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NIETZSCHE

Vita e Scritti:

Nasce a Rocken, presso Lipsia, nel 1844.


A soli 5 anni perde il padre e un anno dopo si trasferisce con la madre e la sorella a
Naumburg.
A soli 12 anni compone già poesie e musica, e nel 1858 entra nella scuola di Pforta, nota per
i rigidi sistemi educativi.
Inoltre nel 1864 si iscrive alla facoltà di teologia a Bonn.
Un anno dopo torna a Lipsia, dove legge per la prima volta Il mondo come volontà e
rappresentazione e rimane conquistato dalla filosofia di Schopenhauer.
Diventa amico del teologo Franz Overbeck ed entra in rapporto con Wagner, diventandone
un ammiratore.
Allo scoppio della guerra franco-russa si arruola come infermiere volontario, ma viene
presto congedato perché si ammala di difterite.
Tra il 1873 e il 1876 escono le sue 4 Considerazioni inattuali, inoltre pubblica nel 1878
Umano, troppo umano. Un libro per spiriti liberi, con il quale prende le distanze dalla
filosofia di Schopenhauer e Wagner.
In questo periodo la sua salute si indebolisce e per questo è costretto a lasciare la cattedra di
lingua greca ottenuta a Basilea.
Nel 1883 inoltre pubblica la seconda parte di Così parò Zarathustra e a seguire, un anno
dopo, esce la terza, e nell’85 la quarta, tuttavia a sue spese perché non trova editori.
Fra le altre opere ricordiamo anche Il caso Wagner e L’anticristo.
Nel 1886 pubblica Al di là del bene e del male. Preludio di una filosofia dell’avvenire.
Intanto si stabilisce a Torino, una città che apprezza. Ma qui si ammala e dà i primi segni di
squilibrio mentale.
Nel 1899 ha il primo crollo psichico e scrive delle lettere, i cosiddetti “biglietti della
pazzia”, ad amici, capi di stato e membri di case regnanti, tra cui anche Umberto I.
Allora l’amico Overbeck si reca a Torino per riportare Nietzsche a Basilea, dove lo
sottopone a terapie in una clinica per malattie nervose.
Dopo la morte della madre, a prendersi cura di lui è la sorella Elizabeth, che fonda un
archivio a Weimar per gestire l’eredità del fratello e conservare le sue opere.
Proprio in questo periodo, in cui Nietzsche non può più rendersene conto, la sua fama cresce
sempre di più.
Filosofia e Malattia:

Nietzsche durante la sua vita dà segni di squilibrio mentale, tant'è che viene ricoverato in
una clinica psichiatrica. Di tutto ciò ne risentì per vari anni la sua filosofia, poiché si
formarono due tesi: la prima, in cui si riteneva che il suo pensiero fosse il risultato della
malattia, la seconda che sosteneva l'idea secondo cui la malattia fosse il risultato del
proprio pensiero. In questo modo, se da una parte al suo filosofare non veniva concessa
fiducia, poiché ritenuto malato, essendo il risultato di una malattia, e quindi insostenibile;
dall'altra si esaltava, poiché la malattia venne esaltata, considerandola come una condizione
creativa del suo filosofare. Gli studiosi di oggi hanno preso le distanze da tali
considerazioni, in quanto sostengono che il pensiero di un qualsiasi filosofo deve essere
giudicata per ciò che sostiene e non per la sua attinenza con la vita del filosofo. Così la
discussione sul rapporto tra la filosofia e la malattia di Nietzsche perde d'interesse.

Nazificazione a denazificazione:

Il pensiero di Nietzsche venne collegato per lungo tempo alla cultura nazifascista.
Il nazionalsocialismo ravvisava grandi affinità con:

● le idee di Nietzsche comprendenti attacchi alla democrazia, al cristianesimo, alle forme di


governo parlamentariste;

● l'annuncio (contenuto in La volontà di potenza) dell'avvento di una razza dominante


destinata a divenire il "signore della Terra";

● l'esaltazione della guerra, il credo della razza padrona e del superuomo.

Ciò è stato agevolato dalla sorella del filosofo, la quale appoggiava l'ideologia nazifascista
nascente in Germania e pubblicando le sue opere dopo la morte del fratello. Per di più,
Mazzino Montinari, nel corso della pubblicazione di opere postume di Nietzsche durante gli
anni 1960, scoprì che Elisabeth, "creando" - per così dire - La volontà di potenza mediante
l'attività di revisione redazionale di frammenti postumi, ne aveva tagliato degli estratti,
cambiato l'ordine, aggiunto titoli di sua invenzione, inserito passaggi di altri autori copiati
da Nietzsche come se fossero stati scritti da Nietzsche stesso, e così via. L'interpretazione
nazifascista del pensiero nietzschiano venne meno nel secondo dopoguerra, quando si attuo
un processo di denazificazione, muovendosi verso una lettura di un Nietzsche
progressista. Anche in questo senso, vi è una esagerazione, considerando Nietzsche come
successore di Marx. Oggi si va affermando un punti di vista che cerca di analizzare la
filosofia di Nietzsche per quello che realmente è, sottolineando la novità e la rottura al suo
interno, senza però non riconoscerne le componenti reazionarie.
Le caratteristiche del pensiero e della scrittura di Nietzsche:

