Sei sulla pagina 1di 27

LETTERATURA INGLESE II

L’età vittoriana
Nel 1837, Quando la Regina Vittoria sale al trono, si viene dall’attribuire importanza alla
ragione (si viene dal ‘700). Quello che succede nell’’800 viene da ciò che accade nel secolo
precedente. Vittoria è stata importante dal punto di vista economico, sociale ed
espansionistico. Un regno ricco, sta a significare predominio. C’è una grande riflessione
interna: all’interno della nazione si creano gruppi di intellettuali che riflettono su pregi e
difetti del regno. Il romanzo è anche importante perché serve a rendere visibile quello
che accadeva nel contesto del regno. La religione nel ‘700 inizia ad essere un problema:
la ragione doveva essere l’unico mezzo di decodifica della realtà. La religione invece non
ammette razionalità, Pascal diceva che ‘chi ha fede non cerca una risposta all’esistenza di
Dio’. La religione non lascia alternative al pensiero che le cose non dipendano da Dio.
L’ ‘800, dopo la salita al trono di Vittoria, comincia a essere una temperiae culturale che
fa dello scontro ragione-religione, qualcosa di molto importante. Nel 1859 viene
pubblicata un’opera spartiacque del modo di pensare: ‘L’origine della specie’ di Charles
Darwin. E’ un lavoro di origine scientifico- antropologica (si pensi ai viaggi). Nel 1831/32/33,
Liel scriverà ‘I principi di geologia’ e cercherà di capire come è nato il nostro sistema. Alla
fine del ‘700, nel Romanticismo, c’è un condensarsi di studi di varia natura che vogliono
spiegare le origini della terra, dell’uomo e del mondo. Chembers scriverà poi ‘Le vestigia
della storia naturale’, opera che sarà definita eretica. Tutto ciò che è creato non è frutto
di un’evoluzione biblica, ma di una evoluzione biologica.
Nel ‘600, la politica e la religione erano poste sullo stesso piano. Nell’ 800, gli autori
dovevano cercare di scrivere in modo equilibrato. Il senso di libertà è qualcosa di
trattenuto. I letterati escogitano un linguaggio che dice e non dice (poesia). La poesia
diventa uno strumento maggiormente fruibile, mentre il romanzo ha una fisionomia
diversa: ha la possibilità di toccare più gente possibile e di raccontare una storia
verosimile, in cui il lettore si riconosca, senza limitare la possibilità immaginativa. Il
romanzo dell’epoca aveva l’esigenza di raccontare la società, che diventa oggetto del
romanzo: la questione del lavoro, la questione femminile, quella dei bambini. La società
diventa la materia prima della costruzione del romanzo dell’800.
Tennyson e Frud danno l’espressione massima con l’affronto dei temi della colpa, del
peccato e dell’errore. Da una parte abbiamo la ragione, dall’altra invece abbiamo
l’aspetto religioso. Alcuni autori valutano anche l’aspetto religioso senza che si metta in
evidenza l’aspetto devozionale (Cristina Rossetti – poetessa religiosa), bensì dal punto di
vista della colpa – l’errore che diventa un crimine. Cristina Rossetti è una poetessa
devozionale, utilizzerà la poesia anche per criticare la società del suo tempo.
Uno dei problemi che viene trattato è quello delle follen women (prostitute) che
dovevano essere riammesse in società. Una delle parole chiavi dell’epoca è respectability.
Cristina Rossetti fa un’operazione di recupero di queste donne in un penitenziario di
Londra, dove le donne vivevano poiché dovevano essere rieducate alla moralità. La fallen
women è una donna bietta, che si è abbandonata alla lussuria, che diventa uno dei
problemi sociali alla massima potenza.
Se il periodo vittoriano tenta di moralizzare la società, dall’altro lato c’è anche la
deviazione alla moralità (riviste e giornali dove venivano menzionate le prostitute –
facendone nomi e cognomi). In questa società le persone non sono totalmente limpide,
la figura femminile diventa il bersaglio di una società che ha tanti problemi: è considerata
come figura debole (per l’istruzione e per l’emancipazione economica).
Mary Woolstonecraft in ‘vindication of the rights of women’ vuole sottolineare e
rivendicare i diritti delle donne. Sottolinea l’importanza dell’individuo. Difesa
dell’individuo. Le donne sono difese perché rappresentano la differenza. Il problema
della diversità, secondo lei, riguardava sia uomini che donne. Quando si parla di diritto, si
deve pensare al 360°. La scrittrice criticherà uno degli autori più importanti del ‘700,
Rousseau (che ne ‘l’Emile’ stabilisce una differenza netta tra uomo e donna, le donne
sono biologicamente inferiori).
Nel periodo vittoriano, la questione femminile continua a esistere, continua a essere uno
dei nodi centrali. Cristina Rossetti è legata anche alla lussuria. La figura femminile del ‘700
e dell’ ‘800 è una figura subordinata, legata al concetto di donna oggetto e alla libertà
sessuale, che è anch’essa legata alla procreazione, che è legata alla religione. Il corpo
femminile è uno strumento per fare figli. L’autodeterminazione del ‘900 sarà un passo
importantissimo.
Il periodo vittoriano è pieno di contraddizioni, ricco di fermenti. Altra questione
importante è quella dell’alfabetizzazione. I livelli di scrittura e diffusione del messaggio
sono diversi. Fino all’ ‘ 800 non si ha un’alfabetizzazione completa. I romanzi
diventeranno esemplificativi di una realtà negativa. Le donne della middle class, potranno
sapere quali sono le reali condizioni della società non fatta di privilegi. Mary
Woolstonecraft in ‘vindication’ dice che la poesia è un modo gentile di svegliare la
coscienza delle donne, ma se le donne non sono in grado di leggere e scrivere,
l’emancipazione sarà impossibile. La donna doveva avere un ruolo nella macro society
(società pubblica) e non nella società privata – della famiglia (micro society).
La women question che viene ripresa nell’800, ha molta importanza perché gli autori di
quest’epoca sentono il dovere di continuare la rivoluzione. La condizione della figura
femminile è legata, secondo Elisabeth Barret Browning, alla mancanza di poter essere
impiegata, allo sfruttamento. In ‘The cry of the children’ (poesia), metterà in evidenza lo
sfruttamento del lavoro femminile e dei bambini nelle miniere.
Anche Dickens rappresenta questa situazione e parla di bambini, in molte opere c’è un
messaggio che riguarda il riscatto, di speranza. Ci deve essere la volontà di recuperare e
sperare in un ruolo di educazione. Questo rappresenta una chiave di lettura dell’epoca
eccezionale. Dickens vuole dare addosso alla società elevata, ma aiutare la società più
sfortunata, quella dei bassifondi londinesi, a riscattarsi.
Saggio ‘Romaticism’ – Aidan Day
Alcuni temi del romanticismo vengono ripresi e riconsiderati: uno di questi è il tema di
sensibility (shift della sensibility), si passa in questo periodo dalla ragione, per portare
all’ennesima potenza l’aspetto più immateriale e emotivo dell’individuo. Importante è la
continuità la simultaneità. La simultaneità, come ci insegna Eliot, significa che si può
essere vittoriani anche senza essere vissuti in quel periodo storico. Questo può essere
prodotto dall’abbandono dello strumento della ragione per privilegiare la percezione
della realtà dell’individuo. Dall’ 1770, l’essere umano viene considerato in manera diversa:
come essere multiforme (ragione e sentimento non possono essere etichettati o
staccati).
Ogni epoca è il prodotto della continuità. Questo processo diventa fondamentale: al di là
del dato storico, la produzione letteraria va considerata come malleabile, viva, non
etichettabile, ma proviene da lontano. Questo si riaggancia al concetto di Tenninson di
tradizione: la tradizione permette la connessione di passato e presente. Tradizione vuol
dal latino ‘Tradere’ (portare avanti).
La letteratura ha i suoi mezzi per comunicare la varietà di contenuti possibili: poeti,
romanzieri ecc. La lirica è stata la forma più adoperata, perché permette una maggiore
espressione della interiorità. Una differenza tra prosa e poesia è la presenza di:
- Sistema dei personaggi
- Concatenazione degli eventi (stabilisce la causa-effetto)
- Setting (esterno/interno)

Parlando di poesia, uno dei dati fondamentali nella trasmissione del messaggio è
la metafora, lo shift nella sensibilità è molto importante in questa fase, poiché
come già detto, il poeta vuole che chi legge possa interpretarle secondo la propria
sensibilità (si ha lo stesso approccio anche con la pittura). Nella fase di lettura della
poesia, il lettore si dimentica dell’autore e instaura un legame direttamente con
l’opera (questo è lo shift nella sensibilità).

