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DEFINIZIONI
•«La letteratura comparata è lo studio della letteratura di là dai confini di un paese particolare e lo studio
dei rapporti tra letteratura, da una parte, e, dall’altra, altre aree della conoscenza e delle opinioni, come le
arti (per es. la pittura, la scultura, l’architettura, la musica), la filosofia, le scienze sociali (la politica,
l’economia, la sociologia), le scienze, la religione etc. In breve, è il confronto tra una letteratura e un’altra o
altre, e il confronto tra la letteratura e altre sfere dell’espressione umana» HENRY REMAK
•«Ciò di cui ci occupiamo è la storia letteraria, ciò di cui ci preoccupiamo è la maniera di intenderla»
CLAUDIO GUILLÉN
•«Il comparatismo si applica altrettanto bene al singolo che alla coppia di autori […] o a un periodo storico.
È piuttosto un atteggiamento critico che un procedimento pratico. Di qui la varietà delle sue manifestazioni:
sono ugualmente comparatisti, almeno oggi, tanto chi studia la formazione dei generi letterari attraverso
l’evoluzione delle forme in una o più letterature, quanto chi spiega i generi sessuali attraverso i
procedimenti linguistici del narratore. In entrambi i casi si tratta di stabilire le tecniche dell’identità e i modi
della rappresentazione» NICOLA GARDINI
•«Senza alcuna volontà di fare provocazione, o dar sfoggio di paradosso, diremo che la letteratura
comparata non compara nulla: il comparatista è colui che mette in relazione, instaura rapporti, studia
scambi, riflette sui dialoghi tra letterature e tra culture. Ebbene, alla base di tutte queste attività, io
discerno un dato essenziale: la differenza, o per meglio dire il fatto differenziale» Daniel-Henry Pageaux
•«Per storia comparata della letteratura si intende generalmente una storia letteraria che ha come proprio
oggetto di studio e di scrittura la rete tra le interazioni tra diverse letterature. Anche la storia letteraria […] è
frutto di una precomprensione e di un interesse da parte dell’interprete. Nel caso della comparazione
storico-letteraria c’è bisogno di un tertium comparationis, cioè di un terzo elemento al di fuori di quelli che
vengono confrontati tra loro, il quale agisca come orizzonte direttivo della comparazione. Ciò significa che
la comparazione non è fine a se stessa, poiché non risiede nella mera giustapposizione di oggetti da
comparare, ma nella problematica che guida il confronto. La comparazione è quindi una norma teoretica»
Definizione data da Franca Sinopoli a partire dal saggio di HANS ROBERT JAUSS, Estetica della ricezione e
comunicazione letteraria, 1979
•«Dobbiamo decostruire la narrazione della nostra nazione, dobbiamo buttarci sul nostro passato e
reinterpretarlo, accettare le trasformazioni in corso per cercare di capirle. Dobbiamo prestare una nuova
attenzione alle molte e diverse culture che storicamente hanno fatto dell’Italia quello che essa è adesso»
REMO CESERANI
2. Nei primi decenni dell’Ottocento la storia universale della letteratura assume una grande importanza
nell’ambito dello studio delle fonti, in particolare delle fonti popolari della letteratura, sul modello di Voci di
popoli in canti di Johan Gottfried Herder (1807). In ambiente protoromantico Friedrich Schlegel e Madame
de Staël propongono quadri della letteratura europea come espressione delle facoltà spirituali delle diverse
comunità d’origine. L’opera più rilevante di questa fase è De la littérature du Midi de l’Europe di Sismonde
de Sismondi: primo caso di comparazione non solo tra le letterature romanze, tra loro, ma anche di esse
con le letterature mediorientali (soprattutto araba e persiana).
3. Parallelamente all’emergere dei nazionalismi, nasce la storia comparata della letteratura o letteratura
comparata, disciplina di ambito «accademico» volta all’esposizione didattica dei rapporti tra due o più
letterature. I capostipiti della disciplina sono Abel-François Villemain e Jean-Jacques Ampère: mirano ad
uno studio sincronico dei rapporti intercorsi tra letterature appartenenti alla cultura europea, individuando
il particolarizzarsi in senso nazionalistico di temi, motivi, miti e forme letterarie. Eurocentrismo.
4. Irrigidimento dei nazionalismi e funzione ancillare della letteratura comparata. Subordinazione della
disciplina alle singole filologie nazionali e alle storie letterarie nazionali che, sul modello di De Sanctis,
diventano storie della coscienza di un popolo.
5. Nel Novecento la letteratura comparata si dota di propri metodi, programmi e di una propria coscienza
storica. Si deve a Paul van Tieghem la prima definizione moderna della letteratura comparata come
disciplina. Negli anni Trenta e Quaranta del Novecento viene canonizzato lo studio comparato delle
letterature europee. Quattro opere esemplari:
-Paul Hazard: La crisi della coscienza europea (1934)
-Ernst Robert Curtius: Letteratura europea e Medioevo latino (1948)
-Leo Spitzer, Linguistica e storia letteraria (1948)
-Erich Auerbach: Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale (1946)
•La coscienza europea come storia dell’uomo occidentale legittimata dalla Bibbia entra in crisi nel Seicento:
la necessità di assimilare la presenza di altre civiltà e di altri popoli all’interno della filosofia della storia
occidentale provoca la nascita del relativismo.
•In tale senso risultano significativi fenomeni culturali come i racconti i viaggio, il rapporto tra clima e
costumi dei popoli, lo studio degli aspetti mondani della vita europea, la ribellione libertina, la
relativizzazione del carattere neutrale della storia.
•La nozione di «differenza» sostituisce quella di «superiorità» della civiltà europea.
CURTIUS-LETTERATURA EUROPEA E MEDIOEVO LATINO
•Scomposizione della letteratura europea nelle sue forme letterarie: generi, forme metriche e storiche,
motivi, tradizione retorica, topoi, formule fisse, personaggi.
•Critica stilistica comparata.
•Recupero dello studio della letteratura latina del primo Medioevo come anello di congiunzione tra il
mondo antico mediterraneo e il mondo moderno occidentale.
•Superamento degli studi filologici nazionali.
AUERBACH-MIMESIS
•Studio del «realismo» nella letteratura europea da Omero a Virginia Woolf.
•Critica stilistica: analisi minuziosa di pochi frammenti testuali nella convinzione che nel microcosmo della
pagina letteraria si possano ritrovare gli elementi fondamentali di un’intera epoca storica e che l’esame
stilistico di un’opera riveli lo spirito di tutto un periodo.
•Ampissima competenza sia diacronica che linguistica.
SECONDA METÀ DEL ‘900
•Crisi della storia letteraria: studio del «sistema letterario», ovverosia dei procedimenti formali e tematici
rispetto ai quali si definiscono i singoli testi letterari.
•Ricezione europea del formalismo russo.
•Nascita dello strutturalismo e della semiologia.
•Nascita della sociologia della letteratura (Goldmann; Bourdieu).
•Nascita della scuola di Costanza e della teoria della ricezione (Jauss, Iser, Eco)
•Crisi della letteratura comparata di stampo positivista: nel 1958 René Wellek critica l’artificiosità
metodologica degli studi di comparatistica letteraria, contestando la distinzione tra letteratura comparata e
letteratura generale; evidenzia inoltre la necessità dell’analisi estetico-formale del testo accanto alla studio
delle relazioni storico-letterarie
•Wellek, insieme ad Austin Warren teorizza la necessità dello studio intrinseco dell’opera letteraria
(macrostruttura stratificata di segni e significati) accanto allo studio estrinseco (rapporti tra l’opera e la
storia della società).
