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Giulia
o
La Nuova Eloisa.
Lettere di due amanti
di una cittadina ai piedi delle alpi.
Titolo originale dell'opera: Julie ou La Nouvelle Helo se.
Lettres de deux amans, habitan d'une petite ville au pied des alpes.
Introduzione di Elena Pulcini.
Traduzione di Piero Bianconi.
Copyright 1964, 1992 Rcs Rizzoli Libri S.p.a., Milano.
Biblioteca Universale Rizzoli.
-La nuova Eloisa un romanzo
filosofico in cui Rousseau dibatte in
modo aperto se sia pi giusto
abbandonarsi alla pura passione
amorosa, sacra espressione della
natura e dunque inalienabile diritto
dell'individuo, oppure bisogna tenere
pi conto delle convenzioni sociali,
solido fondamento della convivenza
umana. Giulia d'Etange, figlia unica
di una famiglia di nobili origini, ama
il suo giovane precettore,
Saint-Preux, dotato delle pi belle
qualit dell'anima, ma povero e
inferiore socialmente. Saint-Preux
l'amore-passione. Dall'altra parte c'
Wolmar, uomo ricco e solido, vecchio
amico del padre di Giulia che promette
un sicuro vincolo coniugale. Da questa
vicenda si snodano, come in una serie
di cerchi concentrici, i grandi temi
del pensiero di Rousseau: la teoria
delle passioni quale fondamento della
sua teoria morale, e la
prefigurazione, attraverso la
descrizione della comunit di Clarens,
del complesso intreccio tra
autoritarismo ed eguaglianza; la
concezione della donna come moglie e
come madre sulla base del principio di
una radicale differenza dei sessi, e
il progetto pedagogico dell'educazione
naturale e domestica, che sar
compiutamente tratteggiata
nell'-Emilio ; come pure il tema
dell'interiorit e della solitudine
che ispirer, a partire dalle
-Confessioni , gli scritti
autobiografici.
Una bella introduzione di Elena
Pulcini (autrice di -Amour-passion e
amore coniugale , 1990) illumina tutte
queste tematiche.
Introduzione
Nota bibliografica
Per il testo originale della Nuova
Eloisa e delle Opere di Rousseau si
veda J'J' Rousseau, Oeuvres
immediatamente si identifica, il
giovane -roturier destinato a pagare
il prezzo della propria estrema
-sensibilit . Ma soprattutto, tramite
loro, egli annuncia i temi-chiave del
romanzo, l'amore e l'amicizia, cos
intrecciati l'uno all'altro da essere,
come vedremo, spesso indistinguibili.
La forza della -immaginazione
creatrice tale da prefigurare o,
ancor meglio, produrre la realt. Nel
pieno del -tenero delirio (-rotiques
transports ) da cui prende corpo il
tessuto narrativo della Julie,
interrotto solo dall'intensificarsi
della querelle con Diderot e gli
altri, (12) Jean-Jacques incontra
Sophie. Egli ne resta cos
profondamente colpito da riconoscere
in lei -l'amore vero , mai
precedentemente provato per
nessun'altra donna; neppure per Mme de
Warens, sulla quale egli aveva
proiettato ambigui ed incestuosi
sentimenti materni, privi del
trasporto sensuale e dei fremiti
ardenti dell'amore appassionato. (13)
L'oggetto reale (Sophie) si sovrappone
all'oggetto immaginario (Julie),
ereditandone agli occhi di
Jean-Jacques ogni perfezione ed
incanto: -Venne, la vidi, io ero ebbro
di amore senza oggetto; questa
ebbrezza affascin i miei occhi,
questo oggetto si fiss su di lei,
vidi la mia Giulia nella signora
d'Houdetot, e presto non vidi pi che
la signora d'Houdetot, ma rivestita di
tutte le perfezioni di cui avevo
ornato l'idolo fittizio del mio
cuore . (14)
Come noto, la vicenda
autobiografica con Mme d'Houdetot si
conclude negativamente; non solo
perch Sophie, legata ad un altro
uomo, non ricambia la passione di
Rousseau, ma anche, e soprattutto,
perch fallisce quel progetto di
mnage trois, da sempre
accarezzato, con cui questi aveva
sperato di poter coronare la sua
sfortunata esperienza amorosa. (15)
Travolto dagli avvenimenti che
sfoceranno nella definitiva rottura
con Mme d'Epinay e tutti gli
-holbackiens , e nella rapida fuga
dall'Ermitage, il rapporto con Sophie
d'Houdetot non trova alcuna soluzione
positiva e la sua fine coincide con
l'inizio del -lungo ordito delle
sotterranea.
A questo proposito, meriterebbe uno
spazio a parte l'analisi della
psicologia rousseauiana, in quanto
emblematica, attraverso le sue stesse
-patologie , del soggetto maschile
moderno. Uno sguardo anche
superficiale agli scritti
autobiografici e soprattutto alle
Confessioni rivela, in Rousseau, una
profonda paura del femminile che si
rovescia in una proiezione di potenza;
e che lo spinge, nel corso di
un'intera vita, a mettere in atto una
sorta di inversione dei ruoli e a
porsi costantemente in un'attitudine
passiva verso l'oggetto d'amore. Il
tratto saliente che caratterizza il
legame di Rousseau con le donne amate
- Mme Basile, Mme de Warens, Sophie
d'Houdetot ecc' - risulta essere la
delega di ogni iniziativa e
dell'intera gestione del rapporto
amoroso all'altra, in una sorta di
rinuncia a priori ad un confronto
sentito sempre come inquietante, fonte
di infinite e seducenti promesse, ma
anche di oscure e imprevedibili
minacce.
