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Leggere e scrivere – Percorsi

Naturalismo e verismo
Zola – Per Zola l’artista è, quindi, scienziato a tutti gli effetti. Ha il compito di riprodurre esattamente i
fenomeni e di cercarne le cause.
La natura è retta da leggi universali e necessarie.
La genialità dell’artista, secondo Zola, non consiste nell’inventare, ma nel rivelare le concatenazioni causali
che spiegano i fatti reali.
Se l’artista è scienziato, l’oggetto dell’arte è lo stesso oggetto della scienza: la natura.
Verga – Il verismo è la versione italiana del naturalismo. Verga conobbe l’opera di Zola e da essa fu
profondamente influenzato.
Il romanzo si presenta come uno studio della realtà e, come tale, deve mantenere un distacco ideale da
quanto descrive.
Il Positivismo – Il termine positivismo designa, in una accezione ampia, tutte quelle concezioni del 1800 che
sono accomunate da un rapporto “positivo” nei confronti della scienza.
Tra il 1600 e il 1700 il termine “positivo” assume il significato di preciso, certo, reale, utile che ritroviamo
nel termine positivismo.
Comte fornì le basi del positivismo con il Corso di filosofia positiva (1830-42).
Dalla metà del secolo il positivismo si diffuse in tutta Europa.
Zola, in senso generale, fu un positivista.
La posizione positivista è antimetafisica, considerando metafisico tutto ciò che non può essere osservato e
verificato.
Il positivismo afferma l’unitarietà del metodo scientifico e quindi la possibilità di assoggettare alle stesse
regole ogni tipo di fenomeno.
Questa concezione ottimistica non è condivisa né da Zola né da Verga. Entrambi esprimono giudizi
fortemente negativi nei confronti della realtà a loro contemporanea. La ripresa di tematiche evoluzioniste non
mette in primo piano un futuro migliore rispetto al passato. La società di Zola e di Verga è dilaniata da una
lotta di tutti contro tutti (Hobbes) in cui non vince il migliore ma il più spietato.
L’impressionismo – Il termine “impressionismo” compare a partire dal 1874 quando Monet espose una sua
tela dal titolo Impression: soleil levant. Un critico che aveva visto la mostra trovò ridicolo il quadro e chiamò
Monet e il suo gruppo «impressionisti».
Nel 1863 i pittori accademici rifiutarono i lavori di Eduard Manet. Ne nacque una famosa disputa che portò
all’apertura di un Salon alternativo a quello ufficiale: il Salon des Refusés.
Gli impressionisti si fecero assertori di una pittura en plein air, cioè all’aria aperta. Simbolo di questo tipo di
pittura sarà La colazione sull’erba di Manet. Molti impressionisti rappresenteranno in modo quasi ossessivo
gli stessi paesaggi al variare delle ore del giorno per studiare la luce e tutti i suoi effetti. Famose a questo
riguardo sono le cattedrali di Rouen e le ninfee di Monet.
L’Italia dopo l’Unità – Sul piano degli eventi si ha, a livello nazionale, la terza guerra d’indipendenza,
l’annessione di Roma, episodi di sollevazioni popolari (Palermo, 1866) e il declino della Destra e della sua
politica.
Il superuomo
Il superuomo in Nietzsche – Il tema del superuomo attraversa la cultura europea della fine dell’Ottocento e i
primi decenni del Novecento. Nietzsche lancia la sua grande sfida all’Occidente e chiede la nascita di un
uomo nuovo (Ubermensch), creatore di valori che vanno al di là del bene e del male. Una grande impresa,
quella della filosofia nietzschiana, che si pone il compito di decostruire i valori trascendenti su cui si è
fondata la morale. Occorre abbattere le prigioni che sono state create per ingabbiare le forze istintuali
dell’uomo. Occorre liberare le energie corporee e terrestri (dionisiaco) che la filosofia, la teologia, la morale
e la scienza hanno tentato di addomesticare (apollineo; la colpa di Socrate e la “morale della rinuncia”). Gli
echi della filosofia di Nietzsche si diffondono rapidamente e si inseriscono in una più generale crisi del
modello razionalista.
Decadentismo – Alla fine dell’Ottocento il Decadentismo rappresenta già un’ampia corrente letteraria (e non
solo letteraria) che influenza le sensibilità artistiche. D’Annunzio, in Italia, si fa interprete privilegiato di
queste nuove atmosfere che modulano poetiche raffinate in cui l’estetismo si unisce alla rivendicazione, per
il poeta, di un ruolo di guida e di veggente. Nei romanzi dannunziani il superuomo nietzschiano perde le sue
