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I lezione, 15/02
LETTERATURA COME ISTITUZIONE
→ è uno scambio immateriale di esperienze mentali, che avviene tra qualcuno che scrive e qualcun altro che legge. Lo scambio
è istituzionalmente regolato, cioè obbedisce ad una serie di norme, legate ai modi di trasmissione e altro;
→ è un insieme di opere, che ha delle caratteristiche, che rispondono a delle attese istituzionalmente codificate; tale corpus
però è variabile nel tempo e tale processo è tanto più vero, quanto più ci avviciniamo all’oggi.
La variabilità storica e la codificazione mobile del sistema letterario non è sempre esistita nei termini in cui la vediamo ora, nel
senso che quello di cui noi ci occupiamo si chiama “il sistema letterario della modernità”, ovvero un insieme di opere che si
forma in Europa alla fine del XVIII secolo. Prima era diverso.
→Quali sono gli elementi che imprimono il cambiamento del sistema letterario? *
Esistono una serie di fatti, alcuni storico-sociali, altri sono fatti letterari, che fanno sì che da un sistema letterario che noi
chiamiamo di “antico regime” si passi ad uno “della modernità”.
Quali sono questi propulsori di mutamento?
• nascita di un’altra classe, quella BORGHESE. La sua ascesa, in seguito alla riv. Francese e alla riv. Industriale, dà vita ad un
nuovo pubblico = NUOVI LETTORI che chiedono una letteratura che risponda ai propri bisogni. La modernità è la storia
dell’affacciarsi continuo di nuovi tipi di lettori, nuovi ceti che prima erano esclusi dalla produzione letteraria, anche per la
banale ragione che non sapessero né leggere né scrivere, e che a mano a mano accedono alla lettura.
Se cambia la fisionomia socio-culturale dei fruitori cambia anche la produzione, il tipo di letteratura.
• NASCITA DEL GENERE DEL ROMANZO, in relazione all’ascesa della borghesia, che si sviluppa in primo luogo in
Inghilterra (dove vi è la borghesia più forte). Tale genere fonda il sistema letterario della modernità.

IL ROMANZO MODERNO
In una delle sue Lezioni di estetica, Hegel definisce il romanzo come la “moderna epopea borghese”, sottolineando una
differenza tra il mondo epico, ovvero quello antico, e quello moderno, che si esprime con il romanzo.
Il mondo dei classici è una totalità integrata e unitaria di valori, dove non c’è separazione, diaframma, tra io e mondo; il mondo
moderno, al contrario, è il mondo del lavoro diviso e dell’autocoscienza. Tra vita interiore e realtà esterna non esiste alcuna
correlazione immediata; ogni aspirazione al valore e alla totalità può essere vissuta solo in termini problematici e questa
‘totalità degradata’ sarà oggetto della rappresentazione romanzesca, la parabola tragica o comico che conduce l’eroe alla
sconfitta o alla riconciliazione con la società.

La formula dell’epica borghese si è dimostrata feconda e felice, dando vita ad un vero e proprio mito critico, sviluppato dal
giovane Lukàcs nella Teoria del romanzo: in tale saggio egli esprime la nostalgia nei confronti della grecità, età felice che non
conosceva dissonanza tra io e mondo.
L’antitesi tra epica e romanzo trova una formulazione assai suggestiva in BACHTIN (1938), che ne rovescia totalmente i
termini rispetto a Lukàcs.
→ il romanzo è l’unico genere più giovane della scrittura: tutti i generi letterari esistenti fino al romanzo moderno avevano
un’origine orale, si sono formati in età pre-storica, prima della scrittura e del libro. Il romanzo invece nasce come genere
eminentemente scritto, ciò vuol dire che lo scopo è quello di essere letto, non recitato o declamato, in particolare per essere
letto privatamente = ciò riflette l’individualismo tipico della borghesia. Lettura: muta, solitaria, silenziosa.
→ È un genere PRIVO DI CANONE: esistono romanzi di tutti i tipi, anche se ciò non significa che non nascano delle tradizioni.
Epos e romanzo, Bachtin.
Di qui la difficoltà a cui va incontro ogni teoria del
romanzo nel momento in cui voglia indicarne le
caratteristiche peculiari, ciò che lo
contraddistingue è la dinamicità, il mutamento, la
continua deformazione e parodia di se stesso, la
plasticità incessante delle sue forme.
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non si tratta di una semplice questione id contenuto;


→questo ‘passato’ non è solo un passato temporale,
bensì anche una dimensione di valore

→ questa concezione del passato determina anche gli


aspetti formali dell’epopea. La sua forza creativa è la
memoria, non la conoscenza, la tradizione.

Al passato epico, nulla si può aggiungere, nulla si può modificare; il romanzo offre una tipologia opposta: “Raffigurare l’evento
a un livello assiologico-temporale identico al proprio e a quello dei propri contemporanei significa compiere anche un
rivolgimento radicale e passare dal mondo epico a quello romanzesco.

Cambiamento dei criteri assiologici, di valore, come decido che un’opera è bella o brutta:
 nel sistema letterario di antico regime il criterio di valore (assiologia) è molto rigido, innanzitutto perché deve rispettare la
corrispondenza tra genere e stili, ma deve anche obbedire al principio di imitazione.
 nel sistema letterario della modernità l’assiologia è più mobile, il criterio con cui noi decidiamo se un’opera è bella o brutta si
basa sull’originalità! Il mutamento di paradigma fa si che il sist. lett. moderno sia molto variabile e mobile in quanto non
fondato su criteri ontologici ed è esito di quello che si chiama conflitto delle interpretazioni: chi decide cosa è bello lo fa contro
altri. Ciò fa si che si muoviamo sempre nell’ambito dell’estetica della differenza: ogni prodotto viene valutato in base al suo
tasso di innovazione/tradizione, ma sempre comparativamente rispetto ad altri.

N.B. Dal principio di imitazione si passa a un principio di


novità/tradizione: l’opera “bella” nella modernità è quella che
presenta tratti cospicui di originalità, quella “brutta” è quella
ripetitiva, banale e che presenta stereotipi. Non è un caso che
l’estetica nasca proprio con la modernità; tutte le retoriche
classicistiche fondano le loro basi filosofiche sulla pretesa che
queste norme, regole, canoni di scrittura debbano essere
rispettati perché corrispondono al modo di essere della
natura; l’estetica moderna, invece, sposta il paradigma
perché promuove un’assiologia che è intersoggettiva e
contingente. C’è una <sfera dei giudicanti> che giudica ciò che
è bello e ciò che è brutto.
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* Torniamo al passaggio tra il sistema letterario di antico regime a quello della modernità.
 

- Esprime una società aristocratico-gentilizia e - Esprime una società borghese.


sostanzialmente agricola. - Non vi è la corrispondenza tra genere e stile e viene ad essere vigente la
- Esso prevede una corrispondenza dei generi mescolanza dei generi e degli stili. Il romanzo è un genere composito, che
e degli stili: OGNI STILE È ADATTO AD UN accoglie dentro di sé altri generi facendoli reagire tra di loro: tutto il
CONTENUTO DI UN CERTO TIPO. sistema è profondamente modificato e il romanzo è solo la testimonianza
- letteratura “alta”: epopea, tragedia, ode più vistosa di tale paradigma.
- stile “grande” e “sublime” - letteratura “bassa”: novella, commedia, poesia burlesca
- temi e fenomeni socialmente aristocratici - stile comico
(armi, amore) - temi e fenomeni della quotidianità borghese (famiglia, lavoro) =
RAPPRESENTAZIONE SERIA DEL QUOTIDIANO, vicende individuali senza
alcuna rilevanza storica che vengono rappresentate in modo serio. Al
contrario poi si può avere la rappresentazione comica del sublime.
Si modificano ruolo e funzione sociale di coloro che sono coinvolti nel
sistema:

L’autore del sistema della modernità ha un pubblico


a cui sceglie di rivolgersi!
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II lezione, 17/02
Emile Zola, La letteratura e il denaro, 1880: in tale scritto l’autore polemizza con Sainte-Beuve, uno dei principali critici
dell’epoca che si lamentava di come la crescente importanza del denaro avesse corrotto l’attività di scrittura; è il luogo
comune per cui la commercializzazione delle opere ne abbassi la qualità. Zola non è di tale idea e si concentra sul
cambiamento di ruolo dello scrittore; polemizzando con S-B dice:
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1. SAGGIO DI SPINAZZOLA: GENERI LETTERARI E SUCCESSO EDITORIALE

Che cos’è un genere letterario?

 sono quelli che Spinazzola chiama i <fattori costitutivi>, o <mattoni>, del sistema.
 il concetto di genere è innanzitutto astratto e fluido;
 è un dispositivo di mediazione, perché media tra il sistema letterario nel suo complesso e la singola opera; nel senso che
permette di inserire l’opera all’interno di una categoria e di metterla in rapporto di opposizione e somiglianza con tutte le
altre. È anche vero che è un dispositivo di mediazione tra la singola opera e il contesto storico, perché a seconda delle epoche
vi sono dei generi dominanti e non. Infine il genere è il primo dispositivo di mediazione tra chi scrive e chi lettere, autore e
lettore; nel momenti in cui io mi metto a scrivere e scelgo le modulazione tipologiche della mia scrittura ho sempre in mente
un destinatario, che può esistere o meno, però sicuramente si scrive per essere letti, dunque il pubblico condiziona la genesi
stessa dell’opera

Se lo scrittore organizza preventivamente il suo messaggio secondo un sistema di regole e codici, che possiamo chiamare
genere, il fruitore attiva un sistema di attese sulla base della propria esperienza di lettura (se cerco un romanzo giallo è perché
ne ho letti altri e mi piace il genere). Tra produttore e fruitore si inserisce la mediazione editoriale, la quale non crea i generi,
ma si mette al loro servizio, nella stessa misura in cui se ne serve (p.43). Gli apparati paratestuali, come la copertina o il nome
dell’autore, svolgono un ruolo fondamentale nella scelta da parte del lettore.
Il mediatore/editore deve cercare di scrutare ciò che ha dimostrato di funzionare bene (<Potenzia lo sfruttamento di formule
già esperite positivamente> Spinazzola), però non può limitarsi a riproporre sempre le stesse cose, deve anche diversificare la
proposta. Deve puntare anche a generi che non sono popolari, ma che soddisfano un circolo di lettori forti, che assicurano una
redditività meno ampia, ma più duratura: omogeneizzazione + diversificazione. Contrariamente a quanto si crede, è molto
difficile riuscire a indovinare che cosa funzionerà e cosa no: i libri di successo non si creano a comando, perché i prodotti
estetici presentano margine di imprevedibilità molto ampi.

Il dinamismo si mostra in modo evidente quando pubblici emergenti


chiedono nuovi prodotti.

Da una parte i generi garantiscono stabilità, ma allo stesso tempo sono


luogo delle innovazioni interne al sistema: SUCCESSO DI UN NUOVO
GENERE= STA MUTANDO L’IDEA DI LETTERARIETA’ = NUOVI GRUPPI
SOCIALI CHIEDONO RAPPRESENTAZIONE.

NASCITA DI UN NUOVO GENERE = NUOVO PUBBLICO EMERGENTE

Esempio: nel 1883 Collodi dà alla stampa Pinocchio, libro che appartiene ad un genere che prima non esisteva, così come il
pubblico cui era indirizzato non era coinvolto nel sistema di antico regime
→ nuovo pubblico infantile
→ libro che si fa carico di nuove istanze pedagogiche.

