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11.01.

2023
Il Decadentismo

Contesto storico
pag. 2/3/4

Tre prose per la modernità (pag. 9)

In questo periodo va in crisi il Razionalismo. Tutti gli autori decadenti sono


accomunati dal concetto di crisi del Razionalismo.
Il Decadentismo ha una portata enorme, è un fenomeno che coinvolge tutta l’Europa,
assumendo anche nomi e caratteristiche differenti.
Il Razionalismo è un modo di pensare per cui l’uomo, grazie alla ragione, riesce
sempre a far fronte alla realtà (l’Illuminismo e il Positivismo sono forme di
Razionalismo). La fiducia nel potere della ragione umana viene nuovamente messo
in crisi, è lo stesso che è capitato con il Romanticismo, ma con delle innovazioni e
novità che sono capitate nel frattempo.
Ad esempio, nell’opera teatrale Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello viene
rappresentato il metateatro: inizialmente ci si trova di fronte ad un fuoriscena, in
seguito dal fondo del teatro arrivano degli attori che interpretano dei personaggi che
cercano qualcuno che metta in scena la loro storia. Per Pirandello, infatti, esistono
delle condizioni umane che gli attori devono rappresentare: durante il corso
dell’opera i personaggi si scontreranno con gli attori che non riescono a interpretare
le condizioni dei personaggi così come vorrebbero questi ultimi. Si tratta di un modo
del tutto nuovo di fare arte.
Pirandello è il frutto di un cambiamento di mentalità e visione del mondo. Ma come
si è arrivati a Pirandello?
Viene messa in crisi la ragione. Si inizia a pensare che la scienza non possa conoscere
la realtà in modo esauriente (Einstein), che la natura umana sia effimera e precaria,
che l’uomo non appartenga a se stesso (Freud).
Questo cambiamento sta anche nel fatto che qualcuno percepisca già la crisi della
civiltà occidentale. [Il compositore Wagner nel 1867 aveva già composto un’opera
lirica intitolata Il crepuscolo degli dei in cui si allude alla decadenza degli dei:
Wagner intuisce già un presagio di decadenza. Nel 1942 lo scrittore austriaco Zweig
scrive Il modo di ieri in cui sostiene la fine del mondo della sicurezza.].
Una figura fondamentale di questo periodo è F. Nietzsche che introduce i concetti
di nichilismo (= non c’è più nulla) e di relativismo (= non c’è nulla di stabile e di
sicuro). Nietzsche scrive Così parlò Zarathustra [vedi testo a pag. 195], un’opera in
cui fa dire a questa divinità persiana che sono finite tutte le sicurezze, conia
l’espressione “Dio è morto” per spiegare come non ci siano più valori assoluti
incarnati nella figura di Dio. L’unica sicurezza rimasta è il Superuomo; in quest'opera
N. teorizza la diversità: solamente chi nasce superiore può agire contro la massa
ignorante e realizzare una stirpe umana diversa. Zarathustra non si rivolge a tutti, ma
solamente ai superuomini che sono gli unici ontologicamente degni. L’unica cosa che
vale è il valore del Superuomo che può andare oltre qualsiasi valore.
Un’altra figura fondante di questo periodo è A. Einstein. Einstein ritiene che non ci
si possa definire veri scienziati se non si ammette l’insondabile mistero: la vera
scienza è quella che cerca nel misterioso. A. crede nell’immaginazione [cfr. Saggio
sull’umorismo di Pirandello, anche P. ritiene che con l’immaginazione si abbiano
degli strumenti in più per comprendere la realtà]. In generale, Einstein ritiene che
l’umanità si basi solamente sulla razionalità, scartando chi ha l’intuizione e va oltre la
razionalità.
In questo periodo numerosi studi mettono in discussione la fissità e la razionalità
della scienza. Einstein, ad esempio, elabora la teoria della relatività secondo la quale
Spazio e Tempo sono del tutto relativi.
Anche S. Freud smonta le certezze positiviste: non esiste più un solo io, ma l’Io è
diviso e non lo padroneggiamo.

Testo L’Io non è padrone in casa propria, Freud (pag. 197)


1. L’uomo si sente padrone della propria psiche, ma in malattie come la nevrosi
le cose vanno diversamente. Spesso, infatti, non riusciamo a scacciare i
pensieri, nonostante ci proviamo e, quindi, non ne abbiamo il controllo.
Questi pensieri sono più forti di quelli sottomessi all’io perché non si lasciano
turbare dalla confutazione logica. A volte, abbiamo anche degli impulsi: ci
viene istintivo fare delle cose senza possederne il controllo.
La psicanalisi non viene presa molto in considerazione in ambito scientifico,
perché tratta una parte che l’Io (quindi i razionalisti in questo caso) non vuole
aprire.
2. Si tratta di un saggio filosofico.

Nel 1966 il filosofo P. Ricoeur scrive un’opera filosofica incentrata su Nietzsche,


Freud e Marx e intitolata I maestri del sospetto. Infatti, secondo Ricoeur, questi tre
filosofi hanno diffuso un atteggiamento di poca fiducia verso la verità. La verità,
infatti, sarebbe una menzogna: per Marx la giustizia per i borghesi era una
menzogna, per Nietzsche l’idea di Dio e la morale è una menzogna, per Freud la
capacità di dominare i nostri istinti e le pulsioni più profonde. Questi tre maestri
hanno insinuato un sospetto nei confronti della tradizione e delle certezze che non
sono più dimostrabili. A questi tre si può aggiungere anche Darwin con la teoria
dell’evoluzione della specie, che postula un antenato comune tra uomo e scimmia.