caratteristiche prettamente filosofiche e si trasforma nell’artista che plasma la realtà con la parola, oppure
nell’eroe che proviene da una illustre famiglia aristocratica. Il superuomo di D’Annunzio è il nuovo re di
Roma che dovrà fustigare i vizi di un’Italia corrotta e dovrà riportare sotto il proprio potere la turpe folla
(Claudio Cantelmo). Appare evidente come la complessa analisi svolta da Nietzsche si immiserisca nella
reinterpretazione che ne dà D’Annunzio e nell’uso improprio che ne fanno i sostenitori del nazionalismo.
L’idea di superuomo, che faceva parte di un ambizioso progetto di critica della civiltà occidentale, ora
diventa un semplice slogan per propagandare la guerra e l’impegno imperialista, per esaltare la potenza
rigeneratrice della poesia e per legittimare le élite di governo.
Il percorso contiene, da un punto di vista filosofico, il Così parlò Zarathustra di Nietzsche. I diversi passi
selezionati mettono in risalto le caratteristiche principali del superuomo. Da un punto di vista letterario è
centrale la riflessione su due romanzi di D’Annunzio: Il trionfo della morte, in cui compare per la prima
volta il tema del superuomo, e Le Vergini delle rocce, in cui il superuomo si identifica col nuovo re di Roma.
Infine, gli aspetti storici riguardano il nazionalismo italiano che fece sue alcune volgarizzazioni del
superuomo nietzschiano per strumentalizzarle contro la decadenza dello stato liberale e contro l’avanzata del
socialismo.
Il nazionalismo italiano – Nel suo programma il nazionalismo si presenta come una forza modernizzatrice
che ha il compito di creare una élite borghese capace di frenare le masse proletarie. Proprio
l’industrializzazione dell’Italia aveva creato le premesse per la nascita di questo movimento politico: stava
scomparendo il passato con le sue millenarie tradizioni e si stava affermando un presente minaccioso in cui
le masse aspiravano a governare. I nazionalisti vogliono gestire il cambiamento che sta vivendo l’Italia e
garantire alla nazione un destino glorioso.
Il nazionalismo è imperialista. Crede che l’Italia debba espandere i propri domini coloniali e affermarsi
come una potenza di primo livello.
Il nazionalismo italiano si situa in quella più ampia corrente vitalistica che si oppone al positivismo e al
sapere scientifico (vedi Positivismo). La fine dell’Ottocento si caratterizza come una crisi del sapere
scientifico e come l’emergere di filosofie irrazionaliste (vedi Crisi delle scienze). La stessa riflessione
nietzschiana può essere letta come un attacco frontale al razionalismo della cultura occidentale.
Solo pochi uomini eletti hanno la dignità per emergere dalla massa e per guidarla.
Le teorie darwiniane vengono rilette come giustificazione per la creazione di nuove aristocrazie. La
selezione della specie sarebbe quel meccanismo tramite il quale gli stati più forti e gli uomini più forti si
affermano. Il nazionalismo è attivista, predica la superiorità dell’agire sul pensare. Il mondo va trasformato
con violenza fino a sovvertire le ultime fondamenta della civiltà.
Tra il 1914 e il 1915 i nazionalisti furono tra i principali sostenitori dell’intervento dell’Italia in guerra (vedi
La Grande guerra). La guerra viene intesa come una forza rigeneratrice attraverso la quale i popoli
riscoprono la propria vitalità assopita.
Psicoanalisi e arte
Svevo e il romanzo psicanalitico: La coscienza di Zeno (1923) – Svevo, in effetti, aveva conosciuto la
psicoanalisi attraverso le cure dello stesso Freud cui si era sottoposto il cognato. Ma la sua opinione circa la
teoria freudiana è scettica per quanto riguarda le sue possibilità terapeutiche, mentre la trova stimolante per
la creazione letteraria.
Il titolo pone al centro del romanzo non il personaggio, ma la sua coscienza, ovvero la rappresentazione che
egli dà di se stesso, proponendosi anche sotto la veste di narratore che ricostruisce, sotto forma di monologo
interiore, la propria malattia (non la vita).
Il libro si presenta sotto forma di memoria destinata al medico terapeuta. L’autobiografia diventa romanzo
analitico; la narrazione dei fatti viene sostituita dalla ricerca delle loro motivazioni e dall’analisi del loro
significato. Gli eventi non vengono narrati ma presentati sotto forma di ipotesi interpretative, proposte ed
eventualmente ritrattate e ricostruite da un diverso punto di vista, in un contraddittorio e mai concluso
tentativo di autogiustificazione.