Esempio: nel 1931 Liala pubblica Signorsì, nascita del romanzo rosa in Italia.
→ pubblico femminile di nuovo accesso al sistema letterario
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N.B. Non esiste uno statuto ontologico dei generi: vuol dire che i generi non esistono di per sé, non esistono come tali, ma solo
perché vengono riconosciti, e dunque gli riconosciamo solo dopo, a posteriori. Il genere è tale se noi lo riconosciamo!
Ciò significa anche che i generi nascono e durano se riescono a interpretare delle attese che durano nel tempo, se il genere
viene abbandonato dai suoi lettori, esso muore.

Esempio: Analizziamo alcuni appunti di lavoro di Leopardi, Disegni letterari (1819-1843), il quale vive in un’opera di transizione
tra i due sistemi. Egli si segna che cosa vorrebbe scrivere:
• un romanzo che racconta la storia di una donna costretta a divenire monaca (modello La Religieuse di Diderot);
• un poema didascalico sui boschi;
• una tragedia su Ifigenia;
• un romanzo a imitazione del Werther;
• un romanzo sul modello di The Rape of the Lock di Pope;
• “idilli, esperimenti, situazioni, affezioni, avventure storiche del mio animo”;
• una serie di odi filosofiche.
In questo elenco vi sono sia generi destinati a morire, sia generi destinati ad un futuro, perché troveranno accoglienza nel
sistema.

La determinazione del genere è in realtà duplice; c’è sicuramente un fattore oggettivo, cioè ci sono delle somiglianze di
contenuto e di stile tra le opere, ma c’è soprattutto un fattore culturale, noi abbiamo degli schemi mentali che permettono di
percepire continuità o discontinuità: abbiamo una serie di aspettative che poi il testo/film/serie tv si preoccuperò di
confermare o smentire.

Ritornando al discorso sull’abbassamento di qualità, la concezione di Spinazzola è RELAZIONALE, poiché mette in rapporto chi
scrive e chi legge, ma anche FUNZIONALE, perché parte dal presupposto che noi leggiamo per una serie di motivi, per
soddisfare dei bisogni (che sono immateriali), i quali sono antropologici, ovvero sono connaturati al nostro essere umani.
Poi il grado di scolarizzazione, la vita che si conduce, determineranno in gran parte l’orientamento di questi bisogni, però il
bisogno estetico è qualcosa di connaturato all’umanità. Se dunque si scrive per essere letti, se i destinatari condizionano la
genesi dell’opera, noi abbiamo in realtà un sistema che è molto ampio, perché posso decidere di tenermi sul sicuro e puntare
solo sulla soddisfazione di esigenze già accertate dal mercato (romanzi Harmony); oppure posso fare la scelta opposta,
rivolgermi ad un interlocutore ideale che ancora non esiste, come fatto ne <I Malavoglia>: nel momento in cui Verga scrive
l’opera, egli aveva in mente come destinatario la borghesia nell’Italia Unita, ma il libro va malissimo, la “questione meridionale”
non incontrava i loro gusti.
Tra lo stare sul sicuro e lo sperimentalismo, in mezzo vi è una gamma infinita di possibilità, quindi non è del tutto corretto
sostenere che l’allargamento del pubblico causa un abbassamento del livello; l’ampliamento del pubblico vuol dire che esso si
stratifica e dunque c’è posto per tutti.
Uno dei riferimenti teorici di questa concezione della letteratura è un testo di Sartre del 1947 che si intitola Che cos’è la
letteratura? ed egli usa una metafora importante: “L’oggetto letterario è infatti una strana trottola che esiste quando è in
movimento. Per farla nascere occorre un atto concreto che si chiama lettura, e dura quanto la lettura può durare”.

IL LETTORE

Come interviene il lettore sulle strutture portanti dell’istituzione letteraria? Come si orienta?
Fattori di orientamento nella scelta:
→ bagaglio di competenze, che dipende dall’educazione, dalle esperienze culturali;
→ l’informazione pubblicitaria;
→ l’informazione critica;
→ l’autore, il titolo, la copertina, l’editore, la
collana = PARATESTO. OPERA: unità differenziata sullo sfondo di tratti costanti
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Concetto cardine nella concezione di Spinazzola: il piacere della lettura è dato dal ritrovare il noto + dalla scoperta del nuovo.
Questa dialettica noto-nuovo governa in modo pervasivo tutti i fatti letterari, ed è alla base anche del concetto di genere; se ci
mettiamo dalla parte del lettore, se leggo qualcosa di completamente slegato dalle mie abitudini, non lo capisco.
La dialettica vale anche se noi guardiamo dalla parte dei libri: non esistono opere che sono assolutamente ripetitive, così come
non esistono opere assolutamente originali.
Es: futurismo. Esso nasce nel 1909, è un gruppo di letterati militanti, con un leader che fa una proposta molto sperimentale ed
innovatrici, che ci scontrano con la tradizione e con il gusto comune borghese; una volta però che l’avanguardia si afferma, lo
sperimentalismo diventa tradizione e nascono nuovi generi (tavole parolibere), che subiscono processi di imitazione.

Per il lettore l’articolazione dei generi si svolge su due livelli: uno orizzontale, cioè le esigenze diverse per cui io leggo, che
possono essere le più varie; uno verticale, ovvero le competenze diverse, culturali e legate alla qualificazione sociale.
Questo ci fa capire che parlare di pubblico al singolare non è del tutto esatto, nella modernità il pubblico non è un’entità
omogenea: più esso si amplia, più si stratifica, non è vero che vira tutto verso il basso. Avremo da una parte sicuramente le
opere preferite da un grande numero di consumatori, dall’altra però un pubblico più influente anche se numericamente più
ristretto che è quello che Spinazzola chiama “i detentori del gusto”, cioè le élite culturali = CRITICA, che opera una gerarchia
dei generi, secondo i criteri più diversi.
Nella modernità, differentemente rispetto a prima, quando le innovazioni di sistema vengono dal basso, tutte le forme di
sperimentalismo vengono dalle élite culturali.

CONCETTO DI GENERICITA’ MODULANTE


(SPINAZZOLA)
<Se un prodotto s’impone, la sua fortuna determina
una serie di imitazioni e riprese, destinate a
prolungarsi nel tempo così come a diffondersi nello
spazio sociale>. Da una parte abbiamo opere che
fondano un genere che dura nel tempo e poi le
mode effimere, che si verificano quando i
produttori non riescono a captare adeguatamente
le istanze di consumo.

Concetto di genericità modulante: quando un’opera si impone, viene riconosciuta come un modello e dà luogo ad una serie di
imitazioni, come Ivanhoe di Scott, che fonda il genere storico, oppure come Il Signore degli anelli, che fonda il genere del
fantasy; Frankestein che fonda il genere della fantascienza.

III LEZIONE: 18/02


pp. 45-46: CONCETTO DI <GRADUATORIA DI GENERI> (SPINAZZOLA)
1. Fotoromanzo, pubblico molto vasto, ma genere mai istituzionalizzato;
2.
3. Libro di Pratolini si rivolge ad un pubblico ben scolarizzato;
4. Si rivolge ad una schiera molto ristretta e specializzata di lettori; genere della poesia sperimentale che gode di un alto
prestigio.

Domanda: è possibile che l’istituzionalizzazione di un genere contribuisca all’innalzamanto del genere stesso?

Perché ha successo la Ferrante?


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→Paolo Di Paolo sull’ Espresso nel 2018 a questa domanda risponde: Mi hanno chiesto le ragioni dell’apprezzamento
dell’<Amica geniale> ma sinceramente non lo so. C’entra poco con la produzione innovativa di questi anni.
→ R. Donnarumma: Elena Ferrante non guarda del resto solo alla tradizione del romanzo ottocentesco, ma ha introiettato
anche alcuni meccanismi narrativi della serialità televisiva; e non alludo affatto a quelle produzioni statunitensi che anche il
pubblico colto o, come si dice, sofisticato si fa un vanto di seguire, quanto proprio alle telenovelas più imbarazzanti.

N.B. Le gerarchie del prestigio sono determinate da chi ha voce in capitolo per determinarle. Sicuramente si è ampliato lo
spretto dei pareri, delle voci, ma la gerarchia rimane ben codificata.

CONCETTO DI <GRADI DI PRESCRITTIVITA’> DI UN GENERE (SPINAZZOLA)


In parte abbiamo già affrontato tale concetto, quando abbiamo parlato di generi “forti”, ovvero che sono ben delimitati, che
hanno delle regole e delle marche di riconoscibilità molto nette , e “deboli”, difficili da definire, o opere ibride, difficili da
inquadrare.
Secondo Spinazzola: <Le epoche di relativo equilibrio che definiamo
classiche, presentano una molteplicità di generi ben individuati: il
pubblico è socialemente e culturalmente omogeneo, dunque
prevale un criterio di netta distinzione funzionale, nelle opere che
gli vengono sottoposte. Le età di transione sono invece improntate
dalla dominanza di alcuni generi dai larghi confini, che inglobano e
riplasmano filoni produttivi già ipercodificati, organizzandoli in un
assetto dotato di un nuovo dinamismo. (…) Il criterio in tal caso, è di
promuovere l’unificazione di un pubblico più largo, per l’innnazi
tenuto in stato di dispersività>.

Possiamo fare qualche distinzione:

GENERI A STATUTO FORTE GENERI A STATUTO DEBOLE

Sono generi ben individuati e ben individuabili, dotati di un Sono generi dai confini larghi e sfumati (romando di
forte potere NORMATIVO (romanzo giallo) costume)
= =
PUBBLICO OMOGENEO PUBBLICO COMPOSITO E DIVERSIFICATO

E’ difficile definire “Ragazzi di vita”:


romanzo di formazione, romanzo
sociale, romanzo picaresco. Così
come “Gli indifferenti” di Moravia e
“Lessico famigliare” di Natalia
Ginzburg.

Es: <Il nome della rosa>: è un romanzo storico, un giallo; è tante cose assieme, dipende da come lo leggiamo.
La distinzione in generi forti/deboli subisce alcune contestazioni: da una parte è vero che più un genere è definito, più il
pubblico di riferimento lo sarà altrettanto;però le cose si complicano le saliamo nella scala dell’istituzionalizzazione.
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ULTIMA PARTE DEL SAGGIO DI SPINAZZOLA


Nelle ultime pagine egli ragiona sull’antropologia letteraria, p.47: <A questo punto, occorre porsi su un piano di antropologia
letteraria, tesa a definire le categorie essenziali della lettrarietà, le quali sono determinate dalle opzioni di fondo che ogni testo
espressivo pone in essere, per venire concepito come tale>.
Distinzioni: egli ribadisce che si tratta di polarità astratte e che poi nella concretezza dei fatti letterari queste categorie si
mescolano, si intrecciano e si sovrappongono.

POESIA PROSA
FINZIONE NON FINZIONE
RAPPRESENTAZIONE ATTUALISTICA (SCENICA+AUDIOVISIVO) RESOCONTO EVOCATIVO
TRAGICO COMICO

Prospettiva umanistica tradizionale Prospettiva più articolata

allargamento area dei


leggenti

la modernità la modernità
OMOLOGA DIVERSIFICA
entrano nel sistema ceti in
precedenza esclusi da
fruizione letteraria

È ovvio che i ceti di scarsa e recente


abbassamento della qualità acculturazione si indirizzino verso opere poste
di priduzione, in ossequio a al loro livello di comprensione
logica del mercato

In definitiva la rottura dell’unità del pubblico tradizionale significa che non esiste più un’idea sola di letteratura (no letteratua
univoca e assoluta).
SAGGIO DI SPINAZZOLA: LE COORDINATE DEL SISTEMA LETTERARIO
Il saggio vuole impostare un prospetto della letterarietà italiana del Novecento, e lo fa in modo molto schematico, però
efficace. Nella gran massa di prodotti in cui siamo immersi, come facciamo a orientarci e ordinare i libri in un diagramma, in
uno schema? Spinazzola prevede due criteri di ordinamento delle opere del Novecento:
1. ordinamento verticale, per cui i libri sono disposti secondo la loro complessità strutturale e di linguaggio, e il livello di
competerenza dei loro lettori;
2. ordinamento orizzontale, per cui i prodotti sono disposti per caratteristiche di genere.