La letteratura ha sempre avuto una vocazione mondiale: in un senso metaforico essa crea mondi
paralleli, visione della realtà, utopie.
IL CANONE 2 CAPITOLO
Canon, canonis
Dal greco kanon: l’etimo indica un’unità di misura costituita da uno strumento di misurazione, un bastone
di canna, un regolo (kane).
Già dall’etimo si deduce che il termine canone allude a due aspetti differenti:
L’esercizio della memoria è, infatti, sempre un esercizio selettivo e discriminante: occorre scegliere ciò che
si vuole conservare.
•In età neoclassica o in età romantica, per esempio, la fedeltà a certe regole del canone fonda anche una
certa tipologia di ricezione e dunque una determinata gerarchia di opere.
•Ha prevalso poi, sino alla seconda metà del Novecento, l’accezione biblica del termine canone: il canone
biblico è, infatti, l’insieme di quei testi che nel corso dei primi concili della Chiesa sono stati considerati
portatori del messaggio originale di Dio.
•L’inserimento, l’esclusione e lo spostamento dei libri all’interno della Bibbia è frutto di aggiustamenti e
negoziazioni. (Canonico vs. Apocrifo).
•In questo contesto cambiano molti dei modelli di riferimento e si rivalutano, ad esempio, figure come
quelle di Shakespeare e di Dante.
•IRLANDA: a cavallo tra Otto e Novecento si assiste al recupero di una tradizione folklorica dimenticata, che
si unisce a quella della letteratura in lingua irlandese portata avanti negli stessi anni da scrittori e
intellettuali come W. B. Yeats, Lady Gregory e altri. In questo quadro si cerca di contendere alcuni autori
irlandesi in lingua inglese, come Goldsmith e Swift, che vengono così utilizzati anche per dar forza alla causa
di indipendenza della Repubblica d’Irlanda
•ITALIA: in storie letterarie come quella di Francesco De Sanctis il cammino delle lettere è assimilato
hegelianamente al cammino dello spirito verso la costituzione dello Stato.
•Si tratta, davvero, della narrazione di una nazione, basata, evidentemente, su inclusioni (Dante, per
esempio, rispetto al canone bembesco), su addomesticamenti, o, infine, su esclusioni (per esempio Storia
della mia vita di Casanova, scritta in francese).
•STATI UNITI: la formazione e l’istituzionalizzazione di un canone letterario si può far risalire alla guerra di
secessione (1861-1865), ma l’introduzione nei programmi universitari di un canone distinto da quello
inglese avviene solo nei primi anni del Novecento. Ancora, nel periodo tra le due guerre, il canone
americano includeva assieme a testi di fiction anche testi patriottici e politici, rivelando tutta la propria
vocazione ideologica.
Canone e classici
•Che cos’è un classico?
La parola «classico» presuppone sin dalla sua comparsa (Aulo Gellio, Notti attiche) una certa gerarchia di
valori e una classificazione.
A tale classificazione, tradizionalmente, sono ricondotti anche generi e sotto-generi letterari, sin dalla
Poetica di Aristotele
Un poeta che non si fosse confrontato con le forme alte della tradizione non avrebbe potuto aspirare a
divenire un classico (si pensi a Marziale e all’epigramma).
•Nel 1979 Alastair Fowler definisce con «canone» l’intero corpus letterario e con «canone accessibile» il
risultato dello sforzo comune di critica, istituzioni culturali ed editoria. La lettura di Fowler si basa sulla
reputazione dei generi letterari nella storia: i mutamenti del canone si devono intendere come processi di
rivalutazione o svalutazione dei generi letterari rappresentati dalle opere canoniche.
•Itamar Even-Zohar (Northrop Frye, Herrstain Smith): studio del cambiamento del gusto letterario
attraverso l’alternanza di generi e modi, canonizzati o non canonizzati, al centro e alla periferia del sistema
letterario (polisistema).
•Ancora alla fine dell’Ottocento, nell’opera di critici come Matthew Arnold e Armstrong Richards, il canone
rappresentava una verità universale e principale se non unico strumento capace di portare uguaglianza tra
gli uomini.
•Tuttavia, questa modellizzazione moralizzante del canone, entra in crisi per differenti ragioni, proprio con
la modernità letteraria.
CHE COSA È LA LETTERATURA? La nostra idea di letteratura è legata ad un mondo moderno sancito dalla
nascita della disciplina
I generi letterari
▪GENERE deriva dal latino genus, generis che significa «stirpe» o «nascita».
▪Nella cultura occidentale potremmo definire un genere come una serie, una categoria di oggetti particolari
aventi in comune degli elementi essenziali e allo stesso tempo dei caratteri secondari che li distinguono tra
loro.
▪In campo letterario si è soliti far risalire alla Poetica di Aristotele la prima distinzione tra generi
fondamentali. Aristotele usa il termine eidos, cioè forma.
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La Poetica di Aristotele
▪Aristotele non faceva altro che descrivere un sistema letterario storicamente determinato (letteratura
greca attica).
▪Aristotele quindi non codifica le norme da applicare alla composizione letteraria. Piuttosto legge
criticamente i testi disponibili, osservandone forme e contenuti.
▪La canonica distinzione tra tragedia ed epica non ha alcuna ambizione normativa e riprende, con qualche
modifica, la distinzione platonica tra modo mimetico-drammatico, espositivo-narrativo e misto
(Repubblica).
▪La poesia è imitazione delle azioni umane (mimesis praxeos) e si differenzia in base a tre aspetti:
–I mezzi con cui imita (danza, linguaggio, musica)
–Gli oggetti dell’imitazione, cioè uomini che possono essere migliori di noi, peggiori di noi o come noi
–I modi in cui le cose possono essere imitate (narrativo, in cui il poeta parla a proprio nome, restando
sempre uguale; drammatico, in cui fa agire e parlare i personaggi sulla scena, trasformandosi in loro; misto,
in cui alterna le due modalità, raccontando o trasformandosi in qualcun altro, come Omero.
▪Come sostiene Genette, Aristotele lascia sullo sfondo la questione dei mezzi e si concentra
nell’intersezione tra oggetti e modi
▪Ne risulta un modello quadripartito, dal momento che Aristotele non si occupa dei livelli intermedi di
uomini come noi, rappresentati con modo misto:
–Drammatico superiore (tragedia)
–Drammatico inferiore (commedia)
–Narrativo superiore (Epopea)
–Narrativo inferiore (Genere poco determinato che Aristotele non nomina, ma illustra con parodie e con un
Margite attribuito ad Omero di cui dichiara che è per le commedie quello che Iliade e Odissea sono per le
tragedie.
▪È tuttavia sulla scorta della grande fortuna dell’opera di Aristotele che in epoca alessandrina (II secolo a.C.)
viene elaborata la prima definizione normalizzante di genere.
▪Sarà poi la cultura rinascimentale a riscoprirla e intenderla in maniera nomenclativa e classificatoria.
▪Fino al Settecento la funzione nomenclativa di genere avrà una forte valenza normativa. Tale funzione
verrà ripresa anche in epoche successive, come dimostrato dall’Estetica di Hegel, nella quale, tuttavia,
dramma, lirica e epica vengono misurate nelle fasi che scandiscono, per Hegel, la storia europea: periodo
orientale/simbolico, greco-romano classico, medioevale e moderno.