S. Freud: L’interpretazione dei sogni (1900) – Nel capitolo 7 Freud espone quella che viene chiamata la
prima topica (da topos, luogo, per indicare quali sono i luoghi – non in senso spaziale – della mente). La
seconda topica verrà elaborata a partire dal 1920.
I luoghi psichici sono tre:
– la coscienza;
– il preconscio, «per indicare che i processi di eccitamento che vi si svolgono possono giungere alla
coscienza senza ulteriore impedimento, purché siano osservate certe condizioni, come, per esempio, il
raggiungimento di una determinata intensità, una determinata distribuzione della funzione definibile come
attenzione e così via». I contenuti preconsci sono solo momentaneamente al di fuori della coscienza, ma è
sufficiente una maggiore attenzione perché essi entrino nella sfera della piena consapevolezza;
– l’inconscio: «Chiamiamo inconscio il sistema posto dietro questo (il preconscio), perché non ha accesso
alla coscienza se non attraverso il preconscio; nel passaggio il suo processo di eccitamento deve accettare
determinate modificazioni».
Nell’inconscio sono contenuti elementi psichici stabilmente rimossi, cioè che sono stati esclusi dal livello
della coscienza. Essi si riferiscono all’infanzia del singolo individuo e all’infanzia dell’uomo stesso. Tali
pulsioni non possono accedere alla coscienza perché rappresentano stadi precedenti di sviluppo che appaiono
(alla psiche dell’adulto) come intollerabili.
Quando alcuni elementi fuoriescono dall’inconscio devono subire la trasformazione di una istanza critica
che, dice Freud, «sta tra questa (l’istanza criticata, quindi l’inconscio) e la coscienza come uno schermo». La
censura esercitata dall’istanza critica “addomestica” le pulsioni inconsce e le rende accettabili alla coscienza.
Questa topica tende a mettere in primo piano, per la comprensione del sogno e dell’intera psiche, il sistema
inconscio di cui la coscienza e il preconscio non sono altro che la punta di un iceberg. Gli elementi inconsci
non sono inattivi, ma anzi condizionano la vita vigile dell’individuo. Azioni, pensieri, parole, sogni, nevrosi
sono riconducibili all’inconscio e alla sua azione. Per Freud il sogno «è la via regia» per conoscere
l’inconscio.

