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HISTÓRIA DE LA LITERATURA ESPAÑOLA:

Nel 1868 la narrativa troverà terreno fertile per svilupparsi. 


E anche il romanzo borghese. 
All’inizio dell’800 la Spagna si trovo ad sfrontare un notevole
sviluppo demografico. Però soltanto nel 1840 si sviluppo
l’industria in Spagna. Decolló anche il settore commerciale. 
Questo fenomeno economico da vita a due fattori sociali
paralleli: 
1. la presenza di proletari in città in condizioni di vita
disumane 
2. La nascita di una classe sociale agiata che avrebbe
presto preteso il potere politico. 
Questi due fattori, riletti in chiave letteraria, danno vita a due
correnti narrative a metà dell’800:

1. ROMANZO REALISTA: che trae linfa vitale dalle


frustrazioni della borghesia 
2. ROMANZO NATURALISTA: che sceglie come oggetto
di analisi la miseria economica e umana delle periferie
urbane. 

Il realismo e il naturalismo spagnolo hanno temi e forme diverse


rispetto a quelli europei. 

L’aristocrazia non perde mai i privilegi e continuò ad esercitare il


potere politico attraverso i CACIQUES che sono signori feudali
del diciannovesimo secolo. 

Nel 1868 c’è la GLORIOSA che mise in evidenza l’arretratezza


sociale e culturale della Spagna. Si creano così due correnti: i
liberali e i conservatori. 
Anche in campo letterario ci furono degli scontri tra i generi: in
un primo momento la prima forma narrativa dell’estetica realista
era quella del ROMANZO A TESI. 
Che poi lasció posto ad una più libera espressione della realtà ma
sempre lontano dai canoni europei. 

TEMATICHE DEL REALISMO: 

In romanzieri spagnoli parlarono soprattutto della vita nei piccoli


centri di provincia, dell’antitesi tra città e campagna, le
meraviglie paesaggistiche ecc ecc.
Anche con il naturalismo si parlerà poco di città e molto di
campagna e si racconterà del conflitto tra natura e cultura
piuttosto che tra l’uomo e la società come nella VETUSTA
dipenda da Clarín nel “LA REGENTA” (la presidentessa).

I realisti spagnoli, liberali o conservatori che siano,


DISPREZZANO la borghesia, i valori della borghesia, il
capitalismo, la vita materialistica (per l’industralizzazione) 

A differenza dei romantici che volevano rifugiarsi nell’interiorità,


nell’illusione e nel passato i realisti vogliono conoscere la realtà
circostante e cercare di cambiare ciò che non accettano.   

Il COSTUMBRISMO di inizio e metà 800 aveva spianato la


strada della narrativa allo stile basso caratteristico del realismo:
attenzione alla gente comune, descrizione di vicende futili e
quotidiane ecc. 
Anche i FOLLETINES che ponevano l’attenzione per la gente
comune e per la lingua di tutti i giorni aprirono la strada al
realismo.

Per i realisti è stato fondamentale anche il tradurre autori inglesi


del 700 e del 800 (Dickens, Defoe). Anche autori francese come
Balzac e Flaubert aprirono il cammino ad autori inquieto come
PÉREZ GALDÓS, il quale scrisse LA FONTANA DE ORO
(1870). Che è considerato il PRIMO ROMANZO REALISTA
SPAGNOLO. 

IL DESTINATARIO DEL ROMANZO REALISTA; 


Già nel 700 c’erano tracce di vita borghese però non era
ovviamente una società ben definita e chiaramente gerarchizzata.
La borghesia al potere (nell’800) non aveva un modello culturale
proprio e quindi “imitava” il gusto e i comportamenti
dell’aristocrazia. Nasce quindi la figura del PARVENU ovvero
dell’individuo che, essendo riuscito a salire nella scala sociale,
non riesce ad assimilare il codice comportamentale
dell’aristocrazia oppure lo esalta esageratamente (per esempio il
Jandalo, che sarebbe l’indiano che torna dal’América arricchito).
Questo tema del jandalo arricchito popola la narrativa di
PEREDA, CLARIN, VALDÉS.
Nasce quindi il concetto di CURSI: la tendenza all’ostentazione
del codice di comportamento altrui. 

Quindi si contrappongono due idee letterarie: da una parte lo


sguardo desiderante di chi ambisce a ciò che ancora non ha quindi
il denaro e dell’altra lo sguardo nostalgico di chi ha perso le
proprie origini. 

La borghesia della seconda metà dell’800 vorrebbe essere ciò che


non è ma, allo stesso tempo, rimpiange ciò che non è più. Poiché
dopo la gloriosa il mondo è fatto sempre più di cose e meno di
idee è sempre più popolato da prodotti industriali  e da ricchezza
materiale.
Infatti dopo la gloriosa ci sarà uno straordinario sviluppo delle
comunicazioni, l’ampliamento delle infrastrutture e in particolare
della rete ferroviaria. La circolazione delle idee e delle persone
non era più il privilegio di pochi ma era alla portata di chiunque. 
La nuova società proponeva quindi due soli archetipi umani: il
produttore e il consumatore infatti Nietzsche affermerà che “Dio è
morto”. Questa assenza di Dio si manifesta nel romanzo
attraverso la distanza tra le azioni dei personaggi e la loro anima.
Questo richiede nuove forme di rappresentazione e quindi sarà il
ROMANZO a rappresentare al meglio questa condizione e questo
desiderio di riappropriazione della realtà. Il romanzo diventa
quindi storia dell’anima che lotta contro l’ambiente ostile. 

IL REALISMO SECONDO I TEORICI DELLA


LETTERATURA:

In un articolo del 1921 Jakobson dice che “definiamo realiste le


opere che ci sembrano fedeli alla realtà” 
Molto spesso gli autori realisti si concentrano su dettagli per farci
immergere in quel senso di realtà: Balzac descriveva
minuziosamente gli oggetti perché gli oggetti che circondano una
persona sono l’estensione della sua psiche. 
Così come l’individuo non è che la concretizzazione della sua
classe sociale, il romanzo realista non è che espressione concreta
del mondo reale. La realtà non è mai presente in un testo ma è una
ricostruzione codificata della realtà però di rende coerente e
quindi reale per il lettore. 
Secondo Hamon ci sono dei presupposti che garantiscono la
coerenza: 
1. La lingua è in grado di riprodurre fedelmente la realtà 
2. L’autore può enunciare un discorso ordinato su un
mondo caotico 
3. La sua voce deve essere cancellata dal discorso 
4. L’autore deve capire la funzione del discorso 

ROMANZO REALISTA SPAGNOLO (caratteristiche) 

Lo scopo primario del romanzo realista è quello di raccontare la


realtà così come è senza spostare l’attenzione sul versante
estetico. Da ciò discende che il miglior mezzo per raccontare la
realtà sia la lingua TRASPARENTE e QUOTIDIANA quindi la
qualità espositiva deve essere talmente basica da saper
rappresentare il mondo.
La CORNICE SPAZIALE del romanzo realista valica i limiti
geografici della Spagna: si narrano vicende futili avvenute in
qualche paesino dell’Andalusia, della Valenza e di solito gli
accaduti sono di qualche anno prima. Quindi si racconta
l’ATTUALITÀ. 
Il vero protagonista dei romanzi realisti è quindi l’AMBIENTE
SOCIALE, i personaggi sono sempre individui dalle dimensioni
“umane” con una vita normale non sconvolta da eventi
impossibili, non reali. Quindi vita di gente comune.
Il personaggio è quindi una concretizzazione fisica della società,
delle ASPIRAZIONI e FRUSTRAZIONI di tutta una classe
sociale e quindi non può esser rappresentato in modo troppo
individualizzato. Al massimo il narratore può descrivere difetti
fisici o errori comportamentali del personaggio. 

Oppure questo personaggio hanno la prerogativa di essere


l’incarnazione di un attributo che li rende anche facilmente
prevedibili. Sarà poi il contesto sociale a mettere a dura prova il
loro marchio caratteriale instillando in loro dubbi, insicurezze. 
Le eccezioni a questa regola generale si trovano nei “ROMANZI
A TESI” in cui il narratore si serve della conversazione finale del
protagonista per dare maggior risalto alla tesi. 
L’inizio della trama ci presenta un personaggio conseguente con
le proprie scelte di vita, ma l’amore o il rimorso lo fanno vacillare
e lo portano ad accettare il punto di vista opposto e la tesi del
libro gli restituisce l’equilibrio perduto. 
Per esempio il seminarista dell’opera PEPITA JIMÈNEZ di
VALERA finisce per accettare l’amore terreno di Pepita che è una
creatura concreta lontana dall’amore per il divino. 
Oppure in PENAS ARRIBA di PEREDA il personaggio di
Marcelo trova la pace nel ruolo di patriarca nonostante
inizialmente lui avesse una vocazione ben diversa. 
Oppure in EL ESCANDALO di ALARCON il personaggio di
Fabian diventa Cristiano per essendo inizialmente un personaggio
materialista. 
Un tema privilegiato nel romanzo realista è quello
dell’INFRAZIONE DELLA NORMA (un tema ricorrente é un
uomo di chiesa che si innamora) in (LA REGENTA, di Clarin,
PEPITA JIMÈNEZ di VALERA)

LINGUA: 

Per quanto riguarda LA LINGUA, ci saranno apporti della


PARLATA COLLOQUIALE, VOCI REGIONALI portate
soprattutto da PEREDA per quanto riguarda i termini
Santanderini oppure grazie a VALERA ci saranno gli
ANDALUSISMI oppure le parole ASTURIANE di Clarin e
Valdés
Oppure VOCI GALIZIANE grazie a BAZÁN.
Però colui che si avvicinò di più al registro linguistico della gente
comune tu GALDÓS con la sua straordinaria capacità di
riprodurre il dialetto sociale dei bassifondi madrileni.
In questo modo lo scrittore realista cerca di annullare le distanze
tra lui e il lettore aumentando l’illusione della presa diretta del
mondo. I suoi personaggi vengono caratterizzati dalla lingua che
urlano una lingua piena di MODI DI DIRE, IDIOTISMI,
DEFORMAZIONI VOLGARIZZANTI. C’è anche una pulsione
verso il CASTICISMO e anche del COSTUMBRISMO. 

EVOLUZIONE DEL ROMANZO REALISTA NELL’800:

PRIMA FASE: la prima fase realista si caratterizza per l’uso dei


ROMANZI A TESI. In questi romanzi la funzione del discorso, la
sua ragione di esistere, viene esplicitata in vari modi: l’autore è
continuamente presente, e commenta sempre. 
La sua autorità non viene messa mai in discussione dal lettore
poiché tutto ciò che gli viene presentato è dato come verità
indiscutibile.
È frequente il dialogo tra narratore e lettore per risolvere i dubbi
di quest’ultimo.
Il romanzo a tesi è ancora lontano dalla realtà, soltanto verso la
metà degli anni 70, dopo un periodo di affinamento degli
strumenti di osservazione e rappresentazione del mondo, gli
autori avvicineranno realmente le proprie opere all’ideale di
obiettività del realismo. 
Quindi l’autore sarà in grado di costruire un discorso ordinato su
un mondo caotico.

Per esempio Valera ricorre persino al ROMANZO EPISTOLARE


per evitare il filtro della voce narrante e GALDÓS inventa il
ROMANZO DIALOGATO.
Le descrizioni abbondano e i personaggi non sono più
l’incarnazione di un’idea bensì entità in evoluzione attraverso
l’interazione sociale. 
Così il romanzo si avvicina alla quotidianità, al HIC ET NUNC e
si allontana dagli schematismi del COSTUMBRISMO e del
romanticismo che trovavamo nei romanzi a tesi. 

Abbiamo anche il “ROMANZO REGIONALISTA” di PEREDA,


VALDES e IBANEZ. Ed è comune a tutti gli autori usare i
paesaggi della propria regione come cornice della narrazione e
quindi seppur diversi son tutti da considerare REGIONALISTI.

DIFFERENZA TRA NATURALISMO E REALISMO:

Il naturalismo in terra ispanica ha il già nel 1879 quando sulla


REVISTA CONTEMPORANEA si pubblica la traduzione del
racconto “El ataque del molino” di Zola.
Da quel momento le versioni spagnole delle opere di Zola videro
la luce subito dopo quelle francese. 
Il naturalismo diventa quindi un fenomeno culturale di grande
eco. 
Sostanzialmente il naturalismo non introduce grandi novità
tecniche rispetto al realismo infatti ci sono spesso termini simili.
Però la visione del rapporto ROMANZO-REALTÀ è
radicalmente diversa da quella realista: la realtà non è II
trasparente e facilmente descrivibile come prima ma bisogna
riuscire ad interpretarla. Il narratore ha a disposizione strumenti di
analisi presi in prestito dalla medicina, dall’antropologia e dalla
filosofia che gli consentono di affrontare il discorso sul mondo
come se si trattasse di un esperimento scientifico. 
Non deve quindi limitarsi a raccontare quanto accade nella
società.
I rapporti umani, lo sviluppo dell’uomo nella società, la
ripartizione del potere si spiegano attraverso il principio del
DETERMINISMO: ovvero tutti siamo condizionati dall’eredità
biologica, dalla società e dalla malattia. 
Uno dei concetti chiave del movimento naturalista è quello del
TRANCHE DE VIE ovvero l’oggetto del loro esperimento
narrativo. 
I padri ispiratori del naturalismo sono gli stessi del realismo:
DARWIN, BERNARD e COMTE. 
I naturalisti rompono definitivamente con LA BORGHESIA per
raccontare il nascente proletariato. 
Quindi si sposta l’attenzione dall’individuo al gruppo, l’odiato
individualismo borghese viene messo da parte dai naturalisti e ci
si concentra sul MILIEU e quindi sull’ambiente sociale o
naturale. Il milieu è un concetto concretizzato da Balzac. I
naturalisti non riescono però a distaccarsi totalmente da quella
mentalità  tanto ripudiata perché l’unico modo per descrivere il
proletariato è rappresentare anche la mentalità borghese. 
I narratori iniziano a specchiarsi nella mente dei personaggi e
nasce così il ROMANZO SPIRITUALISTA.

IL ROMANZO SPIRITUALISTA: 
Il romanzo spiritualista (o simbolista) è un romanzo in cui lo
scrittore non presta più la sua voce ad una classe sociale e invece
sì arriva nel mondo fella parola e della bellezza, a lui più
famigliare.  Alcuni romanzi considerati spiritualisti sono; La
prueba, La sirena negra, Tristana, Nazarin e Misericordia
(GALDÓS)
Per il romanziere a tesi conterà quindi l’astrazione ideologica, per
il naturalista la materialità dell’esistenza, per lo spiritualista,
L’interiorità dei personaggi.
Si passa quindi, con il romanzo spiritualista, dall’astratto al
concreto, dall’esteriorità, all’interiorità e dal generale al
particolare. 

Mentre i naturalisti percepivano la mancanza di una riflessione


sulle cause di ciò che accadeva nella realtà e ricorrevano a
concetti specifici per capirla, gli spiritualisti si accorgono che i
naturalisti tralasciano un aspetto importante della realtà; la
MENTE UMANA. 
Quindi si cercano nuovi strumenti per rappresentarla.
Il DIALOGO con narratore assente consente ora di avvicinarsi
all’interiorità dei personaggi, grazie al discorso indiretto libero,
evitando il filtro del narratore. 
Quindi l’INDIVIDUALIZZAZIONE sarà il termine chiave di
questo periodo. 