Il pensiero di Nietzsche è caratterizzato da una radicale messa in discussione della civiltà e


della filosofia dell’Occidente, che si traduce in una distruzione programmatica delle
certezze del passato. Quest’opera di demolizione mette capo alla delineazione di un
nuovo tipo di umanità. A questa originalità di contenuti si accompagna la ricerca di nuove
modalità espressive e di nuove forme di comunicazione filosofica. Negli scritti giovanili
è ancora legato alla forma accademica del saggio e del trattato. A partire da “ Umano, troppo
umano” il filosofo opta per la forma breve dell’aforisma, cioè per l’illuminazione
istantanea. Non basta leggere un aforisma per capirlo: dopo averlo letto, bisogna
cominciare ad interpretarlo. Così parlò Zarathustra, che si ispira alla scrittura in versetti
propria dei Vangeli, segue il modello della poesia in prosa e dell’annuncio profetico, ricco di
simboli, allegorie e parabole. Negli ultimi scritti prevalgono invece l’esposizione
autobiografica e l’inventiva polemica. Il pensiero di Nietzsche è programmaticamente
asistematico. Dietro il sistema, scorge una forma specifica di volontà di potenza, cioè un
desiderio di impadronirsi della totalità del reale che egli denuncia come illusorio e
votato all’insuccesso. La forma chiusa del sistema è contestata da Nietzsche in virtù della
sua predilezione per gli orizzonti aperti. Il discorso di Nietzsche è multidimensionale e
presenta una pluralità di significato che non sono univocamente decifrabili. Non esistono
monopoli interpretativi ma solo ipotesi di lettura.

Le fasi del filosofare nietzscheano:

L’opera di Nietzsche è suddivisa in alcune fasi che vanno intese come tappe transitorie di
un pensiero in divenire che riunisce in sé stesso rottura e continuità.

● Gli scritti giovanili del periodo wagneriano-schopenhaueriano;

● Gli scritti intermedi del periodo “illuministico” o “genealogico”;

● Gli scritti “del meriggio” o “di Zarathustra”;

● Gli scritti degli ultimi anni o “del tramonto”.

Il periodo giovanile:

Tragedia e filosofia:

“La nascita della tragedia dallo spirito della musica. Ovvero grecità e pessimismo” (1872)
è un’opera composita, nella quale coesistono filologia, filosofia, estetica e teoria della
cultura. Il motivo centrale della Nascita della tragedia è la distinzione tra apollineo e
dionisiaco, impulsi di base dello spirito e dell’arte greci. L’apollineo si esprime nelle forme
limpide e armoniche della scultura e della poesia epica. Il dionisiaco si esprime
nell’esaltazione creatrice della musica e della poesia lirica. Nietzsche insiste sul carattere
originariamente dionisiaco della sensibilità greca, portata a scorgere ovunque il dramma
della vita e
della morte. Tant’è vero che l’apollineo nasce come conseguenza del tentativo di sublimare il caos alla
forma. Inizialmente l’apollineo e il dionisiaco convissero separati e opposti, ma nella tragedia attica, di
Sofocle e di Eschilo, si armonizzarono tra loro. Nell’arte successiva l’apollineo trionfa sul dionisiaco. Questo
processo di decadenza si concretizza nella tragedia di Euripide e attinge la sua espressione paradigmatica
nell’insegnamento razionalistico e ottimistico di Socrate. La decadenza della tragedia funge da rivelatrice
della decadenza della civiltà occidentale nel suo complesso. Nietzsche deriva da Schopenhauer la tesi del
carattere doloroso dell’essere e ne respinge la tematica dell’ascesi, contrapponendo un atteggiamento di
accettazione dell’essere nella globalità dei suoi aspetti. Per Nietzsche la vita è dolore e non ha ordine e scopo.
Due atteggiamenti sono allora possibili:

● Rinuncia e fuga, che mette capo all’ascetismo; ● Accettazione della vita così com’è, che mette capo
all’esaltazione della vita.

Nietzsche sceglie di essere discepolo di Dioniso, l’incarnazione delle passioni che affermano la vita e il
mondo. Il mondo è una sorta di gioco estetico e tragico, costituito dalla lotta della vita e della morte.
Soltanto l’arte riesce a comprenderlo veramente. Da ciò la metafisica dell’arte e la sua funzione di organo
della filosofia. Nietzsche ha una concezione della civiltà come processo di decadenza dovuto al progressivo
imporsi dello spirito antitragico. Tutto ciò sfocia nell’ideale di una rinascita della cultura tragica incentrata
sull’arte e sulla musica, di cui vede in Wagner una incarnazione emblematica.