Concentriamoci sull’ordinamento verticale; Spinazzola individua


quattro articolazioni della letterarietà novecentesca.

Non è una classificazione di valore, ma descrittiva, vuole


semplicemente fotografare lo stato delle cose. In realtà mettere un
libro in una categoria piuttosto che in un’altra è un’operazione di
valore, perché se dico che un libro appartiene alla letteratura di
intrattenimento non gli sto facendo un grande complimento per
quanto attiene alla sua qualità letteraria.
I confini sono labili, ma anche porosi: è frequente che a seguito di
questi processi un libro passi da una categoria all’altra.
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1. Nella letteratura sperimentale Spinazzola inserisce:


- tutta la lirica novecentesca, perché sostiene che di per sé il discorso poetico noivecentesco si sviluppi sempre all’insegna dello
sperimentalismo;
- le opere romanzesche contraddistinte da originalità estrosa, complicazione tecnica, espressività inconsueta =
sperimentalismo e innovazione.
Esempi di opere:
• Emilio Gadda, La cognizione del dolore
• Alberto Arbasino, L’anonimo Lombardo
• Sanguineti, Capriccio italiano
• Giorgio Manganelli, Hilarotragoedia

2. Nella letteratura istituzionale secondo Spinazzola vanno inserite:


- tutte quelle opere che mediano tra sperimentalimso e tradizione;
- opere che esprimono un’idea di letterarietà resa familiare da discreto livello di istruzione scolastica;
- generi a statuto forte (romando storico), generi più vasti (romanzo di costume);
- filoni in continuità evolutiva rispetto ai classici della modernità sette-ottocentesca;
- letteratura istituzionale luogo elettivo del cosiddetto “besteller d’autore”.
Per letteratura istituzionale noi intendiamo ciò che è stato istituzionalizzato, ma anche opere che vengono pubblicate oggi e
che si inseriscono in un filone medio, poiché non vi è lo sperimentalismo avanguardistico. Es: <Il nome della rosa>, <La
chimera>, <Come dio comanda>, <La solitudine dei numeri primi>.

Per istituzionalizzato si intende ciò che è entrato nel canone o ciò che è considerato non più sperimentale?
Entrambe le cose

3. Letteratura di intrattenimento:
- è il dominio di autori predisposti al dialogo ampio e cordiale (spesso giornalisti, o personaggi televisivi) che obbediscono ad
un vincolo di genere piuttosto stringente, ad un proposito ludico, ma in realtà chiamano in casa interessi vari (comicità,
mistero, erotismo, parodia);
- racconti non di invenzione: biografie, reportage giornalistici.
Es: Un uomo, Oriana Fallaci; Storia d’Italia, Indro Montanelli; Una gran voglia di vivere, Fabio Volo; Scusa ma ti chiamo amore,
Federico Moccia. → Fallaci, Moccia, in realtà sono stati istituzionalizzati.

4. Letteratura marginale/paraletteratura:
- materiale escluso da ricognizione critica e spesso anche dalla conservazione biblioteceria perché ritenuto privo di requisiti
minimi di esteticità;
- testi molto retoricizzati all’insegna dell’effettismo plateale;
- testi di genere misto che accostano parola + immagine: fotoromanzo, fumetto (ha conosciuto in realtà una grande
espansione;
- l’etichetta di paraletteratura tende a riguardare un’intera tipologia di prodotti, non la singola opera.
La discriminazione paraletteraria va a colpire il genere.

IV LEZIONE 22/02/2022
Ultima elenzione: ordinamento verticale che divide le opere in 4 suddivisione si basa su 2 criteri, la complessità testuale e i
destinatari. Le opere possono poi cambiare posizionamento a seconda della rivalutazione critica o svalutazione, e l’esempio più
eclatante è quello del fumetto, che era stato inserito da Spinazzola nella letteratura marginale, mentre ora non è più così.
Già il cambiamento del nome del genere, da fumetto a GRAPHIC NOVEL, indica sicuramente una nobilitazione di esso.
Un esempio simile potrebbe essere anche quello della produzione in versi, è vero che rimane un genere di nicchia, ma si è a
sua volta stratificato, vi sono poeti che hanno un alto seguito.
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N.B. La coscienza di Zeno: nasce come romanzo sperimentale e appena uscito non ha alcun successo; è stato necessaria una
rivalutazione critica prima di raggiungere il successo.

Ordinamento orizzontale
Le coordinate spinazzoliane poi consentono anche un ordinamento orizzontale: Spinazzola distribuisce su una linea orizzontale
i prodotti letterari in base al genere, operando una macrodistinzione tra poesia e narrativa.

Nel corso del Novecento la poesia è andata


ad identificarsi con la poesia ed è indubbio
che la sede elettiva dello sperimentalismo
novecentesco sia stata la poesia. Questo
macrogenere si rivolge ad un pubblico
molto vicino a quello dei produttori, oggi
invece si potrebbero fare distinzioni
ulteriori.
Es: Alda Merini ebbe un riscontro di lettori
inusuale.

Le cose si fanno molto più sfrangiate se ci spostiamo nella macroarea della narrativa: possiamo identificare aree nella narrativa
in base alla forza del vincolo di genere; secondo Spinazzola la letteratura istituzionale è il regno dell’ibridismo (Isola di Arturo di
Elsa Morante), dunque i vincoli di genere si fanno più deboli e più misti. Se invece ci spostiamo alla zona alta del sistema,
ovvero quella della lett. sperimentale, nel corso del secolo si è sviluppato il filone dell’antiromanzo, dove le opere si sono
sviluppate in segna della complicazione, però di per sé sono elementi che indicano un genere forte, BEN IDENTIFICATO.
Altrettanto forte è il vincolo di genere che attiene la narrativa di consumo (rosa, giallo); i generi misti hanno un vincolo di
genere ancora più forte perché sono legati alla compresenza di parole e immagini.

SAGGIO DI SPINAZZOLA: LA VALORIZZAZIONE DEL TESTO


p. 137 : <Quando si discute del valore di un’opera letteraria, nessuno penserebbe mai, ovviamente, di farlo dipendere dal
prezzo con cui viene venduta sul mercato librario>.
→ Spinazzola qua fa riferimento al valore di scambio (importo monetario) e al valore d’uso (utilità/beneficio tratta dal
prodotto); il prezzo però non è una variabile secondaria nella circolazione delle opere!!!

N.B. Nel 1974 Elsa Morante scrive “La storia” e chiede esplicitamente al suo editore, Einaudi, che il libro esca prima in edizione
tascabile che con la copertina rigida. Perché, dato che si tratta di una pratica inusuale? Perché vuole rivolgersi ad un pubblico
il più ampio possibile e il pubblico a cui l’autrice pensò mentre scriveva era quello della prima generazione dell’università di
massa, che non aveva grandi possibilità economiche.
Passo di Spinazzola: <L’autore che sceglie invece di essere stampato in edizione d’arte a copie numerate, predetermina un
altro tipo di
lettori; e con
ciò suggerisce
un altro
criterio critico
per leggere,
intepretare,
valutare la sua
opera>.
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QUESTIONE DEL VALORE ESTETICO


 è un autentico rompicapo filosofico
 ciò che è arte e ciò che non lo è, è un concetto che varia da cultura a cultura e da epoca a epoca
 un oggetto è estetico non per sue qualità intrinseche, ma perché è stato reso estetico da un’istituzione sociale attraverso
l’accordo intersoggettivo → quindi vuol dire che non esiste valore estetico e che è tutto relativo? No, non è tutto relativo.
Spinazzola distingue tra VALORE = qualità intrinseca dell’oggetto; e VALORIZZAZIONE = processo di tipo negoziale (quindi
variabile) e argomentativo in cui si confrontano finalità, volontà, opzioni diverse, in confronto e in conflitto tra loro; è quello
che si chiama CONFLITTO DELLE INTERPRETAZIONI e che rimanzo al concetto di EGEMONIA CULTURALE.
Noi abbiamo alcuni elementi di certezza e di valori, che rimandano ad una scala universalmente condivisa: non ci sogneremmo
mai di paragonare le Commedia al libro di Daniele De Rossi; il giudizio di valore si confronta con la coscienza letteraria comune
<alcuni elementi di certezza assiologica, atti a delineare una scala di valori universalmente condivisibile>.
La valorizzazione è un processo intersoggettivo, ma chi decide? Nel momento in cui leggiamo un libro esprimiamo sempre un
giudizio di valore, che potrà anche mutare nel tempo, tale giudizio che esprimiamo individualmente si basa sul gusto, sulla
competenza e sulle nostre attese di lettura.
I soggetti sociali implicati sono di diverso tipo e intervengono con gradi differenti di autorevolezza.
Spinazzola prospetta uno schema:

Lettori editoriali: coloro che sono incaricati di leggere quello che arriva e di dare un giudizio.

Secondo Spinazzola possiamo schematizzare il processo di valorizzazione in 5 fasi/ 5 momenti, e non è detto che un’opera li
raggiunga tutti:
1. Giudizio di pubblicabilità, momento in cui il libro arriva alla casa editrice ed essa deve scegliere se pubblicarlo;
2. Impressione di leggibilità letteraria, formata dal pubblico colto, detentori del gusto; dopo che l’opera viene publicata si
decide se entra a far parte dei gusti letterari di quel periodo;
3. Successo di pubblico → misura oggettiva;
4. Fama, essa può o non può esserci e rappresenta il prestigio che viene dal consenso dei detentori del gusto;
5. Sanzione di classicità, il libro è un classico, va insegnato a scuola.

Analizziamoli analiticamente uno ad uno.

1. GIUDIZIO DI PUBBLICABILITA’: momento in cui la casa editrice sceglie se trasformare o meno il testo o il file in
un’opera, e in tale fase c’è un bilanciamento tra un’ottica del profitto e un margine di rischio, ma ci sono anche tante altre
variabili che entrano in gioco, come la fisionomia di una casa editrice, che potrebbe orientarsi su un tipo di genere piuttosto
che altri, che ha un determinato pubblico di riferimento (la sua politica culturale).
Essendo un processo umano, è possibile che una casa editrice rifiuti un libro, che invece poi funzionerà notevolmente.
Questo giudizio, giusto o sbagliato che sia, rende il testo un’opera ed è sempre interessato.
N.B. Mentre tutte le altre fasi sono pubbliche, questa fase avviene dentro gli apparati aziendali; quelli che chiamiamo “pareri di
lettura” non sono pubblici, rimangono all’interno dell’archivio della casa editrice.

