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Storia della Critica Letteraria

LEZIONE 1

I Dolori del Giovane Werther hanno iniziato un movimento di fruizione non solo letteraria in senso
stretto, limitato al mondo della corte o dei club, ma è stato un fenomeno che ha coinvolto soprattutto
giovani lettori; un fenomeno ampio sia dal punto di vista sociale, perché non riguardava solo una
classe aristocratica ristretta, ma anche un pubblico borghese e anche una fortissima componente
femminile. Uscito nel 1774, il successo del romanzo epistolare fu straordinario e si creò una vera e
propria moda: i giovani si vestono come Werther, parlano come lui e alcuni persino si suicidano.
Goethe fa uscire questo romanzo a soli 25 anni e questo gli assicura subito un successo europeo. Si
muove su una tastiera di opere letteraria molto estesa, Manzoni meno, ma tocca tre momenti della
composizone letteraria: composizione poetica (Inni sacri), drammatica (Conte di Carmagnola), il
romanzo (I Promessi Sposi).
Comparazione letteraria→ due personalità della letteratura europea di fine ‘700 e soprattutto inizio
‘800. Tra i due c’è una relazione, una relazione mai sfociata nell’incontro e nemmeno c’è un
carteggio interessante da seguire: c’è solo una lettera tra Manzoni e Goethe. Tuttavia, Goethe si è
occupato molto di Manzoni. Goethe appartiene a un’altra generazione ed era un poeta già affermato
e famoso quando Manzoni inizia la sua attività letteraria.
Nb: la storia della letteratura, vista come una successione di epoche in cui operano alcuni autori, è
solo un modo di vedere il percorso letterario. Per esempio, esiste anche una visione filogenetica,
biologica della letteratura, che cerca di ricostruire veri e propri alberi genealogici tra gli autori.
Oppure, un’altra prospettiva è quella delle influenze e dei dialoghi che si possono stabilire non solo
all’interno di una tradizione letteraria, per esempio quella italiana, ma anche tra tradizioni letterarie
differenti. Per esempio, Tasso ebbe grande influenza a livello europeo, addirittura sullo stesso
Goethe; oppure Shakespeare ebbe chiaramente una forte influenza europea (reazione 700esca
illuministica→ Voltaire lo critica perché non rispetta le unità di tempo/spazio secondo la regola
classica), o anche Petrarca (in Francia e in Inghilterra) → modi diversi in cui si può visualizzare la
letteratura nel tempo.
Per capire dove si situa il rapporto tra Manzoni e Goethe è necessario considerare che Goethe ha un
ruolo particolare nella letteratura europea e lui stesso si sente addosso questa personalità
caratterizzata da un formidabile curiosità, fondamento di qualsiasi accrescimento culturale. Anche
l’Oriente sarà un mondo di enorme attrazione per Goethe. Goethe nasce nel 1749 e nell’arco della
sua lunga vita attraversa alcune fasi determinanti: la prima viene ascritta a quel movimento
tipicamente tedesco dello Sturm und Drang (impeto e tempesta) che è una delle prime fasi che
precedono il romanticismo (è un modo di intendere la trasmissione poetica in cui ha un ruolo
importante la tematica legata al sentimento. La poesia nella tradizione classicistica previlegiava una
forma di rarefazione, stilizzazione del sentimento, mentre nello Sturm un drang si cerca di ottenere
una rappresentazione della dimensione sentimentale che dia conto in maniera più immediata
dell’importanza pragmatica del sentimento; il sentimento prelude o accompagna l’azione); dopo il
viaggio in Italia e lo studio appassionato delle opere Rinascimentali e poi l’amicizia con Schiller si
aprirà invece la cosiddetta fase classicistica, impiantata su un nuovo concetto di perfezione armonica.
Goethe seppe unire queste due tendenze tradizionalmente contrapposte nell’unicità della propria
opera. Goethe si interessò anche di fisiologia, psicologia e antropologia, tutte scienze nascenti. Goethe
incontra la figura di Carol Moritz, uno strano personaggio che viene da esperienze terribili e il suo è
un tipico itinerario illuministico→ uscire da una condizione di educazione religiosa integralista
(pietista). Moritz si laicizza e si salva da solo, non solo abbandona il suo passato, ma lo rifiuta e scrive
un grande romanzo di formazione che vede la luce sulle colonne di una rivista di psicologia, che lui
stesso aveva diretto e iniziato. Goethe lo conosce dopo una frattura al piede dovuta a una caduta a
cavallo e sviluppa subito un interesse particolare per questa personalità. Questo incontro tra Goethe,
che era già il primo poeta tedesco, e Moritz, che non era ancora molto conosciuto, scatena un
enorme interesse, forse anche in virtù dell’assoluta differenza tra le loro vite. Affinità nella differenza.
Goethe è interessato a valorizzare questi giovani letterati. Su questa strada di estrema curiosità Goethe
conoscerà Manzoni, che sarà una vera e propria rivelazione→ rimarrà profondamente colpito da
questo giovane poeta italiano.
Agaton 1776 primo romanzo di formazione→ giovane uomo nell’età dell’adolescenza che ha un
confronto con se stesso e di se stesso nei confronti del mondo. Vivono una forma di biforcazione tra
il sé, i propri desideri, e il mondo esterno. Una condizione in cui viviamo di continuo.
L’utilizzo dei sentimenti nella drammaturgia classica era diversa: ciò che fa un dramma non è né la
scena, né gli altri orpelli o strumenti che accompagnano questa visione, per esempio la musica, ma
non è nemmeno il dato sentimentale in sé, ma ciò che conta è il muthos, l’organizzazione delle
azioni. Nell’ambito romantico non è più questo il requisito fondamentale; non conta più l’unità
dell’azione, ma contano le leve emotive individuali che determinano le azioni. Questo spostamento
dell’attenzione alla leva sentimentale determina un cambiamento di paradigma nella composizione
poetica. Disincantamento del mondo→ il mondo per migliaia di anni è stato sotto un incantesimo
(politeismo greco e latino; ebraismo cristianesimo); l’incantesimo si spezza nel ‘700 con l’illuminismo.
Il romanticismo è un tentativo estremo di ritrovare l’incantesimo del mondo. La leva che consente
questo tipo di passaggio non è la leva della razionalità analitica/strumentale (razionalità strumentale =
faccio questo per ottenere quello), ma la leva è il sentimento che consente di arrivare all’infinito,
concetto fondamentale per i romantici. Infinto concepito in termini cristiani, ma in termini platonici.
I romantici sono molto legati alla filosofia platonica. La contrapposizione tra la contingenza e idealità
viene ripresa dalla poesia romantica, che ha proprio lo scopo di costruire un ponte tra il mondo
dell’idealità e quello della fattualità. L’intuizione diventa il grande strumento cognitivo che consente
l’intelligenza dell’infinito. → paradigma cognitivo romantico.
La secolarizzazione e il concetto dei nuovi saperi sono fondamentali. Gli esiti di questa commistione
è diverso: in Goethe approda a una forma di agnosticismo dal punto di vista religioso; l’unica forma
di religiosità che gli possiamo ascrivere è quella Spinoziana, ossia quella di un dio nella natura→ La
morfologia delle piante: la natura si presenta in tutta la sua infinita varietà, che se osservata nella sua
essenza rivela una sua perfetta struttura razionale che è espressione di un’entità superiore.
Nell’estrema differenza bisogna cercare l’elemento unitario. Inoltre, i romantici rifiutano le regole
compositive e tematiche della tradizione ( = la mitologia classica → dato che la letteratura classica,
massima espressione di perfezione, ha certi argomenti, si deve partire da lì). Rifiuto della gabbia
formale. Goethe è attratto dalla soluzione sperimentale che Manzoni adotta in una delle sue
composizioni più importanti: Il conte di Carmagnola, che è una tragedia. Quel trattamento della
forma tragica attira Goethe.
Athenaeum 1798 manifesto dei romantici, fu una rivista fondata dal 1798 ha una vita molto breve di
soli due anni, escono 6 fascicoli → qua sono state pubblicate alcune tra le più importanti attestazioni
della letteratura romantica. Goethe stesso sperimenta nuove forme, non è solo circondato dalla
sperimentazione: 1) Romanzo Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister → un romanzo che
nessuno capisce quando esce, manca completamente di un finale. C’è un happy ending matrimoniale
finale, ma a parte il finale di maniera tutto quello che si svolge in mezzo è stato giudicato caotico. Un
romanzo sperimentale 2) Poema che si chiama Arminio e Dorotea, che è una storia che ha una sua
potenza epica perché ha addirittura la cadenza dell’esametro classico, ma il contenuto è moderno. È
l’innamoramento di due giovani all’inizio del ‘700, in un periodo di guerre → in uno dei molti
passaggi di cortei dovuti alle guerre un ragazzo giovane figlio di un oste si apposta sulla collina per
osservare questa lunga fila di carri e di persone e su uno di questi carri vede una bellissima fanciulla
che circondata dalla sua famiglia e si innamora. È un piccolo idillio borghese.

LEZIONE 2

Il Settecento è il secolo della rottura di una serie di equilibri, soprattutto di equilibri politici→ rottura
con l’ancient regime. È l’inizio della mobilità sociale e anche l’inizio di uno sviluppo economico non
più in mano alla nobiltà, ma alla borghesia, che si dota anche di un preciso abito morale, legato
profondamente con un tipo di religiosità, che è quella calvinista. L’idea che ci sia un contratto sociale
che legittima un potere, che non è legittimato né da attributi di eccellenza aristocratica, né tanto meno
da un volere divino. Individui diversi si accordano, fondando un patto sociale per governare la cosa
pubblica. Tutto questo sfocia nella Rivoluzione Francese, che ebbe un impatto traumatico sulla
mentalità europea. Goethe e Manzoni in qualche modo partecipano, pur nella distanza temporale
che li separa, a questa sfera culturale. Sapere aude→ ogni uomo è in grado di formarsi una sua
personale attrezzatura di saperi; la razionalità è alla tua portata, perché in quanto uomo sei
depositario di una razionalità, nella tua individualità. Il Settecento esplora da un lato le dinamiche
della razionalità umana, dall’altro la sfera sensibili sentimentale di un uomo→ questi due momenti
sono strettamente congiunti; la scommessa di Kant è che questi due momenti collaborino ai fini della
conoscenza. La razionalità mi permette di elaborare i contenuti sensibili percepiti dalla mia fusis per
trarne delle conoscenze. Questo è il progetto kantiano. L’arte è il punto della mediazione tra la fisicità
e l’idealità; questo già da Aristotele.
Goethe sostiene fortemente l’idea di una letteratura mondiale; anche Manzoni ha tendenze utopiche
evidenti→ Per Manzoni l’utopia è quella di una giustizia sociale uniformata ai valori della cristianità.
Goethe, molto avanti nei suoi anni, incontra questo poeta italiano e lo giudica una figura dotata di una
straordinaria capacità poetica. Per Goethe Manzoni è l’equilibrio tra l’ideale della perfezione della
forma, che deriva dal mondo classico (questo è come veniva percepito il mondo classico nel ‘700;
non davvero il mondo classico. Visione favorita dall’umanesimo→ importante!) e il moderno. il
progetto manzoniano è una sorta di realizzazione di ciò che Goethe stesso ambiva fare. Goethe
vedeva in Manzoni colui che riusciva a superare la contrapposizione tra classicisti e fautori della
modernità(romantici).
La modernità produce in letteratura, in particolare nel teatro, ma anche nelle arti figurative, il bisogno
di concentrale le attenzioni sul qui e sull’ora→ la modernità è incentrata sul presente. Questa diagnosi
spiega perché l’epos muore nel ‘700; l’epos è la poesia per eccellenza che parla del passato. Sia per
Goethe sia per Shiller questa caratteristica è un grosso difetto della modernità→ si vuole trovare una
soluzione letteraria che non sia né la resa incondizionata allo strapotere dell’odierno, né la semplice
riproposizione del passato. La scommessa goethiana è quella di proporre una letteratura che riesca a
sottrarsi a questa costrizione al presente e che riesca a riproporre in maniera originale la materia
antica. Sperimentazione di Goethe: Arminio e Dorotea, una specie di idillio amoroso giocato nel
contemporaneo, ma con un andamento fortemente epico (esametro)→ una strumentazione formale
che consente di dare questo senso di distanza pur nella presenza.
Il moderno smette di essere stigmatizzato come semplice decadenza dell’antico; si tratta di scoprire la
bellezza nella bruttezza del moderno. la modernità era brutta perché le mancava l’assoluta perfezione
statica del tempio greco, quell’immagine di immobilità che era immagine dell’idea, che è stabile. Il
moderno, età dello sconquasso dei sistemi antichi, dello sconvolgimento del sociale e del politico, del
mutamento non può essere considerato bello e l’arte del moderno è inevitabilmente mimetica di
questa realtà. Il romanzo di formazione è storia di una trasformazione, di una crescita. La
commistione degli stili, contro la quale si scaglierà lo stesso Goethe, è proprio una delle caratteristiche
di questa mobilità. Per i romantici tutto deve fondersi, dal caos nasce la verità→ sotto l’apparenza
caotica si insinua una profonda coerenza e perfezione. Al di sotto ci sarebbe un progetto di
perfezione. Goethe prenderà distacco dai romantici, anche se Schlegel dedicherà su uno dei numeri
della sua rivista una vera e propria lode del romanzo di Goethe (Wilhelm Meister)→ Protagonista =
ragazzo sedotto dalla sirena del teatro; la grande tentazione dei giovani in quegli anni. Totalmente
fuori dal coro perché imbarazzato silenzio da parte della critica, che lo riteneva inadeguato per una
personalità poetica di quel calibro. Il romanzo deve essere un miscelatore di tutte le tendenze
possibili. Questa commistione degli stili è vista con diffidenza da Goethe, ma non si arrende a una
visione passatista; in qualche modo si ribella a se stesso e prende le distanze dal progetto classicistico
varato alla fine del 700. La risposta è la letteratura universale, il confronto con letterature appartenenti
a culture e tradizioni diverse. Goethe è attratto da questo mondo, in particolare quello medio
orientale e la poesia in lingua farsi. L’invenzione metaforica di queste poesie non è conosciuta
dall’occidente→ esistono moltissime espressioni per esprimere determinati concetti che da noi sono
resi con 1 o 2 parole. Goethe scriverà tra il 1814 e il 1819 Divano occidentale-orientale, un libro di
poesie ispirato al poeta persiano Hafez, poeta mistico persiano del xiv secolo. Goethe cercherà di
immettere queste grandi metafore nella propria lingua. Esiste anche in Manzoni una tensione
sperimentale. Goethe viene anche a sapere, grazie ai suoi informatori, della diatriba milanese tra
romantici e classicisti→ Manzoni era stato duramente criticato dai classicisti, che non accettavano per
esempio Gli Inni Sacri o Il Conte di Carmagnola una tragedia che non si uniformava ai dettami della
classicità (unità di tempo e di luogo). Goethe prende posizione in questa discussione, dicendo cose
meravigliose su Manzoni. Quest’ammirazione non è subito compresa, perché avevano anche due
religiosità molto diverse.
Il mito è proprio etimologicamente una narrazione. Il ‘700 è il secolo che ha messo in discussione il
valore paradigmatico ed esemplare della classicità. I romantici si accorgono che quello che manca ai
moderni non è il sapere, che sono superiori agli antichi, ma mancano narrazioni mitologiche; manca
la mitologia moderna→ la scommessa è sì imitare gli antichi, ma imitarli nel dare forma e sostanza a
una mitologia moderna. La mitologia moderna la troviamo nei grandi romanzi moderni; quali sono i
grandi miti moderni? La noia (Madame Bovary); l’errore, la legge illeggibile che non capiamo; la
violenza della legge sconosciuta (Il Processo); la
malinconia, che noi oggi chiamiamo depressione. Sono tutti concetti e sentimenti moderni.
Manzoni conduce una guerra contro l’idea della mitologia antica. Il serbatoio ideale cui lui attinge è
quello della tradizione cristiana. Il suo rifiuto della mitologia è dovuto al fatto che nella sua visione la
mitologia corrisponde a una visione del mondo diversa da quella dei moderni, che deve invece
riconoscersi in quella della visione cristiana, che, nell’ottica di Manzoni, continua a essere di una
straordinaria attualità ed è l’unica chiave che permette di attingere ai livelli profondi della nostra vita.
Il patrimonio figurale del cristianesimo è quello cui attinge Manzoni.

