
greca di età imperiale in “Storia vera” di un intellettuale siriano che scrive in greco Luciano di Samosata che
prende in giro i testi di resoconto etnografico che si spacciavano per resoconti veritieri anche se
contenevano elementi fantastici. Volendo fare il verso ad un certo tipo di testo, finisce per essere un
archetipo di testo (fantastico). Uno degli episodi è quello in cui la balena inghiotte i protagonisti e dentro la
balena c’è un intero ecosistema (inverosimile). L’episodio di Luciano è ispirazione diretta dell’episodio di
Pinocchio di Collodi. Lo squalo di Spielberg declina questi modelli in modo splatter. Costrutto semiotico
complesso intelligente, “it will attack anything” è il modello di rapporto tra uomo e mostro che imposta la
contrapposizione in termini di ostilità a priori e non motivata e non motivabile; il mostro uccide a priori
mentre la violenza dell’uomo è giustificata (sopravvivenza), selettiva (capacità di negoziazione). “Attack”
evoca la situazione predatoria, la trasgressione è quella dell’uomo che valica la frontiera e va nell’habitat
che non è il suo naturale, stupendosi di qualcosa che quella cosa fa sempre. L’uomo si trova sotto attacco, a
considerare il mare infestato dagli squali significa che si pensa che il mare sia dell’uomo, quado lo squalo
nasce prima dell’uomo e vive nel suo habitat naturale. L’ultima frase spiega il meccanismo della
demonizzazione: “è come se dio avesse creato il diavolo e gli avesse dato le mascelle dentate” (bocca dello
squalo). Da “jaws” emerge la capacità della metonimia (figura retorica che consiste nel traslare una
designazione di un oggetto, l’uso del traslato ha una finalità espressiva e argomentativa legata alla messa in
rilievo della dimensione traslata; è un caso particolare della metafora) hanno un rapporto dello squalo e
fanno parte di lui (presentare le cose apparentemente equivalente ma verso una rappresentazione che ci fa
comodo; figura retorica fa parte della costruzione sociale della realtà), in questa si considera che queste
siano le uniche parti rilevanti e questa è una decisione che ha una precisa valenza retorica e anche culturale
in senso lato in secondo luogo. Il mostro viene prima caratterizzato come una macchina che uccide, in
modo negativo e dopo rende scoperta e leggibile l’intenzione di demonizzare il mostro. Questa consiste
nell’ associare un referente qualsiasi al demonio, il quale non esiste ma si definisce come un’entità mitico-
simbolica che è il contrario di dio, idea del sommo bene personificata. Il demonio è l’anti-dio e tutto ciò che
è negativo. È una sorta di personificazione di tutto ciò che è negativo e usare una similitudine che equipara
l’animale al demonio è scoperchiare le carte sul processo di demonizzazione (rappresentare qualcosa con
delle qualità negative superiori a quelle che effettivamente possiede, rappresentare iperbolicamente una
cosa come estremamente cattiva). Le cose non sono intrinsecamente buone o cattive all’inizio, con la
semiotica si può demonizzare qualsiasi cosa. È soltanto una questione di semiotica, di questioni culturali…
Anche se i cattivi hanno sempre determinate caratteristiche. Personificare e collegare a delle forze e si
organizza tramite elementi associativi. Lo squalo diventa demonizzato nel momento in cui io gli attribuisco
delle caratteristiche corrispondenti a qualità negative. Qui il gioco è scoperto. Lo squalo è il diavolo (è come
se= postulare un’equivalenza). Lo squalo non è il diavolo, perché esiste la funzione culturale del demonio,
forze maligne astratte diventano un termine di confronto che permette di cogliere la malignità in qualsiasi
oggetto. L’estremo positivo esiste come qualificazione, lo squalo è un qualificatore ovvero un segnale che
viene giustapposto all’animale e ciò ci permette di riconoscere l’animale come animale a priori negativo.
Tutti i discorsi sull’orrore sono basati su strategie dell’orrore. La figura del diavolo è la fonte della negatività
in astratto. La similitudine rende lo squalo un soggetto agente (attore) le cui azioni vengono connotate al
demonio. Scena iniziale del film, vittima vista dal basso che è il punto di vista del mostro. Drammatizzazione
del confronto: la dialettica killer-vittima e il ruolo che la rappresentazione ha nella dialettica e il punto di
vista che questa suggerisce. Tipi di focalizzazione (Genette). Il racconto cinematografico ha degli elementi
ulteriori rispetto al libro (immagine e suono), la macchina da presa è l’equivalente di un occhio che ha un
punto di vista che può essere quello di un narratore esterno o quello di un singolo specifico personaggio.
Focalizzazione zero e interna. Personaggi sono tre: ragazza, ragazzo e lo squalo. La situazione iniziale è da
focalizzazione zero, sul narratore che coincide con lo sguardo dello spettatore. Mostra le vicende di questi
ragazzi dall’esterno tranne quando la ragazza viene rappresentata dal basso e con un movimento di
macchina ha l’effetto ottico dell’avvicinamento, noi vediamo la vittima dal punto di vista del killer e siamo in
focalizzazione interna dal punto di vista dello squalo. Il punto di vista dell’aggressione ci vede preparati a
priori a solidarizzare con la ragazza ma, da un punto di vista semiotico, ci permette di vedere il punto di
vista del mostro e permette una sorta di immedesimazione posizionale del killer. Abbiamo identificazioni sia
con la vittima sia ad intermittenza con il killer. Concessione del discorso horror anche alla componente
sadica dello spettatore idea del piacere della situazione orrorosa sia legata alla componente sadica che
c’è nella componente umana e la situazione di paura dà la gratificazione limitata in cui lo spettatore può
assumere il punto di vista del cattivo. Ciò è confermato da un dato chiaro la locandina: la stilizzazione
della ragazza che nuota rappresenta la situazione di attacco orroroso come una situazione di attacco
sessuale, sovrapponendo la situazione predatoria in senso proprio con la valenza predatoria in senso
traslato ovvero aggredire per soddisfare il desiderio sessuale e ciò è una costruzione culturale. Il mostro
punto di vista maschile e predatore potenzialmente sessuale. Immagine del ‘75 è stata parodiata (“a
different set of jaws”) viene trasformata semioticamente e iconograficamente in una immagine in cui la
bocca dentata ha assunto altri connotati che celano una condizione già percepibile nel testo iniziale. Da un
punto di vista simbolico profondo l’input behavioristico è una sorta di rappresentazione negativa della
condizione di preda e quella positiva di predatore. Predatore preda (soggetto umano postulato dal
discorso), la situazione dove l’uomo è la preda è negativa a priori; mentre è positivo se l’uomo occupa la
posizione di predatore rispetto ad una preda=predatore. Il messaggio cifrato è che essere nella posizione di
preda non va bene, cercare di trovarsi nella posizione del predatore. La preda è quella biologica ma
l’operazione ideologica profonda consiste nel rovesciare il discorso per far assumere all’uomo la posizione
di predatore e questo messaggio si sdoppia nel valore traslato nella dimensione sessuale, in cui all’uomo
viene raccomandato di non essere nella posizione di oggetto cacciato ma di mettersi correttamente nella
posizione di predatore. Predatore e non preda su tutti i livelli culturali: animale, relazionale per quanto
riguarda l’esercizio della volontà. Il desiderio sessuale sollecita la necessità di mettere sempre un oggetto
del desiderio; la ragazza si pone come oggetto. La condizione oggettuale può essere sia fisica che simbolica
ed è sbagliata. Orientamento maschile, di orientamento eterosessuale.
Confini semiotici della cultura demonizzazione riguarda le posizioni tra uomo e animali. Queste
grandezze teoriche hanno come obiettivo la difesa di un ordine simbolico astratto che è fondamentale per
la prosperità e il funzionamento della vita sociale e come conseguenza per la vita degli individui che di quei
gruppi sociali fanno parte.
Spazio culturale semiologo sovietico Lotman. Cerca di definire le proprietà semiotiche di costituzione di
spazi culturale e osserva che la cultura tende a figurarsi con categoria di rappresentazione semiotica che
raffigura in primo luogo spazi. Lo spazio della cultura al cui interno si collocano i gruppi sociali, è
spazializzata come un’area che è definita all’esterno in maniera oppositiva da uno spazio che si chiama
spazio della non-cultura. La costruzione sociale della cultura si basa in un’opposizione tra ciò che è dentro
in cui tutte le cose hanno un loro posto e uno spazio esterno in cui non c’è ordine. Importante nelle culture
antiche questa opposizione si associa a delimitazioni fisiche proprie (le mura che circondavano lo spazio
abitato) realtà ordina e una non ordinata, principi e mancano principi. Le culture hanno sempre la pretesa
di esaustività, ciascuna cultura pretender di descrivere completamente il mondo, tutto ciò che non rientra
nei paramenti della descrizione viene sospinto fuori cioè immaginato come una realtà non culturale. Nel
categorizzare gli elementi i gruppi sociali danno vita a dinamiche complesse e pesanti perché l’esito può
consistere nella espulsione di un elemento negativo in uno spazio esterno (capro espiatorio). L’identità
della cultura dipende dall’esistenza del confine. Antropologa Douglas studia nel 1966 in “Purity and danger”
tutti i fenomeni culturali della pulizia e della sporcizia, del puro e impuro. La contrapposizione categoriale è
importante a qualsiasi livello nelle culture, che hanno bisogno di classificare in modo univoco, preciso ed
esaustivo. Ciò che non si può classificare unificamente è pericoloso (es: prescrizione alimentari ebraiche
proibito mangiare delle cose che nasce dalla loro cultura di pastori; possono mangiare solo animali che
abbiamo caratteristiche di bovini e ovini, tutti gli altri non possono essere mangiati. Lei fa un’analisi di
questi animali, il problema comune di tutti gli animali tabù è che non rientrano in una categoria, ciò che
rende tabù questi è che non si lasciano classificare semioticamente in una bipartizione univoca e creano
un’inquietudine, vengono classificati come pericolosi e quindi esclusi.) Nella realizzazione di un ordine
culturale le culture cercano di isolare dei criteri che siano univocamente validi e idonei a determinare
l’appartenenza di un elemento ad una categoria o ad un’altra per evitare tutte le situazioni borderline e di
incertezza classificatoria. Nello spazio non-cultura vanno tutte le entità che non rispettano dei requisiti e
non si lasciano classificare. Questo principio culturale si realizza nei racconti  nel cercare di capire gli
oggetti che ci fanno paura, la logica deve farci capire in che modo li possiamo collocare nello spazio della
cultura. La teoria di base della paura dice che abbiamo paura di tutto ciò che appare come altro. I teorici
essenzialisti dicono che l’uomo è già qualcosa di preciso. Ma affinché l’uomo possa collocarsi pienamente
all’interno di uno spazio culturale che ha costruito, ha bisogno di buttare fuori tutte le caratteristiche che lui
non vuole avere. Affinché l’uomo possa costruire i limiti semiotici di questo spazio culturale, ha bisogno di
buttare fuori, con procedimenti di demonizzazione, tutto ciò che gli permette di diventare uomo per
contrapposizione. Se non ci fosse un margine, non ci potremmo riconoscere come soggetti. Tutte le forme
di alterità forniscono un piano di contrapposizione per poter emergere noi come soggetti. Se non ho un
ordine culturale, un limite non posso mettere un ordine culturale. Ciò che è altro ci serve, perché noi non
esisteremo (Saussure i significati sono differenziali, sono uomo se mi contrappongo alle altre categorie).
Le categorie che rappresentano l’alterità sono ciò che rende possibile l’identità. L’altro è qualcosa che viene
costruito culturalmente come altro.

12/10/18

Nella considerazione del fenomeno della paura noi dovremmo rovesciare la prospettiva e non chiederci
quali sono le caratteristiche che ha l’altro che ci permettono di capire la natura e le origini della categoria
del pauroso, ma dobbiamo rovesciare la questione a partire dalla domanda che si pone sempre il pensiero
critico: di chi è il vantaggio? Questa domanda ha una semplice risposta → la tutela del gruppo sociale che
ricava coesione e rafforzamento a partire da una maggiore coesione da un legame più intenso e
assolutamente automatico, quindi la prospettiva che normalmente si segue sull’indagine dei soggetti
paurosi riguarda gli elementi specifici dei mostri, le loro caratteristiche, le loro peculiarità, che ci portano in
discorsi sempre più dettagliati impedendoci di capire a monte qual è lo scopo del gioco. Ovvero, la
protezione di uno spazio culturale, che ha luogo mediante il rafforzamento della identità dei soggetti che
occupano questo spazio culturale. Il rafforzamento consiste nel favorire in tutti i modi la soggettivazione,
cioè la presa di coscienza dell’individuo come soggetto, favorirne la sua soggettivazione. Il problema della
desoggettivazione → la paura di tutte le paure. Cioè se noi andiamo a cercare la radice comune di tutte le
storie horror, vediamo che al di là di molte cose, il vero tabù, il vero oggetto indicibile che sta alla base è
che il soggetto umano in realtà non sia niente, e questo non essere niente è in realtà una condizione
filosofica. Non essere niente equivale ad essere soltanto materia organica. Il soggetto umano è
evidentemente qualche cosa di legato sia alle basi biologiche del corpo umano, da un punto di vista
culturale tutti questi problemi vengono ridotti a una forma di paura atavica e generalizzata della
disgregazione, non esistenza, inconsistenza. La forma più elementare in senso gerarchico, logico, storico
evolutivo è essere mangiati. Quindi la forma più basilare di paura è una storia in cui il soggetto viene
mangiato → forma più elementare, una delle tantissime figure della non esistenza (cappuccetto rosso
strumento di ammaestramento).
Paura del perturbante, dell’oggetto meccanico animato → una delle forme della paura è l’inquietudine
perturbante causata da oggetti inanimati che sembrano animati o viceversa, e a questi vanno aggiunti man
mano che si evolve il contesto storico oggetti sempre più evoluti, come robot… in sostanza l’esistenza
umana sintetizzata. Negli ultimi testi di fantascienza del tempo possiamo vedere figure indistinguibili sul
piano materiale e della coscienza dalla figura umana. In questo caso, alla radice di questo turbamento
originario, che è un turbamento già descritto da Freud e prima di lui da un altro psichiatra Ernst Jentsch che
lo anticipa in molti aspetti importanti, il turbamento originario riguarda la paura di non esserci, la paura di
base di tutte le culture → il problema dei problemi è la consapevolezza della fragilità e il rischio della crisi
ontologica. L’uomo sa benissimo che non solo il suo corpo è fragile, ma anche la sua identità soggettiva,
quindi sa che non siamo sempre le stesse persone perché nel tempo ci si evolve avendo anche personalità
distinte in brevi periodi di tempo, e poi si ha l’idea che ciò che si percepisce con l’autocoscienza come
evidenza assoluta di essere al mondo potrebbe essere una illusione temporanea. Quindi tutti i movimenti
culturali possono considerarsi una sorta di strategia culturale per lenire questa potenziale angoscia
ontologica, cioè da crisi di inesistenza. Un altro teorico che vedremo quando parleremo del morto che
ritorna → Ernesto De Martino. Ha studiato negli anni ‘50 una sopravvivenza rituale che secondo lui risale
fino a fasi più antiche della civiltà mediterranea, ed è il lamento funebre. Questo non è solo un resoconto
etnografico, cioè una descrizione degli usi di un popolo, della Basilicata, ma è anche un esame più specifico
condotto a tavolino comparando i risultati delle descrizioni con l’evidenza testimoniale di fasi più antiche. E
la cornice teorica del pensiero di De Martino è collegata vagamente con l’esistenzialismo hegeliano, basata
sulla nozione di crisi della presenza, che è alla base anche della dinamica dell’horror. Crisi della presenza
intesa come rischio di non esserci o eventualità veramente devastante che la presenza si riveli soltanto
un’illusione, quindi un effetto biochimico, il fatto che la mente non sia il manifestarsi di un’anima, ma
semplicemente un risultato di dinamiche biochimiche e l’idea di essere solo delle macchine complesse
totalmente prevedibili è un’idea che attraversa la cultura contemporanea seminando il panico. Di fronte a
tutta questa produzione di storie di immagini che riguardano il possibile disgregarsi della soggettività la
nostra ipotesi teorica potrebbe essere che la finalità ultima è quella di confortare, rafforzare e
automatizzare le procedure di soggettivazione. Nel caso del lamento funebre l’antropologo ipotizza che la
finalità ultima di esso è uno sforzo per superare la crisi della presenza. Cioè la sparizione di un individuo
innesca un meccanismo di distruzione che attraversa tutto il gruppo sociale → la persona che manca lascia
dei congiunti con chi è rimasto e il rischio è che la morte del soggetto 1 porti con sé la morte del soggetto 2
(esempio la moglie o i figli per vari motivi anche socio economici), quindi l’idea è che per il gruppo sociale la
morte è un rischio potenzialmente devastante perché potenzialmente contagioso. L’esperienza della morte,
mancanza, assenza è solo la prima tappa di un percorso che si può immaginare come distruttivo per l’intero
gruppo sociale, perché vi è l’Idea che per il gruppo sociale la morte è un rischio potenzialmente devastante
perché potenzialmente contagioso. La cultura è un insieme di dispositivi che regolano il comportamento
delle persone e nel lamento funebre mostra come l’obiettivo concreto di questo rituale, riproposto poi
sempre come automatismo, sia ricucire uno strappo → mobilitare le energie culturali del gruppo e
convogliarle là dove i rischi dello strappo sono più gravi, quindi nel punto dove il lutto è più acuto. Ecco
perché nel momento in cui muore una persona cara, il gruppo elabora comportamenti che diventano piano
piano sempre più regolati da una normazione anche formale (quindi il lamento deve seguire determinate
regole) che hanno come effetto quello di portare il dolore di un singolo a una condivisione generalizzata da
parte del gruppo. In sostanza il dolore lacerante di uno viene addomesticato e distribuito tra tutti i soggetti
della collettività. Elemento analogo alle storie perturbanti → espongono l’individuo al rischio di intravedere
all’orizzonte la crisi della presenza, della sua disgregazione, ma vengono sempre inserite all’interno di una
dinamica che conduce il discorso verso una sua soluzione.
Se consideriamo l’evoluzione dell’horror vediamo come la storia di paura irrisolta sia recente. Di solito si
espone il soggetto ad una potenziale crisi di esistenza che però trova alla fine una soluzione in qualche
soluzione culturale. La finalità di questi discorsi della paura è rafforzare, costruire una identità più forte
tramite la demonizzazione. La organizzazione semiotica della storia di paura funziona sulla base di una
contrapposizione tra spazio culturale - non culturale, io – altro, dove la tensione viene sempre concentrata
sul carattere disturbante fastidioso potenzialmente distruttivo dell’altro, lasciando sottintesa la principale
funzione dell’altro: favorire in modo puramente oppositivo il consolidamento della società → io sono io
solo nella misura in cui io posso contrappormi a qualcun altro. Il qualcun altro non possiede delle
caratteristiche intrinsecamente negative, ma ne viene caricato per potergli far occupare in modo efficace la
sua posizione di determinante contrastivo dell’identità.
Lotman fa il discorso di opposizione tra cultura organizzata e una non cultura non organizzata che può
essere per esempio spazio della natura, regno animale, dove il mostruoso è sinonimo di non regolato, non
dotato di un codice culturale di comportamento, però in realtà la contrapposizione può riguardare una
forma di cultura che viene caratterizzata in modo negativo. Ad esempio nella contrapposizione tra uomo e
natura c’è opposizione tra spazio ordinato e spazio dove c’è caos. Ad altri livelli abbiamo spazio organizzato
della cultura umana e uno spazio culturalmente organizzato ma disegnato come negativo → es. cristianità –
islam.
Il cristianesimo riconosce all’islam la dignità di ordine culturale ma è un ordine tendenzialmente negativo.
La contrapposizione tra cultura e anti cultura è utile per rappresentare molte figure che riguardano il
demoniaco. Molto spesso il piano del demoniaco è uno spazio organizzato dove tutti i valori culturali
appaiono rovesciati, e naturalmente poi nello studiare i rapporti tra cultura e non cultura, o cultura e anti
cultura possiamo usare una serie di strumenti metodologici che ci permettono di idealizzare al massimo le
dialettiche repressione – represso.
Contrapposizione basilare cultura – non cultura. La soggettivazione, la costruzione dell’identità culturale
avviene tramite opposizioni semantiche, cioè il soggetto culturale è tale perché si oppone a un altro
elemento che non possiede qualità che lui si attribuisce. I due principali parametri che presiedono
all’identità umana come soggetto culturale sono: l’opposizione uomo – animale e vivo – morto. Quindi il
soggetto culturale umano è opposto di necessità a un soggetto animale. Al tempo stesso il soggetto
culturale come elemento attivo capace di scelte e di portare avanti la prescrizione sociale che gli impone la
cultura presuppone il suo distacco nei confronti dei soggetti defunti. “Defuntus” significa aver abbandonato
la propria carica, esserne uscito, è semplicemente un soggetto che non ha più la funzione che aveva prima.
Il piano metaforico del linguaggio ci mostra che a livello anche linguistico l’idea di morte è percepita come
l’idea della cessazione di una funzione, il venir meno del fatto che un individuo serva a qualcosa. Il defunto
è colui che non serve più a, e ci fa capire che la prospettiva a monte dell’opposizione vivo – morto è una
opposizione tra ciò che serve – ciò che non serve più, e quindi questo consegue che i soggetti vivi servano.
L’identità che viene attribuita a questi soggetti è una identità funzionale. L’identità normo tipica che viene
costruita dalla cultura è di persone funzionali, la quale funzione principale che assolvono è il rafforzamento,
perpetrazione, difesa del gruppo sociale → sono individui finalizzati al benessere collettivo. Da un punto di
vista filosofico metafisico l’individualità umana è sempre stata al centro di speculazione. L’accentuazione
dell’individuo come termine ultimo del valore dal punto di vista filosofico è recente. Da un punto di vista
culturologico questa riflessione filosofico metafisica sull’individuo posto al vertice di tutti i sistemi di valori è
uno sviluppo strano di ogni dinamica culturale → le dinamiche culturali hanno finalità che travalicano
completamente l’individuo, che non è in grado di garantire forme di continuità nella storia per la sua breve
durata. La cultura umana si sviluppa con l’invenzione dell’agricoltura, che permette l’accumulo di beni, si
determinano degli accumuli di ricchezza. Secondo i marxisti permette l’accumulo capitale permette la
divisione sociale e le differenziazioni di socializzazione. Gli altri che beneficiano dell’abbondanza fanno altre
cose che riguardano la regolamentazione dei comportamenti sociali (sacerdoti). La cultura avanzata
presuppone che alcune persone si possano occupare di entità simboliche perché gli altri si occupano di
procurare il pane per gli altri e se stessi, l’identità sociale si tutela con delle dinamiche culturali. Molti dei
comportamenti che vengono promossi dall’estetica della paura sono comportamenti pro sociali, ovvero di
servizio, quindi la soggettivazione è in apparenza nella nostra cultura post illuministica la dinamica che
porta l’emergere di una soggettività che noi percepiamo come individuale, mentre in realtà dalle forme più
antiche della cultura capiamo che gli obiettivi della stessa non sono legati all’individuo ma solo alla
conservazione del benessere del gruppo sociale. Questa cosa si declina in vari modi rispetto alla tipologia di
pericolo che si manifesta.
 La forma contrapposizione uomo – animale, primo livello di contrapposizione → animale viene
demonizzato a prescindere dal fatto che i predatori dell’uomo sono pochissimi, cioè uomini che si
nutrono di uomini. In effetti la demonizzazione dell’animale come mostro predatorio è un
dispositivo culturale che ha minimi fondamenti sul piano della realtà dei fatti. Il primo livello è che
l’uomo si definisce come non animale, si definisce polarmente opposto all’animale, forzatura
dello stato dei fatti. Questo ci fa capire in che misura anche la paura dell’animale sia inserita in una
strategia culturale e non sia una forma istintiva della paura stessa. Esiste un altro tipo di
demonizzazione dell’animale→ distacco dall’animale in termini di dissociazione affettiva. Uno dei
modi previsti dalla cultura che impongono al soggetto di prendere posizione nell’opposizione uomo
– animale ha luogo come rito di iniziazione tramite imposizione del distacco dall’animale che viene
ucciso. Ad esempio, è documentabile in vari popoli e culture ma anche nella nostra in forme
particolari ad esempio nella cultura contadina un momento specifico dell’infanzia in cui il bambino
che ha sempre giocato con gli animali trattandoli come potenziali interlocutori, a lui viene imposto
di prendere atto della sua appartenenza al gruppo umano e di prendere posizione opposta rispetto
al gruppo animale. Questa fase prende le forme di un vero e proprio rito di iniziazione, a molti
bambini viene riconfigurato il suo compagno di giochi animale come nemico.
Questo implica la comprensione di un fenomeno culturale diffuso in vari contesti e attestato sotto varie
forme come il rito di passaggio → termine coniato da un antropologo che è Arnold Van Gennep (1909) che
pubblica uno studio intitolato “Il Rito di Passaggio”. Lui definisce i gruppi umani come organizzazioni di
categoria che hanno sempre bisogno di ufficializzare l’inclusione in un determinato gruppo tramite un atto
rituale. Questi atti, che sono riti di passaggio, sono diffusi nelle culture di tutti i tipi. Nelle culture
pretecnologiche ad esempio un rito di passaggio che sancisce il passaggio del ragazzo al gruppo degli
uomini adulti consiste nell’uccidere determinati animali perché il ragazzo deve essere in grado di
dimostrare di saper cacciare il cibo per lui e la famiglia. Ci sono anche riti in cui devono dimostrare in
maniere molto difficili, e con modi ingegnosi di uccidere un animale. Secondo l’antropologo il rito di
passaggio si articola in tre fasi:
 separazione
 passaggio vero e proprio
 aggregazione.
Il rito matrimoniale ad esempio prevede che possa essere gestito in modo religioso o civile ha un momento
di separazione che è una separazione dalle categorie di provenienza (addio celibato, nubilato), poi rito vero
e proprio che viene sancito dal fatto che un membro del clan di partenza consegna la donna allo sposo che
è il rappresentante di un altro gruppo sociale e il passaggio da ragazza nubile a sposa ha luogo in un
momento in cui c’è un distaccarsi dal contesto originario per essere aggregati nel nuovo contesto. Altro rito
di passaggio può essere la laurea: segna il passaggio da condizione di studente, veniamo mantenuti senza
produrre ricchezza, poi si viene aggregati con il titolo di dottore ad un altro gruppo sociale, che ha delle
proprietà che quello di prima non possiede. Il modello del rito di aggregazione vale per passaggi da un
gruppo sociale a un altro, ma va considerato utile anche per quanto riguarda il passaggio fondamentale che
è quello alla condizione di soggetto umano a pieno titolo. Sostanzialmente nella fase iniziale che deve
essere superata possiamo vedere una forma di identità, di costruzione dell’identità, non ancora abbastanza
orientata in senso antropocentrico → il bambino quando nasce non sa fare distinzione tra sé e il mondo,
pensa di essere equivalente con tutto ciò che lo circonda e solo dopo qualche tempo grazie alle persone
con cui si rapporta comincia a capire che io non è tutto quello che c’è e che c’è anche un qualcun altro.
Questa è la prima fase del processo di soggettivazione che aumenta piano piano fino a specificarsi quando il
soggetto culturale acquisisce la sua forma adulta. Nelle civiltà più antiche dove l’aspettativa di vita era più
bassa i gruppi sociali erano concretamente più giovani, e quindi i bambini intorno ai 10 anni cominciano ad
essere sollecitati da stimoli che devono accelerare e accentuare la loro presa di coscienza come soggetti
umani a pieno titolo. Questo processo di soggettivazione orientato a beneficio della collettività umana di
appartenenza prevede una forma di separazione da quello che può essere considerato un gradino più basso
di soggettivazione: la soggettivazione di sé come cucciolo tra cuccioli. L’adulto sa di essere un uomo con
obblighi di fedeltà verso altri uomini e vede nell’animale un elemento estraneo nello spazio della cultura.
Analisi del testo letterario che ci fa concretizzare questa cosa. È un romanzo di consumo per l’infanzia e si
intitola Il cucciolo → è un romanzo americano Rawlings “the Yearling”, che viene tradotto in film nel 1946. Il
momento storico non è indifferente. La trama di questo testo è semplice: ambientato a metà 800, periodo
espansione coloniale della costa est degli stati uniti verso l’interno e verso la costa ovest. È un testo che
cavalca la mitologia della frontiera. Madre padre e figlio vivono in uno spazio agricolo circondato dalla
foresta e sono continuamente a rischio perché la loro sopravvivenza fisica non è automatica nelle
condizioni in cui sono di difficoltà materiale. Finché si verifica un incontro importante: andando a caccia il
padre viene punto da un rettile ma il veleno può essere neutralizzato prendendo il fegato di una cerbiatta e
soltanto dopo che è stata fatta a pezzi si rendono conto che la cerbiatta aveva un cucciolo. Viene integrato
nella famiglia e diventa il compagno di giochi di questo bambino, una sorta di suo fratellino. Il cucciolo
comincia a mangiare le verdure dell’orto dei coloni vicini ed è evidente che assume l’identità di minaccia
per il raccolto (animali anti agricolo) e di conseguenza anche per la sopravvivenza della famiglia umana. A
questo punto il padre comanda al figlio di ucciderlo, perché il bambino deve dimostrare da che parte sta→
il bambino si rifiuta di fare questo tranne che la madre prende il fucile spara, ferisce l’animale che però non
muore e a questo punto il bambino deve intervenire e ucciderlo. L’azione ha luogo facilitata dalla madre ma
il bambino poi scappa, va nella foresta e ci rimane per qualche giorno, dopo di che capisce che lui nella
foresta non può sopravvivere, torna a casa e il padre non se lo aspetta. Durante l’incontro il padre dice una
citazione neo testamentaria: quando ero bambino parlavo come un bambino (San Paolo). Questo significa
che adesso deve parlare come un adulto, ora che è tornato il bambino deve prendere distanza dall’animale,
perché da un punto di vista culturale il cerbiatto ha la funzione di rafforzare la coesione dei soggetti umani
dentro lo spazio culturale in opposizione a soggetti non culturali all’esterno di questo spazio. Il cerbiatto
poteva vivere nella foresta, il cucciolo umano non è in grado. Lui torna a casa perché ha fatto esperienza
della vita nel contesto non culturale e si è reso conto di non poter sopravvivere. Il rito di passaggio si
concretizza attraverso l’interiorizzazione del proprio spazio di appartenenza, ha capito che deve fedeltà e
alleanza agli altri membri del consorzio umano e in questo si deve contrapporre all’animale, che può andare
bene come compagno di giochi finché si ragiona da cucciolo a cucciolo ma dopo essere usciti dalla fase
dell’infanzia dove si ha una idea molto vaga della propria soggettivazione, occorre distaccarsi. In relazione
alla cultura della frontiera la caratterizzazione dell’animale come nemico è molto facile, perché la famiglia
della frontiera è in condizioni precarie di sopravvivenza e quindi ha bisogno delle verdure del suo orto e
non può dividerle con il cerbiatto.

17/10/18

Paura = strumento che definisce un campo costruendo confini tra spazi ordinati e spazi disordinati, di
conseguenza lo schema complessivo è basato sulla presenza di questo confine.  A partire dalla capacità di
provare spavento, le culture si organizzano per caricare questa capacità di un numero di connotazioni
simboliche sempre più complesse che hanno l’obiettivo di costruire e mantenere un certo ordine. Il primo
livello di questa demonizzazione è la riattivazione del pattern della predazione = forma più elementare
dell’orrore, e il mostro più primitivo è l’animale predatore. Questo tipo di predazione ha delle finalità
ideologiche perché nella realtà ciò non accade. Vengono demonizzati in primo luogo animali esistenti nella
realtà, oppure vengono demonizzati soggetti che non sono propriamente animali. Categorie:

 Predatori = nella realtà non possono entrare in contatto con l’uomo.

 Animali del mondo agricolo = invece di attaccare altri animali attaccano l’uomo: lupi, orsi…

 Animale Ctonio = Animale legato a un’entità simbolica. 

Non rappresentano un rischio per l’uomo in sé, ma sono legati alla morte. Ctonio = terra o pietra, indica
tutto ciò che ha a che fare con la terra in senso simbolico, il sottoterra. È interessante vedere come
l’orizzonte contro cui la demonizzazione vuole attivare le sue funzioni culturali è un confine di
annullamento del soggetto. Anche nelle rappresentazioni della morte le culture elaborano immagini della
morte che assimilano la sparizione a un processo predatorio. L’aldilà viene simbolizzato come un animale
predatore. Un mostro appartenente al luogo della morte è l’orco.
Nang Nak Il personaggio ha dei sogni ricorrenti in cui gli viene mostrata la morte del suo migliore amico.
Si tratta di un incubo. Viene rappresentata la fase delicata in cui la morte trasforma un amico in un mostro:
l’amico è moribondo ma ancora vivo, ma prima di morire afferra violentemente il braccio dell’amico —>
diventa una predazione. Il protagonista si distacca dall’amico e lo vede come predatore.

Constantine (serie tv) Pericolo della presenza demoniaca. Si crea l’aspettativa della paura e per
consentire lo spavento i ritmi devono essere veloci. La scena serve a creare le coordinate della storia, noi ci
aspettiamo che il mostro faccia la sua comparsa e dopo i primi segnali appare solo un occhio su uno
schermo. Il messaggio dell’occhio che si apre è “ti vedo”.  Tutte queste demonizzazioni concentrate su
questa presenza oscura che localizza la vittima evocano la situazione di un attacco predatorio. In questa
scena viene semantizzato il sussulto. La dinamica della demonizzazione consiste nella fusione di elementi
costanti. La topicità degli elementi ripetitivi fa sì che non abbiamo bisogno di molto tempo per riattivare
tutte le nostre competenze perché tutti i testi di paura sono legati da elementi comuni. Nella nostra
competenza si riattiva la nozione che la potenziale situazione predatoria è negativa e va evitata.
Nonostante si tratti di una situazione che non rispecchia la realtà, si riattivano comunque tutte le nozioni
ideologiche. Componente sonora fondamentale per l’immedesimazione. Uso demonizzato del topo - Un
esempio è il finale di 1984 di Orwell (tortura) alla radice di questo c’è una situazione predatoria specifica, la
paura diventa l’affermazione di una dialettica di potere ai danni del protagonista. L’immagine del topo
affamato che viene esposto alla vista del protagonista è l’elemento interessante, la paura dei topi è una di
quelle paure che ritroviamo nella cultura. Il protagonista ha paura perché anticipa un attacco predatorio. La
prima manifestazione dell’uscita dallo spazio culturale è rappresentata dall’inversione temporale. Dal punto
di vista sincronico i ratti diventano ANIMALI CTONI: 

 demonizzati perché collegati all’idea della morte (ragni, topi e serpenti)

 associati alla putrefazione: il corpo in decomposizione è abitato da questi animali

 ricordano ai soggetti la loro mortalità attraverso la disgregazione 

diventano a loro volta soggetti di predazione: tra vermi e serpenti non viene fatta una distinzione netta.