Rousseau stesso ci esime in ogni
caso dal ricorrere a troppo facili
psicologismi, svelandoci
indirettamente la radice di questa
paura in una delle sue opere pi
sistematiche; laddove cio,
nell'Emilio, egli denuncia la natura
eminentemente sessuale della donna,
caratterizzata da un desiderio
incontinente e illimitato. (126)
La sua costitutiva intemperanza
ci che rende necessaria un'opera di
dissimulazione affidata appunto al
processo educativo. La donna impara
fin dall'infanzia ad addomesticare la
sua sfrenata istintualit e a
costruire un'immagine di s che
soddisfi lo sguardo dell'altro e
risponda al giudizio della
collettivit, i quali sono fondativi
per la formazione della sua stessa
identit. La cura della propria
bellezza e di tutto ci che riguarda
la propria persona da un punto di
vista estetico, si iscrive in questa
fondamentale preoccupazione di piacere
all'altro e di soddisfare, in una
parola, l'-opinione : quella stessa
opinione, giudicata da Rousseau
l'origine di tutti i mali, dalla
quale, come noto, l'educazione di
tutti.
Analogo il ruolo di Sophie, per
certi aspetti ancora pi delicato
poich in essa Rousseau tenta
audacemente la sintesi tra amante e
moglie, cui Julie aveva dovuto
rinunciare, dividendosi tra due uomini
diversi. Facendosi guidare dal suo
istintivo pudore, essa ha la facolt
di mantenere vivo, dopo il matrimonio,
il legame con Emile attraverso una
distanza che permetta la gestione
disciplinata dell'amore e del
trasporto sensuale. (137)
Gradualmente, passando dal ruolo di
amante a quello di sposa e madre, essa
sa sostituire alla passione che
inevitabilmente si spegne attraverso
il possesso e lo scorrere del tempo,
una -dolce abitudine fondata sulla
fiducia che si crea nella vita in
comune e sulla condivisione del ruolo
genitoriale. (138)
Spetta alla donna, possiamo dunque
dedurre, trasformare la passione in
sentimento e la sessualit in amore
e cura, per divenire cos la vera
artefice di una strategia della
durata, senza la quale non esiste il
vero bonheur.
Su entrambe le figure femminili, e
sul mondo di cui esse sono l'anima e
il centro, pesa tuttavia l'ombra del
fallimento. Sophie, pur senza perdere
la sua dignit, ceder agli echi
corruttori della citt e alla trappola
del libertinaggio, rendendosi
colpevole del tradimento di Emile.
(139) Julie rimpianger in extremis lo
slancio vitale del desiderio e della
passione e dovr morire, per garantire
la coesione e la sopravvivenza della
collettivit cui ha dato vita. Il
ruolo di moglie e di madre cos
nitidamente tratteggiato si incrina, a
testimoniare anche in questo caso il
carattere aperto e inquieto del
pensiero rousseauiano, irriducibile a
teorie definitive. Colei che appare
come la principale artefice del
processo di addomesticamento della
sessualit e della passione anche
colei che, in ultima istanza,
compromette il successo e la durata
della sua stessa operazione: come se
la sua natura erotica e pulsionale
non arrivasse mai a riconciliarsi con
la sua natura materna e
conservativa, e tanto meno a
lasciarsi assorbire in essa.
Confessioni ( il manoscritto
cosiddetto di Ginevra).
20 maggio: Trasferimento a
Ermenonville, presso il marchese di
Girardin.
2 luglio: Rousseau muore a
Ermenonville.
4 luglio: Viene sepolto nell'-isola
dei pioppi .
1779: In appendice al poema I me si
di Roucher, vengono pubblicate
le quattro Lettere a Malesher
bes.
1780: Pubblicazione, in Inghilter ra,
del primo dei tre Dialoghi.
1782, primavera: Pubblicazione, a
Ginevra, della I parte delle
Confessioni, seguita da quella
delle Fantasticherie del
passeggiatore solitario e, in
seguito, dei Tre dialoghi.
1789, autunno: Pubblicazione, a
Ginevra, della Ii parte delle
Confessioni.
1794, ottobre: I resti di Rousseau
vengono deposti nel Panthon.
Non la conobbe il mondo mentre
l'ebbe;@ Conobbil'io ch'a pianger
qui rimasi.@
Petrarca (1)
Prima prefazione dell'Autore
(1)
Nelle grandi citt occorrono
spettacoli, romanzi ai popoli
corrotti. Ho visto i costumi del mio
tempo e ho pubblicato queste lettere.
Perch non son vissuto in un secolo
nel quale avrei dovuto buttarle nel
fuoco?
Bench io non porti qui che il
titolo di editore, ho lavorato io
stesso a questo libro, e non ne faccio
mistero. Ho fatto tutto io, e tutta la
corrispondenza non altro che una
finzione? Gente mondana, cosa ve
n'importa? Per voi certamente una
finzione.
Ogni onest'uomo deve firmare i libri
che pubblica. Perci metto il mio nome
in capo a questa raccolta, non per
appropriarmela, ma per farmene
responsabile. Si imputi a me il male,
se ce n'; se c' qualche bene, non
voglio affatto farmene bello. Se il
libro cattivo, sono anche pi
obbligato a dirlo mio; non voglio
farmi passare per migliore di quanto
sono.
Circa la verit dei fatti, dichiaro
che sono stato varie volte nel paese
ne faccia?
R' Male? A chi? Nei periodi di
epidemia e di contagio, quando tutti
sono colpiti, forse che si dovr
proibire di smerciare buone medicine,
col pretesto che potrebbero nuocere ai
sani? Signore, su questo punto non
andiamo d'accordo: tanto che, se
lecito aspettarsi un po' di successo
per queste lettere, sono persuasissimo
che farebbero anche pi bene d'un
ottimo libro.
N' vero che la vostra
predicatrice eccellente. Sono assai
contento di vedervi riconciliato con
le donne; mi spiaceva di vedervi
proibir loro di far prediche agli
uomini. (d)
R' Siete insistente. Devo tacere;
non sono n pazzo abbastanza n
abbastanza savio da sempre aver
ragione. Lasciamo che la critica si
roda quest'osso.