PEDRO ANTONIO DE ALARCON:


(Premessa) 

ALARCON è stato definito dalla critica “romantico in ritardo”


mentre dal punto di vista cronologico può essere considerato il
primo scrittore realista. E allo stesso tempo il TRAIT D’UNION
di entrambi i movimenti. 
Infatti l’autore oscilla tra queste due tendenze, quelle del
romanticismo e quelle del realismo. 
Si potrebbe dire che i suoi scritti siano l’espressione di un
conflitto tra la sua indubbia sensibilità romantica e la dichiarata
vocazione realista. Anche lui è consapevole di questa lotta di
queste due esigenze artistiche e ne fa esplicito argomento dei suoi
romanzi.
ALARCON è da considerarsi come INIZIATORE del romanzo
realista in Spagna con il libro EL FINAL DE NORMA del 1855
( ma non sa precisamente quanto possa essere considerato
realista) 
Altre opere importanti di ALARCON sono: EL SOMBRERO DE
TRES PICOS e EL ESCANDALO, considerate massime
realizzazioni del realismo ottocentesco. 

LA VITA;

Nasce a Granada, si iscrive a giurisprudenza ma poi intraprenderà


la carriera ecclesiastica. Quando la abbandonerà a 19 anni, il
marchio del cattolicesimo lo avrà segnato per sempre. 
Il lasciare la carriera ecclesiastica è vissuta da ALARCON come
un atto di affermazione della propria individualità, l’affermazione
di se, la trasgressione di andare contro suo padre. 
Infatti la prima parte della sua produzione sembra esser vissuta
all’insegna della BOHEME rivoluzionaria.
Nel 1853 a Cadice inizio la sua attività giornalistica, divenne
direttore della rivista letteraria EL ECO DE OCCIDENTE. 
Nel 1874 diede alle stampe EL SOMBRERO DE TRES PICOS e
EL ESCANDALO. 
Quando torna a Granada da Cadice entra a far parte della
CUERDA GRANADINA, un gruppo di giovani scrittori e
giornalisti definiti dei veri e propri DANDIES, che animavano la
città con rappresentazioni testrali, conferenze, articoli
giornalistici, l’esistenza di questo gruppo BOHEMIENNE dava
sfrenatezza a Granada, la letteratura era vista come gioco, frutto
del genio e improvvisazione non un lavoro sempre continuo e
disciplinato.  (L’arte è un gioco, la poesia sorge dal sogno e non è
creazione di uno sforzo disciplinato, non necessita di fatica)

Prova di questo periodo sono EL ESCANDALO e tutti i suoi libri


di viaggio che sono il frutto della sua propensione verso l’azione. 

1861–> DE MADRID A NAPOLES 


1883–> VIAJES POR ESPANA 
1882–>COSAS QUE FUERAN (i suoi interventi giornalistici) 
L’impulso all’azione lo porta a cercare il fondamento delle
proprie idee nel mondo circostante e quindi ad impegnarsi
politicamente a fianco dei liberali, fino ad arrivare a partecipare a
diverse insurrezioni del periodo (partecipa ai moti del 1854 e alla
rivoluzione del 1868)
Nella seconda fase della sua vita si mise a fianco dei conservatori
e raggiunse l’incarico di consigliere di Stato della restaurazione. 
Vediamo fin dai primi anni liberali le prime tracce di impegno
politico nella sua opera. 

1859–>DIARIO DE UN TESTIGO DE LA GUERRA DE


AFRICA (le sue cronache di guerra) 

Egli prende questa sua partenza per la guerra d’Africa come una
riabilitazione per gli errori commessi durante la gioventù gesto
che lo porta a convertirsi in conservatore, questo perché nel 1855
lui rischió la morte. Dirigeva un giornale di chiara tendenza
antimonarchica e anticlericale “EL LATIGO” e questo lo portó a
scontrarsi a duello con il poeta GARCÍA DE QUEVEDO che
dirigeva il giornale EL LEON ESPANOL (chiaramente
monarchico), il poeta De Quevedo risparmió la vita ad Alarcon,
sparando in aria, poiché ALARCON che aveva già sprecato il
proprio colpo di pistola.

Questo episodio della sua vita rivela la debolezza del carattere di


Alarcon che quindi abbandona la penna per ben due volte.

1884—> HISTORIA DE MIS LIBROS (dove racconta proprio


del suo periodo di silenzio) lui spiega che sperava sempre che i
suoi romanzi venissero accolti con onore, qui si vede anche il suo
atteggiamento verso il lettore; lo conduce sempre per mano,
commenta il racconto con ironia e garbo, cerca di condizionare in
positivo il parere del pubblico. Fra il lettore e l’opera c’è sempre
lui, anche se è un semplice prodotto dell’industria editoriale e non
si necessita una voce responsabile. 
Lui ci teneva anche ad informare il lettore delle tempistiche con
cui componeva i libri 
(Che erano sempre molto brevi). Compose infatti EL
SOMBRERO DE TRES PICOS in sei giorni oppure EL
ESCANDALO in un mese. Lui era quindi uno scrittore che
viveva un disagio, non era riuscito a guadagnarsi uno spazio
adeguato alla propria autostima, quando lui voleva abbandonare
la letteratura  fu sollecitato a non farlo da le due voci più ascoltate
dell’epoca: CLARIN e BAZÁN. Nel 1888 scomparve dalla scena
culturale. 

STILE: 

Alarcon mantiene delle caratteristiche stilistiche e strutturali in


tutta la sua intera carriera letteraria. Tutte possono esser
ricondotte alla sua formazione giornalistica, il romanticismo degli
anni di gioventù, le tradizioni della sua terra.
PROSA SCINTILLANTE, a tratti COLLOQUIALE, buon
RITMO ESPOSITIVO, UMORISMO, CONTINUO DIALOGO
CON IL LETTORE.
La METAFORA UMORISTICA 
Spesso nelle sue storie troviamo dichiarazioni riguardanti la
facilità e l’immediatezza della scrittura, qualità che non sembrano
strane in un progetto giornalista, capace di occuparsi da solo
dell’ECO DE OCCIDENTE.
Ostenta anche la sua capacità di scrivere opere in breve tempo.
Invece vediamo elementi di COSTUMBRISMO per il suo
periodo “romantico” però molto differenti rispetto alle opere
totalmente costumbriste dei suoi predecessori dove l’esigenza di
descrivere gli usi e i costumi dell’epoca spesso prescindevano
dalla vicenda narrativa.
Nel primo periodo fino al 1861 si occupò soprattutto di
giornalismo e libri di viaggio .
Tento anche la via del teatro con EL HIJO PRODIGO (1857)che
fu un clamoroso insuccesso.
Si vedrà sempre la sua inclinazione costumbrista e anche quella
teatrale.
In particolare l’influsso teatrale si vede nella concezione delle
scene, degli spazi e anche nel recupero del CORO CLASSICO
con funzione narrativa.

ANGEL DEL RIO divide la produzione di Alarcon in 3 diversi


periodi:

1. PERIODO ROMANTICO (in cui troviamo l’influsso di


Byron, Scott) con narrazioni fantastiche, libri di viaggio
e un romanzo romantico “EL FINAL DE NORMA (1855)
e poi nella sua raccolta Narraciones Inverosimiles
troviamo LA MUJER ALTA, EL CLAVO (primo racconto
poliziesco in lingua spagnola. Tutti scritti in gioventù è
solo più tardi raggruppati in volume. 
2. PERIODO NAZIONALISTA E POPOLARE (come in
HISTORIAS NACIONALES, o EL SOMBRERO DE TRES
PICOS) 
3. ROMANZI A TESI (EL ESCANDALO del 1875 oppure LA
PRODIGA del 1882)

EL SOMBRERO DE TRES PICOS:


(trama)

Quest’opera viene unanimemente considerata il suo capolavoro.


Fu un’opera che suscitò l’interesse di DE FALLA autore del
balletto omonimo e di Picasso.
El sombrero de TRES PICOS racconta la storia della bella
FRASQUITA e del astuto zio LUCAS, suo marito, che era
mugnaio. e l’amore che li unisce è messo alla prova dalle
tentazioni del potere che vorrebbero che lei fosse disonesta. 
Infatti di Frasquira si innamora il CORREGIDOR che è autorità
giudiziaria e amministrativa della zona il quale, di fronte al rifiuto
della donna, segue il consiglio del servo GARDUNA e decide di
tendere una trappola alla coppia felice, allibrando Lucas dal
mulino con un banale pretesto. Lucas però intuisce l’inganno e
torna a casa in tempo, su una sedia, davanti al camino trova i
vestiti del Corregidor e quest’ultimo in persona nel suo letto. Ma
la sua vendetta non si farà attendere e ripagherà il rivale con la
stessa moneta, andando a casa della CORRERIDORA, con i
vestiti del corregidor. Il narratore a questo punto fa un salto
indietro e spiega che il mantello e il cappello a tre punte erano
stesi ad asciugare di fronte al camino poiché il corregidor, nel
buio della notte, era stato colto da un malore e veniva ispirato nel
letto del mugnaio, mentre Frasquita partiva alla ricerca del marito.
Il finale è quindi un gioco di equivoci tipici della commedia degli
inganni, vede l’adultero corregidor deriso da tutti e privato dei
segni del suo potere (il mantello e il cappello a tre punte), e la
moglie corregidora che decide di delegittimarlo dalla sua figura
sociale non riconoscendolo davanti agli altri e lasciandolo nel
dubbio su quanto fosse successo tra lei ed il mugnaio. 
Il personaggio del corregidor viene però riscattato in extremis da
un intervento di autorità del narratore che spiega di quanto il
corregidor abbia pagato con la vita quando si è rifiutato di
collaborare con l’invasione francese, quindi parla di quanto sia in
realtà devoto alla patria. 
Alvaro quindi, in maniera un po’ artificiosa, sovrappone alla
trama della novella, l’esaltazione dello spirito nazionalista per
mezzo di questa appendice finale.
In quest’opera Alarcon ci parla dell’utopia del passato, degli usi e
costumi dei bei tempi andati, della traduzione, evoca anche i
presupposti ideologici del costumbrismo, però allo stesso tempo
ha uno stile tutto suo fatto di un usare personaggi stereotipati,
trattarli come se fossero marionette, usare il gioco degli equivoci. 
Alarcon spiega nella prefazione della prima edizione dell’opera
che la storia stessa gli è stata tramandata dal l’astore REPELA
che cantava nelle feste paesane il romance della mugnaia onesta. 
La forma che il tema della bella mugnaia e del corregidor adottó
fu principalmente teatrale, infatti lo propose a Zorilla che,
mostrandosi disinteressato, fece si che Alarcon si mise a scrivere
El sombrero de tres picos.  
Lo scambio di persona e quindi, il gioco degli equivoci finale,
castiga l’intraprendenza erotica del Corregidor, e il tutto è reso
possibile dalla valenza simbolica dei due capi di vestiario e dalla
capacità di trasformazione del soggetto che li indossa. 
Il cappello a tre punte ha valore simbolico poiché la figura del
Corregidor si trova nell’ombra dal momento in cui lo possono
indossare più persone e quindi non si esalterà più la visione
aristocratica dell’ancient regime che riservava questo privilegio
solo agli eletti (di indossare il cappello)
Questo gioco simbolico arriva persino a far traballare l’istituzione
del matrimonio. 

LE “CADUTE” DEL CORREGIDOR:

Eliminando i simboli del cappello a tre punte e del mantello


cremisi, bisognerà scollegare questi simboli dalla persona
di  DON EUGENIO DE ZUNIGA Y PONCE LEON (il
corregidor) che quando smette di indossare i capi del potere torna
ad essere l’uomo mortale che deve curarsi la polmonite in agguato
dopo essere caduto nel canale del mulino. Questa caduta dall’alto
della dignità sociale alla materialità del corpo era stata preceduta
da un’altra, quasi una premonizione, provocata da FRASQUITA,
la prima volta che don Eugenio le si era insinuato: in
quell’occasione Frasquita era riuscita a mettere in evidenza che
dietro l’apparente dignità dei vestiti del corregidor si celava
l’essenza del basso corporeo che lo metteva a diretto contatto con
la terra. Poi la caduta va intesa come l’involontario bagno
notturno che è come un battesimo che lava i peccati dai capi del
potere e li dispone a nuova vita. L’acqua del mulino è infatti
rigenerante e purificatrice.
Queste cadute dei personaggi vogliono tutte segnalare una svolta
nell’azione o una svolta nel personaggio che la vive. Una caduta
del Corregidor è anche quando FRASQUITA lo rifiuta e riduce il
corregidor ad umana fisiologia mortale e non più ad un
rappresentante dell’autorità sociale. 
Per esempio quando si confessa a FRASQUITA lo vediamo
essere una figura grottesca, curvo di spalle quasi gibbo,
deboluccio, malaticcio, sembrava zoppo (cojo).
Questi personaggi descritti cosi goffamente nelle loro movenze, la
comicità che provocano, sembrano provenire dal genere comico
per eccellenza del teatro spagnolo (EL ENTREMES) anche
perché si utilizzano gli stessi archetipi di quel genere (la guardia,
la mugnaia, il corregidor) 
La sensazione di trovarci davanti a delle marionette la vediamo
anche per la distanza alla quale il narratore si pone per descrivere
le azioni, sono sempre viste da fuori, ma non si fornisce mai il
punto di vista del personaggio. 
Alcaron ha quindi creato un meccanismo ad orologeria dove le
molle scattano al momento giusto per portare a termine l’azione e
anche fatti che a primo impatto sembrano insignificanti
acquistano poi elevata importanza come per esempio il raglio di
riconoscimento tra i due asini cavalcati dal mugnaio e sua moglie,
infatti di notte si cercano senza che i due si riconoscano a
vicenda. 
Quando FRASQUITA dovrà provare la sua fedeltà al mugnaio
potrà invocare la testimonianza dei due asini. 
Inoltre Alarcon utilizza il dialogo con il lettore:
“Tan rico era el molinero (mugnaio) o tan imprudentes su
tertulianos, exclamareis interrumpiéndome” 
Il narratore, per mantenere la familiarità con il destinatario,
sembra prendere le distanze da ciò che lui stesso dice, come una
forma di autocritica e infatti si rivolge anche a se stesso in modo
cervantino dicendo “basta ya de generalidades y Fe circunloquios
y entremos resueltamente en la historia del sombrero de tres
picos”
Oppure lo vediamo nel definire l’atteggiamento amoroso di zio
Lucas, affermare: 
“Pero, a que estas notas lúgubres en una tonadilla alegre? Y que
estos relámpagos fatídicos en una atmósfera tan Serena?”

Quindi è come se prendesse le distanze da ciò che lui stesso sta


dicendo, utilizzando appunto la tecnica del dialogo con il lettore.
Vediamo come lui utilizza umorismo nei suoi interventi,
leggerezza nelle situazioni, la scioltezza nella narrazione. Queste
son tutte caratteristiche appartenenti ad Alarcon che qui vedono il
loro apice. 
Il tipo di rapporto tra narratore e storia ricalca il modello dei
RACCONTI ORALI, infatti quando leggiamo i dialoghi e come
se il narratore partecipasse attivamente all’azione, come
testimone, così come avrebbe potuto fare un narratore orale. 
 Nel sombrero de TRES PICOS a un certo punto la narrazione
viene interrogata per dare voce all’opinione di personaggi
anonimi del popolo, che commentano l’azione e i comportamenti
dei protagonisti, sottolineando i possibili sviluppi che si
potrebbero verificare. 

TECNICHE NARRATIVE NEL SOMBRERO:

Possiamo anche vedere le tecniche narrative di Alarcon per


esempio l’uso del CORO in funzione di sottolineatura della
trama, il narratore che rinuncia all’onniscienza, l’impianto
costumbrista della scena, in personaggi archetipici e DIALOGHI
QUOTIDIANI. 
Il coro mette in evidenza gli attributi dei personaggi e analizza le
possibilità di sviluppo della trama sulla base dei diversi modi di
essere dei personaggi e quindi del
diverso modo di pensarla. 
Per quanto riguarda le scene: il passaggio dell’una all’altra
avviene, proprio come nella commedia classica, grazie all’arrivo
di un personaggio o allo spostamento dell’azione su un altro
scenario. Anche i temi sono o il classico come il potente che
commette soprusi nei riguardi dei sudditi oppure il gioco degli
equivoci, lo scambio delle coppie. 
Oltre a questa tendenza al teatro possiamo vedere anche un
elemento autobiografico ovvero il cappello a tre punte e il
mantello cremisi sono simboli di potere: il nonno di Alarcon era
regidor perpetuo della città di Guadix e nella casa di famiglia si
conservavano proprio questo cappello a tre punte e un mantello
cremisi, questo ricordo autobiografico filtra tra le righe della
novella. 