La frattura romantica
▪Il romanticismo introduce la dimensione storica nel discorso sui generi letterari, minando sostanzialmente
la visione atemporale di impronta classicista (Art poétique di Boileau, 1674).
▪La dimensione storica apportata dal romanticismo implica un’idea di evoluzione e di progresso della
letteratura attraverso il dispiegarsi dei generi, che culmina nella visione positivista dei generi come
organismi biologici.
Hegel
▪Nell’estetica hegeliana epica, lirica e dramma costituiscono tre momenti della poesia secondo una
dialettica tra oggettivo (epica) e soggettivo (lirica). Il dramma sarebbe dunque una nuova totalità in cui noi
ci troviamo davanti sia uno svolgimento obiettivo che il suo originarsi dall’interno degli individui,
dimodoché l’oggettivo si manifesta come appartenente al soggetto (dramma).
▪Ciò si organizza entro uno schema diacronico: l’epica è il momento originario, la lirica il termine intermedio
e il dramma è, insieme, la sintesi concettuale dei primi due e il compimento necessario (razionale) di
un’evoluzione storica.
Il Novecento
▪Ad inizio secolo Benedetto Croce critica aspramente il concetto di genere letterario, definendolo uno
pseudoconcetto.
▪Soltanto a partire dagli anni Cinquanta, grazie a critici e teorici di estrazione ermeneutica o
fenomenologica (Luciano Anceschi, per esempio), il genere letterario torna al centro del dibattitto letterario
(«riscatto dell’empirico»).
Stoffgeschichte
■René Wellek fa risalire la nascita della Stoffgeschichte all’attività di ricerca dei fratelli Grimm che nei primi
decenni del XIX secolo si dedicarono allo studio della migrazione delle favole, delle leggende e delle saghe.
■Gli studi tematologici, nella loro forma originaria e in pieno ambito positivista, vennero identificati proprio
con il termine Stoffgeschichte. Naturalmente, tali studi, furono fortemente avversati da tutti gli studiosi
attenti alle forme letterarie e ai testi, poiché si risolvevano sovente in grandi cataloghi eruditi. Tra i massimi
oppositori merita ricordare Benedetto Croce, René Wellek e Austin Warren e Werner Sollors.
Tematologia
■Il primo studioso ad utilizzare il termine tematologia (thématologie) fu il belga Paul Van Tieghem. Con
questo termine il critico definiva la branca di studi comparatistici che si occupa dell’indagine dei temi e dei
miti letterari, e concludeva che tale branca restava comunque di interesse assai limitato da un punto di
vista critico, limitandosi a lavori di tipo catalografico e di schedatura.
■Fino agli anni Sessanta, insomma, la tematologia resta confinata entro una sfera marginale ed erudita,
nonostante la pubblicazioni di capolavori critici che presentano più di un punto di tangenza con tale ambito
di studi, come quelli di Mario Praz (La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, 1930) e di
Gaston Bachelard.
TEMA
■Potremmo definire un tema come un soggetto di preoccupazione o interesse generale per l’uomo che si
deposita in un orizzonte storico-letterario e si trasmette in prospettive di breve, media o lunga durata (tipi
sociali, professionali, morali; luoghi comuni; spazi e ambienti ricorrenti; situazioni umane ricorrenti;
problemi fondamentali della condotta umana, etc.).
■Il tema è quindi un’entità mobile, flessibile, metamorfica, composta, secondo alcuni studiosi, di parti
minime invariabili chiamate motivi. I motivi, combinandosi tra loro creano nessi tematici: un tema è una
combinazione o una aggregazione di motivi.
■La combinazione stabilizzata di motivi è un topos. (Sul concetto di topos, non tutti i critici concordano:
Cesare Segre e Mario Domenichelli, per esempio, considerano i topoi come i luoghi della memoria
collettiva, dove di depositano, nel tempo, schemi di azioni, situazioni, invenzioni).
MOTIVO
■È stato Boris Tomaševskji a definire il concetto di motivo. Secondo il critico russo infatti i motivi
costituiscono le unità elementari e subordinate del materiale tematico, dalla cui associazione si generano i
«nessi tematici».
■Non tutti i critici concordano sull’utilità della nozione di motivo. Per esempio Mario Domenichelli
considera poco fruttuoso l’uso di tale concetto.
■In ogni caso tema e motivo, considerandone ricorrenza e recursività nella storia, costituiscono il segnale
più evidente di una sorta di memoria collettiva. Lo studio tematologico è quindi uno studio che attraverso la
letteratura può condurci ad una indagine culturale complessiva. Tuttavia l’esistenza stessa di un tema
letterario è legata alla sua mobilità e polisemia.
TEMA E TEMATIZZAZIONE
■Potremmo dire che un tema eccede e continuamente pone in discussione i concetti forgiati per
contenerlo. Per studiarlo compiutamente occorre quindi mettere in evidenza e precisare i molteplici
significati di cui esso è portatore, isolare i suoi elementi costitutivi, in modo da far risaltare la sua
polivalenza.
■In questo senso diventa essenziale l’attività di «tematizzazione» dell’interprete: in effetti ogni tema si
costituisce a partire dall’istanza autotematizzante del testo e l’interrogazione ermeneutica di chi lo decifra.
Gli orientamenti epistemologici e socioculturali del lettore divengono una chiave d’accesso critico
fondamentale, per cui si parla anche di tematologia reader oriented.
■Da tale presupposto nascono gli approcci tematologici degli studi di genere, postcoloniali e neostoricisti.
IMAGOLOGIA
Cenni introduttivi
-> Con «imagologia» si intende lo studio delle immagini, dei pregiudizi, dei cliché, degli stereotipi e in
generale delle opinioni su altri popoli e culture che la letteratura trasmette.
●Queste images, secondo gli imagologi, vanno al di là del puro valore letterario, dello studio delle idee e
dell’immaginazione artistica di un singolo autore
L’imagologia cerca di risalire al valore ideologico e politico che certi aspetti di un’opera letteraria possono
avere proprio in quanto in essi si condensano per lo più le idee che un autore condivide con l’ambiente
sociale e culturale in cui vive.
●Ogni image si costituisce attraverso un continuo confronto che muove dall’identità all’alterità: parlare
degli altri presuppone sempre un noi.
●Un testo contenente una o più images è detto imagotipico.
Testo imagotipico
●I testi canonicamente imagotipici (esempio fondamentale è il Viaggio in Italia di Goethe) possono
alimentare images idealizzanti oppure images negative o visioni distorte dell’altro, dette miraggi (mirages).
●L’imagologia studia quindi images, mirages e gli sviluppi diacronici delle stesse.
Tradizione positivista
●L’imagologia tradizionale, sviluppatasi nell’Ottocento, era di impianto decisamente positivista: concezione
deterministica dei caratteri nazionali.
●Studio delle ricezioni letterarie: come l’immagine di un’altra nazione potesse influire sulla fortuna di un
autore da quella proveniente.
●SCUOLA DI ACQUISGRANA, SCUOLA FRANCESE
Hugo Dyserinck
●Dyserinck è il primo critico ad avviare una profonda revisione della ricerca imagologica:
●Spostamento dell’attenzione dalla sociologia agli studi sulle traduzioni letterarie.