N' Generosamente: per paura che ne
rimanga senza. Ma anche se non ci
fosse niente da osservare a un altro,
come potr perdonare al severo censore
degli spettacoli le situazioni vivaci
e i sentimenti appassionati di cui
(d) Vedi la Lettera a D'Alembert
sugli spettacoli, pag' 81 della prima
edizione. (N'd'A')
questa raccolta piena? Fatemi vedere
una scena di teatro che componga un
quadro simile a quello del boschetto
di Clarens o del gabinetto di
toeletta. Rileggete la lettera sugli
spettacoli; rileggete questa
raccolta... Siate coerente, o
rinunciate ai vostri principi... Cosa
volete che se ne pensi?
R' Voglio, signore, che un critico
sia coerente con se stesso, e che non
giudichi se non dopo di aver
esaminato. Rileggete meglio lo scritto
al quale alludete; rileggete anche la
prefazione al Narciso, ci troverete
la risposta all'incoerenza che mi
rinfacciate. (15) Gli sventati che
pretendono di trovarne nell'Indovino
del villaggio, qui ne troveranno
certamente di pi. Ma fanno il loro
mestiere; mentre voi...
N' Ricordo due passi... (e) Stimate
poco i vostri contemporanei.
R' Signore, anch'io sono loro
contemporaneo! Oh! perch non son nato
in un secolo in cui avrei dovuto
gettare questa raccolta nel fuoco?
N' Esagerate, al solito; ma fino a
tutte lettere.
N' Scherzate! Cosa diranno di voi?
R' Ci che vorranno. Faccio il mio
nome in capo a questa raccolta, non
per appropriarmela, ma per farmene
responsabile. Si imputi a me il male,
se ce n'; se c' qualche bene, non
voglio affatto farmene bello. Se si
trova che il libro cattivo in s,
ragione di pi per metterci il nome.
Non voglio passare per migliore di
come sono.
N' Siete contento di questa
risposta?
R' S, in tempi in cui a nessuno
possibile esser buono.
N' E le belle anime, le dimenticate?
R' La natura le fece, le vostre
istituzioni le corrompono.
N' In capo a un libro d'amore si
leggeranno queste parole: Di G'G'
Rousseau, Cittadino di Ginevra!
R' Cittadino di Ginevra? No,
niente affatto. Non voglio profanare
il nome della mia patria; non lo
appongo che agli scritti che reputo
possano farle onore. (17)
N' Ma il nome che portate, anche
quello non senza onore, avete
qualcosa da perdere anche voi.
Pubblicate un libro debole e pedestre
che vi nuocer. Vorrei potervelo
impedire; ma se commettete questa
sciocchezza, meglio che la facciate
apertamente e schiettamente. Cos
almeno sarete fedele al vostro
carattere. A proposito; ci metterete
anche il vostro motto? (18)
R' Gi il mio libraio m'ha fatto
questo scherzo, e m' parso cos
felice che gli ho promesso di fargli
onore. Nossignore, non apporr il mio
motto a questo libro; ma non ci
rinuncer per questo, e meno che mai
mi spavento di averlo scelto. Non
dimenticate che pensavo di far
stampare queste lettere quando
scrivevo contro gli spettacoli, e che
il pensiero di giustificare uno di
questi scritti non m'ha fatto alterare
la verit nell'altro. Mi sono accusato
anticipatamente, con pi energia forse
di chicchessia. Colui che preferisce
la verit alla propria gloria pu
sperare di preferirla alla propria
vita. Volete che si sia sempre
coerenti; dubito che ci sia possibile
all'uomo; ma gli possibile di sempre
essere vero: ecco ci che voglio
essere.
duramente.
Ma poi ch'Amor di me vi fece
accorta,@ Fu r i biondi capelli allor
velati@ E l'amoroso sguardo in s
raccolto.@ (1)
M'avete privato in pubblico
dell'innocente familiarit di cui
stoltamente mi sono lagnato; e siete
tanto pi severa quando siamo soli, il
vostro ingegnoso rigore si esercita
egualmente, nell'assenso e nel
rifiuto.
Ah, perch non potete sapere quanto
codesta freddezza mi riesce crudele?
capireste che sono anche troppo
punito. Con che ardore tornerei
indietro, per far s che non aveste
mai visto quella lettera fatale! No,
per timore di offendervi ancora, non
scriverei questa se non avessi scritto
la prima; non voglio raddoppiare la
colpa ma riscattarla. Per placarvi
devo dirvi che m'illudevo da me? Devo
protestare che non era amore quello
che nutrivo per voi?... ma non
pronuncer cos odioso spergiuro! La
vile menzogna forse degna d'un cuore
sul quale regnate? Ah! che io sia
infelice, se devo esserlo; ma per
esser stato temerario non sar n
mentitore n codardo, e il delitto
commesso dal mio cuore non sar
sconfessato dalla mia penna.
Gi sento il peso del vostro sdegno,
ne aspetto gli estremi effetti come
una grazia che mi dovete in mancanza
di qualsiasi altra; perch il fuoco
che mi consuma merita di essere
punito, ma non disprezzato. Per piet,
non mi abbandonate a me stesso;
degnatevi almeno di decidere della mia
sorte; dite qual la vostra volont.
Qualsiasi cosa mi prescriviate, non
far che ubbidire. M'imponete un
eterno silenzio? sapr costringermi a
osservarlo. M'ordinate di morire? Ah!
non sar la cosa pi difficile. Non
c' ordine al quale io non consenta,
salvo quello di non pi amarvi: ma
anche in questo vi ubbidirei, se fosse
possibile. (2)
Cento volte al giorno sono tentato
di gettarmi ai vostri piedi, di
bagnarli con le mie lagrime, per
ottenere la morte o il perdono. Sempre
un mortale spavento mi agghiaccia il
cuore; le ginocchia mi tremano e non
ardiscono piegarsi; la parola mi spira
sulle labbra, la mia anima non sa come
difendersi dal timore di irritarvi.
partire.