“Recordamos haber visto colgados de un clavo, único adorno de


desmantelada pared, el negro sombrero encima”

Quindi vediamo l’eco del vissuto infantile che giustifica quindi


l’ambientazione della vicenda anteriore al momento della
narrazione. Quindi Alcaron ci rivela questa sua radice intima,
personale, il conflitto con il principio di autorità quindi con la
voce del padre da lui spesso disattesa in gioventù.
O meglio il superamento di questo conflitto tramite la sua
affermazione letteraria. 

EL ESCÂNDALO:
(Trama)
Inaugura il ciclo dei romanzi a tesi in Spagna che vedrà proprio
Alarcon e PEREDA come massimi esponenti. 
In El ESCANDALO si esaurisce probabilmente il romanticismo
senza che però decolli totalmente il realismo. 
Molti hanno ritenuto che ci fossero dei tratti autobiografici
nell’opera come per esempio Bazán che dice che tra Alarcon e
Fabian Lara Conde ci siano molte coincidenze di vita ( la
sregolatezza, la popolarità, le cariche politiche e diplomatiche).
FABIAN CONDE, rinomato don Giovanni della capitale, si reca
in cerca di aiuto dal padre MANRIQUE e dalla sua confessione
veniamo a conoscenza della sua vita disordinata, dei suoi amori
con una donna sposata e poi con la figlioccia di quest’ultima però
della figlioccia Fabian si era realmente innamorato, Gabriela (così
si chiama la ragazza) è venuta a scoprire del suo rapporto con la
matrigna e decide di abbandonarlo e ritirarsi in convento. 
Diego, che è un amico di Fabian, ottiene dalla novizia il perdono
condizionato: ovvero che Fabian potrà tornare da lei solo dopo
aver fatto delle buone azioni. 
Per amore di Gabriela, lui intraprende il cammino della
conversione. Prima va a Londra come diplomatico, di lui ormai si
parlava come di un angelo benefattore però l’ostacolo della
vecchia reputazione era difficile da rimuovere e quando Fabian
torna a Madrid e conosce la moglie di Diego lei inizia a provare
un desiderio nei confronti di Fabian e questo malinteso genererà
un duello. 
È proprio per questo che Fabian chiede aiuto al padre
MANRIQUE. Chiuso questo antefatto il narratore proietta
direttamente il dramma nel presente con il Fabian pentito che non
vuole battersi con il suo migliore amico, però non vuole
nemmeno che la sua ormai immagine pulita venga sporcata dalle
calunnie della moglie di Diego. Il padre gli propone allora di
rinunciare a tutto, anche all’amore per Gabriela, e abbracciare la
religione cattolica, come unica soluzione al dramma. 
Ma l’intervento di un ex gesuita riaprirà i giochi, Fabian conosce
la bontà d’animo di un terzo amico, ovvero Lazaro, di cui si era
dimenticato a causa di un piccolo screzio e questo Lazaro riuscirà
a chiarire tutto tra Diego e Fabian. Diego, ammalato gravemente e
in punto di morte, chiederà a Fabian di sposare Gabriela.
In parallelo a queste due storie, senza rapporto con la storia
centrale, ci sono anche le vicende del padre di Fabian e l’amico
Lazaro. 
Il padre di Fabian è un generale patriota, capo militare di una città
assediata dai carlisti, e sembra un traditore che vende la città al
nemico ma è solo vittima della vendetta di un marito geloso.
Lazaro sembra agli occhi di suo padre, che lo disereda, un
incestuoso che corteggia la propria matrigna, ma in realtà e
anch’egli vittima della vendetta della donna da lui rifiutata. 
In tutti e due i casi, la prima versione dei fatti presenta il punto di
vista dell’antagonista, temporaneamente vincitore, che falsifica la
realtà con le parole e causa un danno irreparabile all’immagine
pubblica della vittima (nel caso di Lazaro anche un danno
economico poiché perde l’eredità) 
Poi in un secondo momento un personaggio misterioso arriva da
Fabian, si rivela fratello di Lazaro, e gli fornisce una nuova
versione dei fatti che riabilitano Lazaro Emil padre di Fabian agli
occhi della società. 
Lo stesso Fabian é vittima di un gioco del genere poiché è vittima
della vendetta di una moglie indispettita. E grazie alla risurrezione
affettiva di Lazaro si ristabilirà la realtà dei fatti. 
Sará proprio Fabian a raccontare la storia di Lazaro in parallelo
alla sua. 
Tutte e tre le storie raccontano vicende di un adultério e tutte e tre
mettono l’accento sulla ripercussione dell’opinione altrui. Sia
nella storia del padre di Fabian che in quella di Lazaro possiamo
dire che l’opinione altrui e le diverse versioni della realtà sono il
punto focale della storia 
Però mentre Lazaro era riuscito a ritrovare un nuovo equilibrio
nonostante le versioni sballate della realtà, nella storia di Fabian il
conflitto delle versioni genera il dramma e soltanto il
ristabilimento della verità e la restituzione della sua immagine
pubblica scioglierà il nodo della trama. 
Quindi accediamo come la cattiva fama dei personaggi porti
sempre a conseguenze più disastrose è l’unico modo per tenersi in
salvo dalla maldicenza é secondo Alarcon non fomentarla e
condurre un’esistenza secondo i precetti della religione cattolica
ed essere disposti s rinunciare al mondo e alle sue lusinghe per
vivere in pace con la società e con Dio. Per Alarcon la realtà è
necessariamente soggetta ad interpretazioni e, quando ad essere
sottoposte sono le azioni degli uomini allora l’interpretazione, la
parola può generare risposte anche sbagliate negli altri. 
In poche parole dipendiamo tutti dall’opinione altrui che in El
ESCANDALO assume le sembianze del coro del DRAMMA
GRECO. 
Il coro è MINACCIANTE che sottolinea il concetto tra apparenza
ed essenza di Fabian e questo conflitto potrebbe sfociare in
violenza ed e lo stesso coro a proporre questa soluzione nella
scena del confronto tra Fabian e Diego dove Fabian rivela le
menzogne della moglie. 
In questo dialogo i personaggi suggeriscono gli atteggiamenti che
potrebbero riscuotere maggior successo, ma solo l’autore è
custode delle diverse possibilità di sviluppo della storia e le
esplicita tramite l’intervento del coro. Nell scena iniziale, per
esempio, ci vengono proposti personaggi piatti, lontani dalla
complessità della vita quotidiana, stereotipati per meglio
rappresentarla e servono a dirigere l’azione, ma non la volontà dei
personaggi. Provengono dal folletín anche: la TENDENZA AI
ROVESCIMENTI MELODRAMMATICI NELLA
SITUAZIONE DEI PERSONAGGI (Fabian vorrebbe ammazzare
lo sconosciuto che si presenta. lui con nuove informazioni che
riguardano suo pafre che poi serviranno al suo riscatto sociale), la
CASUALITÀ ROMANTICA che fa si che il personaggi giusto si
trovi nel momento e posto giusto, un certo
SENTIMENTALISMO DI MANIERA (Fabian sviene
dall’emozione fra le braccia dello sconosciuto che voleva
ammazzare), I CAPOVOLGIMENTI IMPROVVISI NEI
SENTIMENTI (Fabiam ama Matilde, poi scopre di amare
Gabriela, ma dietro richiesta della prima torna a sentire un grande
trasporto per lei per poi tornare a desiderare unicamente
Gabriela). Quindi Alarcón sposta l’attenzione verso la peripezia.

El Escandalo dimostra proprio che Alarcón è uno scrittore a


cavallo fra romanticismo e realismo che usa il canone romantico
per trasmettere i significati propri del realismo (ROMANZO
D’APPENDICE). 

EL NIÑO DE LA BOLA. 
Segna l’inizio della fine della carriera letteraria di Alarcón. La
pretesa di Alarcón era quella di scrivere un romanzo realista dove
si mostrasse come, senza la religione, nell’uomo trionfino le basse
passioni, gli istinti animaleschi, il lato diabolico. 
L’autore intende la scrittura come una missione che deve riportare
al centro del vivere sociale i valori dello spirito contro il
materialismo dilagante, però non riesce a staccarsi dalle sue
origini romantiche, anche se, per affermare le idee del
distaccamento materiale, dovrebbe abbandonarle. Quindi la
narrazione di quest’opera risulta contraddittoria con i propri
presupposti poiché il suo slancio formale romantico ci sarà
sempre, nonostante la sua dichiarazione esplicita anti-romantica. 

Trama.

Una comitiva di viaggiatori conoscono un misterioso ed esotico


personaggio e lo riconducono a Manuel Venegas e, con un
flashback del narratore, ci viene raccontata la sua storia. 
Era un bimbo che rimase orfano e perde anche l’ereditá per i
debiti contratti da suo padre con Don Elias, debiti fatti allo scopo
di finanziare la campagna militare contro i carlisti. Venuto a
conoscenza dei fatti il bambino, con un precoce senso della
giustizia, inizia una silenziosa protesta davanti alla dimora della
famiglia di Elias e conosce Soledad, figlia di Elias, e se ne
innamora. Da allora la sua vita avrà come scopo la conquista di
Soledad, o meglio, la vittoria sull’opposizione del padre di lei
all’unione, visto che la donna era d’accordo. I due si amano in
silenzio, visceralmente e in silenzio Manuel accetta l’opposizione
e gli insegnamenti del sacerdote Don Trinidad, il quale cerca di
correggere con la religione la natura selvaggia del ragazzo. Ma
Manuel è sempre più insofferente verso una civiltà che gli nega
ciò che gli spetta di diritto (la casa di Don Elias). Cosi si rifugia
sempre di più nella natura, dove può dare libero sfogo al suo lato
animalesco.
Al ballo della lotteria del bambino della palla, che sarebbe la festa
dell’immagine sacra di Gesù bambino, venerata in città, tenta, in
un’asta rituale, di comprarsi il diritto di ballare con Soledad. Ma
Elias offre molto di più, evitando così il fatidico contatto e intanto
informa Manuel dell’entita del debito che ancora lo lega a lui.
Manuel parte per l’America e dopo un po’ di anni torna in paese
con una piccola fortuna (momento documentato all’inizio del
racconto) per ripagare il suo debito e ottenere così la donna
amata. Lei però, nel frattempo, si è sposata con l’unico che ha
osato opporsi al destino che unisce i due giovani: Antonio
Jauregui, un foresterio che non conosceva. Convinto dalle parole
di Trinidad, Manuel rinuncia alle sue pretese su Soledad e prende
di nuovo la via dell’esilio: l’ordine sembra aver vinto sulla
passione, la religione riesce a dominare sulla natura. Ma il
profugo viene raggiunto da una passionale lettera di Soledad che
segnerà la tragica fine di entrambi. Al ballo annuale del bambino
della palla, Manuel acquista, a suon di quattrini, il diritto di
danzare con la sua amata, che involontarariamente uccide in un
abbraccio troppo violento e di conseguenza Manuel verrà ucciso
da Jauregui. 

CARATTERIZZAZIONE DEI PERSONAGGI:

Manuel è un personaggio sempre taciturno e il suo silenzio è il


sintomo del rifiuto della cultura e l’elemento che lo lega alla
natura, alla passione, agli istinti. La religione riesce solo
temporaneamente a tenere i suoi impulsi contro la violenza, egli
appartiene al bosco, alla campagna, al mondo del disordine e della
non cultura. Più volte viene descritto con tratti animaleschi, come
un leone. Questo perché suo padre era un cavaliere molto
importante e l’educazione che Manuel ricevette è stata molto
dura: lo sottoponeva a duri esercizi di agilità e forza, lo istruiva
all’equitazione e al nuoto, lo costringeva a camminare durante
lunghe e interminabili giornate di caccia. Questo insegnamento
serviva a sviluppare, in Manuel, un attaccamento alla terra come
fonte di essenza. 

La mentalità del CRISTIANO VIEJO, descriveva a pieno


Rodrigo Venegas, mentre il suo antagonista, lo strozzino del
paese, non poteva che essere un ebreo e il narratore, nel
presentarlo, si lascia prendere dal pregiudizio razziale. 
Infatti, il cristiano viejo biene descritto con valori positivi
totalmente contrapposti all’ebreo strozzino, portatore di
malvagità. 

Nella scena in ci muore il padre di Manuel, il piccolo non


gemeva, né parlava, né piangeva e questa mancanza di pianto
servirà a spiegare la probabile pazzia di Manuel. La stessa balia,
che lo aveva accudito, disse che in Manuel c’era questa vena di
pazzia poiché non aveva nemmeno pianto quando aveva perso
sup padre. Infatti questo suo disequilibrio psicologico, causato
dall’assenza dello sfogo per il dolore subito e anche
dall’educazione ricevuta dal padre, spiega la qualità del suo
amore per Soledad che è: viscerale ed esagerato. È un amore che
proviene dalle viscere della terra e nessuno può contro le forze
della natura tantomeno le costrizioni culturali.

‘’Mi corazón pertenece a Soledad como la piedra pertenece al


suelo que, por muy alto o por muy lejos que la tire, siempre va a
parar en él.’’

La personalità di Manuel acquista così, via via, i connotati


romantici del buon selvaggio, l’eroe misterioso ed impenetrabile e
segnato dal destino. 
Manuel prova a mediare fra la sua natura e la cultura, prova ad
inserirsi nei codici sociali, ma si scontra col materialismo e
l’interesse. Alarcón utilizza personaggi secondari che spiegano le
idee che egli vorrebbe proiettare sulla vicenda e li divide in due
diversi gruppi: 
- da una parte il farmacista Vitriolo, rappresentante dell’ateismo e
del materialismo
- Don Trajano e Doña Luisa

Vitriolo viene dotato di capacità, è colui che si incarica di far


arrivare a Maniel la lettera di Soledad, quando questi ormai è
lontano dalla città e sapeva che avrebbe avuto effetti deleterei su
quest’ultimo. Si deve al farmacista il dramma che sta per
abbattersi sui personaggi. 

Don Trajano e Doña Luisa forniscono la cornice culturale e


ideologica del dramma. 

Quando Manuel decide di frenare la sua natura si incatena alla


religione e, in quel momento, quest’ultima ha vinto contro le
basse passioni dell’uomo. Il conflitto, posto sin dall’inizio del
romanzo, fra natura e cultura si sarebbe così risolto però così non
avrebbero avuto senso le caratteristiche romantiche dei
protagonisti, l’amore nei confronti di Soledad e le stesse
anticipazioni del narratore. Quindi Alarcón spiega che l’unica via
era quella di un finale trágico poiché il finale di Manuel devoto
alla religione sarebbe risultato incoerente col resto dell’opera. 

Lungo tutto il romanzo Alarcón ha criticato il gusto romantico del


pubblico, l’esigenza di sentimenti, di lacrime, di peripezie,
schierandosi dalla parte del realismo. Per far valere questa sua tesi
Alarcón ha caritcato di tinte romantiche la personalità di Manuel,
per allontanare da sé i sospetti della sua propensione ai romanzi di
appendice, ossia al romanticismo. Per sottolineare questo suo
distacco dal romanticismo abbiamo la polemica fra Don Trajano e
la forestiera romantica, in cui si palesa il fatto che il dramma non
è risultato romantico.