LEZIONE 3

Illuminismo e Romanticismo sono due categorie che riguardano due momenti della cultura. Quelle
di Manzoni e Goethe sono due vicende letterarie che si collocano entro queste due vicende culturali.
L’illuminismo è l’età della cultura in cui nasce l’idea di critica, nel senso che si rinnova l’idea di
critica, ed è l’età dell’interrogazione radicale; una domanda rivolta a tutto ciò che esiste che tenta di
andare alla radice attraverso la mobilitazione di una nozione di critica. Interrogazione sulla
condizione di esistenza delle cose, nel campo della poetica delle condizioni di esistenza della poesia.
Questa sarà proprio l’eredità che si trasmette anche al Romanticismo. La filosofia kantiana costituisce
un vero e proprio slancio rivoluzionario attraverso questa concezione di critica come interrogazione
su tutto ciò che esiste. Ci si interroga anche sulla razionalità e sui poteri della razionalità umana. Un
ambito disciplinare che si sviluppa in questi decenni è proprio l’antropologia, che riguarda proprio le
condizioni di esistenza e coesistenza tra la natura umana sensoriale e la nostra capacità razionale.
Quest’idea di razionale è figlia di un percorso ed è figlia della tradizione Cartesiana → poteri e limiti
della razionalità umana. Tutto prende il moto dall’interrogazione dell’esistenza dell’io. Quest’idea di
una soggettività come punto di partenza di un grande sistema di conoscenza avrà un’enorme
importanza nello sviluppo della filosofia moderna.
Manzoni e Goethe sono legati da delle affinità, come per esempio la grande questione dell’antico e
del moderno: due categorie con cui si definiscono modi di intendere l’arte e la cultura, operando una
distinzione tra una fase antica, circoscrivibile nella cultura greca e latina nella sua fase di maggior
splendore, e poi la modernità, che è una nozione estremamente complessa. Esistono due parametri
che possono definire la modernità: 1) la modernità inizia con l’illuminismo, ossia dal ‘700 in avanti 2)
la modernità inizia con la scoperta dell’America 1492→ datazione che enfatizza l’inizio di quello che
viene chiamato il Rinascimento; sostanzialmente l’inizio del Rinascimento, non solo una fase di
cultura, ma anche di conquista 3) la modernità inizia con la svolta della fine del Medioevo latino,
sostanzialmente quando le lingue nazionali prendono il sopravvento e diventano lingue della cultura e
della letteratura (datazione molto cara ai romantici) → in Italia siamo nel XIII secolo.
Quando arriviamo all’altezza di Goethe e Manzoni si pone la questione della legittimità di un’arte
moderna. Le produzioni in lingua volgare sono comunque caratterizzata da una vera e propria
memoria dell’antico. La memoria dell’antico è l’elemento fondamentale che caratterizza una visione
della letteratura e più in generale dell’arte; dinanzi a questa dominanza dell’antico si pone un
problema serio di legittimità del moderno. alla fine del Settecento questa domanda diventa urgente,
perché è un secolo che segna uno spartiacque culturale e anche nel modo di concepire la realtà
sociale e uno sconvolgimento degli equilibri politici → il Settecento è il secolo della mobilità e la
modernità trova nella mobilità il suo fondamento. La mobilità come valore (reinventarsi etc) è un
fatto moderno. Ma la modernità che cosa è? Due generi nuovi si stagliano nel panorama culturale: il
romanzo, che non ha più solo l’obiettivo di intrattenere secondo modalità tematiche desunte da una
lunga tradizione, ma gli eroi protagonisti sono figure della vicinanza, persone che possiamo vivere
com persone vicine; il dramma, che nella seconda metà del Settecento subisce una vera e propria
rivoluzione. Non usa più temi di ispirazione classica come quello ancora di Voltaire, ha contenuti
contemporanei. Goethe e Manzoni sono attori di questa innovazione. Goethe in un campo
sperimentativo molto esteso. Il teatro di Manzoni è radicalmente innovativo, basti pensare al Conte di
Carmagnola; la rivoluzione nel teatro tedesco invece avviene alle fine del Settecento con Schiller
(1795/1800). In Italia la rivoluzione italiana avviene invece qualche anno dopo.
Ciò che unisce Manzoni e Goethe è il fatto di prendere molto sul serio il rinnovamento, ma allo
stesso tempo rimanere legati a un’idea di sorveglianza estrema del dettato poetico e razionalità della
forma poetica; sono rigorosissimi nella loro sperimentazione; sono degli innovatori classici. Uniscono
sperimentazione innovativa e una filosofia della composizione che ha il rigore classico. Gioco
combinatorio di elementi costituiti → operare nel solco della tradizione, utilizzando elementi
collaudati, ma facendolo in modo innovativo → idea di innovazione in un quadro tradizionale. I
romantici, invece, vogliono fondare una nuova tradizione. Quando Manzoni decide di presentarsi
sulla scena pubblica con un’opera profondamente innovativa lo fa con Il Conte di Carmagnola, che
sconvolge gli equilibri antichi: introduce questa doppia dimensione assente nella tragedia classica,
ossia la dimensione del tempo e dello spazio; un tempo e lo spazio che non sono più limitati.
Manzoni sconvolge la dimensione spazio-temporale classica. Questa è l’innovazione più vistosa
introdotta da Manzoni che incontra opposizioni molto dure; nei primi anni Manzoni non è affatto
riconosciuto nella sua eccellenza poetica. Goethe, invece, prende subito posizione a favore di
Manzoni. Goethe era una figura di prestigio in tutta Europa; un curioso soprattutto di fatti letterari,
particolarmente interessato a cosa succede nel mondo letterario europeo. Goethe viene a conoscenza
delle opere di Manzoni ed è a questo punto che Manzoni che diviene il centro dei suoi interessi
italiani e inizia a prenderne le difese. Che cosa lega Manzoni e Goethe? La comune appartenenza a
un’età di transizione, la classicità riletta in un nuovo modo, idea di sperimentazione che non
abbandona il rigore e la mancanza di eccessi del mondo classico.
L’Ars poetica è un documento fondamentale della ricezione della Poetica di Aristotele→ un poeta
quando compone deve osservare l’equilibrio; non ci deve essere nulla che domina sul resto. Non ci
devono essere dominanze di tipo stilistico, né eccessi nella rappresentazione e nella caratterizzazione
dei personaggi: aureas mediocritas. Questo è il modo in cui Orazio legge la Poetica aristotelica e
questo è anche il modo in cui Goethe guarderà con attenzione a quell’insegnamento e scorgerà in
Manzoni lo stesso figlio di quell’antica concezione della perfezione aurea del dettato poetico, pur in
presenza di una vera e propria rivoluzione poetica e di una sensibilità del tutto nuovi.
Affermazione manzoniana che trova il pieno plauso di Goethe, prefazione al Conte di Carmagnola.
Manzoni si sente in dovere di scrivere una prefazione, perché è consapevole delle novità introdotte in
questa composizione tragica.
“Oltre di che ogni componimento alcuni scritti recenti contengono sulla poesia drammatica idee così
nuove e vere che in essi si può trovare facilmente la ragione di un dramma… intenzione” + “oltre di
che ogni componimento… giudicare un lavoro secondo regole è lo stesso che esporsi a giudicare
stortamente un lavoro il che è uno dei più piccoli mali… mondo”
“Ogni componimento presenta a chi voglia esaminarlo gli elementi necessari a regolarne un giudizio”
→ significa che ogni componimento ha una sua legalità interna; i componimenti poetici, nella
tradizione soprattutto del classicismo, si sono sempre conformati a delle regole esterne, che esistono
prima del componimento poetico e che il poeta deve seguire, uniformandosi. Per Manzoni, invece,
un componimento poetico la sua regola più vera ce l’ha all’interno di se stesso; è autonormativo. La
logica con cui quel testo è composto è all’interno del testo stesso, ciò significa che i critici che sia
accostano a un’opera non devono misurare il grado di aderenza ai canoni, ma di vedere qual è la
forma interna di questa composizione poetica. Ciò che fa di una tragedia un capolavoro non è
rispettare le unità di tempo e di luogo, ma sta dando alla tragedia stessa; è una chimica speciale messa
in opera dall’autore medesimo. È un modello di ragionamento estendibile a molti ambiti della vita:
riconoscimento del valore, in questo caso estetico, dell’individuale. Logica immanente delle opere
contrapposta a una normatività esterna. Manzoni vuole rappresentare un sacrificio umano sull’altare
dell’intrigo politico→ intento, razionalità sono i criteri: ha conseguito il suo intento? È razionale
quello che dice?
“delle quali regole è controversa l’universalità” → le regole classiche sono presentate dal classicismo
come universali, valide in ogni epoca e luogo, un modello di bellezza inscalfibile. Manzoni mette in
discussione questa universalità; una domanda molto rivoluzionaria e provocatoria di Manzoni. Si
rischia di giudicare stortamente un lavoro. Tratti rivoluzionari → giudizio sull’opera, messa in
discussione dell’universalità.
L’idea di Weltliteratur → l’incontro tra le lingue poetiche è un incontro tra sistemi simbolici diversi.
Questa comune tensione utopica caratterizza tanto Manzoni quando Goethe. Manzoni riesce a
leggere la mitologia cristiana in chiave utopica, a vederla non come un retaggio del passato, ma come
un’occasione del futuro. I Promessi Sposi sono un tentativo. Goethe non si rassegna al disincanto e
vede in termini Spinoziani. In Manzoni abbiamo un’utopia cristiana in senso moderno, in Goethe
abbiamo un panteismo che si manifesta nella visione della natura. Questa visione della natura porta
Goethe a vedere l’unità nella differenza. Manzoni umanesimo cristiano; Goethe spinoziano. Idea di
legalità immanente dell’opera letteraria.
De Sanctis a proposito degli Inni Sacri: alla base c’è un’idea di democrazia, eguaglianza degli uomini
tutti fratelli di Cristo, glorificazione degli oppressi → sotto il nome di utopia cristiana. Coglie tutta la
modernità di Manzoni: tutte le idee del mondo nuovo nato dalla Rivoluzione francese secondo
Manzoni sarebbe evangelizzata. È convinto che il cristianesimo debba essere ricondotto alla sua
idealità. La grande sfida del mondo moderno è il disincanto; il mondo moderno nasce sotto il segno
del disincanto. La malinconia è il grande male moderno e sotto questo segno nascono molte
esperienze moderne. La malinconia è l’infelicità senza desideri. Goethe e Manzoni si oppongono
strenuamente contro il concetto della casualità: non è il caso che decide la storia. Anche se sembra
che non ci sia una razionalità in quello che accade. La necessità manzoniana si situa sotto il modello
di Provvidenza: interlocuzione individuale (Innominato, ispirazione di Agostino); interlocuzione
corale → due dimensioni in cui ci si relaziona al divino. Invece Goethe sviluppa l’idea di una filosofia
della natura. Queste sono le due strade che fanno sì che i due si incontrino sul comune terreno di
una tensione utopica.
Goethe sostiene che questi due generi letterari hanno un fondamento nella natura → stigmatizzano
questa indifferenza verso questo fondamento naturale, che porta per esempio i moderni a mischiare il
genere epico e quello drammatico. Questa naturalità del poetico che fa premio su tutte le
improvvisazioni moderne che verranno criticate da Goethe e Schiller. Questa fase di rifiuto e disagio
della modernità li porterà poi a ritornare su un’idea classica di letteratura→ alla fine del 700
fonderanno “i Propilei”, un tentativo di ritorno al classicismo. La poesia vera è quella che ha un
fondamento nella natura; è un’idea anche di Leopardi e anche Manzoni pensa a un fondamento
razionale del poetico che discende per lui direttamente dalla divinità.