Leonardo come caso clinico – Freud, con l’opera Leonardo, del 1910, che egli considerava tra le sue meglio
riuscite, riesamina la personalità dell’artista, per scandagliare le ragioni profonde di certe sue caratteristiche e
peculiarità. Freud vuole analizzare in questo eccezionale uomo del Rinascimento la singolare «atrofia
sessuale», la dolcezza dei ritratti e la loro marcata femminilizzazione, gli esasperanti tempi lunghi delle sue
opere, la loro inconcludenza e la progressiva disaffezione dalla pittura in età matura mentre si accentuava
l’insaziabile curiosità scientifica, l’ambiguo rapporto – una specie di omosessualità sublimata – con gli
allievi... Il testo, costruito con grande erudizione, ma anche con un suo pathos narrativo, si dipana dall’unico
ricordo che Leonardo ci ha lasciato della sua infanzia. È una spia così pregnante che l’analisi parte proprio da
lì, con tutte le possibili implicazioni.
«... ne la mia prima ricordazione della mia infanzia e’ mi parea che, essendo io in culla, che un nibbio
venissi a me e mi aprissi la bocca colla sua coda, e molte volte mi percotessi con tal coda dentro alle
labbra.»
Le avanguardie storiche
Le avanguardie storiche (i vari “ismi” che emergono in Europa, dal primo decennio del Novecento fino agli
anni Venti), si differenziano dai movimenti tardo ottocenteschi (i simbolisti, per esempio) che si limitavano a
essere momentanee aggregazioni di artisti con gusti e intenti affini, mentre le avanguardie propriamente dette
elaborano poetiche, “manifesti” che pongono gli aderenti in posizione di rottura, anticipano tendenze che poi
diventano comuni, spaziano anche in aree quali la filosofia, la politica, la stampa, il teatro. Gli artisti
“militanti” sono impegnati a realizzare e affermare la loro poetica. I programmi e le battaglie culturali
diventano perciò fenomeni da analizzare nei loro contesti, nelle loro matrici, nelle interrelazioni e
nell’incidenza che hanno sulla società.
Altri movimenti, come futuristi, espressionisti, surrealisti, dadaisti sono più poliedrici, comprendono figure
di grande originalità che si esprimono in diversi settori e con tecniche figurative non solo tradizionali, perché
affiancano alla pittura nuovi linguaggi (foto, cinema ecc.), sperimentano in territori finora poco toccati dagli
artisti (la propaganda politica, il teatro, la stampa come mezzo di massa); per questi motivi hanno risonanza a
più vasto raggio e si possono studiare sotto più angolature.
L’evento traumatico della guerra segna, se si esclude il surrealismo, la conclusione della fase creativa e
propulsiva delle avanguardie storiche. Ci saranno “onde lunghe” ed epigoni, ma il conflitto creerà nuovi
scenari in un mondo cambiato.

Un altro movimento che si pone sulla via della provocazione e dell’iconoclastia è il futurismo. Alla base del
vitalismo e dell’antipassatismo di Marinetti e compagni non si pongono sistematiche basi di pensiero, ma un
sincretismo di forme e di contributi.
Come altre correnti d’avanguardia è per prima cosa anti qualcosa: è contro il passato, la cultura accademica,
l’egualitarismo, il pacifismo.
Le posizioni ideologiche dei componenti erano, possiamo dire, confuse: il comune e fervido interventismo li
ha fatti spesso collocare compattamente su posizioni nazionaliste, ma un’analisi più attenta porta a
individuare anche componenti nicciane, socialrivoluzionarie o anarchiche.
La Grande Guerra
Le atrocità della cosiddetta Grande guerra furono sperimentate specialmente dai soldati in trincea.
Le avanzate e le ritirate furono minime sul fronte occidentale che fu il fronte più importante. E le vittime si
contavano a centinaia di migliaia per ogni battaglia che faceva perdere o guadagnare pochi chilometri.

La tecnologia fu usata per accrescere la morte e la distruzione. Gas, carri armati, aerei fanno la comparsa in
questa guerra.
In Italia il dibattito fu aspro. Nel 1914 essa decise di non entrare nel conflitto, ma subito si contrapposero due
schieramenti che volevano o il mantenimento della neutralità o l’intervento a fianco delle potenze dell’Intesa.
Nel 1915 prevalsero gli interventisti.

La conferenza di pace di Versailles vide i contrapposti interessi degli stati europei e di Wilson. La posizione
finale fu un compromesso, ma per quanto riguardava l’atteggiamento da assumere nei confronti della
Germania prevalse l’idea di punirla duramente. La Germania venne annientata e le conseguenze di tale
decisione saranno importantissime per capire la storia degli anni Venti e Trenta e anche per comprendere i
motivi che porteranno allo scoppio della seconda guerra mondiale.