Storia e vita:

Tra il 1873 e il 1876 Nietzsche scrive le quattro Considerazioni inattuali che si traduce in un'opera di critica
della cultura contemporanea. Nella seconda, si schiera contro lo storicismo e lo storiografismo, sostenendo
che l’eccesso di storia indebolisce le potenzialità creatrici dell’uomo. La cultura storicista favorisce, al
pari di quella positivistica, l’idolatria del fatto e fa dell’uomo il risultato di un processo necessario, costretto
ad incurvare la schiena ed ad abbassare la testa dinanzi alla potenza della storia e alla dialettica razionale che
la costituisce. L’uomo risulta incapace di creare qualcosa di nuovo nel presente e finisce per accontentarsi di
una sorta di “consumismo della storia”. Secondo Nietzsche, nella vita è indispensabile il “fattore oblio”,
perché senza una certa dose di incoscienza non c’è felicità e perché per poter agire efficacemente nel
presente occorre saper dimenticare il passato. Non significa che la storia sia sempre nociva per la vita, a
patto che la storia sia a servizio della vita e non viceversa. La vita deve essere l’ottica dentro la quale
rapportarsi alla storia, per instaurare un rapporto proficuo con il passato. La storia appartiene al vivente per
tre aspetti che lo caratterizzano: in quanto è attivo e ha aspirazioni, in quanto preserva e venera e in quanto
soffre e ha bisogno di liberazione. A questi tre corrispondono tre possibili specie di storia e di storiografia:

● La storia monumentale è propria di chi guarda al passato per cercarvi modelli e maestri. Tende a
mitizzare o ad abbellire il passato cancellandone alcuni accadimenti, oppure stimola il coraggioso alla
temerarietà e l’entusiasta al fanatismo.

● La storia antiquaria è propria di chi guarda al passato con fedeltà e amore, al punto da riconoscersi
frutto ed erede di una tradizione che lo giustifica. L’aspetto negativo consiste nella sua propensione a
paralizzare l’agire e a ostacolare ogni progetto di cambiamento.

● La storia critica è propria di chi guarda al passato come a un peso da cui liberarsi. La storia critica
trascina il passato davanti a un tribunale, lo interroga e lo condanna. Chi giudica è la vita stessa, la quale è
sempre ingiusta, dato che la sua sentenza scaturisce dalle passioni che la costituiscono. L’aspetto negativo è la
presunzione di poter recidere il passato dimenticando che noi siamo il risultato delle scelte delle precedenti
generazioni.

Ognuno di questi generi di storia, si dimostra valido se rimane sul proprio terreno; in caso contrario genera
solo atteggiamenti unilaterali e malsani. Tali atteggiamenti sono correggibili in virtù di un approccio alla
storia che integri tutte e tre le possibili tipologie.

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Il periodo “illuministico”:

Il metodo storico-genealogico e la filosofia del mattino:

Umano, troppo umano segna l’inizio del periodo “illuministico”. Tale periodo risulta caratterizzato dal
ripudio dei maestri di un tempo: Nietzsche contesta sia le formule metafisiche di Schopenhauer, sia le
tendenze artistiche di Wagner. Se precedentemente la metafisica e l’arte fungevano da vie privilegiate di
accesso all’essere, ora non valgono più come modi fondamentali della verità, ma appaiono come illusione.
L’arte viene considerata come residuo di una cultura di stampo mitico. Nietzsche è illuminista perché
impegnato in un’opera critica della cultura tramite la scienza. Nietzsche identifica questo nuovo metodo
con un procedimento critico di tipo storico-genealogico. Il nuovo procedimento di pensiero proposto da
Nietzsche si configura come un metodo critico e storico-genealogico: Critico perché eleva il sospetto a
regola d’indagine; storico-genealogico poiché ritiene che non esistano realtà storiche o immutabili, ma che
ogni cosa sia l'esito di un processo da ricostruire. Questo metodo si articola in due fasi principali: per prima
cosa si procede attraverso un’analisi storico-concettuale che mostra nozioni eterne che appartengono a realtà
di determinati contesti storici, in seguito si serve di una critica demistificante attraverso la quale rivela le
motivazioni e gli interessi umani sotto quella presunta assolutezza delle nozioni.

I concetti in cui si concretizza la filosofia illuministica e genealogica di Nietzsche sono lo spirito libero e la
filosofia del mattino. Lo spirito libero si identifica con il “viandante”, colui che grazie alla scienza riesce ad
emanciparsi inaugurando una “filosofia del mattino” basata sulla concezione della vita come transitorietà e
come libero esperimento senza certezze precostituite. Tra le tenebre e gli errori dell’umanità, Nietzsche
colloca la morale e la metafisica. La critica alla metafisica trova la propria espressione più caratteristica nella
teoria della “morte di Dio”, annunciata nella Gaia scienza.

La “morte di Dio” e la fine delle illusioni metafisiche:

Per Nietzsche Dio è:

● Simbolo di ogni prospettiva oltremondana che ponga il senso dell’essere al di là dell’essere, ovvero in un
altro mondo contrapposto a questo mondo;

● La personificazione delle certezze ultime dell’umanità, ossia di tutte le credenze metafisiche e religiose
elaborate attraverso i millenni per dare un “senso” e un ordine rassicurante alla vita.