LEZIONE 4

L’interesse di Manzoni per Goethe è del tutto scontato, data la fama letteraria di Goethe, ma non era
assolutamente scontato in senso inverso. Goethe ha uno sguardo sinottico sulla sfera della letteratura.
Nei primi dell’800 molti studiosi si dedicarono a capire qual è il meccanismo più intimo di
funzionamento delle lingue, come Schlegel e Fonumbel. C’è un grande interesse per capire come le
lingue si relazionano alle cose. Goethe porta avanti questo interesse comparativo che era già molto
nell’aria, come anche quello per le lingue orientali (sanscrito). Sicuramente Goethe è interessato al
fatto che Manzoni incarna ai suoi occhi l’immagine di un letterato che ha la capacità di mediare
istanze diverse. Vanno in direzione di quella compatibilità del diverso che Goethe stava cercando.
Goethe sostanzia il suo giudizio positivo su Manzoni con degli argomenti: 1) Il Carmagnola viene
molto criticato (Recensione molto negativa nel numero 47 di una Rivista Inglese) Goethe riporta
questo giudizio negativo e lo contesta → questa dichiarazione, presente nella Prefazione al
Carmagnola, solenne di non conformità all’obbligo di rispettare l’unità è una scoperta dell’acqua
calda per il recensore inglese, perché Shakespeare già lo ha praticato due secoli prima → Goethe
contesta questo giudizio immeritato, perché il Manzoni produce tutt’altro che una fliby tragedy, ma
una straordinaria tragedia che colpisce per la vicenda che viene presentata in tutta la sua vigorosa
potenza. Goethe fa delle osservazioni interessanti a proposito “esiste una critica distruttiva e una
produttiva, la critica produttiva è molto più difficile perché si interroga su questo: che cosa si è
prefisso l’autore? L’autore si è attenuto a quanto si è prefisso? E quanto si è prefisso è razionale? →
sono le tre domande di Manzoni, quelle che lui stesso si pone nel momento della stesura. Importanza
del conformarsi alle intenzione dell’autore nel momento in cui si giudica un’opera e presunzione dei
libri di poetica, che hanno la presunzione di incarnare l’universalità sempre valida→ per Manzoni
una presunzione infondata. In tutto ciò c’è tutta l’essenza del criticismo illuminista: mettere in
discussione ciò che la doxa, l’opinio comunis, ritiene verità.
La prefazione al Carmagnola parla anche di verosimiglianza → importanza dello spettatore, lo
spettatore deve avere come impressione principale quella della verosimiglianza. Lo spettatore non è
impressionabile sul rispetto di regole, ma sul livello della verosimiglianza. Le regole devono sempre
essere in funzione di un risultato complessivo, che include anche il pubblico. C’è la dimensione del
pubblico. Chi assume posizioni normative solitamente esce dalla dimensione dialogica e da quella del
confronto e si irrigidisce in una posizione che prescinde dal mondo. Manzoni sottolinea, alla fine
della Prefazione, che la vicenda che racconta è una vicenda reale, storica e realmente accaduta, tanto
che premette alcune notizie storiche. Questa premessa di carattere storiografico è ciò che a Goethe
non piace. Goethe lo vede come un eccesso di scrupolo. Goethe dice che per il poeta nessun
personaggio è storico, ciò che il poeta vuole è rappresentare il mondo morale (=il mondo delle
azioni) e con questo scopo il poeta concede l’onore ad alcune persone tratte dalla storia di conferire il
loro nome ai suoi personaggi. È un favore che il poeta alla storia, non viceversa.
Lettera di Manzoni → Manzoni riconosce e dichiara come fallo. Fa autocritica. Questo fallo si
ripeterà ancora nel corso del tempo e sarà massimo nei Promessi Sposi, che esce nel ’27. Goethe
molto anziano ha intorno a sé un giovane che va a trovarlo regolarmente Hecklemann, che annotava
queste conversazioni, tenendo il diario di questi anni da cui nascerà Conversazioni con Goethe.
Manzoni ancora una volta non si fida della poesia e sente il bisogno di dover documentare
storicamente e minutamente ogni fatto narrato e descritto. Goethe considerava questo bisogno una
pavidità poetica. Già i padri della Chiesa avevano espresso riserve molto severe sulla letteratura
profana, che crea mondi alternativi senza alcun diritto (solo Dio può creare mondi). Manzoni sembra
riecheggiare queste posizioni; non si ha alcun diritto di inventare, è un atto di ubris. Conciliare la
dimensione poetica e quella della verità storica non si può fare e così Manzoni fa parlare la storia.
Ma cosa significa separare la storia dalla poesia? Aristotele dice che la prerogativa del poeta è quella
di dire cose possibili, ma non quello che è realmente successo, ma anche laddove parlasse di figure
storiche, reali e di fatti davvero accaduti, il poeta racconta anche ciò che è vero nella dimensione del
possibile, dal punto di vista ideale, dandole una coerenza interna che non aveva nella realtà. Le cose
successe devono essere inserite in una consequenzialità di tipo causale. Posso ispirarmi a un episodio
reale, ma con l’elaborazione letteraria entra nella dimensione del possibile. La vicenda deve adeguarsi
a un criterio logico che non ha nella realtà. Anche le figure storiche diventano esemplari: Achille è
esemplare per l’eroismo, tratto tipicamente greco. La tragedia è un’imitazione di un’azione compiuta,
intera, dotata di una propria coerenza. La lettura a posteriore, soprattutto 500esca, farà diventare
prescrittivo il concetto di unità. Strategia di alleggerimento del mondo = la letteratura spoglia il mondo
dalla sua pesantezza rendendolo più intellegibile. → questo è in gioco nel confronto Manzoni
Goethe.
Idea di una naturalità dei sentimenti, di una fisiologia, rispetto a quella dei testi classici. Manzoni dice
che non è naturale che certi sentimenti si sviluppino in un lasso di tempo breve.

LEZIONE 5

In una delle scrittura teoriche più importanti Manzoni opporrà sistema classico e sistema romantico e
sosterrà come il sistema romantico debba imporsi e soppiantare quello classico. Le ragioni di
Manzoni sono fondamentalmente religiose. Il processo di estetizzazione dell’arte, perimetrarla entro
uno spazio che ha a che fare con la fruizione estetica, quindi con il bello in primo luogo, è un
meccanismo moderno e prevede l’assenza di una dimensione collettiva o che riguardano il culto, la
verità religiosa. L’arte può avere anche tante altre valenze che la dimensione estetica incentrata sul
bello finisce per anestetizzare. Questo processo di messa tra parentesi di tutte le altre componenti che
prescindono dal bello è qualcosa di molto moderno. il museo è il luogo simbolo di questa
estetizzazione → le opere d’arte non sono più legate al luogo in cui avevano ulteriori funzioni e
confinate in uno spazio estetico. La mitologia, quindi, non era narrazione per il piacere di narrare
(fruizione estetica) ma erano veicoli di trasmissione di verità e di risposta a grande questioni che gli
esseri umani da sempre si sono fatti. Questo patrimonio di verità (e non patrimonio puramente
estetico!) viene visto da Manzoni come qualcosa che ha avuto una sua funzione importantissima, ma
che ormai è soppiantato da un altro sistema valoriale e di verità; una spiegazione del mondo che non
è più quella antica, ma è quella cristiana. Questa chiave di lettura del mondo è quella che deve
soppiantare quella antica → ragione religiosa per cui il sistema romantico è preferibile. Poi ci sono
altre ragioni più legate alla specificità dell’arte: soprattutto la centralità dell’elemento storico → su
questo terreno le posizione di Goethe e di Manzoni divergono profondamente perché sulla questione
della storia Manzoni ha una concezione estremamente enfatica del fatto storico; la storia è il modo in
cui la verità si manifesta, non è accadere e basta, è rivelazione del divino. Anche per Hegel esiste in
origine lo spirito che si rende oggettivo a se stesso nella dimensione dell’esistente. Questo schema in
declinazione religiosa è quello che presiede alla visione di Manzoni. In particolare, Manzoni è
interessato al fatto che la dimensione della storia sedimenti la razionalità del divino in forme diverse
nel tempo e nello spazio, ma nonostante questo il divino è sempre individuabile in tutti i fatti storici.
Il disegno divino dà razionalità alla realtà.
Il discorso della poesia di Aristotele è essenzialmente sulla forma → la cosa più importante è il
muthos, ossia la costruzione dell’azione, della vicenda. Le singole azioni vengono disposte in una
continuità che è rigorosamente causale. Quest’idea non ha nulla di divino, è una costruzione che
rimanda sicuramente però a una dimensione ideale perché nella realtà fenomenica del mondo questa
consequenzialità perfetta non si avrà mai. Per Aristotele la costruzione letteraria è un artefatto che
rinvia alla dimensione dell’idealità.
Per Goethe vale la misura, la razionalità, l’equilibrio → stimmung. È proprio questa idea di armonia è
profondamente insita nella scelta estetica di Goethe ed è ciò che Goethe ammira in Manzoni. In
qualche modo Goethe ammira in Manzoni una dimensione del classico che lui in qualche modo
rinnegava. Goethe ammira la fattura del suo verso, questa sua capacità di costruire i versi e il suo non
concedere nulla alle derive sentimentali eccessive che il romanticismo praticava. Ammira questa
sorveglianza del dettato poetico.
Che cos’è il classico? Per Goethe è essenzialmente senso della misura e razionalità; stimmung. Per
Goethe è anche il riconoscimento di una forma che ha radici nella Natura, il gesto poetico è qualcosa
che ha radici nella natura dell’uomo che nella dimensione goethiana è espressione di una natura che
contiene il divino. Goethe ha una visione di classico come qualche cosa in cui è all’opera una
dimensione del controllo razionale, ma questo controllo non deriva da una tradizione, non è
inscrivibile in una dimensione puramente estetica, ma è qualcosa di intrinseco nella natura. La natura
per Goethe è essenzialmente ordine. Goethe ha svolto studi molti intensi della natura → anatomia
comparata: osservando in profondo gli esseri viventi notiamo un nocciolo unitario, molti elementi in
comune che passano inosservati perché a uno sguardo superficiale le differenze sono molte → unità
nella differenza. Sono questi gli anni anche dei primi studi antropologici, lo studio della relazione che
intercorre tra la dimensione fisica e quella spirituale. Goethe ritiene che la natura, che così fortemente
condiziona lo spirito, determini anche la regolarità del dettato poetico: è come se ci fosse un transitare
della razionalità naturale in quella poetica. Non è una razionalità imposta dall’esterno, da regole
inventate dagli uomini, ma una razionalità che si impone naturalmente. Il demoniaco inficia questo
realizzarsi della razionalità naturale; è l’elemento che scardina l’armonia che impedisce l’armonia → è
il caso, la casualità. Ed è questo che egli ha in orrore, anche se in alcuni casi ha il sospetto che questo
governo razionale, questa spiegazione panteista che si fa a Spinoza, possa incepparsi o possa essere
sconvolto da una forza separatrice. Ordine e caos è un tema che domina la produzione tra Sette e
Ottocento.
Perché nel momento di massima evoluzione del pensiero europeo, cioè l’illuminismo, nelle arti
figurative ci si è orientati così marcatamente alle esperienza dell’arte greca? Gli illuministi erano
tendenzialmente classicisti. Un movimento così rivoluzionario, che incita al sapere ottenuto solo dalle
proprie facoltà, si riconosce nel classico perché il classicismo era visto come razionalità, era visto
come l’incarnazione della perfetta razionalità. Quest’idea di ordine e razionalità entra in crisi già nel
corso del ‘700, dove si sviluppa un filone dell’esplorazione del sentimento. Scelbury (?) ritiene che la
dimensione dell’umano legata alla sensibilità, la concretezza della vita sensibile degli uomini sia uno
strumento di conoscenza pari a quello della razionalità. Quando comincia a prendere corpo una
visione dell’arte alternativa al classico ritorna in auge un riconoscimento del valore conoscitivo della
sensibilità umana e della dimensione del caos, visto dai Romantici non come il demoniaco (Goethe)
ma come quella condizione originaria da cui poi è nato il mondo. L’ordine nasce dal caos. Se questo
lo osserviamo sul terreno estetico noi vediamo che l’opera d’arte si trasforma nello stesso modo: dal
caos all’ordine. Al caos si associa la positività dell’evento originario.
Nel 1827 esce una silloge delle opere manzoniane → questa silloge viene introdotta da un saggio di
Goethe, che mette insieme i suoi precedenti scritti su Manzoni, che ha scritto sulla sua rivista a partire
dal 1822. Questi scritti diventano la prefazione alle opere di Manzoni. È curioso vedere come
Manzoni sia per lui oggetto di un interesse imperniato soprattutto sulla misura manzoniana, questo
senso della razionalità poetica presente in Manzoni, e poi il trattamento cui Manzoni sottopone gli
elementi di tradizione religiosa. Goethe è estremamente attratto dal cattolicesimo di Manzoni non per
l’elemento cattolico romano, non per la dottrina, ma per il modo in cui lui utilizza dei contenuti
religiosi trasformandoli in poesia, dando a questa poesia un sapore un colore capace di creare un
effetto empatico con il lettore. Straordinaria capacità di muovere la passione del lettore, questa
capacità retorica che Manzoni ottiene attraverso un dettato estremamente sorvegliato e attento, senza
concedere nulla al sublime.
La liquidazione della mitologia antica da parte di Manzoni è anche dovuta a quello che potremmo
chiamare lo spirito del tempo. C’è bisogno di una nuova mitologia per un nuovo mondo. C’è bisogno
di leggere i segni del proprio tempo, ma la difficoltà di cogliere tali segni viene contrapposta alla
chiarezza apollinea dei segni del mondo classico. Il disagio perturbante della modernità viene
neutralizzato attraverso delle narrazioni che non rispondono alle esigenze contemporanee. La vera
sfida è la leggibilità del mondo contemporaneo: vicenda Manzoni-Goethe letta nel tentativo di vedere
e leggere i segni del proprio tempo.
Due parole chiave: incantamento e disincanto. Incantamento è la traduzione di una parola tedesca,
parola che associamo a Weber, un formidabile lettore del suo tempo. Una delle idee da lui sviluppate
è questa: la modernità (dal ‘700 in avanti) è caratterizzata da un disincantamento. Fino a quell’altezza
storica valevano le strategie di incantamento, ossia narrazioni che danno spiegazioni e quitano la
nostra ansia. Le più compiute narrazioni che sono state fornite almeno in Occidente sono le
narrazioni di tipo religioso. Queste narrazioni davano un senso di completezza. Nel ‘700 queste
narrazioni cominciano a scricchiolare, un po’ per l’avvento della scienza poi perché la scienza è stata
vista come la possibilità di sottrarsi dagli inganni della politica e quindi al servizio dell’idea di
emancipazione. Emancipazione significa scalzare il potere teologico. Tutte queste narrazioni entrano
completamente in crisi. Il romanticismo è un primo tentativo di ampia portata teso a cercare nuovi
tipi di incantamento, che tenta un reincantamento del mondo. Manzoni tenta proprio un
reincantamento attraverso la potente riattivazione della sfera religiosa.
Testo dalla forma epistolare scritta a rivolta a Chauvet, che scriverà una recensione del dramma
manzoniano e lo loderà molto per le innovazioni tecniche e per la capacità che dimostra nel sbozzare
e dividere le scene. Argomento della verisimiglianza: Manzoni dice di trasgredire la legge di unità di
tempo e di luogo perché vuole produrre una produzione teatrale verisimile. Non è verisimile che una
vicenda come quella del conte di Carmagnola possa essere ridotta alle 24h di quale momento della
vita di costui? È un’esigenza della verisimiglianza stessa.

