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Commento 1° canto Paradiso Divina Commedia

Il primo canto del paradiso dell’opera di Dante ha funzione di introduzione e proemio


a tutta la cantica, è importante perché con la protasi introduce il lettore a quanto
trattato in questa sezione di opera. Differentemente dall’inferno e dal purgatorio
Dante non si rivolgerà più alle Muse nei primi versi, ma bensì ad Apollo, così che
possa sostenerlo nella sua ultima fase del viaggio e che lo aiuti a fargli comprendere
quello che incontrerà. Il canto inizia il 13 aprile del 1300 nel paradiso terrestre. Dopo
l’invocazione del dio greco, che lo seguirà per tutta la cantica, il poeta fornisce delle
indicazione temporali descrivendo il sorgere del sole con una variegata serie di
riferimenti astronomici che vanno ad illudere alle 3 croci, le quali rappresentano le
virtù cardinali e teologiche. Successivamente il poeta fa ritornare il lettore a dove si
era fermato, più precisamente nel paradiso terrestre, situato alla cima del purgatorio.
Qui Dante troverà Beatrice ad ammirare il sole, egli ammira i suoi occhi e così
facendo inizia la sua trasumanazione spirituale. Questo fenomeno inspiegabile Dante
lo spiega attraverso una similitudine nei versi successivi: attribuisce questo fenomeno
a quello di Glauco, personaggio della mitologia greca che dopo aver mangiato delle
alghe si trasformò in una creatura marina inespiegabilmente. Proseguendo nei versi la
sensazione della trasumanazione disorienta il poeta, tanto da domandare a Beatrice
quale fosse il motivo di questa confusione, lei risponde che è dovuto al fatto che sta
entrando nel luogo per eccellenza in cui le leggi terresti non valgono e sono obsolete.
Quindi Dante si interroga sulla motivazione dell’ascesa al Paradiso, Beatrice lo fa
riflettere affermando che nell’universo tutte le cose sono ordinate verso la visio o
visione di Dio, quindi il poeta al posto di filosofare sul perché debba elevarsi a Dio, si
chiede il perché non debba avvicinarsi a lui. Durante la fine del canto il poeta ritorna
a guardare il sole e il cielo. È presente in questo canto una tematica molto importante
per gli studiosi, ovvero il topos dell’ineffabilità umana accennato nelle cantiche
precedenti. Dante in questo canto è impossibilitato nel mettere su carta ciò che ha
visto e provato, proprio per questo si aiuta di vari examotage, come la mitologia, le
tre croci e l’invocazione ad Apollo. In questo scopo sono molto importanti anche le
figure retoriche che il poeta usa, come anologie e similitudini. Il tema finale di questo
canto è sicuramente spiegare per filo e per segno l’ascesa degli uomini in paradiso.
Dante afferma che ogni persona, compresa egli stesso, riesce naturalmente ad elevarsi
in paradiso grazie alle leggi fisiche e metafisiche, ovvero la gravitaziojne spirituale,
affermando che il divino stabilisce in ogni realtà un fine raggiungibile dall’uomo.

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