18/10/18

Anche se si possono riconoscere diverse categorie di animale demonizzato, in realtà queste valenze sono
riconducibili le une alle altre. Demonizzazione dei roditori che rimanda al predatore il fatto che la bocca
rimandi alle zanne, sia alla valenza agricola come ratto parassita, oppure allo stereotipo dell’ebreo della
propaganda nazista, insistendo su dei presunti tratti somatici tendenziosi, viene demonizzato assimilato al
ratto la valenza anti agricola, di qualcuno che consuma le risorse senza averne diritto che permette in un
passaggio di rivestire l’oggetto di odio razziale. Convergenza simbolica di animale ctonio e predatore: il
rettile viene assimilato al verme che è fra gli animali che consumano la carne del cadavere in
decomposizione. Tombe (tranci) francesi visualizzano la differenza tra il corpo da vivente e il corpo dopo
la decomposizione, insistendo sul topos religioso della “polvere ritornerai” per contrastare la perennità
dell’anima. Jean (Vandeua) gotica, tomba sintetica ovvero la raffigurazione del corpo della defunta con la
posizione da viva ma con i vermi che trapassano la carne e le membra che si vedono. Il corpo viene
rappresentato già sotto l’attacco di questi animali. Tomba del 1400 de la Sangra  i vermi che entrano dalle
mani del defunto e animali che mangiano gli organi della faccia. Persistenza nel tempo della tradizione
formale della tomba che esibisce la decomposizione corporale. I vermi dimostrano la convergenza
simbolica, non ci si limita a un solo criterio di spiegazione ma le forme di demonizzazione si rafforzano a
vicenda. L’animale predatore è anche anti agricolo e ctonio. I serpenti sono associati in maniera ubiquitaria
con i vermi e la putrefazione e la morte, anche quando ormai la cultura ha chiarito il ruolo che essi hanno
effettivamente nella decomposizione. Predatori dell’arca perduta serpenti invadono una tomba egizia ed
è un esempio in cui la paura associata alla morte, alla desoggettivazione, i luoghi chiusi è associata anche
alla presenza di questo animale. Dal punto di vista semiotico funziona in senso biunivoco: l’animale
simbolico carica di una valenza fisica di repulsione che gli viene attribuita a valle, di un lavoro culturale e la
stessa determina una sorta di segno attivo, cioè di stimolo automatico, la cui sola presenza è capace di
evocare e di suggerire tutte le emozioni che il discorso culturale prevede in un’occasione del genere. Una
tomba che è negativa, anche se oggetto di scavo e quindi non correlata alla morte, in quanto l’archeologo ci
pensa in modo professionale. Ciò che succede è che la situazione ctonia permette al serpente di essere
evocatore di morte e, quindi, di repulsione. Tomba egizia che è interamente piena di serpenti vivi e la
reazione emotiva è immediata di ribrezzo che fa leva sulla connotazione automatica del serpente. Il
serpente fa ribrezzo solo perché è stato costituito come oggetto di ribrezzo grazie a correlazioni simboliche
come la morte. Della scena ciò che crea l’emozione è il serpente e il pensiero di essere sepolti vivi. Il
serpente è stato già predefinito come un veicolo semiotico efficace senza pensarci. L’azione su due binari ci
fa vedere come funzionino i meccanismi di demonizzazione. Se vogliamo far leggere qualcosa come
negativa dobbiamo associare a questa realtà un indicatore topico di paura. La cultura costruisce a monte
una serie di segni categoriali che vengono caricati di una connotazione ben recisa e questi diventano
simboli, evocatori automatici di tutte le cose che sono state collegate a loro. Questi possono funzionare
come determinanti per la demonizzazione di altri elementi. La grammatica dell’orrore procede dalla
necessità di isolare ed esorcizzare le possibilità semiotiche della desoggettivizzazione. Il male supremo e la
volontà di esorcizzare la desoggetivizzazione si identificano in una serie di situazioni base che si traducono
in simboli, i quali diventano capaci di determinare negativamente tutte le situazioni in cui vengono inseriti e
gli oggetti ai quali vengono associati come nel piccolo Albert, dove lo stimolo piacevole e non finiscono per
essere fusi, nonostante siano contrapposti. La compresenza è in grado di operare come estensione delle
proprietà semiotiche da un elemento all’altro della continuità. Se il mio codice dispone già di una serie di
elementi simbolici che sono già costruiti come segnali di negatività, possiamo organizzare delle narrazioni. Il
serpente identità che va dal verme invertebrato fino al drago. L’animale ctonio ha già un passato di
animale anti agricolo, associato ai terreni non coltivali già nella letteratura greca “Teogonia”, dalla struttura
composita di Esiodo che cerca di sintetizzare delle nozioni locali, mettendo insieme delle cose che nella
normalità non starebbero insieme. In parallelo alla generazione egli dei, Esiodo presenta una serie di
mostri. Nella descrizione dell’ordine del mondo positivo degli dei olimpici è affiancato da un regno negativo
delle divinità anticulturali, mostruose. I progenitori ultimi di questi (cerbero, sfinge, lamia…) che sono un
elemento negativo dell’ordine del mondo e, non a caso, sono animali o antropomorfi parziali, si chiamano
Tifone ed Echidna. Il primo è una personificazione dell’uragano, ha più corpi, braccia ecc ed è un mostro
che rappresenta un’antitesi del dio supremo; la sua sposa è Echidna che in greco significa vipera che è
simbolo del terreno paludoso. La vipera è il meta serpente ultimo una rappresentazione simbolica
dell’impossibilità dell’agricoltura. Per questo i rettili vengono combattuti e la vittoria su di loro è un grande
traguardo di avanzamento dell’umanità, il rettile sta per la terra sui cui l’uomo non può vivere. Lo spazio
culturale è quello coltivato, agricolo opposto a quello non coltivabile e questa dialettica viene tradotta in
personificazioni che danno luogo a narrazioni che sono una sorta di indicazione comportamentale di quella
che è la direzione giusta dello sviluppo di una determinata situazione. Raffigurazione di una delle dodici
fatiche di Eracle del 6° sec. A.C lui è l’incarnazione dell’eroe civilizzatore, eroe mitologico è caratterizzato da
una serie di leggende che mettono in evidenza la sua azione a tutela della cultura, ovvero dello spazio
culturale dove possono vivere e prosperare gli uomini. La prima fatica è l’uccisione del leone Nemea, fatato
con pelle invulnerabile ma la sua pelle diventa uno dei connotati di Eracle insieme alla clava, indizio di un
eroe primitivo. L’idra di Lerna è collocato in una palude, l’azione è dinamica ma è il racconto di tutti i
racconti che la cultura considera il racconto di come l’uomo si costituisce come soggetto culturale per poi
prosperare. Necessità di espandere il confine. La cultura non si limita a presupporre una situazione statica
(nello squalo=l’uomo che va a bagnarsi nell’oceano), ma di occupare il territorio di chi ci minaccia, dopo
averlo sconfitti. L’autorappresentazione della cultura è fondata sull’idea che lo stato di normalità non è
fermo, ma si ha sempre uno stato di espansione e ciò si traduce in narrazioni, in storie che vanno da un
punto A ad un punto B, una trasformazione di riaffermazione, consolidamento ma anche espansione dello
spazio culturale. L’uccisione dell’Idra corrisponde alla bonifica dell’ambiente paludoso. Dietro la sua
uccisione c’è la raccomandazione dell’allargamento dei confini culturali. Vi sono anche raffigurazioni di
duemila anni più antiche dell’uccisione. Il mostro cambia forma ma è sempre un rettile. Eracle viene
raffigurato anche in epoca classica, rinascimentale, in epoca pop e viene anche rivisitato in ambito cattolico.
I costrutti mitologici e culturali hanno una significante e un significato e la sopravvivenza di un semplice
significante permette l’articolazione di un diverso significato, ad esempio la figura di Eracle che sconfigge
l’Idra può essere usata in qualsiasi occasione in cui vi è una comunità culturale sotto assedio e vi è la
necessita di sconfiggere un nemico; ma esiste anche la possibilità di aggiornare i segni lavorando anche con
il significante, lasciando inalterata la funzione culturale, il significante viene riformulato in base a nuove
coordinate della cultura. Ciò avviene con Eracle e San Giorgio figura difficilmente storica, la sua funzione
è quella di difendere la fede cristiana e eredita il profilo di eroe civilizzatore in parte da Eracle e da Perseo, il
quale sconfigge su un cavallo alato il mostro marino che doveva sbranare la vergine Andromeda; in
entrambe resta sempre l’immagine dell’eroe che nel caso di Giorgio è a cavallo e in forma aggiornata
sconfigge il rettile drago che è un rettile che, come variante del serpente, è connotato da tutte le
caratteristiche del rettile negativo, ctonio, inferno che rappresenta il demonio che si presenta ad Eva sotto
forma di serpente secondo il racconto biblico, che fornice una spiegazione originaria per il fatto che il
serpente ha una connotazione negativa. La sua forma ricorda il decadimento della condizione umana. Nella
teologia cristiana il peccato è riscattato dall’azione di Maria, figura difenditrice dell’umanità, nella
prerogativa che lei schiacci il serpente sotto il piede, il quale è in questo caso è figura anticulturale nel
senso di rappresentante antonomastico dell’antimondo, degli inferi, della morte e della sofferenza eterna
secondo la teologia cristiana. Il drago è associato ad un ambiente cimiteriale. Da un punto di vista simbolico
il drago è erede di una tradizione che lo collega alla terra, nel mito greco gli eroi che nascono dalla terra
sono sotto forma di serpente. Questa connotazione ctonia nella religione cristiana è basilare ma esiste già
elle culture antiche, il dio solare Apollo riesce ad insediarsi in questo luogo uccidendo pitone, il serpente,
rappresentante di uno stadio anteriore all’affermazione della civiltà solare, agricola. I serpenti sono sempre
l’incarnazione assiomatica del disvalore della negatività. es Harry Potter consapevolmente combina
narrazioni mitologiche. Visione tradizionale della contrapposizione uomo-mostro e delle dinamiche della
paura. Momento di massima tensione è la bocca predatrice (Jurassik park anche lì il mostro è semicieco) qui
viene cecato dalla fenicie, simbolo del fuoco; ripropone la stessa logica mitologica è sempre la cultura
umana che si trova confrontata con un orizzonte culturale di bene-male che è rianimato da una seria di
simboli che nascondono gli stessi significati: la cultura e non cultura e la minaccia di sopravvivenza sul
soggetto umano ma la storia che prevale è quella dell’uomo che riesce a sopravvivere e prosperare a
prescindere dalle difficoltà. Vico la formazione dell’individuo ci può fornire delle info importanti su come
si è formata la cultura umana dalle origini alle forme più recenti. La mitologia era uno strumento con cui
delle menti più semplici si impadronivano del loro spazio culturale, immaginando delle personificazioni con
le quali si confrontavano e facevano interagire. Le storie di oggi sono degli adattamenti delle storie
mitologiche, sono la storia di come l’umanità si rafforza e trionfa. Quello di cui non ci si rende conto è il
fatto che i comportamenti sociali vengono decisi da fattori e su piani che non sono al 100% razionali. Essi
non sono un dato indagabile con le scienze esatte, sono irrazionali e sono determinati da dinamiche che si
spiegano con un’analisi della cultura. La nostra cultura è tutta permeata da miti che organizzano il nostro
comportamento. Miti moderni o sono incarnati in un testo (self made man Eracle). Siamo esposti a storia
che organizzano i nostri comportamenti. Il “The Yearling” viene mostrata la necessità della dissociazione
affettiva, esempio di uno dei miti contemporanei ereditato dalla cultura statunitense, il mito della frontiera,
è un mito, costruzione culturale che ha lo scopo di fornire una cornice narrativa a dei contenuti non
necessari ma importanti per la cultura stessa. Il mito della frontiera è una elaborazione della cultura
statunitense, che è una cultura coloniale in cui degli europei forniti di un background di civiltà avanzata e
complessa, si trovano catapultati in un orizzonte dove le circostanze materiali sono le stesse che
nell’Europa primitiva, di spazio non culturale. L’elaborazione del mito della frontiera consolida l’identità del
gruppo come entità sotto assedio che ha il dovere di difendersi ed espandersi, che sono surrettiziamente
considerati sinonimi. La storia di come scavalcare il muro per appropriarsi della terra al di là dello stesso.
Storia di progressivo spostamento verso ovest sia di territori non abitati sia di territori abitati da
popolazioni considerate non culturali oppure rivalità tra coloni di varia matrice. Lo spostamento dura più di
un secolo e determina la funzionalità di un mito che è uno dei tanti riconoscibili nella grammatica horror,
legato alla difesa del confine. (Lotman)

19/10/18

Lo “schifo” è un’emozione che riguarda la dimensione della contaminazione. “Phenomena” di Argento 


basato sulla connotazione di elementi perturbanti, il verme che rimanda alla putrefazione. Si sommano le
caratteristiche: da un lato la presenza dei vermi, collegati alla presenza della morte e diventa il correlato
semiotico della desoggettivazione. La morte è evocata da tutti i pezzi di carne ecc. La sensazione fisica da un
punto di vista narrativo è anche affidata alla rappresentazione dell’annegamento, ciò non è percepito come
distinta ma lo è e viene sommata. Vi è una stratificazione di elementi semiotici che concorrono per ottenere
un effetto: demonizzazione animale, altri segni che appartengono al campo semantico della morte, la
ragazza è priva dell’aiuto degli alleati quindi isolamento e l’annegamento. Quest’ultimo nell’empatizzare
con il personaggio che sta per affogare, si massimizza la situazione di confronto come una situazione di
invasione. Affogare significa essere sommersi, invasi dall’esterno verso l’esterno da un elemento alieno
pieno di desoggettivazione. La morte nel suo equivalente metonimico del verme. Una scena così attiva una
reazione di repulsione come desiderio di riaffermazione dei confini, cioè viene elicitato (attivato) il riflesso
emozionale dello “schifo” che è interpretabile una sorta di reazione automatica di desiderio di distacco.
Tutta la filosofia dell’orrore di Carroll si basa sulla contaminazione ma non spiega oltre, il quale a sua volta
si basa sulla teoria di Lotman e il dovere ultimo dell’individuo è che deve essere soggetto e ricondurre ad
altri soggetti. Da un punto di vista funzionale la paura ha come obiettivo la conservazione di uno
schieramento positivo che funziona in base a criteri di appartenenza categoriale, ovvero organizzato
ordinatamente è in modo positivo mentre il resto è negativo. Con l’esperienza estetica della paura veniamo
messi nella situazione di attivare automaticamente le nostre emozioni viscerali di opposizione non culturale
e a reinterpretare la nostra identità soggettiva come un bisogno fisiologico. Le boccate d’aria della ragazza
sono l’equivalente del nostro desiderio di essere uomini con gli uomini, stando lontano dalla melma della
putrefazione. Veniamo gradualmente portati a pensare che l’essere un essere umano sia un bisogno come
l’aria, quando invece è fisiologico. Il gioco della paura ha la finalità di farci automatizzare le opposizioni
categoriali. La funzione della paura è la conservazione di questo ordine basato su forme di identificazione.
L’identità fisica che fa parte delle cose che noi cerchiamo è soltanto una parte delle prerogative del
soggetto, il quale si caratterizza anche per la forma della sua identità sociale. La mostruosità, oltre a far leva
sulla demonizzazione degli animali, fa leva su opposizioni e sulla necessità di un costrutto culturale
compatto, il soggetto sociale è un’identità risolvibile all’interno della categoria. Nell’ordine culturale
bisogna stare univocamente da una parte. Oltre alla demonizzazione dell’animale, l’immaginario della
paura fa leva sulla demonizzazione delle identità ibride. Ibridismo unione di parti non possibili, non
collegate in un organismo, è una delle forme in cui con maggiore facilità le dinamiche culturali sottolineano
le prerogative dell’identità umana. L’uomo dev’essere interamente risolvibile nell’insieme delle sue priorità
convenzionali. Tutti i mostri sono tali perché sono ibridi, perché da un punto di vista categoriale non
possono essere categorizzati. La paura nelle narrazioni tende ad associare tutte la negatività anche a figure
umane che però non siano interamente umane. Vengono demonizzati i tratti ibridi. Vengono demonizzate
tutte le forme di eccedenza che può essere quantitativa come creature troppo grandi o troppo piccoli
(giganti, folletti…) che eccedono la misura, sono non umani in base al parametro della quantità o qualità.
Mary Douglas – le proibizioni alimentari degli ebrei riguardano gli animali che appartengono alla
ruminazione e allo zoccolo diviso in due. (cammello, tasso, lepre, maiale…) L’idea è che la
funzionalizzazione degli animali per gli uomini è determinata da questi due parametri. “Purity and danger”
si cerca la formula dell’esclusione di tutta una serie di animali – tutti quelli che non si lasciano classificare
come prototipi creano difficoltà per la loro ambivalenza e ambiguità e per la loro possibile appartenenza a
più categorie. La ragione delle proibizioni è perché sono lontani dal prototipo della categoria, definito dalla
condizione di animali da allevamento (ovini, bovini e pollame hanno dei tratti definitori). I pesci solo con
pinne e scaglie, mentre gli altri non vanno bene perché non categorizzabili. La costruzione di un ordine
prescrittivo e quindi di un sistema di regole che servono a governare la vita associata con un sistema
culturale ben preciso è legata a questa possibilità di istituire delle opposizioni, evitando l’incertezza che
rende impossibile lo schieramento. Da un punto di vista storico-culturale lo specifico ebraico è la forma
monoteistica della religione. Assmann il popolo ebraico prende avvio da un impulso di assimilazione
culturale dalla cultura egizia. Pantheon dove la natura animale è sempre uguale. Le forme di definizione
culturale dell’identità umana non passano tutte necessariamente per la contrapposizione umana, anzi in
molte c’è un’identificazione religiosa tra umani e animali che possono anche avere rapporti di alleanza. C’è
tendenzialmente questa inclinazione occidentale a costruire l’identità umana come una radicale
opposizione al mondo delle altre presenze animali nella cultura, ha delle radici riconoscibili nel mondo
classico e giudaico. Nella cultura occidentale i mostri vengono rappresentati o come predatori che
distruggono la vita umana o come delle opzioni esistenziali che minano l’esistenza della socialità umana.
Odissea 12° vv. 39 in poi = Sirene come rischio dell’uscita dal percorso eroico. Le sirene sono due donne
uccello che cantano su un’isola scoglio in mezzo al mare e il loro canto attira i naviganti, il rischio a cui si
trova esposto il soggetto eroico è un rischio di uscita dal suo binario esistenziale. La morte si risolve nel
venir meno della sua identità sociale. Viene prospettata la paura della morte sociale, oltre quella fisica.
“Moglie e figli” non è diretto solo al personaggio ma è un discorso diretto a tutti. La minaccia della morte
fisica viene prospettata la paura della morte perché l’eroe viene a contatto con la paura della morte sociale.
La paura della disgregazione fisica è una paura di disgregamento, di attivare sentimenti di disgregazione, di
vita mettendole a servizio di una identità sociale. Circe creatura mostruosa, anticulturale. “Tu hai il dovere
di essere te stesso come identità sociale, se ti distrai da questo obiettivo la tua punizione è la morte”.
Soggetto sociale responsabile della propria posizione. Licantropo Satyricon, racconto tra i più antichi di
trasformazione del licantropo, anche se già presenti da prima, che fanno riferimento sulla trasformazione di
Licaone. Metà del 1° sec d.C., presenta le avventure di giovani studenti che attraversano diverse città e
hanno vari incontri di varo tipo. Molte delle parti sono perdute. L’unico rimasto è il banchetto d Rimalcione,
che durava tutta la notte, al quale partecipano alcuni commensali. Nicerote racconta la storia di incontro
con lupo mannaro, che ce lo presenta come una cornice in cui viene attivato il punto di vista della persona
comune, presa diretta sulle parole di un tizio che parla in modo conforme alla sua estrazione culturale. La
visione del lupo è filtrata da questo sguardo comune. “Orcus” si riferisce al regno dei morti ma c’è una
personificazione di una creatura gigantesca. “La luna splendeva come a mezzogiorno” dettaglio funzionale
alla narrazione perché la trasformazione del lupo è legata alla luna. C’è una successione asindetica che
descrive le emozioni di questo personaggio. Manifestazione di alterazione fisica. “Mi resi conto che lui era
un lupo mannaro (doppia identità) e da quel momento in poi non riuscì più a gustare il pane con lui
(relazioni di ospitalità hanno una dimensione rituale che comprende il mangiare il pane insieme, ovvero
essere in relazione sociale)”. L’identità del soldato quando è umano non è pericolosa. “E non riuscì più ad
avere relazioni sociali con lui” perché è un soggetto sociale che appartiene ad una categoria sociale
ambivalente, è sociale ma anche anticulturale, anti agricolo. Siamo indotti a pensare che Nicerote non abbia
più rapporto con il soldato perché è pericoloso ma non è così perché lui sa che lui è sociale fino a quando
non si trasforma, ma la trasformazione lo rende impossibile da categorizzare. Ambiguità categoriale, non
essere inseriti in una categoria rende difficile l’idoneità al contatto sociale. È un deficit, nonostante si possa
pensare che abbia un’identità più ricca. Membership categorization analysis  rispetto ad una
categorizzazione sociale si può avere solo una delle categorie. Il personaggio di Nicerote è emblematico
dell’atteggiamento dell’uomo medio perché vede nell’ambivalenza una minaccia all’ordine categoriale. In
culture diverse dalla nostra l’identificazione con l’animale è una forma di arricchimento dell’identità come
le culture sciamaniche, dove l’anima è immaginata come un animale o come un’entità capace di realizzare
viaggi ultra corporei aiutata da una presenza animale. Nelle leggende di trasformazione di animale più
antiche si pensa ci fosse un sostrato di tipo sciamanico in cui la connessione poteva riguardare identità
divine o semidivine che avevano identità animalesche. La connessione con il lupo è in astratto, non è di per
sé anticulturale ma lo diventa quando viene usata come nel racconto di Nicerote. Anche le storie con i
supereroi ibridi sono le stesse che hanno bisogno di conferma categoriale: gli uomini mostro ci fanno paura,
gli uomini animali eroici sono rappresentanti di una identità umana speciale, correlati di una figura del
signore degli animali che ha il controllo sugli animali di una determinata categoria. Eroe animale positivo
non è un uomo ma un semidio, siamo comunque difronte ad una opposizione categoriale per cui i mostri ci
definiscono dal basso mentre i supereroi dall’alto. Uomo- mostro verso il basso, dove il mostro è ibrido
dove l’uomo sconfina con l’animale; il signore degli animali è un ibrido, non uomo ma identità che si colloca
oltre la soglia superiore, è ciò che non è abbastanza uomo e ciò che non è uomo, vive in una condizione
intermedia. L’identità umana emerge categorialmente per opposizione rispetto ad una soglia inferiore che è
animale e una superiore che è divina. Metamorfosi di Ovidio Licaone, versione tarda del mito che si
presenta in Esiodo agli inizi della cultura greca. Questi miti sono presenti in varie forme, Ovidio lavora su un
grande poema epico dove raccoglie miti di trasformazione di vari tipi, poesia che fonde insieme in un
racconto che inizia con la creazione del mondo e finisce con l’apoteosi di Giulio Cesare. Cosmogonia = mito
del diluvio universale. Degenerazione criminale dell’umanità vi è l’episodio di Licaone, punito con la
trasformazione in lupo. Dio Zeus va in visita da Licaone nella regione di Arcadia al centro del Peloponneso,
particolarmente arretrata da un punto di vista culturale e antropologico. Il cattivo caratterizzato dalla sua
resistenza alla religione. La trasformazione è una punizione che colpisce in maniera remunerativa il crimine
stesso e la natura del crimine è il tentativo di fargli mangiare carne umana e in questo mito si deve vedere
una sorta di struttura culturale che ha come obiettivo demonizzare il sacrificio umano, ovvero costruirlo
come azione contraria alla categoria stessa dell’umana e come tale punibile. Ribalta sul criminale la colpa di
questo crimine, che spinge l’altro ad essere un soggetto non culturale, impuro e antropofago che è un
interdetto radicale della cultura greca (sciiti mangiano la carne dei defunti di cui vogliono conservare delle
qualità precise). Greci =azione anticulturale e tentativo di Licaone di trasformare la divinità in un soggetto
anticulturale si ribalta su sé stesso, che è un soggetto anticulturale, questa nuova identità è ibrida che
assorbe in modo permanente la caratteristica anticulturale dello sbranare gli altri e la orienta verso la
categoria dell’animale anti agricolo. In una cultura antica può avere una connotazione positiva come capo
lupo che ha contatto con l’animale. In epoca classica il mito di Licaone appare come un mito finalizzato a
istituire un’opposizione categoriale tra soggetti normali e un’identità anticulturale. La demonizzazione è che
Licaone è l’antiuomo che sbrana e mangia in maniera anticulturale mentre l’uomo non ha niente a che
vedere con l’animale e si astiene da ciò che è lesivo per gli altri esseri umani.

24/10/18

Gli elementi caratteristici che permettono di caratterizzare l’elemento orroroso sono in primo luogo legate
al panico categoriale, come l’uomo lupo che ha caratteristiche di più categorie. Il lupo che mantiene le
caratteristiche umane ma perché ha origine umana, quella di Petronio è una forma di ibridismo alternante,
per effetto della luna per l’entità che si trasforma. I vestiti fatti pietra sono un segnale che nel mostro lupino
si sovrappongono due esistenze parallele ma l’affiorare di solo una delle due. I vestiti sono defunzionalizzati
quando è lupo perché non servono più. Altre forme riguardano la presenza permanente di altri animali.
Sono costrutti che si accomunano per il panico categoriale, di fronte alle cose che non si sanno
categorizzare la cultura entra nel panico. Quando emerge un elemento che impone una mappatura, questo
scatena una forma di disagio grande. Le componenti negative sono legate a quella predatoria, anti agricola
e ctonia, in quanto collegabile al canino, alla mitologia, agli inferi, alla morte (cane come animale impuro
nelle civiltà orientali). Satyricon l’identità ibrida è opposta a quella culturale e non è un caso che la
descrizione del mostro sia affidata ad una persona comune, di nessuna istruzione che si fa portavoce di una
cultura popolare, bassa. Un secondo tipo di demonizzazione dell’elemento canino è quello demoniaco
ctonio, ovvero l’opposizione categoriale è il fatto di non poter avere nessun contatto sociale col mostro
perché ha una natura ibrida che lo esclude a priori. La negatività del licantropo deve alla sua connessione
con il livello ctonio demoniaco. Un passo dell’Odissea, legato ai mostri che Odisseo deve affrontare è
l’episodio dell’incontro con Scilla e Cariddi: la prima è un mostro marino che ricorda un cane. Il mostro è
una rappresentazione dell’attacco predatorio e della spersonalizzazione per la moltiplicazione degli
elementi corporei che sono un indicatore della disumanità, ovvero questi individui non costituiscono delle
soggettività culturali perché si pongono come combinazione di dismisura. Scilla sta per metà sommersa che
attacca con le teste di cane, che ricorda lo squalo. Cariddi ha un altro tipo di strategia: risucchia e soffoca.
Combinazione tra mostro predatore che sbrana e il mostro che risucchia e soffoca, sono entrambi esempi di
rischio di desoggettivazione complementari. Il percorso dell’eroe deve scegliere tra un rischio di
annullamento totale o un annullamento predatorio. Contiguità tra mostro marino e canino di Scilla,
correlato contestuale di rischi o di annullamento ctonio. “The Hound” di Lovecraft non è un lupo
mannaro anche se tutti gli elementi che il testo mette in campo rivelano l’identità del lupo mannaro.
Cultura decadente di fine ottocento, operazione anticulturale=saccheggio di tombe. Qui è la tomba di una
persona di 500 anni precedente che si era dedicato a spogliare tombe alla ricerca di oggetti esoterici.
Questa persona che riesumano ha un amuleto in forma canina che loro prendono. Questo amuleto scatena
la trasformazione dello scheletro del negromante che sbrana le persone con l’intento di ritrovare l’amuleto.
Non c’è la luna, l’elemento significativo è il fatto che la demonizzazione dell’animale è legata a delle precise
norme di trasgressione connesse con il mondo dei morti e quindi con il regime normativo che regola il
rapporto tra vivi e morti. La storia della trasgressione dell’attività illecite che scatena una forza che si rivolta
contro di loro. Il mostro che torna dalla tomba non è uno zombie che sarebbe da lì a qualche decennio
automatico, nemmeno incorporeo, ma ha zanne e fa a pezzi il corpo. La figura del licantropo, dalle
mitologie alle culture pop, ha un elemento essenziale: combinazione di tratti predatori, anti agricoli,
connessione con il mondo infernale. Nell’immaginario legato al licantropo, la licantropia è vista come un
disturbo localizzato. Lupin in Harry Potter è una persona morale, che è parte dell’esercito dei buoni, tuttavia
porta questa tara e ciò tende a correggere la prospettiva comune. Se nell’antichità è totalmente non
culturale, oggi viene reinterpretata come un disturbo localizzato e quindi gestibile. Da un lato negativo
perché mostro pericoloso ma dall’altro non è un fattore di esclusione perché il mondo di Harry Potter è
alternativo, dove la stranezza è la regola (romanzo picaresco, dove si raccontano cose assurde). In Petronio
la presenza di un disturbo categoriale è un fattore negativo, nel mondo immaginario di Harry Potter dove la
regola di base è ciò che è anticulturale diventa la base della nuova cultura, un cursus studiorum che fa
dell’inusuale normale, spiega perché la componente licantropica sia scagionata assimilandola a un disturbo
fisiologico, perché soffre di un male periodico che tiene fuori combattimento per qualche giorno. La
condizione lupina è in sé negativa, gli amici del cuore di questo ragazzo praticano forme di magia non
praticate allo scopo di trattenere il lupo, perché quando si trasforma è pericoloso e richiede assistenza
speciale che è una forma di solidarietà all’interno un contesto sociale. Questa forma di nuova
immaginazione mantiene salda i caratteri di base del lupo, nonostante innovandolo. Nel caso della
licantropia c’è una sorta di connotazione supplementare che riguarda il profilo socio-culturale-economico.
The underground l’identità di base è mostruosa, la contrapposizione di partenza è tra vampiri e lupi
mannari perché i primi sono gli aristocratici mentre i secondi sono borghesi. I vampiri sono rettili
trasformati, i lupi sono carnivori trasformati ma queste comuni matrici vengono lasciate cadere e vengono
ne vengono enfatizzate altre per dare dinamica ad una dinamica che è la guerra di classe. Un mostro che si
esplica in identità individualista con tradizione storica e un mostro caratterizzato come non cultura, privo di
coscienza e di individualità. Idea della multi determinazione delle componenti negative, quando ci troviamo
di fronte all’artefatto pauroso noi dobbiamo capire che siamo in presenza di tante linee tradizionali e
convergenti in senso semiotico che pongono nelle figure mostruose elementi distanti. Cappuccetto Rosso
il lupo è negativo in quanto lupo, ha una serie di determinanti: da un lato il lupo ha le zanne, anti agricolo
ecc ma in questa storia si sottolineano la determinante moralistica dove il lupo è la personificazione dello
spazio non culturale e rappresenta la funzione della bambina che trasgredisce i dettami. Componenti
psicanalitiche il confronto tra cappuccetto e il lupo riguarda la dinamica del passaggio da bambina ad
adulta, come cautionary tale relativo all’argomento sessuale. Rappresentazione della vita nello spazio della
cultura dove il bosco è l’ambito delle pratiche non culturali, ovvero sessuali. L’interpretazione freudiana e di
Wettenheim “Il Mondo Incantato”  il bosco rappresenta la trasgressione sessuale rispetto a una via che
passa dal bosco che non coglie fiori, la bambina che va dalla strada raccomandata dalla mamma cioè della
cultura arriva sana e salva dalla nonna, mentre se trasgredisce ha delle esperienze sensorialmente evidenti,
piacevoli ma questo piacere supplementare è associato ad una punizione che è il lupo, che qui diventa una
correlato della bestialità dei desideri. I desideri anticulturali sono bestiali. Il desiderio viene fatto oggetto in
una prospettiva di controllo delle pulsioni e quindi demonizzate. Le tecniche di demonizzazione sono
sempre le stesse ma in ogni momento sono soggette alla contestualizzazione e sugli oggetti demonizzati si
addensano tratti sempre nuovi. Lupo è uno strumento semiotico-ideologico che esercita un controllo sui
comportamenti.
Caso del non-morto l’identità umana normale si definisce in maniera molteplice ma in generale in
primo luogo tra contrapposizione uomo-animale e in secondo luogo la contrapposizione vivo-morto. La
prima è la più antica e più recentemente è stata arricchita dalla contrapposizione uomo-cosa, con lo
sviluppo della cosa meccanica complessa che ha permesso di pensare che la macchina abbia delle
caratteristiche umane. In realtà queste due sono nella stessa posizione, considerano uno spazio della
dimensione umana chiamata sincronia che è opposta alla diacronia. La prima considera uno stato in un
momento dato e quindi le opposizioni non possono essere rappresentate in un parametro prima o dopo e
quindi valgono in un momento dato, quindi opposizione qualitative, in questa prospettiva l’uomo è
circondato da categorie che lo delimitano dall’esterno dal non-uomo. Sotto l’uomo vi è l’animale e le cose,
che sono infra-umani; mentre sopra vi sono gli dei e gli eroi quindi lo spazio umano è uno spazio medio di
una forma di ordine che si contrappone a tutto ciò che è diverso come ciò che è regolato rispetto a tutto ciò
che è periferico. Le culture ribadiscono una loro posizione gerarchica rispetto agli animali, mentre rispetto
agli dei hanno un comportamento di referenza in modo che anche i rapporti con il sovrannaturale sia
finalizzato alla prosperità del gruppo umano. Con il cristianesimo c’è l’idea di base che il dio sia realizzato in
una manifestazione storica che ha come conseguenza ribadire la forza umana. Uomo-dio si fa ammazzare
come vittima sacrificale per salvare l’umanità (Gesù). L’obiettivo di tutto è la salvaguardia e il
potenziamento dell’umanità. La diacronia contrappone l’uomo al non più uomo, al defunto (ha smesso di
essere un’entità funzionale). Questa necessità di ribadire l’identità culturale vale in sincronia ma anche il
processo di svolgimento di questa identità umana. Cosa fa il soggetto umano? Da un punto di vista culturale
tutte le dinamiche sono riconducibili a delle procedure di rafforzamento di peristalsi sociale, cioè una
forma di movimento che presuppone l’unidirezionalità verso il futuro. Da un punto di vista diacronico la
cultura spinge un’esecuzione continua e ininterrotta di azioni che hanno come obiettivo la promozione e il
rafforzamento del gruppo sociale. Da un punto di vista sincronico vi sono delle opposizioni che servono a
mettere in evidenza l’identità umana rispetto alle altre, da un punto di vista diacronico le strategie di
demonizzazione cercano di promuovere tutto ciò che è pro sociale che asseconda la peristalsi lungo la loro
direzione sociale, mentre tutto ciò che va contro corrente viene demonizzato. Le identità collettive sono
basate in diacronia sull’idea di continuità e sviluppo che pur mantenendo l’apparenza di evoluzione, la
vedono come una conferma dei valori preesistenti. Es: mostro without change ovvero una creatura che
dagli abissi del tempo ci perseguita mentre il soggetto culturale cambia, ovvero il bambino che nasce,
cresce, fa figli, ecc… e poi muore e non ritorna. E il bambino che è nato cresce, diventa adulto, si sposa,
ecc… e muore. Questo è il movimento che la cultura approva=la peristalsi termine medico che indica i
movimenti di contrazioni del colon che spingono la materia organica che viene ingerita fino all’espulsione
delle scorie che ci tiene in vita. È un movimento involontario, noi cresciamo che vogliamo o no e il nostro
organismo si trasforma e nel nostro crescere assumiamo diverse identità e ciò è pro culturale. Nello
svolgimento delle trasformazioni delle nostre identità c’è un verso giusto e uno sbagliato. E ciò si ritrova nei
testi più antichi – Esiodo successione storica dell’età dell’uomo, comincia con l’età dell’oro sempre più
decadendo (età del ferro…). Lui sottolinea il fatto che un’età è positiva quando i figli nascono che
somigliano ai padri, cioè confermano l’identità del passato e la trasportano al futuro. L’età di decadimento
dove i figli non somigliano ai padri e i bambini nascono con i capelli bianchi e quindi caratteri anticulturali
legati alla discontinuità. Il rapporto di filiazione fa si che ogni generazione segue un’altra e si arriva al
futuro, quando questo non succede la continuità è interrotta. La negatività è associata all’inversione
temporale. Le culture hanno la necessità di costruire una direzione di sviluppo storico culturalmente
positiva che si oppone alle dimensioni culturalmente negative. Le dimensioni culturali positive sono
passato-futuro, mentre quelle negative sono il regresso culturale e anche il passato che invece di
allontanarsi, si avvicina e inverte una direzione fondamentale della peristalsi. In un regime culturale tutti i
comportamenti antisociali sono legati alla rappresentazione di un profitto di un prendere che non si traduce
nel corrispondente dare. Es: profittatori; idea che gli ebrei facessero affari assorbendo ricchezze agli altri,
nonostante qualunque soggetto ha un vantaggio individuale; l’omossessuale viene caratterizzato come un
individuo che prende senza dare, dove prendere è ricavare piacere che non si traduce in un ordine
familiare. Da un punto di vista di economica culturale alcuni elementi sono anticulturali perché beneficiano
senza dare. Fino all’età borghese l’individuo era soltanto un piccolo elemento, mentre nell’attuale sistema
borghese (dopo la rivoluzione francese) l’individuo è diventato il soggetto dell’azione politica. Mostri
rappresentati come predatori come simile squali che prendono abusivamente le risorse o i mostri che
succhiano il sangue, la forza vitale in genere, che consiste in una sottrazione di forza vitale. E il
mantenimento di un ordine di questo tipo impone che ci siano delle regole di aggregazione che permettano
di riconosce il corpo sociale come tale. Alla base di dinamiche sociali vi è l’iniziazione per far vedere che un
soggetto fa parte di un determinato gruppo. Es: circoncisione nella religione ebraica ha la finalità di rendere
l’individuo oggettivamente riconoscibile rispetto all’estraneo. L’ordine presuppone l’appartenenza al
gruppo, alla categoria e chi vi appartiene deve essere riconosciuto. Van Gennep “Le Rithe Du Passage”
1909 i riti di passaggio in tre fasi: separazione, superamento soglia, riaggregazione. I riti comprendono
anche dei riti di separazione come l’entrata del gruppo sociale è resa riconoscibile sul gruppo sociale,
passaggio inclusivo comprende anche il passaggio esterno, rito esclusivo. Es: riti funebri come riti di
passaggio e separazione; laurea aggregazione ad un’identità degli adulti che corrisponde ad uno di
separazione, perché in una condizione finale si viene sempre da una condizione precedente. Riti funebri =
rito di separazione dove un soggetto sociale viene meno alla dimensione di soggetto sociale e esce dal
gioco, e questo è indispensabile per il progredire e il mantenimento dell’ordine sociale perché in questo si
presuppone ci sia sempre un ricambio, a un determinato gruppo che entra un altro deve uscire. Se questi
non uscissero mai il movimento della peristalsi sarebbe bloccato e ci sarebbe un accumulo di tensione. Se i
soggetti non morissero tutte le loro occupazioni sociali sarebbero occupate e quindi si arriverebbe al
momento in cui dei soggetti pronti all’entrata nel gruppo sociale siano pronti ma non possono occupare
delle occupazioni in quanto già occupate. Es: in un clima di diminuzione di risorse si fanno meno figli, dove
le risorse delle generazioni più vecchie stanno occupando ancora delle risorse.