LEZIONE 6

Ancora alla fine del 700 l’epoca classica era vista come un’epoca che presentava un aspetto unitario
→ questo volto unitario non esisteva e saranno i Romantici a dimostrarlo. Questa visione dell’antico
come epoca organica e unitaria deriva dall’umanesimo e dal Rinascimento. La modernità, avendo
questi tratti anarchici e inspiegabili, presentando un’espressione sincretica di moltissimi elementi ma
non amalgamati (per esempio le prime grandi opere della modernità: Don Chisciotte e Amleto erano
campioni della contraddizione, della lacerazione → Schlegel dirà che Amleto gli sembra come quei
condannati sul tavolo della tortura cui vengono strappati gli arti; l’emblema dello strappo. Amleto è
lacerato tra il pensiero e l’azione e questa lacerazione sarà un emblema della condizione umana
nell’età moderna). Il moderno era associato alla bruttezza. La soluzione proposta da Schlegel
(romantici di Jena che fondano Athaeneum nel 1798): è vero che la modernità si presenta come
complessa e diseguale e attraverso questa immagine caotica, questa negazione della compostezza, ma
forse sotto questa veste, nella profondità delle singole opere, c’è l’elemento unitario → ci va uno
sforzo ermeneutico. Questo sforzo di indagine porta a scoprire sotto questa superficie caotica
l’elemento unitario che tiene legate le cose. Si deve osservare il contenuto intimo di verità → legittima
una visione del letterario che non è più legata alla codificazione degli stili, ma alla libera creazione di
un proprio stile, la valorizzazione dell’invenzione individuale. Bisogna trovare il nucleo unitario in
opere che possono apparire diseguali. Due sono i grandi esempi: 1) Lontano nel tempo → Platone.
Platone è amato dai romantici, che si riconoscono intimamente platonici, perché affida il discorso
filosofico a dei dialoghi → sceglie un percorso che contempla la messa in considerazione di più
opinioni. Questa costruzione del discorso filosofico attraverso il dialogo comporta una
moltiplicazione delle prospettive. Platone era convinto che le verità della filosofia non dovessero
essere espresse sistematicamente, ma la verità è un cammino, un andare verso, che non ha
conclusione. Questo carattere di apertura della ricerca filosofica è molto amato dai romantici. Questa
idea di convivialità: Platone (simposio), Dante (Convivio) è particolarmente cara ai romantici →
“sodalizio”.
Goethe dei Dolori del Giovane Werther; il Goethe che con Schiller promuove una rivista che
portava avanti l’idea antica e classica di letteratura e di arte; il Goethe del Wilhelm Meister. Visione
del teatro come estetizzazione della vita → molti giovani lasciano studi di teologia, giurisprudenza etc
abbandonano tutto per il teatro; famiglie disperate. Questo romanzo presenta molte asimmetrie →
crea sconcerto e non escono nemmeno recensioni, le poche che usciranno su espressa richiesta di
Goethe saranno molto stentate. Su Athaeneum uscirà la recensione di Schlegel: è vero il romanzo è
asimmetrico, senza scopo, non c’è un telos, è vero che non insegna (miscere dulci et utili tipico
dell’illuminismo) però cosa sta sotto la superficie? Si scopre che ci sono delle incredibili assonanze; ci
sono parti di questo romanzo apparentemente lontane che presentano un’assonanza. È un’armonia di
dissonanze. Schlegel non produce solo l’interpretazione di un romanzo, ma l’interpretazione di
un’epoca, della sua, della fase iniziale della modernità. Lui è convinto che questo romanzo
rappresenti emblematicamente il proprio tempo.
Manzoni nella lettera a Chauvet → Manzoni sta facendo un lavoro di comparazione letteraria: mette a
confronto due opere profondamente diverse ossia l’Otello e la Zaire di Voltaire. Sono entrambe due
tragedie della gelosia: in Otello abbiamo come figura principale quella di Otello, un generale al
servizio della Repubblica Veneta che ha conquistato l’amore di Desdemona, la figlia del Senatore
veneziano e l’ha sposata contro il parere dei parenti di lei. L’alfiere Iago che odia Otello per essere
stato retrocesso in una promozione di carriera a favore di Cassio insinua in Otello il sospetto del
tradimento di Desdemona → insinua il dubbio che Desdemona lo tradisca con Cassio. C’è poi una
specie di costruzione degli indizi che fa sì che Otello si convinca e accecato dalla gelosia la uccide
soffocandola. Otello un attimo dopo scopre la verità e si uccide. Nella Zaire c’è Zaira, una schiava.,
amata dal sultano di Gerusalemme Orosmane tanto che i due si sposano. Anche qui le nozze tra i
due sono imminenti quando Zaira scopre di essere discendente degli antichi re cristiani di
Gerusalemme (classica situazione di riconosciemnto). La differenza di religione pone un problema. Si
scopre una lettera scritta a Zaira dal fratello di lei, che Orosmane crede invece che sia un rivale
d’amore, perché è all’oscuro della vicenda familiare e delle origini della moglie, questo suscita in lui
una gelosia profonda che porta a ucciderla. Quando scopre la verità si uccide anche lui. Manzoni dice
che nel caso dell’Otello siamo in presenza di una verisimiglianza rispettata perché il sentimento della
gelosia prende corpo progressivamente e c’è una progressione che può essere vissuta dallo spettatore
come reale e questo rispetta la fisiologia reale della gelosia e permette anche immedesimazione.
Invece nella Zaire il tutto è troppo precipitoso e l’omicidio risulta inverosimile. Non c’era abbastanza
tempo per dare gli indizi che suscitano la gelosia. Ma è l’unica invenzione che potesse portare a una
conclusione di quel tipo, dato che vuole seguire il modello antico → ma perché seguire un modello
antico e forzare un sentimento entro uno schema così ristretto?
Lettera di Manzoni in risposta a Goethe, mai inviata
Quesito d Manzoni: inventare completamente una storia è un gesto arbitrario; è bene che il poeta
segua la storia vera (p 83) Ma che cosa resta al poeta se gli si toglie il diritto di inventare che lo
distingue dagli storici? Gli resta la poesia. La storia deve essere seguita fedelmente perché il poeta non
può cedere al suo arbitrio, perché se no contraddice al dettato fondamentale di aderire alla verità.
L’esplorazione di una dimensione interiore dell’umano è l’ambito che riguarda la letteratura. Per
Goethe invece la storia può essere utilizzata solo se funziona e corrisponde all’intenzione autoriale.
Divaricazione profondissima (recupero)
Che cosa dice Goethe dell’Adelchi? Goethe trae da questa esperienza poetica una considerazione
importante proprio per l’economia della sua stessa poetica. Goethe farà delle affermazioni davvero
molto interessanti: è la perfetta integrazione della poesia e storia → atteggiamento tra giustificazione e
rifiuto, che scatta quando Manzoni diventa ossessivo (nei Promessi Sposi è indubbio che vi siano
delle parti esplicitamente storiche). “Manzoni si è conquistato un posto d’onore tra i poeti dell’epoca
moderna; sensibilità pure e umane e come ciò che riguarda la sensibilità dei suoi personaggi così
ritiene indispensabile che l’elemento storico contenga verità altrettanto limpide” → accordare
perfettamente ciò che è richiesto dalla morale e dall’estetica con l’inesorabile realtà di ciò che è dato.
Secondo Goethe Manzoni vi è riuscito pienamente e non è vero che ha attribuito a gente barbarica
sentimenti e inclinazioni raffinate troppo moderne. Questa storia di un’Italia lontana, longobarda,
dove questi popoli avevano usi e costumi ben distanti da quelli dell’età in cui Manzoni scrive → per
Goethe c’è questa perfetta integrazione ed è apprezzabile come l’impegno dell’autore sia impegnato
ad accordare 3 dimensioni: morale, estetica e storica → riesce a trasformare delle figure di un’epoca
semibarbarica in individui dai sentimenti delicati e quindi a renderli contemporanei. Goethe dice che
ogni poesia è di casa fra gli anacronismi: ogni passato rievocato deve concedere all’antico una cultura
più alta di quella che avesse. Il poeta deve scendere a patti con la propria coscienza storica e il lettore
deve chiudere un occhio. Manzoni si dà tutta questa pena di fondare storicamente le sue narrazioni
perché non ha consapevolezza del diritto inalienabile del poeta di trasformare in mitologia la storia →
siamo di nuovo a un punto di frizione tra Manzoni e Goethe. La lirica più alta del Manzoni è quella
storica → gli elementi storici sono fondamentali nelle odi manzoniane, proprio come nelle odi di
Pindaro. Goethe sottolinea l’espressione di anacronismo → anacronismo = gesto di appropriazione,
di assimilazione e di appropriazione nel proprio presente.