2. IMPRESSIONE DI LEGITTIMITÀ LETTERARIA: è ciò che attribuisce sanzione di letterarietà, questa è letteratura e
questa no.
- è storicamente variabile
- istutuzionalmente definita
- è esposta a conflitti e compromessi, che sono quelli che caratterizzano tutti gli aspetti della nostra vita sociale
- è ciò che crea il quadro istituzionale e la discriminazione colpisce un’intera classe di testi (genere) non il singolo prodotto;
- la valorizzazione agisce sulle qualità singolari e specifiche dell’opera, di cui sono messe in risalto le specificità differenziali; la
discriminazione paraletteraria invece mostra marche di genere molto esplicite.
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3. SUCCESSO DI PUBBLICO: è un parametro OGGETTIVO e QUANTITATIVO, si ricava dal numero di copie vendute.
Si tratta di un parametro oggettivo, ma bisogna operare una distinzione, poiché il successo di pubblico si misura anche a
seconda del genere e della tipologia dell’opera.
Nel 2007 Michele Mari pubblicò un libro di poesie “Cento poesie d’amore a Ladyhawke”, il quale vendette oltre 30 mila copie e
rappresenta la sua opera più venduta. In Italia, per un libro di poesie 30 mila copie sono tantissime → esempio di successo di
pubblico.

4. FAMA:
• è data da un giudizio critico
• ha una funzione di orientamento: fornisce le motivazioni per cui vale la pena di leggere questo libro e non un altro;
• rappresenta un’ indicazione degli artifici elaborati dall’autore per ottenere il consenso di cerchie di lettori determinati;
• storicamente, le élite intellettuali si sono poste polemicamente nei confronti dell’allargamento del pubblico e del sistema
editoriale: le opere che riscuotevano moltissimo successo erano automaticamente eslcuse nell’attribuzione di fama.
• i livelli di diffusione del giudizio critico sono molto variabili!

5. SANZIONE DI CLASSICITA’: quando il libro entra nei programmi scolastici.


Ha un carattere di permanenza e di valorizzaizone senz’altro maggiore: è difficile che un’opera una volta entrata nel canone,
esca.

VI lezione 01-03-2022

NARRATOLOGIA
1. Forme storiche del racconto
La narrativa è quasi sempre stata, tra i generi letterari, quella che ha goduto di maggiore e più durevole popolarità. La forma
del racconto, oltre che ad essere comune, per certi aspetti, alla narrativa letteraria, lo è anche nei confronti della narrativa
naturale, cioè al racconto orale e improvvisato. Gli studi del sociolinguista Labov (1972) hanno rivelato una struttura
relativamente costante negli esempi raccolti di narrativa naturale:
- prologo, anticipa il succo della storia o la sua morale,
- orientamento, serve a presentare i personaggi, gli ambienti, le situazioni con maggiore o minore abbondanza di dettagli,
- azione complicante, contiene la narrazione vera e propria e si riconosce per la presenza di verbi al passato o al presente
storico. Esistono romanzi che ne sono privi, e sono quindi privi di una risoluzione, ovvero romanzi in cui “non succede nulla”, o
romanzi che presentano un’azione complicante, ma non una risoluzione. Anche in queste antinarrazioni l’assenza è comunque
un elemento significativo: segno di una strategia di autore che mira a spostare l’interesse verso altri elementi.
- valutazione, consiste in una serie di enfasi, commenti esterni o interni al racconto, per sottolienare che ciò che narra merita
effettivamente di essere narrato in quanto episodio divertente o avventuroso, esemplare,
- risoluzione, contiene la narrazione vera e propria e si riconosce per la presenza di verbi al passato o al presente storico,
- coda, breve conclusione, in cui il narratore lascia capire che quanto è eventualmente accaduto dopo non ha rilevanza sul
fatto raccontato.
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Come osserva Pratt, tale modello funziona poiché prima di tutto ogni lettore riconosce nei racconti delle “parti” e in secondo
luogo tale modello appare ovvio perché si può ricondurre una buona parte della narrativa letteraria: molti romanzi hanno un
prologo e un epilogo, immancabilmente sarà presente un orientamento e quasi sempre un’azione complicante. Si prendano
per es. I promessi sposi. A parte il titolo, già di per sé programmatico, il romanzo dispone di un’introduzione, dove l’autore
presenta la sua fonte fittizia e alla fine, nell’ultimo capitolo, di una coda “interna”. Manzoni è un esempio di un modo di
raccontare ricco di commenti ideologici, interventi del narratore in prima persona, un modo molto diffuso nel periodo
“classico” del romanzo. Sul finire dell’Ottocento si diffonde un modello narrativo in cui il narratore tende a scomparire, per
dare l’effetto di una storia che si racconta da sola: l’incipit inserisce il lettore in un’azione che appare già iniziata (inizio ex
abrupto).

1.2 Generi narrativi


Sappiamo che il romanzo comparve tardi in Grecia, non molto prima del I secolo d.C. e che era considerato un genere minore,
ai margini della lettaratura.
Romanzo e racconto: fin dagli albori della narrativa si stabilisce questa opposizione lungo/breve che ancora oggi può servire ad
individuare i due generi narrativi principali e a distonguerli in base a un elemento apparentemente estrinseco, la lunghezza.
Tuttavia, si tratta di un’opposizione sui generis, che non significa affatto incompatibilità: il romanzo può comporsi di una serie
di episodi, e ospitare al suo interno veri e propri racconti + più racconti possono strutturarsi in romanzo o comunque in un
macrotesto il cui significato globale non coincide con la somma dei significati parziali dei singoli testi, ma lo oltrepassa.
La differenza principale tra lungo e breve consiste nel fatto che, nel genere breve, il lettore ha la possibilità di un controllo
mnemonico totale degli elementi narrativi, mentre ciò non avviene nella stessa misura nella narrazione lunga. Ma c’è anche
una differenza di modalità di ricezione: un racconto può essere letto o ascoltato in una volta, mentre la lettura di un romanzo
presuppone delle pause.
Romanzo e racconto si presentano come forme slegate da un contenuto fisso, variano da epoca a ecpoca ed entro certi limiti
da autore a autore, costanti possono essere solo certe strutture o meccanismi.
Se la narrativa è aperta dal punto di vista dei contenuti, lo è anche da quello delle forme d’espressione; non va infatti
dimenticato che l’identificazione del romanzo e del racconto con la prosa è valida soltanto per certe epoche e che non può
essere assolutizzata. Si pensi all’origine delle novella e del romanzo moderno: sia l’una che l’altro hanno alle spalle narrazioni
antico-francesi, i lais e i fabliauz per la novella, e i romanzi d’avventura, come quelli di Chrétien de troyes, per il romanzo.

3. L’analisi del raccont0


Il testo narrativo è un TESTO SCRITTO: la voce che ci parla non ha corpo ed è separata da noi; questa discriminazione causa
tutta una serie infinita di problemi teorici che comportano alcune conseguenze. Nei Promessi Sposi, ase esmpio, la voce che
narra la storia è disincarnaat da Manzoni e ne consegue che il narratore è diverso dall’autore.
- NARRATORE: voce che ci parla dal testo e che prende corpo nella relazione con il lettore, è un’istanza astratta, un costrutto
testuale, responsabile dell’enunciazione narrativa;
- AUTORE: persona in carne ed ossa, è una persona concreta e storica, colui che materialmente scrive il testo.
Sono quindi due piani diversi. Questo accade anche nei testi autobiografici: c’è un narratore che racconta la sua vita e il fatto
autobiografico fa sì che noi identifichiamo il narratore con il nome in copertina; ma perché anche qui è però necessario
separare autore e narratore? Inanzitutto scrivere è selezionare e quindi posso essere il più veritiero possibile e avere una
pretesa di oggettività, ma una vera oggettività non esiste. Scrivere poi è una mediazione: ci sono molti romanzi che mettono in
scena narratori con tante caratteristiche simili all’autore, ma comunque poi non è il vero autore semplicemente perché quello
è un testo scritto frutto di compromessi → trasparenza e oggettività assoluta non esistono.
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IL CIRCUITO COMUNICATIVO, teorizzato da Chatman nel 1978


Quadrato arancione: ciò che avviene nel testo
- narratore = voce che ci racconta la storia e c’è sempre
- narratario = esso si trova all’interno del testo quando il narratore si rivoge al
suo lettore, ad esempop “tu lettore…”; è presente solo in alcune opere. In
Manzoni il narratario corrisponde a coloro che egli chiama “i miei 25 lettori”:
lettori che sono presenti dentro al testo e che sono in esso evocati.

Quadrato blu: circoscrive ciò che accade tra testo e lettore


- autore implicito = idea che il lettore si fa dell’autore mentre legge il testo; è
un concetto esterno al mondo rappresentato ed è frutto della relazione tra
opera e lettore;
- lettore implicito = destinatario ideale che l’autore ha in mente.
Ciò che sta al di fuori dei quadrati rappresenta quanto avviene nel mondo vero e proprio, non nella finzione lettararia.
Esemplifichiamo lo schema sui Promessi Sposi:

Tipi di narratore:

ESTERNO AL MONDO RAPPRESENTATO INTERNO AL MONDO RAPPRESENTATO

 è chiamato eterodiegetico, non è uno dei personaggi e  è chiamato INTRADIEGETICO, è un personaggo e utilizza la
solitamente usa la 3° persona; 1° persona;

 il narratore ottocentesco classico è esterno ed è spesso  partecipa al racconto, alla diegesi e può essere
onnisciente, ossia sovrasta come un burattinaio tutto → omodiegetico se racconta la propria storia
l’universo narrativo, in quanto descrive in maniera → autodiegetico se è presente nel mondo rappresentato,
esauriente tempi e spazi, gestisce lo sviluppo narrativo della ma racconta la storia di altri come testimone
storia secondo il proprio arbitrio, pratica la libertà di
commento e di intervento, domina i pesonaggi, ovvero entra
nelle loro teste (potere che solo la letteratura ha), conosce
le loro rahiomi di azione e comportamento che danno luogo
alla trama o fabula: gestione del punto di vista.

il problema è la distanza tra chi narra e i personaggi


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VII lezione 08/03/2022


FONDAMENTI DI NARRATOLOGIA
• La distinzione autore-narratore: il primo appartiene al mondo della realtà, il secondo al mondo della finizone ed è
responsabile dell’enunciazione, è sua la voce immginaria che articoliamo nella nostra mente. E’ lui che incontriamo alle soglie
del romanzo, che costruisce intorno a sé uno spazio e un tempo.

N.B. Si può procedere con un’ulteriore distinzione tra narratore esterno al mondo rappresentato, eterodiegetico, di solito parla
in terza persona, ed interno, intradiegetico, di solito parla in prima persona.

• distanza tra narratore e mondo narrato: fin da Platone e Aristotele si è distinto tra un racconto MIMETICO, che desse una
rappresentazione imitativa del mondo reale (bassa presenza del narratore), e un racconto DIEGETICO, che fornisse un racconto
o più soggettivo (meno mimetico) o dove è presente un narratore più intrusivo.
Possiamo provvisoriamente risolvere la questione dicendo che in un racconto mimetico noi abbiamo una presenza del
narratore poco avvertibile, in quanto la parola viene affidati ai personaggi, mentre in un racconto a dominante diegetica
abbiamo un narratore molto più presente. Tale distinzione è stata poi variamente riformulata, ad esempio da Henry James, he
contrappone SHOWING e TELLING. In realtà la mimesi pura in narrativa non esiste, perché narrare è sempre un atto di
mediazione: è il modo di riportare le parole dei personaggi che può presentare un lato/basso grado di mimesi.