●Studio di images and mirages nella critica e nella teoria letteraria
●Analisi della manualistica scolastica
Joep Leerseen
●Revisione del concetto di «imagotipia»:
●Negli studi di imagologia non ha importanza il contenuto di verità di una data image, ma il suo valore di
riconoscimento (recognition value).
●Differenza tra empirical report statements (enunciati empirico-referenziali), che possono essere valutati
con le categorie di vero e falso e rappresentazione imagotipiche, che invece manipolano i primi operando
delle selezioni e simulando una referenzialità.
●L’imagologo deve concentrarsi sugli effetti che la pretesa referenzialità di una rappresentazione
imagotipica comporta.
Daniel-Henri Pageaux
●Studio della natura e delle funzioni del discorso critico sulle letterature straniere, nonché delle pratiche
culturali che si sostanziano delle immagini di un paese straniero.
●La saggistica sulle letterature straniere va quindi studiata nel proprio carattere di rappresentazione,
ovvero mettendo in risalto il fatto che essa è soggetta ai meccanismi di condizionamento propri della
cultura di appartenenza.
●L’analisi imagologica deve includere la paraletteratura.
●Tre modalità di rappresentazione dell’«altro»:
●MANIA: sopravvalutazione della cultura straniera
●FOBIA: disprezzo indifferenziato della cultura straniera
●FILIA: considerazione paritaria della cultura straniera
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LA TRADUZIONE
TEORIE E METODI
COS’È LA TRADUZIONE?
•Definizione ufficiale dell’European Translation Platform (1998): «LA TRASPOSIZIONE DI UN MESSAGGIO
SCRITTO IN UNA LINGUA DI PARTENZA IN UN MESSAGGIO SCRITTO NELLA LINGUA D’ARRIVO»
•La traduzione è quindi quel processo che trasforma un testo, detto PROTOTESTO in un altro testo, detto
METATESTO, generalmente mediante l’uso di una lingua diversa da quella in cui il testo originale è stato
scritto e per interagire in una cultura diversa da quella in cui è stato prodotto
•Di traduzione, però, si parla anche per un testo che venga riscritto nello stesso codice linguistico
LA SVOLTA ROMANTICA
•La grande spinta innovativa del dibattito dei romantici tedeschi sulla traduzione parte dalla tesi idealistica
(poi ripresa da Croce) dell’impossibilità della traduzione delle opere letterarie: a lingue diverse
corrispondono infatti diverse percezioni della realtà non completamente trasmissibili attraverso
l’espressione linguistica.
•Ma proprio perciò la traduzione è funzionale ad un arricchimento della lingua e della cultura in cui si
traduce, ed è capace di dare nuova energia alle opere originali.
•Tale prospettiva si inserisce in ciò che Goethe ha chiamato Weltliteratur – Letteratura universale
«il traduttore non lavora solo per la sua nazione, ma anche per quelle delle lingue da cui ha tradotto
l’opera. Infatti, più spesso di quanto non si creda, si dà il caso che una nazione assorba la linfa e la forza di
un’opera, ne assuma tutta la vita interiore, al punto di non poter più gioire di quest’opera né trarne
ulteriormente alimento. Ciò riguarda prima di tutto i Tedeschi, che elaborano troppo in fretta quel che
viene loro offerto e, nella misura in cui lo trasformano con ogni genere di limitazione, in un certo modo lo
annientano. Per questo è salutare che la loro opera originale appaia loro come nuovamente rivivificata
tramite una buona traduzione» Goethe
DIBATTITO NOVECENTESCO
•Idealismo crociano
•Formalismo russo e strutturalismo: la traduzione come atto linguistico
•Jakobson: «equivalenza nella differenza»
•Anni Settanta e Ottanta: superamento della prospettiva scientifico-prescrittiva degli studi di traduttologia.
•Berman: la traduttologia è la riflessione della traduzione su se stessa a partire dalla sua natura di
esperienza
PROSPETTIVE ATTUALI
•Colloquio di Lovanio, 1976: nascono ufficialmente i TRANSLATION STUDIES: campo di studi di carattere
analitico-descrittivo il cui obiettivo è quello di descrivere i fenomeni della traduzione come si manifestano
nella prassi (Lefevere, Holmes, Lambert)
•A partire dal 1980, i lavori di Bassnett-Mcguire (Translation Studies) di Theo Hermans (The Manipulation of
Literature) iniziano a considerare la traduzione come un «genere letterario primario» e fondamentale
nell’evoluzione dei sistemi culturali
•Alla fine degli anni Ottanta nasce la Manipulation School, che pone l’accento sulle implicazioni ideologiche
della traduzione, definendo il processo traduttivo non più come linguistic transcoding ma come cultural
transfer
•Con il volume Translation, History and Culture, Bassnett-McGuire e Lefevere connettono i translation
studies ai cultural studies: si inizia a considerare il valore ideologico non più solo dell’originale, ma della
stessa traduzione, all’interno di un determinato contesto culturale: «ogni scrittore di una particolare cultura
e di una specifica epoca e le sue opere riflettono fattori quali la razza, il genere, l’età, la classe».
•Lo studio della traduzione necessita di una pluralità di voci e di soggetti, così come lo studio della cultura
richiede sempre un esame di codificazione e decodificazione che comprendono la traduzione.
•Secondo Lawrence Venuti la traduzione è un atto culturale e politico autonomo: occorre perciò
riaffermare, specie nei contesti culturalmente colonizzati, l’alterità del testo straniero secondo un’etica
della traduzione:
•Le traduzioni basate sulla domesticazione (domesticating) del testo straniero sono etnocentriche,
conservatrici e portatrici della cultura dominante
•Al contrario le traduzioni che si basano sulla stranierificazione (foreignizing) mantengono la distanza
culturale per permettere l’incontro con l’altro, all’insegna della differenza
ITAMAR EVEN-ZOHAR
•Concetto di «polisistema»: evoluzione del concetto di semiosfera introdotto da Lotman, secondo cui «la
cultura è un fascio di sistemi semiotici (lingue) formatisi storicamente […] La traduzione dei medesimi testi
in altri sistemi semiotici, l’assimilazione di testi diversi, lo spostamento dei confini fra i testi che
appartengono alla cultura e quelli che si trovano oltre i suoi limiti costituiscono il meccanismo
d’appropriazione culturale della realtà. Solo ciò che è stato tradotto in un sistema di segni può diventare
patrimonio della realtà».
•Il polistema letterario è quindi l’intero universo semiotico nel quale la letteratura tradotta costituisce un
sottoinsieme a sé stante, definito dal fatto che è la cultura ricevente a decidere quali testi debbano entrare
a far parte del proprio sistema mediante traduzione.
Ciò significa che all’interno del sistema della cultura ricevente i metatestu hanno una vita del tutto
autonomo rispetto al prototesto
I rapporti di influenza reciproca tra singoli sistemi dipendono dalla loro individuale staticità o
dinamicità e dalla loro posizione centrale o periferica.