26/10/18

Come funzionano le dinamiche della gestione del rapporto vivi e morti che costituiscono uno degli orizzonti
cruciali della costituzione del soggetto sociale. I riti funebri come riti di separazione, il membro che esce dal
gruppo sociale in modo che venga culturalmente riconosciuto e che crei il minor danno sull’equilibrio dello
stesso. Ernesto de Martino “morte e pianto rituale” 1958, antropologo nell’ambito dell’etnografia ma ha
un background filosofico nell’ambito dell’esistenzialismo e storicismo crociano. Questo libro fa un’analisi
del lamento nella tragedia e cerca di mostrare come queste strutture delle culture antiche hanno una
permanenza e sopravvivono nei contesti periferici del presente. Oggi consiste nell’intraprendere una
campagna di esplorazione di alcune contesti della campagna della Basilicata durante tre mesi (Marinovski
studio che nei primi anni del ‘900 va in Polinesia per analizzarla in minimo 2 anni). Come funzionano i riti
funebri, elabora una teoria, cioè la teoria che il rito funebre è una forma di azione culturale collettiva che ha
come obiettivo ultimo quello di minimizzare i rischi della crisi della presenza-oggetto, quella che in ambito
filosofico è la desoggettivazione, ovvero la consapevolezza della dimensione precaria dell’esistenza e il fatto
che l’essere è votato alla morte e deve fare i conti con la propria fragilità e inconsistenza. A questa si
contrappone delle spinte culturali che puntano al rafforzamento delle dinamiche del gruppo, il soggetto
singolo è una parte all’interno del gruppo e il soggetto collettivo è il vero obiettivo delle dinamiche culturali.
Un dato comune è che la necessità della salvaguardia dell’equilibrio collettivo prevale su tutte le forme di
potenziale rischio o di essere specifico legato all’individuo, cioè il gruppo e la sua prosperità nel tempo sono
i suoi obiettivi ultimi. Il rito funebre è articolato in due tempi:

1. uno iniziale disordinato che chiama Planctus irrelativo, ovvero che non si rapporta a qualcun altro,
è lo sfogo immediato, momento in cui il dolore innescato dalla crisi della presenza viene recepito
dalle persone più vicine al defunto (specialmente di sesso femminile) in una forma di totale
manifestazione disordinata. La persona colpita dal lutto manifesta un dolore che le impedisce di
entrare in contatto con gli altri. Questo viene chiamato “attassamento” termine dialettale, ovvero
ebetudine stuporosa, ovvero l’imbambolamento, la perdita di vitalità, rimanere fulminati e incapaci
di intendere e di volere, blocco catatonico non reattivo. È una delle manifestazioni della prima fasi,
come anche la disperazione, nella quale è previsto che il soggetto in lutto compia atti autolesivi,
manifestazioni di una spontanea manifestazione ma in realtà azioni culturalizzate che de Martino
decifra come trasposizioni simboliche del desiderio di morte: grattarsi come uccidersi; buttarsi in
terra prima manifestazione della morte; coprirsi la testa di terra simulazione della sepoltura. Il
messaggio che trasmette questa situazione è il desiderio di morire insieme al morto. Ciò è un
contenuto che da un punto di vista culturale è negativo perché la morte di una persona che può
causare la morte di un congiunto che si suicida e a sua volta un altro diventa inattivo, configura la
morte come rischio e strappo del tessuto sociale. Da un punto di vista di salvaguardia dell’insieme
l’obiettivo è mettere un freno al possibile strappo che lacera il tessuto sociale. Lo scopo del rito
funebre è ricucire uno strappo, ovvero proteggere il gruppo sociale da un atto che potrebbe
distruggerlo. Il primo tempo è l’esposizione del rischio dell’esposizione, del danno della morte che
ha fatto ad un singolo e che si estende.
2. La seconda parte è il lamento caratterizzato dalla partecipazione collettiva. Mentre nella prima fase
è qualcosa di privato, del singolo; la seconda è qualcosa in cui il gruppo sociale mostra la sua azione
protettiva nei confronti di chi subisce il lutto. Distribuzione e condivisione del dolore. Se all’inizio
colpisce solo una persona, nella seconda parte è collettiva – “prefica” che finge, piange su
commissione, lamento ripreso dalla collettività in una melodia anti strofica. Nel rito c’è un
celebrante che si pone come mediatore tra sacro e profano (pontefice che costruisce ponti) che
coinvolge la collettività in una dinamica collettiva. Trasformazione di un dolore potenzialmente
distruttivo perché privato in uno condiviso e non più negativo.

Finalità della tutela degli interessi della collettività contro il rischio dei pericoli provenienti dai singoli.
Questa protezione della collettività dev’essere interpretata come una forma di asseverazione di conferma
della consistenza del gruppo, ovvero una volta che l’evento di una morte ha scosso la consistenza del
gruppo, si deve assestare in modo da far uscire il defunto per riconfermare la consistenza del tessuto
sociale. Nel gruppo è fondamentale la componente di allontanamento, la ripartizione del dolore non è più
intollerabile e distruttivo ma può essere ricompattato e il morto può andare. Il rito funebre ricompatta i
viventi che stringono le fila quando il defunto è uscito e quindi il defunto dev’essere confermato come
uscito dal gruppo e una parte significativa dei riti è quello di accompagnarlo fuori dai confini della cultura.
Da noi il rito funebre riguarda la rimozione culturale della morte, perché nella nostra cultura nella nostra
prospettiva la morte è qualcosa a cui non si sa dare un senso, ma nelle altre culture la ritualità funebre
serve a rinsaldare il legame tra i vivi, escludendo il defunto accompagnandolo fuori. Pratica del “Parastas”,
ovvero organizzazione periodica a distanza dalla morte del defunto, celebrando le varie tappe che il
defunto passa allontanandosi dalla terra, dove i vivi si ritrovano in festa e ognuno dei passaggi scandisce
l’allontanamento del morto dalla terra. Lo scopo dei vivi è accompagnare il morto fuori. Abitudine di
mangiare insieme, atto tipico dei vivi che viene vissuto in collettività e in altre culture vi è la componente
burlesca dai richiami della riproduzione sessuale in maniera apotropaica contro la morte; grano bollito nel
latte con miele, specifico “Coliva” del rito funebre rumeno, fatto dai primissimi alimenti che costituivano la
materia dell’offerta ai morti nelle civiltà antiche. Che i vivi mangino queste è la riconferma delle ragioni
della vita contro i rischi della morte. L’equilibrio a cui puntano i riti ha l’obiettivo della difesa del gruppo dei
viventi e la esclusione definitiva del defunto. Le culture sanno che il morto deve essere estromesso e questa
deve rimanere definitiva. La paura è costruzione di situazioni anticulturali da usare come monito per
favorire gli atteggiamenti culturali e il ritorno del morto è una delle situazioni anticulturali per eccellenza
che si oppone alla situazione culturale, ovvero la separazione dei vivi con i morti e il ricompattarsi del
gruppo dei vivi. Jacobs – “The Monkey paw” Momento specifico di demonizzazione del defunto che
ritorna. Racconto del 1902, motivo folklorico dei tre desideri moralistico che serve a costruire un cautionary
tale, discorso cautelativo in cui non bisogna desiderare fuori dai limiti perché altrimenti vieni punito. I
desideri devono essere sottoposti a censura e che bisogna desiderare secondo una misura in base alla
propria identità sociale. Nella tragedia greca dinamiche di contrapposizioni radicali tra istanze di una
soggettività eroica e il coro che dice di non desiderare troppo, principio della morale tradizionale
conservatrice. Al di la del racconto in cui c’è un talismano orientale che è la zampa di scimmia che ha poteri
magici, ha risalenze arcaiche, la cultura del rifiuto dell’eccesso a favore della posizione sociale. Il talismano
soddisfa tre desideri ma non arrivano mai senza che qualcuno se ne debba pentire. Una famiglia ha
un’esigenza pecuniaria per finire di pagare un prestito e questa somma viene specificata perché la
coincidenza da il via a tutta la vicenda. Chiedono la somma, il figlio ha un incidente sul lavoro e muore e
viene maciullato da un macchinario ma esiste un’assicurazione sulla vita il cui premio è la somma richiesta.
Il desiderio si è avverato ad una condizione dolorosa che fa pentire i genitori. Si sviluppa una
contrapposizione tra madre e padre sui desideri che riprende la storia folklorica. La madre vuole che il figlio
torni e passa del tempo, sentono bussare alla porta e la distanza intercorsa tra il desiderio formulato e i
colpi alla porta sembra essere la distanza cimitero-casa. Formulano l’ipotesi che i colpi siano del figlio.
Effetto pragmatico del racconto che è del terrore, fatto per incutere paura. Nella descrizione della
formulazione del desiderio si comincia a dare per scontato che il figlio sia mutilato, che la disintegrazione
del corpo rimanga anche se è in vita. Il desiderio è formulato in maniera generica. Già la modalità in cui
viene immaginato il morto, il fatto che il dato corporeo non è reversibile. L’immaginario nel momento in cui
si confronta con delle cose che sono apparentemente logiche ma non lo sono effettivamente, questi sono i
piccoli passaggi della manipolazione della costruzione culturale, i morti vengono costruiti come quando lo
sbudellamento non viene ricucito. Anche Gesù risorge con i segni della morte è un’idea non logica, se la
morte è un’inversione miracolosa, il miracolo potrebbe invertire anche la ferita ma qui si pensa che non sia
così. Questa dinamica narrativa è costruita in maniera da costruire una storia anticulturale come quella del
morto che ritorna. Il marito comincia a configurarsi come la soggettività che vuole razionalizzare, nel
soprannaturale è un elemento topico, in cui il testo letterario fa vedere una dialettica tra credere e non
credere in modo che le emozioni del destinatario vengono convogliate con le persone che credono. I
personaggi secondari che non credono sono designati come ottusi, hanno il compito di sollecitare le
emozioni del destinatario convogliandole verso i protagonisti che ci credono. Tecnica semiotica che serve
per organizzare la risposta emozionale dell’auditorio. “Don’t lei it in”, mentre lei ha riconosciuto il figlio, il
marito sta già concettualizzando la presenza alla porta è un “It” e non un “He”, ma è relegata nell’ambito
dell’indeterminato e oggetto. Tipo di lotta tra marito e moglie che è l’attuazione di una serie di dinamiche
semiotiche e culturali tradizionali:

 opposizione credulo-non credulo, persona coinvolta e scettico che catalizza il destinatario verso la
posizione credula;
 opposizione femminile-maschile, dove la madre incarna uno stereotipo di identità femminile basata
più sull’emozionalità (stereotipo). Le culture sono organizzate per sistemi di categorie definibili
tramite azioni che vengono considerate di pertinenza della categoria stessa. La donna è il soggetto
emozionale mentre l’uomo è razionale. Qui diventa un desiderio di far tornare il figlio a qualunque
costo e di salvaguardare la dinamica di conservazione culturale. Lo scontro tra padre e madre
mostra gli impulsi anticulturali connotati come l’irrazionalità della donna e quelli razionali che in
realtà non sono razionali e si tratta di un’altra forma di razionalità che mostra un costrutto
culturale. Lotta legata al fatto che qualunque cosa sia il soggetto che bussa la porta non può entrare
perché c’è il paletto che la moglie non riesce a sbloccare da sola.

“Se soltanto l’avesse potuto trovare prima che la cosa fuori entri” (l’amuleto), il marito ha una
modellizzazione chiara di quello che succede che non è affatto razionale, è solidale con la moglie di credere
che sia il figlio che pensa sia mutilato. Non pensa nemmeno al figlio redivivo come una creatura con le
ferite che ha bisogno di aiuto, non come un soggetto con cui mettersi in rapporto ma una “thing outside”.
Dramma di fronte una porta, un limite da un punto di vista semiotico l’idea della barriera, frontiera, confine
tra spazio dell’ordine e quello oltre il quale non si deve andare, fuori della cultura dove i riti funebri
spingono a colpi di preghiere, ecc gli ex membri del gruppo che devono uscire da gruppo. Nell’immaginare il
morto che ritorna, la stessa immaginazione di questo è quella di un corpo disgregato e anche pericoloso
(percorso alogico). Tutto ciò che è automatico e evidente fa parte del discorso culturale costruito per
renderlo ovvio per tutti. Indizio del fatto che la rappresentazione dei morti è non-neutra e realistica,
l’immaginazione della morte reversibile è associata con l’inserimento di un elemento di negatività e
pericolosità che non è razionale e basato sui fatti. Spiegazioni che hanno a che vedere con il fatto che il
mostro che viene modellizzato come un soggetto che ha perso qualcosa, che aveva qualcosa che voleva e/o
aveva. Morte come sottrazione involontaria dall’esterno di un bene permette di modellizzare in astratto il
fatto che la morte si configuri sempre come caricata di un’energia negativa e ostile. Questa
rappresentazione narrativa mostra che quello che la cultura tutela è la separazione, come con gli animali. I
vivi e i morti vengono configurati come due orizzonti concorrenziali nel senso che i morti hanno perso
qualcosa che i vivi hanno e bisogna impedire che i morti tornino indietro a recuperare questa cosa persa,
perché potrebbe generare un conflitto, perché tolta ai vivi. Perché immaginiamo i morti che tornano come
pericolosi? Beni criminogeni di Lombardi Vallauri di filosofia del diritto da dove scaturisce il crimine e
introduce una classificazione dei beni ovvero delle forme di risorse materiali e non, che classifica in tre
parametri:

 beni esclusivi, il cui godimento presuppone l’esclusione di altri da questo. Beni materiali;
 beni non-esclusivi, immateriali senza che ci sia l’esclusione di godimento. Es: conoscenza, che può
essere goduto da un numero ampio senza ledere;
 beni inclusivi che si possono godere solo includendo gli altri, come gli affetti in situazioni
emozionali.

Morto come creatura nemica – come avviene = La strategia di demonizzazione avviene tramite la
riconfigurazione culturale di un bene non-esclusivo come bene esclusivo, che è la vita. Essere al mondo non
è un bene esclusivo ma nella modellizzazione del rapporto tra vivi e morti la vita viene trattata come bene
esclusivo, come ad esempio i beni criminogeni nella teoria di Vallauri. La disponibilità limitata ridurrebbe i
conflitti. La vita che il morto ha perso viene considerata come un bene che è disponibile in quantità limitata
e che il morto vuole recuperare togliendola a qualcun altro. Ciò presuppone che la vita che il morto ha
perso gliel’abbiamo levata noi vivi. Ciò si spiega tramite l’equivalenza come condizione biologica e vita
come spazio di sviluppo ed estrinsecazione delle prerogative del soggetto e quindi spazio sociale. La vita
intesa come risorse materiali è un bene esclusivo. “Bios” = vita e mezzi di sostentamento. Vita intesa come
uno spazio di estrinsecazione delle prerogative del soggetto. La trasformazione da bene non esclusivo a
bene esclusivo si capisce se si modellizza la vita come l’occupare uno spazio sociale che è in quantità
limitata e che poi va lasciato libero per il successore che subentra. La dinamica conflittuale è quello che la
cultura vuole evitare in tutti i modi.

31/10/18

Come funzionano concretamente le dinamiche della demonizzazione nel racconto di Jacobs, dove la
trasformazione culturale avviene per trasformazioni implicite, ovvero nella costruzione di una dinamica
fantastica, libera, l’immaginario segue delle strade che non sono necessarie e che quindi, presentandosi
come necessarie e ovvie, contribuiscono a costruire un ordine necessario ed esistente a priori. Così la
cultura funziona sempre anche in relazione ad altre dinamiche. Le modellizzazioni simboliche, ovvero la
costruzione di modelli astratti che vengono processati come equivalenti alla realtà, serve anche e
soprattutto a creare delle condizioni di spiegabilità. Al fine di consolidare la coesione dei gruppi culturali, gli
eventi drammatici come la morte vengono organizzati in maniera tale da massimizzare le possibilità di
superamento del rischio di morte del gruppo. Funzione di rafforzamento, protezione e produzione di
vantaggio del gruppo. Succede anche che, nel momento in cui questi riti vengono istaurati con delle finalità
funzionali, possiamo analizzarli per renderci conto che i riti non sono dotati di una sola funzione, sono
pratiche polifunzionali perché, al di la della protezione, producono vantaggi anche in altri modi. Esempio: la
costruzione di un rito di separazione funebre tende a porsi come un equivalente simbolico della realtà ma
tende a predisporsi come sostituto magico-simbolico della realtà e il gesto del rito e la realtà reale ha una
serie di corollari interessanti per il fatto che il rito permette di elaborare spiegazioni, principi causali. Ad
esempio nel momento in cui il rito si presenta come una dinamica che ha una funzione (massimizzazione
del vantaggio), si instaura una sorta di equivalenza tra vantaggio e forma del rito, ovvero il rito permette
l’azione simbolica non soltanto come equivalente della realtà esperienziale, ma da un lato permette di
controllarla (attraverso simulacri ecc) postulando questa corrispondenza tra gesto e realtà noi disponiamo
una serie di principi causali di spiegazione della realtà, perché possiamo ritrovare le cause della realtà.
Dinamica del rito disturbatola maggior parte dell’immaginario di paura del morto che ritorna trova la sua
spiegazione causale nella perturbazione del rito. Se il rito è ciò che permette alla realtà di risultare leggibile
e di andare avanti, il rito deve essere eseguito in maniera perfetta o contrariamente ne conseguiranno
perturbamenti che destabilizzano le stesse cose dell’esperienza diretta. I riti diventano momenti di
controllo collettivo e, al tempo stesso, diventano uno strumento di spiegazione di situazioni problematiche
della realtà, perché ricondotte a un turbamento del gesto simbolico. Il rito di separazione diventa una
garanzia del mantenimento culturale e ogni forma di disordine culturale può essere spiegata facendo
riferimento a un turbamento sul piano simbolico. Nel caso dell’immaginario di separazione vivi-morti si ha
una formula costante del rito incompiuto; il morto che ritorna lo fa anche se è stato fatto un rito di
separazione, dunque o il rito non è stato celebrato oppure questa procedura non è avvenuta in maniera
regolare, completa o corretta. Questo tipo di spiegazione riposa sul fatto che l’ordine culturale presuppone
una separazione vivi-morti ed è nella natura del morto andare viva e se il morto torna indietro il rito non è
stato eseguito bene. Età imperiale, testo latino di Plinio il giovane, nipote di Plinio il vecchio, scrive tra la
fine del 1° sec e l’inizio del 2°; tra le sue opere ci sono opere retoriche e un’opera epistolare nel cui settimo
libro è contenuta una lettera dove siamo di fronte ad una forma di insetto di cultura popolare all’interno di
un quadro popolare più ampio il testo della lettera comincia con un discorso colto sulla superstizione
delle persone non colte. Dopo lo stesso Plinio racconta un aneddoto sui fantasmi che è un archetipo delle
storie di fantasmi che ci vengono ancora servite senza variazione nella cultura contemporanea (es: Film
Winchester). Questo racconto è interessante perché rappresenta un insetto dove è chiaro il salto di livello
stilistico e socio-culturale. Mentre Plinio all’inizio parla con il suo corrispondente Sura sul credere o no,
dopo si comincia a raccontare una storia anche nella stessa struttura linguistica “C’era in Atene…”.
Archetipo di tutto l’immaginario fantasmatico ed è una forma di testimonianza del fatto che nelle fasce
colte della popolazione c’era una consapevolezza della scarsa presentabilità di una dimensione di questo
tipo, ma ciò rappresenta che certe dinamiche vengono elaborate a livelli primitivi e tramandate lungo canali
non legati alla tradizione scritta. Noi possediamo soprattutto testi colti mentre questi testi sono storie di
soggetti non colti ma comunque i colti hanno letto questi testi non colti prima della loro forma letterata. Lo
schema generale della storia è quello del rito perturbato, cioè il fantasma è il morto che ritorna che è
anticulturale perché continua ad indugiare sulla terra ma perché no è stato eseguito il rito di separazione
correttamente sulla terra. “Idolon” fantasma, vecchio scarnificato e tutto disordinato, sporco e macilento
che aveva barba lunga e capelli in disordine, alle gambe aveva ceppi mentre alle mani aveva catene. Le notti
erano angosciose mentre di giorno si arrivava a malattie e di paura si moriva. In primo luogo il fantasma
appare periodicamente nello stesso luogo ovvero non è una figura itinerante, è legato a questo luogo in
una zona e tempo ben preciso della giornata, lontana dalle attività sociali, ovvero la tenebra, perdita di
orizzonte e controllo. Il fantasma terrorizza gli abitanti che di notte non riescono a dormire e lui causa la
malattia delle persone a causa dell’insonnia, gli abitanti deperivano e stentavano fino alla morte. La
spiegazione di Plinio è di tipo psicologistico, anche se il fantasma era lontano, loro ricordavano l’immagine
che per loro era letale. La paura diventa legata all’anticipazione all’aspettativa. Le persone vengono
destabilizzate e distrutte perché durante il giorno l’aspettativa della paura che avrebbero vissuto durante la
notte è già causa di paura. Questo è l’antefatto dove l’apparizione è legata ad un luogo (casa), spazio vitale
e determina una ricorrenza, il mostro è li e si limita ad apparire nel suo disordine corporeo agitando le
catene mentre le persone sono preda dell’angoscia anche quando il mostro non è visibile, si ammalano e
muoiono o vanno via. Una rivisitazione simbolica e ironica è nella Ninna Nanna (Lullaby). Casa infestata che
si vende tanto e quindi l’agente immobiliare ci guadagna, immaginazione paradossale che sottolinea i
vantaggi di una casa infestata. Morto, immagine, spazio abitativo, casa che diventa tutta a disposizione del
mostro. Athenodoro, filosofo, nonostante il fantasma, prende la casa. Nella prima parte c’è la struttura
narrativa enunciazione del problema e poi vicenda singolare. Seconda parte della vicenda dove il
personaggio individua il problema e lo affronta e quindi vi è il ristabilimento dell’ordine che conferma la
gravità dell’ordine stesso raggiunto dei problemi superati. Il filosofo si mette a studiare perché non vuole
che i pensieri oziosi gli mettano una forma di paura senza fondamento. La notte inizialmente è silenziosa
ma poi si sentono le catene ma lui non alza gli occhi continua a scrivere. Il fantasma che sta quasi sulla
soglia e poi dentro la soglia – confronto diretto tra eroe e mostro e ancora una volta le soglie sono
sottolineate in queste situazioni di scontro tra eroe culturale e mostro anticulturale. Immagine in piedi e
faceva un segno con un dito come se lo stesse chiamando, il filosofo rispetto agli altri è l’eroe e filosofo ed è
quindi qualcuno che sa ed è capace di decifrare i segni (filosofo storico la cui dottrina è fondata sul
razionalismo), sa capire le situazioni, sa leggere i segnali. “Come qualcuno che lo stesse chiamando”
capacità che configura una mente articolata, importante per l’eroe che capisce rispetto agli altri che sono
solo scappati. Il fantasma si avvicina. Ad un centro punto il filosofo prende la lanterna e lo segue e procede
a passi lenti come se gravati dal peso delle catene e arrivando in un certo posto sparisce. Viene segnalato
un luogo della casa dove il giorno dopo il filosofo fa in modo che venga scavata una fossa. Il fantasma ha
segnalato a l’unica persona capace di capire il fatto che le sue ossa insepolte erano in un luogo della casa
ancora avvolte dalle catene. Il fatto che in tutta la tradizione successiva i fantasmi abbiano le catene hanno
fatto delle catene una sorta di caratteristica del fantasma, ma sono legate a questo racconto, a questa
persona che non è scappata, è morta legata. Questo testo ha influenzato la tradizione successiva
trasformando le catene come il tipico lenzuolo in un codice del fantasma. In questo caso le catene sono di
prigioniero mentre il lenzuolo è un residuo del sudario funebre delle culture antiche. Il lenzuolo del
fantasma svolazzante è simbolo del fantasma che torna morto, mentre le catene sono simbolo che da una
storia specifica torna come tipo astratto. Barba blu racconto popolare legato ad una figura storica di un
condottiero francese, compagno di Giovanna d’arco, feudatario che nei castelli di cui disponeva nella
Francia occidentale aveva delle pratiche sadiche e omicide e ad un certo punto è stato accusato. Negli atti
del processo l’imputato confessa di aver rapito ragazzi e ragazze, di averli stuprati e uccisi. Da questa figura
nasce l’immagine del padrone di casa crudele che, dopo aver ucciso varie mogli, nasconde le stanze della
tortura alla nuova moglie. In questo caso il processo è di trasformazione di dati specifici. In questo caso
(fantasma in Plinio) le catene sono il segno specifico della morte anomala, individuo imprigionato e fatto
morire in maniera violenta, ma poi diventano un elemento generico del fantasma perché questa storia
diventa un punto di riferimento. I resti del corpo vengono raccolti e vengono seppelliti, ovvero i resti
abbandonati senza un rito, vengono poi solo in ritardo fatto oggetto dell’operazione prevista dalla cultura.
Nella casa non ci furono più fantasmi. Il ritorno fantasmatico ha luogo quando il rito di separazione o non
viene performato o viene preformato in maniera imperfetta. L’implicito è che il fantasma vuole andare via e
quindi storie di questo tipo danno fiducia alla distinzione vivi-morti, separati che vanno mantenuti con cura
perché altrimenti c’è uno sconfinamento. Il modello del fantasma che ritorna a causa di un rito non
completato è il modello principale. The Winchester Film tratto da una storia vera alla base. Riguarda il
commercio di un arma di distruzione, la vedova è ossessionata da una serie di esperienze di morti che
ritornano. Ancora la storia di fantasmi è la stessa, quello che i sopravvissuti devono curare è l’operazione
completa del rito in uno spazio che riproduca esattamente lo spazio della morte violenta. Il tratto di voler
ritornare alle condizioni iniziali era già presente nell’immaginario magico-simbolico, ad esempio nella
cultura greca e anche germanica, nelle quali vi era l’idea che le ferite insanabili possano essere guarite
soltanto quando la stessa arma che le ha causate venga usata di nuovo in prospettiva magica rituale. Il rito
di ripristino dell’ordine consiste nel parentetizzare l’esperienza del disordine e chiuderla in una sorta di
bolla temporale parallela, in modo che l’esperienza negativa venga circondata da un anello che la rimuove e
l’allontana. Declinazione dello stesso tema del film Nang Nak emerge in maniera più chiara la dinamica
della separazione come obbligo di schieramento, mentre in The Monkey’s paw l’opposizione tra padre e
madre fa capire che il voler stare con i morti è una cosa che possono volere solo le persone viscerali ma
prive di cervello mentre il razionale sa che i morti devono stare nella loro sfera. Qui vediamo che il
personaggio (cultura diversa dalla nostra nonostante una forma di continuità transculturale) deve sceglie se
stare sul piano degli affetti privati o sul piano collettivo. La situazione narrativa è la stessa, c’è una storia di
affetti privati, il marito va in guerra e viene ferito mentre la moglie aspetta un bambino. Quando lui torna
noi vediamo un momento di ritrovamento con la donna e il bambino e con questa persona lui continua a
vivere normalmente fino a quando gli viene comunicato che la moglie è morta. Il fantasma è un individuo
senza riserve, negativo anche se le sue intenzioni non sono aggressive, è la sua figura che lo rende
pericoloso. Nell’immaginario orientale il fantasma è una presenza non subito demonizzata e anche meno
una presenza con cui risolvere dei rapporti. La casa dove vive questa famiglia è fuori dallo spazio del
villaggio, è isolata in uno spazio fluviale ed è significativo perché questa persona può rimanere li a lungo
senza confrontarsi con altri; analogamente la scoperta della natura fantasmatica della sua compagna e del
bambino viene legata ad una serie di segnali trasparenti strutturali come l’inversione, un simbolo
transculturale dell’invertimento dell’ordine culturale caratterizzato della sua linearità, ovvero lui deve
vedere cosa è davvero la moglie capovolgendosi e guardarla attraverso le gambe (gesto magico simbolico) e
nel riconoscimento che il fantasma non è idoneo nel garantire la costruzione lineare della vita e ad esso si
associano tutti animali ctoni. Questa rappresentazione di vita tra vivo e morto è totalmente armonica ed è
contro tendenza rispetto all’occidente. Formazioni narrative che presuppongono le regole e decidono di
capovolgerle per avere un effetto nuovo. Il complesso orientale rappresenta la vita con il fantasma
piacevole, comunque sia è possibile esclusivamente sul piano privato. Se il suo progetto di vita è un
adempimento della vita privata o di ordine collettivo. Qui si vede con chiarezza quello che è sempre
presente ma implicito. Nel rito ciò che viene scongiurata è l’eventualità che il vivo congiunto e il morto
prevalga sul legame tra il congiunto e gli altri, perché la paura è che il superstite preferisca vivere con il
morto che con i vivi. Il fantasma cerca di razionalizzare la sua opposizione rispetto alla gente del villaggio e
costruisce una serie di spiegazioni per cui le persone la calunniano. Ma poi il personaggio mette insieme
tutti gli indizi: gli animali, l’abbandono della casa e il momento soprannaturale della moglie. L’opzione della
felicità privata è comunque a tempo. Razionalizzazione per cui il fantasma è in rapporti affettivamente
inalterati con i congiunti ma ha sviluppato un’aggressività incontrollata per il villaggio, perché ritiene la
vecchia ostetrica colpevole della sua morte. Anche in questo contesto, dove il fantasma non viene
immediatamente demonizzato dell’immaginario occidentale, mentre nell’immaginario orientale c’è la
possibilità del ritorno del morto integro e di godere della relazione affettiva con i congiunti. Ma anche qui
emerge l’esigenza culturale del fatto che il fantasma odia i vivi. E qui è spiegato con la morte della donna
con il suo bimbo e la colpa è di qualcuno. Ha una spiegazione ampia perché nella seconda metà della storia
il fantasma perseguita tutti gli abitanti del villaggio assumendo un atteggiamento dalle precipitazioni
minacciose, fa crollare le case, ecc. La decisione con cui è confrontato il protagonista non è aperta per il
fatto che inizialmente sembra che il congiunto vivo del morto abbia la scelta tra continuare a vivere la sua
felicità privata fuori dalla cultura, oppure abbandonare il fantasma e tornare a vivere come persona viva tra
i vivi e tornare quindi alla cultura. Ma non è così ovvio, perché è presentata come inevitabile da tutta una
serie di fattori come il fantasma che non può mantenere il corpo che non decade ma anche tutti gli abitanti
del villaggio sono terrorizzati dal fantasma. Questo terrore è culturalmente costruito e non necessario dello
svolgersi degli eventi, emerge come l’anticipazione di un atto inevitabile, e quindi l’allontanamento dal
morto dai congiunti. Il personaggio non decide perché lo decide il contesto sociale per lui. La fine è un atto
rituale in cui sono coinvolti tutti i monaci. La situazione di tempesta, la notte buia sono l’espressione del
disordine culturale di cui il fantasma è l’incarnazione: il fenomeno atmosferico, forte perturbazione, il
mostro isolato nella foresta mentre il marito ha un legame con i monaci che hanno la funzione di mediare la
separazione e svolgere il rituale. Il personaggio è rappresentato incerto: da un lato si rende conto del
disordine culturale della persistenza del fantasma ma dall’altro conosce l’evidenza affettiva verso il
fantasma. Fantasma capovolto, rapporto di contrapposizione polare tra realtà socialmente condivisa e
disordine antipolare contrapposto rispetto all’ordine della realtà. Scelta tra opzione di disordine, cioè avere
una relazione di disordine con un mostro a testa in giù, in posizione negativa e antipodica e dall’altro la
costruzione di un ordine che comporta una ferita e cicatrizzazione che avviene se il morto rinuncia alla sua
vita perché la realtà sensibile non è più la realtà del fantasma. La storia si conclude con una celebrazione
definitiva del rito e da un punto di vista collettivo non è più un fatto privato. La responsabilità di garantire
l’esecuzione del rito è del monaco. La ricostruzione dell’ordine presuppone questa separazione. Anche in
un contesto lontano, emergono alcuni dati identici cioè il consolidamento dell’ordine presuppone la
separazione, eseguita tramite atti rituali corretti e le soluzioni alternative si realizzano come eventi
traumatici ovvero paura, aggressione, ecc… o quando hanno l’apparenza di eventi non traumatici è perché
non è stato chiarito il prezzo di coesione sociale per garantire la sfera privata del singolo. In presenza di una
morte individuale il tessuto deve essere cicatrizzato per sottolineare il confine di separazione che va
rafforzato.

7/11/18

Nang nakla logica di base dell’orrore funziona anche con il bagaglio delle culture. Nella linea storica
nell’oriente ci sono delle tendenze riconoscibili, rimane alla base dei morti una logica legata all’accettazione
dello status quo ma, nella situazione di limiti del principio di realtà, la logica è sempre quella della
separazione che inserisce nella visione ordinata della realtà anche il processo di evoluzione lineare. Alla
base di dispositivi culturali legati a questi fattori basilari ci sono sempre delle regole di finalità che
riguardano la tutela del gruppo. Nel caso dell’horror orientale le tradizioni locali colte si ibridano con le
forme della narrativa, della cultura di consumo della cultura occidentale. La formula di base del
fantasmatico è che il morto viene costruito come qualcuno che vuole andare via e l’atteggiamento corretto
è quello del filosofo che sa ed è quello di chi facilita questa separazione. The door (2006)  esemplifica un
tratto orientale, ovvero il rapporto armonioso e positivo del defunto con almeno qualche individuo tra i
viventi, ma alla base della narrazione c’è la logica del rito non completato, della morte avvenuta in modo
non regolare. Noi impediamo che nella rappresentazione del rapporto con i morti, le funzioni ultime del
processo sono la salvaguardia dell’insieme. L’elemento orroroso, la paura viene introdotta dal discorso
sociale da Mak in Nang Nak, che non ha paura del fantasma ma, anche quando lo sa che quello è un
fantasma, la sua incredulità lo tutela dalla reazione paurosa. La paura viene indotta dal discorso sociale,
non ci sarebbero gli estremi per una paura del genere. Il marito ha fatto propria l’opinione degli altri e a
quel punto anche lui ha paura del fantasma, ha imparato ad avere paura del fantasma. La paura del
fantasma è un effetto dello scambio sociale e dev’essere assimilata per apprendimento. La scelta poi è
ovvia, il personaggio deve separarsi. In termini logici per Mak potrebbe andare bene di vivere con il
fantasma. Affinché la scelta possa apparire nella sua evidenza c’è bisogno del fattore della demonizzazione.
Avviene in due livelli:

- intradiegetico = gli altri raccontano a Mak che lei è un fantasma


- extradiegetico = il fantasma è arrabbiato con tutta la comunità è un modo tendenzioso.