LEZIONE 7

Sia in Goethe sia in Manzoni notiamo la tendenza e la volontà di dare un senso all’epoca
contemporanea e moderna in cui vivono. Lo scopo di Cassium(?) era quello di monitorare ciò che
succedeva a livello letterario in Europa in quegli anni e Goethe, che la dirigeva, prende posizione
nella diatriba classicisti e romantici italiani. Questa rivista porta con sé ovviamente la concezione di
Weltliteratur, ossia di una letteratura universale.
[morfologia = studio della forma → intuizioni sulla natura di Goethe le proietta sulla letteratura. Per
Goethe l’autore non esprime solo una sua personale inclinazione, ma esprime la sua natura, la natura
umana che si trasferisce a livello di espressione linguistica elaborata. C’è un filo che lega le nostre
qualità naturali in quanto esseri umani e le opere letterarie. Schiller e Goethe si scambieranno molte
lettere riguardanti i generi letterari. Per Aristotele sono due: la narrazione, con la mediazione del
narratore che interviene a raccontare il fatto; il dramma, che è il più mimetico perché non c’è la
mediazione di un narratore. Queste sono le due macroforme. Per Aristotele la mimesis, cioè
l’imitazione di cose accadute o che potrebbero accadere, ha una sua base naturale; è un gesto che ha
una sua origine nella natura umana: i bambini istintivamente rappresentano il mondo intorno a loro
attraverso il disegno. [Indagine alla ricerca della radice naturale della narrazione è ampiamente
studiato ancora oggi (biopoetica)]
Questa esplorazione del bios viene dietro a un interesse di Goethe per la forma della natura; Goethe
è attratto dalla forma, non da quella esterna, ma da quella interna: identità nella differenza.
L’osservazione comparata delle diverse letterature ci mostra le differenze, ma guardando più
profondamente si possono notare dei punti di contatto. Non necessariamente il confronto tra
letterature debba avvenire sulla base del confronto tematico, anzi, è la forma che certe espressioni
letterarie assumono e metterle a confronto è la parte interessante.
Osservazioni di Goethe sul Conte di Carmagnola: questa tragedia merita di essere presa a cuore e fin
dall’inizio della prefazione l’autore vuole che sia abbandonato ogni criterio estraneo → ogni opera
d’arte dev’essere giudicata in se stessa, come ogni sano prodotto della natura.
C’è un’assonanza profonda tra questa visione goethiana che contrappone il giudizio che si fonda solo
sulla visione della superficie delle cose rispetto a un giudizio che entra e si fa forte della composizione
interna di un’opera e la visione generale tipica di Goethe → “come ogni sano organo della natura”.
Ogni opera d’arte ha in se stessa i criteri che le permettono di essere capita. Questo riconoscimento
di una logica immanente dell’opera è ciò che lega Goethe e Manzoni. È un’idea che sarà anche poi
presa dai romantici*. Si dovrebbe giudicare se questo intento sia ragionevole per stabilire se l’autore
abbia davvero raggiunto lo scopo. Se si giudica in questo modo il Conte di Carmagnola è un’opera
perfetta perché Manzoni realizza perfettamente il suo disegno.
Tuttavia, quest’opera ha degli avversari in Italia e non piacerà a tutti tedeschi → dimostrare il giudizio.
Manzoni dice di essersi affrancato dalle rigide regole di unità di tempo e di luogo: Goethe entra nel
merito della querelle che opponeva in Italia romantici e classicisti. Individuo e moltitudine agiscono
similmente fino alla conclusione della vicenda: Goethe tocca un tema che gli è molto caro, che gli
diede del filo da torcere → sottolineatura di capacità di Manzoni di creare un perfetto equilibri tra
individuo e moltitudine con quanto Goethe e Schiller diranno nel carteggio, scopriamo che i due
discutono lo stesso tema. Schiller chiese aiuto a Goethe; egli era alle prese con un problema
drammaturgico complesso: stava lavorando a un grande dramma storico ambientato nella guerra dei
30 anni (tante guerre che si combattono in Europa) Wallestein è un condottiero e questo personaggio
diventa mitico, famoso → Schiller si trova a un certo punto, nel raccontare le gesta di costui, a fare i
conti con un problema: come do voce drammatica a un esercito? Come faccio parlare un esercito?
Come porto sulla scena un esercito? Anche ammesso che io abbia una scena talmente grande da
poterli contenere, come faccio a farli parlare? Shiller chiede aiuto a Goethe → la risposta viene da
Shakespeare e ai suoi drammi romani: nel Giulio Cesare dà la parola alla plebe di Roma, fa parlare
uno di loro e questa battuta rappresenta perfettamente il sentimento collettivo. Ci vuole un segno che
diventi emblema del sentire collettivo. Goethe ammira la soluzione di Manzoni: le voci che si
alternano sulla scena, che siano di singoli individui protagonisti, oppure la voce di una moltitudine
che parla attraverso suoi rappresentanti, il tutto produce un’idea storica universale, abbiamo una
cornice storica precisa a cui il poeta è riuscito a dare caratteristiche riconoscibili.
Manzoni si è trovato a distinguere tra personaggi storici e ideali; Goethe pensa che lui non lo avrebbe
fatto → errore. Goethe poi lo prega di non far più valere simile distinzione.
Nella Prefazione al Carmagnola Manzoni chiude con un elenco dei personaggi distinguendo tra
personaggi storici e inventati.
È legittimo che il drammaturgo, che si ispira a un episodio storico, distingua tra personaggi inventati e
storici? Per Goethe è sbagliatissimo. Dice di capire perché Manzoni, essendo attaccato da tutte le
parti, lo ha dovuto fare per non essere attaccato di non aver rispettato lo scrupolo storico, ma sbaglia.
Perché sbaglia? Perché per il poeta nessun personaggio è storico. Il poeta ha in mente dei valori, dei
significati ideali che vuole rappresentare, per esempio Manzoni nei Promessi Sposi vuole
rappresentare il valore della giustizia divina che trionfa sulla malvagità umana: Dio che trionfa sul
demonio. Se questo è il messaggio ideale, i personaggi devono rappresentare nella loro consistenza
etica (dell’agire). L’universo etico dell’autore significa semplicemente che l’autore ha in mente una
coerenza tra l’azione dei personaggi e ciò che vuole rappresentare il loro agire, i valori che
rappresentano. L’autore che si ispira alla storia fa un onore a certi personaggi storici a prestare i loro
nomi al suo progetto etico: il motore di tutto non è la storia, ma è l’autore. Questo Conte di
Carmagnola, personaggio di umili origini che fa carriera per la sua straordinaria intelligenza,
rappresenta secondo Goethe l’espressione dell’idealità che Manzoni gli vuole conferire.
Manzoni riceverà il favore di Goethe anche per l’Adelchi, che viene definito un poema anacronistico,
che è un giudizio positivo. Riconosce a Manzoni una qualità che lo fa essere un grande poeta, perché
la grande poesia per Goethe è sempre anacronistica. L’anacronismo è proprio la negazione della
storia ed è curioso che Goethe trovi in Manzoni dei tratti che Manzoni non vorrebbe mai gli fossero
attribuiti, riteneva di essere il fedele interprete della storia.
La poesia è dimensione estetica, ha a che fare con la bellezza, ma in senso greco, ossia una bellezza
che ha a che fare con la verità. La bellezza dell’opera è tale in quanto espressione della verità ed è
espressione della verità in quanto ideale. Se seguisse la storia non esprimerebbe questa idealità,
perché nel mondo reale gli eventi non si susseguono con coerenza. Il poeta si deve allontanare dal
cammino storico e dare un’idealità, una coerenza interna ai fatti storici. Goethe è stupito dal fatto che
Manzoni riesca ad accordare perfettamente la dimensione poetica con l’inesorabile realtà. Manzoni
ha operato in modo anacronistico nell’Adelchi: siamo in un’età di alto Medioevo e figure
lontanissime dall’età contemporanea parlano come se fossero personaggi del mondo contemporaneo.
Ma non è un difetto: ogni poesia è di casa tra gli anacronismi. Si concede all’antico un valore più alto
di quello che non avesse: il lettore deve chiudere un occhio e l’autore scende a patti con la sua
coscienza. Non è un difetto come molti gli avevano criticato.
I lettori desiderano rispecchiarsi in un’opera, che quindi deve soddisfare questa necessità. Si deve
tener conto delle aspettative del pubblico (aspetto della ricezione). Ma poi c’è un altro aspetto: la
poesia deve sempre esser vista nella sua dimensione storica? Non è meglio dire che è vero che la
poesia ha a che fare con una rete di legami che non si possono disporre lungo la retta della
progressione storica, ma sono appunto una reta che lega opere storicamente distantissime che
rivelano affinità enormi rispetto a opere contemporanee lontanissime. Il sistema di affinità e
differenze non ha nulla a che vedere con la storia.
*Premessa metafisica di tipo platonico: l’opera è un microcosmo, espressione di una razionalità
superiore della forma ideale, dell’idea. L’idea è l’idea dell’arte che trova le mille declinazione diversa
nelle opere d’arte. C’è un elemento identitario della differenza e siamo di fonte a un senso di
immanenza del senso vero.
L’opera è il frutto di una corrispondenza della legalità interna con una dimensione ideale superiore e
questa idealità è la stessa che per esempio governa la Natura. Tra il microcosmo dell’opera e il
macrocosmo dell’universo c’è una perfetta corrispondenza che si gioca sul piano di una forma ideale.
Nel 1798 Goethe scriverà un’elegia Metamorfosi delle piante e in questa elegia c’è un passaggio: tutte
le forme sono affini e nessuna somiglia all’altra così allude il coro a una legge occulta, a un sacro
enigma. Le forme naturali che noi vediamo ovunque nascondono una legge occulta, la legalità
immanente, che lui vede come un sacro enigma. L’alchimista è colui che studia la composizione
intima della materia. La chimica ha portato avanti questa esplorazione laica della materia. Goethe era
affascinato da questi studi. Il mistero cui allude il coro è quello dell’unità della molteplicità della
natura. La differenza con i romantici c’è perché Goethe è uno spinoziano, mentre i romantici di Jena
hanno un legame con il platonismo e l’idealità. Idea già di Agostino = nell’interiorità dell’uomo esiste
un seme di divino. Idea di divino nel punto più intimo e nascosto dell’umano → l’uomo deve trovare
la via per accedere a questa profondità. La verità è in ognuno di noi, bisogna solo accedervi. Nella
visione di Goethe il Dio è nella natura, secondo la visione spinoziana.
Il passaggio da questa visione della natura che mobilita una visione metafisica all’idea goethiana di una
letteratura mondiale, ossia che nasce dall’apporto di verità che ciascuna espressione poetica può
esprimere, è legata. Il confronto è arricchimento.
LEZIONE 8

Morfologia = studio della forma, con particolare interesse per il confronto tra le forme.
Visione del mondo classicista fedele a un’idea di organizzazione delle arti così come era nell’ancient
regime, e dall’altra un’idea del poetico che deve entrare in risonanza con la modernità.
Fiume in piena, visibile = aristotelismo; fiume carsico = platonismo. La filosofia platonica è
fortemente dualista: esiste la realtà ed esiste il mondo delle idee. Aristotele è invece convinto che ci
sia un’idealità nella concretezza: nei singoli enti è presente questa idealità che si fa concreta e che poi
determina uno sviluppo. C’è una scintilla primaria di verità in ogni cosa. Sulla scia dell’aristotelismo,
filosofia della razionalità (basti pensare all’idea di muthos = costruzione razionale e coerente di una
trama), si costruirà la cultura occidentale. Per Platone il percorso conoscitivo è intuitivo, per
Aristotele deduttivo. Per Platone il fatto che il mondo reale sia tanto diverso da quello delle idee, fa sì
che noi possiamo solo provare a intuirlo a partire dalla contingenza. Nel corso dei secoli questo
atteggiamento ha prodotto un’attenzione all’empiria, alle cose del mondo, con questo desiderio di
intuizione dell’infinito diranno poi i romantici. Questa attenzione al particolare distinguerà questo
modello epistemico. La stessa figura del mistico, partendo dalla situazione naturale, non ne fa oggetto
di una conoscenza razione e scientifica, ma cerca di andare oltre in cerca dell’essenza. Charles
Ginzburg Miti emblemi e spie, morfologia e storia → torna su questi temi e in particolare si sofferma
sulla questione del paradigma indiziario. Dice di utilizzare un metodo morfologico e che il suo
modello è Propp (morfologia della fiaba → siamo nella prima metà del ‘900, viene applicato un
modello scientifico anche alle discipline umanistiche. Alla fine dell’800 una serie di etnologi si
mettono a studiare le fiabe, prima di tutto a raccoglierle. Questo interesse nasce nella Russia ancora
zarista, uno stato dall’enorme estensione orizzontale. Cosa balzò agli occhi? Che pur provenendo da
luoghi distantissimi, tutte queste fiabe avevano in comune una serie di elementi, per esempio quasi
sempre c’era un protagonista e un antagonista. Propp individua 32 funzioni narrative che si trovano
nella stragrande maggioranza delle fiabe → elemento comune nella differenza, siamo di nuovo sul
tema Goethiano che qui trovava un terreno fantastico di evidenziazione. Morfologia della fiaba sarà
proprio dedicato a Goethe e inizia con un inserto goethiano proprio sulla metamorfosi sulle piante.
Propp poi studia anche le radici storiche delle fiabe, ossia la loro localizzazione storica: non solo
l’invariante, ma anche lo specifico costituisce elemento di studio). Ginzburg dice di essere uno storico
che studia le trasformazioni, ma solo questo non permette di avere una piena intelligenza dei
fenomeni storici, perché nella storia si presentano elementi invarianti, quindi un approccio utile è
quello di provare a studiare insieme i momenti invarianti e quelli della trasformazione. Il lavoro
morfologico dovrebbe costituire una fase preliminare finalizzata a ricostruire una serie di fenomeni
che egli vorrebbe analizzare storicamente. Questi oggetti della realtà empirica che mettono in moto il
gesto intellettivo dell’intuizione sono intesi come indizi. È un modo di avvicinare la realtà
osservandola come un indizio. C’è una visione secolarizzata di questo processo intuitivo che è la
semiotica, cioè lo studio della realtà come segno.
Questo si vede anche nell’elegia di Goethe, quando parla di segreto nella natura → c’è una forma
interna nella natura.
Gli eredi del platonismo sono i romantici e questa eredità è particolarmente visibile nel romanticismo
di Jena, il primo nucleo romantico tedesco intorno alla rivista Athaeneum. Le discussioni della rivista
rivelano in maniera evidente questa origine platonica, in primo luogo l’idea che la verità non è
qualcosa cui si possa accedere attraverso ragionamenti logici, ma solo attraverso la strada del dialogo,
del confronto e dello scambio. La filosofia della non conclusività di un percorso di ricerca: Platone
non ha la pretesa di arrivare a una conclusione perché il cammino che ci porta ad attingere alle verità
ideali è un cammino che non si raggiunge, anche perché questa strada ci è preclusa, possiamo solo
tendere verso, un tendere intellettivo, fisico ed emotivo. Proprio il Wilhelm Meister è caratterizzato
da questa tensione. Questa modalità di conoscenza fu fatta propria da Goethe. Un altro terreno in cui
questa modalità di conoscenza è evidente è la fisiognomica, una disciplina oggi trascurata, e che ha
delle origini importanti, sul terreno della filosofia antica → Goethe aveva un grande interesse, in
quell’età era già una disciplina controversa ed era legata al nome Lavater (la v si produca f) ed era un
amico di Goethe. Studiava i lineamenti del volto umano nella convinzione che il volto, l’immagine di
esso, sia lo specchio dell’anima. L’anima si manifesta attraverso il volto, il nucleo di verità si esprime
attraverso le fattezze del volto.
Wittgenstein sta leggendo Il Ramo d’oro di un antropologo inglese, Frazer: descrive usi e costumi di
popolazioni indigene. Wittgenstein lo critica e dice che osserva con i paraocchi di un occidentale. A
margine di queste osservazioni dice:
“La spiegazione storica, la spiegazione come ipotesi di sviluppo è solo un modo di raccogliere i dati è
la loro sinossi. È ugualmente possibile vedere i dati nella loro relazione reciproca e riassumerli in
un’immagine generale che non abbia la forma di un’ipotesi sullo sviluppo cronologico “e così il coro
accenna a una legge segreta” ecco come viene voglia di commentare la raccolta dei dati di Frazer”
Wittgenstein cita Goethe. Contrappone due modi di presentazione del materiale: uno sinottico e
acronico (morfologia). Quella morfologica è una sorta di visione dall’alto. Si contrappone una visione
storico evolutiva vs una visione di tipo morfologico, che ci consente di vedere le affinità nelle
differenze. Goethe è molto più interessato a quest’ultima, in cui diventa fondamentale l’indizio.
Anche Jung parla di archetipi, che non sono storicamente determinati, ma un qualcosa che esiste da
sempre, dei dati antropologici dell’esistenza umana.
Nella letteratura noi incontriamo delle forme stabili, invarianti, i cosiddetti topoi pur in un clima di
trasformazione si impongono delle varianti. La letteratura si compone di elementi varianti e di
elementi stabili.
A questo modello epistemico va affiancato quello di Benjamin lettera del 1923 che scrive a Florens
Christian Rang. Benjamin contrappone l’evoluzione storica con l’interpretazione. Ogni opera d’arte si
compone di elementi che trascendono gli orizzonti del tempo e del luogo, elementi che partecipano a
un’unità sistematica.
“Anche la storicità specifica delle opere d’arte è tale da non dischiudersi in una “storia dell’arte” ma
solo nell’interpretazione. E infatti nell’interpretazione vengono in luce connessioni fra diverse opere
d’arte che sono atemporali, e tuttavia non mancano di rilevanza storica. Poiché le stesse forze che nel
mondo della rivelazione diventano esplosivamente ed estensivamente temporali, nel mondo della
chiusura, del riserbo vengono in luce intensivamente”
L’ermeneutica è un’arte, in senso greco, che procede a intuizioni che poi verranno smentite o meno.
Il dubbio ermeneutico deve sempre essere vigile, non tutto quello che leggo sarà letterale, ma c’è un
sistema simbolico che io devo conoscere per capire il senso traslato con cui io posso poi effettuare
delle ipotesi. Intuitivamente ipotizzo qualcosa per poi capire se l’intuizione a senso man mano che si
procede nella lettura dell’opera.