Il primo punto è connesso alla convinzione nietzscheana secondo la quale Dio e l’oltremondo hanno
storicamente rappresentato una fuga dalla vita e una rivolta contro questo mondo. Il secondo punto è
conseguenza della concezione nietzscheana della metafisica. Secondo il filosofo, l’immagine di un cosmo
ordinato e benefico è soltanto una costruzione della nostra mente, realizzata ai fini di sopportare la durezza
dell’esistenza. Di fronte ad una realtà che risulta disarmonica, crudele, gli uomini, per poter sopravvivere,
hanno dovuto convincere se stessi e i loro figli che il mondo è qualcosa di “logico”, di benefico e di
provvidenziale. Da ciò il messaggio: Dio è la più antica delle bugie vitali, e quindi la quintessenza di tutte
le credenze escogitate attraverso i tempi per poter fronteggiare il volto caotico e meduseo dell’esistenza. Per
Nietzsche l’idea di Dio è confutata dalla realtà stessa, cioè dall’essenza malefica e caotica del mondo.
All’origine dell’idea di Dio vi è la paura dell’uomo di fronte all’essere.
MENZOGNA MILLENARIA

Il grande annuncio:

A Nietzsche premono l’annuncio della morte di Dio e la riflessione sulle conseguenze prodotte da questo fatto
decisivo nella storia umana. Nella Gaia scienza il messaggio della morte di Dio viene trasmesso con il
racconto dell’“uomo folle”.

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Un uomo folle accese una lanterna all’alba, corse al mercato e si mise a gridare incessantemente: “Cerco Dio”.
Molti di quelli che non credevano in Dio erano lì, e questo suscitò grandi risa. Siamo stati noi ad ucciderlo:
siamo noi tutti noi i suoi assassini! Come potremmo notare il mare tirandolo fino all’ultima goccia? L’uomo
continua dicendo che anche gli dei si decompongono e che Dio è morto e rimarrà morto. Quanto di più sacro e
di più possente il mondo possedeva fino ad oggi si è dissanguato sotto i nostri coltelli; che ci pulirà da questo
sangue? Quali riti espiatori dovremmo inventare? Non è troppo grande, per noi, questa azione? Non dobbiamo
noi stessi diventare degli dèi, per apparire degni di essa? Non ci sarà mai un’azione più grande: tutti coloro
che verranno dopo di noi apparterranno in virtù di questa azione, ad una storia più alta di quanto mai siano
state tutte le storie fino ad oggi. Si racconta che l’uomo folle abbia fatto irruzione nello stesso giorno in
diverse chiese e qui abbia intonato il Requiem aeternam Deo. l’eterno riposo

Il racconto contiene una ricca simbologia filosofica. L’uomo folle è il filosofo-profeta; le risa degli uomini
del mercato rappresentano l’ateismo ottimistico e superficiale degli uomini dell’ottocento; la difficoltà di
bere il mare, cancellare l’orizzonte e separare la terra dal proprio sole è un’allusione al carattere arduo e
sovraumano dell’uccisione di Dio; la mancanza di un alto e di un basso esprimono un senso di
smarrimento; la necessità di divenire dèi noi stessi per apparire degni dell’azione più grande è il richiamo
che per reggere la morte di Dio l’uomo deve farsi superuomo.

La morte di Dio e l’avvento del superuomo:

La morte di Dio costituisce un “trauma” ma solo in relazione a un uomo-non-ancora-superuomo che proprio


in virtù di questo trauma può divenire tale. La morte di Dio coincide dunque con l’atto di nascita del
superuomo. Solo chi ha il coraggio di guardare in faccia la realtà e di prendere atto del crollo degli
assoluti è ormai maturo, per varcare l’abisso che divide l’uomo dal superuomo. Il superuomo ha dietro di sé la
morte di Dio e la vertigine da essa provocata, ma ha davanti a sé il mare “aperto” delle possibilità connesse a
una libera progettazione della propria esistenza al di là di ogni struttura metafisica data. Per Nietzsche l’uomo
può diventare superuomo soltanto dopo essere passato sul cadavere di tutte le divinità. Zarathustra, esclamerà:
“Morti son tutti gli dei: ora vogliamo che il superuomo viva”. Il che significa che l’universo nietzscheano
è tale solo se si fonda sul presupposto di un mondo “sdivinizzato”. L’ateismo di Nietzsche non contesta
soltanto Dio, ma anche ogni suo ipotetico surrogato, ben consapevole che gli uomini, abbattute le antiche
divinità, tendono inevitabilmente a crearne altre. Quando si sostiene che Dio è definitivamente morto, si
intende l’essere metafisico e il valore dei valori. La morte di Dio rappresenta il tramonto definitivo del
platonismo, che per Nietzsche è la metafisica per eccellenza dell’Occidente. Fu Platone a calunniare
filosoficamente questo mondo e ad inventarne un altro da contrapporre a quello apparente in cui viviamo. Ma
quello che Platone aveva identificato come il “mondo vero” ha finito per rivelarsi una “favola”. Ciò è
storicamente avvenuto attraverso un processo che Nietzsche scandisce in sei tappe:

1. Con Platone e la filosofia greca, si ritiene che il mondo vero sia attingibile da parte dei saggi;

2. Con il cristianesimo, il mondo vero viene promesso ai virtuosi;

3. Con il kantismo, il mondo vero viene ritenuto indimostrabile ed è ridotto a un obbligo o un postulato
morale;

4. Con il positivismo, il mondo vero viene decisamente prospettato come inconoscibile;

5. Con la filosofia del mattino, il mondo vero si rivela un’idea inutile e superfluo;

6. Con la filosofia di Zarathustra, all’eliminazione del “mondo vero” dell’aldilà si affianca


l’eliminazione del “mondo apparente” dell’aldiqua, ovvero la definitiva sconfitta di ogni prospettiva
metafisico-dualistica che faccia del nostro mondo la copia negativa di un altro mondo.