L’opposizone tra mimesi e diegesi definisce piuttosto uno spettro di possibilità e non un’antitesi rigida. Seguendo la
classificazione di Chatman (1978), avremo:
- una rappresentazione mediata in modo minimo, che non registra nulla al di là delle parole o dei pensieri verbalizzati dai
personaggi, come nella Coscienza di Zeno;
- una rappresentazione che, oltre alle azioni verbali, rende conto di azioni non verbali;
- una rappresentazione che rende palese la presenza del narratore.
- una rappresentazione in cui il narratore interpreta, giudica, e fa riferimento talvolta all’atto stesso della narrazione.

N.B. Ci sono 4 modi per riportare le parole dei perosnaggi:


1. discorso diretto, <Carlo guardò sua madre e disse/pensò: “Ora devo aprtire”> = MASSIMO GRADO MIMETICO
2. discorso indiretto, <Carlo guardò sua madre e disse/pensò che allora doveva partire”>
3. discorso diretto libero, discorso diretto dove sono eliminati i verba dicendi, <Carlo guardò sua madre: “Ora devo partire”>
4. discorso indiretto libero, <Carlo guardò sua madre: ora doveva partire>.
Decisiva è la mancata trasformazione di ora in “allora”: abbiamo la prospettiva del personaggio e quella del narratore che
vanno a mischiarsi. → QUESTIONE DEL PUNTO DI VISTA

• TECNICHE DI RAPPRESENTAZIONE DEI PENSIERI

La QUESTIONE DEL PUNTO DI VISTA è stata messa a punto dalla NARRATOLOGIA “CLASSICA”, un corpus di autori e di teorici
che, a partire da un gruppo di formalisti russi che comincia a lavorare negli anni Dieci, dà origine ad un insieme di teorie.
Ci basiamo sulle teorizzazione di Gérard Genette: alla base della sua teoria c’è un assunto teorico, ovvero che la narrazione sia
un atto duplice, da una parte abbiamo il racconto (che chiama discorso), e dall’altra abbiamo la storia.
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Genette chiama il punto di vista anche focalizzazione e sotto questa etichetta si sintendono
fenomeni e anche effetti della narrazione, che non riguardano solo la vista, cioè non si tratta
solo della prospettiva di un personaggio come se avessimo una telecamera, ma rigurdano anche
la conoscenza e l’ideologia o visione del mondo (a seconda di come narriamo un fatto, esso può
essere orientato in una prospettiva piuttosto che un’altra).
Facciamo una distinzione tra voce e punto di vista:
es: Il lago lambiva il bosco → voce e prospettiva sono di chi narra
es: Giorgio vide che il lago lambiva il bosco → la voce è del narratore, il punto di vista è del
personaggio.

Secondo la classificazione di Genette, abbiamo 3 tipi di focalizzione:


 ZERO, in cui il narratore domina l’universo narrativo (narratore onnisciente, un demiurgo che guarda e domina dall’alto la
vicenda, la racconta senza identificarsi con
nessun personaggio) e conosce e dice di più di
quanto sappiano i suoi personaggi; esempio è
l’incipit dei Promessi Sposi:

 INTERNA, in cui il narratore adotta, per porzioni più o meno estese di testo, il punto di vista di un personaggio; se la
prospettiva muta da un personaggio all’altro, parliamo di focalizzione interna variabile; esempio è il XVII capitolo dei Promessi
Sposi dove la prospettiva è quella di Renzo, non solo di quello che vede, ma anche di quello che sente.

 ESTERNA, il narratore sa e dice meno di quanto sappia il personaggio, lo guarda dall’esterno. Egli si comporta come se fosse
la cinema, non ci dice nulla di quello che riguarda l’interiorità dei personaggi, e per tale motivo questa focalizzazione è anche
detta “comportamentale”, perché i lettori ricavano informazioni sui personaggi solo grazie ai loro modi di comportarsi.

N.B. il narratore ci dà minime indicazioni di scena.


Una narrazione così rigorosa, portata
avanti per una porzione estesa di testo,
può risultare difficile e pesante per il
lettore: la focalizzazione esterna si adatta
meglio al racconto, alla forma breve,
riseptto alla narrativa romanzesca.
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FOCALIZZAZIONE ESTERNA?
Brano di Madame Bovary dove accadono un po’ di cose: essa è dentro la carrozza con un amante e ciò che si consuma è un
atto sessuale che ci viene narrato in modo molti indiretto. Qui il punto di vista ci è fornito da chi vede da fuori la scena.
→ è una focalizzione interna se prendiamo come punto di vista gli abitanti del paese dove si svolge la scena;
→ l’effetto è però di focalizzazione esterna, perché la scena è ripresa dall’esterno, tant’è che il lettore deve indovinare che si
trattasse di un atto sessuale tra i due amanti, poiché non è detto in modo esplicito.

Tutti gli esempi fatti fino ad ora, funzionano molto bene quando il narratore parla in terza persona; le cose cambiano se
abbiamo un narratore omodiegetico (prima persona).
Vediamo l’incipit de “Alla ricerca del tempo perduto” di
Proust: abbiamo un narartore che dice “io”, se il narratore è
personaggio, a rigore, dovrebbe fornire al lettore accesso solo
a ciò che pensa lui e non a ciò che passa per la testa degli altri
personaggi, se non attarverso congetture e/o supposizioni.

N.B. Se il testo narrativo funziona in omodiegesi, avremo quasi sempre una FOCALIZZAZIONE DOPPIA: punto di vista dell’io
narrato (protagonista) che si interseca al punto di vista dell’io narrante (chi racconta).
→focalizzione in omodiegesi / 1 IO NARRATO

→ focalizzazione in omodiegesi / 2 IO NARRANTE


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In realtà il concetto di focalizzione, così come lo teorizza Genette, presenta dei punti irrisolti, delle aporie teoriche: non
funzione sempre. Se il narratore adotta il punto di vista di più personaggi (focalizzione interna variabile), ne sa più di tutti i
personaggi ed a rigore sarebbe una focalizzione zero.
Forse allora è meglio distinguere tra:
1) selezione delle informazioni operata dal narratore → FOCALIZZAZIONE → orienta l’insieme del racconto
2) ciò che uno (o più) personaggi vedono, percepiscono, etc. → PUNTO DI VISTA → fenomeno molto mobile poiché concerne
porzioni di testo.
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ALTRA TEORIZZAZIONE: TEORIA DEL RACCONTO DI STANZEL, secondo cui ogni testo
narrativo necessita di una mediazione.
Quest’ultima può avvenire:
- o per mezzo del narratore (teller),
- o per mezzo di un personaggio, una figura attraverso la cui coscienze vengono filtrati i fatti
narrati (reflector).
Stanzel unifica voce e punto di vista.

A partire da questa premessa, Stanzel individua 3 “situazioni narrative”:

1. SITUAZIONE NARRATIVA AUTORIALE: è quella tipica del Narratore esterno, terza persona
‘racconto classico’ e quindi si fonda sulla focalizzazione (Manzoni, I promessi sposi; Tolstoj,
zero, anche se di fatto lascia spazio al punto di vista di un Anna Karenina)
personaggio e risolve l’aporia il fatto che un narratore
onnisciente non sia necessariamente onni-comunicativo,
esso può scegliere cosa dire e cosa no mediante ellissi o
reticenze.

2. SITUAZIONE NARRATIVA IN PRIMA PERSONA: è quella Narratore interno, prima persona


del narratore omodiegetico. C’è sempre una doppia (Nievo, Le confessioni di un italiano)
focalizzazione, può essere dominante una, può essere
dominante l’altra e possono intersecarsi.
A rigore, in una situazione narrativa in I persona, il
narratore può raccontae solo cià di cui è stato testimone
o che è venuto a sapere (eventi all’interno del suo
orizzonte percettivo) → può anche non accadere

3. SITUAZIONE NARRATIVA FIGURALE: narrazione Narrazione focalizzata su uno o più


attraverso la prospettiva di un personaggio, detto personaggi (Verga, I Malavoglia)
riflettore, con una focalizzione dunque interna.
Uno o più personaggi, raramente se ne realizza una forma
pura.
→ senz’altro quello con il più alto tasso mimetico, veicola
“illusione di immediatezza”.
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Passiamo ora ad osservare altri fenomeni.


Secondo Chatman, in un racconto noi distinguiamo tra EVENTI, la temporalità narrativa, e ESISTENTI, lo spazio narrativo e i
personaggi.

Gli eventi: risale ai formalisti russi la distinzione tra fabula, i contenuti narrativi grezzi, i materiali di base per la costruzione
dell’intreccio, e l’intreccio, l’arrangiamento degli elementi della fabiìula, il modo in cui questi contenuti sono disposti, la forma
narrativa. Tale distinzione, dopo i formalisti russi, è stata riproposta dai principali indirizzi della narratologia, anche se spesso
con variazioni; Cesare Segre ja suggerito di sotiruire a questa coppia oppositiva una quadripartizione: discorso (è il testo
narrativo colto nel suo aspetto significante: lessico, stilemi, costruzioni sintattiche), intreccio, fabula, modello narrativo (è la
forma più generale in cui un racconto può essere esposto mantenendo l’ordine e la natura delle sue connessioni).

E’ interessante osservare gli eventi da una prospettiva post-strutturalista, quella denominata cognitivista: secondo essa il gioco
di attribuzione dei significati non si spiega a partire dal dato testuale puro, ma nasce da un gioco di cooperazione del lettore,
dunque I CONTENUTI NASCONO DALLE FORME, non viceversa. Vediamo meglio → raccontare significa selezionare, stabilire
gerarchie e nessi tra i contenuti narrativi, rende interessante ciò che si racconta (concetto di narratività); noi lettori abbiamo
dei meccanismi mentali che ci concentono di dare senso ai fatti ed interpretarli.

Facciamo ordine:

Torniamo alla distinzione tra fabula ed intreccio, inventata da Sklovskij: il movimento va da sx verso dx.
N.B. Quando noi leggiamo, il movimento procede al contrario: i lettori dalle forme tirano fuori dei contenuti grezzi, per questo
è molto importante il come ci viene narrata una storia.
Nella prospettiva cognitivista i contenuti nascono dalle forme e il lettore ricostruisce il senso di un testo COOPERANDO.
Per esempio gli eventi che ci vengono raccontati non hanno tutti lo
stesso peso, alcuni segnano delle svolte (morte di un personaggio),
altri sono accadimenti minimi che non vengono raccontati. Questa
distinzione era già stata messa a punto, in modo differente, dalle
teorie formaliste quando distinguevano in un intreccio i NUCLEI,
cioè le sequenze di intreccio che non si pososno omettere, e i
SATELLITI, sequende di intreccio accessore che si possono
omettere.

• Per narrabilità intendiamo qualcosa che, raccontato, attira attenzione e successo, e si può misurare pragmaticamente con il
metro del successo narrativo; ha una forza comunicativa maggiore di altre.