Costruzione sociale della dinamica di paura che viene costruita socialmente (prospettiva
costruzionista=realtà come prodotto di conoscenze scambiate socialmente), la conoscenza del fantasma
nella comunità è negativa. The door è un film in cui il fantasma è un ragazzino in collegio che fa amicizia con
un altro vivo, emarginato e alla fine quest’ultimo ha un ruolo analogo al filosofo Athenodoro, concludendo
il percorso con una separazione definitiva. La spina del diavolo di Del Toro (2001) in collegio un ragazzino
è stato ucciso in maniera anti culturale che infesta il posto perché vuole giustizia. C’è l’importante schema
narrativo della mediazione, il destinatario implicito della narrazione siamo noi per allinearci dalla posizione
né dei vivi né dei morti, ma con il punto di vista della figura intermedia. Queste storie individuano per il
destinatario implicito la posizione del mediatore, in mezzo c’è il destinatario implicito che deve prendere
una posizione che si prende tramite la dinamica delle emozioni identificative. Ci identifichiamo con il
protagonista vivo perché la focalizzazione è interna che comporta che noi diamo la nostra adesione
emotiva profonda alla dinamica di separazione, ovvero interiorizziamo la scelta di Mak e capiamo che la
posizione corretta è quella di un soggetto che coopera attivamente anche con fatica con il percorso di
separazione anche in termini di affetti sacrificati. The door il protagonista vivo ha un’amicizia con il
fantasma che è il suo unico tesoro affettivo, perché all’interno del gruppo sociale dei vivi ha una posizione
pesante. A questo ragazzino e a noi destinatari impliciti è chiesto di identificarsi con questi personaggi,
ovvero rinunciare alla relazione affettiva con i morti perché devono stare a casa loro come i vivi. Forma di
ammaestramento culturale che tutti subiscono in modo automatico. Veniamo addestrati ad atteggiamenti
pro sociali senza che noi ce ne accorgiamo. C’è la consapevolezza della stereotipia perché manca il
rovesciamento del topos. L’eroe è colui al quale viene dato il potere del mediatore, come il destinatario,
che deve ristabilire l’ordine che conviene nella separazione. L’eroe è tale perché fa la cosa corretta, perché
separa le due cose anche se gli costa fatica. L’eroe è un mediatore. In caso di morte violenta e irrituale la
collaborazione al ripristino della giustizia è l’equivalente al rito di separazione.
Tre casi particolari:

1. Fantasma non è ostile di per sé ma la paura è presente, la gente muore comunque anche se non è il
fantasma che la uccide, perché la visione determina ansia = caso di Athenodoro, esempio di una
leggenda urbana, che ha una chiara struttura negativa ma che vengono riferiti come dati
dell’esperienza diretta anche se non si sa mai chi ha vissuto l’esperienza.
2. Fantasma ostile in maniera selettiva = persona morta di morte violenta che vuole la vendetta, ha
questa esigenza di simmetrizzazione che è un evento che ha conseguenze distruttive ma limitate ai
responsabili del trapasso del fantasma.
3. Morto che torna dall’oltretomba che è pericoloso in modo indiscriminato. Chiunque morto torni
indietro è pericoloso in modo indifferenziata, in contrapposizione con i vivi = più frequente nella
visione moderna.

C’è un addensamento della logica dell’ostilità indiscriminata dovuta a vari fattori:

 Superamento della mentalità giuridica moderna e l’idea di verità. È molto più semplice far vedere
che il morto che ritorna è negativo.
 Nell’età post-illuministica è diventato sempre più importante un modello individualistico, che
prescinde dai gruppi familiari, funzionale ai regimi della vendetta. Eschilo = sangue che chiama
sangue in famiglia fino alla cessazione grazie ad un tribunale.

L’ordine sociale si intende anche in senso diacronico, quindi è fatto anche di una direzione giusta e ciò
implica che le altre direzioni sono sbagliate e ciò prevede la necessità al ricambio. Questa necessità di
conservazione del gruppo nel tempo al di là dell’individuo spiega che alla fine tutti si spiegano con un
sostenere sempre la causa del gruppo e quindi gli interessi della comunità anziché dell’individuo. In queste
storie la logica è sempre che i gruppi sono più importanti dei singoli.
Morti come presenza amica = il morto è anche una presenza amica ma nel momento in cui la persona
amica muore si trasforma in un mostro predatore. Ma esiste anche il fantasma come un interlocutore
positivo, ovvero adottano il punto di vista dell’individuo. Il punto di vista dell’identificazione riguarda
l’universo emozionale della singola persona e non più della comunità. Film di Peter Jackson Amabili resti 
empatia del fantasma che torna spesso in prospettiva non vendicativa ma sempre come rito interrotto,
ovvero di compimento mancante. Lascerà il mondo dei vivi quando farà alcune delle esperienze che non
era riuscita a fare da viva. Partono da una concezione filosofica-religiosa della morte come arricchimento
accrescitivo. The man  la persona che prima di morire deve imparare il senso dell’uscita dalla vita,
mediata da una persona di cultura latino-americana che spiega il senso della morte. Progressiva
disponibilità di dar voce alle esigenze del mostro, a mettersi nei panni del mostro non come una forma di
aggressione dei vivi contro i morti ma come alterità incommensurabile dove il punto di vista del mostro è
dotato di positività. The others rovescia il topos, morti perseguitati dai vivi, la storia è narrata dal punto
di vista dei morti, i quali sono delle coscienze storiche che inizialmente non sono coscienti del passaggio che
poi elaborano. Sesto senso punto di vista è con l’anima del trapassato e vi è l’individuo che ha il ruolo del
mediatore, il bambino che media il passaggio dove l’obbiettivo ultimo è la separazione. Il punto di vista del
mostro non mette in scena il fine della separazione. The Orphanage ambientazioni che tendono a
familiarizzare caratteri ricorrenti della defamiliarizzazione. Un gruppo di bambini strani vivono in un posto e
quando la morte li colpisce il racconto esplora il possibile rapporto con il mondo dei vivi e questo è uno dei
casi rari di storia che finisce al contrario di Nang Nak, ovvero dove il vivo decide di stare con i morti,
privilegiando quindi il rapporto affettivo privato rispetto agli interessi della collettività. Le eccezioni sono in
tempi più recenti per variare il repertorio, per variare le forme. Da un punto di vista antropologico-culturale
dall’Odissea fino a oggi la regola rimane inalterata. Winchester la vedova cerca di riparare al male che il
marito ha fatto, cerca di fare una serie di riti per riportare i morti alla loro terra e ristabilire un equilibrio.
Morto che ritorna ha tre categorie:

1. Prospettiva delle culture spiritualiste dove il morto è uno spirito che è una materia assegnata al gas,
un’immagine dalla consistenza aerea. Vengono visti in questo modo da Omero in poi.
2. Nelle culture materialiste (sviluppate anche in antichità come con l’atomismo, con i filosofi che
escludono un’esistenza spirituale a favore di un’esistenza materiale fatta di atomi) il morto ha una
consistenza materiale ma rarefatta che permette di muoversi attraverso i corpi. Epicuro, Democrito
nel 4° sec ma poi viene travolta dal cattolicesimo ma riaffiora nel Rinascimento europeo, sulla base
di spinte razionalistiche ed è solidale all’emergere di prospettive empiriste come nell’800 e ‘900,
periodo in cui è molto diffuso, dove è dogma, è scontato e lo spiritualismo appare come una sorta
di atteggiamento alternativo. Zombie = mostro inventato nei primi anni ‘60 del ‘900, che sono pura
materia senza spirito, corpi senz’anima.
3. Mostri demoniaci che possono essere corporei, incorporei, ecc come il vampiro.

Prima categoria Fantasmi come forma incorporea = possono essere presenze neutre ma problematiche
o presenze localmente ostili o ostili in maniera indiscriminata. Il fantasma come mostro predatorio, cioè
come entità che viene e attacca i vivi, è un concetto estraneo al mondo antico, il quale conosce dei mostri
predatori ma non sono le anime dei defunti. Anche nel caso di Plinio il giovane il fantasma uccide ma senza
volerlo. Il fantasma nell’antichità non è un mostro predatorio, che hanno caratteristiche demoniache come
Lamia, donna che divora bambini neonati. La raffigurazione demonizzata interviene con il passare del
tempo, rafforzando dei caratteri che ci sono all’inizio ma non hanno quella portata ideologica. Nell’Odissea
il poema è organizzato con un gigante flashback iniziale perché l’azione prende luogo dalle peregrinazioni di
Odisseo che arriva nella terra dei Feaci dove può ricevere l’aiuto che gli serve per tornare ad Itaca. Lui viene
invitato a questo banchetto e comincia a raccontare le sue storie e i suoi flashback son raccolti in modo
lineare. Nell’isola di Circe lei gli fa una profezia che comprende le avventure successive che vede Odisseo
andare al regno dei morti. Dopo la prolessi dentro l’analessi di Circe, gli stessi eventi vengono raccontati tre
volte. Odissea XI 198-222 - Nel libro XI c’è il racconto della discesa nel regno dei morti, racconto della
discesa all’Ade. Odisseo ha incontrato sua madre e parla con lei e lei gli racconta la causa della sua morte.
Apollo è paragonato alla morte improvvisa attraverso le frecce (che portano la malattia della peste). Idea
della morte improvvisa simboleggiata con la freccia rimane per sincretismo nel cristianesimo con la figura di
San Sebastiano, soldato del 3° sec che viene ferito dalle frecce e diviene protettore della peste insieme a
San Rocco, ucciso dalla peste. Nella descrizione dei morti dell’Ade, fin dalla fase più antica della civiltà
greca, l’anima è un’entità incorporea e non ha neanche capacità d’interazione se non viene avviata con un
sacrificio, con del sangue. Odisseo si rifiuta di credere che la madre sia incorporea. Cultura che ha riti di
cremazione. Non c’è una caratterizzazione analitica, ma si capisce che l’anima è legata a “animos” ovvero
vento, che uscendo dalla bocca, la vita che va via sotto forma di soffio. La divina commedia presuppone
l’Eneide e l’Eneide presuppone omero. Auerbach – Farinata negli eretici, dove le anime vengono
rappresentate come incorporee ma ancora capaci di soffrire. Lo spazio delle anime, il mondo dei morti ha
uno spazio ed è totalmente separato da quello dei vivi. Odissea X 508-512 - oceano era rappresentato come
l’anello di acque che circonda la terra, che è un continente emerso che è circondato da queste acque e il
regno dei morti è oltre queste. Bisogna attraversare questo limite che è un confine perentorio. Nelle culture
classiche vedono la presenza di figure di mediatori come il dio Ermes, come accompagnatore delle anime
viste come fossero un gregge che vengono portate ad imbarcarsi alla nave di Caronte, traghettatore
infernale, che ha la funzione di farli attraversare. L’idea del regno di morti come “Aldilà” presuppone il
confine. L’esistenza delle anime in Omero è caratterizzata dal venir meno della materia, come immagine,
apparizione e queste sono prive di vitalità, perché nell’aldilà si sta in maniera catatonica. I morti nei casi
eccezionali in cui devono interagire con i vivi hanno bisogno di un supplemento di materia dato dal
sacrificio cruento, ovvero l’animale viene sgozzato e i morti bevono il sangue per ritrovare un po’ di forze.
Lo spazio di questa terra abitata le anime arrivano lì alla fine della giornata, in quanto legata alla notte,
spazio in cui vengono meno le forme della cultura e legata alla discesa nell’Ade. Il sacrificio cruento è alla
base del rito greco antico. “Erebo” tenebra, luogo dei morti. Le anime si affollano ma non sono aggressive,
l’associazione a un mondo senza luce e le loro grida sono sufficienti per connotare l’esperienza come
estremamente spiacevole, nonostante non siano ostili, la loro stessa visione fa paura. Le anime hanno già
grande desiderio del sangue e hanno bisogno del sangue per poter interagire, caratteristica ancora attuale.
L’esistenza di diversi livelli della narrazione: la base teorica, il modello dell’anima del defunto, ovvero il
soffio è lo stesso. Entrambi i testi fanno riferimento allo stesso modello, ovvero i mostri sono anime
incorporee che devono andare lontano, non riescono a parlare e non sono ostili ai vivi e, se non c’è una
vendetta, non continuano a vagare. Il modello di Plinio il giovane è lo stesso dell’Odissea tranne che noi
abbiamo due diversi livelli di costruzione del racconto nel senso socio culturale:

- l’Odissea è un testo alto, fatto per il consumo di riti sociali, fatto di racconti che vengono usati per
legittimare la propria condizione sociale, si sono intrufolati dei racconti di matrice popolare e questi
che sono sui mostri comprendono questo rapporto con il soprannaturale che ha una struttura
filtrata dalla narrazione e dalla prospettiva del narratore, ovvero il racconto popolare entra nella
struttura ma Odisseo rimane il personaggio che è.
- Nel caso di Athenodoro siamo di fronte ad un testo alto che corrisponde ad una fruizione di élite
per Plinio, intellettuale aristocratico, ma in questa lettera si da spazio ad una narrazione di matrice
popolare, cioè la narrazione è riportata come se fosse un racconto della nonna di fronte al focolare.
Struttura di favola.

La componente della rappresentazione del soprannaturale fa parte di un sostrato di cultura popolare


condivisa che viene più o meno filtrata dalla prospettiva del narratore: da Omero è più approfondito, in
Plinio si mantiene la sua storia con tutta la sua natura aneddotica.

8/11/18

Forze simboleggiate dal sangue che è un equivalente metonimico della vita. L’uccisione dell’animale si fa
per dissanguamento e il sangue e respiro/fiato che esce dalla bocca diventano equivalenti metonimici della
vita. L’offerta del sacrificio cruento della cultura greca nel quale alcune parti vengono offerte agli dei e il
sangue viene versato, si configura come un dono elargito. Questa offerta ha una duplice valenza:
nell’Odissea permette alle anime una parvenza di vita ma questa è una funzione eccezionale, ovvero
normalmente il soggetto non è come Odisseo o Dante che scendono nell’Ade, come esperienza privilegiata.
Le offerte ai morti che anche con il trasformarsi nel quadro religioso, sono un segno di gratificazione, una
dimostrazione di affetto ma qualificano una relazione in cui il vivo ha qualcosa e il morto no e quindi il vivo
cerca di compensare questa perdita. Normalmente la funzione primaria dell’affetto dei defunti è quella di
dimostrare affetto e deferenza, dietro il quale c’è la volontà di dimostrarsi disponibile a concedere un
risarcimento anche se parziale. La funzione del sacrificio è una funzione che ha lo scopo di rendere liscio e
accettabile lo stato di fatto sperequato, diseguale. L’offerta al defunto è una sorta di concessione che si fa al
defunto in cambio di rimanere tra i defunti e quindi è anche un modo di confermare lo status quo, di
sottolineare l’ordine e, quindi, la separazione. I fiori sono un modo di mantenere il morto dove sta e non
farlo tornare indietro per prendersi qualcosa. Alla base di tutto c’è il dogma della separazione che deve
essere riconosciuto da gesti rituali come la sepoltura. Nell’Odissea sono presenti entrambe le funzioni;
Odisseo nello scendere all’Ade ha uno scopo, ovvero parlare con Tiresia e farsi descrivere quello che gli
succederà, nonostante anche Circe sia profetica ma la competenza dell’indovino spinge la sua profezia
anche più lontano. Odisseo ha una prolessi sul seguito alle sue avventure. Nell’Ade incontra altre persone e
quindi vi è una fioritura di altre situazioni. La madre sottolinea la sofferenza per la separazione e la
malinconia per i morti. L’episodio di Elpenoreè superfluo nella narrazione, è un episodio del X libro. È un
compagno di Odisseo, che si ubriaca e si addormenta sul tetto e quando si sveglia non si ricorda della scala
e muore cadendo dal tetto. Questo permette di controbilanciare la discesa agli inferi. Alla narrazione serve
che i morti tornano indietro, una cosa strana e perturbante che terrorizza Odisseo. I morti che avanzano
tutti per bere il sangue gli fanno paura in questa oscurità. Ciò è una cosa anticulturale, che mostra il
possibile rischio dell’infrazione anticulturale. È un destino eccezionale. Accanto a questo c’è un evento che
ha una funzione antropologica e culturale che sottolinea la separazione. Loro stavano andando all’inferno e
ritrovano l’amico Elpenore - Odissea 11° libro, verso 51 “che io non ti provochi l’ira divina”. Il morto è un
fantasma che parla direttamente con l’eroe mediatore nel luogo dove lui sta portando avanti le sue
avventure. Il morto chiede il completamento del rito e minaccia, in caso contrario, di scatenare l’ira divina,
non è capace lui stesso di andare ma si appella ad un potere superiore. Odisseo prende molto sul serio
questo. Nella ripresa del viaggio vi è una parte dove celebrano il funerale di Elpenore. Se la parola dei morti
è un’eccezione, la regola è quella della separazione tramite rito completo. L’anima del Elpenore chiede la
memoria ma qui non c’è la minaccia di una vendetta personale compiuta dal morto. Alla base di tutto c’è
che il morto, il quale ha bisogno del tumulo per sancire la separazione, trasformando la presenza del morto
in memoria tra i vivi. Film Pixar – Cocodiscesa agli inferi il cane si chiama Dante, vi sono degli elementi
presentati come specifici della cultura messicana, in quanto ereditati dalla cultura precolombiana e di fatto
si tratta dell’ibridazione di elementi della cultura precolombiana e elementi della cultura cattolica, che non
sono altro che elementi della cultura mediterranea. Nella situazione messicana noi troviamo il confluire di
una serie di tradizione che hanno una forma simile, ovvero il rito e culto degli antenati sembra che lo scopo
sia il mantenimento del legame tra vivo e morto, dove il morto mantiene una parvenza di vita soltanto nella
misura in cui viene ricordato dai vivi. Per questo il tumulo con il vemo sono per Elpenore così importanti,
perché lui la vita non ce l’ha più ma possono rimanere questi per la commemorazione. Al morto manca lo
stare tra i vivi, manca la vita, bene che viene perduto come nella cultura cristiana, dove la vita è un fardello,
un’esperienza di sofferenza come anticipo della vita vera che è quella oltremondana. Di fatti la memoria
liturgica dei santi, che muoiono realizzando in maniera eroica secondo il rito cristiano, si fa nel giorno della
morte. Nel rapporto vivi e morti predomina la nostalgia e il bisogno del contatto ma questo è un modo di
rielaborare culturalmente l’obbligo della separazione e ridurre la componente truce di questa necessità. Se
uno pensa alle ritualità dei defunti, lo scopo è il permettere il passaggio dei morti nel regno dei vivi nel
ravvivare la memoria permette alle anime di passare all’indietro dal ponte tra mondo dei vivi e mondo dei
morti nel “Dia de los muertos”, di tradizioni mediterranee precolombiane (azteche). Questo rituale non
sembra un rituale di separazione ma di fatto è limitato nel tempo, di fatto questa operazione di transito del
confine dai morti rimane invalicabile tutti gli altri giorni dell’anno. Questo confine è una logica
carnascialesca, logica del capovolgimento temporaneo, che serve per confermare l’ordine. Il fatto che i
morti possano tornare sulla terra una volta l’anno è un rito che sembra un rito di ricongiungimento ma di
fatto ha una funzione carnevalesca, serve a confermare come stato di eccezione il passaggio e come stato
di regole il non passaggio.
Morto che chiede vendetta - Nella letteratura antica l’esempio più clamoroso del fantasma che torna sulla
terra per chiedere vendetta è il fantasma di Clitemnestra nelle Eumenidi di Eschilo. Lei è il fantasma di una
madre uccisa dal figlio che aveva il compito di vendicare il padre ucciso dalla moglie quindi vi è una
concatenazione di atti violenti che presuppone la vendetta e la punizione tramite un altro atto violento. Qui
lei si rivolge alle Erinni che sono demoni ctoni che hanno la prerogativa di perseguitare i responsabili di
crimini di sangue commessi contro i congiunti. Quando Oreste ha realizzato il volere di apollo e ha
compiuto la vendetta del padre, uccidendo quindi la madre, lui si espone alla tortura delle Erinni. Il
fantasma di Clitemnestra torna ma non agisce direttamente su Oreste qui esorta questi demoni ad agire
perché lei non può, come Elpenore fa nell’Odissea. In questo caso si vede come il fantasma sia un genitore
(rapporto fra successori e predecessori).
Caratterizzazione dei morti in epoche più recenti – “La zampa di scimmia” di Jacobs dove il morto non
viene caratterizzato in modo esplicito ma viene visto come mostruoso che torna sulla terra per tormentare
e distruggere. Qui vi è già un’evoluzione significativa che ha a che vedere con trasformazioni. È molto
recente perché ancora il fantasma di Amleto è un fantasma che non può agire da solo, vittima di una morte
ingiusta e che ha bisogno di vendetta che venga realizzata dai vivi su modello antico. Ciò che cambia è il
fatto che il morto che ritorna viene rappresentato di per sé come un mostro sanguinario ed è una
rappresentazione demonizzata che ha luogo assimilando l’oggetto da demonizzare a l’animale predatore.
Da un punto di vista storico, la trasformazione del morto in mostro predatore è recente, perché i fantasmi
in antichità non hanno queste caratteristiche. Si può spiegare soltanto in una prospettiva freudiana dei
tabù. Stephen King libro - film “Pet Cemetary”famiglia che si trasferisce in una casa, dove il trasferimento
è visto come topos che colloca l’esperienza dell’orrore come un’uscita dalle frontiere del conosciuto. In
questa nuova collocazione la famiglia vive una vita normale ma poi succedono cose perturbanti: strada
pericolosa e un cimitero indiano, caratterizzato da leggende e si pensa che gli animali seppelliti qui tornino
vivi sulla terra. Loro perdono il bambino per strada in maniera anticulturale e il padre seppellisce il bambino
sulla terra. Lui torna in vita e viene accolto ma non è più lo stesso, anche se fisicamente lo è. La morte del
bambino determina una mobilitazione emotiva del destinatario che percepisce questa separazione come è
nell’esperienza reale della morte come una lacerazione insostenibile, desiderio spasmodico di ricucire la
separazione. ciò viene demonizzato perché nonostante lo strazio iniziale, la separazione è comunque
l’opzione migliore. Cambiano le modalità della demonizzazione. La morte del bambino è stata preceduta
dalla morte del gatto ma anche lui ritorna, anche se è trasformato. Il gatto è già di suo un animale
predatore che uccide prede piccole in maniera indiscriminata; lui che torna dal cimitero è iper predatore,
cioè la componente della predazione è esagerata e si istituisce una differenza tra la componente della
predazione normale del gatto che si accontenta delle palline di peluche e l’esagerazione di questa. Quindi si
ha la rappresentazione di una cosa che esiste già, ovvero la natura predatoria del gatto, viene riconfigurata
tramite l’iperbolizzazione, come elemento anticulturale. Rispetto ai fantasmi dell’Odissea, qui siamo in una
situazione diversa, dove basta che il morto torni in vita senza motivazioni, il bambino come il gatto è
animato da una volontà di uccidere. Sono morti che ritornato e attaccano in maniera indiscriminata perché
provano un odio che riguarda tutti i viventi (Zombie). Concetto culturologico ovvero quello di peristalsi
sociale, che presuppone la necessità di un sistema culturale ordinato, di un ordine che si mantiene anche
nella linearità. La peristalsi è un movimento spontaneo che assicura che il nutrimento si muova sempre
nella stessa direzione e venga quindi processato a vantaggio dell’organismo. È una metafora perché l’ordine
consiste nell’automatismo e direzione unidirezionale del movimento e, nel caso del blocco, si hanno
patologie gravi. Come per l’organismo, cosi come l’organismo sociale che vengono esorcizzate.
Rapporto competitivo tra morti e vivi (prospettiva freudiana) – come questa disuguaglianza crea un
rapporto teso e problematico. Concorrenza per beni esclusivi e che si deve risolvere in una prosecuzione
indisturbata della peristalsi in ottica freudiana. Il fantasma o morto viene modellizzato come una
soggettività che ha perso qualcosa, ovvero la vita che viene trasformata nel suo equivalente simbolico che è
il sangue. La perdita della vita è una perdita problematica, domanda che tendiamo a non fare perché le
logiche della cultura agiscono in maniera subliminale e trasformano la vita da bene non esclusivo a bene
esclusivo, quindi questo sangue che offriamo al morto è come se lo togliessimo a tutti noi e quindi se tutti i
morti volessero tornare sulla terra e come se non ci fosse vita abbastanza per tutti. Le vite diventano
incompatibili nel momento in cui noi trasformiamo la vita come condizione di essere in vita o vita come
risorse che permettono ai soggetti di stare in vita, che sono limitate (es: cibo). L’idea di vita come
condizione astratta, come risorse viene risemantizzata come bene esclusivo che determina dinamiche di
competizione in prospettiva di peristalsi sociale, dove la dinamica di competizione deve essere sempre
risolta in favore del successore contro il predecessore. Il punto del rapporto vivi-morti è un punto di
competizione tra chi viene prima e dopo e in prospettiva freudiana viene esplicitato attraverso il Complesso
di Edipodinamiche di competitività che si sviluppano nei primi anni di vita, quando il bambino prova
rivalità nei confronti del padre per il possesso della madre, rivalità affettiva che lo porta a desiderare di
uccidere il padre. Non c’è bisogno di desiderare la madre per spiegare la rivalità tra figlio e padre. Di fatti se
al posto di madre si mette la figura di capo autonomo, è chiaro che il figlio non potrà mai diventare padre
finché è vivo il padre come predecessore. La dinamica che collega il predecessore biologico o simbolico con
il successore da un punto di vista simbolico il morto è sempre un predecessore e quindi il morto che ritorna
ha sempre la fisionomia di un predecessore che cerca di invertire il movimento peristaltico, ovvero cerca di
camminare controcorrente, perché non accetta di seguire il movimento nella direzione in cui viene
sospinto, che è sempre più lontano dal presente. Sorta di navigazione controcorrente. In una logica
peristaltica il predecessore è al centro dell’attenzione finché è vivo e ha davanti a sé dei successori che però
non sono ancora formati. Nel momento in cui questi sono maturi, la cultura incoraggia il ricambio, perché
garantisce il movimento della peristalsi e mostra come l’obbiettivo della cultura riguardi la collettività e non
l’individuo. I singoli sono sacri soltanto nella misura in cui tendono alla collettività culturale. Quando i
successori diventano predecessori devono essere superati e la cultura scongiura il loro ritorno ma anche la
desiderabilità del loro ritorno. La cultura ha bisogno di costruire intorno alla dinamica di separazione una
dinamica che orienti i vivi a considerare negativo il ritorno del predecessore. Il movimento del morto che
ritorna è un movimento anticulturale, perché nega la necessità del ricambio e ostacola l’opportunità
dell’avvicendamento. Nel film il padre predecessore non intende per forza il padre fisico; il bambino piccolo
rappresenta il superato, il predecessore. Il bambino che torna in vita non è più sé stesso ma è un’entità
animata dalla forza del cimitero indiano, simbolo del predecessore. Quando il bambino arriva ad uccidere il
vicino causando il nostro orrore, questo riguarda questa prospettiva aborrita dalla cultura, ovvero che un
predecessore possa tornare indietro e colpire i vivi. Il cimitero indiano è uno dei luoghi più caratteristici
dell’immaginario americano per la consapevolezza dell’aver ottenuto la prosperità a scapito di chi c’era
prima, la terra dove gli statunitensi si erano espansi non era vuota ma abitata da popolazioni che sono state
sterminate. Questa consapevolezza è presente in tutti gli statunitensi e ciò determina un rapporto con il
passato particolare perché hanno un passato europeo ma anche indigeno. Nella cultura statunitense il
nativo americano veniva rappresentato come un truce animale selvaggio che andava sterminato. La
trasformazione della vita da bene non esclusivo a bene esclusivo diventa trasparente se si associa la vita ad
uno spazio vitale, il continente nord americano era troppo piccolo perché ci vivessero sia gli europei che gli
indiani, in base a queste dinamiche concorrenziali, in base ad una risorsa si arriva ad un conflitto dove c’è
un vincitore e un vinto. L’occupante precedente è stato sloggiato e l’occupante più recente ha preso il suo
posto. L’occupante precedente rimane sul piano simbolico il ricordo di qualcuno posto in luogo scomodo
che è stato violentemente buttato via da casa propria. Cimitero indiano – pericolo perché ha una forza di
disordine che minaccia le menti. Questo tipo di dinamica di morto che ritorna si spiega nella logica del
rapporto concorrenziale che ha visto l’eliminazione del predecessore per la vittoria del successore.

9/11/18

Considerando la dinamica vivi morti come una di separazione necessaria che viene confermata in base alla
logica carnevalesca, come i riti di consacrazione che limitano questo ricongiungimento ad un’occasione
limitata, perché nel resto del tempo il ponte tra mondo dei vivi e dei morti non funziona. In una prospettiva
legata ad un ordine temporale il rapporto vivi-morti è rappresentabile come anello in una catena di
alternanza, c’è sempre un momento anteriore dove i predecessori devono obbedire al rimanere fermi nel
processo sociale mentre il successore ha tutta la solidarietà della cultura nella prima fase del percorso dopo
di che anche lui dovrà farsi da parte. Nel confronto tra vivi e morti quello che emerge è che il vivo e il morto
non possono occupare lo stesso spazio, perché il vivo e il morto vengono rappresentati come concorrenziali
in maniera alternativa anche se la loro vita non esclude quella dell’altra ma il bene diventa esclusivo.
Questo bene è lo spazio, anche se potrebbero essere anche altri come il potere (es: Walpole – “Il castello di
Otranto” fantasma come qualcuno che si fa avanti per rivendicare qualcosa di cui ritiene di essere stato
privato. Il predecessore intende il bene come legato alla gestione di un luogo simbolico), ma quello più
significativo è lo spazio, perché il morto che esce dalla vita lascia libero il proprio spazio vitale es: casa. Le
case sono un bene troppo prezioso per lasciarlo vuoto, sono beni durevoli e di conseguenza sono uno
spreco quando il predecessore defunge, quindi il suo spazio vitale viene occupato dal successore. La logica
vede “o la casa è mia o è tua”. Già da Plinio il giovane la situazione fantasmatica è legata alla casa, il
fantasma è un’entità che connota uno spazio che sottolinea la concorrenza vivi e morti. Casa che è simbolo
di vita. Nel momento in cui il filosofo ha mostrato come andava spedito fuori il fantasma, a lui resta la casa.
La situazione fantasmatica problematica è di fruizione problematica di un bene. Fra il vivo e il morto vi è
questa dinamica competitiva perché la vita viene associata alla fruizione di beni non condivisibili che
possono essere solo di un titolare alla volta. Questo rapporto predecessore-successore è evidente nelle
dinamiche personali che legano i figli e i genitori. Teoria di Freud che riguarda il rapporto vivi e morti
Freud ha indagato la dinamica psichica cercando di mettere in evidenza le radici dei conflitti interiori che
riescono a spiegare anche le patologie psichiche che trattano spesso forme di conflitto. Alla radice della vita
psichica dell’individuo vi è il Complesso di Edipo che è un rapporto concorrenziale tra figlio e padre, uno
contro l’altro nel momento in cui il bambino sviluppa un legame affettivo con la madre ma si rende conto
che la madre ha già un rapporto affettivo con un altro. Il bambino prova rivalità nei confronti del padre,
desidera ucciderlo per poter sposare la madre. Il nome riprende l’opera “Edipo re” di Sofocle, dove Edipo
uccide involontariamente il padre e sposa la madre. Freud pensa che Sofocle desiderasse la morte del
padre e l’amore della madre ma già a partire dall’Edipo di Seneca il modo in cui si caratterizza Edipo rende
giusta la teoria di Freud: rivalità con il padre e l’uccisione del padre anche se sembra involontaria è
repressa. Questo atteggiamento lascia una traccia nella psiche dell’individuo che manterrà un
atteggiamento ambivalente per il genitore: da una parte positivo perché connota il rispetto, l’affetto, la
venerazione ecc… che vengono imparate secondo i dettami della norma morale; dall’altra però nei
confronti del padre l’individuo mantiene sempre un atteggiamento che è la trasformazione della rivalità
originaria che è odio, profondamente anti culturale e quindi è sottoposto a censura rispetto alle norme
morali. La potenziale ambivalenza del sentimento per il padre si sviluppa in due direzioni: la componente
positiva viene enfatizzata dalla cultura, quella negativa viene censurata e repressa. La repressione avviene
attraverso la rimozione, ovvero la chiusura nell’inconscio, dove si hanno dei contenuti che non sono
accessibili alla conoscenza volontaria del soggetto ma si manifestano in modo indiretti come i sogni che
svelano contenuti rimossi nell’inconscio e i lapsus permettono di avere un’intuizione per sapere cosa vi è
nell’inconscio. Nel rapporto vivi e morti Freud dà una risposta legata alla struttura della teoria sul
Complesso di Edipo, cerca di spiegare le radici psicologiche dell’atteggiamento dei vivi per i morti, cerca di
spiegare la paura che i vivi hanno per i morti. La risposta è legata alla nozione di ambivalenza negativa, nei
confronti del morto siamo ambivalenti, che risulta dalla componente positiva, approvata dalla cultura,
ovvero dell’affetto. La paura per il defunto deriva dalla proiezione dall’elemento negativo e anticulturale
che viene represso, ovvero l’odio. La parte di amore non viene repressa e rimane cosciente mentre quella
negativa non è accettabile e viene resa invisibile. Meccanismi di autodifesa della mente che cerca di evitare
che i sentimenti aggressivi abbiano un peso troppo grande. Il primo meccanismo di difesa è la rimozione
nell’inconscio, ma un altro meccanismo di difesa è la proiezione, che consiste nell’attribuire a un altro un
sentimento che si possiede in prima persona ma che non si ritiene legittimo e manifestabile, questo
sentimento è l’odio nei confronti di una persona vicina, come del padre, il predecessore, la persona
scomparsa. Ciò si realizza attribuendo al soggetto esterno un’emozione che abbiamo noi ma non vogliamo
ammettere. Perché i morti ci odiano? Domanda che non possiamo fare a loro. Quest’idea non è un’idea dei
morti ma dei vivi che hanno sui morti. Questa domanda quindi è sbagliata e dovrebbe essere fatta cosi:
perché i vivi rappresentano i morti come se loro ci odiassero? Perché i morti vengono costruiti dalla cultura
come un rappresentante simbolico del predecessore. I principi di Freud valgono anche senza un legame
affettivo, ma vale per una logica astratta del successore nei confronti del predecessore, chiunque esso sia.
Un rapporto problematico perché da un lato prevalgono sentimenti positivi ma dall’altro vi sono anche
sentimenti negativi, che presuppongono una relazione di contrasto per i beni. L’odio che i morti
manifestano per i vivi non è altro che una proiezione dell’odio represso, ovvero rimosso nell’inconscio, da
parte del vivo nei confronti del predecessore. A livello personale vale ciò che dice Freud, ovvero dei
sentimenti ambivalenti ma si può generalizzare a livello più ampio dove il successore è una funzione
attanziale della dinamica peristaltica. La cultura è un insieme di conoscenze elaborate e trasmesse. La vita è
qualcosa che riguarda la collettività e passa al di sopra degli individui che devono collaborare e costruire
dinamiche che riguardano anche quelle individuali. In una società il predecessore è l’insieme dei soggetti
che rivestono una posizione di potere, i più vecchi ecc… mentre il successore è l’insieme dei figli. Questo
desiderio di allargamento viene indotto dalla cultura, perché è normale che il bambino cresca e prosperi ma
non dura per sempre. Vale anche a livello sociale che riguarda una classe, l’insieme. Queste funzioni
attanziali di predecessore e successore con le loro dinamiche si possono esplicitare in personaggi concreti.
Nella stilizzazione simbolica delle forze si deve distinguere il significante dal significato, ovvero l’attore
occasionale che riveste un certo ruolo e il ruolo attanziale che viene incarnato da un determinato attore
(Greimas, semiologo). L’attante individua la funzione narrativa; l’attore è lo specifico personaggio che
riveste un ruolo. La dinamica predecessore-successore presuppone funzioni attanziali che si possono
incarnare in modi diversi anche apparentemente paradossali come in “Pet cemetary”, dove il bambino è il
predecessore, che ha un’età simbolica e non biologica. Nel bambino vediamo il ritorno di un predecessore
demoniaco e aggressivo che si incarna in un corpo giovane ma rimane leggibile come forza del passato che
simboleggia il predecessore che si rifiuta di lasciarsi superare. Una condizione di rivalità tra vivi e morti si
specifica quando si associa di più in relazione al godimento di un bene. La storia di fantasmi nella cultura
statunitense è legata a questa dialettica predecessore-successore, dove la cultura dei nativi americani è
l’equivalente simbolico del paterno, di un padre morto senza essere rimpianto ma è stato ucciso dal figlio
per prenderne i beni, ovvero lo spazio vitale. Elias Canetti anche a livello filosofico la vita si può intendere
come una forma di affermazione di potere rispetto a chi ce l’ha. Lui è uno scrittore tedesco di religione
ebraica e di cultura sefardita, di base spagnola. La lingua in cui si esprime è il tedesco. Narratore e poi
saggista scrive “Masse und Macht – massa e potere” del 1960 concepito negli anni del nazismo, riflessione
sulle forme di potere che governano i movimenti collettivi e il rapporto tra l’individuo e la massa. Scrive a
valle di un periodo in cui la violenza dilagante era stata la regola, che ha ucciso milioni di persone e una
situazione in cui l’esperienza della morte era di quotidiano, con cui chiunque veniva confrontato
quotidianamente. In una giungla in cui il valore della vita è ridotto a niente, la relazione tra vivi e morti è
una relazione che può essere armonizzata ma che di suo si caratterizza come relazione conflittale, perché i
morti vogliono da noi qualcosa che noi ancora abbiamo (il sangue, la vita, lo spazio vitale, le risorse) e che
loro non hanno più e che vogliono avere. I morti rappresentati come oggetti desideranti sono una
caratterizzazione dei vivi, perché il morto è una cessazione di ogni esperienza. Freud “Totem e tabu”
raccolta di quattro saggi che vengono messi insieme come un piccolo manualetto che vengono accomunati
dallo sguardo antropologico. Lui si rende conto che il mondo umano è fatto da individui che hanno relazioni
di scambio sociale, cerca di vedere se esistono dinamiche che spieghino i comportamenti dei gruppi sociali
sulle basi dei comportamenti endopsichici, ovvero interne alla mente del singolo. Lui è colpito dalle opere
dell’antropologo Fraser, di fatti il sottotitolo lo riprende. Tutte le popolazioni diverse dagli europei erano
considerati “selvaggi” dalla civiltà pretecnologica. Lui vuole mettere in evidenza il fatto che i nevrotici
sviluppano dei comportamenti e sintomi che hanno una funzione rituale di espressione di disturbo che si
ritrovano in parallelo in rituali di popolazioni molto arretrate lungo un cammino che li avrebbe portati verso
la cultura. Primo saggio s’incentra sull’incesto; il secondo saggio s’incentra invece sul rapporto con i morti,
mettendo in evidenza che la paura per loro consegue ad un’aggressività che si attribuisce ai morti ma che in
realtà è del soggetto. Ragiona come se i due sentimenti fossero delle grandezze numeriche che vengono
sottratte, ma non funziona così perché i sentimenti mantengono la loro intensità ma quello problematico
viene processato tramite la proiezione. Le dinamiche culturali non sono fatte da una somma di dinamiche
individuali tutte uguali, ma recedono le dinamiche psichiche. Ovvero la cultura è un insieme di contenuti,
regole ecc… che sono già pronte quando l’individuo viene al mondo. Freud spiega dei fenomeni culturali
che sono preesistenti motivandole con delle dinamiche psichiche che sono nell’individui ma non è così,
anche se le dinamiche culturali vengono anche fatte da dinamiche endopsichiche. Tra dinamiche culturali e
quelle endopsichiche vi è un rapporto continuo perché la cultura viene condizionata dalla psiche
dell’individuo e viceversa. Dimensione individuale della mentalità edipica nella peristalsi, tutto ciò che
asseconda questa è buona mentre ciò che la minaccia è cattiva e viene rappresentato in maniera
demonizzata nei testi di paura che sono un dispositivo culturale costruito per favorire la peristalsi. Tramite
il rovesciamento comico ci fa capire come funzionano le dinamiche. Film di un regista orientata in senso
anticonvenzionale che privilegia un immaginario di neutralizzazione del demoniaco, questo è un horror
comedy ma in altri lavori Tim Burton ha esplorato le possibilità di neutralizzazione di ciò che viene
considerato dalla cultura pericolosa. Ciò che è fonte di orrore viene rappresentate in maniera rovesciata.
“Beetlejeuce” horror comedy, segue le regole horror ma con dinamica estetica di far tenerezza, far
sorridere. Tutti gli elementi della storia horror sono presenti ma hanno cambiato disegno. La dinamica
generale della vicenda nella storia di paura classica porta alla separazione, qui il rovesciamento comico
consiste nella rappresentazione dell’impossibile viene presentata come possibile e alla fine della storia ciò
che dev’essere separato viene riunificato. La storia classica di fantasmi come concorrenza per uno spazio
vitale. Già nel trattamento del ragno viene tutto capovolto, il ragno è un animaletto simpatico. Lo spazio
vitale è una casa, la dimensione comica, ovvero rovesciata, è sin dall’inizio che seguiamo i personaggi, una
coppia giovane che richiede la nostra identificazione che muore dopo poco e questa morte è l’inizio della
vicenda horror rovesciata perché i fantasmi che sono simpatici lottano perché si devono liberare dei vivi
come odiosi e mostruosi. Coniugi carini e legati alla casa e la loro vacanza sarà in casa. I coniugi sono come
due bambinoni perché l’atteggiamento regressivo è significativo nella logica peristaltica, i coniugi non
hanno figli e sono capaci di fare loro stessi come i bambini, lui gioca con un plastico. La moglie pianifica di
passare le vacanze facendo del bricolage, sono estremamente legati alla casa e viene messo in evidenza dal
fatto anche che rifiutano le offerte commerciali che cercano di fargli cambiare casa, troppo grande per una
coppia senza figli che non hanno potuto avere. La casa per la quale c’è un’attenzione competitiva.
L’impostazione di una vicenda competitiva tra due famiglie che vogliono la stessa casa. Casa come oggetto
del contendere tra fantasmi e i nuovi inquilini. Coniugi anticulturali, non sono solidali con la peristalsi
perché si comportano come bambini ma soprattutto non sono riusciti ad avere dei figli, ovvero ad arrivare
al grado di essere genitori e ciò viene rappresentata come negativa ma che viene rovesciato positivamente
in quanto comedy. I coniugi di New York sono calati nella realtà del successo tanto che hanno dimenticato il
loro ruolo parentale e vedono la casa come un motivo di regressione infantile. La casa come l’incrocio di
profili complementari: i fantasmi che sono obbligati a sparire nella lontananza del superato e che hanno
lasciato interrotto il percorso di peristalsi, mentre poi vi sono i vivi che hanno raggiunto una maturità
troppo grande e che desiderano rilassarsi e dimenticarsi le responsabilità. I fantasmi sono entità regressive
che aspirano a progredire, mentre la coppia di New York che è progressiva, vuole regredire. Questi due
atteggiamenti sono contrapposti sia perché morti-vivi ma anche regressivi-progressivi. Alla fine i vivi e i
morti si armonizzano perché c’è una figura di mediazione che è la figlia che permette ai fantasmi di fare i
genitori e ai suoi genitori di regredire a bambinoni. Possessione: i fantasmi hanno giocato uno scherzo ai
vivi perché sono arrivati ad invadere lo spazio, nel comico la scena è divertente. Tra versione seria e
parodica il dato è che anche la possessione è la competizione per uno spazio, di anime che lottano per
comandare un solo corpo perché i morti hanno perso il corpo che si infilano nel corpo di qualcun altro e
lottano con il sostrato dell’altro.