Ii Biglietto
Di Giulia
No, signore; dopo quello che avete
simulato di sentire; dopo quanto avete
avuto l'ardire di dirmi; un uomo come
avete finto di essere non parte; fa di
pi.
Risposta
Non ho simulato altro che una
passione moderata in un cuore
disperato. Domani sarete contenta,
qualunque cosa ne diciate, avr fatto
ben altro che partire.
Iii Biglietto
Di Giulia
Insensato! se ti son cari i miei
giorni, temi di attentare ai tuoi.
Sono strettamente sorvegliata, non
posso n parlarvi n scrivervi fino a
domani. Aspettate.
Lettera Iv
Di Giulia
Bisogna dunque confessarlo,
finalmente, questo fatale segreto mal
dissimulato! Quante volte ho giurato
che non mi sarebbe uscito dal cuore se
non con la vita! Ecco che la tua in
pericolo me lo strappa; mi sfugge, e
l'onore perduto. Ahim! anche troppo
ho mantenuto parola: c' forse morte
pi crudele che sopravvivere
all'onore?
Cosa dire, in che modo rompere cos
penoso silenzio? O non ho forse gi
detto tutto, e non m'hai forse intesa
anche troppo? Ah! hai visto troppo per
non indovinare il resto! Trascinata a
poco a poco nei lacci d'un vile
seduttore, vedo senza potermi fermare
l'orrendo precipizio dove sto per
cadere. Subdolo uomo! la tua audacia
deriva dal mio amore, pi che dal tuo.
Vedi com' sconvolto il mio cuore, te
ne avvantaggi per rovinarmi; e
rendendomi spregevole, il peggiore dei
miei mali d'esser costretta a
spregiarti. Ah sciagurato! io ti
stimavo e tu mi disonori! credimi, se
il tuo cuore fosse fatto per godere
tranquillamente questa vittoria, non
l'avrebbe mai riportata.
Ora che lo sai, i tuoi rimorsi
aumenteranno; non avevo in me istinti
viziosi. Amavo l'onest e la modestia;
mi piaceva nutrirle in un'esistenza
semplice e laboriosa. A che m'hanno
giovato queste cure che il cielo ha
rifiutato? Dal primo giorno che ebbi
la sventura di vederti, provai il
evitarla.
Tuttavia, se non sei l'ultimo degli
uomini, se qualche scintilla di virt
(2) ti splende nell'anima, se ancora
vi rimane qualche traccia dei
sentimenti d'onore di cui mi parevi
imbevuto, posso mai crederti vile
abbastanza per abusare di questa
fatale confessione strappatami dal
delirio? No, ti conosco bene; tu
sosterrai la mia debolezza,
proteggerai la mia persona contro il
mio proprio cuore. Le tue virt sono
l'estremo rifugio della mia innocenza;
il mio onore osa affidarsi al tuo, non
puoi mantenere l'uno senza l'altro;
anima generosa, ah! conservali
entrambi, o almeno per amore di te
degnati di aver piet di me.
O Dio! non sono abbastanza umiliata?
Ti scrivo ginocchioni; bagno questa
carta con le lagrime; alzo verso di te
le mie timide suppliche. Tuttavia non
credere che io non sappia che toccava
a me riceverne, e che per farmi
ubbidire non avevo che da farmi
astutamente spregevole. Amico,
prenditi pure questo vano imperio, e
lasciami la mia onest: preferisco
esserti schiava e vivere innocente,
che comperare la tua sommissione a
prezzo del mio disonore. Se ti degni
d'ascoltarmi, quanto amore, quanto
rispetto non ti devi aspettare da
colei che ti sar debitrice di essere
tornata in vita? Quali incanti, nella
dolce unione di due anime pure! I tuoi
desideri vinti saranno sorgente della
tua felicit, i piaceri di cui godrai
saranno degni persino del cielo.
Credo, spero che un cuore che m'
sembrato meritevole della devozione
del mio non vorr smentire la
generosit che me ne aspetto. Spero
anche che, se fosse vile abbastanza da
abusare del mio traviamento e delle
confessioni che mi strappa, il
disprezzo e lo sdegno mi
restituirebbero la ragione smarrita, e
che non sarei vile io stessa al punto
di temere un amante del quale dovessi
arrossire. Tu sarai virtuoso o
sprezzato; io sar rispettata o
guarita; l'unica speranza che mi
rimane, prima di quella di morire.
Lettera V
A Giulia
Potenze del cielo! avevo un'anima
per il dolore, datemene una per la
gioia! Amore, vita dell'anima, vieni a
Lettera Xvi
Risposta
Rileggo la tremenda vostra lettera,
a ogni riga rabbrividisco. Tuttavia
ubbidir, l'ho promesso, lo devo;
ubbidir. Ma non saprete, o barbara,
non saprete mai che cosa un siffatto
sacrificio costa al mio cuore. Ah, non
avevate bisogno della prova del
boschetto per farmelo pi acerbo!
una raffinatezza crudele, inutile per
la vostra anima impietosa; io posso
almeno sfidarvi a farmi pi infelice.
Riceverete la vostra scatola cos
come me l'avete mandata. Aggiungere
l'obbrobrio alla crudelt troppo; se
vi ho lasciato padrona del mio
destino, non v'ho per lasciata
arbitra del mio onore. un deposito
sacro (l'unico, ahim, che mi rimanga)
di cui, fin che vivo, nessuno sar
incaricato, se non io soltanto. (1)
Lettera Xvii
Replica
La vostra lettera mi fa piet;
l'unica cosa sciocca che abbiate mai
scritto.