Cultura Visuale
Prospettiva contemporanea
Genealogia
•Nelson Goodman, I linguaggi dell’arte (1968): studio delle convenzioni e dei codici che sottendono i
sistemi simbolici non linguistici e non assumono il linguaggio come paradigma del significato
•Jacques Derrida, La grammatologia (1967): decentramento del modello fonocentrico del linguaggio,
spostamento dell’attenzione sulle tracce visibili e materiali della scrittura
•Scuola di Francoforte: analisi sulla cultura di massa, sui media visuali e sugli aspetti ideologici della visione
•Michel Foucault: storia e teoria del potere/conoscenza che rivela il divario tra il discorsivo e il visibile come
frattura cruciale nei «regimi scopici» della modernità
La svolta visuale
•In Linguistic turn (1967) Richard Rorty aveva inteso ricondurre ogni questione gnoseologica a un problema
di linguaggio risolvibile con gli strumenti di una linguistica e di una semiotica su di essa fondata
•Le immagini non sono parole, non si comportano come parole, non sono strutturate (né semanticamente,
né sintatticamente) come il linguaggio
•Parola e immagine sono due modalità diverse di dare forma al reale: se io pronuncio la parola «verde», io
opero una sintesi di una infinita molteplicità di impressioni cromatiche nelle loro innumerevoli sfumature.
Al contempo depotenzio la mia esperienza, perché nella parola «verde» trascuro ciò che per così dire fa di
questo verde questo verde. L’artista visivo, al contrario, è interessato a portare a chiara conoscenza proprio
ciò che fa di questo verde questo verde.
Cultura visuale
•Con cultura visuale si intende un campo di studi transdisciplinare che nasce come reazione ad una serie di
trasformazioni che si sono verificate a partire dall’inizio degli anni Novanta nell’ambito dell’iconosfera
•Con ICONOSFERA si intende la sfera costituita dall’insieme delle immagini che circolano in un determinato
contesto culturale, dalla tecnologie con cui esse vengono prodotte, elaborate, trasmesse e archiviate e dagli
usi sociali di cui queste stesse immagini sono oggetto
•Regime scopico: nuovo oggetto di studio della cultura visuale, quale risulta dallo studio, ad un tempo, di
immagini, sguardi e dispositivi della visione.
William J. T. Mitchell:
- Iconology. Image, text, ideology (1986)
- Picture theory (1994)
- What do Pictures Want (2004)
Gottfried Boehm
Horst Bredekamp
•Iconic turn (opposizione al Linguistic turn)
•Studio del ruolo epistemico, conoscitivo delle immagini
•Volontà di comprendere la logica delle immagini
•Necessità di studiare la dimensione mediale dell’immagine
Michel Foucault
Roland Barthes
Jean Baudrillard
Gilles Deleuze
Jacques Rancière
Georges Didi-Huberman
•Area proteiforme
•Riflessione su iperrealtà, simulacri, simulazione
•Studio della temporalità delle immagini e sul rapporto tra visibilità e storia
PRESUPPOSTI TEORICI
•Studio di ogni tipo di immagine
•Evidenziazione della dimensione culturale della visione: la visione è sempre tecnicamente, socialmente e
storicamente situata (storicità, studio dei dispositivi, costruzione visiva del sociale e costruzione sociale del
visivo)
•Studio dei rapporti tra testo e immagine secondo una nuova prospettiva (W.J.T. Mitchell, Michele Cometa)
•Gli studi di cultura visuale non sono definiti dalla scelta dei propri oggetti di studio ma dall’attenzione
rivolta alle pratiche del vedere
•SHOWING SEEING: esporre e analizzare l’atto stesso del vedere nelle sue diverse declinazioni estetiche ed
epistemiche, culturali e sociali
Implicazioni gender
•Secondo Mitchell, nella cultura occidentale si assiste, da Platone in poi, alla prevaricazione del verbale
(maschile) sul visuale (femminile).
•Come il colonizzato, il proletario, le donne, l’immagine è ciò che non ha parola, il non-risolto e il non-
assimilato.
•In questo senso l’ékphrasis si inscrive in una logica del «desiderio», che si declina così:
•Speranza ecfrastica: desiderio di superare l’alterità
•Paura ecfrastica: paura che scaturisce dal confronto con l’alterità dell’immagine (il suo mutismo, la sua
sensualità)
•Indifferenza ecfrastica: impraticabilità di questa trasgressione dei limiti
Spettatorialità
•Secondo Rancière l’esercizio dello sguardo, lungi dall’essere una passiva ricezione di uno spettacolo, opera
per selezione, comparazione, interpretazione: grazie ai processi di associazione e dissociazione può
realizzarsi l’emancipazione dello spettatore, ovvero il suo riconoscersi come attore.
•Occorre abbandonare le rigide opposizioni tra attività/passività, guardare/sapere, apparenza/realtà.
•«non vi è il reale in sé, ma delle configurazioni di ciò che è dato come il nostro reale, come l’oggetto delle
nostre percezioni, dei nostri pensieri e dei nostri interventi. Il reale è sempre l’oggetto di una finzione, cioè
una costruzione dello spazio in cui si connettono il visibile, il dicibile e il fattibile.
Il testo narrativo
Minimi elementi strutturali
Modello comunicativo
Un individuo empirico (autore) scrive un testo; nel testo l’atto di enunciazione (narrazione) di un soggetto
linguistico (narratore) produce una serie di enunciati narrativi (racconto) che designano dei contenuti in
forma di eventi, azioni, personaggi, eventi etc. (storia o diegesi); il racconto è indirizzato ad un destinatario
interno al testo (narratario), spesso invisibile, che è una controfigura del lettore empirico
Storia, racconto, narrazione
-La storia (fabula) è il contenuto narrativo, l’insieme degli eventi narrati in un testo
-Il racconto (intreccio) è l’enunciato narrativo, il discorso che riferisce la storia, il modo in cui viene
organizzata nell’effettiva sequenza verbale che troviamo sulla pagina
-La narrazione è l’enunciazione narrativa, l’atto enunciativo che produce il racconto e la situazione in cui si
colloca
Tempo
•Il tempo della storia è la cronologia dei fatti
•Il tempo del racconto è l’effettiva modalità temporale con cui i fatti sono messi in intreccio con
procedimenti riconducibili a 3 categorie:
•Anacronie : discordanze tra l’ordine del tempo della storia e l’ordine del tempo del racconto (analessi e
prolessi)
•Anisocronie: discordanze tra la durata del tempo della storia e quella del tempo del racconto (sommari,
ellissi, pause)
•Relazioni di frequenza degli eventi della storia e gli enunciati narrativi: racconto singolativo e racconto
iterativo
•Il tempo della narrazione indica il momento in cui il narratore racconta rispetto alla storia: ulteriore,
anteriore, simultaneo, intercalato
Modo e Voce
Occorre distinguere tra le modalità di rappresentazione con cui il racconto evoca i fatti della storia e le
parole dei personaggi (punto di vista) dai problemi di istanza narrativa (statuto del narratore, la posizione
da cui racconta e la sua relazione con la storia). Nel primo caso parliamo di modo, nel secondo di voce.
Letteratura e giornalismo
Poteri a confronto
●La letteratura possiede un’autorevolezza profonda ma imponderabile
●Il giornalismo è un potere vero e proprio, che nelle società democratiche svolge un compito preciso e
fondamentale
●Studiare il rapporto tra letteratura e giornalismo permette di analizzare numerose questioni che
caratterizzano la modernità:
–Il disagio dell’intellettuale (rapporto tra necessità di intervento nel presente e distanza da esso)
–Funzione della comunicazione mediale nella letteratura
–Ricezione
–Etc.
Scrittori-giornalisti
●Sono molti gli autori che si muovono a cavallo fra letteratura e giornalismo.