LEZIONE 9
Per Goethe l’arte è la sede della rappresentazione dell’ideale, della forma perfetta. La forma, le
parole e la loro organizzazione, oppure la composizione di un quadro, le perfette proporzioni e le
masse distribuite secondo criteri di ordine; tutto ciò che bandisce la casualità. Quello che Goethe e
Schiller ritengono che debba avvenire affinché si torni alla funzione nobile dell’arte, ossia un funzione
anche conoscitiva oltre a quella di piacere, è che essa torni alla sua forma originaria, ossia deve
mettere in scena la forma ideale. Arte e natura, seppur nella loro radicale differenze per quanto l’arte
tenti di essere mimetica, sono partecipi della stessa razionalità, questo almeno se l’arte tenta la mimesi
non della superficie delle cose ma la loro essenza. Goethe è profondamente interessato a
comprendere l’essenza dei fenomeni, ma a differenza dei filosofi non intende procedere alla maniera
di una costruzione di tipo sistematico alla maniera di Aristotele o nella maniera opposta, ossia nella
maniera dialogica platonica. Invece Goethe pensa che la sua ricerca debba procedere attraverso l’arte
ed è quindi questo il suo interesse principale.
Siamo partiti dalle nozioni di classico e moderno → classico per Goethe è essenzialmente misura,
razionalità, equilibrio, stimmung (parola che ha origine nella musica, accordare uno strumento). Per
Schegel classico significa fondamentalmente la possibilità di leggere il mondo; la classicità è l’età che
ha consentito anche a chi è venuto dopo di poter leggere il mondo, insomma di avere la possibilità di
capirlo, di poterne interpretarne i segni. Per Schlegel così per il suo sodale romantico Novalis, un
grande poeta, il romanzo è il libro di una vita → il romanzo è una vita in forma di libro. La modernità
è l’età della non leggibilità, è molto più difficile leggerla, si tratta di capire ciò che di unitario si
nasconde dietro il caos. Il romanzo romantico per Schlegel è un artefatto letterario estremamente
complesso nel quale finiscono tutte le forme della poesia, da quelle liriche a quella narrative e
drammatiche. Una specie di grande monstrum letterario che diventa una specie di enciclopedia
universale delle forme. Questa è l’utopia estetica e poetica di Schlegel. Goethe sviluppa un’altra
utopia poetica che è quella della letteratura universale, che nasca da un confronto tra le diverse
letterature nazionali; i poeti devono mutuare dagli altri poeti stimoli di natura anche linguistica e
poetica (i modi della costruzione metaforica → come nascono le metafore? Goethe ne è molto
interessato)
Manzoni è anche un visionario o è un poeta perfettamente realista? Il suo realismo è un realismo
fortemente idealizzante. Manzoni è figlio della tradizione cristiana ed è Dio che fa accadere i fatti e di
questo Dio bisogna cercare le tracce. Le voci di Goethe e Schlegel e Manzoni sono avvicinabili
perché tutti e tre sono ermeneuti del loro tempo: tutti e tre hanno voglia di capire il proprio tempo
nel senso di decriptare i segni della contemporaneità. Goethe lo fa in una prospettiva spinoziana,
Schlegel lo fa su una prospettiva hegeliania, Manzoni da una prospettiva cristiana. Sostanzialmente c’è
la stessa idea di una progressione storica. In Manzoni è interessante cogliere l’idea della rivelazione →
il mondo storico non è altro che una rivelazione continua; I Promessi Sposi sono proprio un modello
di leggibilità del mondo. Tutto quello che accade è leggibile non è vero che siamo nel caos assoluto e
la storia stessa è un grande libro aperto.
Se la storia è un romanzo non c’è più bisogno dei romanzi → conclusione cui arriva Manzoni, che
vive questo convincimento in maniera radicale. Idea di inutilità di tutte le costruzioni mitopoietiche:
sconfessione totale della propria identità di poeta a favore dell’identità di storico. Questo è il motivo
per cui Goethe sotto la coltre di complimenti porta con sé una riserva su Manzoni. Per Manzoni la
storia è talmente gravida di senso che l’unica cosa intelligente che si possa fare è cercare di capirla e
raccontarla cercando di metterne in luce i significati; questo è il compito dello storico, una nuova
figura dello storico: non solo una persona che costruisce con precisione scientifica la storia, ma
qualcuno che utilizza questi strumenti per conferire un significato a ciò di cui parla. Quindi che cosa
ci sta a fare il poeta? Non c’è nessuna necessità di qualcuno che costruisca un altro mondo. Un
mondo alternativo o mimetico: perché a che scopo? Se lo scopo della poesia è conoscere e dilettare,
per conoscere è meglio affidarsi agli storici. Manzoni ritiene l’utilizzo della mitologia un anacronismo:
in un’età che ha accesso alla verità grazie alla tradizione cristiana, andare all’indietro e recuperare
delle presunte verità fornite dalla mitologia è una cosa sbagliata e priva di senso. Bisogna attingere al
nuovo paradigma di conoscenza cristiano.
Riconoscimento di una logica intrinseca all’opera stessa → elemento maggiormente romantico di
Manzoni. L’ermeneutica romantica era attenta all’individualità dell’autore e a come questa si
oggettivasse nella sua opera.
Lettera scritta da Manzoni mai inviata a Goethe perché teme che possa cambiare il giudizio positivo
nei suoi confronti e anche passare a una critica pesante nei suoi confronti. Critica che aveva già in
parte svolto: non capisco perché Manzoni distingua i personaggi storici da quelli inventati. Qual è il
trattamento del dato storico che ha Manzoni? Questo si chiede Goethe. Nel suo scritto sulle opere di
Manzoni avanza esplicitamente delle riserve: “Poiché abbiamo espresso la nostra soddisfazione
incondizionata per il suo lavoro ci permetta la preghiera di non operare più quella distinzione.”
Manzoni risponderà dando ragione e Goethe “debbo confessarle che la distinzione dei personaggi
storici e non è un fallo tutto mio dovuto a uno scrupolo troppo alto”. In realtà è una scusa falsa, ma
Manzoni non è convinto e rimane questa incomprensione di fondo tra i due. Quando Goethe leggerà
I Promessi Sposi questo stupore nei confronti di un grandissimo poeta dinanzi questo esasperato
scrupolo storico espresso senza riserve lo lascerà senza parole e si chiederà perché.
Goethe: come mai non ha idea di quali diritti gli derivino dall’essere poeta? È presente nelle
conversazioni con Hecklemann. Ha troppo rispetto della storia. A cosa serve un poeta se riporta solo
la storia? Il poeta è autorizzato a manipolare la storia per i suoi fini etici.
“Credo si tratti di pagine insuperabili, qui si manifesta per intero il suo animo che non aveva avuto
occasione di mostrare nelle opere drammatiche” → il romanzo consente a Manzoni di rappresentare
nel modo più efficace il suo animo.
“La nudità dello storico” → il poeta è qualcuno che riveste questi fatti nudi, è qualcuno che non è a
servizio della nudità del fatto, perché la riveste di un significato. A Manzoni è d’impaccio lo scrupolo
per la storia. Goethe consiglia di eliminare tutte le parti storiche che non sono necessarie e
impediscono al romanzo la sua funzione ossia di illuminare sui significati. L’artista si fa mezzo perché
il mondo rappresentato raggiunga la perfezione, la razionalità.
La linea manzoniana è profondamente calvinista → Heidegger (svizzero del ‘600) scrive un libello di
denuncia contro il romanzo: il mondo vero voluto e costruito da Dio è quello in cui viviamo per
quale ragione qualcuno si arroga il diritto di inventare un mondo? È un’illusione di realtà ammantata
di realismo → si pone in concorrenza con Dio, vuole imitarlo. Questo vuol dire blasfemia, ubris.