Dunque offendo il vostro onore, io
che per lui darei la mia vita? Dunque
offendo il tuo onore, ingrato! tu che
m'hai vista sul punto di abbandonarti
il mio? Dov' dunque, quest'onore che
offendo? Dimmelo, cuore abietto, anima
senza delicatezza! Ah! quanto sei
spregevole, se non possiedi che un
onore che Giulia non conosce! Come
mai, coloro che voglion spartire la
loro sorte non ardiranno spartire i
loro beni, e colui che si professa mio
si considera oltraggiato dai miei
doni? E da quando mai ci che il cuore
d disonora il cuore che accetta: ma
si disprezza un uomo che riceve da un
altro? si disprezza colui che ha
bisogni pi grandi degli averi? E chi
lo disprezza? le anime abiette che
metton l'onore nella ricchezza, e
valutano le virt a peso d'oro. Forse
che un uomo da bene mette il suo onore
in codeste vili massime, e il
pregiudizio stesso della ragione non
forse in favore del pi misero?
Certo ci sono dei doni vili che un
uomo da bene non pu accettare; ma
sappiate che quelli non disonoran se
non la mano che li offre, e che un
dono nobilmente offerto pu sempre
essere nobilmente accettato; ora il
mio cuore non mi rinfaccia affatto
questo dono, anzi se ne gloria. (a)
partire... fremo...
Ma insomma, mio padre m'ha forse
venduta? tratta sua figlia come una
merce, una schiava, si sdebita a mie
spese! paga la sua vita con la mia!...
perch lo sento bene, non potr
sopravvivere... padre barbaro,
snaturato! meriterebbe... che,
meritare? il migliore dei padri;
vuole unire sua figlia al suo amico,
questo il suo delitto. Ma mia madre,
la tenera mia madre! che male m'ha
fatto?... Ah! molto! m'ha voluto
troppo bene, m'ha rovinata.
Clara, che cosa far? cosa sar di
me? Hanz non viene. Non so come farti
avere questa lettera. Prima che tu la
riceva... prima che tu sia tornata...
chiss... fuggitiva, errante,
disonorata... finita, finita, la
crisi giunta. Un giorno, un'ora, un
istante, forse... chi mai pu evitare
il proprio destino?... Oh, in
qualunque luogo io viva o muoia; in
qualunque oscuro asilo io trascini la
mia vergogna e la mia disperazione:
Clara, ricordati della tua amica...
Ahim, la miseria e l'obbrobrio mutano
i cuori... Ah, se mai il mio ti
dimenticasse, sarebbe molto mutato.
Lettera Xxix
Di Giulia a Clara
Rimani, ah rimani! non tornare mai
pi; arriveresti troppo tardi. Non ti
devo pi vedere; come potrei sostenere
la tua vista?
Dov'eri mai, dolce mia amica, mia
salvaguardia, angelo mio tutelare?
m'hai abbandonata e io son caduta. (1)
E che, quel fatale viaggio era cos
necessario, cos urgente? potevi mai
abbandonarmi a me stessa nel momento
pi pericoloso della mia vita? Quanti
rimorsi non ti sei preparata, con
questa colpevole negligenza! Saranno
eterni, come le mie lagrime. La tua
rovina non meno irreparabile della
mia, trovarti un'altra amica degna di
te difficile come per me ritrovare
la mia innocenza.
Cosa t'ho detto, sciagurata? Non
posso n parlare n tacere. A che
giova il silenzio quando il rimorso
grida? L'intero universo non mi
rinfaccia forse la mia colpa? la mia
vergogna non forse scritta su tutte
le cose? Se non sfogo il mio cuore nel
tuo dovr soffocare. E tu non ti
rimproveri niente, facile e troppo
fiduciosa amica? Ah, perch non m'hai
doveri dell'umanit.
Lettera Xl
Di Fanchon Regard a Giulia
Signorina,
perdonate a una poveretta disperata
che non sa pi cosa fare e ardisce
ricorrere ancora alle vostre bont.
Perch voi non siete mai stanca di
consolare gli afflitti, e io sono cos
infelice che soltanto a voi e al
Signore i miei lamenti non danno noia.
Mi rincresciuto molto di dover
lasciare il tirocinio che m'avevate
procurato; ma ho avuto la disgrazia di
perdere la mamma quest'inverno e ho
dovuto tornare dal padre che
paralitico e deve stare a letto.
Non ho dimenticato il consiglio che
avevate dato alla mamma, cercare di
accasarmi con un bravo uomo che si
curasse della famiglia. Il Claudio
Anet che il signor vostro padre ha
portato con s tornando dal servizio
militare un bravo giovane,
assestato, ha un buon mestiere e mi
vuol bene. Dopo tutta la carit che
avete avuto per noi non osavo pi
scomodarvi, lui ci ha dato da vivere
per tutto l'inverno. Doveva sposarmi
questa primavera; non pensava che al
matrimonio. Ma mi hanno cos
tormentata per farmi pagare la pigione
di tre anni scaduta a Pasqua perch
non sapevamo dove prendere tanto
denaro contante perch quel poveretto
s' arruolato ancora senza dirmi
niente nella compagnia del signor de
Merveilleux, e m'ha portato il denaro
dell'ingaggio. Il signor de
Merveilleux non star pi che sette o
otto giorni a Neuch tel, e Claudio
Anet dovr partire fra tre o quattro:
cos che non abbiamo n il tempo n i
mezzi per sposarci, e io resto senza
risorsa. Se col vostro credito o
quello del signor barone poteste
ottenere almeno una dilazione di
cinque o sei settimane, faremmo in
modo o di poterci sposare o di
rimborsare quel bravo giovane; ma lo
conosco bene, non vorr mai pi
ripigliare il denaro che mi ha dato.
Stamattina venuto un signore molto
ricco a offrirmene assai di pi; ma
Dio m'ha fatto la grazia di
rifiutarlo. Ha detto che torner
domattina a pigliare la risposta
definitiva. Gli ho gi detto di non
scomodarsi e che la sapeva gi. Dio lo
benedica, domani sar accolto come
questa conoscenza.