13.01.2023

Un altro importante contributo è dato dal filosofo francese H. Bergson. Bergson dà


vita all’intuizionismo, ponendo l’attenzione sull’intuizione individuale come
strumento di conoscenza del reale (si può conoscere la realtà non solamente
attraverso la ragione, la razionalità come per i Positivisti, un valore individuale come
i Romantici, ma anche attraverso l’intuizione personale). Si tratta di un elemento
innovativo che non può essere quantificato né misurato scientificamente (cfr.
inconscio di Freud) e che, secondo B., permette di conoscere in maniera più profonda
il mondo rispetto alla conoscenza ottenuta tramite dati certi ed evidenza materiale.
Nella stessa direzione procedono altri come lo scrittore M. Proust e il pittore V.
Kandinskij.

Testo Il valore dell’intuizione, Bergson (pag. 201)


1. I filosofi concordano nel distinguere due modi opposti di conoscenza di una
cosa: girandoci attorno (=analisi) o entrandoci dentro (=intuizione). La prima
conoscenza si ferma al relativo, mentre la seconda arriva all’assoluto; per
arrivare all’assoluto bisogna avere per forza un’intuizione. Ciò che si può
misurare può essere conosciuto tramite la prima via, ma ciò che non si può
misurare, quindi, si può conoscere solamente con l’intuizione. Ogni analisi è
una traduzione di simboli, consiste nel riportare la realtà a tutto ciò che
conosciamo, immagazzinandola in concetti preconfezionati. L’intuizione,
invece, è un atto semplice.
2. Testo filosofico

Decadentismo in ambito letterario


A fine ‘800 inizia a svilupparsi una necessità di fare arte non naturalista:
- in Gran Bretagna → dandismo ed Estetismo
- in Italia → Scapigliatura (avanguardia letteraria)
- in Francia → Baudelaire con il Simbolismo e poeti parnassiani

Sulla base di questi antecedenti si sviluppano (primo Decadentismo):


- in poesia → lirica simbolista (es. Pascoli) → idea del mondo come “foresta di
simboli”, attenzione alla scelta e all’uso delle parole, si cerca la “parola pura” (si
cercano parole che esprimano emozioni, sentimenti)
- in prosa → romanzo decadente → ripresa dell’Estetismo, idea della bellezza che
sfiorisce e decade)

Il secondo Decadentismo:
- = al primo Decadentismo → sfiducia verso la ragione, attenzione alla psiche
- ≠ dal primo decadentismo → superamento del semplice livello
delle sensazioni, cerca di conoscere criticamente la crisi
dell’io

Il Decadentismo in Europa
- Irlanda → Wilde, Joyce
- Francia → Baudelaire, Rimbaud, Verlaine, Huysmans, Mallarmé
- Impero austro-ungarico → Musil, Rilke
- Italia → Tarchetti, Boito, Fogazzaro, Pascoli, Svevo, D’Annunzio, Pirandello,
Campana, Tozzi

Il Decadentismo è il movimento che comprende la letteratura post naturalista e post


verista. Il Decadentismo è l'età dell’ansia, della crisi, dell’ipertrofia (=
ingigantimento) della coscienza (si perde la consapevolezza di ciò che ci circonda per
una totale immersione nel proprio sentire. [es. Delitto e castigo, di Dostoevskij →
storia di uno studente russo che versa in una condizione economica molto complessa. Il
ragazzo ha un’intuizione: ogni personaggio importante per diventare tale deve aver fatto
qualcosa di immorale; partendo da questo pensiero si chiede se possa anche lui fare lo
stesso. Compie un omicidio e passa tutto il romanzo nella paranoia di essere scoperto.]

18.01.2023

Joris Karl Huysmans

Huysmans fa per molto tempo l’impiegato e in seguito inizia a scrivere. Dopo la


pubblicazione delle prime opere decide di lasciare il suo lavoro e andare a vivere in
convento. Il suo passato da impiegato influisce sulle prime opere ispirate al
Naturalismo di Zola, ma caricate di forti grigiore e tristezza. Erano opere naturaliste
meno interessanti di quelle di Zola.