●Con l’attività giornalistica di alcuni grandi scrittori si assiste alla nascita di nuove forme di giornalismo, così
come a innovazioni, modificazioni e nuovi impulsi a generi letterari tradizionali
●I giornalisti scrittori operano in tutti i principali settori della stampa: l’inchiesta, il reportage, la cronaca
nera
Scrittori-giornalisti
●Daniel Defoe, nel 1704, fonda il «the Weekly Review»
●Jonathan Swift, tra il 1710 e il 1711 dirige l’«Examiner»
●Nell’Ottocento, Balzac collabora con «le monde», «le voleur», «la caricature», «La Presse». Nel 1836
dirige «Chronique de Paris» e dal 1840 la «Revue parisienne».
●Il caso di Balzac è particolarmente indicativo della scissione emotiva dello scrittore rispetto all’attività
giornalistica. Nonostante le molte collaborazioni, infatti, Balzac arriverà a condannare senza appello la
pratica giornalistica. Tuttavia si servirà dell’informazione come di un grande serbatoio da cui attingere per la
sua Comédie Humaine.
●Èmile Zola lavora come giornalista tra il 1865 e il 1881, diventando celebre grazie alla campagna in favore
dell’ufficiale ebreo Alfred Dreyfus (accusato di spionaggio per false accuse a causa di un forte
antisemitismo)
●Charles Dickens fu legato a doppio filo con il mondo del giornalismo. Sul «Morning Chronicle» e più tardi
sul «Monthly Magazine» scriverà i celebri bozzetti di costume poi raccolti sotto il titolo di Sketches by Boz.
Negli anni successivi sarà direttore di «Household Words» e «All the Year Round»
●I rapporti tra letteratura e giornalismo nell’Ottocento trovano nel feuilleton (romanzo d’appendice) il
proprio punto di intersezione: si tratta, appunto, di romanzi pubblicati a puntate sui giornali
●Nel Novecento, in Italia, nasce la cosiddetta terza pagina, dedicata ad aspetti culturali. L’articolo, di
carattere misto e vario, che apre la terza pagina è detto elzeviro
●La data di nascita dell’elzeviro è il 1° dicembre 1901, quando il «Giornale d’Italia», allora diretto da Alberto
Bergamini dedica una pagina alla prima romana della tragedia Francesca da Rimini, di Gabriele d’Annunzio,
che veniva commentata relativamente alle musiche, gli allestimenti e il testo
L’elzeviro
●In generale potremmo definire un Elzeviro come un genere letterario che passa dalla tecnica della
recensione a quelle sfuggenti della divagazione saggistica o lirica, si imbeve di suggestioni remote
(l’antiromanzo di Sterne, le operette morali) o recenti (il poema in prosa).
●Si tratta di un ponte tra la cultura elitaria e quella divulgativa: diffonde sui quotidiani la prosa d’arte in
bilico tra svolgimento narrativo e libera riflessione.
●L’elzeviro muove spesso da fatti del giorno, però insignificanti o abbordati da una prospettiva insolita
Penny Press
●La Penny Press inventa il moderno concetto di NOTIZIA
●Si tratta di un gruppo di editori che progetta giornali per un pubblico esteso al costo di un solo penny
(contro i 6 cents dei giornali tradizionali), allargando l’ambito delle notizie ad argomenti di carattere
popolare. L’impaginazione diventa più vivace e la vendita viene affidata a «strilloni» posti agli angoli delle
strade.
●Per la prima volta compaiono sul giornale articoli sulla polizia, sui tribunali, sulle case private. La stampa
non riflette più unicamente commercio e politica ma si allarga all’intera vita sociale
La rivoluzione americana
●Nel 1923 Briton Hadden e Henry Robinson fondarono il «Time»
●Nel 1925 nasce il magazine letterario «New Yorker» su iniziativa di Harold Ross
●Nel 1936, il gruppo «Time» fonda «Life», primo periodico in cui la fotografia diventa elemento centrale,
veicolando l’informazione, laddove l’articolo retrocede alla funzione di didascalia
●Nasce quindi il foto-reportage.
New Journalism
●Tra il 1962 e il 1972, Tom Wolfe e altri reporter danno vita ad una corrente volta a rinnovare la narrazione
giornalistica in anni in cui il boom economico, il neocapitalismo, modificano radicalmente la composizione
sociale nei paesi del Patto Atlantico.
●Wolfe intende rivalutare la funzione etica ed educativa del romanzo realista inglese di scrittori come
Defoe e Dickens.
●Inoltre intende riprendere da Hemingway la commistione tra tensione narrativa romanzesca e giornalismo
informativo.
●Il New Journalism intende superare la struttura canonica dell’articolo di giornale, che all’epoca si fondava
ancora sulla cosiddetta regola delle cinque W: who, what, when, where, why.
●Inoltre Wolfe intende superare la referenzialità pura degli articoli giornalistici per scavare nelle atmosfere
e nei personaggi con il ricorso a strategie tipicamente letterarie
Debiti letterari
●Il New Journalism deve molto all’opera letteraria di scrittori come Henry James, Charles Dickens, ma
anche come Balzac e Flaubert, sia per l’attenzione autentica per la società, che per la rappresentazione
delle classi sociali e dei problemi che ciascuna di esse affrontava.
●Opere come Hard Times (1854) di Dickens o The American (1877) di James, che prendono spunto da veri
fatti i cronaca, rappresentano in un certo senso gli antenati del New Journalism
GLOSSARIO 1
●SOVIET: assemblea eletta dalle organizzazioni economiche operaie. Esistono soviet locali (eletti in ogni
città e villaggio), soviet di rione (nelle grandi città), soviet regionali e provinciali. Infine, con sede nella
capitale, esisteva il Comitato centrale esecutivo dei soviet (CEC). I soviet dei contadini, autonomi rispetto ai
soviet operai, si fonderanno a questi dopo la rivoluzione bolscevica
●DUMA: organo deliberante attivo in periodo zarista. Dopo la prima rivoluzione sopravvisse per circa sei
mesi e cessò nel settembre 1917. Con Duma cittadina si intende il consiglio municipale riorganizzato
(autogoverno municipale)
GLOSSARIO 2
●MENSCEVICHI e BOLSCEVICHI sono due fazioni del PARTITO OPERAIO SOCILDEMOCRATICO RUSSO
(POSDR). Dal 1903, per ragioni tattiche, il partito si divise in una parte maggioritaria (bolscevica) e una parte
minoritaria (menscevichi), sebbene nella rivoluzione russa i bolscevichi furono sempre in minoranza. I
menscevichi erano convinti che la società dovesse progredire verso il socialismo per evoluzione naturale. I
bolscevichi sostenevano l’insurrezione proletaria nella convinzione che la creazione di uno stato socialista
esigeva il possesso da parte della classe operaia di industrie, terre, ricchezze naturali.
GLOSSARIO 3
●TESI DI APRILE: nessun appoggio al Governo provvisorio, pace subito senza annessioni, tutto il potere ai
soviet, nazionalizzazione della terra da gestire attraverso i soviet dei contadini poveri, diritto alla
separazione delle nazionalità oppresse dallo stato russo, fondazione di una nuova Internazionale,
cambiamento al nome del partito che dovrà chiamarsi comunista
●Luglio: Lenin e i principali dirigenti del partito bolscevico vengono dichiarati fuorilegge. Trotskij e
Lunačarskij vengono arrestati. Lenin ripara in Finlandia.