Non te lo ripeter mai abbastanza:
pensa ai casi tuoi fin che sei in
tempo. Allontana il tuo amico prima
che se ne parli; spegni dei sospetti
nascenti, che la sua assenza far
certamente dileguare: perch insomma
cosa si pu credere che ci stia a
fare, qui? Fra sei settimane o un mese
sar forse troppo tardi. Se la minima
parola venisse all'orecchio di tuo
padre, trema pensando a cosa
nascerebbe dallo sdegno d'un militare
con le sue idee sull'onore della casa,
e dalla petulanza d'un giovane focoso
incapace di tollerare checchessia. Ma
innanzi tutto bisogner rimediare in
un modo o nell'altro all'alterco con
milord Edoardo; perch immancabilmente
irriteresti il tuo amico e ne avresti
un giusto rifiuto se gli parlassi di
andarsene prima di averlo liquidato.
Lettera Lvii
Di Giulia
Amico, mi sono informata minutamente
di quanto capitato fra voi e milord
Edoardo. Fondata sull'esatta
conoscenza dei fatti la vostra amica
vuol esaminare con voi in che modo
dovete comportarvi in questo
frangente, secondo i principi che
professate e di cui suppongo non fate
vana e menzognera esibizione.
Non voglio sapere se siete versato
nell'arte della scherma, n se vi
sentite in grado di affrontare un uomo
che in tutta Europa ha fama di
abilissimo spadaccino, e che in cinque
o sei duelli ha sempre ferito, ucciso
o disarmato il suo avversario. Capisco
che nel vostro caso non si sta a
consultare la propria abilit ma il
proprio coraggio, e che la miglior
maniera di vendicarsi di un eroe che
vi insulta di fare in modo che vi
ammazzi. Lasciamo stare cos
giudiziosa massima; mi direte che il
vostro onore e il mio vi sono pi cari
della vita. Questo il principio sul
quale bisogna ragionare.
Cominciamo da quanto vi tocca.
Spiegatemi un poco perch mai siete
personalmente offeso da un discorso
che riguardava me sola? Se poi toccava
a voi in questo caso assumere la mia
difesa, cosa che vedremo fra poco;
frattanto non potrete negare che la
disputa assolutamente estranea al
vostro onore personale, a meno che
prendiate per un affronto il sospetto
v'ha gi dato?
Voi che pretendete che si cavi
profitto dalle letture, vedete di
cavarne dalle vostre, e cercate un po'
se mai si vide una sola sfida sulla
terra quand'era popolata di eroi. I
pi valorosi uomini dell'antichit
pensaron forse di vendicarsi delle
loro personali ingiurie con singolari
tenzoni? Cesare mand forse un
cartello di sfida a Catone, o Pompeo a
Cesare, per tutti i reciproci
affronti; e il pi gran capitano della
Grecia si reput forse disonorato per
esser stato minacciato col bastone?
Altri tempi, altri usi: lo so; ma
forse che ci sono soltanto buoni usi,
e non sar lecito indagare se l'uso di
un'epoca proprio quello che il vero
onore esige? No, l'onore non
mutevole, non dipende n dal tempo n
dai luoghi n dai pregiudizi, non pu
n tramontare n rinascere, ha la sua
eterna sorgente nel cuore dell'uomo
giusto e nella regola inalterabile dei
suoi doveri. Se i popoli pi
Illuminati, pi valorosi, pi virtuosi
della terra hanno ignorato il duello,
dico che non una istituzione
dell'onore, ma una moda orrenda e
barbara, degna della sua feroce
origine. Bisogna poi vedere se, quando
si tratti della sua vita o di quella
altrui, l'uomo da bene si regola sulla
moda e se in quel caso non c' pi e
pi vero coraggio a sfidarla piuttosto
che a seguirla. Cosa dovrebbe fare,
secondo voi, uno che vorrebbe
uniformarvisi nei paesi dove regna un
costume diverso? A Messina o a Napoli
andrebbe ad aspettare l'avversario
dietro il canto d'una strada e lo
pugnalerebbe nella schiena. Il che si
dice essere bravo in quel paese, (2)
dove l'onore non consiste nel farsi
ammazzare dal proprio nemico bens
nell'ammazzarlo.
State quindi attento a non
confondere il sacro nome dell'onore
con codesto feroce pregiudizio che
affida tutte le virt alla punta della
spada, e non giova che a creare dei
valorosi scellerati. Anche ammettendo
che questo metodo possa fornire un
supplemento alla probit: dappertutto
dove regna la probit un supplemento
non forse inutile? e cosa si dovr
pensare d'un uomo che si espone alla
morte per esimersi dall'essere onesto?
Non vedete che i delitti che l'onore e
Di Giulia a Clara
Tutto quanto avevi previsto
capitato. Un'ora dopo il nostro
ritorno mio padre entr nella camera
di mia madre, con gli occhi
sfavillanti e il volto in fiamme;
insomma, in uno stato in cui non
l'avevo mai visto. Capii subito che
aveva avuto un diverbio, o che voleva
attaccar briga: e la mia coscienza
inquieta mi fece tremare
anticipatamente.
Cominci prendendosela in modo assai
vivo ma generico contro le madri di
famiglia che sconsideratamente
chiamano in casa giovani senza stato e
senza nome, il cui commercio non
procura altro che vergogna e disonore
a quelle che li ascoltano. Vedendo poi
che tanto non bastava, per strappare
qualche replica a una donna spaurita,
cit senza alcun riguardo, a mo' di
esempio, quanto era capitato in casa
nostra da quando ci si era introdotto
un sedicente bello spirito, un
cialtrone, assai pi proprio a
corrompere una brava ragazza che a
darle qualche utile istruzione. Mia
madre, vedendo che aveva poco da
guadagnare tacendo, lo interruppe
sentendo la parola corruzione, e gli
domand se vedeva qualche cosa, nella
condotta o nella fama dell'uomo di cui
parlava, che potesse autorizzare tali
sospetti. -Non ho mai pensato
soggiunse -che l'intelligenza e il
merito fossero titoli che escludono
dalla buona societ. A chi mai dovremo
aprire la nostra casa, se i talenti e
i buoni costumi non vi hanno accesso?