Nel romanzo invece, essendo questo molto più diretto, da meno spazio alla
fantasia.
Senza l’illuminismo, molte cose non sarebbero avvenute perché gli illuministi volevano
decodificare, aiutati dagli studi classici. L’illuminista esasperava la ragione. Volendo
valutare tutto attraverso la ragione, si dimentica il sentimento, la spiritualità, si
dimenticano altri modi di cogliere la realtà.
Si comincia a parlare in maniera scientifica dell’‘io’ ai tempi di Freud, però Drabble, ne
parla già da prima. In questo periodo si parla del valore dell’esperienza individuale: non è
importante solo ciò che accade all’esterno, ma anche ciò che accade dentro di me. Se non
c’è soggettività le cose non possono avere valore. L’esperienza individuale è la
connessione del soggetto con il mondo esterno. Dobbiamo vedere il tipo di linguaggio, e
come questo viene utilizzato. Anche i materiali derivati dalla quotidianità sono importanti
e possono essere elevati dal punto di vista poetico. La poesia deve mantenere il suo
carattere aulico, senza diventare ermetica. Per Wadsworth la poesia deve essere
comunicazione: non deve escludere il suo pubblico.
La poetic diction dell’illuminismo osserva la realtà solo osservandola dal punto di vista
della ragione. Mentre la sensibility che caratterizza il periodo romantico, era totalmente
differente. Non doveva necessariamente essere piena di significato (filosofico – John
Done). La poesia era indirizzata verso coloro che potevano coglierne il significato
profondo. Allontanare l’idea di decoro nel linguaggio è stata la missione dei poeti di
quest’epoca, lo scopo era di avvicinarsi al lettore. Il linguaggio può essere semplice,
riconoscibile, ma allo stesso tempo elevato.
Il rapporto che la letteratura e la poesia devono avere con il pubblico, si deve rifare anche
all’epoca dei lumi, e che abbiano a che fare con la vita comune, non deve necessariamente
essere distante dalla vita di tutti i giorni. La selezione linguistica per creare una poesia
adatta a quel momento, consiste in una scelta linguistica che avvicini il lettore a quella
sensibilità.
Agli inizi dell’800 ritorna anche il concetto di soprannaturale (c’era già nel 700 –
Seakespheare – Macbeth). Prima il sovrannaturale faceva parte di un panorama culturale
reale (es. streghe). La religione doveva imporre sé stessa. Nel periodo dei lumi si cercò di
spiegare questi fenomeni razionalmente – anche se questo non è possibile. Dal punto di
vista religioso questo ha avuto un grande impatto.
In quest’epoca il sovrannaturale è trascendente, si ritorna al Dio creatore. Il trascendente
è qualcosa che cattura l’attenzione del poeta dell’800, la visionarietà (elementi che non
hanno a che fare con il mondo oggettivo, ma che danno impulso al significato della
poesia). Abbiamo una lontananza in senso fisico e temporale dalla poesia.
Il poeta non è colui che contempla, ma è un profeta: il poeta profeta è visionario, la
visionarietà non è l’immaginazione. Il poeta è colui che riesce a prevedere il futuro, è
lungimirante (non è un veggente): con la sua poesia crea una visione del mondo a lungo
raggio. L’attendibilità del poeta assume un ruolo assolutamente importante. L’uso del
linguaggio torna ad essere importante. Tutti questi elementi derivano da una visione del
mondo in cui gli oggetti hanno a che fare con un significato che va al di là del suo elemento
fisico (il microfono rappresenta la voce).
Wadsworth definisce la poesia come ‘A spontaneous overflow of spontaneous feelings’
(il flusso spontaneo di sentimenti spontanei). Poesia e sentimenti sono collegati. La
poesia non può essere artefatta (decoro), ma deve essere spontanea. Non si è tanto
interessati all’azione, quanto alla sua spontaneità. Il poeta neoclassico doveva rispondere
all’esigenza del lettore colto, mentre la poesia dell’800 è concepita come una pianta che
cresce, non è qualcosa di rigido, poi giunge alla sua forma definitiva.
Quello dell’aspetto esterno, del landscape diventa nel romanticismo, un argomento
molto importante: diventa specchio degli aspetti più intimi della persona. Quando
Wadsworth descrive la natura, questa deve essere considerata come un elemento
dirompente, che servirà da riflessione sia da parte del poeta che da parte del lettore, che
si identifica. Tutto ciò che Wadsworth scrive è la trasposizione dei sentimenti: l’essere
umano è capace di andare oltre. Questi sono gli ingredienti principali per definire la poesia
dell’età vittoriana. Importanza, come detto, viene data all’uomo e alla facoltà di
immaginazione. Il mondo spirituale e quello materiale restano connessi (la poesia
raccoglie tutti e due).
Quando consideriamo il vittorianesimo, il romanticismo, ci riferiamo a un periodo, ma
quel sentire, quel modo di approcciare la poesia sono identici al livello di pensiero
emotivo in tutto il mondo. I movimenti letterari e culturali sono la cartina di tornasole di
un’epoca. Il movimento diventa un comune pensiero (concetto di poesia per Coleridge).
L’evoluzione è soggetta all’influenza reciproca: i poeti viaggiano molto (grand tour
dell’800) e vengono in contatto con una cultura fiorente, uno scambio fatto di esperienze
reali.
I romantici guardano alla realtà, ma essa deve essere una espressione spontanea del
poeta. Anche l’intensità è un aspetto importante per la comunicazione del mondo
interiore, che avviene attraverso le emozioni del poeta (che deve suscitare una reazione
empatica).
Il vittorianesimo, come abbiamo detto, ha le sue fondamenta nel romanticismo
(soprattutto nelle poesie) e Wadsworth sottolinea nella prefazione alle ‘Lyrical ballads’ le
differenze tra chi fa poesia per diletto e chi la fa come un traboccare potente e spontaneo
di sentimenti.
Fino al ‘700, si cerca di ‘usare’ la poesia come mezzo dell’azione dell’uomo, adesso invece,
la situazione cambia: l’azione non è più l’aspetto principale (shift -> dall’azione al
sentimento). Nella poesia erudita, il linguaggio è colto, altissimo, non è spontaneo: la
differenza tra Wadsworth e gli autori del ‘500- ‘700 è che in precedenza si scriveva per le
Elite, per le persone colte (alfabetizzazione), la poesia badava moltissimo al linguaggio,
essendo destinata agli eruditi, e inoltre aveva come scopo quello di dare un’importanza
ben codificata alla cultura inglese.
Con la circolazione della bibbia e di altri testi, si inizia a viaggiare, a scambiarsi idee, e
questo porta ad un inevitabile accrescimento del pubblico dei lettori sempre più alto,
quindi la forma non può offuscare il contenuto.
Wellek dice che il condizionamento del romanticismo si avverte in tutta Europa. I
vittoriani cominciano ad assumere le basi del romanticismo: la tradizione (punto di
partenza sul quale elaborare nuove idee), diventa fondamentale poiché i vittoriani
vogliono sottolineare la continuità, pur accogliendo il fatto che i tempi stiano cambiando.
Il poeta vittoriano guarda al difuori di sé, alla società, ma si rende conto che l’uomo è
costituito dai sentimenti, da una parte interna, immateriale. Tutto questo ha a che fare
con la tradizione.
La tradizione secondo Elliot non può essere ereditata: il poeta deve essere una mente
poliedrica, aperta ad accogliere gli elementi che vengono da lontano. Appropriarsi della
tradizione significa comprendere le motivazioni, bisogna tener conto del senso storico.
Per essere un buon poeta dopo i 25 anni c’è bisogno dell’ historical sense (l’anacronismo
non ha senso), che ti dà la dimensione dà un senso storico alla produzione poetica che si
mette in atto. La tradizione rappresenta le ‘fondamenta dell’edificio’. L’historical sense
deve farci capire che il passato è passato, concluso, però è anche presente, non si
conclude totalmente, viene chiamato ‘memory’. L’arte poetica ha bisogno di un
vastissimo background culturale: il poeta è colui che sa guardare ai mondi antichi e
adattarli alla propria epoca. Elliot parla del comune sentire (contesti diversi, ma
evoluzioni uguali – globalizzazione della cultura). Anche nella poesia si ha una percezione
della storia, degli eventi. La scelta linguistica comunica, rappresenta i sentimenti. Elliot
crede che la tradizione sia fondamentale.

Tennyson è coinvolto in un dibattito intellettuale che coinvolge principalmente il clero, il


dogma religioso, non può essere messo in dubbio. Lui faceva parte degli Apostolos. Si
potrebbe innescare un meccanismo di ‘conversione’ delle coscienze (si metteva in
discussione la creazione, la genesi). L’ ‘800 si avvale delle idee illuministe e delle nuove
scoperte, se la chiesa avesse ‘perso’ il dibattito, tutto avrebbe perso veridicità.
Tennyson non rinnega mai se stesso, si dedica da sempre alle lettere, muovere le
coscienze significava generare un dibattito.
Perché la creazione viene messa in discussione?
Religione e politica si influenzano a vicenda, la prima serve alla seconda per piegare
e governare le coscienze (timore di Dio). Tutto cambierebbe, quindi non c’è solo
una punizione legata alle leggi, ma c’è anche un’altra – più importante – quella
divina.
Tennynson – ‘In Memoriam’
Tennyson è scettico difronte a tutto questo, ed è razionale. Dopo la morte di un
caro amico scrive ‘In Memoriam’, il cui titolo iniziale era ‘The way of the soul’ (le
vie dell’anima del poeta), che cambierà nel 1850, al momento della pubblicazione.
L’opera parla del significato della vita, della morte, della religione, dell’esistenza di
Dio.
La morte dell’amico è ciò che fa scattare nell’autore la molla per scrivere un’opera
riguardante i suoi dubbi. Egli non si dichiarerà mai ateo, o credente, Tennyson è
agnostico, è alla continua ricerca, si pone sempre domande alle quali non riesce a
dare risposta. Neanche la scienza è la risposta ultima, ha delle lacune. Tennyson
cerca sempre di dare delle spiegazioni alla sua stessa esistenza.

