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Per Eliot il romanzo è finito con Flaubert e Joyce, perché è entrato in crisi il tempo che lo aveva prodotto.
Per lui il romanzo è espressione del profondo di un'epoca e del suo rapporto con gli ingranaggi mutevoli
della Storia. Per lui come per Virginia Woolf, il romanzo doveva cedere il passo a forme nuove, diventando
officina di sperimentazione e desacralizzazione del genere della prosa. Il secolo appena trascorso riassume
bene le tante metamorfosi di un genere longevo che si reinventa continuamente, adattandosi alle
metamorfosi dell’esperienza umana.
Il seicento è l’epoca che vede la disgregazione dei rapporti sociali, la fine dei legami che avevano prodotto il
romance, la favola eroica che affidava al mito la concezione aristocratica dei sentimenti e delle emozioni; il
genere romanzesco che sale impetuosamente alla ribalta risponde alle esigenze di gruppi sociali, eredi di
quegli uomini nuovi messi in scena da Shakespeare; l'epoca in cui i viaggi diventano avventurosa
trasportazione delle scienze, o peregrinazione eroica; il secolo delle sensate esperienze galileiane, in cui
scienza e natura si dividono, altra cosa essendo la fede, soggetta all’autorità.
Sarà proprio il dibattito teorico a mettere in pista i generi comunicativi della lettera, della comunicazione
scientifica, del resoconto di viaggio, e poi del romanzo.
Un tempo moderno che produce uomini nuovi, espressione di una rivoluzione che si affianca a quella
copernicana e getta sul palcoscenico della storia l'individuo come soggetto separato e autonomo che si
sostituisce a quello diretto dalla tradizione. È un mutamento radicale da cui nasce una nuova visione che
con il termine individualismo tenterà di riassumere l'irrisolto rapporto del singolo con un organismo sociale.
Ha inizio nel XVII secolo la cultura del sé, già anticipata dalla civiltà rinascimentale. Montaigne: “tutti
guardano davanti a sé, Io guardo dentro di me, ho a che fare soltanto con me stesso”. Cartesio: “ognuno di
noi è una persona separata dagli altri”.
La speculazione filosofica, insieme con la nuova visione escatologica nata dalla riforma, contribuisce così
alla nascita dell'uomo moderno che si definisce in primis nel “segreto di sé” poi nella dimensione sociale. Al
processo di emancipazione dell'io, aggiungerà un tassello anche il fervore politico nella prima metà del
Seicento che si muove anch’esso in sintonia con l’idea dell’autosufficienza del soggetto. Con il movimento
dei Livellatori, per la prima volta nella storia inglese, acquista diritto di cittadinanza una sorta di
individualismo sociale che stabilisce il diritto naturale dell'uomo ad essere padrone assoluto di se stesso. Il
sovrano non è più il garante deve essere individuale, inizia così il processo di laicizzazione della vita.
La nascita e l'esistenza del romanzo Borghese dipendono proprio dal sorgere di una società caratterizzata
dal Vasto complesso di fattori indipendenti e legati tra loro al tempo stesso che passa sotto il nome di
individualismo. Il Seicento è il primo secolo ad esibire la consapevolezza del continuo mutare del mondo e
degli individui che Shakespeare aveva saputo mettere in scena, creando una psicologia della mutabilità per i
suoi protagonisti quando i contemporanei erano ancora lontani dal coglierla.
Come conseguenza della trasformazione radicale dell’immagine del mondo teistica ereditata dal medioevo,
l’uomo entra così, con la complessità delle sue problematiche esistenziali, nelle declinazioni culturali del
dibattito teorico da cui emergerà come un personaggio moderno, alle prese con l’idea nuova della
soggettività della morale. La morale non è assoluta ma relativa perché è relativa ad una persona e alle sue
emozioni. La morale cambia in relazione al soggetto che la vive.
Il perseguimento della verità diventa così di natura esclusivamente individuale, indipendente dalla
tradizione e anzi più facilmente raggiungibile prescindendo da essa. La modernità che nasce dalla
epistemologia del secolo riconosce il tempo come la forza che plasma l’individuo, la sua esperienza unica e
quindi sempre nuova. Nella prosa del tempo fa così il suo ingresso la problematica della soggettività, legata
all'incessante mutare di tutte le cose, e parte dal nome, segno primario dell'identità di ciascuno. Proprio
all'epistemologia individualistica del pensiero dell'epoca e all'individualismo della struttura sociale
moderna, si lega in un vincolo inscindibile il romanzo moderno.