-A gente della nostra condizione,
signora, rispose mio padre
incollerito -che siano in grado di
riparare l'onore di una ragazza, se
mai l'offendessero. -No disse lei;
-ma a gente da bene, che non
l'offendono. -Sappiate disse lui
-che l'ardire di sollecitare
l'alleanza d'una casa senza nessun
titolo per meritarla, equivale a
offenderne l'onore. -Non solo
replic mia madre -non ci vedo
un'offesa, ci vedo invece un attestato
di stima. Del resto non mi consta che
colui contro il quale siete sdegnato
abbia mai domandato tale cosa. -L'ha
fatto, signora, e far anche peggio se
non ci metto riparo; ma siate certa
che veglier io ai doveri che adempite
tanto male.
Quarta parte
A cura della
Biblioteca Italiana per i Ciechi
Monza
Parte prima (continuazione)
Lettera Lxv
Di Clara a Giulia
Tutto finito; nonostante le sue
imprudenze, la mia Giulia in salvo.
I segreti del tuo cuore sono sepolti
nell'ombra del mistero; sei ancora in
seno alla tua famiglia e al tuo paese,
amata, onorata, godi di una fama
illibata, sei universalmente stimata.
Fremi considerando i pericoli ai quali
la vergogna o l'amore ti hanno
esposta, esagerando in pi o in meno.
Impara a non pi voler conciliare
sentimenti incompatibili, e ringrazia
il cielo, troppo cieca amante o troppo
timida figlia, d'una felicit
riservata a te sola. (1)
Volevo evitare al tuo triste cuore i
particolari di cos crudele e
necessaria partenza. Ma tu l'hai
voluto e io ho promesso, quindi
manterr parola con quella schiettezza
che ci comune e che sempre prefer a
tutto la buona fede. Leggi dunque,
cara e lagrimevole amica; leggi,
poich bisogna; ma fatti coraggio e
dominati.
Tutte le cautele che avevo preso e
di cui ti parlai ieri sono state
puntualmente osservate. Tornando a
casa trovai il signor d'Orbe e milord
Edoardo. Cominciai dichiarando a
quest'ultimo che eravamo al corrente
dell'eroica sua generosit, e quanto
gliene eravamo grate tutt'e due. Poi
esposi loro le gravi ragioni che ci
inducevano ad allontanare subito il
suo amico, e le difficolt che
prevedevo per risolverlo a tanto.
Milord intese tutto benissimo e si
mostr assai addolorato delle
conseguenze del suo zelo intempestivo.
Ammisero che importava affrettare la
partenza del tuo amico, e approfittare
di un momento di consenso per
prevenire nuove perplessit, e cos
strapparlo a un continuo pericolo.
Pensavo di incaricare il signor d'Orbe
di provvedere a sua insaputa ai
necessari preparativi; ma milord volle
incaricarsene, affermando esser questo
suo dovere. Mi promise che il suo
calesse sarebbe stato pronto per
stamattina alle undici, soggiunse che
avrebbe accompagnato l'amico fin dove
occasione.
Ma c' di pi; ognuno si mette
continuamente in contraddizione con se
stesso, senza che nessuno ci trovi a
ridire. Ci sono dei principi per la
conversazione, e altri principi per la
pratica; nessuno si scandalizza se
sono in contrasto, tutti son d'accordo
che non si debbano somigliare. Nemmeno
da un autore, e soprattutto da un
moralista, si esige che parli come i
suoi libri, n che agisca come parla.
Scritti, discorsi e condotta sono tre
cose diversissime, che lo scrittore
non tenuto a conciliare. Insomma,
tutto assurdo eppure niente offende,
perch ci si avvezzi, anzi in
codesta incongruenza c' una specie di
eleganza di cui parecchia gente si fa
bella. In realt, anche se tutti
predicano fervorosamente le massime
della loro professione, tutti si
piccano d'assumere il tono di
un'altra. Il leguleio si d l'aria del
cavaliere; il finanziere fa il
signore; il vescovo si picca di
galanteria; il cortigiano parla di
filosofia, lo statista discorre come
un damerino; persino il semplice
artigiano, che non pu assumere altro
carattere dal suo proprio, la domenica
si veste di nero per somigliare
all'avvocato. Fanno eccezione i
militari, i quali, sdegnando qualsiasi
altra condizione, mantengono senza
tante storie il tono della loro e
riescono intollerabili in buona fede.
Non che il signor Muralt (3) non
avesse ragione quando dava la
preferenza alla loro societ; ma
quello che ai suoi tempi era vero ora
non lo pi. I progressi della
letteratura hanno migliorato il tono
generale; soltanto i militari non
hanno voluto cambiare e il loro tono,
che prima era il migliore, ha finito
col diventare il peggiore. (c)
Cos che gli uomini ai quali si
parla non sono quelli coi quali si
conversa; i sentimenti non gli nascono
dal cuore, i loro lumi non gli stanno
nello spirito, i loro discorsi non
esprimono i loro pensieri, di loro non
si scorge altro che l'aspetto esterno,
(c) Vero o falso che sia, questo
giudizio non pu riferirsi che ai
subalterni e a chi vive lontano da
Parigi. Perch tutto quanto c' di
illustre nel regno presta servizio, e
la corte stessa tutta militare. Ma
quintessenziato da tutte le
sottigliezze della metafisica. Devo
dire che non ho mai tanto sentito
parlare del sentimento in vita mia, n
di aver capito meno quanto se ne
diceva. Sono inconcepibili
raffinatezze. O Giulia, i nostri rozzi
cuori non hanno mai saputo nulla di
queste belle massime, e temo che
presso la gente mondana capiti al
sentimento quello che capita a Omero
presso i pedanti, che gli vanno
inventando mille chimeriche bellezze
per non saper scorgere le effettive.
