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L'invenzione del romanzo il caso Aphra Behn

Lingua e letteratura inglese (Università degli Studi di Napoli Federico II)

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Scaricato da Simone Del Mauro (simonedelmauro@libero.it)
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L'invenzione del romanzo.


Il caso Aphra Behn

Per Eliot il romanzo è finito con Flaubert e Joyce, perché è entrato in crisi il tempo che lo aveva prodotto.
Per lui il romanzo è espressione del profondo di un'epoca e del suo rapporto con gli ingranaggi mutevoli
della Storia. Per lui come per Virginia Woolf, il romanzo doveva cedere il passo a forme nuove, diventando
officina di sperimentazione e desacralizzazione del genere della prosa. Il secolo appena trascorso riassume
bene le tante metamorfosi di un genere longevo che si reinventa continuamente, adattandosi alle
metamorfosi dell’esperienza umana.
Il seicento è l’epoca che vede la disgregazione dei rapporti sociali, la fine dei legami che avevano prodotto il
romance, la favola eroica che affidava al mito la concezione aristocratica dei sentimenti e delle emozioni; il
genere romanzesco che sale impetuosamente alla ribalta risponde alle esigenze di gruppi sociali, eredi di
quegli uomini nuovi messi in scena da Shakespeare; l'epoca in cui i viaggi diventano avventurosa
trasportazione delle scienze, o peregrinazione eroica; il secolo delle sensate esperienze galileiane, in cui
scienza e natura si dividono, altra cosa essendo la fede, soggetta all’autorità.
Sarà proprio il dibattito teorico a mettere in pista i generi comunicativi della lettera, della comunicazione
scientifica, del resoconto di viaggio, e poi del romanzo.
Un tempo moderno che produce uomini nuovi, espressione di una rivoluzione che si affianca a quella
copernicana e getta sul palcoscenico della storia l'individuo come soggetto separato e autonomo che si
sostituisce a quello diretto dalla tradizione. È un mutamento radicale da cui nasce una nuova visione che
con il termine individualismo tenterà di riassumere l'irrisolto rapporto del singolo con un organismo sociale.
Ha inizio nel XVII secolo la cultura del sé, già anticipata dalla civiltà rinascimentale. Montaigne: “tutti
guardano davanti a sé, Io guardo dentro di me, ho a che fare soltanto con me stesso”. Cartesio: “ognuno di
noi è una persona separata dagli altri”.
La speculazione filosofica, insieme con la nuova visione escatologica nata dalla riforma, contribuisce così
alla nascita dell'uomo moderno che si definisce in primis nel “segreto di sé” poi nella dimensione sociale. Al
processo di emancipazione dell'io, aggiungerà un tassello anche il fervore politico nella prima metà del
Seicento che si muove anch’esso in sintonia con l’idea dell’autosufficienza del soggetto. Con il movimento
dei Livellatori, per la prima volta nella storia inglese, acquista diritto di cittadinanza una sorta di
individualismo sociale che stabilisce il diritto naturale dell'uomo ad essere padrone assoluto di se stesso. Il
sovrano non è più il garante deve essere individuale, inizia così il processo di laicizzazione della vita.
La nascita e l'esistenza del romanzo Borghese dipendono proprio dal sorgere di una società caratterizzata
dal Vasto complesso di fattori indipendenti e legati tra loro al tempo stesso che passa sotto il nome di
individualismo. Il Seicento è il primo secolo ad esibire la consapevolezza del continuo mutare del mondo e
degli individui che Shakespeare aveva saputo mettere in scena, creando una psicologia della mutabilità per i
suoi protagonisti quando i contemporanei erano ancora lontani dal coglierla.
Come conseguenza della trasformazione radicale dell’immagine del mondo teistica ereditata dal medioevo,
l’uomo entra così, con la complessità delle sue problematiche esistenziali, nelle declinazioni culturali del
dibattito teorico da cui emergerà come un personaggio moderno, alle prese con l’idea nuova della
soggettività della morale. La morale non è assoluta ma relativa perché è relativa ad una persona e alle sue
emozioni. La morale cambia in relazione al soggetto che la vive.
Il perseguimento della verità diventa così di natura esclusivamente individuale, indipendente dalla
tradizione e anzi più facilmente raggiungibile prescindendo da essa. La modernità che nasce dalla
epistemologia del secolo riconosce il tempo come la forza che plasma l’individuo, la sua esperienza unica e
quindi sempre nuova. Nella prosa del tempo fa così il suo ingresso la problematica della soggettività, legata
all'incessante mutare di tutte le cose, e parte dal nome, segno primario dell'identità di ciascuno. Proprio
all'epistemologia individualistica del pensiero dell'epoca e all'individualismo della struttura sociale
moderna, si lega in un vincolo inscindibile il romanzo moderno.