14/11/18

Processo di demonizzazione che ha una finalità che consiste nella salvaguardia dello spazio culturale non
solo in maniera sintetica ma anche nello svolgimento della sua dinamica costruttiva. Peristalsi sociale
movimento che ha l’obiettivo di mantenere i processi di funzionamento dell’organismo sociale. Esistono
diversi tipi di dinamiche culturali in opposizione a quelle anticulturali: la prima è quella che riguarda il
posizionamento del soggetto al quale viene preclusa la posizione di preda, perché la cultura la demonizza
per incoraggiarlo ad occupare sempre nelle relazioni dinamiche la posizione del soggetto predatore. Il
soggetto con tutta una serie di caratteristiche è predatore rispetto al cibo, all’aspetto sessuale, ecc… una
prima costruzione sociale consiste nel demonizzare sempre le posizioni passive per esaltare quelle attive. La
seconda modellizzazione dinamica peristaltica, ovvero tutto ciò che è progressivo, orientato verso il futuro
è positivo ma quando subentrano delle istanze di blocco che impediscono la progressione ciò viene
demonizzato. Le situazioni di blocco vengono rappresentate culturalmente come situazioni in cui ci sono
difficoltà ad interrompere una relazione con una figura materna che invece vengono viste come transizioni,
la cultura orienta i soggetti presentando loro delle abitudini e dei valori organizzati in positivi e negativi. Il
rifiuto di crescere e il subire delle istanze dall’esterno che impediscono il progresso è negativo sul piano
culturale. Un’ampia varietà di temi horror si basa su questo concetto. Materno demoniaco dove i temi sono
delle situazioni sociale in cui c’è un blocco della crescita o un’inversione regressiva della crescita. La strega
di Hansel e Gretel è un’anti madre che vuole prendere il bambino e metterlo in pancia alimentarmente è il
rovesciamento simbolico della nascita. L’ordine gestazione, nascita, cure, crescita e maturità del bambino
questo è l’ordine considerato positivo in maniera esclusiva mentre l’adulto che vuole tornare bambino o il
bambino che non cresce vengono demonizzati e i dispositivi culturali sono situazione cifrate in maniera
simbolica che demonizzano questi blocchi. La strega di Rapunzel la vuole tenere nella torre, elimina le
porte e interdice il contatto con il ragazzo e la strega che ha sottratto la bambina alla madre vera mostra la
scissione tra madre negativa e positiva. Le madri o una figura similabile al materno bloccano la peristalsi
dell’individuo vengono demonizzate e queste situazioni sono di blocco della crescita o di ritorno regressivo
fino ad assimilarlo all’atto predatorio. La strega di Hansel e Gretel vuole mangiare il bambino, come fa lo
squalo, oggetto da sfuggire, cosa di negativo; la costruzione che non esiste come la costruzione della casa di
marzapane è un elemento aggiunto della strega che mangia e nasconde il messaggio che i bambini devono
crescere evitando di farsi riportare indietro perché chi ti porta indietro è un mostro, come la strega. Questa
mostruosità può avere anche un aspetto positivo ma viene demonizzata perché cercano di irretire l’uomo.
La cultura provvede a demonizzare delle figure tendenzialmente materne anche come la femme fatale,
seduttive ma costruite come negative perché esercitano un’azione anticulturale, impedendo di crescere
all’uomo. Blocchi che possono essere anche di tipo seduttivo che percorre tutti i tipi di testo. Tutti i temi
dell’immaginario di paura che si possono ricondurre alla demonizzazione dei blocchi si classificano sotto
l’etichetta del materno demoniaco. L’altro elemento demonizzato è quello etichettato come l’insieme dei
temi del paterno demoniaco, legati all’azione concorrenziale esercitata dai morti che ritornano. Qui
rientrano tutte le infrazioni dell’ordine progressivo che consistono in situazioni in cui l’elemento
anticulturale è il superato che cerca di tornare; ovvero il defunto che si incarna in varie forme che
simboleggia sempre l’istanza del predecessore che arrivato alla fine del percorso della sua linea progressiva
si blocchi e lasci andare avanti il suo successore, che prende il suo posto. In questo modo il movimento
progressivo si mantiene inalterato in una sorta di staffetta. Qui il movimento anticulturale consiste nel
tentativo del predecessore che intercetta il successore per impedirgli di andare avanti. La cosa demonizzata
è il pericolo che il soggetto sociale non possa assecondare il movimento peristaltico, ma si modificano le
modalità di azione. Il materno demoniaco si concentra su blocchi fusionale o di nascita e sviluppo, il
paterno demoniaco sono la realizzazione di una dinamica competitiva in cui il predecessore continua a
rientrare in scena invertendo il suo movimento, per cercar di buttar fuori il successore per sostituirlo. Le
strutture dell’immaginario, elaborate dalle culture anche in fasi primitive, demonizzano la situazione in cui il
predecessore torna indietro dal passato, ovvero un luogo superato come se avesse ancore titolo e ciò è un
dato anticulturale, perché serve il meccanismo di avvicendarsi nello spazio vitale per i beni. La dinamica pro
sociale è focalizzata sul rafforzamento sul soggetto individuale che al centro di una storia che pensa di
essere il punto di arrivo di tutte le forze ma in realtà è solo uno strumento in funzione dell’insieme. La
cultura illude l’individuo di essere al centro del mondo ma lo “educa”. Tutte le situazioni sono inquadrate
sulla logica del predecessore. Un caso è la commedia di Aristofane che si concentra sull’individuo più che
sulla cultura. L’immaginario che comprende anche la letteratura, organizza i sistemi di valore in modo di
mettere a punto dei dispositivi, ovvero strumenti che producono dei fini sociale, raggiunti tramite
l’attivazione di dinamiche psico-antropologiche. Nel materno e paterno demoniaco tutto ciò che è
progressivo è positivo, mentre tutto ciò che è regressivo è negativo.
Beetlejuice horror comedy, ovvero attuazione dell’horror rovesciandone la grammatica. Riprende “il
fantasma di Canterville” di Wilde, dove si assiste alla stessa dinamica di horror comedy ma con una
variazione meno audace della regola, ovvero fantasma ateniese liberato da Athenodoro che rappresenta la
regola che viene ripresa senza variazioni nel romanzo gotico. Nel testo di Wilde c’è un’esplorazione ironica
di secondo grado di questa grammatica, perché il punto di vista non è più da parte dei vivi (dove il fantasma
non sloggia dallo spazio dei vivi e si spiega come farlo sloggiare, per separarsi), qui è collocato dalla parte
del fantasma dove vi è la situazione che l’angoscia paurosa per il soprannaturale malefico che ritorna da
forma ad un disagio culturale successore predecessore applicato ad un’intera successione di popoli. In
Wilde la storia fra vivi e morti è un modo di drammatizzare ironicamente i vecchi e i nuovi, dove i vecchi
sono gli inglesi e i nuovi sono i figli ovvero gli americani. Testo che parla a un osservatore inglese che si
identifica con il vecchio, con la tradizione pur riconoscendo l’esistenza delle dinamiche di separazione.
Rappresenta la storia secondo le sue regole grammaticali, invertendo: il vecchio è simpatico e il successore
è antipatico. La dinamica dell’invasione fantasmatica è vista inizialmente con un procedimento di
sospensione (suspence) dove il fantasma fa paura, ma poi è un poveretto che fa tenerezza che fa amicizia
solo con una persona della famiglia. I vecchi sono la cultura inglese che è superata che non è vista in
maniera negativa, mentre i figli sono americani che sono ricchi che hanno comprato una magione perché
hanno tanti soldi e il proprietario inglese non ha più i mezzi. Contrapposizione tra decadenza economica
dell’Inghilterra e la ricchezza degli stati uniti. Gli americani chiassosi e inopportuni sono caratterizzati in
modo stereotipato tranne la figlia Virginia che sarà l’amica del fantasma. Solidale con il predecessore. La
grammatica della storia dei fantasmi viene invertita per quanto riguarda la connotazione, ovvero la valenza
assiologica, il colorito simpatetico o antipatetico; i vivi sono dei mostri. Protagonista e antagonista vengono
invertiti. Ma la grammatica dello sviluppo narrativo rimane identica, perché finisce con una separazione.
Nel testo di Wilde la responsabilità dei misfatti e cattiveria viene attribuita ai vivi, quando era vivo era
antipatico e cattivo mentre divenendo fantasma diventa debole. La ragazza lo aiuta trovando il luogo dove
stavano le sue ossa (storia di Plinio, tranne per la mediazione di Virginia e non il filosofo Athenodoro). La
ragazza non sposata ha uno statuto sociale, vergine è in grado di fare cose che le altre donne non possono
fare, riesce a fare da mediazione. La vergine può tenere le fila tra spazio della cultura e della non cultura. La
bella e la bestia, la figura di bella nel racconto popolare del ‘600 ha radici folkloriche dove la vergine che è
in grado di fare pace con il mostro e lo porta ad avere rapporti con lo spazio culturale. La ragazza vergine è
colei che gestisce spazio della cultura e non. Fine: separazione, perché il fantasma è superato e quindi deve
sparire. Virginia sposa un ragazzo a caso secondo uno stereotipo che rappresenta il matrimonio culturale.
Nel caso del film viene rovesciato solo un elemento della grammatica, ovvero il rovesciamento vivo morto
mentre in Canterville vengono rovesciate più regole vivi morti e la fine del film è positiva ma non vi è la
separazione ma con l’unione, corrisponde alla poetica complessiva di Tim Burton che declina in modo
particolare il genera fantasy secondo schemi tradizionali. In altri film non segue questo pattern ad esempio
in “Edward mani di forbici”, riprende la bella e la bestia con la differenza che l’esito che riconferma una
separazione. in Beetlejuice al posto delle atmosfere sinistre realizzate tramite una serie di codici vari,
Burton utilizza musiche allegre. L’uomo vivo che legge “The living and the Dead – harmonious lifestyles and
peaceful co-existence (from the author of Handbook for the Recently Deceased)”. La dinamica consueta è
quella che prevede il rafforzamento della spinta pro sociale dei vivi che vengono ostacolati dai morti che
non vogliono mollare la presa su spazi che hanno occupato o la possessione di vivi, nel testo comico viene
rovesciata e viene mostrato che la separazione è una convenzione culturale, ovvero che esistono diverse
vie come quella della coesistenza che non viene contemplata. Il film mischia spinte progressive e regressive.
I fantasmi sono due e sono una coppia e i vivi sono tre, una coppia con un adolescente che assolve la
funzione di virginia in Wilde, lei fin dall’inizio è una ragazzina dark e gotica e questa sua posizione le
permette di dialogare con i fantasmi, inizialmente sono i vivi che cercano di buttare fuori i vivi e si servono
di un fantasma particolare. I soggetti fantasmatici che vengono rappresentati come simpatici e carini sono i
soggetti a cui spetterebbe il movimento regressivo, ai vivi spetterebbe il movimento progressivo. il film
rappresenta una situazione doppiamente invertita: i vivi vengono rappresentati come persone stressate
dalla vita di successo che vogliono ritirarsi dal mondo in maniera regressiva e quindi non sono culturali
perché non aiutano la figlia, disagiata perché non viene seguita dai genitori; i fantasmi quando erano vivi
sono stati presentati come senza figli e quindi come persone che avrebbero aspirato ad avere un sviluppo
progressivo ma la loro condizione li obbliga a presentarsi come eterni bambinoni. In conclusione vi è
un’armonizzazione di queste istanze opposte ma complementari perché i due fantasmi dopo morti riescono
a realizzare l’istanza progressiva perché la ragazza li adotta come genitori e attivarli come figure di
riferimento nella figura parentale e da loro riceve il premio per il successo scolastico che è l’esperienza del
soprannaturale come arricchimento e realtà positiva. L’autonomia permette alla vita di andare avanti, i
fantasmi smettono di essere defunzionalizzati e occupano un ruolo attivo in questo percorso e i fantasmi
sono alleati delle ragioni della vita, invece di bloccarla. Viceversa i genitori vivi vengono meno ai loro doveri
culturali perché c’è qualcuno che lo fa al posto loro. Ciò scardina le categorie vivi-morti ma che comunque
seguono la peristalsi e quindi non anticulturali, perché le esigenze del progresso sono salvaguardate. Il
sovvertimento dei dati in realtà riguarda componenti secondarie e salvaguarda componenti primaria. “La
fabbrica di cioccolato” fatto film che riprende il testo dello scrittore Dahl, vi è un rovesciamento basato
sull’idea che nella contrapposizione del padre dentista e il figlio vi è una contrapposizione del principio
freudiano tra Super-io ed Es, ordine e disordine = piacere, quello che teoricamente dovrebbe essere
l’ordine è una dinamica fallace perché il bambino ha i denti sani nonostante il troppo cioccolato (piacere) e
costruisce un impero economico a partire dal cedimento ai piaceri. Vi è l’idea che la sofferenza porterà poi
all’ordine nella cultura. Sovvertire il principio di piacere che diventa fattore di successo. Vi è un ritorno
all’ordine quando Wonka cerca un successore, lui si trova ad essere in posizione del padre, istanza
repressiva. Wonka adotta un criterio selettivo basato sul principio d’ordine, tutti i bambini strani vengono
scartati. Il bambino scelto è normale perché vuole bene ai genitori. La scelta dinastica di Wonka funziona
come neutralizzazione dell’impulso rivoluzionario della prima parte della vicenda. Il bambino normale
riesce a far funzionare il fenomeno di riconciliazione tra padre e figlio. Anche i testi che sembrano
rivoluzionari lo sono per un aspetto centrale ma poi ritornano conservatori nel momento in cui aggiungono
una postilla che serve a ribilanciare il discorso. Charlie è riuscito ad essere il neutralizzatore della malignità
del padre per il figlio. Nel caso di Freud il punto è sempre che la repressione è legata all’istanza paterna e
alla filiazione. Un individuo che si sviluppa non occupa mai la stessa casella, la trasformazione del bambino
che c’è in tutti noi in un padre dove questa trasformazione è posizionale. È la storia della normalizzazione di
Willy Wonka, dove sono cambiate le caratteristiche connotative di alcuni degli elementi dell’insieme.

21/11/18

Paterno demoniaco. Con Beetlejuice vi è un’inversione parodica di un meccanismo che con il paterno
demoniaco è nella sua forma base, che è nella forma più pura. Le dinamiche dei testi horror sono sempre
soggette a degli aggiustamenti. In Beetlejuice la tesi di fondo è che nel rovesciamento c’è una sorta di
trasposizione del piano filogenetico(sviluppo della comunità) di una volontà regressiva individuale che in
genere viene trasposta sul piano ontogenetico (sviluppo del singolo). Il normale complesso di Peter Pan di
non voler crescere viene messo alla base del nuovo equilibrio tra vivi e morti che riguarda il tipo di ordine
culturale che i personaggi costruiscono. Idea che l’ordine culturale si possa capovolgere al di là della
peristalsi (Nightmare before Christmas, La Sposa Cadavere). Il messaggio di Burton è sempre un messaggio
pro sociale. In The Nightmare before Christmas basato sull’idea della contaminazione di elementi solari e
quelli dark, gotici; queste etichette sono descrittive, ovvero etichette rispettivamente pro sociali progressive
e regressivo di valori del superato. Vi è sempre questa logica di contrapposizione e rovesciamento. Questo
film ha alla radice una storia che rappresenta il tentativo di sconfinamento delle forze delle tenebre su
quelle della luce, Halloween su Natale. L’anno liturgico è un percorso che mette al centro dell’attenzione un
momento diverso dell’esistenza e qui il mondo delle tenebre sconfina verso il mondo del Natale, che in
questo testo è completamente ripulito da qualunque riferimento religioso. La contrapposizione tra
Halloween e Natale alla fine vede una separazione. Lui (Jack) è pasticcione perché non capisce la necessità
della separazione, invade con forze spaventose la serenità mentre Sally che ha una visione più pro sociale,
ha capito che il bene sta nella separazione. il regressivo anticulturale di Halloween non deve mai sconfinare
nell’ambito dei vivi. Questo film è più conservatore.
The Shining rappresentazione del paterno demoniaco che si definisce come una categoria che permette
di etichettare una serie di situazioni in cui il paterno, che in generale intendiamo come etichetta generale, si
sottrae al suo dovere culturale di rimanere nel passato e allontanarsi verso il passato remoto e cerca di
mantenersi fermo nel presente, di riavvicinarsi verso il presente, cercando di capovolgere la situazione
culturale di successore-predecessore. Il predecessore torna indietro o rimane fermo in modo di bloccare la
via di sviluppo al successore. Il paterno demoniaco si vede in modo particolare quando vi è una figura
paterna in preda alla follia che vuole uccidere il figlio per godere dei beni che la cultura distribuisce in
maniera ciclica e regolare. Padre che diventa un anti padre e mette a repentaglio la vita del figlio. La
funzione del paterno demoniaco non si deve incarnare in un attore in senso narratologico vecchio, morto,
ecc; queste etichette mostrano la convergenza tra dinamiche culturali e l’esperienza dell’individuo. La
differenza tra materno e paterno per cui il secondo emerge come concorrenza dove il predecessore vuole il
posto del successore, mentre il primo tende a simulare il pervertimento anticulturale delle funzioni
materne, impedendo lo sviluppo del successore con delle dinamiche inclusive. Il paterno demoniaco
demonizza la successione dinastica in una rivalità; nel materno viene demonizzata la felicità originaria
fusionale che ogni individuo sperimenta nel rapporto con la madre, che ha la funzione di curare il bambino
nella prima fase del sviluppo dopo di che lui veniva passato all’educazione degli adulti maschi. (Montaigne
si lamenta di aver perso figli, non si dava molto valore alla vita dei bambini anche per l’incidenza di morti
infantili). Il paterno demoniaco può essere trovato anche con personaggi femminili e viceversa.
Tendenzialmente il paterno è legato al rapporto padre-figlio; il materno è legato ai rapporti madre-figlio. In
Biancaneve vi è il paterno demoniaco, dove la matrigna sente la competizione anticulturale per la bellezza
di Biancaneve. La strega di Rapunzel instaura con lei un rapporto di materno demoniaco, perché vuole bene
a Rapunzel e la vuole tenere per sé. La psicologia distingue i rapporti padre-figlio, madre-figlio, padre-figlia,
madre-figlia presupponendo che nella relazione eterosessuale ci sia fusionalità, mentre nel rapporto
omosessuale vi sia conflittualità. In the Shining il precedente custode uccide due gemelle. In entrambi i casi
viene demonizzato l’atteggiamento anticulturale che nega la peristalsi sociale. Il film tematizza la
possessione e quindi il ritorno del defunto è assimilabile al defunto che non vuole lasciare lo spazio. La
cultura solidarizza con il corpo presente e vivo demonizzando la presenza negativa del passato, le cui
intenzioni sono viste anticulturali. Già per la religione antica dei Greci testimoniata dal mito ecc ci
accorgiamo che l’idea del genitore che torna a tormentare il figlio è presente nel mito con una valenza
diversa, nel mito argivo della casa di Agamennone ad Argo di Eschilo (458 a.C.) il figlio ha ucciso la madre
per rivendicare la morte del padre, a sua volta ucciso dalla moglie, ma l’aver ucciso il genitore attira sul
colpevole una punizione automatica che viene simboleggiata e personificata da delle divinità ctonie
chiamate Erinni che sono demoni sotterranei che devono tormentare i colpevoli di delitti nei confronti dei
consanguinei. L’ordine del mondo previsto dalla religione prevede il fatto di non uccidere i genitori, ovvero
una cosa che per noi ovvia ma che per civiltà primitive non lo era. Questa azione è anticulturale: un aspetto
è quello della violenza contro i consanguinei, poi l’aspetto specifico contro i genitori presuppone il fatto che
il genitore si trova in una posizione di autorità indiscussa e quindi il rapporto con i figli non è simmetrico. Di
fatti se un figlio viene maledetto dal genitore si ha come una forza divina mentre se il figlio maledice il
genitore ciò non ha valore. Nel diritto romano il patricidio era condannato mentre il padre poteva uccidere i
figli. La demonizzazione del predecessore che ritorna, le culture antiche erano gerontocratiche (si fonda sul
grado di influenza ed autorevolezza che generalmente viene attribuito agli anziani, sul presupposto di una
loro maggiore esperienza), mentre le culture moderne sono individualiste, legate alla centralità e sviluppo
del singolo. Questa logica progressiva già esistente in antichità viene particolarmente citata; questo mito
viene fuori dall’immaginario legato alla frizione dei rapporti predecessori-successori. Tutto l’immaginario di
King è legato da questa concezione edipica. Alle spalle del suo immaginario vi è una sensazione di
colpevolezza di un predecessore che è stato eliminato e ora questo torna a tormentare il successore in un
modo di incubi, di mostri che irrompono sulla scena della cultura americana ordinata e sistemata come
l’ordine definitivo del mondo. La versione considerata prototipica è quella americana che però ha un sacco
di scheletri nell’armadio che ritornano nella letteratura, ecc. Storia di una famiglia ma in Carrie il punto è la
metabolizzazione del linciaggio, uno dei dati sociali più presenti nella storia americana. Il bambino (Danny)
ha un caso di split personality e nella seconda parte emerge di più il significato di questa sua seconda
personalità. La spiegazione lascia l’incertezza nei confronti dei fenomeni che sono leggibili sul piano
psicologico e paranormale. Una narrazione fantastica (Todorov = che lascia a lungo incerto sull’ordine dei
fenomeni) è più stimolante che però privilegia il soprannaturale, perché l’incertezza dura un po’ ma poi il
punto di vista diventa interno rispetto ai personaggi ed emerge il soprannaturale. Il regista ha scelto
Nicholson che ha una sorta di connotazione macro testuale che porta con sé di problema psichiatrico (film
precedente “Qualcuno volò sul nido del cuculo”), ciò ha infastidito King sul film = vi sono parti paurose e
altre piatte. Quello che per King è il centro della storia è il “puro orrore disumano” ma è solo un’etichetta di
disforia. Per King era fondamentale mettere in primo piano la dimensione soprannaturale che è la dinamica
di fondo di King dello scontro generazionale di predecessore-successore. In termini culturologici la
ricorrenza di dinamiche di questo tipo mostra come l’idea di fondo è quella del paterno demoniaco, del tipo
di competizione tra predecessore che si rifiuta di rimanere fuori, che torna per contrastare la vita del
successore, tipica della cultura patricida americana. In Kubrick non sappiamo mai se si tratta di un
fenomeno psichiatrico o di un vento soprannaturale, che si scopre alla fine. In una storia che racconta un
caso di possessione, di delirio omicida in cui un padre uccide le sue bambine e poi cerca di uccidere il
bambino e una foto che rappresenta lo sprofondare del presente nei confronti del passato, si mette in
primo piano la logica della reversibilità temporale. Tutte le rappresentazioni di temporalità invertita
corrispondono ad una modalità di significazione alternativa. (“L’inconscio come insiemi infiniti” dello
psicoanalista cileno Ignacio Matte Blanco). Qui l’inversione temporale è un tema centrale e riguarda la
struttura di base della vicenda. Dimensione della specularità dove “murder” viene scritta all’inverso quindi
leggibile e non. Questa inversione, sottolineata dalla presenza degli specchi, che rappresentano la
reversibilità, la quale è la negazione della peristalsi che va sempre avanti e quindi la reversibilità è l’anti
cultura. Quindi si espongono tutte le forze in gioco ad un’azione anti culturale. Il tema di fondo della
possessione letto come conflitto tra passato e presente, inversione della peristalsi sociale e rapporto
competitivo tra successore e predecessore. La spiegazione da veggente adulto e bambino è pseudo
razionalizzante, dove il primo pensa che la storia porti delle conseguenze ma è una spiegazione eufemistica
e traveste la situazione da fatto razionale. Lui fa finta che le conseguenze soprannaturali siano assimilabili a
quelle meccaniche ed è una falsificazione, perché degli eventi la cui realizzazione ordinaria sarebbe di
sparire senza lasciare traccia in realtà lasciano tracce e quindi ritrovano la loro volontà di tornare indietro e
di agire in modo anticulturale. (Etnometodologia = branca della sociologia che studia le spiegazioni delle
persone, è interessante capire perché l’adulto scelga di spiegare in modo fallace ma rassicurante). Tema
legato al conflitto padre figlio. I temi di successore e predecessore si trovano già nei momenti iniziali, come
nel viaggio di andata, dove si parla del tema del cannibalismo (11° min), il quale prepara al tema del
conflitto competitivo, “in order to survive” (nella letteratura i temi secondari hanno funzione di arricchire i
primari anche implicitamente); il cannibalismo è correlato all’essere bloccato dalla neve (evento che accade
all’hotel) ma non avranno bisogno del cannibalismo (perché hanno ovviamente molte scorte di cibo).
Questo tema crea un’aspettativa di disordine ed è un’anticipazione della dimensione competitiva e in
questo caso il cannibalismo attualizza il paterno demoniaco. L’invito alla perennità (forever… and ever…) è
un invito anticulturale, un invito ad uscire dalla peristalsi, ad uscire dall’esistenza storica (le due gemelle al
bambino). Il richiamo dell’invito dalle bambine presenta già l’atteggiamento del padre. Il padre parla con
uno sguardo ironico e lascia anticipare il suo atteggiamento competitivo. Il rapporto tra presente e passato
come rapporto di competizione in un dialogo immaginario che il protagonista ha con un personaggio che
viene dal mondo allucinatorio del passato. Sconfinamento dei piani temporali, contrasto tra prima e dopo
sempre. La possessione che il passato esercita sul protagonista viene rappresentata in termini di conflitto, il
vecchio custode cerca di mettere contro il padre con il figlio. Ciò è un modo in cui la narrazione rende
visibile che è già esistente a monte una dinamica di conflittualità. La dinamica del paterno demoniaco di
inversione di linearità peristaltica si traduce in una proliferazione di segnali che rimandano all’inversione,
capovolgimento lineare, il passato e il presente si trovano confrontati come se ci fosse uno specchio
(“murder”). Tutti i temi del conflitto tendono a tradursi anche in turbative dell’ordine spaziale, il ruolo del
labirinto può essere spiegato nella logica della dinamica del paterno demoniaco perché vi è una traduzione
spazializzata dell’inversione temporale che rappresenta il passato che inverte il cammino e rincorre il figlio
cercando di bloccarlo e questa corsa ha luogo e rappresenta il culmine del conflitto. “Luccicanza” (shining)
che è il tema della storia, è la luccicanza delle culture antiche, come attuazione delle capacità psichiche di
Apollo ma anche di sacerdotesse che sentivano voci che regalavano conoscenze che ai comuni mortali non
erano dovute. La veggenza si può interpretare in termini di pervertimento temporale perché riguarda la
confusione tra piani temporali, nella prospettiva del veggente in Agamennone di Eschilo Cassandra è una
figura che riesce a vedere il passato, il presente e il futuro senza riuscire a distinguerli (Danny ma, infine,
anche la madre). Il labirinto è una traduzione simbolica spazializzata della dinamica semiotica legata al
pervertimento dell’ordine temporale, la peristalsi è esplosa perché il passato emerge ma anche il futuro si
confonde. L’inseguimento del padre nei confronti del figlio rappresenta il paterno demoniaco, l’istanza del
paterno demoniaco che insegue il figlio per farlo fuori. La dimensione paterna competitiva è trasparente e
questo inseguimento ha luogo in un labirinto. Il bambino si nasconde con un inganno, nasconde le orme. Il
modo i cui il bambino può vincere è uscendo dal binario dell’inseguimento e questo è rappresentato nel
labirinto dal bambino che non lascia più una traccia lineare. Il bambino poi torna indietro seguendo le sue
tracce, riesce a trovare la salvezza seguendo le tracce nella direzione opposta, il simbolismo della linearità
del movimento, e si reinserisce nell’ordine della cultura. Il personaggio nero ha la funzione di portagli il
gatto delle nevi e di motivare la contrapposizione tra padre e figlio. Esibizione dell’anticulturalità, che è
negazione della peristalsi. Visione angosciosa e oppressiva perché tutto l’ordine della peristalsi è negato e
ciò ci viene fatto sentire come abominevole e odioso.