À rebours , Huysmans
Nel 1984, a 36 anni, scrive À rebours (= a ritroso), l’unico grande capolavoro
dell’autore.
L’opera racconta di un uomo ricco ereditiero, Des Esseintes, che si annoia della vita
cittadina e decide di andare a vivere in una casa in campagna, vicino a Parigi, che
arreda con oggetti di lusso. Grazie all’eredità ricevuta si licenzia dal lavoro e vive di
rendita. Sceglie di fare tutte le esperienze sensoriali all’interno di casa sua, senza mai
uscire e senza mai incontrare nessuno: tutto quello che serve alle persone per vivere
lui lo procurerà artificialmente e autonomamente (ad esempio, un capitolo è dedicato
alla scelta dei libri da mettere nella libreria: questi testi rappresentano lo status dei
poeti decadenti; l’immagine della tartaruga tempestata di diamanti; ha due domestici
che devono necessariamente usare pantofole per attutire i rumori, dovevano servirgli
il pranzo senza farsi mai vedere; la scelta dei quadri basata su una scelta particolare
dei colori e dei loro abbinamenti; la scelta dei fiori di seta o di stoffa ma che
dovevano profumare; inverte il giorno con la notte). Tutto, in casa sua, è pensato nei
dettagli per costruire artificialmente delle esperienze sensoriali. Questo atteggiamento
decadente nasce da un rifiuto e da una ribellione al periodo positivista e naturalista,
influenzata dal contesto culturale e sociale del tempo (es. Einstein, Bergson, Freud,
Nietzsche). A lungo andare, però, a causa delle eccessive sollecitazioni sensoriali artificiali,
inizia ad avere incubi, allucinazioni, a furia di giocare con la composizione dei profumi
sviene. Per tale ragione decide di uscire per andare a mangiare in una brasserie di Parigi
in cui era stato in passato per rivivere dei ricordi, si prepara, arriva fino alla stazione, ma
quando il treno arriva non lo prende e torna a casa: capisce di non aver bisogno di
arrivare concretamente alla brasserie perché gli è bastato vivere l’esperienza tramite il
ricordo. Con il passare del tempo continua ad avere allucinazioni anche uditive, a tal
punto che il medico gli ordina di cambiare stile di vita. Si chiede come sia possibile questa
decisione dal momento che esistono persone (come monaci o carcerati) che vivono in
solitudine senza impazzire, ma a questa obiezione il medico gli risponde che l’unica cura
è vivere in comunità. Des Esseintes consulta altri medici, ma con scarsi risultati. Quando
si rende conto di non aver alternative, capisce che la sua felicità è finita. I domestici
iniziano a preparare il trasloco, ma solo il rumore dei martelli usati per chiudere le casse
provoca in lui una ripugnanza verso ciò che lo aspetta: vivere con la gente. Non avrebbe
mai conosciuto nessuno con cui poter condividere le sue sensazioni e le sue passioni che
ritiene troppo alte per le altre persone; si sente solo e incompreso [cfr. Verga → l’autore
non completa il Ciclo dei Vinti perché si rende conto quanto sia complicato descrivere
la miseria umana nelle classi sociali più ricche ed elevate; qui emerge la difficoltà:
con il lusso e la cultura Des Esseintes “maschera” la sua povertà d’animo, la povertà
di una persona che non riesce a stare in comunità]. La tristezza di Des Esseintes è
dovuta alla sua condizione sociale, in quanto lui, da nobile, vive di avanzi (=eredità)
[è un commento dell’autore]; la classe sociale dei nobili è in completa decadenza
sociale e Des Esseintes disprezza questa classe sociale, che è la sua. L’unico conforto
gli viene dato dal pensiero di una condivisione della cultura con i monaci (cfr.
biografia di Huysmans), ma per entrare in contatto con loro avrebbe dovuto iniziare
a credere in Dio. Des Esseintes, però, non crede più a niente e si rende conto di non
aver nulla di solido e concreto in mano. Tale riflessione rende il pensiero della sua
vita futura ancora più angosciante: sa di non avere un luogo sicuro in cui approdare.
Parigi è una grande galera (= nave in cui remano i galeotti) in cui vivono i borghesi
mediocri e volgari. [Questa riflessione disprezzante e disperata è lunga sei pagine!].
Alla fine della riflessione Des Esseintes capisce che per poter andare avanti serve una
speranza, non bastano solamente le teorie filosofiche, ma lui si rende conto che non
ha alcuna speranza.
Si apre la porta e vede i traslocatori che spostano le sue casse; Des Esseintes si
accascia sulla sedia. Il romanzo termina con una preghiera al Signore e si conclude
con il personaggio che grida la parola speranza.
Alla fine il personaggio perde perché non ha costruito nulla durante la vita, ma l’ha
trascorsa cercando di dimostrare a se stesso che la realtà non è necessaria ed è
ricostruibile artificialmente. Des Esseintes diventa l’emblema del personaggio
esteta e decadente, lontano dalla gente comune volgare e bassa. Questo
atteggiamento di ricerca del lusso e del distacco dalla mediocrità presenta il nome di
ESTETISMO.
Il romanzo ha due prefazioni dell’autore: la prima del 1884 e la seconda del 1904.
Nella seconda prefazione Huysmans fa emergere come lui abbia deciso di uscire
dalla sua vita grigia di impiegato; tale decisione è stata presa anche in seguito a una
critica rivolta all’autore “Dopo un libro tale non rimane all’autore che scegliere tra la
canna di una pistola e i piedi della croce” (o si suicida o si converte). Huysmans, dopo
quest’opera, sceglie di trovare un senso alla propria vita.
È paradossale come da una parte À rebours sia considerato il paradigma del
romanzo decadente (fonte di ispirazione per D’Annunzio e il suo
Sperelli) e dall’altra sia la chiave a Huysmans per trovare una
speranza e cambiare la sua vita. Huysmans va così a fondo nella
ricerca che comprende la necessità di dare un senso concreto alla
vita (≠ dagli altri autori decadenti).

Gabriele D’Annunzio

Nasce nel 1863 e muore nel 1938.


Vive e partecipa alla Prima guerra mondiale e vive il Fascismo.
È un anticipatore, in quanto è in grado di assimilare le novità culturali e letterarie
europee e trasportarle in Italia. Ad esempio, studia e rielabora l’idea del Superuomo
di Nietzsche: i personaggi dei suoi romanzi e delle sue opere teatrali sono sempre
superuomini.
Lo stesso D’Annunzio conduce tutta la sua vita sulla linea del superomismo (si
pensi alla posizione interventista, alla marcia su Fiume e alle imprese belliche). A
differenza del personaggio di Huysmans, D’Annunzio ama la socialità e ama essere
osannato dalle persone: si fa chiamare il maggior poeta italiano. D’Annunzio fa
costruire una villa detta Vittoriale, sul lago di Garda, che rappresenta perfettamente
il concetto di estetismo: è una villa enorme, lussuosa, dotata di un Auditorium, una
prioria (= la dimora in sé), un sottomarino (MAS 96, a questa sigla lui fa
corrispondere l’anagramma di Memento audere semper = ricordati di osare sempre),
un aereo, un mausoleo, un anfiteatro.
L’autore è impegnato anche politicamente, fa parte degli interventisti (per la Prima
guerra mondiale) e organizza la Marcia su Fiume.