●Agosto – settembre: Il generale Kornilov, capo dell’esercito, invia le truppe a Pietrogrado per schiacciare i
soviet e prevenire possibili azioni dei bolscevichi. I reparti vengono fermati e dispersi dagli operai, dai
ferrovieri e dai marinai che difendono la capitale.
●Kerenski destituisce Kornilov e il 14 settembre proclama la Repubblica.
●22 settembre: i bolscevichi conquistano la maggioranza del soviet di Pietrogrado. Trotskij ne diventa il
presidente.
●12 ottobre: alla prima riunione del nuovo parlamento democratico i bolscevichi, guidati da Trotskij,
abbandonano la seduta
●23 ottobre: Lenin rientra clandestinamente a Pietrogrado e partecipa ad una riunione del Comitato
centrale bolscevico, nel quale propone l’insurrezione armata. Solamente Zinoviev e Kamenev votano contro
(10 i voti a favore)
●25 ottobre: i bolscevichi il Comitato rivoluzionario di guerra, presieduto da Trotskji
●6 novembre: rottura definitiva tra Soviet e governo provvisorio, che fa appello a tutti i soldati rimasti
fedeli alla democrazia
●Notte tra il 6 e il 7 novembre: i bolscevichi occupano i principali punti strategici della città senza incontrare
particolari difficoltà
●7 novembre: il Comitato rivoluzionario assume il potere sciogliendo il governo provvisorio
●8 novembre: vengono emanati i decreti della Pace, della Terra e del controllo operaio, con i quali il nuovo
potere esce dal conflitto mondiale, confisca tutte le proprietà private sulla terra senza alcuna contropartita
e stabilisce che il potere è in mano alle organizzazioni proletarie
●14-17 novembre: i bolscevichi rifiutano qualsiasi proposta di formare un nuovo governo di coalizione.
Kerenski scappa dalla capitale. Vari membri del Comitato centrale si sospendono per protesta contro tale
rifiuto (Kamenev, Zinoviev, Rykov). Presto riassumeranno l’incarico.
●25 novembre: il nuovo governo sovietico organizza le elezioni per l’Assemblea Costituente. I bolscevichi
ottengono il 23,6% dei voti, con una maggioranza schiacciante tra gli operai, nei reparti militari al fronte
Nord e Ovest e nelle grandi città. I Socialisti Rivoluzionari populisti sono il partito più forte con il 40,9 % dei
suffragi. I menscevichi raccolgono il 3%, i liberali e i partiti di destra assommano l’8,4 % e i partiti nazionali e
i mussulmani il 20,1 %.
●Dicembre: vengono arrestati i dirigenti del partito cadetto accusati di preparare la guerra civile. I deputati
cadetti vengono cacciati dalla costituente; inizia formalmente la Conferenza di pace di Brest-Litovsk;
vengono nazionalizzate le banche e le grandi imprese metallurgiche; viene creata l’Armata rossa, la cui
organizzazione viene affidata a Trotskij.
●18 gennaio 1918: l’Assemblea costituente viene sciolta, di fronte all’evidenza del fatto che la maggioranza
moderata si oppone al potere dei soviet e pretende che si crei un nuovo governo di coalizione con i liberali.
16 novembre 1959
●Truman Capote legge nel «New York Times» che a Garden City, contea di Holcomb, l’intera famiglia
Clutter è stata assassinata da mano sconosciuta. Così, con l’approvazione del «New Yorker» parte, a metà
dicembre dello stesso anno, per recarsi sul posto, in Kansas, insieme all’amica Nelle Harper Lee (autrice del
celebre To kill a Mockingbird – Il buio oltre la siepe).
●Il contesto in cui Capote (newyorkese di adozione, snob, raffinato e omosessuale) arriva è quello di una
comunità contadina repubblicana e bigotta.
Adattamento
•Problema di dominante:
•Orchidee
•John Laroche
•Susan Orlean
•I problemi relativi all’adattamento di un reportage non-finzionale mostrano 2 aspetti specifici di tale
genere narrativo:
•Il primo riguarda ovviamente la natura non-finzionale del testo
•Il secondo la presenza del reporter o in generale il momento dell’indagine
Letteratura e giornalismo
•Il rapporto tra letteratura e giornalismo è un rapporto complesso e per certi versi forzato, caratterizzato
da evidenti antinomie:
•La letteratura ambisce alla durata / il giornalismo è effimero
•La letteratura ha il suo statuto nella menzogna / il giornalismo nella veridicità
•La letteratura è esercizio individuale / il giornalismo è collettivo
•La letteratura dà voce a oscillazioni, contraddizioni, istanze represse / il giornalismo è tenuto a seguire una
linea definita
•La letteratura appartiene al dominio dell’arte / il giornalismo appartiene alla comunicazione mediatica
•Ma, come si capisce, il reportage tende a minimizzare, quando non a cancellare, tali opposizioni.
In Cold Blood
•Nel 1959 Truman Capote è già uno scrittore affermato. Ha già pubblicato i romanzi Other Voices, Other
Rooms (Altre voci, altre stanze) 1948 e The Grass Harp (L’arpa d’erba) 1952, oltre ai racconti raccolti in A
Three of Night and Other Stories (Un albero di notte), 1949.
•Tuttavia, come dichiarerà nella prefazione a Music for Chamaleons (Musica per camaleonti) del 1980,
Capote è sempre più attratto dal giornalismo come forma di arte in sé.
«Da diversi anni mi sentivo sempre più attratto dal giornalismo come forma d’arte in sé. Per due motivi.
Primo, mi sembrava che dagli anni Venti in poi non ci fosse stato qualcosa di autenticamente innovativo
nella prosa o nella letteratura in generale […]
TRUMAN CAPOTE, MUSICA PER CAMALEONTI, MILANO, GARZANTI, 1981, P. 10
«in secondo luogo, il giornalismo inteso come arte era un territorio pressoché vergine, per il semplice
motivo che ben pochi veri scrittori si erano dedicati al giornalismo narrativo, o quando l’avevano fatto era
stato sotto forma di diari di viaggio o di autobiografia […]»
TRUMAN CAPOTE, MUSICA PER CAMALEONTI, MILANO, GARZANTI, 1981, P. 10
«Volevo presentare un romanzo giornalistico, qualcosa di ampio respiro che avesse la credibilità del fatto
reale, l’immediatezza del film, la profondità e la libertà della prosa e la precisione della poesia»
TRUMAN CAPOTE, MUSICA PER CAMALEONTI, MILANO, GARZANTI, 1981, P. 10
1955-1959
•Tra il 1955 e il 1959 Truman Capote inizia a lavorare per il cinema: nel 1958 esce Breakfast at Tiffany’s, che
sarà poi adattato nella celebre pellicola con Audrey Hepburn e George Peppard da Blake Edwards nel 1961
•Nel 1956 segue la tournée sovietica di un quartetto jazz americano Porgy and Bess, da cui ricaverà The
Muses are Heard (Si sentono le muse)
•Ma la sua attenzione, come riporta Gerald Clarke (autore di una bellissima biografia di Capote) la sua
attenzione era rivolta al mondo non-finzionale
«Era come se nella camera accanto ci fosse una scatola di cioccolatini e io non resistessi. I cioccolatini erano
che volevo scrivere di fatti, non di cose immaginarie. C’erano tante cose su cui sapevo di voler fare indagini,
tante cose su cui sapevo di poter scoprire qualcosa. Improvvisamente i giornali diventarono vivi, e mi resi
conto che come scrittore di narrativa ero proprio nei guai»
«un incontro casuale, in primavera, tra Al Dewey e Susan Kidwell, la migliore amica di Nancy Clutter,
nell’ombroso cimitero di Garden City, un’oasi di verde in quella regione arida. I Clutter sono sepolti là, e
anche il giudice Tate, che emise la sentenza di condanna dei loro assassini. Susan sta finendo il college che
lei e Nancy avevano progettato di frequentare insieme, il ragazzo di Nancy si è sposato da poco e il figlio più
vecchio di Alvin, che era soltanto un ragazzo nella notte degli omicidi, si prepara a entrare in un college
anche lui. Il messaggio è chiaro: la vita continua anche in mezzo alla morte»
CLARKE, TRUMAN CAPOTE
•In Cold Blood ha una gestazione molto lunga. Capote lo scrive tra il 1959 e il 1963, quando torna a New
York con il romanzo quasi finito, ma senza il finale.