LEZIONE 10

“Spie radici di un paradigma indiziario” → saggio che inizia parlando di una fiaba orientale, quella dei
3 fratelli che incontrano un uomo che ha perso un cammello e glielo descrivono come bianco, cieco
da un occhio, con 2 otri sulla schiena uno pieno di vino e uno pieno di olio: dunque lo hanno visto?
No. Vengono mandati a giudizio → attraverso indizi minimi dimostrano come hanno potuto
ricostruire l’aspetto di un animale che non avevano mai visto. I 3 fratelli sono depositari di un sapere
venatorio: capacità di risalire da dati sperimentali apparentemente trascurabili a una realtà complessa
che non si è mai sperimentata. Esperienza di decifrazione delle tracce, tipica dei cacciatori → è la
parte per il tutto, la metonimia, la conseguenza per la causa “vedo il fumo penso a un incendio”.
L’ipotesi è che i cacciatori siano stati i primi narratori proprio per questa loro capacità. Questo perché
sa decifrare le tracce degli animali, che sono metafore. È lo stesso processo che riguarda anche la
divinazione.
Goethe è un formidabile osservatore e proprio per questo non si accontenta alla superficie delle cose,
ma ne ricerca l’origine, cerca di ricostruirla pur senza averne esperienza. Anche nei suoi resoconti di
viaggio si nota. È un paradigma contrario a quello sistematico-deduttivo che si è radicato nel mondo
scientifico.
Carteggio tra Goethe e Schiller dal ’95-’97 (del 700) molto intenso.
“Ho riletto con vivissimo piacere la Poetica di Aristotele. È molto strano vedere com’egli attenendosi
alla sola esperienza diventi molto materiale ma cammina su un terreno solido” → p 72
Schiller contrappone due modi di fare poesia: 1) quelli che sono attaccati alla forma esteriore e quindi
praticano una mimesi che è un’immediata imitatio naturae, ciò la descrizione minuta di ciò che
vedono 2) quelli che si pongono al di sopra di ogni forma → entrambi sbagliano ed è interessante che
venga chiamato a testimoniare di questo errore il grande legislatore della poesia, ossia Aristotele.
Schiller e Goethe scoprono ciò che davvero Aristotele ha fatto: stabilire l’essenza della poesia, non le
regole che governano il poema o la tragedia. Il vero lascito aristotelico è aver capito in che cosa sta
l’essenza della poesia = mimesis. Nella Poetica Aristotele dichiara che la mimesi non è riproduzione,
ma manipolazione del reale = è una scelta che si applica a delle azioni umane, che vengono
estrapolate dal loro contesto reale e questo agire viene visto nella sua sequenza logica, unendo le
azioni da rapporti di causa effetto. Ne scaturisce una trama, una costruzione, un muthos
perfettamente coerente. Per questo Schiller può definire Aristotele come un giudice infernale per chi
è incatenato alla sola forma.
La rivista dei Propilei nasce proprio con l’intenzione di contrapporsi al proprio tempo, il tempo dei
poeti incatenato ai criteri esteriori. È l’epoca del romanzo
P 119 → la natura non va imitata esteriormente ma va imitata nella sua essenza. Goethe riconosce il
fatto che la natura abbia una sua perfezione, una sua logica interna che governa. Spinoza → c’è un dio
nella natura che si rivela solo in modo indiretto e si tratta proprio di costruire attraverso gli indizio la
verità.
Manzoni diventa un caso e lo diventa anche per Goethe, che però non apre il caso e lo lascia chiuso,
facendo presente al suo interlocutore qualche riserva sui Promessi Sposi. Questa mancanza di fiducia
nelle possibilità del poetico è la differenza tra Manzoni e Goethe.
Testo → Del romanzo storico e in genere dei componimenti misti di storia e invenzione. Manzoni
entra in media res. Due critiche diverse al romanzo storico che riguardano l’essenza stessa del
componimento. Quali sono le obiezioni che Manzoni muove al romanzo storico? Bisogna
distinguere tra il vero storico e la finzione del vero. Rispetto a coloro che hanno una preferenza
estetica c’è un altro difetto (quelli che vogliono davvero leggere un romanzo e non ottenere
informazione storica): vedono un eccesso di informazione storica che a loro interessa poco. Inoltre,
vorrebbe l’unità della vicenda, ma lo scrupolo storico tende ad annacquarla. Anche il desiderio di
partecipazione simpatetica viene deluso. Metafora a pag 202.
Non c’è equilibrio tra fedeltà alla storia e azione. Il distinguere la realtà dall’invenzione distrugge
l’omogeneità dell’impressione, ma non c’era già. Il romanzo storico è intimamente contradditorio.
Il romanzo storico è una costruzione poetica intimamente sbagliata =risultato cui perviene 1 anno
dopo la pubblicazione dei PS.
Manzoni vede un’intima contraddizione nel romanzo storico e questa sta nel fatto di voler
congiungere due elementi non congiungibili poesia e storia non possono essere congiunte. La poesia
agisce nella dimensione dell’invenzione e della finalità estetica; la storia nella dimensione del reale. Il
mondo reale non si presenta a noi nella sua assoluta inesplicabilità, ma si presenta a noi in una sorta
di rivelazione, è la dimensione della rivelazione della verità divina, bisogna avere la pazienza e la
volontà di vederlo.
Lettera a Mr Chauvet → il bisogno della verità = forte enfasi sul concetto di verità. È l’unica cosa che
possa farci attribuire importanza a ciò che impariamo. Aristotele dice che la poesia è più filosofica
della storia perché è più universale; siamo in qualche modo nella costellazione della verità. Quella
manzoniana però è una verità dal sapore religioso, che si presenta come una necessità assoluta.
Mentre in Aristotele siamo tra due alternative ugualmente lecite (poesia e storia), in Manzoni c’è una
necessità profonda di verità ed è quello che gli fa dire che è l’unica cosa che possa farci attribuire
importanza a tutto ciò che apprendiamo. Qui già Manzoni dice che la storia offre un terreno solido
per la rappresentazione della verità e il poeta deve servirsi della storia → siamo in una fase in cui
Manzoni non squalifica la poesia, ma ritiene che il fare poesia deve rendere a suo oggetto la storia
reale. “Hai in mano qualcosa di reale, perché buttarlo via?”. Perché creare cause ed effetti quando già
la storia ce li offre?
“Trovare in una serie di fatti l’elemento… cogliere i caratteri dare a questa azione e a questi caratteri
una sviluppo armonico integrare la storia […] ragionevolmente può essere definito creare” → risposta
alla domanda: che cos’è la creazione in poesia? Per Manzoni creare non significa inventare. La
creazione deve consistere nel trovare in una serie di fatti reali già accaduti l’elemento che li costituisce.
Il poeta integra la storia, può ricostruire la parte perduta, immaginare laddove si hanno solo
indicazioni, può anche inventare, ma non per sorprendere il lettore, ma per rappresentare i costumi
di una determinata epoca. Lo sguardo dev’essere comunque storico. Il poeta è a servizio di
un’intelligenza della storia. Differenza tra l’idea di storia di Aristotele e Manzoni → per Manzoni la
poesia è in funzione della storia, l’output è in funzione della verità storica. Per Goethe il tragitto può
partire dalla storia e dalla realtà, ma lo scopo finale è la costruzione di una realtà, una realtà ideale che
la storia non può dare, perché la storia è limitata, ma che nella poesia può essere trasceso. È un
assunto già aristotelico: intellegibilità del mondo è la condizione umana, lo storico ha solo il ruolo
della memoria dei fatti di cui si può ragionevolmente dire e l’ordine che presiede questi fatti è
l’ordine cronologico → lo storico è colui che mette in successione cronologica. Il poeta invece
sostituisce a questa mera successione dei fatti la successione logica dei fatti → ordine cronologico
soppiantato dall’ordine logico. Invece per Manzoni la storia ha già la sua coerenza, si tratta solo di
portarla alla luce.
Pag 121 → qualsiasi evento può essere rivelatore di un’epoca. Nella visione di Manzoni, non
diversamente da Goethe, la cosa da combattere e bandire sono arbitrio e casualità. Così come non
sono presenti nella storia perché tutto è regolato dalla necessità così sono bandite dalla poesia, che è il
trionfo della causalità. Manzoni è profondamente classicista nel suo romanticismo perché ha il gusto
della costruzione in senso geometrico dell’opera e la sua dizione poetica, la sua costruzione del verso
si ispira all’ideale della perfezione e della concinnitas. Ed è uno dei motivi degli elogi di Goethe.
LEZIONE 11

Poetica testo incipitario della riflessione teorica sulla letteratura, che pone la domanda “che cos’è la
letteratura” → legame tra filosofia e letteratura dichiarato e visibile. Dichiarato nel nono capitolo
dopo confronta l’attività del poeta e quella dello storico, dicendo che il poeta è più filosofico dello
storico. Questa maggiore filosoficità è dovuta al fatto che il poeta è una figura di mediazione tra la
dimensione finita del mondo che egli rappresenta e la sfera dell’idealità. Lo storico invece è
semplicemente legato alla contingenza, ricostruisce ciò che è accaduto senza preoccuparsi che ciò di
cui lui parla abbia una valenza ideale. Il poeta vuole rappresentare un accadimento, una vicenda che
abbia la caratteristica principale di essere paradigmatica, rappresentativa di qualche cosa che va oltre a
quella semplice vicenda. Questa capacità del poeta di dare rappresentazione di qualcosa che attiene
alla verità ideale che fa di lui un soggetto più filosofico dello storico. La poesia ha a che fare con la
dimensione della verità, ma questa verità viene rappresentata attraverso una storia paradigmatica, cioè
esplicativa e rappresentativa di questa verità. Il poeta costruisce un’azione. Il modo migliore di
rappresentare una verità ideale in poesia per Aristotele è rappresentare un’azione umana. Costruire
vuol dire far sì che ciascun evento sia legato da rapporti di causa e conseguenza. Questa
manipolazione è finalizzata a rendere più evidente il contenuto ideale che il poeta vuole esprimere.
La costruzione della trama, il muthos, è fondamentale. La trama è forma. La poesia per Aristotele è
forma e verità. Siamo in un ambito di definizione tanto universale che avrà grande fortuna anche nei
secoli successivi. La ricezione della Poetica ne ha privilegiato soprattutto gli aspetti fondativi del
poetico, Aristotele è stato visto come colui che si dà una spiegazione del poetico. Colui che risponde
alla domanda “che cos’è la poesia?”. Forma e verità sono due concetti uniti da una stretta
correlazione dalle origini della filosofia occidentale → il pensiero greco si fonda spesso su questa
contrapposizione, per esempio per Platone la forma è l’idea che poi si concretizza imperfettamente
nella contingenza del reale. La forma giustifica la realtà. Aristotele invece vede la forma nella realtà
stessa, si tratta di estrapolarla, non ci sono due dimensioni o mondi separati e diversi.
Schegel, animatore del romanticismo di Jena, declina la sua riflessione sulla forma chiamando
direttamente in causa la poesia. Per i romantici del circolo di Jena la poesia è forma, ma a differenza
della concezione greca di poesia, quella dei romantici non è pensabile senza la sua storia. È proprio la
storia della poesia a determinare la forma della poesia. Perciò diventa fondamentale individuare le
epoche delle poesia. Solo in questo modo si può delineare una morfologia del poetico che consenta
un’intelligenza della totalità cui la poesia aspira. La poesia vuole rappresentare la totalità. Si vuole
comprendere il nucleo di verità di un artefatto letterario e questi per i romantici vuol dire cogliere
l’intima risonanza con il suo tempo. È una ricerca che non è tesa a portare un tipo di erudizione
antiquario (filologia per esempio), ma questa ricerca del mondo greco e delle epoche passate della
poesia si ispira a un desiderio che è quello di leggere il futuro nel passato. Lo storico è un profeta
volto all’indietro; è qualcuno che guarda nel passato, ma con lo scopo di dirci cosa sarà nel futuro. Si
tratta dell’innere forma = forma interna → per esempio l’intenzione sistematica di un’opera. Le opere
hanno una forma interna che ha una sua perfetta coerenza, mentre la forma esterna è più caotica.
Questa visione duplice di una realtà culturale è il fondamento ermeneutico dei romantici. Questa
logica dell’indizio che mette in moto la visione di una forma interna e non visibile ad occhio nudo.
Solo una verità nascosta è tale, perché una verità esplicita non è tale. I romantici leggono i dialoghi di
Platone come un grande sistema cifrato, come se fosse una tramatura ermetica incomprensibile a una
prima lettura, comprensibile solo a uno scavo più profondo. Dialogo della poesia: l’arte si fonda sul
sapere e la scienza dell’arte è la sua storia. È un tratto fondamentale della poesia legarsi alle forme già
esistenti. Per noi moderni, per l’Europa la fonte di tutto è l’Ellade, per gli elleni e la loro poesia essa
fu in Omero: una sorgente inestinguibile di poesia dalla duttilità infinita, un fiume possente di forme
rappresentate dove le onde della vita si infrangono una sull’altra. → tutta metafora sulla forma liquida,
che si trasforma in continuazione, duttile. “I saggi cercano nell’acqua il principi della natura e allo
stesso modo la poesia più antica si presenta in forma liquida”. Questo è anche proprio l’orizzonte
metaforico dell’orizzonte primo romantico sulla poesia di Omero. Appare evidente come il concetto
di forma poetica con cui ha a che fare Schlegel, intimamente connesso con quello di origine e di
eterna trasformazione. Questa colata di poesia che cola e scende nelle diverse forme poetiche, che si
consolidano man mano dando vita ai generi letterari, ma mantenendo traccia dell’origine.
C’era una traduzione di Diogene Laerzio dei Dialoghi di Platone e li accorpa in tetralogie che poi lui
divide dando a ciascuno un significato: i dialoghi sull’etica, sulla metafisica, sulla lingua etc. I
romantici sono in disaccordo e vogliono ricostruire questo itinerario filosofico platonico attraverso un
ordine diverso. Un progetto che poi non vede la luce nei tempi previsti. Schlegel lanciò il sasso, ma
poi fu Scheilermann a ritradurli a compiere l’opera. Nella fase iniziale di questa sfida ermeneutica
Schlegel mutua da Platone due concetti fondamentali: 1) eros 2) origine, due concetti strettamente
legati che si trovano nel Simposio. Dialogo amato di più tra i romantici. Eros non è solo un legame
tra 2 persone, ma un legame che tiene legato il tutto. Poiein = fare del poeta e fusis “vuoi entrare
nell’intimo della fisica? Lasciati iniziare ai misteri della poesia” → affermazione schelgeliana che pare
quasi la risposta a metamorfosi della piante di Goethe. C’è un’affinità tra l’intimità della natura e
quella del poetico. “Tutte le forme sono affini e niuna somiglia all’altra così allude il coro a un sacro
enigma” → passo in Metamorfosi della piante di Goethe. Qual è l’elemento unitario? Il coro allude a
un enigma sacro → nucleo di verità che è nelle cose, nella natura e in ciascuno di noi, in interiore
homine. In ciascuno di noi c’è una scintilla divina.
Due concetti mutuati dai suoi scritti, due concetti polari: 1) forma solida 2) forma liquida
Schegel, frammento “un ideale è al contempo un tempo un’idea e un fatto, se l’ideale per il pensatore
non hanno altrettanta individualità che gli dei dell’antichità per l’artista allora occuparsi di idee non è
altro che un noioso gioco di dadi, una assorta di contemplazione del proprio naso alla maniera dei
bonzi cinesi. Nulla è più miserevole di questa speculazione sentimentale senza oggetto, che però non
si dovrebbe chiamare mistica, parola indispensabile per la filosofia assoluta” → un ideale è un
qualcosa che sta in un mondo che non è il nostro, platonicamente parlando, qualcosa che non si può
realizzare. Contro questa duplicità, questo dualismo tra idea e realtà si dice che no, un ideale è sì
un’idea, ma anche un fatto. Per Schlegel gli ideali devono avere la stessa individualità concreta che
hanno gli dei per l’artista greco. Se invece il pensatore non dà corporeità e figura alle sue idee come fa
l’artista nell’antichità, allora occuparsi delle idee è un lavoro vuoto. Se invece si muove soltanto
nell’astrazione e non dà concretezza al suo pensare, allora questo pensare serve a poco è nulla è più
biasimevole di questa contemplazione senza un oggetto. Dunque, non si può chiamare mistica, parola
nobilitante che indica un percorso, un modo di esplicare la verità che è quello dei poeti. Il filosofo
deve diventare poeta, deve dare immagini e figure concrete al suo percorso di avvicinamento alla
verità.
Immagine dell’antichità come mito di armonia e ammirazione dell’antico, ma anche desiderio di
mettere in discussione gli aspetti normativi del classicismo, in particolar modo la teoria dei generi
letterari. La soluzione non può che essere una rivoluzione poetica frammento 434 di Athaeneum
“La poesia deve assolutamente essere suddivisa? Oppure deve rimanere una e indivisibile o alternare
tra divisione e connessione? La maggior parte delle rappresentazioni del sistema della poesia è ancora
così rozza come quelle del cosmo astronomico prima di Copernico. Sono solo una morta intelaiatura
per un orizzonte limitato. Fino a quando il movimento di questi corpi celesti non sarà calcolato il vero
sistema cosmico della poesia non sarà scoperto” → un tempo esisteva una concezione dell’arte che
era all’interno di una concezione dell’universo, quella greca, ma col tempo il modello si è
sclerotizzato e le forme hanno perso quella duttilità antica e si sono irrigidite e si sono troppo
solidificate e ormai sono una morta intelaiatura. Ma la poesia deve mantenere la sua dunamis, non
può diventare stasis. Siamo nel sistema tolemaico della poesia, ma oggi è necessario un sistema
copernicano della poesia e queste divisioni non sono più possibili e si deve riscoprire la dunamis
originaria della poesia dove nulla sta fermo, tutto si trasforma e si rinnova → metafora con le comete,
fino a quando il corso di questi corpi celesti non sarà determinato e si potrà determinare il loro
ritorno allora il sistema cosmo della poesia non sarà scoperto. C’è una proiezione per il futuro. La
poetica romantica vuole trovare una nuova mitologia, trovare una nuova serie di narrazioni che siano
del nostro tempo. Qua c’è un’affinità con Manzoni, che rifiuta la mitologia per un motivo religioso,
ossia perché è falsa. L’argomento religioso non viene messo in gioco dai romantici, ma la diagnosi
dell’inadeguatezza del sistema mitico antico è la stessa.