25.01.2023

Temi chiave del Decadentismo


- nodo arte/vita → c’è uno stretto rapporto tra la vita dell’autore e ciò che scrive
nelle sue opere. D’Annunzio scrive cose che rispecchiano il proprio stile di vita
- estetismo → rendere la propria vita un’opera d’arte, creare il lusso intorno a sè
- superomismo
- edonismo → ricerca continua del piacere (es. Des Esseintes → ricerca artificiale del
piacere)
- panismo → atteggiamento artistico o letterario, corrispondente a una accentuata
partecipazione dell'uomo alla natura
- vitalismo → manifestazione di vitalità

Capolavori
Il Piacere, romanzo del 1889
Alcyone, raccolta poetica del 1903

Parole chiave D’Annunzio


- vita da esteta
- esperienza letteraria (sperimentazione, prospettive europee)
- vita politica e militare
- esperienza della guerra

31.01.2023
Vita e opere
D’Annunzio nasce a Pescara nel 1863 da una famiglia borghese. Compie gli studi
liceali a Prato.
A 16 anni pubblica la raccolta poetica Primo vere (ispirata a Carducci) e ben accolta
dalla critica. Post diploma si trasferisce a Roma per studiare, ma lascia l’università
per dedicarsi alla vita mondana. Nel 1882 pubblica la raccolta poetica Canto novo e
Tigre reale, due opere molto sensuali. Si sposa a 20 anni, ma conquista la fama di
grande seduttore.
Continua l’attività di poeta e cerca di affermarsi come narratore con una raccolta di
novelle e con il romanzo Il Piacere (1889). Questo romanzo inaugura il
Decadentismo.
Si trasferisce a Napoli nel 1891. Si ispira a Nietzsche e al concetto di superuomo,
scrive il romanzo La vergine delle rocce. Nel 1894 Nel 1894 conosce Eleonora Duse e
inizia una tormentata relazione di 10 anni con lei.
Entra in Parlamento, come deputato di estrema destra ed è interventista.
Si trasferisce in Toscana, nella villa La Capponcina, dove vive un periodo di
movimentata attività letteraria: collabora con una rivista fiorentina (Il Marzocco),
scrive raccolte poetiche (Le Laudi), il romanzo Il fuoco e testi teatrali.
Nel primo decennio del Novecento → propone il modello del “vivere inimitabile” che
diventa una moda culturale in grado di influenzare le persone con il fenomeno del
dannunzianesimo.
Nel 1900 passa al socialismo, ma non viene eletto.
A causa di debiti finanziari fugge in Francia (1910-1915), scrive la raccolta di prose Le
faville del maglio, una produzione intima e autobiografica.
Continua a scrivere copioni teatrali, diventa sceneggiatore di Cabiria nel 1904.
Torna in Italia nel 1915 allo scoppio della 1GM e si schiera tra gli interventisti.
Partecipa alla guerra e compie imprese clamorose. Dopo la 1GM parla di vittoria
mutilata, occupa la città di Fiume e instaura la reggenza del Carnaro (1919), sciolta
un anno dopo.
L’ultimo periodo della sua vita, il notturno, si dedica a opere più intime e
introspettive.
1.02.2023
Il Piacere (1889)
Ha come capostipiti Il ritratto di Dorian Gray e A rebour, romanzi che D’Annunzio
ha letto bene.
Il protagonista è il conte Andrea Sperelli che ha come obiettivo: 1. fare della
propria vita un’opera d’arte. Questo concetto è alla base dell’estetismo. Andrea
fallisce perché non sa mettere in pratica il secondo obiettivo: 2. habere non haberi
(=possedere non essere posseduto). Sperelli è un esteta che fallisce, il senso estetico
prevale sul senso morale: infatti è completamente affascinato e posseduto dal lusso,
dalle donne, dalla bellezza; quando subisce questo fascino non si chiede se faccia
bene o male. Questa è la storia fallimentare di un’esperienza di vita.
D’Annunzio vuole superare il Naturalismo e il Verismo, movimento contemporaneo
al Decadentismo (in questo periodo esce Mastro don Gesualdo); si vuole avvicinare al
Simbolismo francese. Nel romanzo sono presenti molti simboli.