I versi danno spunti di riflessione. Avendo paura di essere censurato, egli cerca di
far finta di riferirsi all’amico, ma si ritrovano comunque elementi autobiografici
(mistificazione). La sua opera viene letta dalla Regina Vittoria, che avendo perso
da poco il marito, rivede le sue stesse sofferenze.

Tennyson dice che il verso non può rappresentare i suoi stessi sentimenti. Per
l’autore, la poesia è rappresentazione di emozioni, anche se sostiene che le parole
non riescono ad esprimere appieno il suo dolore (usa griel, pain, sorrow). Lui vive
la poesia come momento di liberazione (il dubbio muove la sua ideologia).

Nella perdita di una persona cara, la fede diventa uno spiraglio di luce per un
credente, cosa che però non succede a lui. Questo è il primo lavoro di Tennyson
che crea un’evoluzione dell’anima del poeta (aspirava al ruolo di poeta laureato,
ma per diventarlo deve elogiare il Dio mortale). Prima di morire chiese di poter
essere seppellito con un’opera di Seakespheare piuttosto che con la Bibbia
(secondo alcuni critici vuole sancire il suo legame con le lettere, la sua ‘litterarietà’).

Tennyson utilizza moltissimo la parola ‘prove’ (prova) poiché anche secondo la


traduzione di Claudio Gautiere. Egli non abbraccia l’amore incondizionato verso
Dio, ma vorrebbe una prova della sua esistenza (come anche della propria). In
merito alla fede, si dice che essa non ha possibilità di rivelazione (prova), e questo
suscita il dibattito sul ‘che cos’è la morte’, che, introdotto da Tennyson, viene poi
ripreso da Titone.

Attraverso ‘the mask of the past’, spiega la sua idea della vita. Se con ‘In
Memoriam’ si sono sollevate molte questioni sull’esistenza dell’uomo, la
discussione religiosa serve a riflettere sul senso della vita (importante diventa la
figura di Ulisse). Tutto ciò ci riconduce all’idea greca della ciclicità, che lui fa sua.
Vuole insegnare ai vittoriani che la morte è il momento in cui l’uomo raggiunge la
massima unione con il tutto (non Dio, ma la natura – tutto nasce e finisce cenere).

Secondo Tennyson, la contemplazione di un Dio non ha un senso. Queste idee


vengono messe per iscritto in seguito alla morte prematura dell’amico Allam
(muore a 21 anni). La contemplazione di una persona può avvenire solo alttraverso
il ricordo (memories). Gli uomini razionali non credono all’esistenza dell’aldilà.
Quella di Tennyson è una Barrend Faith (fede incerta). Nella religione abbiamo
l’aspetto dogmatico e quello spirituale (che spesso viene tradito).

Il dubbio è alla base dell’esistenza umana: non deve essere condannato, ma è un


atto di grande valore, permette all’uomo di porsi domande, e questo è alla base
della conoscenza, del suo progresso. La consapevolezza della religione non si può
raggiungere, è qualcosa che si deve accettare. Il dubbio Tennysoniano serve a
spiegare alcuni temi sui quali si interrogavano i romantici come Whaswart.

Tennyson sostiene che la Bibbia, i testi sacri, vogliono essere la risposta al dubbio,
mentre la scienza ritiene che il dubbio sia lecito e quindi da una risposta
(ammettendone tante). L’ammissibilità di più risposte viene dall’unicità dell’essere
umano: ogni opinione viene rispettata, ognuno ha le sue idee.

Tennyson attinge anche al mondo greco, perché questo si rifà alla sua idea di
tradizione, e poi perché attraverso alcune maschere del passato, ha la possibilità
di esprimere le sue idee, cancellando la censura (es. fa dire qualcosa ad un filosofo
o poeta del passato). I poeti a lui più vicini, invece, sono l’ispirazione per lo shift in
sensibility, per l’imagination, per la spontaneità, per l’idea di com’è la sostanza
della scrittura.

Tennyson dice anche che il verso deve essere mezzo di espressione delle emozioni,
ma attraverso il linguaggio ne viene fuori solo un profilo. Il linguaggio essendo
pregno di figure retoriche, e più in generale, poetico, non sarà mai in grado di
esprimere appieno ciò che Tennyson vuole davvero comunicare al lettore. A
seconda di ciò di cui lui parla, c’è qualcosa nel linguaggio, che non lo soddisfa.

Come pensatore, Tennyson esprime un forte senso di frustrazione per quelle cose
che la religione non riesce a spiegare. Scrive infatti alla moglie, in una lettera,
comunicandole una sensazione di profonda malinconia. Questa lettera inizia con
‘Perché Dio ha creato le anime sapendo che avrebbero peccato e sofferto?’.
Questo ci riporta alla creazione biblica, e quindi sempre al concetto di dubbio. A
questa domanda non c’è risposta, è qualcosa che esula la materialità (si parla di
‘suols/anime’). Viene riconosciuto l’aspetto interiore dell’uomo (come forma e
anima – dalla tradizione classica). L’anima è quella dove risiede la sofferenza, dove
si compie il peccato. Il concetto di ‘sin’ sta a significare offesa verso Dio. All’essere
umano viene riconosciuta la duplicità (corpo e anima) e la sofferenza interiore.
Nelle scritture non si trova la risposta che si trova, né nell’ antico testamento, né
nei vangeli. Il Dio creatore dell’antico testamento è il Dio che ha creato Adamo ed
Eva (ci si sta riferendo alla Genesi). Ci si può collegare anche a Sant’Agostino poiché
anch’egli si chiede la stessa cosa. Tennyson non può rispondere a questa domanda
perché non è scritta nei testi. Da quella che diventa una riflessione teologica,
guardando l’uomo, si può dire che esso sia superiore agli animali, perché ha la
capacità di scindere il bene e il male morale. La scelta umana dell’azione è intesa al
livello interiore (e non ancora raziocinante). Anche il male assume un valore
semantico intermedio, può avere il senso di peccato, oppure può avere valore
materiale.

Tennyson è convinto che Dio poteva renderlo una ‘beast’ (e non un ‘animal’), un
essere vivente non addomesticabile, sopraffatta dall’istinto. Però in più Dio lo ha
dotato del valore morale, del potere di scegliere la sua sorte (bene o male). Il testo
sacro potrebbe essere in qualche modo vero (solo perché Dio gli ha dato questa
possibilità). La felicità che deriva da questo potere, dovrebbe essere molto più
grande di quella che deriva dall’essere uomo. La sofferenza è una conseguenza
delle scelte. L’unica speranza che possiamo avere è un benessere universale, ma ci
sono uomini che soffrono di più rispetto ad altri, ma dobbiamo accettare le cose
così come sono. C’è una sola persona che sa tutto, Dio (viene riconosciuta
l’esistenza e l’onniscienza di Dio). Dio non può essere considerato essere crudele.
Ci si chiede invece se la rivelazione non sia un altro segno dell’amore di Dio, che noi
non possiamo vedere se non c’è progresso. Se tutto ciò fosse considerato vero,
non esisterebbe la morte e tutti continuerebbero a vivere nella benedizione di Dio.
Ma ciò porterebbe a dare valore alla tesi dell’esistenza dell’aldilà (e questo non è
possibile). Il personaggio della lettera, infatti alla fine rifiuterà il dono della vita
eterna e desidererebbe morire (se non c’è la morte, non ci sarà la vita). L’uomo
quindi non può dare spiegazioni per via razionale: la domanda non può essere
risposta.

Questa lettera è molto cervellotica da parte dell’autore. Tennyson si trova in


contesto culturale in cui il concetto delle specie è molto importante (esce ‘l’origine
della specie’ di Darwin). Tennyson ripropone anche alcuni dei temi che utilizzerà
per spiegare il concetto di Afterlives. L’idea del peccato in Tytonus viene visto in
maniera sfumata: peccato caratterizzato dall’arroganza dell’individuo. L’individuo
viene posto in condizione di contemplazione.
Tennyson fa un percorso ad ‘Y’, di analisi e idealmente teologico: abbiamo un
aspetto teologico e quello laico, egli decide di non scegliere, di stare in mezzo.
Attraverso questo atteggiamento, ci viene mostrata la sostanza intellettuale del
suo percorso. Tennyson non considera l’arte per l’arte (il fare poesia non è un
desiderio di estetica, ma mezzo privilegiato per esprimersi). Nel verso c’è la sua
condizione di uomo che riflette e che pondera le diverse situazioni.

Tennyson da una parte eleva il linguaggio dei suoi versi, dall’altra fa in modo che
le sensibilità del poeta e del lettore si incontrino. Tennyson, rifacendosi però al
romanticismo, non dimentica che la poesia parla agli uomini di ogni rango sociale:
la poesia diventa un mezzo di comunicazione. Da una parte abbiamo un registro
prosastico: la riflessione del poeta si incentra su un ragionamento che insieme alla
emotività sono in fermento continuo. Dall’altra, abbiamo il linguaggio romantico:
Il messaggio può essere comunicato a tutti nella stessa maniera. Nonostante lui
utilizzi un linguaggio ben preciso, utilizza dei termini facilmente percepibili dal
lettore comune.