Il risultato di El Nino de la bola è una narrazione di grande ritmo


e considerevole SCIOLTEZZA linguistica e letteraria, carica di
SUGGESTIONE.
Alarcon non ama la fantasia nelle sue storie e lui stesso dichiara
nell’HISTORIA DE MIS LIBROS “io non amo molto inventare
storie”. Infatti tutte le sue narrazioni sono solo trascrizioni di fatti
realmente avvenuti. 
Alarcon sembra concepire la letteratura come una testimonianza,
una cronaca della realtà, vicina al giornalismo. 
Però spesso la musa romantica di Alarcon prende il sopravvento
sull’archetipo più reale dei suoi scritti. 
Tramite la letteratura Alarcon cerca di recuperare un’autorità che
gli è sempre stata negata dall’autorità paterna e più tardi dalla
carriera ecclesiastica. 

JUAN VALERA:

La vita:

Nasce a CORDOBA nel 1824 da una famiglia aristocratica. 


Si laurea nell’università di Granada in giurisprudenza e scrive le
sue prime opere. Legge Shakespeare, Voltaire. 
Si trasferisce a Madrid nel 1846 ma un anno più tardi andrà a
Napoli e inizierà la carriera politica (deputato, senatore ecc)
Sarà sempre a contatto con i maggiori esponenti della cultura
locale. 
La sua vasta cultura si arricchisce quindi sempre di più.
Si può definire esperto di ANTICHITÀ GRECO-LATINA, di
LETTERATURA CLASSICA SPAGNOLA e delle lingue.
Nonostante i viaggi all’estero era molto attivo anche nella vita
culturale spagnola.
La sua polemica con Bazán sul naturalismo, fece si che il
naturalismo si sviluppasse in Spagna prendendo sempre più
piede. 
In tutti i suoi interventi c’era VENA IRONICA, e
SCETTICISMO nei confronti di un’epoca improntata sul
materialismo senza più valori morali. 
In politica si schierò dalla parte dei liberali però questo era in
contraddizione con il suo tradizionalismo e la sua tendenza
costumbrista.
Soprattutto in ambito religioso vediamo le sue contraddizioni: era
un cattolico convinto ma nelle sue opere c’era attenzione verso i
mistici, le religioni orientali oppure l’esoterismo.

L’ESTETICA:
Valera è uno dei più vecchi esponenti della così detta
“generazione del 68”. Conobbe bene il romanticismo poiché due
suoi zii furono tra i massimi esponenti della prima generazione
romantica. 

Lui ereditò quindi la concezione generale dell’arte come


espressione del genio individuale, la centralità della libera
dell’artista, l’evasione nella fantasia ecc. 
Quindi non seguire nessuno e niente ma solo la propria
ispirazione.

Però le sue opere rispondono in fondo ad una matrice culturale


ben precisa: IL NEOCLASSICISMO. 
Pur essendo nato nel periodo di maggior fervore e successo del
romanticismo lui stesso si ritiene CLASSICO.
Era un forte difensore della dottrina ARTE PER L’ARTE: lui
credeva nel valore altissimo della poesia e della bellezza e
pensava che questi valori si “rovinassero” de utilizzati per
dimostrare una tesi. Secondo lui il fine della letteratura era la
creazione della bellezza e non la ricerca della verità in
concorrenza con la scienza.
Valera ha quindi “lottato” contro i presupposti del naturalismo
che erano opposti alla sua visione di letteratura. 

Al saggio di BAZÁN “LA CUESTION PALPITANTE” del 1883


lui risponde con un altro saggio “APUNTES SOBRE EL NUEVO
ARTE DE ESCRIBIR NOVELAS” si scaglia qui contro gli
INESTETISMI del naturalismo e il suo compiacimento negli
aspetti più bassi della vita umana.

OPERE:

Una parte fondamentale nell’opera di Valera è la CRITICA


LETTERARIA. 
Lui riversó molta della sua attività critica nell’EPISTOLARIO:
possiamo vederlo nella sua opera PEPITA JIMÈNEZ. 
1878–>ASCLEPIGENIA: è un dialogo ambientato nell’antica
Grecia nel quale la protagonista argomenta con tono disincantato
la sua necessità di mantenere i suoi tre innamorati siccome
nessuno di essi raggiunge la perfezione. 

1879—> TENTATIVAS DRAMATICAS: è una raccolta di tutti i


suoi drammi. 
Nel suo teatro vediamo forte ricorso all’IRONIA.

Per quanto riguarda la POESIA, quella di Valera è piena di


riferimenti al mondo CLASSICO e a CONCETTI FILOSOFICI. 

Se però Valera è passato alla storia della letteratura, lo deve


certamente alla sua NARRATIVA. 
Scrisse sia romanzi che racconti dal sapore folcrorisico, piccoli
capolavori che raccontano di un mondo ancora primitivo, a tratti
infantile: EL PAJARO VERDE, LA MUNEQUITA ecc.

TEMI:

In tutti vediamo il suo grande INTERESSE PER L’ORIENTE ma


allo stesso tempo vediamo anche che questi racconti non nascono
l’ATTUALITÀ di una vicenda che si sarebbe potuta ambientate
in un qualsiasi luogo della Spagna contemporanea. 
In tutti ha voluto depositare un INSEGNAMENTO MORALE
sempre con la sua VERVE IRONICA. 

Nei suoi romanzi narra quasi sempre dell’importanza della


VIRTÙ (che deve alle opere di Cervantes)

Le sue EROINE sono tutte esserci ECCEZIONALI: al centro


della sua narrativa si trova sempre una donna bellissima,
intelligente, con doti naturali uniche presso una società troppo
avaria nel concedere privilegi a chi li merita.
Racconta casi DECONTESTUALIZZATI, senza una cornice
precisa poiché non ho le minare il VALORE UNIVERSALE dei
personaggi.
Però fornisce anche informazioni sull’AMBIENTAZIONE
ANDALUSA e quindi vediamo qui il suo COSTUMBRISMO.
Però non sono storie localizzabili in quel dato ambito geografico
poiché nella trama non sempre i personaggi hanno una
collocazione sociale. 
Quindi i romanzi di Valera più che descrivere il mondo o la realtà
presentano una realtà così come dovrebbe essere.
Il tema centrale in quasi tutti i suoi romanzi sono le
DIFFICOLTÀ AMOROSE di una coppia che in genere è costituta
da un uomo maturo sulla cinquantina è una giovane donna di una
ventina di anni: possiamo vedere una componente
autobiografica  poiché l’autore si è spesso trovato in situazioni
analoghe.
I suoi personaggi sono esseri VICINI ALLA PERFEZIONE, con
IDEE PURE, POCO TERRENI, hanno un linguaggio che non ha
nulla a che vedere con il linguaggio quotidiano e quindi
LONTANI DAGLI ALTRI PERSONAGGI DEI ROMANZI
REALISTI. 
Infatti una delle critiche che più spesso è stata fatta a Valera è
stata quella di idealizzare troppo i propri personaggi.

I romanzi di Valera sono classificabili cronologicamente in due


serie:

1. Con opere come PEPITA JIMÈNEZ, EL COMENDADOR


MENDOZA e LAS ILUSIONES DEL DOCTOR FAUSTINO 
2. DONA LUZ, JUANITA LA LARGA 

PEPITA JIMÈNEZ: 

Questo è un romanzo che combina la tecnica e pistole con la


narrazione tradizionale onnisciente. 
La prima parte dell’opera è costituita dalle lettere di Don Luis de
Vargas, ricco erediterei andaluso, a suo zio, il vicario capitolare,
che è anche suo padre spirituale. 

(TRAMA)

Don Luis arriva a paese natio per trascorrere un periodo di


vacanza accanto a suo padre e li la sua fermezza RELIGIOSA
viene sconvolta da una donna: PEPITA JIMÈNEZ, vedova di
vent’anni, amata da suo padre Don PEDRO.
Nelle sue lettere Luis riferisce il suo stato d’animo allo zio
(considerate come l’avvio al romanzo psicologico).
La seconda parte ha il titolo PARALIPOMENOS in cui l’amore
tra Luis e Pepita è già consolidato e la trama romantica prende il
sopravvento sull’introspezione delle lettere. 
Dopo il primo sensualissimo bacio, don Luis decide di
allontanarsi da Pepita, lasciare il paese e tornare a seminario, ma
la sua determinazione andrà distrutta con le arti deduttive della
donna la quale, dopo un primo momento di sconforto, aiutata da
Antonona, la domestica, decide di prendere in mano la situazione.
Nelle sottili reti della vedova, l’ingenuo Don Luis subisce una
trasformazione: in seguito alla divulgazione in paese dei suoi
rapporti con la vedova impara a cambiare: impara a montare a
cavallo, a giocare a carte, a battersi a duello, per meritare l’amore
della sua amata. 
Nella terza parte don PEDRO, padre di Luis, mette al corrente suo
fratello, vicario capitolare, delle novità nella vita di Luis e Pepita:
sono andati a fare un lungo viaggio, hanno avuto un bambino e
nella loro casa regna la felicità, dove ci sono sia Santini che la
statua di venere (Pagana) in giardino. 
In Pepita Jimènez assistiamo al conflitto tra individuo e società e
l’impossibilità di coniugare le pulsioni individuali con le norme
sociali. 
L’AMORE è l’elemento che sconvolge l’equilibrio e spinge
l’individuo a cercare un nuovo equilibrio nella società.
Valera immagina una trama dove l’amore diventa l’unico motore
dell’AZIONE. 
Il seminario di Luis viene infatti interrotto dal’amore per Pepita.
L’immagine sociale dei due ragazzi si rivela falsa, sottostante a
ciò che è imposto dalla comunità.

PERSONAGGI: 

Mentre don Luis rinuncia al suo ruolo sociale, allontanandosi da


dio, Pepita rinuncia alla sua vita di società poiché si è data a
qualcuno in concreto ed ha realizzato la sua dimensione sociale,
non può quindi riconoscere L’inutilità della sua prima volta
poiché risulterebbe una “donna facile”.

Tutti e due hanno quindi intrapreso il cammino della rinuncia, per


raggiungere l’armonia nel rapporto con la società. 
Pepita da oggetto passivo delle richieste d’amore dei suoi
concittadini è diventata soggetto attivo dell’amore.
La SOTTOMISSIONE di Pepita, la sua tranquillità appartenere,
fanno di lei un modello di virtù femminili.
Entrambi i personaggi si son dati al misticismo, alla vita religiosa 

Don Luis voleva inizialmente riassestare la vita sentimentale della


vedova e di suo padre mediante l’applicazione delle norme di vita
cristiane: ma l’amore non accetta regole e si ribella alla norma
sociale.

Nel sentimento mistico-amoroso di Don Luis confluiscono il


NEOPLATONISMO di Fray Luis de LEON e il razionalismo
armonico di Krause.
L’opera di Fray Luis de LEON da forma al sentimento del
seminarista: 
Infatti Valera nomina proprio l’opera “cantico dei cantici” di De
LEON. 
E certe volte il seminarista, don Luis, ricorrerà addirittura alla
narrazione della PASSIONE DI CRISTO per riferirsi alle proprie
sofferenze amorose.

Le due lotte (quella dell’amore e quella religiosa) che combattono


nel suo interno corrispondono a 2 logiche di vita che lo reclamano
per se: da una parte la religione, la morale, l’elevazione spirituale.
Dall’altra c’è la carne, la bassezza del corpo. 
Un ruolo importante in questa battaglia lo gioca ANTONONA, la
domestica di Pepita che crede nell’incontro di due corpi, una volta
che le anime si sono già incontrate. 

Antonona costringe Luis a distogliere l’attenzione dalle sue


aspirazioni mistiche e gli rende presente la parte terrena della sua
persona, quella che diventerà soggetto fondamentale del
cambiamento.
Durante l’opera Luis decide di accettare le condizioni della catena
del potere, della vita sociale e si ribella ai dettami dell’autorità
morale della chiesa, raffigurata dal suo padre spirituale (suo zio).
L’alternativa sarebbe stata rinunciare all’amore di Pepita e
smontare la nuova figura sociale. Ma Luis sarà deciso a
sviluppare attitudini fisiche che gli vengono richieste per il suo
ingresso in società, la prova di equitazione sarà richiesta
esplicitamente da Pepita. 
Pepita nel dialogo in cui chiede a Luis di cavalcare, sembra dare
un consiglio, ma in realtà detta una condizione al suo futuro
innamorato. 
La sua tecnica di seduzione consiste nel parlare al giovane
rafforzando apparentemente le sue aspirazioni mistiche ma in
realtà gli impone un comportamento tipico della vita in società
che lui aveva escluso e la strategia consiste nell’evitare il conflitto
tra le due alternative 
“La equitación no se opone a la vida que usted piensa seguir”
(Pepita a don Luis)
Previamente però Pepita sottolinea di quanto L’equitazione sua un
requisito indispensabile nella logica mondana 
“Como debiera un joven de su edad y circunstancias”.
Il tutto spiegato da Pepita come un “difetto lieve” che però gli
costerà una brutta figura che è propria degli uomini anziani ma
non di un giovane come Luis.

Sarà il padre ad insegnargli l’equitazione e qui vediamo il RITO


DI SOSTITUZIONE de padre da parte del figlio, ovvero il ruolo
di autorità sociale e famigliare passa dal padre di Luis a Luis. 
Gli insegna per lo stesso motivo anche la scherma, per sigillare
definitivamente la sua conversione.
Quindi Luis accetta parallelamente l’amore e i comportamenti
sociali della società che lo accoglie. 
Assistiamo quindi a una serie di prove binare in cui il primo
tentativo è fallito e il secondo è riuscito, a sottolineare il
passaggio dall’ignoranza allo sfoggio de sapere e delle abilità
acquisite.
Per quanto riguarda invece il gioco delle carte e del duello Luis
deve mostrare la sua abilità con le armi, in quest’ultima Don Luis
fallisce e questo, gli costa l’umiliazione sociale del giovane al
CASINO (circolo culturale).
E il Conte Genazahar lo umilierà ai danni di Pepita Jimènez. 
Don Luis per difendere l’onore di Pepita (che si vede umiliata
poiché il suo uomo aveva perso la prova) non utilizzerà più le
armi del sacerdote ma si prepara ad utilizzare quelle del laico,
infrangendo tutti i comandamenti della legge di Dio, la
conversione è quindi totale.

Don Luis e Pepita sono due persone che appartengono ad una


determinata logica di vita ma ne cercano un’altra spinti
dall’amore che li unisce.
Il movimento della trama li trasforma in EX: smettono di essere
quello che erano e diventano la loro NEGAZIONE, tengono verso
ciò che lo nega. 
Questa dinamica EX, ovvero di ciò che si era e non si è più
porterà ad una NOSTALGIA che sembra prevalere nella fine del
romanzo.
“El hombre puede servir a Dios en todos los estados y
condiciones” 
La sintesi tra l’amore divino e l’amore umano, ovvero tra
misticismo e razionalismo è risultata però imperfetta, poiché
ovviamente la fede applicata nella vita quotidiana ha dei limiti. 

(Possiamo vedere gli elementi costumbristi nei cavalli, i


pellegrinaggi religiosi, i lavori della campagna, le tertulias ecc) 

STILE:

Il suo costumbrismo si vede anche nell’idealizzazione dei


personaggi: Pepita è troppo saggio per essere una paesana di
appena vent’anni, molte volte don Luis parla come un grande
teologo.
Valera utilizza la parlata COLLOQUIALE neo dialoghi dei
personaggi e cerca di lasciare libera esposizione alle sue idee,
spesso infatti si può associare Luis a Valera. 
Un altro tratto importante in Pepita Jimènez è la costante presenza
di Cervantes: si vede sia negli echi linguistici, che nella struttura
della narrazione (manoscritto ANONIMO).
Oppure ad un certo punto Valera scrive:
“Sentado junto al bufete, los codos sombre el”
Che sembra una parte del prologo di Dom Chisciotte. 