Trama
Sperelli aspetta Elena Muti dopo due anni che non la vede.
Si apre un flashback, in quanto Sperelli ripensa alla loro storia d’amore incontro,
passione, storia d’amore, abbandono della donna che lascia Andrea per un altro
uomo. A causa di questo abbandono, Andrea si era abbandonato alle donne, al lusso
e all’arte. Durante la convalescenza, a causa di una caduta a cavallo, incontra la
seconda donna della sue vita: Maria Ferres. Questa donna è molto diversa, è pura,
amante dell’arte e della letteratura. M. resiste al corteggiamento di Andrea che
persiste. Fine del flashback.
Si ritorna all’incontro: le due donne si alternano nella vita e nei pensieri dell’uomo,
non riesce a scegliere tra la famme fatale.
I nomi delle donne sono simbolici: Elena di Troia (per la cui bellezza è scoppiata una
guerra) e la Vergine Maria (esempio di purezza).
Andrea non sa scegliere, trova un oggetto che le fonda entrambe: un boa. Il boa
indossato da Elena, gli ricorda la treccia dei capelli di Maria. Andrea capisce che
vorrebbe una terza donna, data dalla fusione delle due, che abbia la sensualità di
Elena e la purezza di Maria.
Alla fine la donna cede ad Andrea. Maria e il marito devono ripartire. Durante
l’ultimo incontro Andrea chiama Maria Elena. La donna lo lascia e lo stesso fa Elena,
che a lui preferisce un altro uomo.
Andrea rimane solo nella sua inettitudine (=incapacità di raggiungere i propri
obiettivi).
Il finale del romanzo è simbolico: Andrea torna a casa di Maria dove si sta svolgendo
un’asta per vendere le opere d’arte (infatti la famiglia ha perso tutte le proprie
ricchezze al gioco). Il luogo dell’arte e della bellezza è invaso dalla volgarità della
gente comune; mentre si sta vendendo l’armadio di Maria, Andrea alza la mano e
vince l’asta. I facchini portano l’armadio a casa e lui è come se seguisse un corteo
funebre. Ad Andrea rimane un armadio gigante e vuoto che non potrà mai riempire
con i vestiti delle due donne, perché non è stato in grado di scegliere.
Andrea è un inetto perché non riesce a raggiungere i suoi due obiettivi: avere una vita
come un’opera d’arte e vivere una storia d’amore scegliendo una donna (habere non
haberi). Si accenna già a un romanzo psicologico (che troveremo in Svevo), ma
prevale ancora l’estetismo.

Elementi tipici dei romanzi del ‘900:


- personaggio vinto
- concezione del tempo non lineare
- conclusione del romanzo aperta e relativa (non chiusa e oggettiva)

Temi
Superomismo dannunziano
- [...]

La donna
- oggetto di possesso da domare e amare

Scelte stilistiche (2. come è scritto)


- latinismi
- forme arcaiche
- “sotto il grigio diluvio democratico odierno” metafora → incipit del II capitolo.
Sperelli è malinconico verso i nobili di antica origine italica che stanno
scomparendo. Visione elitaria e antidemocratica → Sperelli definisce “400 bruti
morti brutalmente” riferendosi alla strage di Dogari (relativa alla spedizione
coloniale) e alle 400 persone morte per i tumulti dopo la strage.

Il protagonista
- alter ego di D’Annunzio
- è sempre teso al raggiungimento del piacere e presta attenzione alle sensazioni

Alcyone (1888-1903)
Raccolta di poesie che costituisce il terzo libro delle Laudi.
La scrive dopo una vacanza in Versilia con la donna amata (Toscana, Massa Carrara).
Qui lo scrittore abbandona il proprio ruolo di letterato, lasciando la ragione e
abbandonandosi ai sensi (udito, olfatto, vista…)→ si crea un'intima fusione dell’uomo
con la natura, detta panismo.
Queste poesie sono caratterizzate da un virtuosismo canoro e sonoro: D’Annunzio
sceglie dei termini che creino un effetto musicale.

Testo: La sera fiesolana (p. 336)


Ambientata a giugno, alla fine della primavera.

Sintesi della poesia:


- il poeta contempla il paesaggio collinare illuminato dalla luna
- scorge nel paesaggio una malinconia
- il poeta percepisce descrive colori, suoni e odori della natura di sera.
1. cosa c’è scritto
1 strofa
Teofania (=manifestazione di Dio) della luna → descrizione della manifestazione della
luna. D’Annunzio recupera l’idea della divinità della luna; quindi, se la luna ha davvero
qualcosa di divino, allora solamente il poeta può evocarla
Le mie parole nella sera ti portino freschezza così come il fruscio che fanno le foglie
del gelso nella mano di chi le coglie che silenzioso si attarda a raccoglierle di sera
sulla scala. La scala si annera, ma la luce della luna che si proietta sull’albero lo fa
scintillare d’argento. La luna è come se creasse un velo di luce argentata sulla
campagna. Sta scendendo la sera.

2 strofa
Personificazione della sera
Tu sia lodata sera. Le mie parole sono dolci nella sera.

3 strofa
Assomiglia a una partitura musicale → le parole diventano puri suoni
Le mie parole ti arrivino dolci come la pioggia che sussurra. La pioggia è il pianto
della primavera, la pioggia colpisce gemme rosa dei pini che giocano con il venticello
che si perde, il grano che non è ancora maturo, il fieno che è già stato tagliato una
volta e che cambia colore, gli olivi che fanno sembrare le colline piene di santità.

4 strofa
Sensualità panica
Tu sia lodata sera per i tuoi vestiti profumati di foglie e che hai come cintura
l’orizzonte.

5 strofa
Sensualità panica
Io ti dirò (riferito alla donna) verso quali luoghi d’amore ci chiami il fiume. Le colline
sembrano il contorno delle labbra di una donna che sono chiuse da un divieto, queste
colline sono belle perché sembra che vogliano parlare ma non possono; nel silenzio
sono sempre più consolatrici così che sembra che l’anima possa amarle sempre di
più.
6 strofa
Tu sia lodata sera per la tua morte (= il passaggio dalla sera alla notte) e per l’attesa
della notte che fa nascere le prime stelle.