22/11/18

Il punto di un’elaborazione di un testo consiste nella specifica declinazione delle strutture di repertorio del
codice. In Shining alla radice tematica c’è l’inversione spazio - temporale che è il tipo di prospettiva
suggerita dal concetto chiave del film e del suo ipotesto narrativo. The Shining non è un’invenzione di King
ma corrisponde ad uno stereotipo culturale, il punto della luccicanza consiste nella sua connessione con la
veggenza originale che si trova già nella letteratura antica in Cassandra nell’Agamennone di Eschilo.
Profezia nel testo dell’Agamennone = si ha una messa in scena di un evento anomale, come uccisioni o cose
strane che di solito succedono fuori scena, mentre l’invasamento di Cassandra avviene in diretta, che
comincia ad avere le visioni che sono la profezia (“pro” = relativo a ciò che sta davanti), confusione dei piani
temporali. La profezia greca si conferisce come una conoscenza non soggetta ai limiti della linearità
temporale e quindi (chiromante legge contemporaneamente passato, presente e futuro come la Pizia)
vengono presentizzate sia delle fasi di temporalità anteriore sia il futuro. Lo shining di Danny è un
invasamento uguale a quello apollineo che è una confusione dei piani. Dal punto di vista culturologico, il
tema della profezia costituisce l’alleato più naturale per una costruzione del tema del paterno demoniaco e
quindi una prospettiva di racconti in cui il male è riconducibile in una forma di passato che ritorna nel
presente. Ciò si può tradurre in una inversione del flusso temporale che è la stessa della logica della
profezia che diventa un correlato tematico, ovvero una situazione parallela alla situazione che costituisce
l’oggetto della demonizzazione. La temporalità costituisce la base dell’ordine del mondo e non dev’essere
turbata. Nel film vi è la necessità di mettere insieme due forme della temporalità; quella del passato nel
presente, la forma di conoscenza del bambino che è una facoltà libera, ovvero lui è fornito di questo
talento ma non sa come concettualizzarlo. La concezione profetica si traduce in uno schema congruente
con l’esperienza infantile, ovvero dell’amico immaginario (piccolo Tony) che è un adattamento alle nuove
mutate circostanze dello spirito profetico che è una finestra sull’alterità dello spazio temporale, confronta il
sistema ordinato della storia con una visione alternativa che ha una valenza conoscitiva per gli interpreti del
divino e poi una valenza demoniaca per quanto riguarda gli attori interni alla storia. Esplorazione del
disordine che consegue temporale che consegue quello spaziale, ovvero labirinto come perdita di orizzonte,
contro l’idea di linearità e conseguenzialità di ordine. In Shining vengono trattati i temi del paterno
demoniaco in maniera convenzionale conforme a un modello culturale del passato che ritorna con
un’energia competitiva e con la volontà di bloccare ed eliminare il successore per prendere il suo posto,
mentre il tema dell’inversione culturale dello schema del morto che torna qui viene coniugato con il tema
della profezia che è la stessa cosa. Cassandra vede la propria morte e quella di Agamennone mescolate alle
morti passate e con le uccisioni più recenti che li hanno colpiti. La proiezione è una conoscenza del mondo
al di fuori della sua linearità unidirezionale. Il talento profetico è un elemento per neutralizzare il paterno
demoniaco, combattuto da un’arma che ha il suo stesso potere. Il tema centrale del film è l’arma che
permette di combattere l’altro ma la ragione è che sono basati sulla stessa logica, ovvero diffusa nel
pensiero magico di tipo omeopatico che la cura di un male sia l’esposizione al male stesso e questa
esposizione neutralizza la carica del male. Questo principio vale nell’antichità (Telefo e Parsifal) di una ferita
inguaribile che può essere curato dalla stessa arma.
Nel caso di Telefo, re leggendario, legato all’idea del “chi ha ferito guarirà” che è la stessa idea della lancia
che ferisce Amfortas (stessa lancia che ha ferito cristo) che è curabile solo dallo stesso tocco della lancia. La
mentalità primitiva è di casa nella letteratura perché riprende il represso, ovvero espulso dal paradigma
razionalistico che vede connessioni meccaniche nella realtà. In un episteme, ovvero ordine di pensiero che
ritiene valida l’esistenza solo da esperimenti e leggi di tipo matematico, fondata sulla quantificazione, è
evidente che gli altri tipi di logica come magica, logica, spirituale si ritrovano a non avere un percorso se
non nell’immaginario. Nel film vi è l’idea di fondo della logica magico - simpatica, nella peristalsi questo
male può essere combattuto da un’arma che ha gli stessi requisiti. Logica che da un punto di vista razionale
è assurda, ma è antica e alla base di tanti sistemi di pensiero e nella prospettiva concettuale
dell’immaginario anche soprannaturale è adeguata.
Francesco Orlando studioso che ha chiarito i rapporti tra critica letteraria e teoria psicanalitica, la
letteratura come formazione di compromesso, risultato di forze contrapposte come la psiche umana che è
risultato di forze contrapposte e quindi componenti represse e componenti sociali, regole. Mediazione del
principio di realtà. La letteratura può essere intesa come un risultato di una tensione e un compromesso
che tiene conto della componente repressa in misura maggiore rispetto a quanto avviene nell’immaginario
reale, quindi permette l’emergere di contenuti altrimenti repressi. In Shining il ritorno del represso è la
logica narco simpatica della mente primitiva. Freud pensa che la paura e il ritorno del morto sia dentro di
noi, ma non è così perché riguarda tutti per le convenzioni sociali. Per Freud ogni individuo è il primo sulla
terra ma in realtà ogni individuo vive qualcosa che è già stato elaborato in collettività, forze il cui risultato è
l’organizzazione della cultura. Il vero interesse è il leviatano (Hobbes) in cui l’interesse è l’insieme degli
individui. A monte vi è un sapere che viene posto a base dell’esistenza civile, che viene trasmesso con le
parole, diventando idee. Foucault ha proposto l’introduzione del concetto “potere - sapere” che si
contrappone alla prospettiva freudiana. La società non è repressa perché in realtà il sesso diventa il piano
su cui gli individui possono essere controllati. Tutti siamo soggetti e oggetti del potere. Tutti i soggetti sociali
si scambiano conoscenze che consistono in regole di comportamento che funzionano come principi di
potere. Non vi sono repressori e repressi, ma le conoscenze sono già maniere di perpetuare una dinamica
di potere. Gli stati d’ordine sono oggetti di costruzione della condivisione del sapere. Tutti siamo soggetti
attivi, cooperanti di uno stato d’ordine che si può analizzare secondo una logica analoga a quella freudiana.
Behaviourismo approccio che dice che la mente non è importante, si contrappone agli altri pensatori
chiamati “mentalisti”; quello che importa sono i comportamenti, si studiano le concatenazioni di causa -
effetto sui comportamenti.
Esperimento del cane di Pavlov = consiste nel somministrare del cibo al cane e, nel momento della
somministrazione, suonare un campanello, nel cane aumenta la salivazione. Nel momento in cui la
somministrazione del cibo viene accompagnata dal campanello, i due stimoli si contrappongono, il semplice
suono del campanello aumenta la salivazione. L’esperimento del piccolo Albert è comportamentista e
mostra che anche le emozioni di paura sono culturalmente costruite, che si possono indurre.
La ragione per la quale si spiegano gli eventi in termini comportamentisti è la logica di semantizzazione
atavico, che l’effetto di paura viene costruito in maniera comportamentista. I vari campanelli che si
associano alla paura istintiva del botto (paure di cui siamo equipaggiati fisiologicamente) sono semantizzati
grazie ad un’intera orchestra di campanelle che ci fanno associare la sensazione spaventosa a un oggetto.
Definiscono un significato che funziona con logiche che hanno a che vedere con lo scambio sociale di
Foucault, con situazioni che non sono anti - mentaliste. Behaviourismo ibrido = alla base vi è il
comportamentismo ma poi vi è anche Freud, ecc. In Shining il ritorno del represso riguarda gli schemi di
pensiero, l’idea che l’irrazionalità possa curare l’irrazionalità demoniaca.
Insidious formula base dell’orrore, i morti che agognano la via che ha però altri topoi letterari come il
bambino che ha una sensibilità superiore dei genitori. La persona normale è una persona che ha tagliato via
tutta una serie di forze che sono fonte di disordine. Minimo di opposizione tra razionalismo e credenza
soprannaturale. La struttura di base riguarda il paterno demoniaco che minaccia il Child, che non è il
bambino biografico ma un concetto teorico di Lee Edelman in “No future” - la teoria queer e l’impulso di
morte (2004), teoria in cui mostra che alla radice degli stati d’ordine sociale ci sia l’idea di “futurity”, ovvero
peristalsi sociale ma più parziale perché parla di necessità di seguire il futuro, che consiste in un
avanzamento necessario della civiltà verso il futuro, il quale si concretizza in una figura ideologica che è il
Child, rappresentante di un ordine sociale che deve venire, che viene utilizzato come dispositivo ideologico
e per proteggerlo si possono fare le cose più terrificanti. I bambini non contano perché più importanti di
loro quando saranno adulti conteranno i loro bambini e così via. La logica del “lo faccio domani” sorta di
giustificazione ideologica alle violenze che si possono perpetrare. Le violenze derivano dalla costruzione
sociale del bambino. Nel film nella storia è in primo piano la realtà del superato che si pone come ostacolo
verso lo sviluppo del futuro. Quello che ristabilisce l’ordine, ciò che tiene a bada i mostri che rappresentano
il paterno demoniaco è il sacrificio del padre biologico per il Child, salvando la peristalsi. Dialettica spaziale
di base = la realtà condivisa in opposizione all’”oltre”, ovvero quel luogo rispetto al limite, alla soglia che
sarebbe la morte. Temi come la famiglia, la casa e l’anti famiglia della casa che si inquadra nelle visioni
sciamaniche dell’oltre, dove vi è una famiglia dove un padre aveva ucciso tutti gli altri. Il bene incarnato
dalla famiglia ordinaria si contrappone alla famiglia in cui le forze di solidarietà diventano forze di
contrapposizione. Famiglia sta per società quindi bene e il male sta per l’ipostatizzazione simbolica,
l’inferno è un altro nome che si dà alle forze dell’individuo che vuole prevalere sul gruppo. La dialettica del
male qui rappresenta il male come un ego troppo forte che vuole potere, immortalità, ovvero individuo;
mentre il bene è l’amore della famiglia come sineddoche della società. La contrapposizione del male e del
bene sono tra gli impulsi egotistici dell’individuo che non vuole morire. Aspetti topici di animali predatori,
presenza fantasmatica assimilata al soggetto predatorio nella scena in cui il bambino ha le visioni e gli adulti
dall’esterno non le vedono. Il film decide di legare l’immaginario horror con le prospettive sciamaniche, che
hanno la funzione della profezia. Viaggio sciamanico è un’esperienza di coscienza separata dal corpo, la
coscienza intesa come anima che si stacca dal corpo e viaggia in mondi diversi e questo ha fine di cura, ecc.
Lo sciamanismo è una religione antica. Le rappresentazioni che le riprendono iniziano dalla cultura greca.
Eric R. Dodds “I greci e l’irrazionale” = i greci erano un popolo legato allo sciamanismo e a forze irrazionali.
Ancora sopravvive in Sudamerica e in tantissime culture. “I benandanti” studia dei documenti storici di
viaggio sciamanico nella storia, viaggi notturni dell’anima che hanno una finalità benefica. Il bambino è in
grado di lasciare il corpo e va in un luogo che è il tipico aldilà demoniaco dove viene incatenato. Mano
insanguinata tra le lenzuola, quindi pericolo predatorio e presenza fantasmatica che cerca di catturare il
bambino. Il paterno è il vecchio che non vuole morire. Il padre vero sprofonda in questo mondo e lo salva
ma lui viene posseduto e di conseguenza la vita del bambino viene pagata con quella del padre, ovvero il
movimento peristaltico giusto. I disegni strani del bambino rispecchiavano il mondo sciamanico. L’idea del
paterno demoniaco che blocca il successore è tradotta nel bambino che è legato dai piedi, come il piccolo
Hansel. Blocco dello sviluppo del Child che crea ansia culturale, prodotto poco naturale e artificioso che ha
bisogno di una serie di testi per tenerlo in piedi, dobbiamo agognare la sua liberazione e quindi la
prosecuzione della peristalsi. Vi sono tutti gli elementi dell’immaginario del genere. La canzone antica viene
utilizzata qui e anche il The Shining, che viene ripreso sotto certi aspetti da Insidious anche nella ripresa del
passato come demodé = fonografo che diffonde musica degli anni ’20, periodo in cui ha luogo la festa
dell’Overlook Hotel di The Shining. Macchine, automi, l’artiglio predatorio…

23/11/18

Paterno e materno demoniaco descrivono solo la maggior parte dei casi, è più giusto parlare di competitivo
e fusionale demoniaco. Il genere dei figli è rilevante in senso posizionale, cioè con variabili maschile-
femminile, successore-predecessore:

 Padre - figlio è la situazione del paterno demoniaco classico, ovvero situazione conflittuale dove il
predecessore torna indietro per bloccare il successo disturbando la peristalsi.
 Padre – figlia è un caso raro ma si possono trovare esempi indiretti nella letteratura popolare e alta
come “Pelle d’asino” dove vi è il padre che si innamora della figlia che scappa. Per questo esempio
di padre che s’innamora della figlia si ha un rapporto fusionale (incesto). “Les miserables” di Diderot
uno dei testi che hanno allargato l’ambito della cultura ai ceti popolari; vi è la situazione di un
protagonista maturo che adotta una piccola orfana e lui era contento che lei fosse brutta perché
così lui non l’avrebbe dovuta cedere ad un fidanzato. Mette su una fabbrica, diventa un benefattore
ma si deve nascondere dalla polizia e compra una casa molto bella dove cresce la ragazza che
diventa bellina e riprende il tema di Raperonzolo che non può uscire dalla casa. Contesto di blocco
dell’evoluzione è analoga a quella madre-figlio dove l’azione è iperaffettiva. Lui poi libera la ragazza
dal vincolo e lei si innamora di un ragazzo che è riuscita a conoscere dalla finestra. Figlia
sequestrata dal padre che la ama troppo è una situazione archetipica che ricorda il materno
demoniaco dove la madre non lascia sviluppare il figlio.
 Madre- figlio la madre blocca il figlio in un movimento retrogrado e quindi anti culturale.
 Madre- figlia Biancaneve dove la madre è invidiosa della bellezza della ragazza e vuole ucciderla,
quindi il predecessore cerca di far fuori il successore.

Stesso sesso competitivo, sesso opposto fusionale ma non è sempre così, sono rari i casi in cui padre e figlio
hanno un rapporto fusionale, forse Gautama futuro Buddha che viene chiuso in un castello.
Tendenzialmente si parla di padri che svolgono un surrogato della madre, anche il protagonista di Les
miserables, dove si ha un genitore che ha caratteristiche di ambo i sessi-genitori. Lo schema a 4 non basta
perché è possibile immaginare dei rapporti a identità di genere che non siano competitivi, come Rapunzel.
Si tende ad avere una distribuzione preferenziale, per cui lo stesso sesso tende ad avere un rapporto
competitivo ma vi sono vari casi. Le categorie di paterno e materno demoniaco non descrivono del tutto i
fenomeni. Paterno e materno che si realizzano sia in maniera aggressiva sia in maniera fusionale e quindi
non predatoria ma che prevede la sottrazione dello sviluppo del bambino. Figure femminili tipo Calipso, la
dea Venere in Wagner… sia l’orrore predatorio che ci sollecita l’istinto di fuga sia altri casi che non hanno la
stessa dinamica appartengono allo stesso discorso di corroborare la peristalsi.
“Nightmare” questo film che intreccia una serie di temi più o meno topici del racconto dell’orrore, ci
svela la funzione educativa del film horror, ci fa vedere in che modo il film segue l’individuo protagonista in
un percorso suggerito implicitamente ideale e obbiettivo ultimo proprio grazie alle difficoltà che insorgono
e che attivano in maniera pavloviana, è la campanella che ci fa svegliare il desiderio di essere normali. La
normalità consiste nel definirci come soggetti in un binario lineare ma anche diventare soggetti nella
creazione della realtà. Questo film tematizza come scopo filosofico ultimo in maniera comportamentistica il
desiderio del soggetto di diventare soggetto di una costruzione della realtà. Cosa semplice ma non ovvia,
perché si tende a focalizzarsi su temi secondari mentre il tema principale è l’essere creduti. Questo film
tematizza l’essere presi sul serio, che introduce l’essere una persona adulta, che ha delle credenziali che ci
fanno credere di essere validi. Alla radice di tutto vi è una convenzione sociale. Il film mostra come questa
convenzione sociale chiamata realtà è un oggetto di conquista che definisce la condizione adulta. In questo
senso i film horror si presentano come sostituti del racconto/fiaba dei bambini. Nightmare è la versione per
adulti di Cappuccetto Rosso, di Hansel e Gretel. Crea una situazione d’ansia che si lega al fatto di essere
distaccati da qualcosa che ci sembra il bene e, creandoci questa, contribuisce al farci desiderare le cose
buone. Le storie horror ci presentano come buono la realtà così com’è, dove le deviazioni da queste non
vanno bene e sono paurose. Nel caso di Nightmare vi è un tema aggiuntivo: opposizione sogno-realtà. La
dinamica dell’orrore assume caratteristiche per cui vediamo la protagonista lottare per avere come
riconoscimento il fatto di essere creduta, le cose che lei dice sono vere. L’oggetto per cui si lotta è la
posizione di qualcuno che è in grado di essere creduto. Realtà degli adulti. Il bambino non ha le credenziali
per partecipare alla costruzione della realtà in maniera paritaria. Ciò che cambia è lo statuto sociale della
persona che dice le cose. I film horror come le fiabe servono per il processo di crescita. Nella fase
adolescenziale si è in una categoria liminare perché si appartiene al doppio statuto dei bambini e adulti. La
condizione adulta è privilegiata e come tale l’accesso dev’essere conquistato, un adolescente deve
dimostrare di avere le qualità per essere un adulto (rito d’iniziazione). Il film mostra il rito della ragazza,
eroina che è in grado di conquistare la sua posizione di adulto. Nella scena finale lo scopo del gioco è che
anche il padre crede che Nancy sia credibile. Anche Nightmare come Insidious ha una formula che consiste
nel favorire il progresso del ragazzo pagandolo con l’espulsione dell’adulto. In questo caso è la madre.
L’acquisizione della credibilità della ragazza si realizza buttando fuori il predecessore. Biancaneve finisce
con l’eliminazione della matrigna che brucia ballando (“brucia la vecchia” inverno come passato viene
sottolineato con un incendio in cui si incendia la vecchia, la strega, la natura morta per la primavera, la
sposa, ecc). L’immaginario narrativo è legato all’esperienza vitale e sottolinea la necessità della peristalsi e
scoraggiare tutti i movimenti di disturbo. Rapporto sonno-veglia, archetipo di sequel di sottogenere di stati
alterati di coscienza sonno, ipnosi, ecc… basato sulla metafora che definisce i giovani in opposizione agli
adulti dove i primi sono soggetti sociali che non hanno un rapporto con la realtà, mentre i secondi sono
quelli con i piedi per terra, che sanno cosa sia la realtà e la dominano (costruzione sociale dell’infanzia = Eda
“Nessuno lo sa” = maturità bambini e immaturità degli adulti). Gli adulti non credono ai ragazzi e buttano
tutto sull’opposizione bambini irresponsabili che vivono nel mondo dei sogni e adulti. Costruzione del
mostro in modo convenzionale, ha gli artigli e sbrana come un animale predatore. Da un punto di vista
simbolico il mostro è un animale predatore. Il mostro è paterno demoniaco nella misura in cui un adulto
che distrugge i bambini, come l’orco delle favole che ha dei tratti secondari sessualizzati. Mostruosità come
una presentazione della sessualità che non segue i suoi ritmi e non rispetta la cultura e in questo periodo la
trasgressione sessuale determina la posizione preferenziale di vittima del mostro. Mostruosità legata alla
sessualità = la protagonista torna a casa e si fa un bagno, valenza sessuale delle lame. Il mostro è in realtà
un pericoloso pedofilo, dal “No future” è qualcuno che minaccia il Child. Nel mondo sempre più privi di
punti di riferimento metafisici, l’attentato alla sacralità del Child rimane uno degli ultimi luoghi in cui c’è il
totale accordo sociale. L’accordo sociale c’è sempre stato, solo che in precedenza c’è maggiore accordo
sociale su per esempio non dare scandalo, le priorità erano diverse. Adesso la pedofilia ha connotati
profondi e quindi il pedofilo è il mostro. Sottolineare l’aspetto pedofilico del mostro significa mettere in
primo piano l’inversione della peristalsi, il paterno demoniaco, il pedofilo è la sintesi della negazione
culturale, ovvero l’adulto che dovrebbe lasciare il posto al bambino ma in realtà ne abusa e spesso lo
uccide, l’assassinio del bambino ma anche la potenzialità dello sviluppo culturale. Tutta la storia si configura
come rito d’iniziazione in cui la ragazza deve passare la prova per essere creduta. Ragazzi che si trovano in
una condizione particolare perché il mondo dei sogni è privato e ciò che è privato e non condivisibile, è
irreale. Quando vengono condivisi hanno uno statuto di realtà. Di fatti i ragazzi vengono danneggiati dal
mostro. Questo sogno è realtà ma non lo è davvero finché non viene condivisa con gli adulti. Gli adolescenti
non sono ancora titolari di realtà, che possono conquistare ma molti muoiono mentre Nancy riesce, dove il
padre le crede perché vede il mostro. Metafora presa alla lettera che i giovani vivono nei sogni. Principio di
poetica “Barone rampante” di Calvino, personaggio che non sta né in cielo né in terra (cosa improbabile). I
target sono gli adolescenti 16enni che escono dall’infanzia e devono diventare grandi. Quando la
condizione degli adolescenti viene vista come una condizione psichica viene liquidata come allucinazioni
“Now she thinks her dreams are real”. Insegnante altro rappresentante dell’ordine costituito “non tutto
quello che si vede è reale” l’insegnante si pone come la persona che ha titolo a distinguere ciò che è reale
da ciò che non lo è. La funzione sociale degli adulti è delimitare i confini di ciò che può essere considerato
ovvio. L’obbiettivo ultimo del testo è la costruzione del mondo reale a discapito della distruzione del sogno
che li riporta in una condizione fetale, e quindi diventare adulti è lasciare il mondo del sogno per una realtà
socialmente condivisa. Soluzione: discredito del predecessore, i genitori e gli adulti che vengono
rappresentati come forze negative che sono il male, mentre i ragazzi diventano i soggetti della forza positiva
che li porterà a conquistare la maturità. Il primo modo in cui gli adulti vengono screditati è Freddy Krueger
è un rappresentante dei genitori, mostro che torna dopa un’azione simbolica, quando viene processato
come pedofilo lui viene assolto e i genitori extra legem. ovvero in modo non conforme alla giustizia,
uccidono Freddy bruciandolo in uno scantinato. Lui è un mostro che risponde alla logica del fantasma che
ritorna con una carica di violenza legata ad un’irregolarità della sua morte che consiste nella violenza che ha
tolto la sua vita, che non era autorizzata, quindi criminale perché in un ordinamento sociale civile la
vendetta dev’essere sostituita dal processo giudiziario che presuppone di perseguire il caso di un soggetto
che viene giudicato o assolto. Lui tormenta non perché lui era un pedofilo convinto ma perché la sua morte
è irregolare e ciò lo fa tornare indietro. Lui che tormenta i sogni dei ragazzi facendoli morire rappresenta i
genitori perché è stata la trasgressione dei genitori il loro crimine a portare Freddy nel mondo dei sogni e
loro occultano il loro crimine anch’esso punibile per legge e sono tutti complici nella violenza perpetrata.
Freddy è carnefice ma torna dal mondo dei morti come vittima e la forza che lo anima è la trasgressione dei
genitori. Il predecessore perseguita il successore. Lui è un’incarnazione del paterno demoniaco che si
propone di fare danno al successore. Freddy è un criminale ma è stato trattato da un sistema giudiziario ma
è anche una vittima. La situazione disarmonica passa attraverso la dimostrazione dello stato di realtà di
queste esperienze oniriche. La dinamica della narrazione deve rafforzare la credibilità di Nancy e diminuire
quella dei genitori, non degni del ruolo sociale che incarnano. La storia va verso il far fuor il predecessore
per lasciar spazio al successore. La strategia superficialmente consiste nello sconfiggerei il mostro ma nella
sostanza è di sconfiggere i genitori. Nancy deve dimostrare che i genitori sono i bambini. Screditare i
genitori: hanno causato il ritorno del fantasma, la negazione dell’evidenza causa la morte dei ragazzi.
Negare i problemi per segmentare la realtà, per non riconoscere quello che succede ai ragazzi e le
conseguenze aumentano. Fine film: per proteggere la ragazza, il padre la chiude in casa blindando le uscite
che da un punto di vista simbolico è l’equivalente dell’infantilizzazione, il bambino nella culla. Imprigionare
l’adolescente è un segno di pericolo di bloccarne lo sviluppo. La vita della ragazza viene messa a repentaglio
proprio dal genitore che dovrebbe proteggerla. I genitori mentono, quindi non sono degni di fiducia. La
caratterizzazione della madre diventa sempre più debole, lei man mano che difende la sua figura finisce per
rimpicciolirsi, che è schiacciata dal senso di colpa mentre Nancy diventa più forte (strega e Biancaneve). Il
padre non prende sul serio la figlia. La ragazza sembra più seria nei confronti degli spettatori ma non del
padre.

28/11/18
Le narrazioni presuppongono in prevalenza protagonisti maschili e il punto di vista è quello del giovane
maschile, mentre quelle con il punto di vista femminile prevedono la fusione e anche la competitività. “La
terribile vendetta” di Gogol tra i racconti meno riusciti, dove vi è il padre demoniaco che vuole un rapporto
fusionale con la figlia e questo rapporto è connotato come anticulturale, incestuoso ma elemento di rilievo
è che il punto di vista della narrazione non è mai della ragazza, che è un personaggio secondario; mentre il
punto di vista è sul marito di lei che ha un rapporto competitivo con il suocero.
Passaggio da un immaginario fantasmatico a quello dello zombie che è un mostro nuovo, inventato nella
nostra cultura e per questo ci dice delle cose in più rispetto ad altri di come funziona l’immaginario
contemporaneo. Questo mostro è la versione materialistica del fantasma, è la sopravvivenza di un
predecessore defunto ma ha cambiato i connotati perché non è più rappresentato come un’individualità
spirituale ma come una non individualità materiale. I due tratti principali:

1. mancanza di coscienza, ovvero non è una personalità individuale anche se il corpo è lo stesso;
2. nella sparizione della personalità sul piano cognitivo si ritrova un’esclusiva materialità, ha una
componente vitale soltanto se questa è pura chimica e stimoli elettrici, non ha una dinamica.

C’era bisogno in una cultura laica, priva di valori, di spiritualità per trovarvi spazio per un mostro che fosse
solo materia. Non si hanno casi di resurrezione corporea legate a narrazioni, ma si possono ricordare le
resurrezioni evangeliche come Lazzaro che viene compiuto da Gesù per mostrare la propria potenza, anche
se Gesù indugia quando il cadavere era già deteriorato. Questa resurrezione sottolinea l’aspetto corporeo,
Lazzaro non è un fantasma. Questa resurrezione corporea è specifica della religione cristiana ed è il punto
di vista degli apostoli. La predicazione ad Atene dei Greci si scontra con il fatto che tutte le cose che tutti gli
esponenti di vari pensieri avevano da dire erano interessanti per il popolo ma nel momento in cui Paolo
menzione la resurrezione dei morti la gente lo prende in giro negli atti degli apostoli 18-32. La resurrezione
della carne è un’impensabile delle culture precristiane quindi è possibile solo una continuità
dematerializzata. Quindi quella materializzata è cristiana e di rottura. Cappella di Orvieto affresco del
giorno del giudizio in cui i morti risorgono con la carne, i morti escono dalle tombe con le ossa e poi si
ricoprono di carne. Le anime sono rappresentate in maniera corporea. I morti escono dalla terra o già come
carni o ossificati e si rivestono di carni. L’idea di un mostro come lo zombie è un’idea che mette insieme
caratteristiche già esistenti ma le assembla in maniera originale. Tutte le attestazioni di resurrezione
corporea sono aliene rispetto alla prospettiva demonizzata, i morti fisici fanno paura o pena ma non
vengono rappresentati come i mostri ctoni sempre ad avere la natura demoniaca. I cadaveri di per sé non
sono spaventosi. Mummia, il passaggio dagli anni ’30 dell’800 e quelli del ‘900 “le Roman de la momie” di
Gautier storia della scoperta archeologica di una tomba intatta nella prima parte, mentre nella seconda
parte si ha la lettura di un rotolo della storia della donna quando era viva. La mummia rimane un oggetto
neutro. Nelle “Operette Morali” di Leopardi sul tassidermista Ruysch (imbalsamatore che si occupa della
conservazione dei tessuti e lo studio di questi) e le mummie. Le mummie hanno una connotazione neutra
ma nel passaggio tra Gautier al film “La mummia” del 1932 cambia il mondo. Nel film la storia della
mummia è che questa mummia torna in vita e funge da tramite per la rievocazione di un’anima passata. Sul
corpo conservato vi è una sorta di trasformazione per cui l’immaginario ottocentesco è ancora legato al
contesto archeologico e la mummia può sorgere da tramite per la rievocazione di un’anima storica ma il
contesto non è orroroso. La mummia qui è un oggetto simpatetico. 100 anni dopo in America la mummia è
un oggetto assetato di sangue, mette insieme i pezzi per formare un mostro che incarna lo Zeit Geist
(mostro del tempo politico sociale culturale), mostro più facilmente in cui ci si identifica, identità mostruosa
più ovvia. La componente predatoria e competitiva del morto risorto con i vivi si afferma piano piano.
L’individualismo borghese (‘800) e quello americano unito a una serie di coordinate specifiche del rapporto
americano con il predecessore ha determinato un rapporto di competizione con il predecessore, dove la
vita diventa l’oggetto del contendere. Zombie come creazione casuale. Zombie nasce nel 1968, la parola
“zombie” è africana che viene adattata nel contesto del folklore caraibico e si riferisce ad una persona viva
che è sotto l’effetto del potere di un mago e una personalità che la domina, quindi questa figura perde la
propria identità e diventa strumento nelle mani di un altro, l’essere abitato dalla personalità di un altro. Ciò
ha radici più lontane nella leggenda del Golem, creatura di argilla che viene animata scrivendo una parola
ebraica sulla fronte e lui diventa una forza lavoro che obbedisce in maniera passiva al padrone. Dal ‘500 al
‘900 il Golem torna più volte, nel folklore caraibico questa figura del Golem è una persona in carne e ossa
che perde la propria personalità a causa di sostanze psicotrope. Dal punto di vista scientifico sono state
fatte molte ricerche, è una pratica legata a specifiche condizioni socio - economiche, come il lavoro faticoso
che si avvantaggia di un aiuto chimico per la tolleranza della fatica. Da una pratica che riguarda l’alterazione
psicotropa delle persone vive, lo zombie diventa un oggetto nelle mani altrui e assume delle caratteristiche
demoniache. In “wide zombie” e film degli anni ’30 è rappresentato come una persona viva drogata dallo
scienziato, stregone, ecc e a partire dal 1932 lo zombie fa il suo ingresso in questo panorama
dell’immaginario di consumo ed è una figura della predita di coscienza e alienazione legata al lavoro
schiavile. La volontà aggressiva non è quella dello zombie in sé, ma quella di chi lo controlla. Nel giro di
pochi anni il modello di zombie si ibrida con altri modelli di mostruosità per produrre lo zombie di seconda
generazione introdotto da George Romero. Tre fasi principali di zombie caratterizzate dalla variazione dei
parametri “vita” e “coscienza”:

 Zombie haitiano, vivo ma non cosciente, perché manipolato dell’esterno – living dead;
 Zombie di default, di seconda generazione, romeriano che è un corpo morto in senso biologico ma
ritorna in movimento animato dall’impulso antropofago ed è totalmente privo di coscienza. Ha un
legame con quello precedente perché privo di coscienza, ma l’espressione “living dead” viene presa
alla lettera;
 Zombie di terza generazione, metazombie è un corpo morto ma ha sviluppato una coscienza. È
attestato a partire dal film “The return of the living dead” di O'Bannon che ha collaborato con
Romero ma poi si sono divisi. La fase numero tre è il contrario del numero uno.

Dal referente degli anni ‘30 si cambia nel referente degli anni ‘90. La seconda è quella che prevale e ha
occupato la casella di zombie ed è il significato che viene immediatamente evocato. Nell’immaginare
questo mostro, Romero opera un’ibridazione con il vampiro, nonostante entrambe le figure non hanno
niente in comune, anzi il vampiro è tutto ciò che lo zombie non è. Le tappe vanno ricercate in una temperie
politico - sociale e nella filiera di tipo letteraria, ovvero un romanzo americano “I am legend” di Matheson
degli anni ’50 che viene portato sullo schermo diverse volte con variazioni nella trama. Prima trasposizione
cinematografica del 1964 che ha successo negli Stati Uniti e Romero è stato colpito da questo. In questo lui
prende il vampiro che ha paura delle croci, dell’aglio, sono incompatibili con la luce del sole, ecc vampiro
tradizionale del filone stokeriano. Matheson introduce un elemento originale ovvero la riduzione
biologistica della mostruosità, cioè a differenza del vampiro tradizionale (mostro complesso ma
tendenzialmente vitale, forme di assenso e d’intenzionalità) qui il vampirismo è una malattia indotta da un
agente patogeno e diventa un fenomeno di massa, vi sono legioni di vampiri che sterminano la specie
umana e o gli uomini si trasformano in mostri oppure vengono sbranati dai mostri. Fa capire l’evoluzione
dei paradigmi dell’immaginario, è stato fatto fuori lo spirituale per un processo di genesi in un mondo in cui
non vi è più un dio (è assurdo che il vampiro abbia paura del crocifisso), è una malattia. Si entra in un ordine
di mostruosità meccanicistica biologica scientifica, ordine sperimentale delle scienze biomediche.
Condizione massificata che minaccia l’estinzione stessa dell’esistenza umana. Riflesso dello Zeit Geist
(temperie politico culturale) in una visione atea, razionalistica. Immaginario dell’invasione indiscriminata,
metà degli anni ’50 vi fu una acutizzazione delle tensioni della Guerra Fredda, opposizione dei precedenti
alleati USA e Urss che polarizzano l’intero mondo in due aree d’influenza (“terzo mondo” deriva dal fatto
che USA e Urss rappresentano i due primi mondi che si combattono), la paura di un’escalation di violenza è
stata molto presente ed ha segnato la cultura degli anni ‘50 e ‘60. Negli USA questa contrapposizione è
stata alimentata da una serie di fobie, tra cui le disposizioni promosse da McCarthy per individuare le
persone compromesse dall’ideologia comunista. Clima di paranoia, di sospetto generalizzato in cui le
persone erano invitate a denunciare i comportamenti non conformi e sospetti degli altri. Mondo della
cultura e del cinema perché molti intellettuali di sinistra lavoravano in questo ambito. Qui matura in
maniera urgente la paura di un’invasione segreta che emerge in prodotti della cultura di consumo come
“L’invasione degli ultracorpi”, ovvero persone che ti sottraggono il corpo, entità che vengono dall’ultra
spazio e conquistano la terra colonizzando come parassiti la società degli uomini ai quali vengono sostituiti i
“bodies nature”, che rimpiazzano gli uomini indistinguibili dell’aspetto con alieni. Epidemia di vampirismo, i
vampiri che si diffondono in maniera contagiosa sono i mostri tra noi e in cui c’è il rischio che noi ci
possiamo trasformare, lo Zeit Geist dell’America che ha paura del pericolo in eterno. Romero elimina il
tratto vampiresco con la connotazione spiritualistica e tutti i connotati del vampiro transilvano, vampiri di
Matheson privati di croci, aglio, luce… gli zombie sono vampiri che mantengono le proprietà fisiche del
vampirismo senza avere connotazioni tipiche religiose, sono solo corpi cattivi. 1966 film della Hammer, casa
di produzione britannica di film horror che rielaborano dinamiche di vario genere e distinti dal filone
americano, produce “The plague of the zombies” di Gilling, esempio di transizione ma il contrasto con il
mostro di Romero ci fa comprendere quali sono i tratti che poi trovano terreno fertile nell’immaginario per
svilupparsi. Fisionomia del mostro: zombie a metà strada tra prima e seconda generazione, haitiani usati
come forza lavoro che lavorano in maniera alienata. Dietro alla condizione degli zombie alienati vi è uno
stregone capace di far resuscitare i morti, quindi sono morti che vengono resuscitati. Qui siamo nella
seconda generazione. Questi zombie sono passivi, puri strumenti nonostante siano morti viventi, non sono
animati da una condizione antropofaga. Lo zombie romeriano è di successo perché polarizza l’attenzione
sulla natura predatoria del mostro e su questa dimensione competitiva. Da un punto di vista adrenalinico
(“la notte dei morti viventi” 1968) il film di Gilling sembra uno sorpassato di gusto perché non adrenalinico
ma il vero pericolo è dello scienziato che li produce. Quello di Romero è far vedere che i mostri sono
alimentati da una volontà aggressiva che non ha una causa apparente. Nel film del ’68 c’è la menzione di un
evento scientifico particolare, quindi l’inizio di questo fenomeno viene messo in relazione ad un
esperimento anche se non gli viene dato importanza. Questi morti tornano in vita senza un motivo
apparente e sono animati da volontà omicida. Mostro che sintetizza al massimo quello che dev’essere il
nucleo estetico della cultura americana esportata in tutto il mondo. Il film di paura diventa diffuso ma non è
più legato ad un immaginario di atmosfera sinistra, ma ad una situazione predatoria primitiva, cioè la
persona con cui lo spettatore si identifica che viene sbranato. Questo predatore è uno zombie, un alieno,
ecc l’horror americano ha concentrato tutta l’attenzione di questo genere nella specifica situazione
dell’inseguimento, situazione primordiale. Tutti i film disegnano un percorso che sembra globale ma in
realtà sono una striscia che si pone come regola esclusiva. Il fine è quello di scappare, massimizzazione della
trama narrativa basata sul panico predatorio. Il film del ’68 è “La notte dei morti viventi” che nasce come
film dell’orrore ma viene pensato come un messaggio politico, difatti Romero era un intellettuale di sinistra.
La trama è legata all’effetto di suspence sul finale che ci permette di trovare la chiave di lettura sulla nascita
di questi mostri. Nel primo film vi è una situazione di assedio ma il punto più importante è la conclusione di
tutti i vivi che si erano chiusi in casa, l’unico razionale uomo nero si è salvato. L’uomo vivo sul tetto segnala
la sua presenza ai soccorritori e questi lo scambiano per un mostro e lo sparano. Soccorritori bianchi contro
nero. Messaggio alternativo critico di sinistra del regista che con questo film intende mettere in primo
piano la natura della discriminazione raziale, il suo intento è che i neri non vengono considerati persone ma
mostri e le forze dell’ordine bianchi si comportano con i neri come fanno con i mostri. L’immaginario
zombie legato alla paura dell’invasione mimetizzata, occulta che ci fa ritrovare circondati dal pericolo senza
essercene accorti, delle matrici politico - sociali cosi nella prospettiva di Romero la matrice principale è la
tematizzazione dell’angoscia, del panico della società americana della fine dell’Apartheid. Negli anni ‘60 il
movimento di rivoluzioni civili ha avanzato, nell’immaginario comune americano, la presenza dei neri
sempre legata all’identità americana, assume una nuova salienza per cui i neri escono fuori dal loro ghetto
sociale per rivendicare una pozione uguale a quella dei bianchi. Questo elemento è tra i fattori che rendono
la figura dello zombie una figura che va dritta al diaframma, che parla prima ancora allo stomaco dello
spettatore americano, è la concretizzazione delle paure americane verso la fine dell’Apartheid. Zombie
come figura del muoversi dei neri, quindi inquietudine degli americani. Nei film della prima generazione gli
zombie sono schiavi. Le tre principali direzioni della valenza estetico - ideologica dello zombie, che tipo di
fascino esercitano sullo spettatore e che significato ha. La fruizione estetica dello zombie ha tre direzioni
principali:

 Dimensione legata alle dinamiche di base dell’orrore, quindi popolari perché sono il mostro che in
maniera più sintetica e acuta drammatizza il processo predatorio, sono un’alterità tenuta che si
scatena in maniera aggressiva e predatoria e, alla base della loro fruizione vi è la stessa dinamica di
altri mostri come squali;
 Il livello più importante zombie come specchio analitico, che ci rimanda un’immagine che mette
in evidenza le radici di mostruosità della società che è la nostra: alienazione, privo di coscienza,
ecc… consumatore alienato. Ciò è evidente nel secondo film “L’alba dei morti viventi”. L’io del
nostro sistema socio - culturale si rispecchia in essi e ci ritrova delle componenti già implicite nel
soggetto;
 Terzo livello che prevale in altre rappresentazioni dello zombie = in senso freudiano, come
concretizzazione dell’es, libido che cammina. E in una visione come la nostra il loro impulso
irrefrenato a mangiare rappresentano la figura di tutti i desideri. Diventano una figura del desiderio
che perde ogni tipo di barriera che viene dalla censura della coscienza.