• La cooperazione del lettore si esercita in quello che è chiamato PLOTTING: ci sono forme di intreccio che possiedono nessi di
causalità molto stretti e già strutturati, individuabili dal lettore che ne abbia familiarità. Se questa è la premessa, le cose non
possono che finire così. Il lettore, dunque, mette sempre in gioco un sistema di aspettative che possono essere corrette o ri-
orientate.
N.B. La cooperazione del lettore diventa particolarmente stringente quando ci troviamo in una situazione narrativa figurale:
quando ci viene imposto un determinato punto di vista, come nell’incipit di Rosso Malpelo, dove è presentata la prospettiva
della comunità, <Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e
cattivo, che prometteva di riuscire un fior di birbone>. Abbiamo un personaggio riflettore che riassume l’ideologia della
comunità paesana della Sicilia Ottocentesca che, da una parte, esprime un intento mimetico (spinge il lettore ad un processo di
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identificazione, poiché ci fa sentire più vicini i personaggi), dall’altra un intento antifrastico-irocnico, che spinge invece il lettore
a prendere le distanze.
Quando dobbiamo decifrare i meccanismi di intreccio, la cooperazione è fondamentale.
Fine capitolo III/ inizio cap. IV, I Malavoglia:
“La poveretta che non sapeva di essere vedova, balbettava: — Oh! Vergine Maria! Oh! Vergine Maria!
Dinanzi al ballatoio della sua casa c'era un gruppo di vicine che l'aspettavano, e cicalavano a voce bassa fra di loro. Come la
videro da lontano, comare Piedipapera e la cugina Anna le vennero incontro, colle mani sul ventre, senza dir nulla. Allora ella si
cacciò le unghie nei capelli con uno strido disperato e corse a rintanarsi in casa.
— Che disgrazia! dicevano sulla via. E la barca era carica! Più di quarant'onze di lupini!
Il peggio era che i lupini li avevano presi a credenza, e lo zio Crocifisso non si contentava di «buone parole e mele fradicie», per
questo lo chiamavano Campana di legno, perché non ci sentiva di quell'orecchio, quando lo volevano pagare con delle
chiacchiere, e' diceva che «alla credenza ci si pensa». Egli era un buon diavolaccio, e viveva imprestando agli amici, non faceva
altro mestiere, che per questo stava in piazza tutto il giorno”

→ il lettore deve dare torto a tale affermazione, al testo stesso, a Campana di


legno e alle sue opinioni; se non attacca polemicamente Campana di legno e se
non lo considera un usuraio, l’efficacia del testo risulta indebolita.
La “frattura” tra narratore e autore implicito, ovvero il fatto che la parola di chi sta
raccontando una storia possa entrare in conflitto con la posizione “virtuale” di chi
noi immaginiamo abbia creato quella storia, porta al concetto di NARRATORE
INATTENDIBILE, teorizzato da Wayne Booth nel 1961, che indica un narratore di
cui non ci fidiamo troppo.

Altro esempio di narratore inattendibile, I Malavoglia, cap. XI


<La Longa una volta, mentre tornava da Aci Castello, col paniere al braccio, si sentì così stanca che le gambe le tremavano, e
sembrava fossero di piombo. Allora si lasciò vincere dalla tentazione di riposare due minuti su quelle quattro pietre lisce messe
in fila all'ombra del caprifico che c'è accanto alla cappelletta, prima d'entrare nel paese; e non si accorse, ma ci pensò dopo,
che uno sconosciuto, il quale pareva stanco anche lui, poveraccio, c'era stato seduto pochi momenti prima, e aveva lasciato sui
sassi delle gocce di certa sudiceria che sembrava olio. Insomma, ci cascò anche lei, prese il colèra e tornò a casa che non ne
poteva più>.
Il narratore ci dice che la Longa prese il colera perché si era seduta su una pietra che era stata unta da un untore che spargeva
il colera e che dunque esso si prende così.

• Un altro fatto che condiziona la ricezione del lettore, non attiene solo alle scelte costruttive, quindi il titpo di prospettiva e di
orientamento della voce, ma anche scelte stilistiche: quelle che l’autore mette in campo selezionano il lettore.
Nella tradizione letteraria otto-novecentesca, si sono fronteggiate due OPPOSTE strategie stilistiche:

STILE SEMPLICE, Enrico Testa ESPRESSIONISMO, Gianfranco Contini


Scrittori che usano un italiano dell’uso medio e puntano alla Tendenza ad uno stile complesso che mescola forme iper
leggibilità; il prototipo è Manzoni, ma si citano anche letterarie con forme popolari; il prototipo è Gadda.
Moravia, Clavino (coloro che avevamo etichettati come Esempio tratto da “L’Adalgisa”, 1944: testo che esige una
letteratura istituzionale). competenza più raffinata per funzionare.
23

VIII lezione 10/03/2022: Confronto fra le due tassonomie

MACROCATEGORIA: TEMPORALITA’ NARRATIVA


La dimensione della temporalità è consustanziale al racconto ed esistono almeno 3 tipi di manipolazione temporale:
1. eliminazione dei dettagli entro il continuum degli avvenimenti che potrebbero essere raccontati,
2. la possibilità di raccontare in momenti distinti eventi che si sono svolti contemporaneamente,
3. la possiblità di raccontare gli eventi senza rispettare la loro successione logica ‘naturale’.

Secondo Genette, sono tre i domini della temporalità narrativa:


→ ORDINE = modalità di intreccio degli eventi nella storia; riguarda i fenomeni di analessi e prolessi (flashback e flashforward),
i quali non si misurano rispetto al tempo della scrittura, bensì rispetto al piano temporale principale della storia, il racconto
primo, il filo principale del racconto. L’ANALESSI è il fenomeno più comune; nell’epica classica tale tecnica è sfruttata per
racconti di secondo grado che iniziano in medias res: quando il personaggio si trova in una situazione critica, l’autore torna
indietro per comprenderne le motivazioni in un quadro più ampio. Molto più rara è la prolessi, nella narrativa tradizionale, in
quanto in genere più artificioso e avente una funzione di esca: i dettagli e gli indizi funzionano da presagio degli sviluppi di
intreccio!
Le cose si fanno più complicate nel romanzo novecentesco sperimentale, poiché la poetica modernistica dell’epifania, cioè
della concentrazione dell’autore su fenomeni dell’interiorità coscenziale, provoca un disordine dei tempi, in quanto nella
coscienza individuale passato, presente e futuro si mescolano e si sovrappongono. Possono crearsi delle situazioni narrative
complesse nelle quali non si capisce cosa venga prima e cosa venga dopo: tale modo di scrivere rispecchia un’idea di
letteratura per cui la parola scritta ci debba dar conto dei movimenti coscienziali dei personaggi e della confusione temporale
che ne deriva.

Es 1: Musil, L’uomo senza qualità


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Es 2: La coscienza di Zeno, esempio di sovrapposizione


dei livelli temporali

→ DURATA = rapporto tra la durata temporale degli eventi narrati e il tempo del racconto, cioè lo spazio fisico, le pagine
impiegate per raccontare questi eventi. Il rapporto tra questi due tempi determina una serie di variazioni, sia per quanto
riguarda l’ordine, sia per quanto riguarda la struttura.

SCENA tempo storia = tempo racconto DIALOGO; nel dialogato convenzionalmente temporalità ed estensione
material esi equivalgono.
→ è il procedimento narrativo che più si avvicina alal forma drammatica.

SOMMARIO tempo storia > tempo racconto Il tempo della storia scorre più velocemente del tempo del racconto, vi
sono poche righe per molti anni.
Il sommario viene spesso utilizzato per transizioni tra due scene.
Esempio di Flaubert: <Egli viaggiò. Conobbe la malinconia dei piroscafi, i
freddi risvegli sotto la tenda, lo stordimento dei paesaggi e delle rovine,
l’amarezza delle amicizie interrotte. Ritornò>.

ANALISI o tempo storia < tempo racconto Dilatazione temporale; molte pagine per raccontare poco tempo.
ESTENSIONE Esempio è il Ricevimento Guermantes (due o tre ore) in Recherche, che
dura 200 pagine.

PAUSA tempo storia < tempo racconto Narratore interrompe la storia per commentare o descrivere o divagare.
t. storia = 0 Il tempo della storia è fermo, ma il racconto procede, poiché comunque
l’autore ci sta dicendo delle cose.

ELLISSI tempo storia > tempo racconto Il tempo della storia trascorre, ma il narratore non racconta nulla:
t. racconto = 0 procedimento connaturato all’atto stesso di narrare.
L’ellissi richiede la collaborazione del lettore: vi sono ellissi esplicite,
quando viene enunciato il lasso di tempo trascorso e non narrato,
oppure ellissi implicite, in cui il narratore tace e il lettore deve riempire i
buchi e si esprime mediante la transizione tra capitoli, dopo le quali
ritroviamo personaggi in luoghi ed eventi diversi da quelli in cui li
avevamo lasciati.
→ in letteratura, i vuoti contano quanto i pieni: ciò che non viene detto
ha pari importanza rispetto a quello che ci viene raccontato!
25

- metalessi, figura narrativa consistente nel fingere che il poeta “operi” egli stesso gli effetti che canta;
- parallessi, omissione o dissimulazione di notizie, dati, conoscenze che dovrebbero invece rientrare nel punto di vista
adottato;
- parallissi, quando, secondo il punto di vista adottato, l’autore offre informaizoni che a rigore non dovrebbe conoscere.

Flusso di coscienza/ STREAM OF CONSCIOUSNESS: tende a riprodurre mimeticamente il pensiero non riflesso, nel suo
momento aurorale e ancora inarticolato, varcamdo la soglia dello sperimentalismo linguistico e attingendo a quel magazzino di
pensieri potenziali che Freud chiama <preconscio>.

MACROCATEGORIA: RITMO NARRATIVO= effetto che la narrazione ha su noi lettori


Quando parliamo di ritmo narrativo noi possiamo riferirci a questa tassonomia, poiché le tecniche di durata affrontate hanno o
possono avere un effetto sul ritmo, nel senso che, convenzionalmente, noi diciamo che un racconto ha un ritmo lento se a
dominare sono le pause ed invece ha un ritmo più veloce se risultano maggioritari i sommari e le scene. Tuttavia, il ritmo è
dato anche dagli EFFETTI STILISTICI E RETORICI e dalla qualità intrinseca degli eventi narrati, ovvero la NARRABILITA’.

IX lezione 11/03/2022
→ RELAZIONI DI FREQUENZA = concerne le relazioni di ripetizione
Tassonomia delel relazioni di frequenza (Genette): la prima e l’ultima categoria sono quelle che ci interessano di più.

- sequenza singolativa: quando


il narratore ci racconta eventi
che sono accadui una volta sola,
di solito si usa il passato
remoto, “Carlo quel lunedì fece
colazione”;
- sequenza iterativa: quando il
narratore ci racconta azioni
abituali, quotidiane, di solito si
usa l’imperfetto.

A tale distinzione di Genette si allaccia quella di Weinrich che, nell’opera Tempus del 1971, parla di tempi di sfondo, “Era una
bella giornata di sole”, e tempi primo piano, “Fu una bella giornata di sole”: la differenza risiede nel fatto che nel primo caso
l’azione non è ancora conclusa e dunque l’autore costruisce delle aspettative. Vi sono poi i tempi commentativi, il presente, il
passato prossimo in certi casi.
N.B. Le distinzioni prendono in considerazione diversi livelli del testo, quella di Genette il livello costruttivo, non gli elementi di
stile, mentre quella di Weinrich si fonda sull’assetto del tempo verbale.
26

EVENTI VS ESISTENTI (CHATMAN)


 
tempi spazio + personaggi = sono essi gli elementi che tendimao a ricordare di un libro.

In vari ambiti della critica si è verificano un ritorno di attenzione allo spazio narrativo (SPATIAL TURN), che ha preso poi diverse
strade a seconda del discoro critico per cui si può parlare di un approccio <geocritico> al testo, che definisce addirittura interi
generi, come ad esempio il romanzo gothic che non può
fare a meno di una dimora abbandonata, castello, ecc. e che
dunque identifica lo spazio come categoria interpretativa e
come fattore determinante del realismo/irrealismo di una
narrazione in virtù degli spazi reali/finzionali.
Movimento del Neorealismo: connotazione geografica
molto precisa in relazione alla volontà di esprimere grande
realismo.
Es: Atlante della letteratura italiana, storia della letteratura
fatta di mappe e di schemi e visualizzazioni.