2. come è scritto
Esempio di sperimentazione estetica e del culto della sensazione (pag. 309/310/311).
Tutta la poesia è ricca di descrizioni, di fatto il poeta non racconta nulla (non accade
nulla), ma si serve dell'interlocutrice solamente per descrivere il paesaggio.
La poesia ha una struttura precisa: c’è un evidente parallelismo tra la struttura delle
strofe 1, 3, 5 e tra quella delle strofe 2, 4, 6 (lode alla sera).
Tutta la poesia è caratterizzata da una scelta di precisi significanti (=termini) mirati a
creare un virtuosismo canoro e sonoro.

1 strofa
- si rivolge a qualcuno → c’è un destinatario che è la donna amata (tipico di
D’Annunzio)
- allitterazione f al v. 2 → idea di freschezza
- no segni di punteggiatura forte in tutta la prima strofa → per dare
musicalità
- similitudine dal v. 2 al v. 14
- arcaismi → rame (v. 7)
- descrizione della campagna che si sente sommersa dalla luce della luna
- la prima strofa contiene quasi del tutto una similitudine basata su uno
scambio di sensazioni → non ci sono fatti, eventi, ma solo una similitudine
basata su una descrizione sensoriale
2 strofa
- anafora v. 15
- personificazione della sera al v. 15
- senso : vista
3 strofa
- dolci le mie parole al v. 17 → ripresa del v. 3
- stessa struttura della strofa 1 → similitudine continua senza punteggiatura
forte.
- similitudine dal v. 18 al v.
- francesismo e onomatopea → bruiva al v. 19
- personificazione → pioggia v. 19, primavera al v. 21, pini v. 23
4 strofa
- anafora v. 32
- personificazione della sera al v. 15
- senso : olfatto
5 strofa
- si rivolge a qualcuno → c’è un destinatario che è la donna amata (tipico di
D’Annunzio) → “io ti dirò”
- stessa struttura delle strofe 1 e 3 → similitudine continua senza
punteggiatura forte.
- personificazione vv. 36-38
- similitudine dal v. 39
6 strofa
- anafora v. 49

3. temi
- panismo → fusione intellettuale tra uomo e natura
- poetica della sensazione
- metamorfosi di tutte le cose
- sacralità terrena → la sacralità degli elementi terreni è data dalla loro
continua metamorfosi
- sensualità panica e forza erotica della natura

4. collegamenti interni
- collegamento per analogia con La pioggia nel pineto → panismo

5. collegamenti esterni
In D’Annunzio le citazioni di altri autori sono esplicite ed evidenti.
- citazione di San Francesco → “Laudata sii” è una citazione del Cantico delle
Creature, prima poesia della letteratura italiana, “fratelli olivi” → ulivo
simbolo di pace che rimanda a un’idea esteriore di religiosità
- citazione di Verlaine → termine “bruiva” → D’Annunzio inserisce richiami
espliciti ad altri autori
- citazione di Omero (Iliade)→ “rosei diti dell’aurora” → è un epiteto fisso

3.02.2023

Testo: La pioggia nel pineto (pag. 339)


La poesia è ambientata in una pineta della Versilia
1. cosa c’è scritto
La descrizione musicale della pineta è data da più voci:
- gli alberi (vegetali) → D’Annunzio si sofferma sulla diversità musicale
prodotta da foglie e alberi diversi che sono paragonati a strumenti di
un’orchestra
- le cicale (animali)
2. come è scritto
- versi brevi e irregolari → versi liberi
- sintassi semplice, ci sono segni di punteggiatura forte
- lessico botanico e zoologico (es. tamerici salmastre, pianto delle cicale)
- descrizione sensoriale della natura presente nella pineta → il poeta
descrive la natura attraverso l’udito (udito: “taci”, “non odo”, “ascolta”;
gusto : “salmastre” = sapore di sale; vista : i luoghi e gli elementi su cui cade
la pioggia
- anafora “piove” → vv. 8, 10, 12 … → serve per far descrivere dove cade la
pioggia (prima sulla natura, poi sul poeta e su Ermione)
- volti silvani v. 20 → volti compenetrati dal bosco (diventano verdi) →
panismo
- vestiti leggeri e freschi pensieri → erotismo
- anima novella → anima rinfrescata e rinnovata dalla pioggia da cui
sbocciano i pensieri appena nati (=freschi)
- schiude → verbo riferito ai pensieri, ma fa parte del lessico botanico
- “favola bella” → 2 interpretazioni: aspettativa che nasce dalla poesia (=favola
bella) che crea illusione / aspettativa che nasce dall'amore (=favola bella) tra
Ermione e il poeta
- Ermione → interlocutrice del poeta
- verdura = prato → termine arcaico (ripreso dagli Stilnovisti)
- crepitio → onomatopea
- allitterazione della “r”
- “varia nell’aria [...] più rade men rade” → ritmo lento → il poeta gioca a
creare una certa musicalità con le parole
- rime interne → pianto/canto
- pianto australe = pioggia (=pianto che viene dal cielo, la pioggia è
portata dall’Austro, un vento del sud)
- si ritorna al noi → alla fine della strofa il poeta torna a parlare di lui ed
Ermione e della loro metamorfosi
- volto ebro = inebriato dalla pioggia
- i capelli cominciano a prendere l’odore dell’acqua che passa attraverso
le foglie dei pini
- “creatura terrestre” → Ermione sta procedendo nella metamorfosi, si sta
trasformando nella natura
3. temi
- panismo e antropomorfismo → metamorfosi del poeta e di Ermione
- manifestazione musicale della natura
- erotismo
- pioggia → è un elemento che unisce tutti gli elementi e permette il
panismo dei due
4. collegamenti interni
- collegamento per analogia con La sera fiesolana → qui c’è un panismo
totale
5. collegamenti esterni