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Nietzsche presenta la fine del mondo vero in termini di autosoppressione della morale, intendendo dire che è
proprio in omaggio ai valori morali e cristiani della veracità e dell’onestà che noi abbiamo finito per
sbarazzarci delle idee morali e metafisiche di matrice platonico-cristiana.

Il periodo di Zarathustra:

La filosofia del meriggio:

Con l’opera intitolata Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno si apre una fase che comincia
là dove si conclude la filosofia del mattino, cioè con l’eliminazione del “mondo vero” è stato tolto di mezzo
anche il “mondo apparente”. Dopo la morte di Dio si aprono due possibilità, quella dell’ultimo uomo e
quella del superuomo. Zarathustra non è il superuomo, ma soltanto il suo profeta. In un passo di Ecce homo,
Zarathustra viene interpretato secondo il modello dell’autosoppressione della morale, ossia come colui che,
essendo stato il primo a tradurre la morale in termini metafisici, è anche il primo ad accorgersi
dell’errore della morale. L’opera si accompagna ad una rivoluzione stilistica. È una sorta di poema in
prosa, il tono profetico e il profluvio di immagini e di parabole lo rendono talvolta di difficile lettura ed
interpretazione. I temi di base dell’opera sono tre: l’superuomo, la volontà di potenza e l’eterno ritorno.

Il superuomo:

È un concetto filosofico di cui Nietzsche si serve per esprimere un modello di uomo in cui si concretizzano i
temi di fondo del suo pensiero. È colui che è in grado di accettare la dimensione tragica e dionisiaca
dell’esistenza, di reggere la morte di Dio e la perdita delle certezze assolute, di emanciparsi dalla morale e dal
cristianesimo, di porsi come volontà di potenza e di procedere oltre al nichilismo. Il superuomo non può che
stagliarsi sull’orizzonte del futuro, è il nuovo tipo di uomo. Superuomo (Ubermensch), cioè un uomo che si
colloca al di là di ogni tipo antropologico dato. In sintesi è un uomo oltre l’uomo, capace di creare nuovi
valori e di rapportarsi in modo inedito alla realtà. L’anima, che dovrebbe essere il soggetto di un’ipotetica
esistenza ultraterrena, è insussistente: l’uomo è sostanzialmente corpo. Questa rivendicazione della natura
terrestre del superuomo fa tutt’uno con l’accettazione totale della vita che è propria dello spirito dionisiaco.
La terra cessa di essere il deserto in cui l’uomo è in esilio per divenire la sua dimora, e il corpo cessa di essere
la prigione per divenire il concreto modo di essere dell’uomo nel mondo. Nietzsche descrive la genesi e il
senso del superuomo alla stregua di una libertà che libera se stessa. Nomina le tre metamorfosi dello spirito:

● Il cammello: l’uomo che porta i pesi della tradizione; ● Il leone: l’uomo che si libera dai fardelli metafisici
ed etici; ● Il fanciullo: superuomo.

Il superomismo di Nietzsche presenta espliciti connotati antidemocratici e reazionari. La liberazione da


tutte le autorità umane e divine che egli auspica non è qualcosa che riguarda tutta l’umanità, ma soltanto
un’élite. La filosofia antidemocratica e antiegualitaria di Nietzsche non giunge a vagheggiare un’umanità di
oltreuomini, ma si limita a scorgere nell’Übermensch, ovvero l’eccezione superiore che si contrappone alla
massa degli inferiori. Nel corso della sua opera denuncia tutti gli idoli politici del suo tempo. Mostra
chiaramente come il messaggio ultimo del suo pensiero vada cercato sul piano filosofico.

L’eterno ritorno:

Nietzsche presenta la teoria dell’eterno ritorno dell’uguale, ovvero della ripetizione di tutte le vicende del
mondo, come il pensiero più profondo e decisivo della propria filosofia. Il pensiero dell’eterno ritorno tende a
palesare il proprio carattere selettivo, fungendo da spartiacque tra l’uomo e il superuomo. La reazione di
terrore di fronte alla prospettiva dell’eterno ripetersi del tutto sono propri dell’uomo, la gioia per “l’eterna

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sanzione” dell’essere è tipica del superuomo. La forma più eloquente della teoria si trova in Così parlò
Zarathustra, nel discorso “La visione e l’enigma”. Zarathustra narra di una salita su un impervio sentiero di
montagna, giunge di fronte a una porta carraia sulla quale è scritta la parola “attimo” e dinanzi alla quale si
uniscono due sentieri che si perdono nell’eternità. Il primo porta all’indietro, l’altro porta in avanti. La scena
centrale del pastore che morde la testa al serpente, trasformandosi in creatura luminosa e ridente, allude al
fatto che l’uomo può trasformarsi in superuomo solo a patto di vincere la ripugnanza soffocante del
pensiero dell’eterno ritorno e di prendere una decisione coraggiosa nei suoi confronti. Nietzsche torna
dunque a recuperare una concezione precristiana del mondo, presente nella Grecia presocratica, la quale
presuppone una visione ciclica del tempo. Questa dottrina costituisce in realtà il punto più difficile e
controversa dell’intera filosofia nietzscheana, esistono infatti diverse interpretazioni:

● Certezza cosmologica: in alcuni luoghi della sua opera sembra seguire l’obiettivo di una spiegazione
“scientifica” di essa;

● Ipotesi sull'essere: funge da schema etico il quale prescrive di amare la vita e di agire come se tutto
dovesse ritornare;

● Enunciazione metaforica di un modo di essere dell’essere: l’uomo può incarnare solo nella misura in cui
è felice.

Porsi nella prospettiva dell’eterno ritorno significa escludere alcuni principi e difenderne altri. Da ciò la
doppia portata, polemica da un lato e propositiva dall’altro, di questa dottrina. Collocarsi nell’ottica
dell’eterno ritorno vuol dire rifiutare la concezione lineare del tempo, in cui ognuno ha senso solo in
funzione degli altri. Una dottrina di questo tipo ha come presupposto l’impossibilità della felicità
dell’esistenza. Credere nell’eterno ritorno significa anche:

● Ritenere che il senso dell’essere non stia “fuori” dell’essere ma nell’essere stesso, ossia in ciò che
Nietzsche chiama il divenire “innocente” e “dionisiaco” delle cose; ● Disporsi a vivere la vita, come
coincidenza di essere e di senso, realizzando in tal modo la “felicità del circolo”.

Il tipo di uomo capace di “decidere” l’eterno ritorno, e quindi di vivere come se tutto dovesse ritornare è
l’oltreuomo, in grado di vivere la vita come gioco creativo e avente in sé il proprio senso appagante .
L’eterno ritorno incarna al massimo grado l’accettazione superomistica dell’essere.

L'ultimo Nietzsche:

Nelle opere dell'ultimo periodo campeggia il tema della critica della morale e del cristianesimo si propone
di distruggere definitivamente le credenze dominanti, per far posto all’avvento di un nuovo pensiero,
finalizzato alla creazione del superuomo.

Il crepuscolo degli idoli e la “trasvalutazione degli idoli”:

Il tema dell’accettazione della vita porta il filosofo a polemizzare aspramente contro la morale e il
cristianesimo. La morale è sempre stata considerata come un fatto evidente, che si autoimpone all’individuo.
Il primo passo da compiere è quello di mettere in discussione la morale stessa. Nietzsche intraprende
un’analisi genealogica della morale, al fine di svelarne l’origine psicologica. Il filosofo ritiene che i pretesi
valori trascendenti della morale e la morale stessa, non siano altro che la proiezione di determinate
tendenze umane. Anche la cosiddetta “voce della coscienza”, non è altro che la presenza in noi delle
autorità sociali dalle quali siamo stati educati. Perciò anziché essere “la voce di Dio nel petto dell’uomo”, la
coscienza risulta “la voce di alcuni uomini nell’uomo”; quindi la moralità è “l’istinto del gregge nel
singolo”.

Morale dei signori e degli schiavi e cristianesimo:

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Mentre inizialmente, soprattutto nel mondo classico, la morale era l’espressione di un’aristocrazia
cavalleresca che risultava improntata ai valori vitali della forza, della salute, della fierezza, in un secondo
momento, appare improntata ai valori antivitali del disinteresse, dell’abnegazione, del sacrificio di sé. Ma
come si spiega la vittoria morale degli schiavi su quella dei signori? Ciò è avvenuto perché la morale dei
signori comprendeva in sé non solo l’etica dei guerrieri, ma anche quella dei sacerdoti. E se il guerriero si
rispecchiava nelle virtù del “corpo”, il sacerdote perseguiva invece le virtù dello “spirito”. Il sacerdote non
poté fare a meno di provare verso il guerriero un certo risentimento, ovvero una segreta invidia e un latente
desiderio di rivalsa. E non potendo dominare la casta dei guerrieri sul proprio terreno, la casta sacerdotale
cercò di affermare se stessa elaborando una tavola di valori antitetica a quella dei cavalieri. Al “corpo” si
antepose così lo “spirito”. Questo rovesciamento di valori caratterizza soprattutto il popolo ebraico,
identificato come il popolo sacerdotale per eccellenza. Questo tipo di morale mette capo al cristianesimo, una
religione che è frutto di un risentimento dell’uomo debole verso la vita. Nel cristianesimo storico scorge
infatti il simbolo della vita che si mette contro la vita. Poiché ha inibito gli impulsi primari dell’esistenza
mediante la nozione di “peccato”, il cristianesimo storico ha prodotto un tipo d’uomo malato e represso, in
preda a continui sensi di colpa che avvelenano la sua esistenza. L’uomo cristiano, al di là delle maschere di
serenità, è psichicamente un autotormentato, che nasconde in sé un’aggressività rabbiosa contro la vita e
uno spirito di vendetta contro il prossimo. Questo spiega perché dalla religione dell’amore sia potuta
scaturire una casta sacerdotale oppressiva e crudele. Nietzsche, contro la figura di Gesù, che lo considera
come un santo anarchico, propone una radicale trasvalutazione dei valori, intesa come un nuovo modo di
rapportarsi ai valori, concepiti come libere proiezioni dell’uomo e della sua antiascetica volontà di
potenza. Nietzsche si sente investito di una missione epocale, finalizzata a porre le basi di un nuovo tipo di
civiltà. Da ciò la figura del filosofo come legislatore e costruttore di storia.