Es: come viene rappresentata Roma in una serie di romanzi italiani


- D’Annunzio, Il piacere 1889
- Pirandello, Il fu Mattia Pascal 1904
- Moravia, Gli indifferenti 1929
- Pasolini, Ragazzi di vita 1955
- Morante, La storia 1974.

Un concetto fondamentale dell’approccio geocritico, è quello di CRONOTOPO, teorizzato da Bachtin, per il quale in un
universo narrativo, tempo e spazio sono intimamente interonnessi
M. Batchin, Estetica e romanzo, Le forme del tempo
e il cronotopo nel romanzo

Un altro aspetto fondamentale è il SIMBOLISMO SPAZIALE: siamo abituati a simbolizzare in senso spaziale, ciò che in realtà
spaziale non è e coppie antinomiche come denrro/fuori, alto/basso, vicino/lontano sono tutte coppie spaziali che in narativa
strutturano significati più profondi.
Quando parliamo di spazio, pensiamo anche alla descrizione degli ambienti; si scontrano due prospettive diverse:
- secondo genette la descrizione è cosa distinta dal racconto, infatti il concetto di pausa (momento in cui l’autore smette di
raccontare e inizia a descrivere) è proprio teorizzato da lui;
- secondo altri teorici, tra cui Philippe Hamon, se la descrizione è operata dai personaggi, allora essa è subordinata al discorso
27

narrativo.

Es. 1: Stendhal, La certosa di Parma


N.B. Qui è descrizione o narrazione?
Potremmo distinguere la I parte, definibile come descrizione, e la II, che
inizia con “Fabrizio poteva vedere”, definibile come narrazione, è il
racconto del suo sguardo, è un evento narrativo, la descrizione è
focalizzata!

Es. 2: Balzac, Eugénie Grandet

E’ una descrizione che però contiene elementi di temporalità, quindi


anche la descrizione più neutra è comunque un racconto.

Es. 3: ma la questione non è così semplice: vediamo l’incipit dei Promessi Sposi.
<Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda
dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un
promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più
sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di
lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni. La
costiera,formata dal deposito di tre grossi torrenti, scende appoggiata a due monti contigui, l’uno detto di san Martino, l’altro,
con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare a una sega>
Tecnicamente si chiama presente “tabulare”, perché c’è una descrizione del paesaggio, ma si tratta di descrizione o
narrazione?
 il narratore manzoniano non sta fondando i contenuti del racconto con la sua azione narrativa, ma registra l’esistenza di
qualcosa che è collocato fuori dal tempo,
 il lettore ha tuttavia l’impressione che il lago di Como sia raccontato oltre che descritto, che si trasformi progressivamente
sotto i suoi occhi.

IMMAGINE PAROLA SCRITTA


L’immagine presenta SIMULTANEAMENTE tutti i dettagli La narrativa scritta non può invece rende5re la simultaneità
senza indicare un ordine preferenziale. del tempo.
Chi osserva un’immagine non ne percepisce Chi legge una descrizione deve necessariamente seguire
simultaneamente tutti i particolari, ma può scegliere l’ordine dell’esposizione scelto dallo scrittore.
liberamente di cogliere prima un dettaglio e poi l’altro.

RAPPRESENTAZIONE AUDIOVISIVA: in essa abbiamo una serie di elementi sovraspecifici, una quantità di informazioni visive
sincroniche di ogni immagine cinematografiche è di gran lunga maggiore. CI sono aspetti della realtà che hanno un valore
casuale nell’inquadratura rispetto a ciò che è utile e motivato narrativamente.

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LA DESCRIZIONE È FUNZIONALE AL RACCONTO? 


RAPPRESENTAZIONE LETTERARIA: in quanto selettiva e in quanto impone un ordine, anche il particolare trascurabile,
apparentemente privo di funzione, in realtà ne ha una molto importante e serve a produrre un EFFETTO DI SENSO, un EFFETTO
DI REALE (Barthes), ci invita a cooperare per creare un’immagine mentale che però noi dobbiamo “riempire”, perché lo
scrittore non ci dice tutto.

Una variante della descrizione è la DIGRESSIONE: quando il narratore interrompe il filo principale e parla di altro; il
romanzo soprattutto implica diverse istanze discorsive (liriche, prescrittive, saggistiche), nel realismo ottocentesco l’attività di
un narratore che spiega è indispensabile, per ragioni storico-letterarie, perché deve giustificare la presenza di nuovi contenuti,
nuovi spazi, nuovi oggetti che non erano prima inclusi dalla rappresentazione letteraria.
Dunque, il realismo ottocentesco, fonda nuovi criteri di verosimiglianza:
→ include ciò che prima non era ammesso come oggetto di rappresentazione
→ ha un effetto di reale, cioè coinvolge il lettore e gli fornisce una dimensione di verosimiglianza.
Es: “Il signor Grandet godeva a Saumur di una reputazione le cui cause e i cui effetti non saranno perfettamente compresi dalle
persone che non hanno mai, poco o tanto, vissuto in provincia” = la narrazione è collocata in un luogo molto preciso, provincia
francese, e ciò contribuisce alla caratterizzazione dei personaggi = MILIEU.
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CATEGORIA DEI PERSONAGGI


Categoria narrativa che più sollecita la cooperazione del letto e che comporta attenzione + attività mentale.
Due modi di considerarlo:
 prospettiva narratologica classica, prende in considerazione il personaggio per il ruolo che svolge nell’intreccio, non
attribuendo alcuna importanza A CHI svolge l’azione, “Io cammino”; CIO’ CHE FA
 prospettiva cognitivista, “Paolo si sentiva triste”, il lettore mette in relazione il personaggio al suo predicato ed attribuisce il
“sentirsi triste” (esperienza umana) a una creazione fittizia, ovvero Paolo. CIO’ CHE E’.
Tale distinzione non è nuova, ma era già stata attuata da Aristotele nella Retorica, tra PRATTON, funzione del personaggio
nell’intreccio, ed ETHOS, tratti socio-psicologici.

N.B. Nel 1928 Vladimir Propp pubblica Morfologia della fiaba, libro nel quale analizza un corpus di fiabe russe.
<Con quali metodi possiamo ottenere una descrizione esatta della favola?
Confrontiamo i casi seguenti:
1. Il re dà a un suo prode un’aquila. L’aquila lo porta in un altro regno
2. Il nonno dà a Sucenko un cavallo. Il cavallo lo porta in un altro regno
3. Lo stregone dà a Ivan una barchetta. La barchetta lo porta in un altro regno.
Risulta evidente come alcune funzioni narrative siano connesse tra loro in quanto costituiscono la “sfera d’azione” di un
personaggio, vi sono grandezze costanti e grandezze variabili; cambiano i nomi (e con essi gli attributi) dei personaggi, ma non
le loro azioni, o funzioni, donde la conclusione che la favola attribuisce un identico operato a personaggi diversi. Questo ci dà la
possibilità di studiare la favola secondo le funzioni dei
personaggi, cioè le azioni che essi svolgono e le loro funzioni
all’interno del testo.
Questo modello di morfologia della fiaba funziona molto bene
in narrazioni elementari come possono essere quelle
favolistiche, funziona meno bene in narrazioni complesse,
anche se non sono mancati i tentativi di applicarlo.

Franco Fido (1974): percepisce l’esigenza di ricondurre i


personaggi ad un sistema e costruisce uno schema con essi, in
particolare quelli dei Promessi Sposi, a seconda delle loro
azioni.
Tale schema ci è molto utile perché introduce un concetto
prezioso, quello del SISTEMA DEI PERSONAGGI.

Un personaggio lo si definisce anche in relazione agli altri
personaggi, lo si definisce dunque in virtù all’appartenenza ad un sistema. Anche i personaggi minori caratterizzano gli altri.
Questo sistema di relazioni può essere organizzato mediante opposizioni o parallelismi:
- per genere
- per anagrafe
- per struttura familiare
- per rapporti amorosi.
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Secondo la narratologia cognitivista, esponente Monika Fludernik, quando leggiamo assimiliamo l’organismo narrativo in base
alla nostra esperienza, il lettore percepisce meglio gli eventi se li coglie all’interno di una condizione esistenziale (persone reali
che si riconoscono in persone finzionali).

Un’altra distinzione è quella di Forster (Aspects of the Novel)nel 1927, tra personaggi PIATTI (Flat), contraddistinti da un n° di
tratti limitato e che non si evolvono nel corso della narrazione, e A TUTTO TONDO (Round), contraddistinti da un sistema di
tratti molto ampio e subiscono un’evoluzione e un cambiamento, stupendo il lettore.

Acconsentiamo meglio al fatto narrativo se riusciamo a cogliere e a proiettare una condizione esistenziale.
Nell’operazione dell’EXPERIENCING (frame percettivo) la relazione tra personaggi e lettori comporta una serie di processi di
costruzione del personaggio, schematizzabili secondo la teoria di Stefano Ballerio, a partire dal nome, dalla caratterizzazione e
dall’esemplarità.
→ NOME è la prima marca di riconoscibilità e singolarità del personaggio e non è mai neutro.
→ CARATTERIZZAZIONE si svolge attraverso il procedimento del gioco di aspettative che costruisce progressivamente un
profilo; proiettiamo degli attributi di umanità e poi durante l’atto di lettura il gioco è duttile, poiché lo correggiamo, lo
riarticoliamo, formuliamo nuove ipotesi che continuano anche a lettura finita.
Come funziona la caratterizzazione? Innanzitutto, attraverso il principio di salienza, il lettore seleziona le caratteristiche ci gli
paiono rilevanti; il II è il principio di realtà, se non ci sono indicazioni testuali precise noi tendiamo ad applicare a personaggi di
finzione caratteristiche che valgono nel mondo reale, le quali vanno “aggiustate” a seconda dell’epoca del testo
(storicizzazione) e del genere di appartenenza.
C’è un altro fatto che dobbiamo tenere in conto; ci sono personaggi che noi chiamiamo ARCHETIPICI, cioè personaggi che
somigliano ad altri che abbiamo gi incontrati in genere affini, i quali fanno scattare determinare aspettative, attese.
I personaggi archetipici sono orientati dal genere.

→ ESEMPLARITA’; il personaggio è un individuo, però rappresenta un gruppo, sono figure di una condizione umana più ampia,
quindi, la sua individualità convive con un effetto di esemplarità.
• Quest’ultima vale in senso storico sociale e l’ascesa del romanzo coincide con lo storicismo moderno;
• secondo la critica marxista, il personaggio romanzesco è inteso come individuo TIPICO.
L’esemplarità è però anche di tipo esistenziale.