JUANITA LA LARGA:

Nel 1895 con l’opera “JUANITA la larga” Valera torna a parlare


del conflitto tra l’amore e l’ordinamento sociale. 
Però la prospettiva sarà diversa; qui si parla della possibilità di
riscatto sociale di un’emarginata, la protagonista JUANITA vuole
diventare soggetto attivo della storia contemporanea, acquisendo
quindi modi raffinati, cultura ecc.
Juanita sarebbe una rappresentazione del CURSI e della sua
nascita (ovvero l’utilizzo di un codice di comportamento che è in
opposizione con la propria condizione sociale.) 
(TRAMA)

È un romanzo ambientato in Andalusia ed è pieno di pagine dal


sapore COSTUMBRISTA: la festa di Villalegre, gli usi della
popolazione durante questa circostanza, la processione religiosa
ecc.
Per esempio in uno dei dialoghi vediamo come un corteggiatore
contadino, per aprire generoso con la ragazza che lo accompagna
si rivolga al pasticciere e gli chieda batate.
Questa è quindi una scena che rappresenta una delle forme sociali
dell’amore contadino, che ha una logica molto lontana da quella
del profitto e della materialità della civiltà urbana, da qui
possiamo vedere la tendenza costumbrista di Valera.
JUANITA “la lunga” è diventata una donna. Se ne sono accorti la
maggior parte dei ragazzi di Villalegre, se ne accorge anche DON
PACO, un cinquantenne del paese, che al incontra mentre lei si
reca alla fontana a prendere l’acqua. Juanita la lunga è figlia di
Juana e di un ufficiale di cavalleria di passaggio verso il nord
(storia occasionale di sua madre quindi) e questo sarà un peccato
di gioventù della madre che costerà alla figlia l’esclusione dalla
vita sociale. 
Ma a don paco non importa questo biasimo generale e lo affronta
con determinazione quando viene accusato di “eccessiva
frequentazione in casa delle lunghe”.
Don Paco regalerà poi a Juanita uno scampolo di seta e lei a sua
volta lo ripagherà con un soprabito da lei cucito. Questo episodio
sarà la pietra dello scandalo: rivelerà il grado di intimità tra
l’anziano signore e la giovane sarta a tutta la popolazione di
Villalegre e sopratutto a Donna Ines (figlia di don paco), in
procinto di essere privata della sua eredità. 
Don Paco decide di mettere a tacere le malelingue e chiede
quindi, tramite una lettera a Juanita, di sposarlo e lei, per
dimostrare che non aveva un puro interesse economico verso don
Paco, decide di non accettare e anzi di partire per la sua personale
crociata alla ricerca del riscatto sociale, con l’obiettivo di farsi
accettare dai circoli dell’alta borghesia che ora la rifiutano. 
La sua strategia consiste nel nascondere l’arroganza, la
padronanza di se, e cercare di guadagnare la fiducia di donna Ines
grazie alle sue doti naturali di simpatia ed intelligenza, infatti
questo accadrà.
La figlia di don paco, vista la conversione di Juanita, cerca di
convincerla a farsi suora, perché è l’unico modo per far valere le
sue doti naturali, senza incorrere nello scandalo. 
Juanita inizialmente non accetta ne rifiuta, ma sente crescere
dentro di se la considerazione nei confronti di don paco, fin
quando questa sensazione diventa vero e proprio amore.
Per attirarlo di nuovo a se, lei cerca di fargli capire che le sue
preferenze sono nei confronti di DON ANDRES, cacique si
Villalegre. 
Don paco, disperato, si allontana dal paese con l’intenzione di
suicidarsi ma da vinto si trasforma in vincitore: riesce a liberare il
riccone del paese (negoziante di stoffe) che era stato rapito da
ANTOÑUELO, uno dei molti giovani innamorati di Juanita. Il
ritorno di don paco è trionfale riceve, per la sua prodezza, la mano
di Juanita. Juanita deve far conoscere la sua decisione a Donna
Ines e a Don Andreas e, a tale scopo, escogita una scena propria
della commedia del SIGLO DE ORO: Donna Ines, nascosta in
uno stanzino, assiste per volere di Juanita ad una confessione fatta
da lei a don Andreas riguardo la sua decisione. I due, meravigliati
dalla forza di carattere di Juanita, accettano il matrimonio, seppur
impari, tra i due. Quindi la fine del romanzo vede i buoni, Juanita
e la sua famiglia, che vengono premiati. Mentre i cattivi, i
maldicenti, vengono o puniti o beffati dalla sorte. 

PERSONAGGI:

Vediamo quindi che l’impostazione dell’opera è incentrata sul


conflitto individuo/società, estrazione povera, nascita illegittima
della protagonista e sembrerebbe più un romanzo naturalista
piuttosto che classico. 
La stessa Juanita sembrerebbe consapevole della sua ascendenza
naturalista:
In realtà il conflitto tra virtù personale e nascita umile rimanda
all’opera Cervantina e alle sue NOVELAS EJEMPLARES. 
Per esempio il dialogo tra Juanita e Don Paco che vorrebbe farle
visita benché Juana, la madre, sia assente e Juanita glielo vieta
con motivazioni proprie di un’eroina teatrale del 600.
Juanita dispone una serie di prove per scoprire quale potrebbe
essere il suo posto in società; per esempio nell’incontro iniziale
con Don Paco è lei stessa a fargli immaginare come potrebbe
essere un’intimità con lei, ponendo il suo volto a contatto
momentaneo con quello di Don Paco.
Nel dialogo con don Paco in cui i due si scontrano
involontariamente, sembra balenare nella mente di Juanita la
possibilità di un contatto intimo, fisico con l’anziano signore. E
Don Paco riconduce il tutto al corteggiamento formale, ma
JUANITA è disposta a concederti solo L’ufficialità del contatto
professionale: egli potrà farle visita nella casa di sua madre, con
la scusa di commissionarle lavori di sartoria. 
La frequentazione della casa di Juanita da parte di don Paco poeta
a una sempre maggiore confidenza: L’intimità reale tra don Paco
e Juanita si cela dietro queste visite convenzionali, però quando
vediamo il rifiuto di Juanita a far entrare don Paco in casa sua,
senza sua madre, ci viene palesata questa intimità.
Però nel dialogo con lui, lei gli fa capire che vorrebbe dirgli di si,
ma è costretta a dirgli di no per non incorrere nella maldicenza
della gente. 
La sua negazione diventa quindi una forma di affermazione nel
codice dell’innamorato don Paco, sempre più prigioniero della
rete deduttiva di Juanita.
L’amore tra i due si era presentato soltanto tra le quattro mura
della casa di Juanita però, quando lei si mostra con il vestito
(dono di Don Paco) lei mostrerà questo amore all’esterno
rendendo pubblico ciò che era privato. 
E anche lei aveva regalato a Don Paco un pastrano, che lui
indossava con grande orgoglio, accanto a Juanita, durante la
processione. 
Però tutti ipotizzavano un interesse materiale da parte di Juanita
nei confronti dell’uomo. 
Juanita poteva o rifiutare il gioco di azione-reazione (proposto da
Juana) 
Oppure accettare questo gioco e fare a Don Paco un regalo di
valore equivalente per non far cadere su di lei le malelingue,
ovvero aver ricevuto un regalo di valore senza dare nulla in
cambio, però questa sarebbe stata una grande prova d’amore nei
confronti di Don Paco.
Nel gioco però entrano anche altri elementi, come per esempio la
distanza incolmabile tra i due agli occhi della popolazione, infatti
era stata proprio Juanita a dare una dimensione sociale e non
esclusivamente affettiva alla vista del sono e infatti dice: 
“Que no van a murmurar las envidiosas cuando vean tan guapa ir
a la función De la Iglesia?”
Inizialmente Juanita voleva ascendere in società appoggiando
l’amore occulto di Don Paco e si sarebbe servita del prestigio di
quest’uomo presso la popolazione, e voleva mostrare in questo
modo le sue virtù nascoste, ma questa prima strategia si rivela
invece fallimentare a causa dello scontro con la società, con ciò
che precede l’equilibrio tra le classi.  Infatti in un monologo
Juanita si autocolpevolizza dicendo che avrebbe dovuto darsi un
tono e non accettare don Paco ogni sera in casa sua, alimentando
quindi le maldicenze su di lei.  
Da questa consapevolezza della dimensione sociale delle proprie
azioni, nasce la consapevolezza del fatto che lei non può
ascendere in società solo con la sua apparenza esterna. 
Quindi a questo punto ci sarà un caso di INVERSIONE; lei
cercherà di capovolgere la strategia che aveva seguito fino adesso
per raggiungere i suoi fini, cercherà di rivelare a tutti le sue virtù
interne (INTELLIGENZA, CORAGGIO, MORALITÀ) 
e di nascondere invece quelle esterne (BELLEZZA, sensualità,
eleganza).
L’AUTOCOSCIENZA di Juanita cresce con il suo scontro con la
società, mentre per quanto riguarda l’esteriorità (la sua bellezza) é
vicina al narcisismo mitico di chi ama solo se stesso. Infatti
l’elemento della sensualità sembra essere quello più ricorrente
nelle descrizioni fisiche di Juanita.
Infatti quando l’autore parla del corsetto, con la scusa di spiegare
la logica della moda del tempo, toglie piano piano a Juanita tutte
le vesti con morbosità feticista: quando la sua eroina è ormai nuda
passa poi alle sensazioni tattili, verrebbe da pensare che più che
con gli occhi la “guarda” con le mani. 
A questo proposito converrà ricordare che a quell’epoca Valera
era cieco e quindi è per questo che esalterà così tanto la sensualità
di Juanita. 
Infatti nella prima descrizione che Valera fa di Juanita, possiamo
vedere che gli unici due elementi descritto sono le MANI e i
CAPELLI, non il viso o gli occhi. 
I aspetti che vengono messi in mostra son quelli tattili; la forma
delle mani e della pettinatura. Infatti il primo incontro tra Juanita
e Don Paco era tutto giocato sulle sensazioni tattili del vecchio a
contatto con le forme “solide e sode” della giovane.
Lei cerca di tenere a bada questa sensualità con una pettinatura
piuttosto rigida. Nella prima parte dell’opera, fino alla prova del
vestito, Juanita si gioca la sua ascesa sociale contando sulla sua
naturale sensualità, e trovandosi poi a reprimerla per lasciare
spazio all’intelletto.
Infatti in un dialogo lei dice quanto sia fondamentale per la sua
ascesa, recuperare la posizione di “Santa”, infatti lei cerca di
analizzare le proprie azioni e trarne un insegnamento morale:
infatti questa volta il suo calcolo si rivelerà esatto e riceverà
riconoscimento collettivo.
Lei per acquisire autorità e titolo dovrà conquistare la
benevolenza dei tre poteri: 
1. Politico ed economico di Don Andreas
2. Quello morale di Don Anselmo 
3. Quello della VOX POPULI di Donna Ines. 
Juanita riesce a conquistare la fiducia sia di donna Ines che di
Don Andreas (anche se per conquistare quest’ultimo torna alla
sua sensualità originaria) 
Lei si serve della sua sensualità con Don Andreas per sedurre a
distanza Don Paco. Infatti un’altra caratteristica importante di
Juanita sarà questa sua capacità di seduzione: il gioco di DARSI e
NEGARSI, il dire e il non dire.
Infatti riesce a soggiogare sia don Paco che Don Andreas.
Quando Donna Ines inizia a riconoscere le doti che Juanita voleva
le fossero riconosciute lei sfodera la sua personalità mostrando il
suo rifiuto della norma, il suo stile di vita in realtà selvaggio.
Inizialmente Juanita sembra aver trovato il modo di coniugare
natura e cultura, sensualità e contegno, però la sua integrazione
viene scissa in due dimensioni; una manifesta e l’altra segreta, da
una parte il suo eccessivo autocontrollo e dall’altra la
manifestazione senza filtri della sua impulsività quasi infantile. 

Una volta che Juanita avrà dimostrato di possedere cultura e


autorità necessarie per figurare nella società sarà arrivata la sua
vittoria.
La sua “lotta” con Don Andreas rappresenta la massima
espressione della parte istintiva della sua persona. 
Dopo la rivelazione del suo amore per don paco a Donna Ines e la
sconfitta di don Andreas rimane soltanto l’annuncio dello
sposalizio che avviene secondo il girotondo (il gioco dei bambini)
ovvero fece mettere in cerchio tutti i suoi pretendenti esclamando:
“ni con esté, ni con este, ni con este” e quando arriva don Paco lo
indica e lo abbraccia strettamente. 
Questo ritorno all’infantilismo di Juanita sembra provocato dalla
pressione dell’autorità sociale che blocca la sua sensualità
naturale. 
La volontà di esistere di Juanita si manifesta prima socialmente
con la fisicità e più tardi con la giocosità infantile.
Si tratta di un romanzo apparente alla vecchiaia di Valera si potrà
così capire il tono nostalgico accompagnato però sempre dalla
vena umoristica e ironica.

MORSAMOR:
Il romanzo MORSAMOR può esser considerato come
l’esposizione di tutti gli argomenti che hanno alimentato il fuoco
sacro della scrittura di Valera. MORSAMOR è una sorta di
congedo di chi ha vissuto tanto e tanto riflettuto sulla vita e
voleva predisporsi ad una nuova partenza (Valera credeva nella
reincarnazione)

TRAMA:
MORSAMOR era il nome di battaglia di FRATE MIGUEL DE
ZUHEROS quando era ancora conosciuto come trovatore e
avventuriero, verso la fine del 400, l’epoca delle grandi scoperte e
delle grandi conquiste. 
Arrivato alla fine dei suoi anni, questo insignificante Monaco, si
rende conto di non aver realizzato alcuna grande impresa che lo
possa rendere immortale. 
Decide quindi di ricorrere alle arti magiche di FRATE
AMBROSIO che era un confratello delle dottrine esoteriche. 
Frate ambrosio gli restituisce giovinezza affinché de ZUHEROS
possa correggere il corso della sua vita e compiere i gesti che
possano farlo ricordare nella storia. 
MORSAMOR parte per Lisbona e da il via a una serie di
avventure, battaglie, amori e incontra i grandi uomini del
momento (Vasca da Gama, Gil Vicente), ottiene ricchezze ed
onori. MORSAMOR porta con se TIBURCIO che introduce nel
romanzo il tema faustiano: solo alla fine si avrà la certezza della
natura diabolica di Tiburcio, il quale era riuscito ad occultarla al
suo maestro. MORSAMOR decide quindi di circumnavigare il
globo terrestre, proprio come stava per fare Magellano in quel
periodo, solo che in direzione opposta e infatti durante la
spedizione incrocerà il grande navigatore Magellano nel mezzo
dell’oceano Pacifico.
Ma quando sta per arrivare al punto di partenza, sulla costa del
Portogallo, una tempesta provoca il naufragio della nave e del suo
sogno. 
Tornato in convento e alla vecchiaia MORSAMOR capisce che
non si è mai mosso da lì e che le sue peripezie sono state solo un
sogno indotto da don Ambrosio. 
Inizialmente si arrabbia ma dopo un periodo di riflessione capisce
che Don ambrosio ha destato solo di appagare i suoi desideri e di
farlo riconciliare con il mondo e con Dio. 
TIBURCIO cerca di istillare il dubbio sulla sincerità della
conversione di Morsamor ad Ambrosio re e così che don
Ambrosio comprende la natura malvagia di Tiburcio.
L’angoscia trascendentale di Morsamor sarebbe quella vissuta da
Valera e anche il ritorno al passato sarebbe in realtà un reale
desiderio di Valera per cogliere le occasioni che la vita gli aveva
offerto.
Oppure un’altra lettura possibile e quella dei due fette sistemi che
strutturano il mondo religioso di Valera; da una parte le religioni
orientali e dall’altra la purificazione dell’anima tramite la grazia
divina. 