Sono presenti contemporaneamente tutti e tre i livelli. Zombie come cattivo, l’altro, mostro predatorio.

29/11/18

La natura dello zombie, esemplificazione più analitica della fenomenologia. I punti su cui si è conclusa la
lezione sono:

1. a un primo livello gli zombie sono mostri che rappresentano l’alterità, la mostruosità e ciò rispetto a
cui definirsi per contrapposizione, quindi gli zombie sono gli altri. La definizione più generale del
mostruoso è che il mostruoso è una qualità che permette di riconoscere un limite estremo del
soggetto e che è funzionale alla definizione del soggetto. Vale sia sul piano psicanalitico sia su
quello culturale. Non si può definire il soggetto se non tramite la contrapposizione differenziale. Se
a un primo livello i mostri sono mostri come gli altri, allora perché procedere con l’analisi di uno
zombie?

2. Secondo livello: non sono più mostri come gli altri, ma sono mostri che rispecchiano meglio degli
altri mostri le peculiari condizioni della soggettività nella cultura in cui siamo immersi. La
soggettività è densa di significato perché tira fuori alcuni lati caratteristici della nostra visione del
mondo → il materialismo; il fatto che questi mostri sembrano fatti a doc per una società in cui
l’individuo è annegato in una dimensione dove è affogato cioè una massa; la terza e importante
componente è il fatto che appaiono come la concretizzazione dell’alienazione. Concetto marxiano e
gli zombie sono a tutti gli effetti il mostro che in modo più trasparente traduce una condizione base
della civiltà capitalistica e che va avanti da tanti secoli ma che raggiunge nella nostra società forme
estreme → il soggetto è alienato nella sua funzione all’interno del sistema produttivo. Da un lato si
ha alienazione delle masse proletarie, dall’altro quella di chi partecipa al sistema non producendo
ma consumando. Lo zombie diventa la traduzione simbolica, la concretizzazione corporea di una
caratteristica presente nella nostra cultura e molto rilevante.

Ecco perché gli zombie sono attraenti e affascinanti, perché parlano al soggetto contemporaneo molto più
di altri mostri. Le indicazioni vanno verificate con l’analisi dei testi e con l’esame della evoluzione storica.
3. La valenza dello zombie come ancora una volta concretizzazione simbolica, ma di una componente
diversa, quasi opposta al numero 2. Alienazione è la perdita completa di spazio della soggettività, mentre lo
zombie in maniera complementare sembra veicolare il messaggio contrapposto. Cioè lo zombie è una
specie di forza desiderante completamente priva di ogni inibizione.
Sostanzialmente gli zombie sono un mostro complesso, e il loro studio è rilevante perché gli zombie sono
molto utili perché ci comunicano le dinamiche e le esigenze di massa. La prima dimensione della valenza
estetica dello zombie rientra nella stessa prospettiva freudiana della demonizzazione del defunto. La
rivoluzione di Freud consiste nel dire non dobbiamo chiederci perché i morti ci odiano, ma perché noi li
odiamo e che tipo di odio riversiamo loro addosso. (riferimento al complesso di Edipo). Questo modello di
dinamica psicologica va ripensato ed esteso a una prospettiva di tipo socializzato, ma questo stesso tipo di
domanda va bene anche per spiegare gli zombie: se ci vogliono sbranare, allora noi rappresentiamo gli
zombie come gente che ci odia, allora dobbiamo rovesciare la domanda e chiederci qual è la componente
identitaria degli zombie verso cui esercitiamo la nostra repulsione e avversione? Cosa ci repelle di loro? A
livello generale sono morti che ritornano quindi lo schema edipico può anche andare bene, come se fossero
padri demonizzati. Ma sono anche altre cose: cosa hanno di specifico? Sono masse, quindi c’è un tipo di
fobia che viene tradotta bene dallo zombie che è una sorta di fobia delle classi inferiori → in termini
marxisti, ciò che gli zombie rappresentano di alieno e spaventoso è la paura dell’invasione dal basso. Cioè
vengono fuori dalla terra come i topi, dalle fogne. Nell’immaginario nazista gli ebrei erano rappresentati
come invasione dal basso. Gli zombie sono uno dei modi in cui l’immaginario articola il pensiero
dell’invasione razzista. Gli zombie prendono forma negli anni in cui cominciano a muoversi le masse nere:
infatti il primo film dove compaiono è quello in cui si parla delle razze e dell’inferiorità delle razze. c’è
sempre una massa minacciosa che incombe all’orizzonte se parliamo di zombie. Molto frequente è la fobia
della massa che invade. È evidente che la costruzione sociale del numero e dell’invasione è finalizzata ad
alimentare un certo tipo di fobia, e la fobia sociale è sempre costruita sulla base dei confini culturali (spazio
cultura e non cultura). Lo zombie è demonizzazione delle classi inferiori, come vengono rappresentate dalle
classi superiori. La caratteristica dei gruppi e delle masse demonizzate è quella di essere una grande
quantità, nel senso che con gli zombie non si deve mai fare i conti con un confronto individualizzato. Hanno
una consistenza fluida, non una soggettività articolata e sono l’equivalente di una nube, un corpo fluido,
inteso come massa. Altri aspetti: sono stracciati, rappresentati come straccioni, hanno i vestiti a brandelli, in
contrapposizione con la tradizione di seppellire con i migliori vestiti. Sono anonimi, privi di personalità, e
soprattutto sono spinti da una unica motivazione che è la fame. Sono gigantesche masse affamate che
vengono e ci minacciano perché vogliono mangiare ed è chiaro che il modo migliore di rappresentare
questa fame è quella di una fame predatoria e aggressiva, perché si nutrono di carne di persone. Questi
zombie sono una sorta di emersione dell’identità proletaria, massa stracciona e affamata. È interessante
che nel primo film di Romero dove il mostro è stato inventato, gli zombie fossero indifferenziati e il focus
fosse sull’invasione razziale. Nel secondo film del 78 – 79, vengono rappresentati come portoricani che
muoiono in gran numero, e sono l’equivalente dei migranti africani per gli europei. Cioè gente che invade lo
spazio culturale minacciandolo. Questi zombie possono essere visti come una figura dell’alterità, che è di
tipo sociale. L’Alba dei Morti Viventi. È interessante che il discorso critico sugli zombie dica che sono una
concretizzazione della soggettività alienata della società. In questo film tornano nel supermercato dopo
morti e si aggirano per gli scaffali → valenza simbolica. Ma se guardiamo meglio la dinamica del film, qui
viene raccontata come tutti i film sui mostri massificati, la storia di un assedio. Se consideriamo che il teatro
occidentale ci ha lasciato la seconda tragedia data di Eschilo I Sette a Tebe, in cui la prospettiva di base è
quella della cittadinanza che si trova all’interno di un assedio. La caratterizzazione dei nemici come mostri
bestiali e pre-culturali, mostri che vengono da fuori e stringono la città d’assedio. Nella civiltà ateniese la
valenza simbolica civica di questo testo è che non c’è niente di meglio per rafforzare l’unità civile che
festeggiare la sconfitta di un mostro assediatore. Infatti anche nei film è sempre presente una situazione di
assedio. Nel primo film di Romero delle persone vengono aggredite e invase da zombie e si rinchiudono in
una stanza per rifugiarsi. Nel secondo film la situazione è: i buoni, i nostri, un piccolo gruppo di persone che
scappano si rifugiano in un centro commerciale abbandonato blindandolo completamente e quel centro
diventa la nuova città assediata → fuori ci sono milioni di zombie che cercano di entrare, e se entrassero gli
impedirebbero di godere della vita nel centro commerciale, ma quello che succede è che alla fine per un
errore dei rifugiati, la loro presenza nel centro commerciale viene individuata da un gruppo di sciacalli, di
bikers, che vivono spostandosi velocemente riuscendo a sopravvivere non con la logica dell’assedio ma
superandoli per velocità. Dobbiamo dire che noi siamo spinti a fare il tifo per quelli dentro al centro
commerciale, e la loro esistenza è minacciata da fattori di disturbo esterno che sono prima gli zombie e poi
gli sciacalli. Gli sciacalli sanno spaccare vetri e aprire le porte e allora la vita dei rifugiati viene sconvolta
perché tutto lo spazio di ordine culturale in cui vivevano avendoci scorte di cibo e beni commerciabili, viene
completamente devastato dall’irruzione di questo elemento di disordine esterno, non solo lo zombie ma
anche lo sciacallo. Che qui sono accomunati dalla funzione di minacciare la sopravvivenza. Questa cosa la
vediamo parlando del film di Romero che è estremamente interessante per esemplificare la valenza
estetica dello zombie come mostro pericoloso che incarna un’antagonista demonizzato ovvero le classi
inferiori; dall’altro lato sempre nello stesso film, si sovrappone la valenza dello zombie come specchio della
identità alienata, che in un certo senso mette in luce una cosa che tutti sappiamo cioè che gli zombie
mettono in luce quello che noi siamo comunque → cioè la logica che sta alla base di questo mostro è una
logica che mette in primo piano il fatto che tra noi e il mostro non c’è una alterità sostanziale di identità di
base: gli zombie sono una versione di noi spostata nel tempo. Nel caso degli zombie questa componente è
importante: nel momento in cui temiamo lo zombie abbiamo anche paura della nostra condizione mortale,
perché volenti o nolenti comunque moriamo. Lo zombie a differenza degli altri mostri è un mostro con cui
siamo sospinti in modo inevitabile a identificarci, e la contrapposizione è un modo di esorcizzare questa
condizione. La cosa interessante è che con gli zombie siamo nel campo di un mostro congruente con una
civiltà laica, che ha completamente perso la dimensione spirituale, sono mostri materialisti di un mondo
materialista. Questo film e l’altro di Romero sono molto interessanti anche sul piano artistico, sono costruiti
bene sul piano narrativo e veicolano una rappresentazione di strutture simboliche coerente. Qui Romero
capisce che non bisogna dare una spiegazione per motivare il sorgere nuovamente dei corpi degli zombie,
ma semplicemente succede. Un personaggio nero dice che suo nonno stregone gli diceva che quando non
ci sarà più spazio all’inferno i morti cammineranno di nuovo sulla terra. Viene suggerito quindi che è una
cosa detta da un portatore di una cultura non occidentale, e questo è un riferimento alle guerre che hanno
funestato il 900 e negli anni in cui viene pensato il primo film ci sono guerre importanti come quella del
Vietnam e altre. L’idea che i morti di morte violenta sono troppi è un’idea già con una connotazione
ideologica precisa. Fin da subito si dice che è una catena di violenza, chi viene ucciso subito si alza e uccide
a sua volta. Nello spezzone di film: siamo di fronte a un dibattito tv dove la società si mostra nel panico di
fronte a un qualcosa che non sa come controllare. C’è un caos molto rilevante dal punto di vista simbolico,
perché si fa capire che gli zombie sono una malattia che rivela le condizioni del corpo che affligge. Le
malattie sono dovute ad agenti patogeni esterni ma possono esser tenute sotto controllo dalle difese
immunitarie. Qui abbiamo la malattia del corpo sociale, che è malato già a monte così che non può gestire
la malattia. Gli zombie sono facili da controllare: sono lenti nei movimenti, e come sta dicendo lo scienziato
si possono eliminare in un certo modo ma tutti quanti sono nel panico ed è questo panico che rende il
problema non controllabile. Dopo viene presentata l’identità degli zombie con enfasi sulla dimensione della
fame, del nutrimento. Sta succedendo che in diretta tv i tizi litigano sul fatto che alcune stazioni di soccorso
vengono annunciate da i titoli di sovrimpressione come ancora attive, in realtà sono state smantellate. La
donna ha eliminato gli avvisi perché la gente potrebbe andare in un posto che gli viene segnalato come
protetto e trovarsi in situazione di pericolo, quindi ritiene più onesto non dare indicazioni → tutto questo
per mettere in evidenza che la società è in crisi profonda. Successivamente vediamo una scena di attacco
della polizia a un edificio dove si rifugiano dei portoricani che hanno problemi per malavita, e fra le cose
negative del gruppo c’è il fatto che hanno dei morti di cui non vogliono liberarsi per un fatto di culto dei
morti. La battuta rilevante è quella del poliziotto che dice di uccidere tutti i portoricani, neri invasori che
tornino nelle fogne da cui sono arrivati. Alla violenza indifferenziata fa riscontro un altro elemento che
riguarda il fatto che gli zombie sono la traduzione della violenza indifferenziata perché una volta
zombificata una persona non è più in grado di riconoscere i suoi cari né di essere quello che era prima. Una
scena qui ci dimostra questo → il marito sbrana sua moglie, ma non è in grado di comprendere questo
fatto. La sovrapposizione funzionale tra zombie e sciacalli si vede nel momento in cui appaiono e invadono
il supermercato. Gli sciacalli sono animati da un desiderio competitivo, e viene posta da loro una
contrapposizione tra i due gruppi proprio come se non fosse possibile una convivenza- ma gli sciacalli
rappresentano un gruppo sociale non compatibile col gruppo sociale borghese che abita il centro
commerciale. Come viene caratterizzata l’identità dei personaggi nel centro commerciale? Sono personaggi
con cui siamo chiamati ad identificarci, ma se ci fermiamo a riflettere ci rendiamo conto che la
contrapposizione con gli sciacalli ha le crepe. Noi spettatori ci identifichiamo coi protagonisti partendo da
un presupposto non fattuale: il centro commerciale appartiene ai nostri eroi. Presupposizione sbagliata, il
centro non è loro, e loro stanno semplicemente usufruendo di un bene altrui. Tecnicamente queste
persone barricate sono persone che non hanno diritto di stare lì, proprio come gli sciacalli che arrivano →
sono persone che abusano di beni non loro. Qui ci colpisce allora la disparità di trattamento: facciamo il tifo
per i barricati e odiamo quelli che vengono da fuori. I personaggi si comportano come bravi investitori
borghesi, sigillano il centro commerciale e poi mettono tutto apposto per prepararsi a stare lì dentro per un
tempo molto lungo. I nostri eroi mettono in ordine chiudendo i cadaveri degli zombie ormai morti dentro il
frigorifero. Dobbiamo osservare come viene rappresentato il loro rapporto col denaro (e poi contrapporlo
con quello degli sciacalli) → hanno trovato la cassa centrale del centro commerciale e danno per scontato
che il denaro sia loro, e vengono rappresentati mentre si appropriano di vestiti, orologi e ogni bene che
vendono, la loro permanenza è rappresentata come se fosse un periodo di vacanza. Quando gli sciacalli
entrano → fanno razzia e una confusione terribile. Ora si vede il diverso comportamento tra sciacalli e
occupanti borghesi. I primi sono a tutti gli effetti funzionalmente equivalenti agli zombie: vengono e
impediscono ai nostri eroi di godersi questi beni. Noi siamo in un certo senso emotivamente spinti a
metterci dalla parte degli occupanti perché per gli sciacalli quello che importa è la distruzione dei beni. Il
modo di leggere la contrapposizione è legato a una rappresentazione dell’ordine borghese: cioè gli sciacalli
prendono il denaro e fanno la stessa cosa che hanno fatto i borghesi, solo che gli altri lo fanno in modo
composto mettendo le banconote tutte in una busta, mentre gli sciacalli riempiono un sacco come i
rapinatori e buttano all’aria anche delle mazzette. L’operazione è la stessa, si stanno appropriando di un
bene che non appartiene a loro: ma il testo è costruito in modo da avallare la bontà di un’azione in
opposizione all’altra, e la bontà degli occupanti è dovuta al fatto che l’ordine borghese è capace di
prendere possesso di un territorio semplicemente recintandolo. (un fatto storicamente avvenuto in
Inghilterra, c’era un conflitto tra la corona e i ceti popolari e l’aristocrazia che recintava, il recintare è un
modo di appropriarsi in opposizione al soggetto antagonista). Gli zombie sono la non cultura perché non
sono soggetti ma sono una pura forza avversa mentre gli sciacalli sono una cultura altra, che non pianifica,
non agisce e non costruisce in modo conforme al sistema sociale. Il punto è che nella lettura più comune
degli zombie, vengono rappresentati come allegoria della condizione alienata dell’io nella società del
capitalismo avanzato. Ma il problema è che questa alienazione non riguarda più soltanto quella di cui parla
Marx relativamente alla vita del proletario, ma che riguarda anche gli altri attori del sistema di produzione e
consumo cioè i consumatori. Da un lato lo zombie è figura di alienazione in senso marxiano originario, cioè
danno vita a questa identità sociale da classe oppressa che si risveglia e torna a rivendicare dei diritti. Al
tempo stesso la loro funzione è quella di rendere visibile il fatto che le stesse classi dominanti cioè la
borghesia, non è meno alienata del proletariato nella misura in cui il sistema capitalistico induce alla
necessità di un’esasperazione dei consumi che producono a loro volta una forma di alienazione della
coscienza. Per alienazione marx intende che il lavoratore è spossessato di quelli che sono elementi vitali
imprescindibili strutturali della sua umanità → per Marx l’uomo che realizza le sue potenzialità è una
persona che ha il controllo delle sue azioni e che compie azioni in relazione ai suoi fini e che vede il
significato delle cose che costruisce col suo lavoro, e si realizza anche nella sua componente mentale,
intellettiva, spirituale. Tutto ciò viene sottratto al proletario ottocentesco perché i turni di lavoro estenuanti
lo separano da tutti questi obiettivi. L’operaio deve stare a lavoro e fare una piccolissima parte del processo
produttivo perdendo il senso di quello che sta facendo a causa del gigantesco processo di produzione
industriale. È quindi alienato dalla logica generale del processo e dallo stesso oggetto finale del processo. La
condizione alienata del proletario consiste nel non sapere cosa si sta facendo e dell’essere completamente
privi della componente intellettiva perché il lavoro in catena di montaggio non richiede una partecipazione
mentale. Nel sistema capitalistico tutto si basa sul fatto che le merci prodotte abbiano un ricircolo in una
dinamica commerciale e questo prevede la creazione di classi consumatrici che consumino i risultati della
produzione. Per far consumare beni di cui non c’è strettamente bisogno, occorre costruire (ecco altro
capitolo interessante dell’analisi di dinamiche culturali) i desideri → costruzione strutturata in modo da
sovraimporre una quantità di desideri che non sono tirati fuori dalla psiche profonda delle persone ma sono
buttate loro addosso da dei sistemi di psicologia sociale che servono non solo a orientare i consumi ma
propriamente a far formare e crescere i desideri. Anche la genesi e il controllo diventa parte importante del
sistema capitalistico e finisce per alienare il soggetto dai suoi obiettivi perché vengono scavalcati da
obiettivi diversi che vengono potenziati perché corrispondono al sistema di produzione capitalistico →
piuttosto che indurre in qualcuno il desiderio di una bella passeggiata lo si induce a desiderare una
macchina perché ovviamente la passeggiata non richiede dispendio di denaro e non aiuta la catena
produttiva.

30 novembre 2018

La semantica dello zombie e il suo effetto estetico sono legati a una pluralità di fattori: possibilità di un
rispecchiamento analitico che mette in evidenza quali sono contenuti rimossi e repressi, e un’altra
componente che coesiste con le altre due e che emerge solo in alcuni casi come quella prioritaria: quella
che attribuisce allo zombie la valenza simbolica di rappresentante di una funzionalità originaria che non è
filtrata da alcuna forma di repressione culturale → sono modellizzati come macchine, organici, e l’unica loro
caratteristica è quella di essere animati da un impulso di fame, che è specificamente antropofago e in alcuni
casi è ulteriormente specifico perché si nutrono solo del cervello. Nel bisogno alimentare lo zombie non è
diverso dallo squalo, perché gli zombie sono esseri animati capaci di impulsi. Perché allora diventano dei
veicoli positivi cioè connotati parzialmente positivamente? Perché lo squalo dal punto di vista biologico è
un mostro propriamente alieno, vive in un habitat completamente separato o sovrapposto al nostro ed è
una figura dell’altro. Nel caso degli zombie invece è il fatto che gli zombie siamo noi → sono l’immagine
riflessa da uno specchio che si potrebbe considerare rivelatore, sia in senso sincronico, sia in senso
diacronico. Diacronico perché mostrano ciò che anche noi saremo, cioè cadaveri putrefatti. Sincronico
perché ci mostrano ciò che noi nascondiamo nel profondo. In generale quello che conta è che lo zombie a
differenza degli altri mostri predatori è una immagine differenziata ma speculare. Anche in una percezione
non analitica o approfondita, è un luogo comune che lo zombie sia una immagine dell’uomo, ed è
l’immagine della sua condizione alienata. Lo zombie di cui parliamo è una estensione riconnotata
positivamente di questa alienazione → la terza componente della semantica zombie è la connotazione
positiva come soggetto di una forza desiderante, che è una forma di valore positivo in una serie di sistemi di
pensiero che sono importanti per la visione del mondo occidentale, ad esempio: tutto il freudismo si basa
sull’idea che alla radice della persona ci sia l’es, impulso primordiale che consiste in impulsi desideranti. Al
tempo stesso, anche in altri sistemi filosofici di diverso orientamento (es Schopenhauer. Che vede alla
radice ultima dell’identità la volontà). In un certo senso la capacità di volere e desiderare è componente
strutturale della nozione stessa di soggetto → il soggetto è una sintesi di capacità conoscitive e volitive e lo
zombie rappresenta una purificazione di questa visione del soggetto, cioè un soggetto ridotto al puro
desiderio. È una visione di secondo grado rispetto alle altre, perché la produzione di massa rappresenta i
mostri da cui dobbiamo scappare e anche quando vengono considerati specchio della nostra propria
alienazione sono comunque un orizzonte negativo, mai considerati simpateticamente. In quest’ultima
prospettiva lo zombie viene anche proposto all’identificazione del soggetto. Alcuni zombie diventano
zombie simpatici, cioè dal punto di vista della costruzione narrativa del racconto e della focalizzazione del
racconto sono rappresentati non più come alterità ma come soggetti il cui punto di vista viene preso in
considerazione. Uno dei film che analizziamo è canadese ed esplora questo tipo di visione, è significativo
che sia una parodia a più livelli: è un film canadese di Andrew Curry, ed è un film che si presenta come una
consapevole citazione della storia di fantascienza degli anni 50. è ambientato in una cittadina anni 50 e la
vicenda si riconduce alle spiegazioni per le situazioni di horror estremo del tempo: la nuvola radioattiva che
scatena l’epidemia di zombie → premessa dell’horror classico di zombie. Ma lo zombie viene inquadrato
come un essere potenzialmente simpatetico, e questi zombie sono metazombie. Sono cadaveri
semiputrefatti, vestiti di stracci e pieni di ferite ma hanno al tempo stesso un barlume di personalità. Non
parlano ma sono in grado di comunicare. L’idea del barlume di personalità è fondamentale per il fatto che
il desiderio senza una soggettività è inconcepibile e quindi gli zombie privi di personalità sono come la
pioggia che cade obbedendo alla forza di gravità, ma nel momento in cui si attribuisce a quello che è una
calamità impersonale una forma di soggettività, questa energia desiderativa diventa volontà e quindi
diventa il termine per una identificazione positiva. I film è la storia di una comunità dove gli zombie hanno
invaso la terra e scatenato una guerra contro i vivi e poi il problema è stato risolto perché una industria ha
inventato un collare che riesce a contenere l’impulso antropofago degli zombie alterando le loro proprietà
di base e lo zombie col collare ritorna lo zombie di prima generazione, cioè forza lavoro. Sono zombie di
terza generazione, e vengono di fatto trattati come animali domestici. Il collare smorza i loro istinti
aggressivi e vengono trattati come animali domestici. In questo orizzonte viene inserita la storia di una
famiglia, padre madre figlio, che non hanno uno zombie domestico mentre ormai in quanto persone di
servizio e forza lavoro sono diventati quasi uno status symbol. La prima parte della vicenda è dedicata alla
schermaglia della famiglia dove una parte vuole lo zombie e una no e alla fine arriva questo soggetto che
viene chiamato Fido e si inserisce nella famiglia in modo abbastanza tranquillo, tranne che la vicenda
comincia a svilupparsi sempre più accentuando l’aspetto di disfunzionalità del padre e per converso le
caratteristiche funzionali e positive dello zombie. Concretamente il padre è sempre più disinteressato alla
madre in termini erotico e affettivi e sempre più disinteressato al figlio in termini affettivi e paterni. Lo
zombie invece è rappresentato mentre assume la funzione paterna col bambino, ma anche come
estremamente sensibile alla femminilità della madre di famiglia in un modo che lo contrappone al marito →
una forma di turbamento olfattivo esprime la sua sensibilità ed è sempre ambigua perché gioca con la
convergenza semantica del desiderio sessuale e quello antropofagico. Quando noi vediamo rappresentato
lo zombie che si mostra sensibile alla bellezza di questa donna, questo tipo di atteggiamento suscita una
forma di risposta positiva dal punto di vista della ricezione → lo spettatore è spinto a comprendere e
apprezzare, avere indulgenza e simpatia per il tipo di emozione che lo zombie sta mostrando. L’emozione
dello zombie diventa una caratteristica nuova rispetto allo zombie classico, sia di prima che di quello
romeriano. Contro lo zombie scatenato c’è solo il colpo di pistola alla testa o la decapitazione, quindi in un
certo senso la scena di Fido che annusa la signora è una sorta di rovesciamento della scena di Romero in cui
lo zombie non riconosce la moglie e la sbrana. Zomcom è l’industria che produce i collari che controllano i
mostri, e l’esperto di zomcom spiega ai bambini di cosa si tratta, nel film di Romero ha funzione analoga lo
scienziato. Il collare a ogni comportamento aggressivo fa corrispondere una scossa elettrica che fa soffrire
lo zombie e lo mantiene in tranquillità. Gli zombie devono essere capaci di riconoscere il telecomando del
collare e capire che verranno puniti, perciò questo presuppone che abbiano una coscienza. È un film
canadese che parodizza lo stile di vita statunitense. C’è una contrapposizione tra personaggi che vedono gli
zombie come esseri senza personalità e senza alcuna funzionalità, e quelli che invece simpatizzano con loro.
Il risultato è che ovviamente gli zombie sostituiscono i vivi. Gli zombie vengono usati per la loro forza dai
buoni come alleanza quando ne hanno bisogno. Il padre muore e sparendo lascia un vuoto relazionale che
per il figlio viene colmato dallo zombie Fido. Nella scena finale c’è una esplorazione del tema che rovescia
gli stereotipi del genere per mostrare che il mostro non è una figura del superato che ritorna ma al
contrario è un individuo che può perfettamente prendere posto in una dinamica progressiva come mostra
questo finale: la parodia del lieto fine tipico come in tutte le commedie. Lo zombie che è il demoniaco
negativo viene integrato senza problemi addirittura scalzando quello che è il vero termine negativo che è la
paternità autoritaria. Anche in questa forma di parodia comica, il cattivo (che è sia il padre del bambino, sia
della bambina) è il padre negativo: nel caso del bambino perché è disinteressato ed assente – nel caso della
bambina perché dispotico e aggressivo. Queste due figure vengono eliminate e sostituite dallo zombie.
Emerge un quadro che fa ridere e mette in crisi due nozioni: la nozione di ordine sociale – perché è in primo
luogo un film satirico sullo stile di vita americano, e in secondo luogo perché mette in crisi la
contrapposizione io – altro; sano – patologico – normale – mostruoso. Quello che la grammatica
caratterizza come mostruoso e patologico qui invece realizza la dinamica di ordine sociale progressivo e pro
sociale. Questo fa vedere un elemento importante: Fido è del 2006 ed è un film che fa i conti con un mostro
di repertorio ma che ha subito trasformazioni. Dalla sua prima apparizione cinematografica nel 1932 ha
cambiato i connotati tantissime volte. Aspetto dell’immaginario horror → si comincia con una
contrapposizione manichea radicale e totalizzante io-altro; per arrivare piano piano a una rappresentazione
dello zombie come creatura sì mostruosa e spaventosa ma portatrice di significati che ci riguardano. Lo
zombie nasce negli anni 30 e già è terrificante, si sviluppa come vampiro contagioso e distruttivo nei 60 e
nei 70 comincia a diventare veicolo di riflessione perlomeno critica. Lo zombie come specchio dell’identità è
comunque un’alterità di cui siamo parte e questo riduce la contrapposizione perché la frontiera bene-male
non sono più così totalmente separate e contrapposte senza che ci sia alcun tipo di interpenetrazione
sovrapposizione. Nel momento in cui nei 80 90 si mettono in scena zombie di terza generazione: vengono
rappresentati come masse oppresse al cui interno si articolano soggettività di coscienza che prima non
c’erano e successivamente lo zombie è una figura della condizione umana in sé come condizione di
sofferenza, alienazione, privazione → semplicemente una metafora dell’umano. Ecco perché nei 90 e primi
anni 2000 sono tendenzialmente zombie positivi, sempre mostruosi nella loro rappresentazione ma si tratta
di una mostruosità patetica che sollecita una identificazione e una comprensione verso di loro. Come per il
vampiro, poi per lo zombie diventa una figura di rappresentanza nel senso che è il termine di confronto di
una identità. Nel 2012-13 c’è “Warm Bodies” → zombie come oggetto di identificazione, rivelatore di una
trasformazione nella grammatica dell’immaginario. Il mostro da completamente alieno è diventato un
termine di confronto della soggettività umana, metafora di sofferenza, inquietudini, esclusioni… diventa un
eroe. E naturalmente l’eroe è un termine di identificazione positiva, quindi orizzonte di avvicinamento.
Nella trama di Warm Bodies si ha una relazione tra una ragazza viva e uno zombie. Succede la stessa
struttura narrativa di twilight: la possibilità di una alleanza simpatetica con il mostro presuppone che si
possa diventare amici dello zombie che è morto da poco e soprattutto se ci sono i cosiddetti “tuttiosso”
cadaveri in stato di decomposizione molto avanzato che sono i veri cattivi. È una evoluzione della dinamica
di rappresentazione del mostro molto circolare. Da totalmente altro si passa per una progressiva
focalizzazione per gli argomenti critici che lo rendono una rappresentazione problematica per arrivare al
momento in cui è simpatico. Ma è necessario rifondare un orizzonte di contrapposizione anche in questo
caso, cioè trovare un nuovo “altro” a cui contrapporsi: esempio in Twilight sono i vampiri che continuano a
mangiare uomini, perché in tal modo si possono contrapporre ai vampiri che si nutrono non più di carne
umana. Quella che sembra una evoluzione è un ritorno alle origini: in Warm Bodies lo zombie è un membro
della famiglia, tranne che dall’altra parte ci sono zombie cattivi che non possono meritare la simpatia (in
sostanza viene costruito un altro ALTRO).
Un cortometraggio che analizziamo è Gay Zombie → lo zombie diventa di nuovo veicolo di una nuova
caratterizzazione simpatetica, cioè il fatto che la condizione di zombie presuppone l’identità stigmatizzata,
cioè non regolare e colpita dallo svantaggio sociale del mancato possesso dei requisiti per essere normale.
Lo zombie è una soggettività in pena che inizia delle sedute di analisi, e la psicoterapeuta gli dice che i suoi
problemi derivano dal fatto di essere gay. Lo invita a superare il limite identitario che lo aveva portato a
terminare la sua vita a causa di un incidente che non gli aveva permesso di godersi la sua identità e la sua
sessualità gay. Il film è una sorta di riflessione sullo stigma, sulle conseguenze sociali dell’identità
stigmatizzata e c’è il fatto che la identificazione gay – zombie viene utilizzata come strumento per
evidenziare la deriva degli atteggiamenti omonormativi. Il fatto che all’interno di un orizzonte comunque
caratterizzato da tratti stigmatizzati sul piano della prevalenza statistica, anche in questo orizzonte ristretto
l’identità originariamente difforme costruisce una nuova norma che si realizza in atteggiamenti repressivi.
→ lo zombie rappresenta una sorta di figura della condizione di persona fuori posto, che non si armonizza
mai fino in fondo nel suo contesto sociale. Lo zombie gay non si armonizza perché è come un mostro al
quadrato. Se il gay non si armonizza in un contesto etero, lo zombie fa fatica anche ad armonizzarsi in un
contesto gay, perché ha sempre la caratteristica di essere zombie. Il film mette in evidenza dei meccanismi
legati al passing, che è un procedimento di adattamento che viene definito da un sociologo americano
Goffman che ha studiato lo stigma, cioè la caratterizzazione e la dinamica sociale relativa al passing.
Tentativo di nascondere il tratto stigmatizzato che rende l’identità screditabile e cercare di essere accettato
come conforme senza però esserlo. Nel film la parte centrale è quella in cui lo zombie viene truccato da
ragazzo normale: un modo di far vedere la dimensione performativa dell’identità.

(Mancano ultimi 20 min)

5/12/18

Sintesi del pensiero dell’antropologo che, partendo dalla critica letteraria, comincia a lavorare negli anni ’60
fino alla morte René Girard che ha a che vedere con una possibile teoria del demoniaco astratto, matrice
culturologica del demonio. Strega come figura del demoniaco ed emissario del demonio. Nascita della
strega grazie alla teoria di René Girard che fornisce dinamiche sociali che valgono nei gruppi sociali che
possono essere combinate con l’horror e spiegano in maniera trasparente la matrice di alcune figure chiave
dell’horror. Il pensiero di Girard che è rigoroso e ordinato tende comunque a sfuggire, nella sua opera ci
sono due idee di fondo: una in “Menzogna romantica e verità romanzesca” del 1961 e l’altra del 1972 “La
violenza del sacro”. Nascendo dalla critica letteraria segue dei testi che vanno dai primi del ‘600 al ‘900, con
particolare attenzione al ‘900. Il libro “Menzogna romantica e verità romanzesca” si presenta come critica
letteraria ma si sviluppa con strumenti teorici che sono altre discipline come antropologia, psicologia, ecc
strumenti che sono stati elaborati dalle scienze sociali per studiare i comportamenti umani. Tra i personaggi
della letteratura e le persone della vita reale si hanno legami stretti. Tutta la visione romantica è basata su
una bugia che riguarda tutte le culture soprattutto la nostra basata su una metafisica del desiderio che si
basa a sua volta sulle esigenze di un sistema capitalistico. L’idea che le persone siano animate da desideri
autentici che vanno da oggetti del desiderio di vario tipo è un’idea sbagliata e proviene dalla letteratura
mediocre che rappresenta il desiderio come se fosse una spinta originaria dell’individuo mentre la verità sta
nei migliori romanzieri da Cervantes a Proust che hanno individuato la verità e l’hanno messa sotto forma di
nei testi narrativi; la verità la dinamica del desiderio è un triangolo. Il soggetto arriva all’oggetto tramite un
percorso triangolare che riguarda una terza figura chiamata mediatore del desiderio. Il soggetto nel
desiderare un oggetto si rivolge ad un altro soggetto al quale attribuisce un oggetto, ma è importante ciò
che pensa il soggetto, che nel momento in cui pensa che il mediatore desidera l’oggetto comincia anche lui
a desiderarlo. Nel triangolo il lato più importante è quello del soggetto - mediatore, che serve come sorta di
conferma profonda della sua esistenza e della sua dignità (del soggetto). Il mediatore viene incaricato dal
soggetto di fungere da validatore dell’esistenza dell’oggetto. La persona che ci sta dietro ha bisogno di una
conferma ontologica quindi si pone su un livello inferiore (Amadigi di Gaula che si colloca al di sotto), ma a
noi interessa chi sta su un livello superiore di noi. Il soggetto ha bisogno di avere una conferma dall’esterno
della sua esistenza. Noi conosciamo i nostri limiti ma non sappiamo se questi sono nostre paranoie. Il
desiderio triangolare si realizza come impulso competitivo. il mediatore può essere:

 Esterno = Gesù modello esistenziale di direzione in cui andare nonostante la consapevolezza che
l’emulazione non può essere mai completa perché lui sta su un piano superiore. Figura inattingibile
che noi prendiamo a modello per i nostri desideri, ovvero comportamenti, ovvero le cose che
pensiamo vadano fatte in base a degli obiettivi che sono culturalmente costruiti.
 Interno = determina meccanismi di competizione, il punto non è più l’oggetto anche se tutto ruota
intorno a questo.