Cos spendono tutto il loro sentimento
in spirito, e ne fanno tanto scialo
nei discorsi che non ne rimane pi per
la pratica. Per fortuna le convenienze
vi suppliscono, e si agisce per
abitudine pressappoco come si farebbe
per sentimento; s'intende, fin dove
non si tratta che di formule o di
qualche leggera noia, che si accetta
per far parlar bene di s; perch se i
sacrifici si prolungano eccessivamente
o pesan troppo, addio sentimento; le
convenienze non esigono tanto. Salvo
questo caso, incredibile fino a che
segno tutto compassato, misurato,
pesato, in quello che chiamano il modo
di fare; tutto quello che non deriva
pi dal sentimento l'hanno messo in
regole e tutto regolato fra loro.
Anche se questo popolo di imitatori
fosse pieno di originali, sarebbe
impossibile avvedersene: perch
nessuno ardisce essere se stesso.
-Bisogna fare come gli altri ; la
prima massima della saggezza locale.
-Questo si fa, quest'altro non si fa.
Ecco la suprema sentenza.
Quest'apparente regolarit
conferisce all'uso corrente un tono
comicissimo, persino nelle cose pi
serie. Si sa esattamente quando
bisogna mandare a prender notizie;
quando bisogna farsi iscrivere, cio
fare una visita che non si fa; quando
bisogna farla di persona; quando
lecito essere in casa; quando non
opportuno esserci, anche se ci si ;
che profferte uno deve fare; che
profferte l'altro deve respingere; che
grado di tristezza bisogna assumere
per tale o talaltra morte, (b) quanto
(b) Affliggersi della morte di
qualcuno un sentimento d'umanit e
dimostrazione di buona natura, ma non
un dovere di virt, anche se quel
qualcuno fosse nostro padre. Chiunque
Lettera Xxvi
A Giulia
Giulia! Giulia! che un tempo potevo
dir mia e di cui oggi profano il nome!
La penna sfugge alla mano tremante; le
lagrime inondano la carta; a stento
riesco a formare le prime parole d'una
lettera che non si sarebbe dovuta
scrivere mai; non so n tacere n
parlare! Vieni, onorata e diletta
immagine, vieni a purificare e
rianimare un cuore avvilito dalla
vergogna e spezzato dal pentimento.
Sostieni il mio coraggio che vacilla;
dai ai miei rimorsi la forza di
confessare l'involontario delitto che
la tua assenza m'ha lasciato
commettere.
Quanto disprezzo avrai per me
colpevole; eppure sar minore di
quello che sento per me stesso! Per
abbietto che apparir ai tuoi occhi,
ai miei lo sono cento volte di pi:
perch vedendomi come sono, la cosa
che ancor pi mi umilia di vederti,
di sentirti in fondo al cuore, in un
posto ormai cos poco degno di te, e
di pensare che il ricordo dei veri
piaceri dell'amore non bastato a
garantire i miei sensi da una trappola
pur senza esca e da un delitto senza
attrattive.
Sono in un tale eccesso di
confusione che ricorrendo alla tua
clemenza, ho paura di contaminare i
tuoi sguardi con queste righe che
confessano il mio fallo. Perdona,
anima pura e casta, un racconto che
risparmierei alla tua modestia, se non
fosse un mezzo di espiare i miei
traviamenti; sono indegno delle tue
bont, lo so; sono vile, abbietto,
spregevole; ma almeno non sar n
falso n ingannatore, e preferisco che
tu mi tolga e cuore e vita piuttosto
che ingannarti un solo momento. Per
non lasciarmi tentare a cercar delle
scuse che non gioverebbero che a farmi
pi colpevole, mi limiter a farti un
racconto esatto di quanto m'
capitato. Sar sincero come il mio
rammarico; e non dir altro in mio
favore.
Avevo fatto conoscenza con alcuni
ufficiali delle guardie, e altri
giovani nostri compatriotti, che mi
sembravano avere qualche virt
naturale, e mi spiaceva di vedere che
la sciupavano imitando non so che
stolte maniere che non sono fatte per
Risposta
In che modo si potrebbe amarvi meno,
se ogni giorno siete degno di maggior
stima? In che modo potrei perdere i
miei sentimenti d'un tempo per voi, se
ogni giorno ne meritate di nuovi? No,
mio caro e degno amico; saremo per il
resto dei nostri giorni ci che siamo
stati gli uni per gli altri fin dalla
prima giovinezza; e se il nostro
reciproco affetto non s'accresce,
perch non pi possibile che
s'accresca. Di nuovo c' che vi volevo
bene come a un fratello e ora vi
voglio bene come a un figlio; perch,
anche se siamo tutt'e due pi giovani
di voi, e vostre allieve, vi considero
un poco come nostro figlio.
Insegnandoci a pensare, avete per
imparato da noi a sentire; e checch
affermi il vostro filosofo inglese,
questa educazione almeno pari
all'altra; se la ragione forma l'uomo,
per il sentimento che lo dirige.
(1)
Sapete perch la mia condotta verso
di voi pare cambiata? Non che il mio
cuore non sia sempre il medesimo,
credetemi; la vostra condizione che
cambiata. Fin che rimaneva uno
spiraglio di speranza ho favorito la
vostra passione. Ma da quando
ostinandovi ad aspirare a Giulia non
potete far altro che renderla
infelice, compiacervi non sarebbe che
nuocervi. Preferisco sapere che siete
meno da compiangere pur scontentandovi
anche pi. Quando la felicit comune
impossibile, cercare la propria in
quella dell'essere amato non forse
l'unica cosa che resti all'amore
disperato?
Ma voi non vi limitate a questo
sentimento, o mio generoso amico; lo
eseguite col pi doloroso sacrificio
che mai abbia fatto fedele amante.
Rinunciando a Giulia acquistate la sua
pace a spese della vostra, e per lei
rinunciate a voi stesso.
Quasi quasi non ho il coraggio di
dirvi che strane idee mi vengono; ma
sono consolanti, perci eccole.
Anzitutto, mi pare che il vero amore,
come pure la virt, abbia questo
vantaggio: che sa ricompensare di
tutto quanto gli si sacrifica, e che
in certo senso si gode delle
privazioni che ci si impone col
sentimento stesso di quanto costano e
della ragione che ci induce a farle.