ESTETICA:

È esplicito il parallelo con l’opera “il conde Lucanor” di JUAN


Manuel e lo stesso Valera lo afferma citando proprio i personaggi
del conde lucanor. 
Inoltre in quest’opera Valera nega di nuovo la volontà di dare
insegnamenti nelle sue opere infatti dice che l’arte deve divertire
e non insegnare e questo forma tutta la sua produzione. 
Però se ascoltiamo le conclusioni che trae Morsamor possiamo
vedere che qualche intenzione “didattica” c’è.
Da una parte nel romanzo vediamo una possibile lettura nazionale
per i sogni di grandezza di Morsamor e dall’altra ci sono invece
riferimenti molto più importanti come riferimenti culturali, teorie
filosofiche, appunti di viaggio ecc.
Per quanto riguarda il genere di Morsamor, Valera in una lettera a
Maria Carpio lo ha definito “ROMANZO CAVALLERESCO IN
CHIAVE MODERNA” poiché si narrano le avventure di un
cavaliere in cerca di gloria insieme al suo scudiero, e anche
l’amore nei confronti di una dama. Però, per gli stessi motivi,
viene anche considerato un ROMANZO BIZANTINO proprio
per la serie di avventure, il viaggio per mare, gli amori del
protagonista ecc.
Alla fine del suo viaggio Morsamor stesso metterà in discussione
tutte queste sue azioni non vedendoci il nesso con il resto del
mondo. Quindi può essere considerato sia bizantino che
cavalleresco proprio per la serialità delle avventure, il ricorso alla
casualità ecc. 
Quindi si vede la scarsa aderenza di questo romanzo al canone
realista e infatti molti critici hanno ritenuto il romanzo come un
“passo indietro” di Valera poiché non è stato in grado di
assimilare le innovazioni tecniche del periodo (il realismo) come
invece Clarin, BAZÁN o GALDÓS.
Anche il dominio delle TECNICHE GENERICHE gli consente di
sottrarsi al l’invenzione di un elemento narrativo: infatti Valera
stesso in una parte dell’opera spiega che non potrà riportare una
lettera ai suoi lettori poiché non riuscirebbe a ricomporla nella
maniera più adeguata e finirebbe per rovinarla, questo è il
risultato dell’incapacità del narratore di immaginare i contenuti
della lettera. Valera non considerava fondamentale per il suo
romanzo la trascrizione di questo documento perché nella sua
mente l’amore era solo uno degli elementi e non certo quello più
importante mentre secondo i critici è l’elemento che più poteva
far risaltare i codici realisti.
Possiamo vedere che Valera nel romanzo decanta i luoghi
portoghesi poiché ci aveva soggiornato.
Possiamo considerare Morsamor come una sintesi del pensiero di
Valera: l’iberismo giovanile fino agli interessi teosofici della
maturità. 
Però tra i temi salienti della sua narrativa possiamo capire l’unico
insegnamento che Valera cerca di dare in questo romanzo: la
RINUNCIA all’orgoglio individuale e nazionale, la
CANCELLAZIONE delle ambizioni giovanili che impedisce la
totale reintegrazione con la divinità.

DE PEREDA:

PEREDA è considerato dalla critica come il massimo esponente


del ROMANZO REGIONALISTA. Nei suoi romanzi lui racconta
la vita della classe MEDIA RURALE della sua SANTANDER.
PEREDA si prefiggeva come scopo artistico la preservazione
degli usi e dei costumi di un mondo e la sua religione che stava
per essere travolto dai cambiamenti connessi alla rivoluzione
industriale. 
TRADIZIONI, RELIGIONE, MATRIMONIO sono i pilastri su
cui si poggia il mondo di PEREDA. 
Quindi le sue narrazioni sono piene di DESCRIZIONI a scapito
dell’azione, diventano una presentazione lenta e dettagliata del
PAESAGGIO, DEGLI UOMINI e degli USI della sua terra. 

LA VITA;

Era un cattolico tradizionalista che nasce in capitale ma si


trasferisce subito a SANTANDER per dedicarsi alla letteratura,
alla famiglia e alla religione. 
Sia la madre che il fratello erano iper protettivi nei suoi confronti
e successivamente anche sua moglie d questo influenzò
l’ideologia di PEREDA, il quale vuole sempre difendere il
cattolicesimo, le tradizioni, il matrimonio.
Però il risvolto negativo di questa morbosa difesa dei valorò lo
porterà artisticamente ad un incorreggibile PROVINCIALISMO.
Fu il fratello, patriarca della famiglia, ad indirizzarlo verso la
carriera di scrittore ma anche SANTANDER non era più un’isola
felice ma era giunta anche lì la modernità che modificava il
pedaggio e i modi di vivere delle persone.
Infatti nel suo romanzo semi autobiografico “PEDRO SANCHEZ
lui parla dell’arrivo della ferrovia e del turismo, spiegando che
ormai SANTANDER non era più la semplice città di campagna a
cui era tanto legato ma si era riempita di quella modernità e di
quel concreto che lui sempre aveva cercato di allontanare.
Oltre al suo distacco quindi con la natura nel 1855 c’è la morte di
sua madre: i pilastri della sua identità iniziano a crollare uno
dietro l’altro è quindi si va delineando il quadro clinico di una
nascente nevrosi e diventerà ipocondriaco e insicuro sempre alla
ricerca di conferme. 
Scrisse molti articoli di critica letteraria fondó insieme ad alcuni
amici “EL TIO CAYETANO” che è una rivista tradizionalista. 
Poi entrò anche nella vita politica come parlamentare e quindi si
trasferisce a Madrid per un solo anno per poi tornare a
SANTANDER con lo stesso odio nei confronti di Madrid. 
Da quel momento fino alla morte (1906) la sua scrittura sarà
faticosa e appassionata, con periodi di inattività dovuti alla
nevrosi e poi nel 1893 ci sarà il suicidio del suo primogenito che
lascerà traccia in “PEÑAS ARRIBAS”.
PEREDA mette anche in pratica a SANTANDER il manifesto
regionalista di CABALLERO che proponeva la scrittura di un
romanzo costumbrista per ogni regioni per salvaguardare gli usi e
i costumi in via di sparizione, PEREDA era quindi oppositore del
progresso, del materialismo e del liberalismo. 
La sicurezza e la protezione totale garantitegli dalla famiglia
fissarono nel suo carattere l’archetipo del PATRIARCA come
modello verso il quale tendere. La debolezza di carattere e la
tendenza all’ipocondria furono il frutto di un’esistenza trascorsa
in un ambiente sempre protetto dove ogni piccola contrarietà
diventava un dramma. 
La sua DIPENDENZA DAL GIUDIZIO ALTRUI si vede in tutti
suoi romanzi dove l’attenzione alle esigenze del lettore diventa
praticamente MANIACALE. 
Infatti il narratore interviene continuamente per appianare i
possibili conflitti del lettore con il testo spiegando tutti i motivi di
una determinata scelta tecnica o addirittura scusandosi per averla
compiuta.

LE OPERE:
Nella progressione letteraria di PEREDA non c’è una vera
evoluzione tecnica e tematica. 
I quattro momenti della narrativa perediana corrispondono alla
diversa importanza che lui da a i diversi argomenti.
I periodi sono:
1. COSTUMBRISTA: 
2. LA TESI 
3. MODO NATURALISTA 
4. ROMANZI DELL’IDILLIO TRA UOMO E NATURA (è il
momento di sintesi e di maggiore serenità in cui
finalmente lui trova la sua vena più genuina)
L’inizio della carriera di PEREDA è quindi segnato dal
costumbrismo nei quali mostra l’intenso amore nei confronti della
sua regione. (ESCENAS MONTAÑESAS, TIPOS Y PAISAJES)
e racconta quindi gli usi della zona senza nascondere brutture
della vita di campagna.
Però anche in questi articoli dichiaratamente costumbristi si può
scorgere la vena realista perché era un osservatore della realtà
contemporanea capace di rispecchiare fedelmente la PARLATA
POPOLARE, LA GENUINITÀ DEI MODI DI DIRE ecc.
In tutta la sua produzione posteriore PEREDA manterrà
l’ispirazione costumbrista facendo vedere le miserie della vita
quotidiana.

I ROMANZI A TESI:
Il tradizionalismo di PEREDA trova la sua massima espressione
nella sua seconda tappa (LOS HOMBRES DE PRO) in cui lui
cerca di spiegare che il liberalismo rompe l’equilibrio del mondo
e il disegno sociale divino, perché propone l’esaltazione della
materia a scapito dello spirito, delle cose, dei prodotti e del
progresso contro le idee, i sentimenti, l’integrazione dell’uomo
nella natura. La vera già per raggiungere la felicità è quella della
rassegnazione e dell’obbedienza alla volontà del patriarca.
Il LIBERALISMO arriva di solito da fuori, dalla CITTÀ e invade
la CAMPAGNA ordinata e beata. In queste opere del romanzo a
tesi i personaggi si dividono in due gruppi:
1. I BUONI E I CATTIVI (abitano lo spazio INTERNO che è
invaso dai cattivi, che arrivano dallo spazio ESTERNO,
ovvero la città, carichi di idee deleterie, e l’insuccesso
dell’invasore o la sua conversione restituiscono
l’armonia perduta   
Sono generalmente romanzi senza peripezie con una trama ESILE
concepita come supporto ai quadri e alle scene dal sapore
costumbrista che presentano il mondo puro e armonico della
montagna di SANTANDER. 

LOS HOMBRES DE PRO, narra la traiettoria di un arricchito che


si fa alla politica e quindi vediamo la denuncia degli intrighi e
della corruzione della borghesia. 

DE TAL PALO, TAL ASTILLA è un libro scritto in risposta al


libro “GLORIA” di Galdos. 
Fernando, figlio di Pateta, professa ateismo e liberalismo ma si
innamora di Agueda (cattolica praticante) che vuole convincere
Fernando a convertirsi. Alla fine Fernando si toglie la vita
gettando suo padre nello sconforto del dubbio esistenziale. 
Agueda e Fernando sono due novelli Giuletta e Romeo il cui
amore è ostacolato per ideologie diverse. Vediamo come
PEREDA voglia sottolineare negativamente, dal suo punto di
vista, l’ateo che andrà incontro alla morta e invece la cattolica
Agueda come un’eroina.
Nonostante il personaggio di Fernando sia una totale
contraddizione dal momento in cui, pur essendo giramondo,
amante della vita, si innamori di una adolescente senza cultura.

L’ANTIMADRILENISMO:
L’ANTIMADRILENISMO di PEREDA si basa sulla sua
esperienza nella capitale: la corruzione politica, la miseria morale
degli aristocratici, gli usi e i costumi troppo libertino nei salotti
alla moda.
(PEDRO SANCHEZ, LA MONTALVEZ, che è una riposta
all’accusa di provincialismo mossagli dopo aver letto alcune
pagine della CUESTION PALPITANTE di BAZÁN) in quelle
righe BAZÁN spiega che Pereda avrà anche del talento ma
possiede orizzonti troppo limitato poiché si limita a descrivere e
narrare abitudini e tipi Santenderini chiudendosi quindi in un
cerchio breve di trame e personaggi)

PEDRO SANCHEZ: è la vicenda di un giovane della provincia di


Santader che parte per Madrid in cerca di dama è successo ma
trova l’insuccesso e l’infelicità. 
AMORE e POLITICA sono i due grandi temi di questa
narrazione COMPATTA, ORGANICA dove la forma è
AUTOBIOGRAFICA poiché vediamo i suoi ricordi del
soggiorno a Madrid. Nel suo paesino della montagna PEDRO
conosce Clara che è figlia di un politico. Illuso dalle promesse di
Don Augusto si trasferisce a Madrid inseguendo questi sogno di
amore e gloria puntualmente distrutti dal politico al primo impatto
con la capitale. 
Le attrattive della vita in città, gli spettacoli, i circoli culturali e le
amicizie trattengono Pedro proprio quando sta per tornare nella
sua valle, la sua costanza è premiata da un successo politico e
professionale, nel giorni di rivolta del 1854, che gli varrà l’amore
di Clara. 
Dopo numerose peripezie e, vedovo per due volte, il protagonista
decide di ritornare nella sua terra natia e di trascorrere in ritiro gli
ultimi anni della sua vita.
Per la prima volta in questo romanzo, PEREDA mostra una certa
comprensione per gli ideali di chi partecipo alla rivoluzione
liberale, ma allo stesso tempo non perde occasione di criticare la
CORRUZIONE della politica, gli interessi che muovono
giornalisti e critici, la morale delle all’agente regnante nei salotti
della capitale e il finale sarà sempre il ritiro dal “MUNDANAL
RUIDO” e l’ESALTAZIONE della vita di campagna. 

LA MONTALVEZ: Nica MONTALVEZ è una donna piena di


qualità, ma l’ambiente in cui vive la costringe ad una vita
dissoluta; sperpera la sua fortuna in sontuose feste, si sposa per
interesse, commette adulterio è, già vedova, elimina ogni remora
morale dai suoi comportamenti amorosi di si dedica ad una
soddisfazione spasmodica dei suoi impulsi come del resto tutte le
altre donne della corte. Nella DECADENZA ESISTENZIALE di
tutta una classe, PEREDA vuole rappresenta l’emblema  della vita
urbana secondo i nuovi modi della società industriale. E quindi
racconta gli istinti più bassi dell’essere umano, della miseria
materiale e morale delle persone e potremo vedere come questo
romanzo sarà in opposizione a BAZÁN.

LE EGLOGHE REALISTE.

I romanzi del ciclo idealista sono chiamati ‘’egloghe realiste’’ ed


è Pereda a suggerire quest’etichetta. 
Come dice il critico Montesinos il mondo dei romanzi di Pereda
sembra presuppore l’esistenza di una realtà poetica e morale nello
stesso momento. 
L’egloga realista presenta una visione idilliaca del rapporto fra
uomo e natura. La natura è vista sia come madre accogliente che
come matrigna. Perciò se da una parte troviamo il locus amoenus,
dall’altra ci sono i paesaggi con bufere di neve e tempeste
marine. 

L’ascesa sociale è impossibile nel mondo di Pereda: i poveri sono


buoni, obbedienti, rassegnati e felici, mentre i ricchi possono
ambire a tutto.
Il patriarcalismo dei ricchi e la protezione che danno ai loro
sottomessi gli garantisce la felicità. 
SOTILEZA.
Sotileza è da considerare il capolavoro di Pereda e racconta la
storia di Silda, una bambina orfana che vive una vita di stenti e
maltrattamenti con i genitori adottivi.
Andres, uno dei suoi compgni di gioco, appartiene ad una
categoria sociale superiore e la porta da padre Apollinaire per
farle dare una nuova famiglia. 
Il caritatevole prete la sistema presso il tio Mechelín e la tia
Sidora che abitano vicino alla ‘’vecchia’’ famiglia Silda. 
Questo fatto lega ancora Silda da una parte alla malevolenza della
Sargueta e di Carpia, le due donne della casa dove viveva prima, e
dall’altra all’amore di Cleto, il suo ex fratellastro. 
Silda è amata sia da Cleto che da Muergo, ma lei ama, ricambiata,
Andres. 
Lei non rifiuterà nessuno, nemmeno quando Muergo le
manifesterà il suo amore fisicamente. 
Alla fine però sceglierà il suo pari: Cleto.
Il suo precedente amore per Andres viene subito dimenticato.
Siccome Andres era ricco, il padre di quest’ultimo si oppone al
matrimonio. 
Andres finirà per accettare il matrimonio con una sua pari che non
ama, accontentando perciò il padre. 