7.02.2023

Giovanni Pascoli

Nodo arte/vita → si declina in modo diverso: per gli esteti la vita viene trasformata in
un’opera d’arte, invece per Pascoli la vita viene riflessa nella sua arte.
C’è una differenza tra i due atteggiamenti: Pascoli non cerca di rendere la propria vita
un’opera d’arte, ma, al contrario, non nega le sue fragilità, inserendo nelle sue poesie
momenti difficili della propria vita.
Pascoli, infatti, perde il padre da giovane, gli sparano, ma non si saprà mai chi sia
stato. Questo lutto si rifletterà moltissimo nella sua produzione.
Pascoli è un professore di liceo e poi universitario.
Pascoli e D’Annunzio sono contemporanei: il primo nasce nel 1863 e muore nel 1938,
il secondo nasce nel 1855 e muore nel 1912; sebbene nascano a pochi anni di
distanza, P. muore molto prima, questo fa sì che abbiano due visioni diverse. In
realtà, i due si conoscono e sono amici.

Vita e opere (pag. 362-365)


Pascoli nasce il 31/12/1855 in provincia di Forlì; la famiglia appartiene alla borghesia
rurale. Abitano nella casa del custode di una grandissima tenuta di principi. Studia in
un collegio a Urbino e ha una formazione classica. Il 10 agosto 1867 il padre viene
assassinato da sicari di identità sconosciuta e l’anno dopo muore anche la madre. Si
trasferisce a San Mauro e poi a Rimini dal fratello Giacomo, riprende tre anni dopo
gli studi liceali a Firenze.
Nel 1873 vince una Borsa di studio e si iscrive alla facoltà di Lettere di Bologna,
diventando allievo di Carducci.
Nel 1874 entra in contatto con i circoli socialisti e si dedica alla militanza politica:
partecipa a numerose manifestazioni contro il governo e perde la Borsa di studio. Per
tale ragione ci mette 8 anni a laurearsi. Pascoli ha un senso di giustizia sociale molto
vivo a partire dal fatto che si fossero mai trovati gli assassini del padre. Nel 1879
viene arrestato. Nel 1882 si laurea con una tesi sul lirico greco Alceo.
Dopo inizia a insegnare latino e greco in un liceo di Matera, poi a Massa e poi a
Livorno. Le due sorelle (non ancora sposate) Mariù e Ida lo seguono per cercare di
ricostruire il nido famigliare.
Nel 1891 pubblica Myricae, la prima raccolta poetica che comprende liriche già
comparse su riviste.
Nel 1895 Ida si sposa e si trasferisce a Livorno: Pascoli vive il matrimonio come un
tradimento e una profanazione del nido, reagisce in maniera spropositata e
patologica; la sua torbida sensibilità trova rifugio nella poesia.
Nel 1895 ottiene la cattedra all’Università di Bologna di grammatica latina, poi si
trasferisce a Messina e poi a Pisa dove insegna letteratura latina.

8.02.2023
Nel 1892 pubblica il saggio Il fanciullino in cui la visione del mondo e la poetica di
Pascoli trovano una coesione: qui il poeta viene visto come un fanciullo che guarda la
realtà senza filtri.
In quegli anni pubblica le raccolte poetiche più importanti: Myricae, I Canti di
Castelvecchio.
Nel 1905 torna a Bologna per la cattedra di Letteratura italiana.
Negli ultimi anni scrive poesie che esaltano l’azione dell’Italia da un pdv patriottico,
ispirandosi a Carducci e D’Annunzio. Nel 1911 esalta con toni nazionalistici l’impresa
coloniale dell’Italia in Libia nel discorso La grande proletaria si è mossa:
quest’opera è importante perché Pascoli si inserisce nel panorama storico e politico.

Il nido familiare - Museo casa Pascoli di Barga


Ingresso della casa simbolico: la bilancia dà l’idea della necessità di misurare quanto
gli ospiti fossero graditi. La cucina è testimone delle antiche abitudini romagnole:
solo Pascoli mangiava al tavolo, mentre la sorella mangiava con il piatto sulle
ginocchia. Le stanze da letto sono contigue. Studio di Pascoli con tre tavoli.

Le raccolte poetiche (pag. 365-368)


Si dedica a vari generi.
Tra il 1891 e il 1913 pubblica (o vengono pubblicate) diverse raccolte poetiche in cui
divide le poesie secondo criteri formali e non in ordine cronologico.