Il riflesso nella produzione letteraria è stato immenso. Sarebbe difficile solo nominare il grande numero di
racconti, romanzi, memorie, poesie che hanno seguito la fine della prima guerra mondiale.
Certamente uno dei testi più significativi fu Niente di nuovo sul fronte occidentale, dove Remarque racconta
il dramma della guerra e della Germania con gli occhi di chi, alla fine del conflitto, sarà sconfitto.
Non meno importante è il romanzo di Hemingway, Addio alle armi, che ci offre uno sguardo “altro”, cioè di
un americano, sulla disfatta di Caporetto e sulle sue conseguenze.
Guerra e poesia – Al centro dell’Allegria di Ungaretti, che comprende testi scritti tra il 1914 e il 1919, c’è
l’esperienza della guerra combattuta dal poeta in trincea per tutta la sua durata.
È la guerra mondiale che spinge il poeta (interventista e volontario) a un drammatico confronto con il proprio
io di uomo e di combattente di fronte a una realtà esterna ostile e minacciosa, in cui la distruzione causata
dalle azioni belliche sembra saldarsi con l’estraneità e l’ostilità della natura. La guerra appare come qualcosa
di assoluto e ineluttabile, è il male che colpisce l’esistenza dell’uomo, a livello individuale collettivo. La
poesia è l’unico mezzo per affermare la propria dignità e umanità, per ritrovare se stessi dopo la catastrofe. Il
paesaggio delle aride petraie del Carso pone l’uomo di fronte alla sua fragilità, lo riporta al grado zero della
vita.
In questo azzeramento dell’essere, l’io riafferma tragicamente la propria vitalità, insiste a cercarsi e a cercare
valori segreti e inafferrabili.
In San Martino del Carso la visione realistica di un paese distrutto dalla guerra innesca la riflessione sulla
perdita di persone care e il cuore del poeta è desolato e dominato dalla morte, come dopo la battaglia.
In un altro testo famoso come I fiumi Ungaretti gode di un momento di tregua e ripercorre la propria vita
bagnandosi nelle acque dell’Isonzo, che gli ricorda altri fiumi lungo le rive dei quali affondano le sue radici
familiari e presso i quali ha bruciato gli anni giovanili (il Serchio, il Nilo, la Senna), fino a rappresentare la
sua vita come «una corolla di tenebre».
In Fratelli la parola «tremante nella notte», che sottolinea l’umanità dei soldati e li accomuna nella
condizione di dolore e di precarietà, assume il valore di una reazione alla guerra in nome dei valori della
fratellanza e della solidarietà, di una denuncia dell’insensatezza di ogni aggressione dell’uomo contro
l’uomo.
In Veglia il poeta sente dentro di sé il dolore di ogni essere umano ferito a morte e reagisce attraverso la
poesia.
La poesia di Ungaretti esprime sul piano del linguaggio l’adesione all’esperienza demolitrice delle
avanguardie (vedi il percorso Le avanguardie storiche) e il richiamo a valori permanenti e costanti. Alla base
c’è l’esperienza del simbolismo europeo, mentre l’influenza dell’espressionismo negli anni che precedono la
guerra si manifesta nella forte tendenza autobiografica. Il poeta cerca una poesia che sia immagine della Vita
d’un uomo (darà questo titolo alla raccolta completa delle sue opere).
Sul versante formale L’allegria testimonia la ricerca di una forma poetica tesa e concentrata, basata
sull’analogia e sulle corrispondenze simboliche, fondata sui versicoli, sulla parola isolata e pura, ritornata
alla forma e al significato originari, ripulita da incrostazioni ideologiche e letterarie. In brevi componimenti il
poeta esprime il senso dell’esistenza che coglie al di là dell’apparenza fenomenica delle cose.
I trattati di pace – La conferenza di pace di Parigi ebbe inizio il 18 gennaio 1919. Furono escluse le nazioni
sconfitte. Essa vide lo scontro tra Clemenceau, presidente francese, che voleva la totale distruzione della
Germania, e Wilson, presidente USA, che voleva un nuovo ordine mondiale (quello tratteggiato nei “14
punti”) basato sull’equilibrio e sulla autodeterminazione dei popoli.
La conferenza diede origine a cinque trattati diversi. Il più importante fu quello di Versailles con la
Germania. La Germania fu costretta:
- a concedere alla Francia il bacino della Saar per quindici anni;
- a restituire alla Francia l’Alsazia e la Lorena;
- a ridurre l’esercito e a creare una fascia smilitarizzata sul confine sud-occidentale;
- a pagare ingenti danni di guerra.
Il trattato di Saint-Germain con l’Austria sancì la scomparsa dell’impero asburgico e il suo smembramento.
Nacquero molti nuovi stati. L’Italia ottenne il Trentino e l’Alto Adige, Trieste e l’Istria, ma dovette
rinunciare alla Dalmazia.
Il 28 aprile 1919 venne formata la Società delle nazioni, voluta da Woodrow Wilson. Doveva garantire il
disarmo e la pace mondiale. Vi era un consiglio di 9 membri di cui 4 di nomina elettiva e gli altri membri di
diritto e permanenti (USA, Inghilterra, Francia, Giappone, Italia). Le decisioni erano prese all’unanimità. Si
trattava di un organismo giuridico senza la possibilità di imporre sanzioni.
La Società fu, fin dal suo inizio, molto debole. Lo stesso Wilson non ottenne la maggioranza del parlamento
americano per l’ingresso degli USA nella società.
La conferenza di pace e i trattati di pace posero molti più problemi di quanti non riuscirono a risolvere.