I primi 11 capitoli del romanzo raccontano l’infanzia dei ragazzi,


le loro scorribande per Santander, le condizioni di vita dei più
poveri. 
Qui Pereda si concentra sul costumbrismo e perciò sugli aspetti
descrittivi della realtà.  
La seconda parte dell’opera, invece, racconta la trasformazione da
crisalidi in farfalle, ossia il gruppo di bambini che diventano
adolescenti. 
L’autore trasfigura la realtà in letteratura per preservare l’identità
di tutto un popolo. Pereda riconosce la matrice costumbrista e
autobiografica della sua arte. 
Silda è un modello di virtù che diventa sempre più perfetta e le
avversità servono soltanto a mettere più in luce le sue qualità: i
principi solidi, l’intelligenza e la sensibilità. Saranno proprio
queste doti a garantire l’ordine finale. 
A volte però l’eccesso di idealizzazione scade
nell’inverosimiglianza: il narratore mette in bocca alla colta
orfana dialoghi concettuali, infatti Andreas ne rimane
meravigliato. 
La finezza dei comportamenti della ragazza motiva il
cambiamento di nome: non si chiamerà più Silda, ma Sotileza,
che è il termine che definisce la parte più sottile della lenza,
quella a cui si attacca l’amo. 
Per esempio lo zio Michelin osserva la destrezza di Silda
nell’attaccare un bottone ai pantoaloni di Cleto e la commenta
dicendo: ‘’esto, Sidora, no es mujer, es pura sotileza’’. 
È da notare come il battesimo di Silda/Sotileza, per bocca del tio
Michelin, avvenga dopo aver contemplato una sorta di sua
simbolica iniziazione erotica, descritta con minuzia di particolari. 
Senza dover ricorrere al sottilismo erotico dell’ago e della tela, la
situazione in cui si vengono a trovare i due ragazzi non lscia
molto all’immaginazione: lui che preme i pantaloni contro il
ventre e lei che cerca di staccare la stoffa dalla pelle per evitare di
pungerlo. È la prima volta che l’intimità per Sotileza si avvicina
ad un’intimità esterna e il narratore sottolinerà questa sua perdita
di ‘’verginità lavorativa’’. Il valore erotico di questo gesto verra
confermato dalla descrizione fisica di Cleto, con segni di
apprezzamento da parte della ragazza. 
Lo stesso Cleto vede nel servizio di Silda, l’inizio del loro amore:
‘’un giorno lei mi cuce un bottone’’. 
Questo segna un passaggio per Silda dall’adolescenza all’età
adulta e Sotileza inizierà una nuova vita, fatta di silenzi, orgoglio
e di consapevolezza del posto che le spetta nella società. Proprio
per tutto questo evitarà l’amore di Andres. 
Infatti l’impetuosità di Andres nel dichiarare il suo amore,
rischiava di mettere a soqquadro l’ordine costituito. 
L’ex sorrelastra di Silda, Carpia, invidiosa della sua virtù e della
sua bellezza, coglie l’occasione per metterla in cattiva luce:
chiude a chiave la porta, lasciata aperta dalla giovane coppia
(Andres era andato a visitare Silda), poi scende per strada e urla
ciò che secondo lei sta succedendo nella casa, ma Silda aveva
lasciato aperta la stanza proprio per rendere trasparente il suo
atteggiamento virtuoso. Ma Carpia invece chiudendo la porta,
trasforma lo spazio in un segreto colpevole. 
L’unica ricchezza che la donna poteva offrire ad Andreas era la
sua virtù, ma Carpia le toglie quel suo unico bene e rende
pubblico ciò che Silda vorrebbe stesse succedendo in privato. 

Pereda utilizza una LINGUA COLLOQUIALE, registri più bassi


poiché lui è l’erede di una tradizione letteraria risalente a Berceo.
Mai quanto Pereda qualcuno si era avvicinato alla lingua del
popolo con i suoi ritmi, le sue deformazioni, i suoi modi di dire e
le sue improprietà lessicali. 
Pereda utilizza anch dei termini in voga, per esempio dei marinai.
Infatti l’autore utilizza pure un breve glossario per tradurre i
termini colloquiali santenderini. Per esempio, il nome della
protagonista, la cui personalità è caratterizzata soprattutto dalla
finezza, sembra suggerita dal nome di un’attrezzo per la pesca e
anche il carattere animalesco di Muergo, che infatti porta il nome
di un pesce. 

Tornando alla lite: a causa delle grida di Carpia, il padre di


Andres, il severo capitano Bitadura, rimprovera il figlio e gli vieta
il matrimonio. 
Andres fugge di casa con l’intenzione di sposare comunque la sua
giovane amata però prima si imbarca durante la notte per andare a
pesca. 
Ma Silda non aveva dato ad Andres nessuna speranza di sposarlo
e perciò quest’uscita in mare sembra fuori luogo. Quando Andres
è in mare, a causa della sua impulsività, ci sarà la scena della
tempesta marina. 
Sarà proprio questa decisione di trascorrere la giornata in mare a
farlo preparare ad accettare l’ordine delle cose e a dare il giusto
valore alla ‘’tempesta di terra’’, quella che l’ha opposto a suo
padre. 
Durante la scena della burrasca, si vergogna delle sue leggerezze,
della sua mancanza di senno, causa della disperazione dei suoi
genitori. 
Affrontando questo momento difficile della tempesta, lui
riacquisterà l’amore per la vita e qui, Pereda, ci regala forse le sue
migliori pagine, con la descrizione della tempesta in mare e
l’impari lotta fra gli uomini e gli elementi scatenanti. Pereda
propone anche una metafora che contrappone da una parte
l’INSIGNIFICANZA DEGLI UOMINI e dall’altra la FEROCIA
DEL MARE. 
L’imponenza della tempesta viene descritta da parole come
ABISSO o PRECIPIZIO. 
Ad un tratto la barca finisce per ricevere CONNOTATI UMANI.
La barca riceve l’attributo che gli uomini hanno perso nei
confronti delle onde, la mobilità. La loro unica speranza di
sopravvivere è quella di restare immobili, in piedi. Infatti i
marinai formano dei veri e propri gruppi statuari. 
La morte è rappresentata dall’abisso, dalla caduta nel vuoto
formata dalle onde. 
Il modo ingegnoso che Andres trova per salvarsi e salvare
l’equipaggio è quello di cavalcare le onde in una sorta di surfing
all’antica che gli consente di tornare nel porto sicuro. Ma prima di
vedere la scena finale del rientro in porto grazie alle azioni
fisiche, vediamo una serie di metafore: la tempesta verrá definita
‘’INFERNO REGGENTE’’ e l’unico aiuto possibile è Dio, il
quale viene ripetutamente invocato dai marinai e, infatti questi
ultimi, in un tempo morto dell’azione, quando la tempesta si
ferma, si mettono a pregare. Essi prometteranno di andare a
sentire una messa in onore della Vergine e questo voto verrà
mantenuto, una volta scampato il pericolo, e il cattolicissimo
Pereda si prenderà cura di riferircelo. 
La genialità marinara di Andres consiste nell’aver capito che non
può solo rimanere immobile, come invece era la sua prima
intenzione, ma deve far penetrare la sua barca nella forza delle
onde. 
Dopo quel l’esperienza Andres decide di lasciare il mare e darsi
alla tranquilla vita borghese, accanto ad una donna sua pari. 
L’ordine sociale viene perciò ricomposto, con il matrimonio fra
Sotileza e Cleto, che in realtà era una sorta di fratello per la
protagonista, ma Pereda lo fa pur di preservare la separazione fra
le classi sociali. 
La soluzione al conflitto generato dall’amore ‘’contro-cultura’’ di
Andres e Silda viene totalmente chiuso con la tempesta di Andres
e l’inversione dell’asse verticale e dell’asse orizzontale è una
metafora per indicare che le classi sociali non possono
mischiarsi. 
Quando le pulsioni contrarie alla normalità si manifestano,
l’autorità interviene placandole. 

PENAS ARRIBA.
È un’epopea del paesaggio e della vita in montagna. Pereda non
rinuncia ai costumi e al suo tradizionalismo. 

Marcelo è un’esperto uomo di mondo che accetta l’invito di suo


zio Celso a fargli visita nella sua casa in montagna. 
Lo zio, che non ha figli, è preoccupato per la scomparsa, alla sua
morte, della famiglia Ruiz de Bejos da quelle terre e vorrebe
convincere suo nipote a rimanere a Tablanja e prendere il suo
posto per mantenere l’ordine sociale. 

Quando Marcelo arriva a Tablanja, il suo distacco da cittadino gli


impedisce di apprezzare nel giusto modo quelle tradizioni e la sua
nostalgia per la capitale è in aumento. 
Ma dopo un po’ comincerà a vedere nella montagna una sorta di
paradiso terrestre. 
Marcelo è chiamato a proseguire l’opera dello zio ed evitare che
quel modello sociale scompaia con l’arrivo di nuove forme di vita
importate dalla capitale. 
Marcelo scopre anche l’amore e si sposa con Lita. 
La sua decisione ormai è presa: lo zio puo morire in pace. 

Marcelo anni piu tardi riprenderà in mano la penna per


raccontarci della sua felicità accanto a Lita, ma solo nella seconda
parte si svilupperà una trama vera e propria. Ma sara una trama
esile poiché ci racconta solo la presa di conoscenza del
protagonista e il superamento di alcune prove che la facilitano. 
L’attenzione di Pereda è più focalizzata sul mostrare il mondo
ideale della montagna, meno incentrata nel narrare la
storia.  Perciò lui enumera persone, cose, luoghi e questo sfocia
quasi in un feticismo letterario. Perciò il costumbrismo sovrasta
l’impianto narrativo dell’opera. Per esempio, la narrazione delle
riunioni serali nella casona di Tablanja si riduce alla
presentazione di una galleria di tipi umani, di lavori artigianali
caratteristici della zona. C’è anche uno spirito collettivo poiché
tutto il paese sa di appartenere ad una società ideale dove tutti
sono uguali e a nessuno viene fatto il minimo torto. 
La natura ha dato loro la capacità di autogoverno, grazie alla
generosità della madre natura. 
Anche la narrazione ci fa vedere questo ordine, ci sono molti
‘’epiteti pastorali’’, come ‘’vasto nobile prato’’ oppure ‘’belle
mucche’’. 
Non esistono riferimenti cronologici, non si sa quando accadono
gli eventi poiché l’ordine e la durata sono ininfluenti per il
racconto, poiché tutto deve essere presentato senza esser rovinato
dal passare del tempo. Infatti lo stesso Pereda afferma: ‘’la novela
al que yo me refiero aquí, tiene más punto de contacto con la
naturaleza que con la sociedad, con lo perdurable que con lo
efímero y pasajero’’. 
C’è poi una perfetta compenetrazione fra l’uomo e la natura,
infatti lui mostra che le caratteristiche del paesaggio appartengono
alle persone come la loro bontà e purezza discendono dall’alto
delle montagne. 
L’idealizzazione della vita nelle valli di Santander tocca i suoi
abitanti e anche il loro dialetto e in una parte del romanzo Pereda
lo spiega, mettendo in luce LA MUSICALITÀ DEL DIALETTO,
LA BONTÀ E TIMIDEZZA DEGLI ABITANTI (che può essere
sconvolta solo da fattori esterni). 
Pereda ci spiega che in Castiglia la natura è generosa e idilliaca,
mentre nella montagna è triste e silenziosa e perciò gli abitanti si
impregneranno delle stesse caratteristiche del paesaggio. Queste
due zone sono separate da una vera e propria frontiera; un piccolo
santuario.
Si vede quindi una differenza tra ESTERNO (CASTIGLIA) e
INTERNO (SANTANDER).
E questa assiologia dentro/ fuori sarà piena di valenze etiche:
valle tablancs= onestà, fuori=disonestà.
Le pagine più belle di quest’opera sono quelle in cui l’autore
racconta della lotta tra l’uomo e gli elementi naturali.
PEREDA mette anche in risalto la natura “selvaggia” di CHISCO
che PEREDA descrive come ibrido un po’ uomo e un po’ animale
e paragona quindi gli occhi di CHISCO a quelli dell’animale che
ha appena ucciso o anche i suoi capelli al pelo dell’orso.
Marcelo ci viene invece descritto come uno spettatore del
rapporto tra i montagnesi e la natura: partecipa ad alcuni riti di
vita e di morte ma resterà sempre un po’ in disparte. 
La natura ha però il potere di far convertire Marcelo che a
contatto con essa si accorge di amare una realtà che prima
disprezzava (anche quando parlerà di Lita, parlerà solo con
immagini naturali)
Tornato dalla capitale infatti Marcelo sperimenta il profondo
legame tra il suo sentimento per lei e la natura, dipinge Lita come
se fosse una venere nascente dai prati.
Il narratore passa infatti, senza transizione, dalla donna alla
natura.
PEREDA in quest’opera sottolinea anche il suo ideale sociale; LA
SOCIETÀ PATRIARCALE, soltanto nella figura del patriarca si
può trovare un ordine. 
Il patriarca sceglie il Vangelo come codice politico, poiché la
bontà natura degli uomini di Tablanca garantisce la sua
applicabilità, però lo stesso cacique dichiara di conoscere qualche
“cattivo” di Tablanca. 
E quando il narratore rilassa il suo sforzo di “idealizzazione” dei
personaggi la cruda realtà dei fatti fa capolino nel romanzo,
rivelando quindi un conflitto evidente tra letteratura e realtà. 
Alla fine infatti PEREDA ammetterà che il paradiso delle società
patriarcali è solo una sorta di dittatura per non accettare le nuove
idee che potrebbero arrivare dalla capitale 
Ecco perché l’autore difende così tanto la chiusura della sua terra.
La chiusura al l’influsso esterno potrebbe in realtà celare il
tentativo di prolungare lo stato delle cose.
La figura del cacique assume quindi dei connotati feudali con
trasmissione divina del potere e investitura davanti al popolo, con
un rigido rituale. Marcelo diventa, dopo la morte di suo zio una
sorta di piccolo re, con un trono a lui riservato e in una cerimonia
paragonabile a quella di proclamazione del capo clan. Si deve poi
compiere la volontà divina ovvero che il protagonista trovi
l’amore a Tablanca e garantisca la continuità del nuovo paradiso
terrestre.
Siccome il discorso finale del dottore sembra condensare la tesi
del libro (ovvero la bruttura del mondo esterno opposta alla
bellezza delle montagne ), possiamo vedere quanto questo
romanzo possa essere considerato un romanzo a tesi. 

PACHIN GONZALEZ:

Quest’opera è del 1896 e possiamo considerarla a tutti gli effetti


un Romanzo-Reportage, sull’esplosione di una nave avvenuta a
Santander.
PACHIN è un ragazzo che vorrebbe partire per l’America in cerca
di fortuna ma, dopo la catastrofe, decide di restare per contribuire,
con il suo lavoro, alla rinascita della terra natia. 
Vediamo di nuovo le caratteristiche di PEREDA;
•PREDOMINIO DELLA DESCRIZIONE SULLA
NARRAZIONE
•IDEALIZZAZIONE DEI TIPI UMANI
•ATTRAZIONE PER IL PAESAGGIO 
•LINGUA COLLOQUIALE 

BENITO PEREZ GALDOS:

LA VITA:

•Galdos nacque nelle Isole Canarie nel 1843.


Frequenta la facoltà di giurisprudenza ma era più interessato alle
lettere che al diritto, non concluse quindi il corso di studi e
divento scrittore e giornalista presso diversi quotidiani. 
Sua madre era una guida molto severa, Galdos crebbe
CATTOLICO.
Vidal ci descrive Galdos come un bambino dalla fervida
immaginazione che descriveva i paesaggi e gli oggetti ma
escludeva sempre soldati, eserciti e battaglie. 

•Nel 1862 vinse addirittura un premio per il quadro “LA


ALQUERIA”.

•Poi sul periodico EL POLLO vediamo alcune sue poesie dal tono
satirico che mettono in ridicolo ben note personalità cittadine.

•Scrive anche un dramma storico in versi “quien mal nace, bien


no espere”, 
E anche un poema satirico in ottave “La Emilianada”.