Il concetto di identità diventa per Tennyson diventa di grande importanza, perché


ci porta alle poesie mitologiche. Viene fatto un paragone molto semplice con il
bambino: il bambino crescendo impara l’uso dell’ ‘io’ e del ‘me’:
- ‘io’ -> Identità
- ‘me’ -> Oggettificazione
Essendo che l’uomo è concepito come la parte di un tutto (‘me’), il bambino si rende
conto che non è oggetto, ma soggetto (‘io’), in questo modo si perfeziona la sua
coscienza autonoma: è il principio di una chiara memoria, mentre il corpo che lo
racchiude è il principio della sua identità (teoria aristotelica).
Autonomia significa saper compiere delle scelte. L’evoluzione dell’essere umano
rappresenta il mondo morale interiore in cui si trova la sua identità. La carne è però
destinata a morire, ma il fatto di essere spirito in un corpo, ci serve a capire la
motivazione della sua presenza sulla terra.
Tennyson – ‘Ulysses’
‘Ulysses’ è un’opera distaccata da ‘in memoriam’, anche se la maggior parte dei
componimenti dell’autore sono stati scritti insieme e pubblicati in momenti
distinti. Ulysses rappresenta una rivalutazione del concetto di uomo. Tennyson
scrive questi componimenti utilizzando personaggi archetipi riadattati al
vittorianesimo, che rappresentano dei modelli atemporali. L’elemento tradizionale
è radicato nella cultura occidentale ed è caratterizzato appunto dagli archetipi.

Tennyson si rende conto che Ulisse fa al caso suo. L’Ulisse omerico è l’archetipo
del viaggio e del ritorno a casa (Nostos -> gr. Nostalgia). Tennyson riprende gli
elementi della tradizione omerica, unendoli a quelli danteschi. Da una parte
abbiamo il guerriero omerico (Ulisse di Omero), dall’altra, invece la conoscenza
(Ulisse di Dante): Tennyson unisce queste due figure, ma il suo Ulisse deve essere
vittoriano (per il discorso della simultaneità). Parliamo quindi di tradizione e
innovazione: quello di Tennyson è considerato un Ulisse ‘sintetico’, cerca di
costruire un personaggio che sia il più possibile vicino all’uomo, al lettore.

Nei primi versi si nota che tutto viene ribaltato, il Nostos viene rappresentato così:
il vero esilio è quello di tornare a casa (non più quello di viaggiare), e prendere
coscienza della situazione del posto in cui Ulisse vive. Il viaggio è metafora della
vita: viaggiare corrisponde a trovare la propria identità.

Analogamente, come nella poesia del bambino, in Ulysses torna il tema dell’‘io’
come personaggio, ma in questo caso ad Ulisse viene data la possibilità di
conoscere sé stesso. Ulisse raggiunge il suo scopo, arriva a Troia.

Ulisse si sente uomo dell’universo: l’insieme di tutte le esperienze fatte, gli fornisce
la conoscenza di un mondo che pian piano scopre. La conoscenza, come si evince
dalla poesia, è un arco: può essere infinita, è inarrestabile. Non possediamo però
la conoscenza perfetta, ma questa si costruisce, non può mai essere totalizzante.
Ciò è significativo perché si richiama l’uomo a un senso di concretezza, tutto è in
divenire: non c’è mai la conoscenza, ma sempre una conoscenza (analogia con il
concetto delle risposte – vedi sopra).

Il poeta, avvalendosi dell’archetipo critica la presunzione dei vittoriani di dare una


risposta a tutto. Il viaggio di Ulisse è un viaggio metaforico sia nella vita, che nel
percorso conoscitivo che deve compiere.
Infine abbiamo un Ulisse che contempla la sua stessa storia: il suo è uno ‘spirito grigio’,
vecchio come lui, ma permane il desiderio di conoscenza, al di là del limite del pensiero
umano.
Il rapporto tra esperienza e conoscenza, nell’Ulisse di Tennyson, si può riassumere
così: esperienza e conoscenza sono sovrapponibili. Ulisse fa le esperienze che gli
permettono di arrivare alla conoscenza. Abbiamo una conoscenza pragmatica (che
viene da Omero), e allo stesso tempo abbiamo un Ulisse tennisoniano, che
riassume un po' tutti e due gli Ulisse. La conoscenza in Tennyson viene vista come
una stella cadente, ad una pleiade (ci si rifà a Saffo). Non si tratta più di una
conoscenza materiale, ma di un andare oltre.

Ad un certo punto della poesia, troviamo una pausa, che oltre a portare il lettore
ad una riflessione sul personaggio presentato, è utile a presentare un nuovo
argomento.
In questa fase c’è una novità: Ulisse presenta il figlio Telemaco, che ha un ruolo
fondamentale: mentre nell’Odissea, Telemaco non perde la speranza del ritorno
del padre, in Ulysses al figlio viene lasciato a capo dell’isola, viene attuato un
passaggio generazionale, egli dovrà essere anche uomo della sensibilità (non gli
viene chiesto di gestire pragmaticamente la realtà), gli viene chiesta una gestione
docile del popolo, viene evidenziata la sua capacità emotiva.

Successivamente, vengono nominati ‘gli Dei della casa’, segno di straordinaria


modernità. Tennyson auspica che ci possa essere un Dio unico, per tutte le
religioni. Questi Dei, che richiamano la tradizione, sono inseriti nella poesia, proprio
a voler sottolineare il distacco dell’autore dal monoteismo. Ulisse è un
personaggio che non aspira al trascendente, è legato alla materia, anche se vuole
andare oltre il limite del pensiero umano. Quindi la varietà, il politeismo e lo stesso
dubbio sono messi in mostra grazie all’uso di un personaggio della tradizione.

Quando si fa riferimento al fatto che Ulisse non ci sarà più, il tema della partenza,
è ambivalente, perché può significare vivere fino all’ultimo o partire alla ricerca
della conoscenza. Quando Ulisse non ci sarà più potrà essere partito o essere
morto. Questo Ulisse è metafora della vita dell’uomo (the long day).