H. Arendt: La banalità del male (1963) – Il saggio è il resoconto del processo, che si svolse a Gerusalemme
nel 1961, a carico di Adolf Eichmann accusato di avere partecipato attivamente allo terminio del popolo
ebraico.
La Arendt aveva assistito al processo in quanto inviata della rivista «New Yorker».
Le principali tesi che vengono sostenute nel saggio sono:
- Eichmann era una persona normale come tanti altri tedeschi che vivevano sotto il nazismo;
- i suoi delitti avvennero senza che egli avvertisse di stare compiendo la più grande atrocità contro l’uomo.
Antisemitismo e nazismo
Nella seconda metà dell’Ottocento alcuni pensatori (tra cui Gobineau) sostennero, su basi pseudo-
scientifiche, l’inferiorità razziale dei popoli non bianchi e non ariani.
L’antisemitismo si acuisce in Germania nel primo dopoguerra e incanala il malcontento del popolo tedesco
verso un capro espiatorio, costituito dagli ebrei che da secoli erano circondati da ostilità e avversione a causa
della loro fede religiosa e dello sviluppo fiorente delle loro attività economiche e finanziarie.

Le leggi di Norimberga per la difesa della razza ariana emanate da Hitler nel 1935 privano gli ebrei della
nazionalità tedesca, limitano le loro possibilità di svolgere una professione, impediscono i matrimoni misti,
riconoscono piena cittadinanza e diritti politici solo a chi «è appartenente allo stato di sangue tedesco».

L’antisemitismo in Italia – In Italia il regime fascista introduce nel 1938 le leggi in difesa della razza che
impongono agli ebrei (e in generale ai non ariani) restrizioni nel lavoro, nella scuola, nei matrimoni, per
salvaguardare il «prestigio della razza nei territori dell’impero».

La deportazione degli ebrei italiani verso i campi di concentramento nazisti si intensifica nel periodo della
Repubblica di Salò. Nel 1943 la risiera di San Sabba a Trieste viene trasformata in campo di prigionia per i
militari italiani catturati dopo l’8 settembre e successivamente diventa un Politzeihalftlager (campo di
detenzione di polizia). Qui vengono smistati i deportati per Auschwitz, Dachau, Mathausen, si depositano i
beni razziati, si torturano e si eliminano gli ostaggi (partigiani, detenuti politici, ebrei) i cui corpi vengono
bruciati in un crematorio, potenziato nel ’44 per incenerire un maggior numero di cadaveri. Sulla base di
testimonianze e dei documenti rintracciati, si calcola che furono eliminate nel lager della risiera dalle tremila
alle cinquemila persone.

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