“La violenza del sacro” sviluppa il meccanismo del triangolo osservando che il desiderio mimetico è
contagioso, se un soggetto prende il desiderio dal mediatore anche quest’ultimo prenderà un desiderio da
un altro e così via. Quindi il modello triangolo si estende in tutto il gruppo sociale e quindi vi è una
circolazione del desiderio che innesca competizione ma anche la circolazione dell’odio. Accanto al
desiderio vi è l’odio. Ciò succede dappertutto, è una caratteristica degli aggregati sociali. Dalla circolazione
dell’odio vi è poi la violenza indifferenziata che già Hobbes nel ‘600 chiamava la guerra di tutti contro tutti,
per la quale un membro della società a seguito dell’odio colpisce un altro soggetto e questo o risponde
personalmente se ancora vivo oppure se ucciso viene vendicato dalle persone legate attraverso una
violenza non solo verso la persona che l’ha ucciso ma anche per i congiunti. Faida che si associa con
meccanismi di propagazione. Una catena illimitata all’interno di un gruppo sociale porta all’estinzione di
questo, ciò non va bene e quindi la cultura elabora dei meccanismi di protezione. Il più importante è quello
espiatorio-sacrificale, dove l’“espiazione” è la prima realizzazione, mentre il “sacrificale” è in costume
religioso. Nel regime di violenza indifferenziata viene isolato nel tessuto sociale un soggetto che ha dei tratti
particolari e funzionali per risolvere il problema della violenza, ovvero vittima espiatoria. Le sue proprietà
sono:

 È più o meno simile, membro del gruppo umano ma un po' diverso. Dev’essere riconoscibile in base
al contesto nelle caratteristiche corporee ma anche religiose. Rappresentante del gruppo ma
diverso dagli standard.
 Incapace di rispondere, caratteristica più importante e tratto da cui deriva il demoniaco della
strega. Ha una sua connotazione di debolezza (bambini, adolescenti, soggetti non ancora formati,
persone con disabilità, stranieri, ecc).

Lo scopo della dinamica espiatoria è quello di riservare la violenza per quel soggetto, categoria minoritaria
vista come carica di tutte le colpe, diventa l’unico colpevole in un contesto in cui il resto uccide la vittima,
che ha la funzione di assorbire tutte le colpe e portarle con sé finché l’innesco della dinamica
concorrenziale non fa ripartire tutto da capo. La dinamica serve e va ripetuta regolarmente, nasce dalla
necessità di convogliare fuori dal gruppo delle dinamiche altrimenti distruttive per lo stesso. Sorge il
concetto di sacro e quindi religioso, ovvero piano del controllo del sacro, ovvero trasformazione simbolica
della dinamica espiatoria. Come se la comunità si stringesse in una relazione di complicità che genera
l’unione del gruppo in opposizione della vittima sacrificale. Il sacrificio non è un ringraziamento a dio, ma
una trasformazione culturalmente accettabile di quello che è fondamento della cultura: la violenza di
gruppo. Dato un gruppo di persone che hanno gli uni gli altri come riferimento l’innesto delle dinamiche
varie è automatico. Gerard combatte contro quelle persone che ritengono che l’uomo sia buono e che la
società non sia basata sulla violenza. “Sacrificale” è la trasformazione simbolica dell’espiatoria. La vittima
sacrificale appartiene e non al gruppo sociale e si caratterizza per il fatto di non essere capace di
rispondere, di fatti venivano usati gli animali al posto di una vittima umana, documentato anche nei miti.
Incapacità di rispondere inteso come debolezza, di fatti ad animali come leoni si preferiscono animali come
bue, pecore, ecc sia a livello fisico che a livello sociale. Le vittime sono persone al di sotto del livello
standard, un esempio è il re. La persona viene sacrificata quando è rappresentante di una visione del
mondo minoritaria, sostenuta da pochi. Una volta individuata la vittima la dinamica espiatoria procede
nell’ucciderla per recuperare uno stato d’ordine e di equilibrio.
La demonizzazione è la costruzione immaginaria di entità, oggetti, persone, funzioni, ecc che di per sé non
avrebbero niente di positivo o negativo in astratto, ma che vengono definiti come termini salienti della
logica di protezione delle dinamiche pro sociali, ovvero tutto ciò che favorisce la coesione del gruppo, la sua
prosperità, tutto ciò che la ostacola viene immaginato come negativo. Non vi sono cose che fanno paura in
sé, tranne il predatore. La stessa logica si trova nella situazione espiatoria, la peristalsi sociale è una sorta di
metafora generale che si riferisce ad una dinamica positiva della cultura, tutto quello che conferma la
peristalsi viene visto come positivo, tutto ciò che è contrario alle dinamiche a svantaggio della cultura sono
negative e creano una sensazione di disagio. Tra queste vi è anche l’eventualità che la vittima non funzioni.
La dinamica espiatoria sacrificale viene rappresentata come positiva quando riesce (eroe che si sacrifica per
il gruppo, a livello religioso come Gesù, la religione cristiana come dinamica espiatoria cristiana, il re viene
sacrificato davanti una folla che lo vuole morto) è chiaro che se qualcosa va male è un problema e questo è
ciò che viene demonizzato da una parte ed è presente nell’immaginario horror. Ciò comincia con la figura
del Diavolo, la parola è dotta di origine greca (diavolos) che si riferisce a colui che genera la discordia perché
calunnia, prende la violenza e la fa rientrare nel gruppo, figura che si spiega funzionalmente come l’opposto
della vittima sacrificale. Il diavolo non è semplicemente il contrario di dio, nella cultura cristiana viene
descritto come capovolto e re dell’anti regno, mondo del disordine, costruito come specchio negativo di dio
ma è anche la demonizzazione, ovvero rappresentazione peggiorativa del capro espiatorio. La vittima
espiatoria nelle religioni antiche può assumere, oltre le forme della vittima espiatoria, anche il ruolo del
capro nel giorno del Yom Kippur nella religione giudeo-cristiana, durante il quale bisogna disfarsi dei peccati
entrando nel Sancta Sanctorum dove il sacerdote sparge il sangue della vittima e poi veniva buttato fuori
dalla città un caprone, soggetto che assolveva la funzione della vittima, che prende su di se le colpe del
gruppo e le porta nel deserto. Diavolo signore delle mosche, serpente ma quello che lo caratterizza di più è
il caprone, lo stesso del capro espiatorio ma il suo contrario. Quello buono è quello che porta via le colpe,
quello cattivo è quello che tutti temono, che funziona come specchio di violenza, il demonio è qualcuno che
prende una violenza che non è presente nella comunità e la rovescia dentro. “Diaballo” significa calunnia, è
una menzogna che serve a mettere discordia tra i soggetti del gruppo ed è una forma base di violenza in
qualunque forma sociale. Violenza di un membro su un altro, radice di un vincolo di complicità di un
soggetto A e uno B contro uno C. Le dinamiche sociali sono riducibili in unione e separazione. I sentimenti
positivi sono una tragica conversione dei sentimenti violenti. La violenza che non è eliminabile è un male e
le dinamiche di controllo di questa sono la base della società. Il diavolo si spiega in termini girardiani di
concretizzazione della paura fondamentale della società, ovvero che la vittima sacrificale si rivolti contro la
sua eliminazione e che quindi mini la serenità del gruppo. Il diavolo è un personaggio ma anche un principio
astratto, è una costruzione demonizzata della potenziale vittima. Il diavolo in teoria è l’origine della
demonizzazione.
De palma “Carrie” tratto da un romanzo di King, parla di telecinesi, di streghe, di mestruazione, ecc.
Potere contaminante della teoria dei liquidi corporea di Kristeva ma è un’analisi superficiale. Carrie è un
soggetto sensibile quando si sveglia la sua sessualità, storia di sessualità repressa e quindi diventa lei una
forza della natura. La sua sessualità acquista un potere ma strega con sessualità è un luogo comune.
Ragazza che è figlia senza padre di una madre integralista religiosa sessuofoba, lei va in una scuola dove la
sua educazione anticonvenzionale la rende un soggetto facilmente isolabile come soggetto particolare. Non
sa giocare a pallavolo perché è scoordinata, come lo è con il gruppo sociale e le sue compagne la
disprezzano. Lei ha la sua prima mestruazione a scuola e pensa di star morendo ma le compagne
accentuano la violenza, tipo linciaggio, aggressione che avviene lanciandole gli assorbenti come fosse
lapidazione che è tipicamente una delle forme simboliche dell’eliminazione dal gruppo. I gruppi umani sono
fondati sulla violenza e sono quindi delle situazioni infernali già per conto loro. Escalation di violenza
indifferenziata. Le compagne vengono punite e a seguito vogliono vendicarsi. L’aggressione sembra
giustificata dalla perdita della partita ma in realtà è già presente da prima. Alla ragazza viene rovesciata
addosso molta tensione. La messa in scena privilegia la contaminazione, la dinamica espiatoria, atto di
violenza collettiva contro una vittima. Primo episodio di telecinesi che è una caratteristica che la ragazza
possiede senza saperlo e questa capacità rappresenta una risposta nel momento in cui le persone la
reprimono; lei risponde senza accorgersene. Il preside la vittimizza in modo diverso chiamandola sempre
con il nome sbagliato. Alla terza trasgressione del nome e nel correggerlo lei ha un altro episodio di
telecinesi. Procede da un passaggio violento al successivo, le ragazze si vendicano attraverso la messa in
scena del meccanismo espiatorio. Alla festa vista come specie di microcosmo, la ragazza viene fatta oggetto
di mistificazione, viene fatta reginetta, è una parodia della corona di spine, il re. Quando lei è sul palco la
persona che è stata punita per colpa di Carrie cerca di vendicarsi organizzando lo scherzo di rovesciare sulla
testa di Carrie un secchio di sangue di maiale, traduzione di sacrificio rituale. Dinamica sostitutiva che vede
l’uccisione di un maiale visto sullo stesso livello di Carrie anziché l’uccisione della ragazza. La reginetta
contaminata, sfigurata e poi tutti scoppiano a ridere e per Freud l’umorismo è la forma base
dell’aggressione e meccanismo di ricerca di complicità. Atto di derisione collettiva ai danni del singolo è un
atto sacrificale e, a seguito di questa aggressione, lei usa la telecinesi e fulmina tutti, per effetto di una
violenza che è il ritorno della violenza che era stata buttata su di lei. Nel ritornare indietro questa violenza
rappresenta il demonio, il meccanismo che non funziona. La strega, come il demonio, è la demonizzazione
della vittima che si ribella.

6/12/18

Se noi intendiamo l’horror come un sistema immaginario in cui vari referenti neutri vengono demonizzati,
negativizzati perché messi in connessione con il rischio della sopravvivenza, questi sono scelti in maniera
casuale ma li troviamo già codificati nei sistemi culturali ma poi capiamo che c’è una logica nascosta dietro.
Lo scopo delle dinamiche culturali è quello di costruire un orizzonte di normalità, in realtà uno degli scopi
principali della cultura è nascondere sé stessa, travestirsi da natura. Tutti i sistemi culturali sono codici
semiotici che si pongono come esaustivi e ritengono che non ci sia altro al di fuori di quello che loro hanno.
Dinamiche di semantizzazione: nel caso della strega si trova una demonizzazione, cioè la trasformazione in
oggetto pericoloso di una realtà che, in quanto anticulturale, deve essere demonizzata, rappresentata come
un’eventualità spaventosa altrimenti vi è il rischio che questa cosa succeda e la cosa demonizzata sembri
simpatica, che s’insedi dentro la cultura portando ad un turbamento della peristalsi sociale che vale anche
combinandola con Girard. Per lo sviluppo lineare continuo e positivo della cultura è untile che avvengano
degli atti sacrificali, che l’accumulo di violenza indifferenziata, sorta di energia elettrostatica che si forma tra
i gruppi, deve avere delle occasioni di sfogo che sono gli episodi espiatori e la regolarità di questi fa si che la
dinamica espiatoria venga ritualizzata e quindi diventi parte essenziale per fa si che la vita vada avanti.
Questa dinamica è essenziale per lo sviluppo della peristalsi sociale. Anche i casi teorici di eventuale
disfunzione della dinamica vengano demonizzati, la demonizzazione del soggetto espiatorio che ha il
compito pro culturale di assorbire la violenza e portarla fuori, come la “presa a terra”, come scarico che
permette di convogliare verso l’esterno le cariche elettriche che disturbano il sistema. Il soggetto è un
mostro al quale si attribuisce la responsabilità di mostrare i limiti di quella che è la valvola di sfogo degli
equilibri sociali. La strega è un’emissaria del demonio, fa le funzioni del diavolo, che è la presa a terra
difettosa. La strega è anche lei un rappresentante simbolico del diavolo, che viene rappresentata come
serva, amante del demonio. Le streghe sono legate ai ritmi della natura, dove svolgono le loro unioni in cui
si sottopongono al volere del demonio e quindi hanno rapporti con lui. La strega è una figura demoniaca
che mette in evidenza tutti gli elementi della dinamica espiatoria. Carrie viene percepita come il mostro ma
in realtà lei si comporta come mostro perché pilotata dall’esterno, la gente l’ha torturata in tutti i modi
consentiti. Carrie è una presa a terra difettosa che scarica l’energia in sala. La scena finale dove la morte
avviene come corto circuito, violenza in senso girardiano che circola in un tessuto sociale come un’energia
che destabilizza il sistema e dev’essere convogliata fuori perché il sistema torni in equilibrio; Carrie riceve la
carica ma lei la rimbalza indietro. Ciò viene tradotto come attacco elettrico, blocca le porte e causa un corto
circuito e la forza che uccide i suoi nemici è l’energia elettrica, metafora dell’energia violenta che circola.
“The Witch” si ha più o meno la stessa storia di Carrie, la ragazza viene da una famiglia ultra integralista e
sessuofoba che viene espulsa dalla comunità e andando nel bosco viene esposta a forze naturali, vi è anche
in questo caso quindi una dinamica di violenza anche se avviene a due livelli:

 famiglia che viene espulsa perché bigotta


 famiglia nei confronti della ragazza

Due storie statunitensi recenti che hanno un’ambientazione diversa:

 Carrie è nell’oggi
 The Witch ambientata alla fine del ‘600, epoca d’oro delle streghe di Salem

La dinamica espiatoria è la stessa. Sembra tutto uguale a parte i costumi. L’irregolarità della ragazza che è la
vittima in entrambe le storie è sempre legata alla sessualità. È vero che la sessualità è un’energia e si presta
ad essere un equivalente della violenza indifferenziata ma è superficiale pensare che sia l’origine di tutto. La
violenza è una forza che la cultura non vuole vedere. In The Witch siamo in una cornice di pensiero
puritana, protestantesimo radicale, sessuofobico; nel caso di Carrie la violenza non arriva solo dalla madre
che appartiene al mondo puritano ma arriva soprattutto dal mondo della scuola. Nel mondo puritano fare
sesso è male, quindi il sesso è il represso e la castità il repressivo; Carrie è sottoposta ad essere vittima
perché poco sottoposta alla sessualità. Nelle storie relative al ‘600 il sesso effettivamente viene scoraggiato,
nella storia di Carrie il ruolo della madre è marginale perché sono le compagne che la torturano perché è
diversa, non è disinibita sessualmente. Con il variare dei sistemi culturali, la posizione del soggetto “sesso”
può cambiare. Nel sistema puritano è represso, ma nel sistemo laico consumistico degli anni ‘70 è un
obbligo. Carrie è una sfigata e mostro perché non ha rapporti e muore vergine. Nel sistema in cui vive
Carrie la madre è una piccola macchia, ciò che la influenza è la scuola, dove le vengono le mestruazioni e
dal sangue che esce lei capisce che non sa nulla di sessualità. Tutte le sue compagne erano fidanzate e
hanno rapporti. In Carrie il sesso svolge le funzioni della forza repressiva, di fatti le ragazze che lo fanno
sono nella posizione del carnefice, mentre Carrie che non lo fa è strana ed è la vittima. Il sesso oggi ha più
valenze repressive che represse. Le dinamiche di stregoneria riguardano il mal funzionamento della
dinamica espiatoria. Jackson “We have always lived in the castle” storia di genesi della stregoneria vista in
una prospettiva girardiana, stregoneria come sorta di costruzione culturale per cui la strega si ritrova ad
esserlo perché capace di rispondere in maniera incontrollabile alla violenza, ma lasciata libera non sarebbe
pericolosa. Primi esempi utili perché mettono in evidenza il meccanismo di nascita della strega, la
mostrificazione come risultante dell’energia violenta del gruppo che però trova uno specchio e rimbalza
sullo stesso. Il comportamento del gruppo nei suoi confronti passa in secondo piano, lei è il mostro anche
se ci sembra la vittima. La cultura ci fa scotomizzare tutto quello che mette in evidenza la mostruosità
collettiva. Forme primitive come strega sciamanica, poi legata al culto lunare dea montana e magia
simpatica, poi rappresentante di un sapere medico erboristico alternativo e poi nel medioevo come figura
di emarginata di sesso femminile che si trova a subire una dinamica espiatoria in cui la donna sola senza
famiglia è pericolosa ecc… significato della figura della strega:

 caso particolare del demonio


 una delle varie etichette che accoglie varie forme di femminilità anticulturale, vecchia sdentata con
il porro sul naso che fa veleni, ma anche bellissima donna procace che attira e pericolosa perché
esercita una carica sessuale molto forte. Assume delle forme di femminilità sempre anticulturale
madre-amante.

Tutte queste forme di strega sono casi particolari del “femminile demoniaco” o “materno demoniaco”,
perché sono forme di identità anti culturale che si incarnano in soggetti femminili. Se il soggetto femminile
è desiderabile ci troviamo di fronte alla madre-amante. Questa è una figura femminile che manifesta la sua
natura negativa con un eccesso di componente positiva, è una figura femminile che esercita un forte potere
sul soggetto tipo (maschile tendenzialmente), è la demonizzazione del pericolo che il legame tra madre e
figlio diventi cosi profondo e forte da impedire lo sviluppo del soggetto maschile del figlio. Da un punto di
vista biologico il bambino nasce e viene accolto dal corpo femminile e la specie umana fa in modo che i
bambini abbiamo bisogno della madre, sono dipendenti dalla figura materna che accudisce attraverso la
nutrizione, trasmissione del calore, soddisfacimento di dinamiche psicologiche, ecc. Quando l’individuo è
grande non può essere legato alla madre. I dispositivi culturali hanno una serie di strategie che servono per
impedire l’esperienza fusionale prolungata. Meccanismi culturali che facciano capire che la dimensione
fusionale dopo un po’ diventa negativa nella sua eccessiva lunghezza e nel fatto che il soggetto è privato
della chance di evolversi. Mentre l’antropologia di base credeva che la cellula base fosse padre – madre -
figlio, ma poi è stato ribaltato aggiungendo la figura di zio, ovvero un uomo che ha la possibilità di disporre
della donna, un nucleo di quattro funzioni che permette la moltiplicabilità delle relazioni familiari in
maniera da formare dei tessuti sociali, altrimenti un nucleo chiuso su se stesso rischia di diventare un
microcosmo e non va bene quindi per l’incesto causerebbe una mancanza di tessuto sociale. La relazione
sociale avviene tra i due maschi che, scambiandosi la donna e impedendo l’incesto, generano una dinamica
sociale. La cultura crea vincoli simbolici di cui si perde l’idea originaria. La madre amante come figura
demonizzata, una figura bellissima che propone al soggetto una relazione affettiva che però viene
demonizzata come anticulturale perché si protrae troppo nel tempo e mina lo sviluppo. Esempio più antico
è Calipso nell’Odissea nell’isola di Ogigia, posta fuori dal mondo. Calipso è una dea il cui nome viene dal
verbo “calipto” che significa seppellire, nascondere. La dea è la figlia del titano Atlante, è primordiale e vive
in una grotta. Isola come giardino dell’Eden, microcosmo diviso in quattro quadranti. Dea bellissima e
immortale che si innamora di Odisseo e lo vuole tenere per sé, lo vuole fare immortale e vivere con lui
eternamente. Odisseo inizialmente ci sta, lui però poi vuole tornare a casa e recuperare la sua identità di
soggetto sociale. Il testo dell’odissea ci dà delle informazioni di come la cultura greca arcaica ma ancora la
nostra rappresenta i valori e i comportamenti corretti e scorretti. È negativo vivere per sempre con una dea
bellissima perché la cultura ha bisogno di incoraggiare la storia e l’immortalità è come la morte, non
incoraggia la storia. Elemento negativo che noi assorbiamo e che rende questa situazione anticulturale è
l’ipogamia, ovvero la posizione relativa in termini di rango sociale tra i due partner nell’unione erotica o
matrimoniale. Unione ipergamica è quando il soggetto sposa qualcuno più in alto; ipogamia più in basso. Le
culture patriarcali considerano normale che il maschio sposi in maniera ipogamica cioè la donna è in
posizione subordinata ma se succede che lui è povero e lei è ricca questa non è un’unione trasparente,
perché il potere economico sposta il potere nelle mani della donna. Calipso appartiene ad una specie
superiore mentre Odisseo è un uomo, situazione che si ritrova in tanti miti nei quali la storia va sempre a
finire male, quando la donna fa l’uomo lui diventa impotente o muore o è infelice. Situazione intollerabile
per l’uomo. In questi miti l’uomo è una creatura che si raggrinzisce e sparisce. Demetra con Iasione, Aurora,
ecc… Calipso fa vedere che tutte le volte che una dea sceglie un uomo questa storia finisce male, mentre
contrariamente se un dio sceglie una donna va bene. Dea Aurora, dea del firmamento, si innamora di un
ragazzo e chiede l’immortalità per lui a Zeus, l’uomo immortale poi invecchia tanto da divenire cenere e di
lui rimarrà solo la voce. Dispositivo culturale. Viene demonizzato il rapporto tra dea e umano perché visto
come negativo, perché la donna è la più potente. La relazione madre figlio è asimmetrica e anticulturale,
perché la donna ha potere sull’uomo. La cultura vuole sottrarre il bambino dal controllo della madre e su
questo vengono articolati dei dispositivi di demonizzazione di queste situazioni anticulturali di prolungato
legame. Odisseo che diventa immortale è contro la peristalsi, creerebbe sospensione. Tutti i comportamenti
di vario tipo che sono un danno alla peristalsi vengono demonizzati. Tutti i miti che presuppongono una
situazione di ipogamia femminile sono dei cautionary tales. I miti come quelli di Odisseo e Calipso iniziano
dai sumeri, sono risolti nella demonizzazione. La strega e la madre amante sono parenti perché sono delle
demonizzazioni della figura femminile che vengono demonizzate in quanto possono bloccare lo sviluppo
della peristalsi sociale. Carrie il blocco è legato alla disfunzione della dinamica espiatoria, nel caso della
strega come madre amante è qualcuno che blocca.

7/12/18

Alcune strutture di significato che sono costanti metastoriche, elementi comuni che attraversano le epoche
cambiando la veste esteriore e mantengono solido il significato: demonizzazione della rappresentazione del
femminile in una cultura patriarcale che si definisce tramite la costruzione culturale dell’identità maschile
superioritaria che presuppone l’inferiorità femminile che nell’immaginario si riflette nella forma di
demonizzazioni di femminile dominante. La strega è uno dei tanti casi di demonizzazione del femminile e la
cosa principale che viene rimproverata alla figura della donna è il rischio che non stia al suo posto, che non
accetti il suo ruolo subordinato, come il morto che ritorna che demonizza il rischio che la peristalsi sociale
venga turbata e ostacolata da forze contrarie, come la persistenza nel proprio ruolo ecc. Nel caso del
femminile ciò che si vuole demonizzare è il rischio che la donna assuma il ruolo di potere. Prosecuzione
madre-amante e strega, forme che sono due aspetti di uno stesso nucleo, ovvero la femmina deve essere
inferiore al maschio. Profilo dominante della madre amante in Calipso che mette in rischio la libertà del
soggetto maschile che consiste nel fare quello che la cultura vuole che il soggetto faccia. Il soggetto
maschile ha il dovere culturale di portare avanti il suo percorso per ricoprire tutte le tappe (nascere,
crescere, sposarsi, e morire). Tutte le deviazioni da questa regola sono rappresentate come pericolose.
Odisseo quando deve scegliere tra seguire le regole o stare con la dea, la cultura fa in modo che questa
seconda opzione si configuri come negativa e questa negatività è rappresentata dalla subordinazione del
maschio rispetto alla femmina, lui sarebbe stato il marito di Calipso. Egisto viene ucciso e la moglie è la
regina di Argo che lui ha sposato senza essere il principe ed è di rango inferiore, quindi è raffigurato come
un maschio degenerato. Nella struttura simbolica dell’Odissea sono cifrate due forme di donne:

 madre amante Calipso, Ogigia è oltre le colonne d’ercole nel mar Atlantico. Estremo ovest.
 strega, femme-fatale Circe, collocata su un’isola del mar Tirreno ma in realtà è una figlia del sole
e deriva dall’estremo Oriente, fuori dal mondo dalla parte est. Sole che sorge. Parentela legata alla
magia e una forma dell’identità femminile, zia di Medea che è maga e lavorano con le pozioni.

Non sono parenti ma sono simili sul piano strutturale. Entrambe sono fuori dal mondo. Sono diverse nelle
azioni ma la natura simbolica della loro azione è la stessa, cercano di distogliere l’eroe dal compimento dal
suo compito. Calipso protegge, cura Odisseo e poi lo tiene in casa finché lui non diventa prigioniero e viene
liberato dagli dei. Circe è una donna bellissima che stimola il desiderio ma chi la desidera viene trasformato
in maiale. Calipso vuole trasformare Odisseo in divinità per farlo andare al di sopra dello spazio umano,
mentre Circe vuole trasformarlo in animale che è il tipo di soggetto che si definisce inferiore. Mentre
Odisseo è l’uomo della cultura, spazio interposto tra dei e bestie. La bestialità è indotta in base al desiderio
sessuale, Circe è una maga seduttiva mentre Calipso non lo è. In opposizione a loro c’è Penelope. Da un
punto di vista funzionale chi sono le donne è indifferente, sono la femminilità ma quello che conta è la
funzione che questa ha sull’eroe. Penelope è la moglie culturale e il testo enfatizza il coinvolgimento
amoroso. Affetti legati ai doveri sociali. Circe e Calipso rappresentano la demonizzazione di due possibili
deviazioni di figure femminili, mentre Penelope conosce il suo rango subordinato all’uomo, invece le altre
due rappresentano una realizzazione anticulturale della femminilità perché la femmina comanda in due
modi diversi che corrispondono alla degenerazione dei ruoli che culturalmente la donna può assumere
nella cultura:

 madre
 moglie-amante

entrambe Calipso e Circe non vanno bene perché sono dee e sono femmine, sono superiori ad Odisseo.
Calipso fa una proposta impositiva nel rapporto fusionale, è come la madre che assorbe il bambino
nell’utero impedendo di crescere, quindi è una madre amante che, a differenza della madre culturale, lo
vuole tenere con sé per sempre, è una forma di rappresentazione del negativo culturale perché tutto ciò
che è statico è contrario alla peristalsi che viene rappresentata come libertà. Calipso è un archetipo di
quello che sarà una figura ricorrente della cultura in cui il femminile viene demonizzato anche se non
cattivo ma prende il soggetto e lo ridimensiona in bambino e blocca la sua crescita. Circe è l’amante fatale,
esercita un desiderio smodato ma in questo modo lei tira fuori la componente bestiale degli uomini che
non sono più capaci di controllarsi. Gli istinti erotici che attirano verso Circe sono negativi perché lei è
dominante. La donna è quella che comanda. Non è il desiderio in sé che è demonizzato ma è
posizionalmente sbagliato. Da Calipso derivano le madri amanti che riaffiorano molto spesso nella
letteratura, da Circe derivano la femme fatale, ovvero una donna che suscita nell’uomo il desiderio e porta
alla distruzione. Poema epico rinascimentale, cavalleresco di Ariosto e Tasso, eroe che ha avventura erotica
e negativa che viene rappresentata come trasgressione e poi l’eroe torna alla lotta e alla prole. “Olando
furioso” di Ariosto nel canto settimo, Ruggero e Alcina. Alcina che è una maga malvagia rapisce Ruggero e lo
porta all’estremo dell’India in un castello dove vi sono gli altri amanti della maga trasformati, la seduzione
ovvero condurre fuori strada dell’eroe che si dà ai piaceri corporei. Questa esperienza è piacevole sul
momento ma poi si perde la natura umana. Nel mondo di Alcina vigono le regole della civiltà di corte,
Ariosto rappresenta l’inferno delle relazioni sociali, tutti sono rivali degli altri. Falsità di questa esperienza è
sottolineato dal fatto che Alcina è una vecchia repellente che si è trasformata in donna bellissima, è come la
maga Circe ed è una figura di femminilità padrona. Maga/strega è negativa perché attiva, sono soggetti di
attività, mentre la donna per bene non dev’essere capace di agire. Rinaldo e Armida nella “ Gerusalemme
liberata” di Tasso che sembra essere una riscrittura di Ruggero e Alcina e di Circe. Armida è una maga ma
Tasso ha corretto il modello demonico di Circe con elementi che vengono da Calipso, Armida è veramente
giovane e bella, è veramente innamorata di Rinaldo mentre Alcina non di Ruggero. Storia di affetto vero
tranne che in realtà i due non possono continuare la loro storia perché vi sono dei fattori che entrano in
gioco. La loro storia si svolge sulle isole Fortunate, al centro del mar Atlantico. Qui Armida abolisce il tempo,
sono fuori dal divenire, giardino in cui è sempre primavera e gli amanti stanno li. Relazione anti culturale
perché Armida ha più potere di Rinaldo. Lei di giorno andava a lavorare e lui aspettava. Lei comanda e lui
non può andare fuori. Lui fa quello che dovrebbe fare la moglie, ma poi arrivano i suoi compagni di battaglia
e lo fanno vergognare e lui torna con loro, Armida viene abbandonata. Tasso prende il modello Circe e lo
ammorbidisce su modello sentimentale di Calipso e Didone che ama Enea ma il destino gli impone tutto
perché lui ha una missione. Queste regole fanno passare sempre lo stesso contenuto nei secoli in maniera
tale che la situazione di un rapporto fusionale con una donna dominante è una situazione negativa e
pericolosa. La grotta di Calipso si trasforma in altri ambienti che hanno la funzione di simboleggiare la
prigionia dell’uomo, ovvero l’impossibilità di svilupparsi secondo la peristalsi. “Monsieur Vénus”
aristocratica che seduce un proletario e lo femminilizza, mentre lei si mascolinizza. Invertendo il rapporto
tra maschio e femmina, la femmina comanda e il maschio si femminilizza fino a quando lui viene ucciso e
imbalsamato subisce una relazione necrofila all’interno di un utero-bara. Lei fa come Armida, ovvero esce
mentre lui, vestito da donna, la aspetta in casa. Wagner “Tannhäuser” leggenda che deriva dall’Odissea, sta
sette anni con la dea Venere dentro la grotta, lei vuole renderlo immortale ma lui vuole andare via. Venere
è Calipso, ovvero la madre amante, ovvero una forma di femminilità negativa per la troppa perfezione, il
cuore non vuole solo gioia ma anche dolore. Ma poi il dolore di lui è il protendere verso una perfezione che
prima aveva. La cultura costruisce il soggetto come un’istanza di attività che è obbligata al divenire,
all’iniziativa. La negatività della figura femminile è affidata alla dea Venere che anche con Anchise, Adone
ha sempre la posizione dominante. Nella relazione con Elisabetta Tannhäuser prova un continuo amore che
non si realizza. Il passaggio da madre amante a strega è visto nel momento in cui la strega è una madre
amante demonizzata alla quale è stato sottratto il desiderio fisico. Film 1983 “The hunger”  storia sui
vampiri genericamente che mostra il passaggio da madre amante a strega. La posizione dominante della
madre amante compromette il genere maschile. La posizione della strega vampira è un mostro mitologico
affascinante. Questo film ripropone la storia di Aurora e Titono, dea assimilata a Calipso, bella dea del sole
nascente che si innamora del pastorello e lo vuole immortale. La strega vampira sacerdotessa egizia ha
trovato un modo per essere immortale e il risultato è che lei rimane viva per sempre e si sceglie dei
compagni ai quali fa credere che loro saranno con lei per l’eternità ma dopo i 300 anni iniziano a
invecchiare velocemente e quando loro diventano decrepiti lei li mette in soffitta. Madre amante che
imprigiona, blocca il soggetto nello sviluppo ma anche strega. Morto che non muore deve togliere la vita
agli altri. Da un lato filone madre amante e dall’altro filone strega, come veicolo dello stesso tipo di
contenuto di tipo narrativo. La relazione di madre amante in cui l’uomo accetta la sua posizione
subordinata e non può impedire l’invecchiamento del compagno. Tutti gli amanti passati sono chiusi nella
soffitta. Lei che li ha tenuti li viene trasformata in strega e viene punita per il fatto che tutti i mostri la
vogliono abbracciare e lei muore. Strega come una figura di madre demoniaca i cui tratti infernali sono
legati al fatto che la strega è una madre che fa il contrario di quello che fa la madre buona, ovvero
impedisce la crescita del bambino. La strega di Hansel e Gretel che attira i bambini nella casa di marzapane,
che rappresenta il desiderio illecito, mette il maschio in una gabbia di polli e la femmina è una serva in casa.
Hansel è in uno spazio chiuso dal quale non può uscire per essere mangiato, che rappresenta la nascita ma
rovesciata. Madre buona fa uscire il bambino, lo circonda di affetto fusionale ma poi lo lascia ma la madre
demoniaca lo fa entrare, lo intrappola. Strega che mangia il bambino come predazione. Situazione
predatoria e fusionale anche in Rapunzel, dove la strega la chiude per impedirne che cresca, la strega di
Hansel vuole mangiare il bimbo. Entrambe in maniera simbolica una è iperprotettiva ed è Calipso, l’altra in
maniera distruttiva bloccano la crescita. Strega è la demonizzazione di una figura anticulturale perché
assimilabile dalla madre che tiene il bambino piccolo oppure offre una situazione affettiva talmente
appagante da bloccarlo. Madre-figlio caso più frequente perché assimilabile all’erotismo ma non
incestuoso, un rapporto “forever and ever”, totale negatività anticulturale, non siamo entità statiche
sempre uguali, ma siamo soggetti che si evolvono e che vanno verso un obiettivo. Rappresentazione
cinematografica di “The blair witch project” 1999 la strega non si vede mai, è sempre dietro le spalle. Sotto
forma di documentario ma grande successo perché vicino a degli archetipi incisi nella memoria collettiva.
Strega inizialmente leggendaria ma poi reale, non si vede mai direttamente, è sempre fuori campo ma i
ragazzi ne subiscono le conseguenze:

 non riescono ad uscire dal bosco


 perdita di orientamento spaziale

traduzione simbolica della perdita del controllo peristaltico, demonizzazione del blocco del movimento.
Ragazzo messo al muro nella casa della strega, faccia al muro come bambino in castigo, rapporto con la
strega che infantilizza, fa tornare indietro nel tempo. La strega è una madre demoniaca che fa rimpicciolire,
demonizzazione dei pericoli del blocco peristaltico.

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