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Nel secolo XVII, e ancor meno nel XVIII, quei salotti erano tutt'altro che
noiosi. Quelli dell'Ottocento dove Stendhal in Il Rouge et il Noir, racconta la
storia di una famiglia nobile. Per i ragazzi nobili giovani le situazioni a tavola e
dopo nei salotti erano una noia. Ma il tentativo intrapreso dai Borboni, con
mezzi inadeguati, di ristabilire situazioni cancellate e su cui gli avvenimenti già
avevano espresso la loro sentenza, crea nei circoli ufficiali e dirigenti dei loro
seguaci un'atmosfera di pura convenzione.
In questi salotti non si deve parlare di ciò di cui tutti si interessano, dei
problemi politici e religiosi, e di conseguenza nemmeno della maggior parte
degli argomenti letterari del presente o del passato prossimo.
Adesso i pericoli sono conosciuti e la vita è dominata dalla paura che possa
ripetersi la catastrofe del 1793.
2) PERIODO STORICO
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I progressi tecnici raggiunti nei trasporti, trasmissione delle notizie,
diffusione dell'istruzione elementare, resero possibile una mobilitazione dei
popoli relativamente più rapida e in direzione più unitaria.
3) IL REALISMO LETTERARIO
Stendhal:
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lavoro professionale? Stendhal è aristocratico rampollo della grande
borghesia (Ancien Régime) e non può e non vuole diventare un borghese
del secolo XIX.
Alla fine vede l'uomo singolo come atomo della sua situazione storica.
Mescolanza del sublime e il grottesco, così che rimbalzino i due poli l'uno
contro l'altro.
Troviamo il milieu: il motivo della consonanza della sua persona e del luogo, la
pensione, da un lato, e la vita che lei conduce dall'altro; in breve, l'armonia fra
la persona e quello che noi chiamiamo il suo milieu.
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Si tratta dell'unità d'un determinato ambiente riprodotta completamente
con mezzi suggestivi e sensoriali, sentita come rappresentazione complessiva
organico-demoniaca (in mezzo alle cose triviali si trovano altre ben diverse:
streghe o topi nel caso della vedova Vauquer).
6) BALZAC E IL REALISMO
Balzac non sta per i tipi specifici: “il soldato”, “il mercante”... Balzac si sforza
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di dimostrare le particolarità della Società di fronte a quelle della Natura; e
le trova innanzitutto in:
4.E vengono menzionati anche i rari drammi amorosi fra gli animali e la
diversità dell'intelligenza negli uomini
a) Prende esempio e spunto dei romanzi di Walter Scott, nel mondo dello
storicismo romantico
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Balzac concepisce il presente come storia, il presente che è il risultato della
storia. Ed effettivamente i suoi personaggi e le sue atmosfere, per quanto
attuali siano, sono sempre presentati come fenomeni scaturiti da
avvenimenti e da forze storiche. C'è un collegamento organico fra l'uomo e
la storia.
La sua invenzione non attinge alla libera fantasia, bensì alla vita reale
quale si presenta dovunque.
Fa una forma di storia pratica, intima, in questa forma di resa dei conti
dell'uomo contro la società.
Balzac immerge i suoi eroi molto più profondamente nel tempo. Anche
la moda romantica di veder dappertutto segrete forze demoniache e di
spingere l'espressione fino al tono melodrammatico, risponde al suo
temperamento agitato, fervido, acritico. Nella generazione successiva,
quella che appare alla metà del secolo, si profila a questo riguardo un
contraccolpo violento; in Flaubert il realismo diventa imparziale,
impersonale e obiettivo.
Emma sente e vede tutto questo, ma non potrebbe sintetizzarlo così. Le manca
l'acutezza e la fredda onestà nel rendersi conto di se stessa. Flaubert non fa
altro che portare a maturazione linguistica il materiale che ella offre e
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dargli la sua piena espressione soggettiva. Se Emma stessa potesse farlo, non
sarebbe più quella che è, avrebbe superato sé stessa, e con ciò sarebbe
salvata.
Flaubert riposa su una profonda fiducia nella verità del linguaggio usato con
senso di responsabilità e vigilante onestà. Flaubert crede che nell'espressione
linguistica si riveli anche la realtà dei fatti. Lavora con grande senso di
responsabilità e possiede un senso critico dell'arte non comune nemmeno in
Francia.
Odia il suo tempo. Con grande acutezza ne vede i problemi e le crisi che si
preparano; vede l'anarchia intima, la “mancanza di base teologica”, l'avanzare
della folla, il molle storicismo eclettico, il dominio della frase fatta, e non vede
poi né soluzione né via d'uscita; la sua visione mistica dell'arte è quasi un
surrogato della religione, a cui si afferra convulsamente, e la sua onestà
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spesso diventa arcigna, gretta, nervosa, irosa.
Lei non ha perduto nulla di concreto; non desidera nulla di concreto. In realtà
lei prova tanti desideri, ma del tutto vaghi. Emma è uno stato di completa
disperazione.
Un tragico così privo di forma era diventato concepibile solo col romanticismo.
Flaubert è il primo che afferra immediatamente l'atmosfera statica di questa
condizione psichica. Non accade nulla, però il nulla è diventato qualche cosa
di pesante, di oscuro, di minaccioso. Ordina nel linguaggio le impressioni
confuse dell'insofferenza, che sorgono in Emma alla vista della camera, dei
cibi, del marito, portandole a immediata evidenza.
A tavola, il marito non intuisce lo stato d'animo di lei. Non vanno mai a una
lite, una spiegazione, a un aperto conflitto. Ognuno dei due è inviluppato nel
suo proprio mondo:
Il caso di questi due, vale anche per quasi tutti gli altri personaggi del
romanzo; ognuna delle molte persone mediocri che vi si muovono dentro ha
il suo mondo di mediocrità, un mondo di illusioni, di abitudini, di impulsi e di
frasi vuote; ognuno è solo, nessuno sa comprendere l'altro. Non esiste un
mondo umano comune, poiché questo può esistere solo quando molti trovino la
via verso una propria realtà, data a ogni singolo, la quale poi diventi la
realtà comune.
Ma quale sia veramente il mondo, il mondo dei “saggi”, Flaubert non ce lo dice
mai.
Madame Bovary non è tuttavia una vera eroina tragica. Impedisce la tragicità
genuina: il fatuo, l'immaturo, il disordinato che c'è in lei. E né l'autore né il
lettore potranno sentirsi mai una sola anima con lei, come accade di solito con
gli eroi della tragedia.
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In un'ultima analisi si raggiunge un fine pedagogico, di critica dell'epoca.
12) CONCLUSIONI