Parlando del porto, infine, Tennyson fa un’operazione molto importante: presenta


i marinai di Ulisse, un equipaggio che lo ha sempre seguito anteponendo il coraggio
e il cuore. Fa anche riferimento alla vecchiaia, che non deve essere denigrata
poiché che solo con la morte finisce tutto. Tennyson considera la vita come un fare
continuo, fino all’ultimo istante, viene proposta all’autore una realtà del fare.
L’uomo, inoltre, secondo l’autore, diventa irriverente, lotta, sfida gli Dei, con riferimento
agli Dei in generale, di qualsiasi religione.
La poesia presenta una circolarità: la poesia si conclude richiamando i versi iniziali, l’ultimo
verso è il contrario del primo. Dopo il riassunto nostalgico della sua vita, capisce che la
nostra forza è quella di perseguire la conoscenza, è la forza di volontà, è quello che
l’uomo deve considerare come fonte inesauribile della sua stessa conoscenza.
Per quanto Tennyson sia fedele alla tradizione, cerca anche di abbracciare la modernità,
di far capire al vittoriano cosa sia cambiato. L’archetipo viene rielaborato. Il viaggio viene
considerato come archetipo della conoscenza. C’è poi una sorta di antropocentrismo,
tutti gli dei sono importanti per la vita dell’uomo (sia gli scritti con la maiuscola, che con
la minuscola), viene messo in evidenza l’uomo attraverso:
- La caparbietà;
- Lo scopo;
- Critica della società del suo tempo (che è legata ai valori materiali, che va resa
mite);
- L’iniquità delle leggi;
- Utilitarismo (espansione economica, lavoro);
Tennyson critica una società che si basa esclusivamente sull’economia, e lo fa pensando
di prendere un personaggio del passato, in modo da insegnare all’uomo che legge, che la
conoscenza è legata all’esperienza e che bisogna essere forti nella volontà di cercare.
Tennyson non essendo né ateo, né credente, cerca altre cose e la forza di volontà
rappresenta appunto il dubbio. Tennyson è un personaggio votato alla conoscenza. Vive
in una società dove l’u0m0 rischia di rimanere senza alfabetizzazione.
Tennyson – ‘Tithanus’
Nei primi sei versi dell’opera, viene descritto un ‘ciclo’, l’uomo lavora la terra, e poi
risiederà sotto essa. Sia il mondo naturale, che quello animale sono soggetti ad una
decadenza. Titone stravolge la condizi0ne dell’uomo, personaggio della mitologia
classica che si innamora di Aurora, dea del sorgere del sole. Chiede alla sua amata
l’immortalità, dimenticandosi dell’eterna giovinezza, lui sarà soggetto
dell’invecchiamento e verrà consumato dall’immortalità. A lui è negata la morte, ma non
la decadenza. Dopo la richiesta fatta ad Aurora, egli non appartiene né al mondo degli
uomini (perché è immortale), né al mondo degli dei (perché è soggetto
all’invecchiamento e alla decadenza).
Se in Ulisse l’‘I’ (io) era visto come agente, soggetto che compie l’azione, che agisce e
reagisce, in Titone, l’‘I’ (io) viene invece inteso come il me, e quindi come oggetto.
Nella relazione di Titone con la Dea, egli si percepisce come un’ombra con i capelli bianchi
(simbolo dell’invecchiamento). Ombra e non anima perché ha perso la mortalità, ed
avendo perso la mortalità ha perso anche la sua consistenza. Mentre prima lui era un
uomo privilegiato, glorioso delle sue bellezze, ora la sua è una condizione di inutilità.
Il tempo (Tema del Nostos) ha svolto il suo compito: lo fa invecchiare, ma non riuscendo
a portare a termine l’invecchiamento, lo lascia ‘mutilato’ (presenza dell’elemento della
giovinezza, Aurora che rinasce sempre non muore).
Tennyson si chiede perché l’immortalità e l’eternità siano le ispirazioni dell’uomo,
domanda che non pone apertamente, ma usando ‘the mask of the past’. In Ulisse, la
morte chiude tutto, con Titone invece, viene messa in movimento una ulteriore
riflessione che riguarda l’afterlife (Tennyson -> desacralizzazione).
Tennyson non crede che la vita ‘successiva’ sia quella importante da vivere, è disincantato
e si chiede infatti perché gli uomini si lascino incantare da qualcosa che non possono
provare. Riflette sulla provenienza dell’uomo, da lui considerata come ‘origine’, sullo
scopo, che per gli uomini di fede è l’afterlife, per gli agnostici, è vivere la vita pienamente
(tutto perisce, anche l’uomo).
Successivamente avviene la contemplazione della dea: viene sospesa la sua umanità (‘I
was in ashes’), Titone si è illuso perché è nato umano, la dea è nata divina, quindi egli non
può diventare totalmente divino (si ricorda della sua materialità). L’unione con il divino
avviene post-mortem per i fedeli. Titone chiederà alla dea di riprendere il dono.
Perché l’uomo dovrebbe desiderare di cambiare la sua esistenza? (se le cose sono state
create per rispettare una ciclicità, per gli agnostici, e per i credenti lo scopo è l’afterlife).
Tennyson pensa che l’uomo dovrebbe riflettere sulla sua condizione in quanto
quest’ultimo ha peccato di arroganza (Ulisse -> simbolo di arroganza). Anche Titone,
come Ulisse pecca di arroganza, e lo fa perché chiede l’immortalità.
Con l’espressione ‘let me go’, è come se Titone fosse prigioniero di questa condizione. Di
solito il dono non è chiesto, è spontaneo, invece Titone lo ottiene in seguito alla sua
richiesta.
Con l’espressione ‘dark word’, ci si sta riferendo al mondo umano, al mondo del peccato
(in contrasto con il mondo luminoso della dea) che gli ha dato i mortali, al quale lui
appartiene. L’umanità cerca di riappropriarsi della sua identità. La dea sarà sconsolata di
fronte alla richiesta di Titone.
Successivamente, Titone si renderà conto di aver commesso un errore: c’è quindi un
senso di rammarico, ripensa ai tempi passati (Nostos) e si chiede se gli dei possano ridargli
la sua condizione originaria di uomo mortale.
La dea è inafferrabile, così come il mondo divino, Dio, la sua unica caratteristica è la
luminosità. Infatti c’è un contrasto tra il ‘dark’ degli uomini e la luminosità di Aurora. Ci
sono poi riferimenti al fatto che l’aurora nasca ad Est.
Tennyson fa poi riferimento alla luce delle case degli uomini, che non vivono nella
condizione di sospensione come Titone, e ne sono felici. La vera felicità non sta nell’
immortalità.
Gli ultimi versi sono il ritorno di Titone alla mortalità, alla terra, all’umanità. Il divino in
questo caso è un divino cristiano, non pagano, quindi difficile da descrivere.
Le differenze sostanziali tra Ulisse e Titone sono le seguenti:
- Ulisse: Energie, potere della volontà, forza, non è condizionato dal mondo esterno;

- Titone: Triste, rammaricato, soccombe alla sua illusione di diventare immortale,


perdendo la mortalità, l’umanità, la sua identità.
Christina Rossetti
Punto di riferimento assieme a Elisabeth Barrett Browning dal punto di vista dell’analisi
del problema della prostituzione (che riguarda tutta l’epoca). All’epoca venivano eretti
dei Penitentiary per le cosiddette ‘fallen women’ (carceri per le prostitute). La relazione
della figura femminile con la sua stessa società è particolare: viene sottolineato l’aspetto
della ‘domesticity’ (donna che sta a casa), e di contro c’è l’aspetto della società esterna
all’ambiente familiare, è come se ci fosse uno scontro tra queste due parti.
Concetto importante è quello di abiezione: degrado e degenerazione della figura
femminile, che viene esclusa dalla società perché considerati moralmente inferiori. A
questa categoria appartengono ad esempio anche i reietti.
Nel saggio ‘Women’s Abject Status and the concept of the Anomalous in Christina
Rossetti’s Goblin Market’, vengono considerate le donne oggetto. Christina Rossetti non
è una rivoluzionaria, però crede che questo sia un punto importante per quanto riguarda
quest’aspetto della società. Per lei la condizione di vita della donna, è l’unica cosa che
cambia rispetto alla posizione sociale, però non c’è differenza per quanto riguarda la sua
condizione all’interno della società stessa.
Thomas Laquerur, insieme ad altri autori fece una ricapitolazione della questione
femminile con riferimento alla questione della sessualità. Essa viene considerata come un
elemento estremamente negativo della società, rappresenta tutto ciò che è contrario ai
10 comandamenti. L’imperativo del corpo di assicurare la riproduzione, non è un
elemento che permette di evolversi, ma rappresenta un modo per assicurare il ‘gender
inequality’ (ci si riferisce allo sfruttamento del corpo femminile). Dal punto di vista teorico
e morale, non era concepibile conoscere il sesso di un nascituro prima della nascita. Tutto
il 1700 è stato il secolo del ‘Sex and the body’, del sesso maschile e femminile e del corpo
all’interno della società. In quel periodo la sessualità veniva condannata, mentre si
cercava di parlarne per conoscerla e accettarla. L’aspetto sessuale è considerato in
questo periodo come pericoloso, poiché si faceva fatica a riconoscere l’autonomia del
proprio corpo (il corpo femminile è utile solo per la procreazione). La funzione del corpo
femminile è legata al concepimento: gli elementi che lo circondano non hanno valore, la
purezza morale consiste nel concedersi alla strumentalizzazione del proprio corpo,
considerato come un contenitore.
Laquerur fa riferimento a tutti quegli studi che sono stati utili per determinare la divisione
dei ruoli e dei sessi all’interno della società; Nessuna di queste teorie ha però determinato
la sessualità del corpo, ma la visione del corpo come oggetto, è essa stessa intrinseca alla
discussione. All’ interno dell’evoluzione culturale, è contenuto lo sviluppo e una
riflessione sul concetto di corpo e di come questo debba essere usato.
Uno dei principali fondamenti criticati nella Bibbia è la lussuria, che diventa cardine della
società stessa: c’è una sovrapposizione fra la lussuria criticata nella Bibbia e la stessa
criticata all’interno della società. Christina Rossetti tenta di recuperare la sanità morale
alle follen women. Per i moralisti, il concetto da cui bisognava partire era la castità: la
figura femminile utilizza il proprio corpo per la procreazione, successivamente veniva
imposta la castità. Questo serviva anche a limitare la prostituzione.
Il problema della procreazione è importante per la società perché c’era interesse ad
accrescere il numero di arruolati nell’esercito. Ogni società cerca di piegare gli elementi
biblici o filosofici al proprio interesse.
Christina Rossetti mette in luce il problema dell’induzione nel peccato: il corpo femminile
porta a far peccato, e la lussuria porta alla prostituzione. La religione viene usata come
strumento di controllo. Il timore di Dio è quello che rende un popolo sottomesso. Si fa
appello al senso del peccato. Tutto ciò che veniva compiuto, doveva essere compiuto
rispettando i principi religiosi: la purezza e la devozione dovevano essere le
caratteristiche principali per non cadere nella abiezione.
Christina Rossetti - Goblin Market
Goblin Market è una delle poesie più discusse di Rossetti. La poesia ha un carattere
educativo, era pensata per essere una filastrocca, una favola per bambini (ci sono perfino
i folletti). Poi si scoprirà che la poesia si rivolge alle giovani donne, e ha come argomento
principale la sessualità. Utilizza il mezzo poetico per criticare la sua società, ma non è una
riformista, bensì un’assolutista. Non vuole mostrare una forma di apertura, era legata a
un sistema patriarcale, e soprattutto era devozionale (legata al dettato religioso).
I ‘Goblin men’, hanno delle caratteristiche spietate e feroci, si perde immediatamente
l’idea di favola. Mayhew mette accanto alle prostitute professionali, le ‘Dollymops’
(bambole di pezza) che sono delle giovani donne – regolarmente pagate - a servizio delle
famiglie benestante, che venivano sfruttate dal padrone in cambio di piacere o di regali.
Molte volte, se queste rimanevano incinta, venivano mandate nei penitentiary o il
bambino veniva allontanato.
L’occasione della Rossetti è quella di prendere in considerazione questa figura delle
‘Dollymops’ e del penitentiary. Christina Rossetti parla dei mali del sesso al difuori del
matrimonio (evil of sex outside marriage). Si parla anche del problema della
mercificazione del corpo della donna. Il corpo della donna diventa mezzo di baratto, di
commercio (c’è un filosofo che parla della coseità). La lussuria e la mercificazione del
corpo, riconducendo al dettato biblico, porta alla morte dell’anima.
Rossetti non è solamente critica nei confronti delle donne, ma cerca anche di proteggerle:
c’è un senso di pietà ed empatia nei confronti di questi abusi. Vuole istruire e mettere in
guardia le giovani donne, senza però giudicare. Il concetto di anomalia, viene esteso
anche alle donne: la società perde la sua connotazione precisa e invece di garantire
protezione a tutti gli esseri umani, separa sempre di più la componente maschile da quella
femminile.
Rossetti parla di condanna, di una doppia condanna:
- Sociale: la donna viene messa da parte dalla società;
- Divina: non commettere atti impuri, non peccare di lussuria.
Lo scopo è quello di redimere le ‘Dollymops’ e le fallen women, ribadendo i concetti
di castità e purezza, alla base dell’integrità dell’individuo. Rossetti propone di ribadire
inoltre di relegare il sesso alla sua funzione accettabile, che è quella di procreazione e
maternità.