La volontà di potenza:

Nietzsche identifica la volontà di potenza con l’intima essenza dell’essere; inoltre si identifica con la vita
stessa, intesa come forza espansiva. La molla fondamentale della vita è la spinta all’autoaffermazione.
Questo costruttivo espandersi della vita, trova la propria espressione più alta nel superuomo, che non è uber
solo perché è oltre l’uomo del passato, ma anche perché la sua essenza consiste nel continuo
oltrepassamento di sé. Dire che la vita è autopotenziamento significa dire che la vita è autocreazione, cioè
libera produzione di se medesima al di là di ogni piano prestabilito. Dalla concezione nietzscheana della
vita come autocreazione segue che l’arte non è solo una forma della vita, ma la sua forma suprema. Poiché
la volontà di potenza trova la propria espressione ultima nel superuomo, l’artista può essere definito come
una prima visibile figura del superuomo. Inizialmente Nietzsche aveva esaltato l’arte, la considera, almeno
nella sua forma “sana”, un’espressione di forza e pienezza. L’essenza creativa della volontà di potenza si
manifesta nella produzione dei valori, che non sono proprietà delle cose, ma proiezioni della vita e
condizioni del suo esercizio. Da ciò l’essenza interpretativa della volontà di potenza. Tale forza trova il
proprio apice nella creazione oltreomistica di nuovi valori e nel tentativo di dare un senso all’insensatezza
caotica del mondo. La volontà di potenza ha il proprio culmine nell’accettazione-istituzione dell’eterno
ritorno, ovvero nell’atto tramite il quale il superuomo si libera dal peso del passato e “redime” il tempo.
Questa redenzione del tempo, coincide a sua volta con l’apoteosi del divenire, ossia con l’atto tramite il quale
divenire, in quanto eternizzato, riceve il sigillo dell’essere. La volontà di potenza non ha solo valenze
teoriche. Anche se tali valenze sono certamente le più decisive sul piano filosofico, e se ne contiene anche
altre, ben più crude e storicamente funeste. Nel concetto nietzscheano di volontà di potenza albergano aspetti
antidemocratici e antiegualitari, che fanno parte della componente reazionaria del suo pensiero.
Componente che spinge Nietzsche a individuare il soggetto della volontà di potenza in una specie aristocratica
di spiriti dominatori e cesarei. VOLONTA’ DI POTENZA COME SOPRAFFAZIONE E DOMINIO

Il problema del nichilismo e del suo superamento:

In prima accezione, Nietzsche intende per nichilismo la “volontà del nulla”, ovvero ogni atteggiamento di
fuga e di disgusto nei confronti del mondo concreto. Il filosofo vede incarnato questo atteggiamento nel
cristianesimo. In seconda accezione, Nietzsche intende per nichilismo la specifica situazione dell’uomo
moderno e contemporaneo, che non credendo più nei valori di Dio, della verità, del bene ecc… finisce per

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avvertire, di fronte all’essere, lo sgomento del vuoto e del nulla. Nietzsche, nei Frammenti postumi del 1887-
1888, presenta se stesso come “il primo perfetto nichilismo d’Europa”. In virtù delle metafisiche, l’uomo si ORIGINE
è dapprima immaginato dei fini assoluti e delle realtà trascendenti, ma in seguito, avendo scoperto che tali fini DEL
e oltremondi non esistono e che l’essere non è né uno, né vero, né buono, è piombato nell’angoscia NICHILISMO
nichilistica. L’equivoco del nichilismo moderno, risiede nel fatto che esso identifica la mancanza di fini e
strutture metafisiche “razionali” e “provvidenziali” con la mancanza di senso tout-court. L’equivoco del
nichilismo consiste nel dire che il mondo non ha “alcun” senso. Questo mostra come Nietzsche, pur
essendo un nichilista radicale, lo sia in modo tale da superare il nichilismo stesso. Il nichilismo appare a
Nietzsche soltanto uno stadio intermedio, ovvero un “no” alla vita che, attraverso l’esercizio della volontà
di potenza, prepara il grande “sì” a essa. Nietzsche articola diversi tipi di nichilismo:

● Il nichilismo incompleto è quello in cui i vecchi valori vengono distrutti, ma i nuovi che subentrano hanno
la medesima fisionomia dei precedenti. Nel nichilismo incompleto rimane operante una fede; per rovesciare
il mondo dei valori si deve ancora credere in qualcosa, in un ideale, sia ancora un bisogno quindi di verità.