X lezione 15/03/2022: FINE MODULO A


La letteratura è un gioco, per cui l’autore traccia nel suo testo le coordinate di un fatto narrativo, le istruzioni per l’uso, le quali
devono essere portare in vita da chi legge = è un equilibrio relazionale. La cooperazione del lettore è particolarmente
nell’ambito dei personaggi; siamo soggettivamente condizionati, ma anche culturalmente condizionati, perché ci sono dei
personaggi che sono archetipici, che rimandano a dei modelli generali, anche qui a seconda del genere.
Il racconto archetipico vede in sé l’eroe agente, definito eroe protagonista perché supera dei limiti, in una dimensione di
avventurosità, assume comportamenti trasgressivi rispetto a personaggi minori, che invece si mantengono entro i confini del
già noto. I personaggi si definisce nel rapporto tra io e mondo, tra individuo e società, che spesso assume le forme di uno
SCONTRO, con un esito oscillante, dall’esclusione/sconfitta, fino al successo e l’integrazione. In questa prospettiva ogni
perosnaggio è sempre anche un eroe sociale, e andrà considerata anche la sua fisionomia sociologia, la classe di appartenenza
e quella di arrivo.
31

→ Piccola parentesi sui personaggi della narrativa del modernismo europeo, cioè della narrativa alta.
Il lettore elabora nei confronti di un personaggio aspettative simili a quelle che proietta nella vita reale, però nella narrativa
alta novecentesca questo modello di riconoscibilità entra in crisi perché vengono messi in scena dei protagonisti INSTABILI E
REPULSIVI, che non sollecitano la nostra identificazione tout court. Questo tipo di personaggio, caratterizzato da una
soggettività molto pronunciata, compie delle scelte e delle azioni che sono “instabili”, che non si equilibrano con il mondo;
sono di solito piatti e al tempo stesso indeterminati.

Il conflitto tra io e mondo assume forme di separatezza e difficoltà di


rapporto con il piano sociale.

LIRICA MODERNA
La lirica moderna è un genere tipico della modernità, che nasce a metà del Settecento, come il romanzo, ma che a differenza di
esso, che si diffonde e si ramifica in una serie di sottogeneri, la lirica tende ad unificarsi
e specializzarsi in un unico genere.
Da cosa è determinato questo genere lirico?
LIBERTA’ DEI CONTENUTI → da un processo graduale, un primo apprettamento della
tradizione avviene con la rivoluzione Romantica, in cui i contenuti della poesia che prima
erano rigidamente predeterminati, tendono a liberalizzarsi, e quindi si svikuppa un tipo
di discorso che tende a dare forma all’esperienza vissuta (autobiografia, romanzo
dell’artista).
“Tutta la buona poesia è il traboccare spontaneo di sentimenti potenti”, W.
Wordsworth, Prefazione a Lyrical Ballads.
La poesia diventa il luogo privilegiato dove esprimere il vissuto privato, soggettivo, esistenziale: ciò porta ad una forte
soggettivizzazione dell’io poetante, che non coincide come al solito con l’autore, ma che vi allude e che attraverso
l’espressione in versi vuole imporre in modo egocentrico uno sguardo differente sul mondo.
Io poetante, alludendo all’autore, determina l’ingresso dell’io empirico in poesia.

LIBERTA’ DELLE FORME → conquista del diritto a scrivere senza rispettare regole prestabilite, tramite un lungo processo ci si
discosta dai metri tradizionali e dalle forme canoniche, in quanto la soggettività è molto forte da imporsi nel discorso, allora si
dovrà usare un proprio stile; quest’ultimo “è la mia differenza di sguardo sul mondo”: nella forma si sedimenta la differenza di
sguardo che separa gli individui.
La libertà delle forme porta ad un processo in cui si trascendono i limiti mimetici e anche l’estetica della rappresentazione.
Esempio: E. Montale, Le occasioni, 1939.

→spazio bianco e poi 3 versi tra parentesi; se noi ci fermiamo al testo è impossibile per il lettore accedere all’esperienza intima
del poeta: il sostrato autobiografico da cui prende il via la narrazione poetica ci è inaccessibile ed ignoto. Per superamento
dell’estetica della rappresentazione si intende che al lettore mancano degli appigli per inquadrare il testo, tanto la soggettività
poetante si è fatta assoluta padrona.
32

LIRISMO
AUTOBIOGRAFICO ESTREMO → di conseguenza i dati dell’esperienza non sono organizzati in forme immediatamente
comunicabili, ma in forme lacunose ed ellittiche.

Questo modo di intendere la poesia porta una parte della pratica lirica europea a quella che si chiama POESIA PURA: si incarna
nell’idea simbolista della scrittura poetica, teorizzata soprattutto in Francia, la quale vede la poesua come luogo espressivo
dell’ineffabile, ovvero il luogo dove si dice ciò che non si riesce a dire. Ciò porta a delle conseguenze sul piano della fisionomia
dei testi: la parola poetica si separa dalla lingua comune e tende ad una certa astrattezza, proprio perché mancano dei
riferimenti, e dunque si cerca uno stile separato dalla
contingenza, dalla quotidianità.
La liberazione formale che deriva da questo stile molto
individualizzato è una liberazione semantica, metrica,
sintattica e lessicale. Questo significa che la
modernizzazione della poesia è stata anche di tipo
tecnico e che ha avuto funzione di segnalatore di un genere; l’egemonia dell’idea simbolista di poesia ha significato anche che
una valorizzazione del lavoro sul linguaggio, sulle strutture linguistiche.

DENOTAZIONE vs CONNOTAZIONE

Tutte le teorie di radice simbolista, che hanno poi influenzato tutte le teorie di critica letteraria, sulla specificità del linguaggio
poetico, come separato dalla vita quotidiana, hanno insistito sul fatto che la lingua poetica fosse una lingua connotativa, cioè
che suggerisse significati ULTERIORI, SECONDI, rispetto al referente immediato.
Gli sciacalli di Montale non sono solo i cagnolini che l’anziano porta a spasso, sono molto molto di più, concretizzano nella loro
immagine una serie di sentimenti, di moti dell’animo, di nostalgie.
Questo significato <secondo> può trovarsi anche nella consfigurazione fonica, ritmica, sonora del testo:
ci sono una serie di richiami fonici che rendono le parole suggestive ritmicamente e se sono oggettive, sono anche memorabili,
ce le ricordiamo.

La codificazione metrica, che è la prima a cadere nel processo di liberazione delle forme, si fonda su un sistema di attese: il
lettore di Dante sa che ad un endecasillabo deve seguire un endecasillabo e che lo schema di rime è sempre il solito.
Orientazione delle attese nei confronti di uno schema prestabilito.
METRICA COME SISTEMA DI ATTESE.
33

N.B. La liberazione metrica, prende la forma del VERSO LIBERO; nel campo letterario italiano, l’uso di questo dispositivo
espressivo segna una CESURA tra Otto e Novecento e muta il rapporto con la
tradizione sia da parte dei lettori che da parte degli autori.
Nel 1906 Marinetti fonda una rivista chiamata <Poesia>, sulla quale pubblica
un’inchiesta internazionale sul verso libero, in cui chiede a diversi poeti all’epoca
egemoni che cosa pensano della questione.

Che cosa intendiamo per verso libero?


→ rifiuto tout court di qualsiasi schema metrico-ritmico precostituito
→ serie di operazioni più sottili e più variate, che accolgono alcuni elementi della
tradizione, ma li immettono in un contesto post tradizionale.
Esempio 1:

Esempio 2:
34

CLASSIFICAZIONE DI TIPOLOGIE DI VERSO LIBERO BRIOSCHI- DI GIROLAMO

Classificazione da intendere in ordine crescente, dal n° 1 al n° 6 di va verso una maggiore libertà metrica.

1. POLIMETRIA: versi tradizionalissimi che non sono guidati da uno schema strofico già dato, ma si succedono senza
regolarità. Es: sono tutti versi regolari, che appartengono alla tradizione, però la loro successione è del tutto libera, non c’è uno
schema strofico prestabilito

2. ANISOSILLABISMO: il poeta utilizza una misura base, che è spesso l’endecasillabo, però questa misura è un po’ variata =
oscillare di un verso su una misura base.

La misura base è quella dell’endecasillabo, ma se si va a contare ci sono versi con


9/10/11/12 sillabe + le rime non sono sempre perfette!
Qui però il sistema di attese si attiva perché Pasolini allude ad una struttura tradizionale,
la terzina di endecasillabi, quindi la tradizione resta sullo sfondo, viene richiamata per
essere poi sottilmente infranta.
35

3. METRICA BARBARA RIADATTATA:da Carducci (ritorno al classicismo), ha effetti notevoli.


I versi sono lunghi, ma se mettiamo delle cesure, troviamo dei versi
tradizionali.

4. VERSO ACCENTUATIVO: il criterio è individuabile nel fatto che ogni verso ha tre accenti.

5. VERSO FRASE: verso la cui estensione corrisponde alla misura sintattica.

6. VERSO LINEARE: la regola organizzativa del testo esula in modo vistoso dai paradigmi della tradizione.

Verso libero come <fantasma> della tradizione


36

Si può provare a tracciare un paradigma storico:


- nei primi anni del secolo 1900-20, si assiste ad un’esplosione versoliberista (AVANGUARDIE, primo Ugaretti)
- negli anni 1920-40 abbiamo un panorama più conservativo dal punto di vista metrico che si muovono entro un orizzonte
versoliberista
- 1957-1965 il panorama viene frantumato, abbiamo sia strutture completamente atonali, sia una metrica accentuale, sia la
ripresa ironica di metri chiusi.

possibile sintesi per orientare, anche perché il canone nella lirica del novecento non è stato stabile, è stato segnato da una
serie di interventi critici che hanno preso la forma editoriale dell’antologia, quest’ultima già nel gioco di inclusione/esclusione
di poeti traccia un canone.
Una prima antologia è del 1953 di Anceschi-Antonelli, Lirica del Novecento, dove viene offerta un’idea del Novecento poetico
italiano molto compatta e completamente incentrata su quello che veniva chiamato post-simbolismo o ermetismo: i poeti a cui
si fa riferiemento sono Ungaretti, Montale, Quasimodo.
 Nel 1968 Contini pubblica un’altra antologia, non solo poetica, Letteratura dell’Italia unita, e nella triade mette insieme Saba,
Ungaretti e Montale.
 poi c’è il canone poetico neoavanguardistico, la neoavanguardia è un movimento che teorizza. Il suo più rappresentante più
autorevole, Sanguineti, nel 1968 pubblica un’antologia, Poesia italiana del Novecento, che vede un secolo BINARIO: da una
parte gli innovatori (Lucini, Crepuscolari, Futuristi, Campana) e dall’altra i tradizionalisti (Montale, Ungaretti, Saba, Cardarelli).

Infine, ad incidere sul mutamento del canone, sono due antologie degli anni Settanta, che si muovono di pari passo, una è
Poeti del Novecento di Fontini e l’altra Poeti italiani del Novecento di V.Mengaldo, che tracciano un quadro di un secolo
plurale, senza contrapposizioni nette. Queste antologie pongono anche fine alla VULGATA ERMETICA, per cui tutta la poesia
che più o meno si rifaceva ad un’idea di poesia pura veniva connotata come ermetica. La fine della vulgata ermetica significa
che non rientrano più nella poesia pura né Montale, né Saba.

L’ermetismo circoscritto: significa che diviene un fenomeno limitato agli anni 30-40, egemone a Firenze, che segna gli esordi di
alcuni poeti, i quali dagli anni Cinquanta in poi prendono altre strade.
L’aggiustamento del canone negli anni Settanta, deve anche molto al Pasolini critico-militante, alla sua scoperta della sua
poesia dialettale e alla valorizzazione di una linea antisimbolista, in questo senso antinovecentista (si recupera una
poesia più discorsiva, meno astratta), grazie alla rivista <Officina>.
Il mutamento del canone implica che:
→ sotto il profilo poetico, il Novecento è un secolo molto frastagliato e policentrico, in cui nessuna linea poetica
prevale decisamente sulle altre;
→ Saba viene posto ai vertici accanto ad Ungaretti e Montale;
→ viene ridimensionato il secondo Ungaretti;
→ Quasimono esce dal quadro dei migliori
→ Montale viene considerato fuori dall’ermetismo
→ Acquistano importanza i dialetti.

1,22

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