All’interno del suo discorso possiamo percepire circolarità, non viene coinvolta solo la
figura femminile, debole e soggetta al peccato, ma anche l’uomo è soggetto
all’abiezione. Si focalizza inoltre sul concetto di ‘liberty’, intesa come libertà della
donna, che è una grande conquista per le donne, però la libertà era un recinto ben
definito della società patriarcale (in funzione della sua classe sociale).

Una donna desessualizzata, secondo K. Harvey, non era un problema all’interno della
famiglia, ma fuori, poiché si sarebbe dedicata al sesso per piacere personale e non per
amore. Holmes dice che nell’800, dato che il sesso è un problema reale all’interno della
società, si vuole non parlarne più: la questione sessuale era bandita dalle discussioni e
relegata alle camere da letto. La questione sessuale fu censurata dai libri, ma secondo il
critico, del sesso si discuterà infinitamente.

Nella società vittoriana, ogni parte deve avere un ruolo: quello maschile e femminile
devono avere la stessa importanza, completarsi e ‘creare’ un bene comune per ‘l’intero’,
la società.

Rossetti si rende conto che si insiste troppo sulla sessualità e si strumentalizza il corpo
della donna, propone quindi una ‘soggettività femminile’, nella quale il sesso è permesso
in matrimonio e per piacere. Parla poi della degenerazione dell’individuo, la perdita di sé
stessi, dell’integrità morale, per diventare oggetti del desiderio. Alcuni critici ritengono
che lei stessa avesse dei desideri e pulsioni che cerca di sublimare avvicinandosi a Dio e
alla religione.

Scritto tra il ‘69 e il ’52, Goblin Market è pieno di metafore, tre ragazzi incontrano dei
folletti al mercato. Questi offrono loro mercanzie, frutti succosi e colorati. I folletti sono
insistenti, non sono né umani, né animali, hanno caratteristiche di entrambi. Essi vogliono
vendere in cambio di una parte delle ragazze. La prima sorella, cede e si ammalerà poco
dopo, sulla sua tomba non crescerà neanche un filo d’erba. La seconda sorella scambia
un ricciolo, che ai folletti non basta e quindi viene attaccata e sarà salvata dall’ultima
sorella (che verrà anche lei attaccata).
Quando la seconda sorella guarirà, dirà alla terza di raccontare tutto alle figlie e di
avvisarle di stare attente a non cadere in tentazione al mercato dei Goblin.

- Market: Luogo fisico di scambio economico;


- Goblin: Fanno pensare più alla bestialità, sia nelle parole, che nel comportamento;
- Jeanie (1^sorella): Trappola della tentazione, sa di aver peccato, si ammala e
muore (c’è una duplice condanna: di Dio e terrena). E’ un esempio da non seguire
(dimenticanza totale delle donne).
- Laura (3^sorella): Via di mezzo tra la debolezza della prima e la forza della seconda.
La sua tentazione è forte, ma viene salvata. Mostra che la ‘sisterhood’ è
fondamentale.

Vengono condannati gli uomini che a quel tempo avevano il potere. Le donne sono
inserite in un recinto sociale funzionale agli uomini. Ogni figura maschile è sempre
temibile (‘Becoming animal’), dipende dall’assecondare o meno gli istinti. Solo gli
uomini colti non assecondano gli istinti. (Devianza: non riuscire a gestire i propri
impulsi).
La Rossetti dice quindi che anche l’uomo può e deve essere reindirizzato, quindi lui
avverte le donne, mette in guardia la società dal ‘becoming animal’ tendenzialmente
maschile.
La razionalità non può essere mai sospesa, la differenza tra uomo e donna deve essere
solo di tipo fisico, non educativo. Tutto l’universo umano può cadere nell’errore.

Froude – The Nemesis of Faith


Nel 1849 viene scritta ‘The Nemesis of Faith’, un’opera che rappresenta una grande
discussione filosofico-teologica, che porta sulla scena la distinzione tra Sin ed Evil.
Frankenstein, di Mary Shelly è considerato prodromico rispetto a quest’opera. Il
concetto di Evil diventa un refrain all’interno del contesto: il concetto del male viene
riassunto come parte di discussione all’interno delle opere. Anche Ishiguro tratta
questo tema. La rappresentazione del male è considerata necessaria.
Il male è l’elemento che porta a una destabilizzazione della società stessa, anche il
continuo richiamo alla religione, serve a mostrare la figura dell’individuo che è
sfaccettato. In questo tipo di società, l’uomo è in crisi (dal latino crinein,
interrompere): tutto ciò su cui l’uomo costruisce la certezza (valori morali), viene
messo in discussione dal male.
In un’opera di Elisabeth Gaskell, c’è la scena in cui Rute tenta il suicidio venendo
salvata da Mr. Benson (prete), che se ne prenderà cura. La figura di Rute, viene
associata alla ‘Magdalaine’ (Maddalena: prostituta a cui piaceva Gesù). Questa scena
in particolare ci fa ripensare al ruolo di Christina Rossetti, vol0ntaria in un
penitenziario.
In questo romanzo c’è una forte credenza divina: ciò che è buono vince, ciò che è
cattivo perde. Abbiamo la contrapposizione tra Sin (prete, Mr. Benson) ed Evil
(Route). Route appartiene alla lower class, ed è quindi, secondo la credenza
vittoriana, viene considerata avvezza al male e al peccato. Sin ed Evil danno idea della
divisione di classe del periodo.
Nelle parole di Mrs. Bellingam, non si percepisce una compassione nei confronti di una
giovane donna, che è stata sedotta e abbandonata dal figlio. La sua figura femminile
incide in tutta la storia, non c’è il senso di pietà che invece il figlio prova per Route.
Nelle parole di Mrs. Bellingam c’è disprezzo, mascherato dalle convenzioni religiose
del tempo.
Per quanto riguarda nello specifico Froude, elemento centrale delle sue opere è la
religione, che tende a dettare le regole (o leggi) di comportamento per l’uomo. La
religione diventa esempio di condotta (come vediamo anche dalla Rossetti).
Secondo Sutherland, nell’Antico Testamento (scritto dagli Ebrei – Bibbia), c’è l’idea
della punizione, mentre nel Nuovo (Vangelo), c’è un valore che supera l’Antico
Testamento: non c’è più l’idea di punizione, ma subentra il concetto di perdono.
Nella 3^ parte dell’opera TNOF, ‘Le confessioni di uno scettico’, il personaggio racconta
di sé stesso e della relazione con Elen (figura tentatrice che non si fa problemi nella
seduzione), contrapposta a Sutheland (protagonista dell’opera) che invece fa
problemi.
Abbiamo sostanzialmente tre fasi del romanzo:
- Teoretica;
- Riflessiva;
- Pratica.

Sutheland si sente nell’errore e nel peccato: sente di aver tradito la sua posizione di
prete, si sente in colpa verso Elen per aver ricambiato il sentimento, il suo scetticismo
diventa sempre più evidente. La sua è una posizione relativista: tutto può essere
giustificato, ma la religione non accetta il relativismo.

Mentre Froude parte dal discorso religioso, inquanto il suo dubbio è solo di carattere
religioso, la sua fede vacilla a causa della sua imperfezione, a causa del fatto che può
commettere errori (e quindi peccare). Ma in questa fase, il peccato viene
depotenziato – si parlerà quindi solo di errore e questo non sarà concepito come
peccato. Tennyson invece indaga ivece, come già detto, sul binomio scienza-religione,
che lo porta al dubbio.
La critica dice che forse, la posizione di Sutheland, è identica a quella di Froude e che
quindi, viste le successive contestazioni che l’opera ha avuto, essa sia stata contestata
per contestare l’autore (quindi Froude).
All’inizio l’opera sembrava una ‘parziale autobiografia, all’interno di una parziale
biografia’, è come se Froude raccontasse sé stesso attraverso Sutheland. La parzialità
sta nell’elemento fantastico che viene aggiunto al romanzo. Man mano che si va
avanti, il personaggio diventa sempre più disilluso, diventa un esempio. Pone sempre
domande con risposte quasi lapidarie, senza ragionarci sopra (hanno origine dalla
debolezza della religione).
Nel romanzo Elen, dice di non sentirsi in colpa nei confronti del marito, ma afferma
anche che se dovrà chiedere perdono, lo farà per aver accettato il matrimonio, e non
per aver amato Sutheland. Elen morirà cadendo nel lago, questa morte viene vista in
due modi diversi:
- Elen: pensa che sia un incidente;
- Sutheland: pensa che sia una punizione (e alla fine si ucciderà).