•Si deve attendere il 1965, l’esecuzione della condanna, perché Capote lo porti a termine.
•Tra il 1963 e il 1965 il romanzo diventa per Truman una sorta di ossessione: finché non aveva un finale non
poteva terminare il libro, ma non riusciva nemmeno a metterlo da parte e passare a qualche altra opera.
Anche se non si logorava più a mettere le parole sulla carta, il suo lavoro continuava in una grande quantità
di tormentosi compiti, come per esempio scrivere due lettere a settimana ai detenuti (il massimo loro
concesso)
La vicenda Romand
Nel gennaio del 1993, Jean-Claude Romand, da tutti creduto un mite e benestante ricercatore medico
presso l’Organizzazione Mondiale della Sanità, uccide la moglie (colpendola con un corpo contundente,
probabilmente un mattarello) i due figli (a fucilate), i suoi anziani genitori (stessa sorte dei figli), e persino
gli amatissimi cani di famiglia. Poi dà fuoco alla sua abitazione dopo aver ingerito del Nembutal, ma
sopravvive. Le indagini sveleranno una incredibile verità, o, se preferite, una paradossale menzogna: Jean-
Claude non faceva né il medico né il ricercatore. Non era neanche laureato: da studente aveva detto di aver
superato un esame al quale non si era mai presentato.
Obiettivo
«Anche se avessi condotto un’inchiesta per conto mio, anche se fossi riuscito ad aggirare il segreto
istruttorio, avrei portato alla luce soltanto dei fatti. I particolari delle appropriazioni indebite di Romand, il
modo in cui, un anno dopo l’altro, aveva organizzato la sua doppia vita, il ruolo svolto da Tizio e da Caio,
erano tutte cose che avrei saputo al momento opportuno, ma non mi avrebbero rivelato nulla di quanto mi
premeva davvero sapere: che cosa gli passasse per la testa durante le giornate in cui gli altri lo credevano in
ufficio, giornate che non trascorreva, come si era ipotizzato inizialmente, trafficando armi o segreti
industriali, ma camminando nei boschi»
Capote e Carrère
•Carrère è tornato spesso sulla difficoltà di portare a termine il suo lavoro, la cui stesura, del resto, è durata
ben sette anni.
•In Capote, Romand e io, scrive di aver esplorato i luoghi di Romand, aver incontrato i suoi amici, aver
spulciato gli atti dell’istruttoria e ancora, aver preso centinaia di pagine di appunti, scritto e riscritto più
volte l’inizio del racconto da angolazioni diverse.
•L’idea iniziale è quella di imitare lo stile del Capote di A sangue freddo, romanzo che continuava a leggere
e rileggere, almeno una volta l’anno. Il capolavoro dell’americano lo impressionava per solidità
dell’impianto e per «la cristallina limpidità della prosa», ma iniziava progressivamente a intendere
quell’approccio «volutamente impersonale» come fondato a propria volta su un inganno.
•Secondo Carrère, Capote, che amava Flaubert più di ogni altro scrittore, si era ripromesso di scrivere
anche lui un libro in cui l’autore fosse, come Dio, dovunque e in nessun luogo.
•Egli riuscì a cancellare completamente dalla storia la sua ingombrante presenza, ma così facendo finì per
tradire l’altro suo obiettivo di ordine estetico, ovverosia lo scrupoloso rispetto della verità: Capote «sceglie
di ignorare il paradosso ben noto di ogni esperimento scientifico: la presenza dell’osservatore modifica
inevitabilmente il fenomeno osservato – e nella fattispecie egli era molto di più di un osservatore: era un
protagonista».
Capote vs. Carrère
•In realtà le cose non sono così semplici. Intanto, il raggiunto punto di equilibrio tra l’orizzontale oggettività
dei fatti e la verticale soggettività di chi li racconta è esattamente la riforma principale di Capote rispetto
alla tradizione del reportage narrativo.
•La messa in letteratura del reportage passa in A sangue freddo attraverso una manomissione del patto
autobiografico che aveva informato tutte le esperienze precedenti di giornalismo letterario.
•Per questo motivo la principale difficoltà incontrata da Capote nella stesura della sua opera fu proprio
lasciarsene completamente fuori. Se di solito il cronista usa sé stesso come personaggio, testimone oculare,
per assicurarsi credibilità, la scommessa qui è esattamente quella di trasferire tale credibilità alla
costruzione letteraria e non ai meri fatti.
•In realtà le cose non sono così semplici. Intanto, il raggiunto punto di equilibrio tra l’orizzontale oggettività
dei fatti e la verticale soggettività di chi li racconta è esattamente la riforma principale di Capote rispetto
alla tradizione del reportage narrativo.
•La messa in letteratura del reportage passa in A sangue freddo attraverso una manomissione del patto
autobiografico che aveva informato tutte le esperienze precedenti di giornalismo letterario.
•Per questo motivo la principale difficoltà incontrata da Capote nella stesura della sua opera fu proprio
lasciarsene completamente fuori. Se di solito il cronista usa sé stesso come personaggio, testimone oculare,
per assicurarsi credibilità, la scommessa qui è esattamente quella di trasferire tale credibilità alla
costruzione letteraria e non ai meri fatti.
•l’urgenza di Capote era prettamente letteraria
•la verità espressa in quelle pagine, lungi dal configurarsi come verità di ordine storico documentario, o
come punto di partenza, era essenzialmente una verità letteraria
•Il rimprovero che Carrère muove al maestro statunitense è tanto più ingiusto proprio in quanto lo stesso
Carrère, nel suo romanzo, tenta di mostrarci la natura di un essere, di una situazione, di un mondo, ben al
di là e coerentemente con i compiti di verità riservati alla letteratura di una verificabilità di quanto espone.
Per farlo, soffre, a propria volta, nel cercare la giusta collocazione al proprio io, allo sguardo di sé come
reporter, e la differenza è che opterà per una soluzione opposta a quella di Capote.
La scelta di Carrère
•In una lettera a Romand datata 21 novembre 1996 e inclusa nell’Avversario, scrive: «sono passati tre mesi
da quando ho cominciato a scrivere. A differenza di quanto pensavo all’inizio, il problema per me non è
reperire informazioni, ma trovare una mia collocazione rispetto alla sua storia. Quando mi sono messo al
lavoro, credevo di poter eludere il problema cucendo insieme pezzo per pezzo tutto quello che sapevo e
sforzandomi di restare obiettivo. Ma in una vicenda come questa l’obiettività è una mera illusione. Dovevo
scegliere un punto di vista».