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Il seicento delle donne

Religione e politica durante la guerra civile: come nasce il pensiero di genere


Secolo della peste e dell’incendio di londra, della guerra civile e di accademie scientifiche come la Royal
society, di sette religiose, del microscopio e del cannocchiale, nelle prime gazzette: la stagione del 600 è la
prima ad esibire la consapevolezza del continuo mutare del mondo e delle cose. il Barocco È espressione di
una cultura e di una società che si confrontano con un mutamento radicale. Nell’Inghilterra dell’epoca
anche la figura femminile, ancorata da una storia millenaria alla famiglia, allo spazio domestico, si stacca dal
quadro che l’ha finora rappresentata. Il pensiero di genere si è più volte soffermato sui momenti di svolta di
un paese, in questo caso i momenti di svolta sono: l'emergenza delle sette indipendentiste nate dalla
riforma e la guerra civile.
Il periodo Proietta le donne fuori dalla propria sfera, sul palcoscenico insanguinato della storia del loro
paese, obbligate a sostituire mariti e padri. lo scontro scompagina interi nuclei familiari, dando un
protagonismo inedito alla componente femminile: la linea Invisibile e invalicabile che chiudeva le donne nel
cerchio del privato e di colpo azzerata. Le donne si trovano a dover gestire case e beni. La lunga marcia
verso l'ingresso della vita politica ha inizio proprio in questo periodo quando molte donne si troveranno a
inventare se stesse al di fuori dei tracciati tradizionali.
Il rapporto tra genere e cittadinanza si coniuga durante la guerra, che oppone al sovrano i puritani di
Cromwell, quando una folla di donne invade uno dei luoghi simbolici cui non hanno diritto di accesso. È il 4
febbraio del 1642 quando davanti al Palazzo dei Comuni si svolge una scena insolita: un centinaio di donne
insiste per presentare una petizione ad una parte del potere politico. Per la prima volta nella storia inglese
un gruppo numeroso di donne si presenta come una personalità politica, collettiva. il loro documento
colpisce un'opinione pubblica ostile e del tutto impreparata. Le donne torneranno più volte davanti ai
palazzi del potere, organizzando vere e proprie manifestazioni di protesta e creando sconcerto e
scompiglio. Le petizioni Ste chiedono la pace, mettendo in discussione una concezione del potere politico
che le esclude, anticipando i momenti caldi della lotta per il voto due secoli più tardi. Per tutte loro che
appartengono in gran parte al mondo delle sette religiose come i quaccheri, i battisti, la Bibbia diventa
strumento di emancipazione e occasione di crescita individuale e collettiva.
Dove l'individuo è pensato nel suo rapporto con il divino senza la mediazione del sacerdote, viene
riconosciuta una sostanziale parità spirituale ai componenti della congregazione, tale da autorizzare le
donne a prendere la parola in chiesa. Saranno in particolare i quaccheri a interpretare la Scrittura nella
visione di una completa eguaglianza.
Nelle petizioni emerge la Chiara consapevolezza i diritti politici negati, la certezza di rappresentare la parte
più oppressa della società. La somma di divieti che caratterizzava un’esistenza al femminile spiega la grande
partecipazione delle donne alla vita delle sette, dove erano spesso in maggioranza e dove veniva accordato
quanto invece all’esterno era reputato inammissibile e contrario alla legge divina. La componente
femminile nella stessa Bibbia trova esempi di donne protagoniste, come Ester e Giuditta.

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