Sutheland ritiene che la colpa dei due sia quella di essersi innamorati, e che la loro
punizione sia stata la morte del bambino. Lui, quando decide di suicidarsi, prova
sollievo poiché vive ciò che è accaduto come una punizione, sospendendo la
razionalità.

La problematica del religious calling, non è una questione di adesione al credo religioso in
quanto tale ma è lo scambio dell’idea di prendere i voti come prete che diventa una
professione. C’è una forma di materialismo nei confronti di qualcosa che dovrebbe
coinvolgere l’ambito spirituale. Il problema di fondo è anche quello di non riuscire ad
essere il testimone dell’antico testamento.
L’opera di Froude è anche una risposta a una temperie culturale che aveva messo in
discussione problematiche intorno alla questione religiosa. Il credo che veniva richiesto,
il fatto di essere il testimone, lo giustifica utilizzando nel romanzo parole come “se
nell’apparenza ci fossero difficoltà razionali nell’analizzare i salmi, si scatena una
perplessità nella mia ragione e potrei cercare di educare la mia ragione e dire a me stesso
che tutto quello che è scritto viene da un Dio creatore che ha organizzato il tutto e ANCHE
le rivelazioni sono state create/adeguate alla condizione del genere umano2, se dovessi
avere delle perplessità, potrei convincermi attraverso la mia ragione educata, che tutto
ciò che viene fatto da Dio, viene adeguato alla situazione umana e con un linguaggio
dell’uomo: tutto ciò che viene scritto è affinché l’uomo lo possa percepire, accogliere.
Sebbene la mia testa può ingannarmi, il mio cuore non lo vuole. Froude utilizza sempre il
ragionamento per spiegazioni metafisiche/spirituali. Nella lettera al destinatario dice che
sebbene la sua mente possa ingannarlo, il suo cuore non lo vuole. Non crederà e non deve
credere che il Dio buono può essere un tale essere simile così come viene descritto
nell’antico testamento. Abbiamo 2 momenti importanti:
-il primo momento è rappresentato dalle prime affermazioni dove cerca di dare una
giustificazione per via razionale all’esistenza di uno scritto dedicato all’uomo per la
corretta educazione scritta da un dio con un linguaggio comprensibile all’uomo. Ma se
posso educare la mente per via razionale (sede della ragione), non posso fare lo stesso
con il cuore perché esso è la sede della spontaneità, come faccio ad educarlo? Un
sentimento o lo provi o non lo provi.
Lui vede nell’antico testamento una descrizione di un dio che sembra essere il contrario
di quanto immaginava, è come se mostrasse incredulità nei confronti del dio che ha
creato un essere fragile, predestinato a cadere (Adamo ed Eva) ed essere lasciato nella
tentazione sapendo che tutto questo sarebbe accaduto. È un dio che sembra avere
qualità umane e non divine dove gli stessi figli sono puniti per le qualità dei padri; un dio
che non protegge il genere umano dalla tentazione, ma lo tenta e permette all’uomo di
essere tentato in quella che è la cecità e poi, alla fine, distruggerlo.
Abbiamo una descrizione di un dio con caratteristiche umane, di un essere non
predisposto ad accogliere l’uomo ma un essere che, in fondo, conosce in anticipo la
caduta dell’uomo, la fragilità, il peccato e ha permesso che l’uomo peccasse. +è come se
stesse dando la responsabilità dell’accadere a un dio tentatore e non protettivo. Tutto
ciò sconvolge la figura di Dio. “se so tutto questo, come faccio a dire al pover’uomo di
andare oltre la sua sofferenza e verso l’amore e la speranza?”.
Fa un problema di ordine pratico perchè prendere i voti non è solo conoscere i testi, avere
la vocazione ma diventa un rappresentante di cristo e avrà un ruolo di diffusione della
parola convincendo chi si affida a lui che il dio descritto nell’Antico testamento non è così,
ma come faccio a dirglielo che non è così Noi abbiamo un dio che punisce, che ha
permesso la nostra caduta e punisce i figli per gli errori dei padri, non posso mitigare il
ruolo
[La predestinazione: dio nel momento che ha creato tutte le cose, ha creato il bene ma
anche il male e, siccome è onnipotente, è a conoscenza, in anticipo, di tutte le cose]
La figura di Mark ci rimanda alla posizione reale del clero all’interno di un’epoca che tende
a considerare tutto secondo le leggi materialistiche. Non è un caso che un’opera del
genere sia nata nel periodo vittoriano, dedito all’espansione economica, alla crescita.
Anche la chiave di lettura dei testi sacri, deve tenere conto di questa visione
materialistica. Ciò lo vediamo quando dice ad Arthur che quando non hai una professione,
puoi dedicarti alla religione. Il periodo vittoriano porta alla deriva anche quello che è
sostanzialmente spirituale, stiamo vedendo la religione in termini materialistici e non
spirituali. Il problema è che nei salmi c’è una descrizione di un dio che non è un
soccorritore dell’umanità (problema etico nei confronti dell’altro).
Quando la persona ha bisogno di conforto, chiede aiuto, io che so la verità, come faccio
ad ingannarla?
Rappresenta una tipologia di persone ma pone il problema religioso come se fosse una
questione di rappresentazione dell’attività del clero, del pastore che deve avere un
rapporto con l’umanità in cui rappresenti una possibilità di riscatto per migliorare la
posizione.
La fede è un ancora di salvezza per le sofferenze dell’uomo. Ma quest’opera pone proprio
il problema contrario, la fede non può essere questo analizzando la posizione del dio
all’interno dell’antico testamento, un dio indifferente che approva la distruzione del
genere umano. Esprime esclusivamente un punto di vista: un punto di vista umano.
invece di essere colui che sta analizzando sé stesso per accogliere i voti, sembra il
contrario, sembra che lui voglia analizzare tuti questi aspetti per trovarne le debolezze, è
come se giustificasse che quella è la scelta sbagliata, è un resto fragile. È un personaggio
costruito in modo da impedire ogni forma di risoluzione in funzione della religione e della
fede.
Il fatto del peccato viene riproposto come elemento importante perché è un dato che
resta fisso: veniamo puniti a seconda delle azioni sbagliate compiute.
Attraverso l’analisi di alcuni salmi, mette in evidenza le contraddizioni, il perché è difficile
per lui autore essere religioso, accogliere senza discussione uno status religioso per il
quale dovrebbe essere un testimone veritiero. Non se la sente di fungere da mediatore
ipocrita perché in cuor suo sa o immagina di sapere la verità. Nel paradosso della
descrizione del testo analizzando ciò che è sbagliato, trova in questa figura l’unico
appiglio per spiegare la pubblicazione di molti pamphlet che appaiono in quel periodo.
La vita viene data all’uomo come una delle massime possibilità. L’uomo è al centro di un
universo frutto di una evoluzione; idea di applicare la ragione, la conoscenza per dare una
giustificazione.
C’è un pessimismo da parte del personaggio che parte dall’idea che il testo deve essere
analizzando facendo emerge le debolezze e il lato pessimistico dell’individuo e non
l’illuminazione spirituale. L’uomo dovrebbe avere un padre in paradiso e non un tiranno.
Ciò ci permette di capire la difficoltà di alcuni intellettuali di accogliere il testo sacro come
tale.
Allo stesso tempo, il fatto di essere il figlio riconosciuto dai discepoli è importante perchè
simbolicamente si avvicina molto all’umano, è come se riuscisse a comprendere
l’imperfezione umana fino in fondo. La religione di Cristo termina con la sua vita però ci
ha lasciato la religione cristiana, l’unica parte che salverà.
La parte iniziale del romanzo (destino del personaggio, cosa fare con i voti) verte su
questa speculazione, è un giovane poco ambizioso, non ha le caratteristiche ci si
aspetterebbe da un giovane vittoriano di una famiglia benestante ma assume in sé delle
riflessioni che lo separano dalla normale condotta di ragazzi della sua età, sono riflessioni
filosofiche lontane della sua età ma servono ad innescare la seconda parte del romanzo:
il peccato non visto come errore), dove il dialogo filosofico-teologico resiste ma si
intreccia con quella che è la vita quotidiana con altre persone che intervengono nella sua
vita. È come se quest’opera riassumesse in sé più generi letterari con scopi diversi.
“A thorny road” Sutherland’s growing doubt.
Sutherland dice che il dubbio, la perplessità, lo scetticismo, l’oscillare tra una posizione e
l’altra, definisce la sua posizione come un percorso pieno di spine. Quello che lo disturba
maggiormente è il fatto della punizione della ricompensa che per lui non è l’aspetto di
maggior accoglimento da parte di dio nei confronti dell’umanità. La punizione viene vista
come una forma di rifiuto da parte del dio creatore. Il concetto della punizione non
abbandona la riflessione degli autori.
Quello che disturba Sutherland è l’idea della ricompensa e della punizione. Nella lettera
10, il narratore dice che in una dottrina si può anche credere che c’è un dio giusto, buono,
ma una dottrina al di là della quale senza logica, senza sentimento, dalla quale posso
trarre almeno qualunque tipo di istruzione per il genere umano, non riesco ancora a
trovarla. Una dottrina non può essere una forma di divieto ma deve essere una sorta di
possibilità di interpretare correttamente la propria condotta, ho bisogno di una dottrina
consolatoria dove non devo minacciare l’uomo ma ho bisogno di una dottrina utile ad