LEZIONE 12

Athaeneum fu fondato dai fratelli Schlegel e da giovani che si unirono a loro. I romantici espongono
le loro idee non nella forma canonica del trattato, ma spesso con effetti letterari o usando l’espediente
antico del dialogo. Usano l’aforisma, il frammento, usano il programma. Il frammento 116
dell’Athaeneum è un vero e proprio programma. Il contenuto propone una poetica innovativa e
anche la forma è nuova → aforisma, frammento, mancanza di sistematicità. L’idea che i sistemi, cioè
la costruzione sistematica di un discorso che ha come obiettivo la verità, se diventa un discorso
costruito in questo modo paga un pegno alla propria sistematicità e alla propria coerenza interna,
paga un pegno alla verità → il sistema è perfetto e tiene, ma la verità è sempre al di là e non è
raggiunta. Secondo i romantici la forma più mimetica della verità è la forma del dialogo come pratica
collettiva, senso di coralità della ricerca (sunfilosofein), e l’aforisma, cioè la frase lapidaria o icastica
che si affida a una potente metafora e che ha un valore dirompente e che scuote e si impone con una
sorta di autoevidenza e non all’interno di un lungo ragionamento, in un discorso sistematico. La verità
non è un qualcosa che possa essere imbrigliato in un sistema; è qualcosa che si rivela o cui si arriva.
Platone diventa non solo un modello di discorso sulla verità attraverso il dialogo, ma diventa anche un
modello di costruzione sul discorso sulla verità, che, come nei dialoghi platonici, non è un discorso
sistematico, ma frantumato in molte direzioni. È l’interprete che trasforma questa veste frantumata in
una veste sistematica in un’unità sistematica del discorso. Questo è il punto chiave della proposta
schlegeliana.
Centrale nel discorso romantico è l’idea della forma, ma non solo la forma come genere letterario,
ma un concetto più profondo, la forma come idealità, come idea in senso platonico. La forma è
condizione di verità.
Analisi dell’Amleto di Shakespeare → mescolanza degli stili, l’alto e il basso, la progressione dei
sentimenti, la genesi dei sentimenti e anche la complessità della componente sentimentale dei vari
protagonisti, ma anche l’evoluzione dei sentimenti. Amleto è una figura lacerata, scissa, divisa tra
desideri contrastanti ed è questa duplicità, questo sdoppiamento che i romantici e in particolare
Schlegel individuano come un tratto moderno. Shakespeare è una specie di bomba innescata che sta
sempre per scoppiare e di questo potere destabilizzante sono perfettamente consapevoli i teorici della
poetica classicistica, che vedono in lui una sorta di minaccia. I romantici vedono in Shakespeare
l’antesignano di una svolta epocale, colui che due secoli prima intuisce la direzione della modernità. È
la direzione verso la disarmonia: la negazione dell’armonia è il tratto distintivo dell’età moderna. La
società diventa più complessa, meno governabile e difficile da capire anche perché caratterizzata da
una continua mobilità sociale. La disarmonia è la negazione della bellezza, la modernità è brutta. Di
questo dna del moderno è come se Shakespeare avesse avuto un’intuizione anticipata di due secoli. È
il primo grande poeta moderno.
“sullo studio della poesia greca” di Schlegel → “Se si osservano con pari attenzione la mancanza di
finalità e di leggi dell’insieme della poesia moderna e l’eccellenza della sue singole parti la sua massa
appare come un mare di forze in lotta in cui le particelle della bellezza dissolta si agitano
confusamente in una torbida commistione. Si potrebbe definire come un caos di tutto il sublime, il
bello, il grazioso” → la poesia moderna è paradossalmente caratterizzata da una sorta di ritorno al
caos originario. È il punto più avanzato e allo stesso tempo quello originario. Una specie di visione
circolare in cui il punto avanzato diventa quello più arretrato. “Sarà possibile scoprire un filo
conduttore che sciolga questo incomprensibile disordine e indichi la via per uscire dal labirinto? Ci
deve pur essere modo per spiegare l’origine la connessione di tanto e tanto strane qualità della poesia
moderna. Se potessimo fare luce sul principio della sua cultura non sarebbe poi difficile
comprendere quale sia nella sua compiutezza il compito di quella cultura. L’anarchia estetica della
nostra epoca non può sperare in una simile felice catastrofe? (=una rivoluzione). Una volta che
avremo colto con maggior precisione il carattere della poesia moderna ci troveremo di fronte alle
seguenti domande: qual è il suo compito? È possibile realizzarlo? Quali sono i mezzi?”
Mancanza di finalità; legge dell’insieme; disordine; labirinto; caos; principio della cultura; anarchia
estetica, felice catastrofe. → parole chiave.
“Chi giudica l’arte di Shakespeare come arte bella giunge in contraddizione. Non c’è nulla di
ripugnante amaro infame disgustoso insulso o atroce cui la rappresentazione si sottragga se il suo
scopo lo ritiene.” → Shakespeare rappresenta tutto
“Shakespeare scarnifica i suoi oggetti e scava col ferro del chirurgo nella disgustosa putrescenza di
cadaveri morali. Egli nella maniera più dolce guida l’uomo nella conoscenza del suo destino. Egli
offre della verità una visione solo parziale, seppur la più ricca e la più comprensiva.”
Shakespeare non si fa scudo di una forma espositiva, di una retorica dell’esposizione che non
permette la rappresentazione di certe realtà crude, l’utilizzo di certi vocaboli che urtano una sensibilità
affinata ed educata a un gusto classico. Shakespeare è dirompente perché rappresenta in tutta la sua
brutalità la natura umana.
Amleto raffigura il grande dilemma della modernità: lo iato tra volere e potere. La disarmonia tra
capacità intellettiva e capacità d’agire. Il mondo moderno è un mondo di contraddizione. La capacità
diagnostica di Schlegel del proprio tempo è eccezionale, la cura che lui adotta è il misticismo estetico
e poetico, che fa parte di una strategia di reincantamento del mondo.
Proposta di lettura critica del Wilhelm Meister di Goethe da parte di Schlegel. Schlegel scrive una
recensione “una caratteristica del Wilhelm Meister.” Che compare sulla rivista Athaeneum. Getta i
semi di un’idea letteraria che avrà un lungo sviluppo successivo. La parola caratteristica ha un
significato molto preciso: misurarsi con qualcosa di specifico e trovare una fisionomia individuale.
Ogni opera d’arte, ogni opera letteraria ha una sua fisionomia individuale. Da un lato può certo
appartenere a un genere letterario. Ma dall’altro ha un suo carattere specifico, reca in sé dei tratti
inconfondibili che il poeta gli ha dato. Questa individualità dell’opera sta in tensione dialettica con il
genere. È un po’ il tipo di rapporto che esiste tra il concetto e la sua realizzazione (concetto di tavolo
e questo tavolo qui). Per Schlegel esiste un’idea di arte con cui sono in tensione dialettica le singole
opere d’arte e tutte partecipano a questa unità dell’idea. Il W. Esce in diversi libri, 6 libri, e questi
libri uscivano separatamente come si usava all’ora. Dall’autore del Werther non ci si aspettava un
romanzo così enigmatico, senza un crescendo drammatico e senza un chiaro fine, non c’è una
teleologia conoscibile e questa assenza di un fine sconcerta i lettori contemporanei. Non ci sono
recensioni, nessuno se la sente di scrivere di questo romanzo. Persino Schiller, che ha seguito questo
romanzo, perché Goethe gli mandava delle parti di lettura, è abbastanza attonito e lo fa capire a
Goethe. La recensione di Schlegel è di tre anni dopo, sul terzo fascicolo di Athaeneum del primo
anno (98) → serie di metafore musicali
“armonia di dissonanze” → ossimoro. Al di là delle dissonanze c’è un legame profondo che unisce e
che ne determina l’armonia. Questa è l’idea di fondo. Questa è la caratteristica della modernità per
Schlegel.
Va bene provare piacere leggendo un libro, ma allo stesso tempo si deve avere una visione generale e
coglierne il senso di insieme. Dominarla razionalmente.
È bello lasciarsi andare all’opera, ma è necessario saper anche astrarre da singoli aspetti, avere una
visione unitaria e collegare anche le parti più lontane. L’interprete non deve negare il piacere, ma
deve anche elevarsi al di sopra dell’opera. Dobbiamo elevarci al di sopra del nostro stesso amore. È
un bene che ci abbandoniamo al piacere della sensibilità, ma poi dopo aver odorato il profumo del
fiore, è bello elevarsi con il ragionamento al di sopra di questa percezione e contemplare ogni
nervatura di ogni foglia. Bisogna osservare e studiare. Per l’uomo, che è sentimento e intelligenza,
non basta percepire lo strato interno, vorrebbe andare sempre più a fondo, se possibile fino al centro.
Desideriamo scoprire cosa l’artista voleva perseguire in silenzio, cosa voleva celarci o comunque non
rivelarci subito. Noi desideriamo sottrarci all’incanto del poeta, alla seduzione dei sensi, ma dopo
esserci lasciati sedurre. E desideriamo spiare cosa voleva celarci. L’artista è un po’ come il Demiurgo
platonico, o il dio ebraico che non si rivela all’uomo perché l’uomo è troppo debole per vedere la
verità. È proprio qui che sta l’abilità dell’artista, nel tenere celato qualcosa.
La verità del testo è inattingibile, da qui la molteplicità delle interpretazioni.
Frammento 116 dell’Athaeneum dice sostanzialmente cos’è la poesia romantica, qual è l’idea di
poesia dei romantici, che si concretizza in un genere unico: ci dev’essere un solo genere che si
compone di tutti gli altri generi. Questo genere è il romanzo romantico.
“La poesia romantica è una poesia universale e progressiva il suo scopo non è solo quello di unificare
tutti i generi della poesia e di porre in contatto poesia con filosofia, essa deve anche ora mescolare ora
fondere poesia e genialità e critica, poesia d’arte e poesia della natura rendere la poesia vivente e
sociale e la vita e la società poetiche poetizzare l’arguzia e riempire e saturare le forme d’arte con la
più pura materia culturale di ogni specie. Essa comprende tutto ciò che è solamente poetico dal più
grande sistema d’arte che comprende altre sistemi, al sospiro, al bacio che il fanciullo poetante esala.
Solo essa può divenire come l’epos uno specchio del mondo circostante.
Ars poetica: passaggio in cui Orazio raccomanda miscere utile dulci; idea di equilibrio perfetto;
confronto con Aristotele. Orazio paragone attività poetica-pittore.

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