● Il nichilismo completo è il nichilismo vero e proprio. Esso può rappresentare un segno di debolezza o di
forza. Nel primo caso, si ha il nichilismo passivo, che si limita a prendere atto del declino dei valori. Nel
secondo caso, si ha il nichilismo attivo, che si esercita come forza violenta di distruzione. Nietzsche chiama
nichilismo estremo quella forma di nichilismo attivo che distrugge ogni residua credenza in qualche verità di
tipo metafisico, o verità in sé. Nietzsche parla anche di nichilismo estatico, quando il nichilismo estremo crea
spazio per nuove possibilità e “esce allo scoperto”.

Il nichilismo attivo, estremo o estatico, raggiunge la propria completezza, cioè diviene “classico”, quando
passa dal momento distruttivo al momento costruttivo, ovvero quando si rende conto che il senso, non
essendo dato, deve essere inventato.

Il prospettivismo:

Nell’ultimo Nietzsche assistiamo a una radicalizzazione del suo prospettivismo. Egli intende la teoria
secondo cui non esistono cose o fatti, ma solo interpretazioni circostanziate di cose o fatti. Ne segue che il
mondo ha innumerevoli sensi, che corrispondono ad altrettante interpretazioni formulate da angoli
prospettici diversi. Non è da confondersi con alcuna forma di idealismo che alla base di tutto ponga l’io.
Poiché non si danno centri sostanziali dell’interpretazione, anche il soggetto risulta una costruzione
interpretativa. Tra il prospettivismo nietzscheano e il criticismo kantiano esistono numerose differenze,
riassumibili nel fatto che, mentre per Kant esiste un’unica e immutabile chiave di lettura della realtà, per
Nietzsche esistono molteplici e mutevoli punti di vista sul mondo. Alla base di ogni interpretazione stanno i
bisogni e interessi collegati all’istinto di conservazione e alla volontà di potenza. Le cosiddette “verità” sono
soltanto illusioni di cui si è dimenticata la natura illusoria e che il linguaggio è solo un esercizio di metafore.
Ora puntualizza che la conoscenza e la logica sono invenzioni per porre sotto controllo il caos multiforme
dell’esperienza quotidiana.

Il prospettivismo e la concezione Nietzscheana della scienza:

La critica odierna ha messo in evidenza l’impatto del prospettivismo sulla concezione nietzscheana della
scienza. Sebbene la scienza sembri avere un ruolo secondario tuttavia, avendo tentato una ricostruzione del
significato della cultura occidentale nella sua globalità, il filosofo non può esimersi dal riflettere su questa
componente essenziale, elaborandone una visione di stampo nettamente antipositivistico. Egli è convinto
che non soltanto i fatti, ma anche gli stessi oggetti sussistano esclusivamente all'interno di una cornice teorica
previamente assunta, “costruiti” in base a implicite assunzioni di natura epistemologica, metafisica o
teologica. Gli oggetti della scienza sono oggetti la cui stessa configurazione cambia con il mutare del contesto
teorico all’interno del quale vengono studiati: se per un apostolico la terra è un pianeta immobile, per un
copernicano essa effettua dei moti di rivoluzione. Questo significa che l’interpretazione scientifica non si
limita a “decodificare” la struttura della realtà, ma in qualche modo la “crea”. L’apoditticità delle affermazioni
scientifiche per Nietzsche non è che un’illusione, la quale in realtà deriva dalla debolezza dell’uomo:

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quest’ultimo non riesce a pensarsi come un essere instabile inserito in un mondo caotico, ma bisogno di
certezza. La scienza quindi risulta la migliore alleata dell’ideale ascetico.

La critica della scienza moderna:

La considerazione della realtà non può che essere libera e plurale: non può esistere un solo modello valido
per interpretarla e la scienza moderna, imponendo la teoria meccanicistica e la matematizzazione della natura,
ha veicolato una visione univoca e quantitativa del mondo. Nietzsche critica la crescente specializzazione e
la visione atomizzata del mondo. Lo sviluppo scientifico ha raggiunto un livello talmente alto che chiunque
voglia ancora a portarvi contributi innovativi deve dedicarsi a un settore determinato, rimanendo estraneo a
tutti gli altri. La scienza finisce per non offrire più una visione complessiva del mondo e della realtà.
Nietzsche si schiera contro il determinismo imperante. Come Hume, egli critica il principio di causalità.
Hume viene richiamato per sostenere che l’ordine dei fenomeni non è qualcosa di effettivamente
riscontrabile in essi, ma qualcosa di posto dall’uomo. La causalità sorge da un’esigenza di regolarità che non
riguarda la natura ma la fragilità psicologica degli esseri umani.

La volontà di potenza come criterio di scelta:

Il prospettivismo di Nietzsche non comporta la convinzione che tutte le interpretazioni siano equivalenti e che
di fronte allo scontro tra le diverse volontà di potenza non vi siano criteri di scelta. Nietzsche individua tali
criteri nella salute e nella forza, cioè nella vita stessa. Una vita che accresce continuamente se stessa, è di
conseguenza volontà di potenza. Nietzsche si riferisce anche e soprattutto alla capacità “dionisiaca” di
accettare la “tragicità” dell’esistenza. La “salute” di cui parla Nietzsche allude al globale modo di essere
del superuomo, dotato di spirito di coraggio e di avventura, che sa vivere senza certezze né fedi assolute.

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