istruire l’individuo, l’umanità. Il testo più diffuso è stato quello della bibbia e non aveva
solo uno scopo religioso ma fungeva anche come un libro di istruzione per la condotta
umana, “educare secondo la bibbia”, ogni individuo si comportava nella maniera
migliore.
Ha bisogno di un testo religioso per affrontare i patimenti dell’essere umano (desiderio
da parte di Sutherland di avere una religione sensibile, capace di avvicinarsi ai bisogni
dell’umanità). La sofferenza non è solo quella che si patisce perché gli esseri umani sono
poveri ma c’è una sofferenza morale che non si può arginare in nessun modo. Una
dottrina dalla quale posso trarre istruzioni pratiche per il genere umano non l’ha ancora
trovata (scetticismo sull’effettiva utilità della religione in un contesto più sociale).
Altra critica che fa a dispetto di una religione ipocrita, è quella che stanno sorgendo in
questo periodo una serie di società “religious tea-parties” e “the bible society”, società
religiose che con la scusa della religione si aggregavano ma di religioso non avevano nulla.
Condanna queste forme esteriori che condannano di più l’ipocrisia di coloro che si
avvicinano alla religione. Lo scetticismo di questo personaggio cresce in maniera
esponenziale perché rileva la debolezza, la fragilità della funzione dell’umanità e di un dio
tiranno che tende a punire.
Da tutte queste osservazioni possiamo dire che la figura che emerge è quella di un
osservatore della religione, di un cristiano distaccato che vuole cogliere l’essenza ma è
razionale, scettico, distaccato dalla cristianità e un libero pensatore → tutte definizioni
che non possono minimamente rappresentare la figura del clero. Il problema della
creazione viene messo di nuovo in superficie, si rende conto che sono problematiche
ampie e di cui non riesce a trovare risposta, soluzione. Tutte le teorie scientifiche che
riguardano la religione, riguardano anche la creazione dell’universo, della natura e della
vita ma allo stesso si deve ammettere che la questione della creazione è qualcosa di
misterioso.
Questa sua posizione ci lascia intendere che non è solo devoto alla scienza: la scienza si
prodiga a dare prove ma il percorso scientifico ad un certo punto si ferma, non può
andare avanti e tutta la questione dell’universo è solo un grande mistero.
Considerando tutta la questione scientifica, anche ora (1847) ci sono degli errori, la
scienza non è il mezzo attraverso il quale l’uomo si sente finalmente appagato per avere
risposte ma non permette di andare in questa direzione. Gli errori compiuti sono a causa
della scienza imperfetta causata dall’imperfezione dell’uomo e, soprattutto, ci sono una
serie di errori che la scienza stessa non è riuscita a comprendere. Laddove la razionalità
può essere considerata come l’aspetto dell’individuo più soddisfacente, se ci sono degli
errori è perché la scienza stessa non è stata in grado di comprenderla e tutte le
interpretazioni possono essere degli errori.
Sia Fowler che Sutherland sono personaggi speculari per le frustrazioni e le ansie del
tempo in cui vivono. Solo Dio può dare la forza di sostenere e sopportare certe situazioni.
Questo rientra nella visione che Sutherland propone. Con Froude c’è un problema che
viene acutizzato: il problema della religione viene amplificato perché è un problema che
vivono in molti, tra cui Tennyson, ma che nessuno ha avuto il coraggio di rappresentare
così come è. Froude è riuscito a far emergere il problema e a portarlo all’interno di un
romanzo ma l’analisi che egli stesso fa, ripercorre il suo tempo, è un’analisi attendibile,
fatti già dai suoi contemporanei. Sutherland dice che in tutta questa faccenda, c’è una
cosa importante: l’uomo è stato educato Da Dio per poter scegliere, ha dato all’uomo
l’autodeterminazione e il fatto stesso di mangiare dall’albero della vita fa vedere la sua
possibilità di scelta tra due alternative. Ma gli ha dato anche la libertà di peccare, di
dubitare (concetto di predestinazione). Sutherland dice che è una possibilità che sta al di
sotto della volontà individuale e che è quella di scegliere fra due eventi, due possibilità
ma in altre parole questo significa scoprire il peccato, l’errore lo porterà a fare una scelta
sbagliata. È un momento di crisi, di frattura in cui l’individuo si trova a dover decidere
(quando Tennyson sceglie di non scegliere, il suo percorso si arresta difronte alle due
possibilità: scienza o religione). Questo serve per capire anche la fragilità della cultura del
tempo. È un tipo di romanzo che implica una sfera più complessa.
“destabilizzazione”, parola chiave del vittorianesimo: tutti gli impulsi che si verificano in
quest’epoca, creano un forte senso di destabilizzazione e questo contribuisce, oltre
Froude anche Tennyson, in maniera mascherata, Froude vuole rendere l’opera lo
specchio dell’autore
Un altro aspetto che assume a questo punto importanza, è quello che riguarda le due
dimensioni Sin ed Evil. Così come Froude, anche Wilde ci fornisce un esempio di come
nella letteratura inglese, Sin si riferisca alla religione, ed Evil si riferisca alla condizione
dell’uomo. Evil rappresenta la deviazione dalla regola e dalle condizioni che fanno si
che l’uomo venga considerato “typical”. Wilde cerca di far cogliere al lettore la natura
umana. Il concetto di errore, di male, non deve essere rapportato a ciò che è sbagliato
come azione, ma è male anche ciò che viene rapportato all’individuo: tutto ciò che non
viene accolto dall’individuo è considerato Evil. Wilde sottolinea inoltre, come
Tennyson, la differenza fra Antico e Nuovo Testamento: la figura più vicina all’essere
umano è Dio, che è più propenso ad essere vicino all’animo dell’umanità. L’operazione
dell’individuo deve essere rivolta a non considerare le azioni altrui sempre come un
peccato. Peccare contro Dio, secondo il Vecchio Testamento, viene condannato,
prima si poneva una barriera tra uomo e Dio. Nel nuovo testamento, invece, Il peccato
viene però depotenziato e concepito più semplicemente come errore.
Wilde mette in evidenza inoltre la differenza tra il bene e il male, tra ciò che è giusto e
ciò che è sbagliato, senza però specificare cosa egli avesse fatto per essere messo in
prigione (omosessualità). A causa della sua perversione, egli viene condannato,
trasformando il buono in cattivo. Wilde in questo momento è estremamente critico,
si entra nel vivo del giudizio morale. La perversione, non è un atto fisico, bensì morale
(‘I was so typical a child of my age’). Se la società (e gli Dei) puniscono per ciò che è
umano e anche per ciò che non è umano, allora non c’è differenza fra bene e male,
chiunque di noi è suscettibile a punizione. Vi è anche l’elemento della vergogna
nell’opera di Wilde: la punizione viene accettata senza vergogna. In Christina Rossetti
viene ‘rotta’ un’ideale di figura femminile, che si abbandona e si lascia trascinare. Si
rientra in un ambito in cui il comportamento provoca vergogna. La vergogna è
sostanzialmente provocata dalla coscienza dell’individuo. Il male viene stabilito dalla
società stessa. Il termine società è un termine astratto che indica un insieme di
persone che sono uniche. Ma la società si avvale di schemi auto-creati per controllare
essa stessa (regole), la sua funzione dovrebbe essere l’inclusività, anche se non
sempre quest’inclusività si adatta ai tempi. Mary Wallstoncraft ad esempio sosteneva
che l’individuo doveva emanciparsi attraverso l’educazione.
Esiste però anche la dottrina della predeterminazione: Dio ha predeterminato tutto
ciò che sarebbe successo, che è accaduto effettivamente e che accadrà. Il concetto di
predeterminazione è quello intorno al quale si è creato dibattito anche tra gli uomini
di chiesa: se Dio ha creato il bene, ha creato anche il male (e quindi il peccato originale
è qualcosa di preannunciato). Sant’Agostino ed altri teologi sostengono che il male
non è altro che una sottrazione del bene alle cose create. Anche quello della volontà
e della libera scelta è un punto importante: durante la creazione, c’è anche la
possibilità individuale di scelta: è un atto di responsabilità che viene attribuito
all’individuo.
Seakespheare, ad esempio, sostiene che esistono due poli essenziali nell’uomo:
- Faith: tutto ciò che non è previsto/prevedibile (rappresentante nel Macbeth dalle
streghe);
- Freedom: volontà del singolo di agire in un certo modo.

Viene posta una distinzione tra i due elementi, che devono essere alla base dell’esistenza
umana. Questi sono due valori molto importanti sia per l’età vittoriana, che per tutta la
letteratura e la filosofia. Il peccato non è qualcosa che sta al difuori del soggetto, ma è
implicato nella volontà del soggetto stesso.
Molti autori sono stati portati a considerare il peccato come atto immorale, non prevista
dalle convenzioni che regolano la vita umana dal punto di vista morale (non sono:
emozioni, dubbi, paure).

L’opera di Froude, ‘The Nemesis of Faith’ implica una difficoltà di origine filosofica: l’opera
di Froude va analizzata dal punto di vista filosofico. La controversia intorno alla
pubblicazione di quest’opera è stata molto accesa: l’opera è stata bruciata e ristampata
molte volte. Quello di dare alle fiamme un’opera ha un valore simbolico: è considerato un
atto di purificazione e di distruzione.

Potrebbero piacerti anche