Myricae (1891)
Il titolo è una parola latina che significa tamerici (arbusti). Nella
prima pagina inserisce una frase in latino (ripresa da Virgilio) in
cui spiega il titolo dell’opera: “anche le umili tamerici (gli umili
arbusti) sono utili” [≠ da D’Annunzio che esaspera e ingrandisce
ogni elemento]
Si sofferma sui piccoli dettagli, su piccoli aspetti della vita campestre che non serve
per descriverla in modo oggettivo, ma per coglierne gli aspetti simbolici e misteriosi
della realtà.
La raccolta è scritta in linea con le idee espresse nel saggio Il fanciullino.
Temi:
- esaltazione della natura
- morte dei defunti
- nido familiare
- dolcezza e ricordi di infanzia
- male nella società e nella storia

Linguaggio sperimentale:
- accostamenti analogici
- onomatopee
- effetti sonori dal valore simbolico (fonosimbolismo)
- varietà metrica
- uso del novenario
- sintassi frantumata
- concisione

Poemetti
Maggiore estensione, tono più solenne e innalzamento dello stile.
Linguaggio:
- terzine di endecasillabi
- maggiore estensione
- linguaggio aulico ispirato alla poesia latina e greca
- tono solenne
- taglio narrativo-descrittivo

Contenuti:
- vita quotidiana di una famiglia contadina della Garfagnana
- descrizione delle attività agricole
- rappresentazione idealizzata e idilliaca del mondo rurale
- celebrazione della vita contadina

Temi (decadenti):
- mistero della vita [il termine mistero riprende il pensiero di Einstein in merito
alla sfiducia verso il dominio della ragione]
- paura della morte
- presenza del male e del dolore
- angoscia di fronte all’infinità dell’universo

I Canti di Castelvecchio (1903)


Ripresa dei temi e delle soluzioni formali di Myricae:
- breve estensione
- intonazione lirica
- descrizione della vita di campagna
- presenza ossessiva del motivo della perdita dei defunti

Differenze e maturazione rispetto a Myricae:


- schemi metrici più complessi
- procedimenti analogici e fonosimbolismo
- uso di termini dialettali e gergali
- temi più inquietanti e morbosi (eros, mistero dell’universo, morte
incombente)

Poemi conviviali (1904)


- endecasillabi
- fatti e persone della mitologia greca antica
- impostazione classicista
- linguaggio estetizzante
- riferimenti eruditi

Ultime raccolte (1906-1913) (Odi e inni, Canzoni di re Enzio, Poemi italici,


Poemi del Risorgimento)
- celebrazione delle glorie nazionali e delle virtù civili
- argomenti storici e di attualità
- scelte formali artificiose e non adeguate ai temi trattati

Testo: Prefazione Myricae (file su Classroom)


1. cosa c’è scritto
Dedica la raccolta a padre. Chiede scusa ai lettori per essere troppo malinconico,
avvisa il lettore che la sua poesia è una poesia di dolore; il suo dolore è stato travolto
dalla morte del padre (=la tomba).
Nonostante tutto, però, la vita è bella, ma siamo noi uomini a rovinarla, amando più
le tenebre che la luce (cit. libera del Vangelo di Giovanni), più il male degli altri che il
proprio bene. Gli uomini colpevolizzano la natura che invece è una madre dolcissima:
Pascoli invece di urlare di odio, celebra la natura.
2. come è scritto
Si rivolge direttamente al lettore
3. temi
4. collegamenti interni
5. collegamenti esterni
- collegamento per contrasto con leopardi → natura madre dolcissima e
natura matrigna
- citazione libera del Vangelo di Giovanni

Testo: Prefazione Poemetti (file su Classroom)


1. cosa c’è scritto
Dedica alla sorella Maria. Si tratta di un’introduzione al tema del nido. Ricorda il
passato nero che gli serve per apprezzare la natura: tornare nei luoghi dove ha
sofferto gli permette di essere felice di trovarsi in questi stessi luoghi. Alla fine della
passeggiata metaforica del dolore, l’uomo cerca e ha bisogno della gioia.
2. come è scritto
Si rivolge alla sorella Maria.
Si firma Giovanni → il lettore si trova come inserito in una lettera alla sorella, è molto
intimo e al lettore non vengono date informazioni.
3. temi
- nido familiare

Testo: Prefazione Canti di Castelvecchio (file su Classroom)


1. cosa c’è scritto
Dedica alla madre. Continua la prefazione di Myracae dicendo di trovarsi sulla
tomba della madre. Qui si sentono i canti degli uccelli.
Pascoli si chiede se stia parlando troppo di morte, poi parla di religione: la religione è
una consolazione per l'uomo, ma questa non dà risposte alla sofferenza.
La mamma muore poco dopo il padre, si domanda se debba chiedere perdono per il
fatto che continua a parlare di morte e sofferenza, ma si risponde di no: lui deve dire
ciò che pensa e ciò che fa. Inoltre se con la sua poesia può ispirare a qualche lettore il
ribrezzo del mare, allora sarà merito dei suoi cari che non ci sono più.
2. come è scritto
3. temi
- religione → è qualcosa che consola da un male insanabile. La religione è una
morale, un'indicazione di comportamento: vuole amare, non vuole odiare.
4. collegamenti interni
5. collegamenti esterni
- confronto per contrasto con Manzoni → per M. la religione è un punto di
arrivo, è ciò che dà le risposte che lui cerca; per P. la religione è un'eredità,
è consolatoria, ma non dà le risposte.

Testo: Prefazione Nuovi Poemetti (file su Classroom)


1. cosa c’è scritto
Dedica a tutti i suoi studenti, che lo conoscono. Dice che con loro è stato sempre
sincero, che a loro deve molto di più di quanto non abbia dato. A loro deve
l’abitudine di avere sempre davanti dei giovani, le cui prospettive non vanno mai
abbassate. E questo è un dovere e un atto moralmente giusto.

Testo: X agosto
1. cosa c’è scritto
Pascoli spiega perché cadono le stelle il 10 agosto: il cielo piange per la perdita del
padre.
2. come è scritto
La poesia è composta da 5 strofe.
3. temi
4. collegamenti interni
5. collegamenti esterni

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