•Si trasferì inizialmente a Tenerife, poi dovette tornare a vivere a


Madrid dove conobbe intellettuali famosi, del calibro di DE LA
VEGA, DE AYALA, CLARIN.
•Sono anni di vagabondare per Galdos, tra i quartieri di Madrid,
senza una meta precisa, in un suo saggio intitolato “MADRID”,
Galdos spiega che lui andava cercando una cattedra e un
insegnamento più ampio di quelli universitari, ovvero lo studio
visivo delle strade, dei vicoli di Madrid.
Possiamo infatti vedere che Galdos sia un romanziere che ricerca
e scopre la struttura stessa della città, nelle sue componenti sia
sociali che culturali. 
Frequenta il “CAFE DE NARANJEROS” e vede quindi il
mescolarsi di persone e di archetipi della società. 

•Nel 1867 si reca per la prima volta a Parigi con suo fratello e
Parigi lascerà una profonda traccia culturale in lui. 
In una bancarella sulle rive della SENNA, lui compra una copia di
EUGENIE GRANDET di Honore de Balzac. Conobbe quindi la
grande prosa realista dello scrittore francese e soprattutto
l’importanza del romanzo come genere letterario autonomo.
Così tornato a Madrid, brucia i manoscritti teatrali che aveva
temporaneamente messo da parte e inizia a scrivere un romanzo
storico: LA FONTANA DE ORO (1870) 

•Nel 1868 scoppia la rivoluzione, repubblicana e liberale, e lui era


a Barcellona. 
Mentre i suoi genitori tornano alle Canarie, Galdos decide di non
seguirli ed andare a Madrid. Questo sarà quindi un distacco
definitivo dal gioco di origine. 

•Dal 1869 al 1873 entra a far parte del gruppo di politici, letterari
e giornalisti al seguito di SERRANO e TOPETE, quindi ebbe
modo di vivere da vicino gli avvenimenti di quegli anni.
In questo periodo Galdos svolse attività di giornalista presso le
riviste politiche e letterarie: EL DEBATE, LA REVISTA DE
ESPANA (che più tardi pubblicherà anche due dei suoi romanzi
“LA SOMBRA” e “EL AUDAZ”
•Nel 1872 detta avvio a TRAFALGAR (il primo libro della serie
“EPISODIOS NACIONALES”

•Nel 1886 viene eletto deputato per Portorico ma la sua presenza


nel congresso fu più quella dell’intellettuale osservatore più che
del politico attivo 
In quegli anni fece molti viaggi a Parigi, in Portogallo,
Inghilterra, Italia.

•Nel 1897 viene nominato membro della Real Accademia De


Espana. 

•Nel 1898, anno del disastro di Cuba, pubblicó il terzo libro di


“EPISODIOS NACIONALES”

•Nel 1901 rappresenta “ELECTRA”, che aveva un importante


valore politico, infatti venne messa in scena anche a Roma. 

•1902/1912 quarto e quinto libro degli EPISODIOS


NACIONALES.

•Già dal 1910 Galdos si estrania dalla vita pubblica, anche per
problemi di salute è ormai cieco viveva nello spazio dello studio-
biblioteca e scrisse quasi tutti testi teatrali. 

GALDOS può essere considerato lo scrittore PIÙ


RAPPRESENTATIVO della seconda metà dell’800, poiché
scrive per circa 50 anni e spazia tra vari generi letterari. Questo
gli spetta anche per essere il romanziere di Madrid, della capitale,
dove ci sono stati sconvolgimenti politici, sociali, religiosi.

Negli EPISODIOS NACIONALES Galdos si muove nellampia


geografia della Spagna documentando sia personaggi che fatti
storici, mentre nei suoi romanzi è quasi sempre Madrid il fulcro
sul quale si innestano le storie dei suoi personaggi. 
Scrittore REALISTA, Galdos non cerca il bozzetto folclorico o la
descrizione suggestiva dei costumi di Madrid; lui
vuole  rappresentare il SOTTOPROLETARIATO, la piccola e
media borghesia, nobili decaduti, quartieri medio-alti, quartieri
bassi, discorsi colti, parlate popolari. 
Lui ha già chiaro il “senso romanzesco” ovvero la vita che è
MUTEVOLE, RELATIVA, FRAMMENTARIA
Anche la lettura di Balzac suscita in Galdos la consapevolezza del
romanzo come genere letterario moderno autonomo, ovvero in
grado di rappresentare la realtà sotto ogni punto di vista. Galdos
capirà ben presto, e lo affermerà anche in suo discorso alla real
Accademia espanola, che la classe MEDIA BORGHESE
rappresenta il “presente sociale”.
A questa classe sociale Galdos rivolge il suo interesse di
romanziere: osserva con occhio critico il funzionamento di certi
meccanismi socio-culturali che rivelano la mediocrità di questa
classe dopo la restaurazione. 
Ovvero l’opportunistica conservazione dei principi “di altri
tempi” e invece i valori “liberal-progressisti” scarsamente incisivi
è nettamente affievoliti. 
Galdos divide le sue opere in:

1. NOVELAS DE LA PRIMERA EPOCA 


2. EPISODIOS NACIONALES
3. NOVELAS ESPANOLAS CONTEMPORANEAS
4. DRAMAS Y COMEDIAS

Si tratta di un raggruppamento per grossi blocchi narrativi, questo


per mostrare il cambio di prospettiva del pensiero e di tecnica
narrativa.

LA PRIMERA EPOCA:

Comprende i romanzi pubblicato tra il 1870 e il 1880:


La fontana de oro, El sombra, El audaz, doña perfecta, Gloria.
Lo stesso Galdos dichiara di non aver voluto dimostrare in queste
opere, nessuna tesi filosofica o religiosa ma ha voluto soltanto
“proporre un fatto drammatico verosimile e possibile”.

Ci sarà in fatti una polemica tra Galdos da una parte e Barja e De


Los Rios dall’altra: Galdos sostiene che l’obbligo dello scrittore e
anche quello di prendere parte in rapporto ai conflitti della società
del proprio tempo, ma Barja e De Los Rios sostengono che lo
scrittore deve innanzitutto salvaguardare il FINE ESTETICO
perché l’evidente parzialità e la troppa passione fanno perdere di
vista la finzione narrativa.

Invece sarà una polemica ideologica quella tra Pereda e Galdos;


Pereda accusa insistentemente Galdos di descrivere sempre i
cattolici come “CATTIVI E IMPERFETTI” e in Gloria di
descrivere gli ebrei come detentori di PREGI e PERFEZIONI.
Galdos respinge queste accuse, ribadendo la sua propensione per
la libertà di culto che non significa necessariamente una
propensione verso altre religioni. 
Infatti Galdos in uno dei suoi articoli satirico scritti su LA
NACION parla del tema della “inautenticità religiosa” e parla di
quanto siano falsi e non autentiche le manifestazioni ime la
quaresima e la settimana santa.

LA FONTANA DE ORO E EL AUDAZ sono due romanzi di


ambientazione storica.
Nel “la fontana de oro” si narrano le situazioni drammatiche del
TRIENNIO LIBERALE quindi le fazioni opposte di Ferdinando
VII e quella dei rivoluzionare.
È il primo romanzo di Perez Galdos ma anche il primo romanzo
spagnolo moderno, lo schema è quasi sempre: un giovane onesto,
di buona educazione, pieno di idee o illusioni che si scontra con
un mondo chiuso, ostile e ne esce inevitabilmente sconfitto. Gli
eroi di Galdos finiscono per somigliarsi quasi tutti come se si
dividesse un personaggio in più tipi. 
DONA PERFECTA:
 è forse il testo esemplare di questa atmosfera, la protagonista di
questa vicenda è Dona Perfecta, che è una persona
fondamentalmente ipocrita, intransigente è dura, sotto apparente
cortesia,di esercita a Orbajosa un potere totale sulle cose e sulle
persone e la sua opposizione a Pepe Rey diventa una lotta che non
risparmierà neppure sua figlia Rosario. Pepe Rey era un ingeniere
dalle idee liberali che con la sua sola presenza a Orbajosa mette in
discussione il dominio che da sempre esercita Dona PERFECTA,
le ideologie dell’uomo entrano da subito in collisione con quelle
della donna. 
Lui è un uomo con un’ottica più razionale e costruttiva ma non è
in grado di smussare la dispotica arroganza e la forza provocatrice
della donna che vuole eliminare il diverso Pepe Rey che
considerava elemento perturbatore di Orbajosa, di un mondo
CHIUSO, BIGOTTO, ma proprio per questo RASSICURANTE. 
Lo scontro tra i due è inevitabile, dopo un colloqui tra i due da cui
emerge la grande ingiustizia che lei sta commettendo nei
confronti dell’innocente Rosario, piano piano Pepe si accorge che
l’iniziale equilibrio che lo distingueva sala donna si stava
incrinando e piano piano stava cominciando ad agire secondo
modi della malvagia donna. 
“Era razonable y soy un bruto: era respetuoso, y soy indolente,
era culto y me encuentro salvaje” parlerà così Pepe di se. 
L’uccisione di Pepe Rey é ordinata da Dona perfecta e questo
Serena proprio il RIGETTO DELL’ESTRANEO d corpo sociale
di Orbajosa e il ritorno alla normalità, sia pur una normalità
malata, di cui è sintomo ed emblema la pazzia del povero
Rosario, una ragazza giovane e fragile destinata a pagare le
conseguenze dell’intolleranza.  

EPISODIOS NACIONALES:
Sono distribuiti in 46 volumi, comprendono gran parte della storia
della Spagna del secondo 19. Galdos pubblicó la prima e la
seconda serie con lo stesso protagonista. La prima serie inizia con
TRAFALGAR e si chiude con LA BATALLA DE LOS
ARAPILES (tratta degli avvenimenti della guerra di Indipendenza
contro Napoleone Bonaparte che sono narrati in forma
autobiografica da Gabriel Araceli, con la sola eccezione di
Gerona, poiché in esso ci sono fatti che il protagonista non poteva
presenziare.

•La prima serie narra di Araceli, un personaggio con poco rilievo,


tramite la sua storia il lettore viene a conoscere la storia recente
della Spagna, delle sue grandezze e dei suoi fallimenti e grazie ad
Araceli riscopre il sentimento collettivo della patria. 
Pur essendo suddivisa in volumi autonomi la serie di configura
come un lungo romanzo a puntate, dove ci sono le esperienze del
protagonista il quale, spinto dal senso del dovere, dall’amore,
supera i pericoli sociali e quelli della GUERRA.

•Gli episodios nacionales iniziano con la sconfitta di Trafalgar


che riportava alla memoria le grandiose imprese dell’impero
moribondo e suggeriva l’eroismo e il patriottismo di eventi
successivi. 
Galdos per scrivere gli episodi nazionali si è rifatto anche alla sua
attività di ricerca “dal vivo” per esempio il racconto dei superstiti,
il ricordo di un anziano del posto, la sua osservazione personale di
luoghi storici.
Vediamo quindi negli episodios nacionales un itinerario
STORICO e GEOGRAFICO con ampia azione romanzesca, nella
quale si intrecciano la trama amorosa, e il percorso di formazione
e sviluppo dei personaggi.

•Nella seconda serie ci sono invece 10 volumi, la cui protagonista


è SALVADOR MONSALUD e in questi 10 prima predomina la
nota politica e poi quella patriottica. Si narrano fatti come quelli
del TERRORE BIANCO, LA RESTAURAZIONE DI
FERDINANDO  VII, che vedono prima gli spagnoli uniti contro i
francesi, poi invece li vedremo schierati in campi rivali divisi da
inconciliabili ideologie. 
•La terza serie scritta a vent’anni di distanza cambia il rapporto di
Galdos con la storia; l’orizzonte si amplia e comprenderà anche
un passato più lontano, ci sono personaggi che si interessano di
storia, la mettono e quindi argomentano con fondamento storico
le loro opinioni. Cambia anche il suo atteggiamento di
identificazione con la borghesia, guarderà invece con interesse la
nobiltà rurale, detentrice dei valori della classe media ideale al
contrario di quella cittadina. La terza serie affronta la storia degli
anni 1834/1845 e parla delle guerre Carliste e della reggenza di
Maria Cristina

•Riprende a scrivere gli episodios nel 1898 anno del “disastro di


Cuba” e ci riprende il tema di quel vecchio impero già
“moribondo” nell’episodio TRAFALGAR. 
Proseguirà con questi episodi fino al 1912.

LAS NOVELAS ESPANOLAS CONTEMPORANEAS:

Sotto questa denominazione Galdos comprende i 24 romanzi


scritti tra il 1881 e il 1915. 
Galdos pian piano va liberandosi dallo schematismo astratto del
primo periodo e da modelli troppo estremo alla realtà spagnola,
della quale rimane sempre osservatore attento. 
La nuova materia tematica di Galdos sarà: la frammentazione
ideologica dopo la rivoluzione di settembre, il senso di fallimento,
le nuove speranze, le delusioni, il senso di smarrimento e
impotenza, incertezze e confusione nella attività politica. Una
società insomma complicata dove non c’è più posto per caratteri
generici ma dove si deve parlare dell’individuo che si confronta
con il magma sociale.
Ora Galdos non guarda solo alla realtà come nei suoi romanzi a
tesi ma inizia a guardare i dettagli della vita interiore dei
personaggi che agiscono in un ambiente che li influenza molto ma
che non può decidere sul loro agire. 
La critica di Unamuno a questo periodo di Galdos fu abbastanza
aspra dicendo che non c’era nella narrativa di Galdos una robusta
e poderosa personalità individuale, ma erano solo degli eroi che
lottavano contro il tragico destino è così facendo si creano un
mondo per se stessi, isolato.
Mentre definisce il linguaggio di Galdos come un fiume ampio e
compatto.
Mentre Unamuno definisce quindi i personaggi di Galdos “senza
carne né ossa”, CLARIN definisce i suoi personaggi “in carne ed
ossa”.
Quindi quelli di Unamuno e CLARIN sono due approcci letterari
divergenti, c’è un fondo di verità in entrambi.
I personaggi galdosiani sono in effetti così connessi all’ambiente
in cui siedono che stentano ad acquistare una vita propria e ad
essere soggetti attivi del proprio esistere, sembrano vivere di luce
riflessa. I bagliori di eroismo di questi personaggi di spegnono
rapidamente e ci sono solo echi di problematiche e non voci
DEFINITE e AUTOREVOLI.

Ma proprio a tutto questo tende la scrittura di Galdos per il quale


l’arte del romanzo deve essere “re rappresentazione del sociale” e
del rapporto tra individuo e società. 
Questo individuo romanzesco e lo specchio nel quale il reale si
riflette. 
L’effetto del reale è quello che Galdos vuole produrre nel lettore,
che percepisce quindi il messaggio come reale. 
Per far sì che il lettore concepisca questo messaggio, il discorso
deve risultare “leggibile” sia al livello del linguaggio sia sul piano
del verosimile, quindi parlando di fatti  reali (un fatto storico, una
descrizione) 
L’autore realista osserva, registra, annota e si documenta, amplia
le sue conoscenze .
Il lettore in questo modo riconosce i personaggi del quotidiano,
anche tramite la comparsa di personaggi-testimoni.
L’effetto del reale lo darà anche la descrizione che può fornire
informazioni tramite lo sguardo del narratore o di un
personaggio. 
Proprio attraverso la descrizione il soggetto narrante manifesta il
suo DOMINIO su ciò che sta narrando, portando il lettore a
recuperare fatti antecedenti, magari anche con il riferimento del
narratore a strade, personaggi reali, luoghi e così il lettore può
vedere elementi del suo quotidiano che strutturano invece il
mondo fittizio narrato.

Per esempio in FORTUNATA Y JACINTA ci sono moltissimi


riferimenti o allusioni a piazze, vicoli, edifici e quartieri di
Madrid nei quali i personaggi si muovono e vivono. 
ANDERSON ha infatti esaminato in modo dettagliato quanto sia
centrale il ruolo di Madrid come mezzo artistico nel processo
creativo del romanzo, poiché è una città intesa come SISTEMA.
Madrid può sia essere collegato all’azione della storia, al tempo o
può essere uno spazio che serve solo per arricchire lo spazio
urbano. 
Lo spazio della scena viene sempre delimitato con precisione, i
diversi riferimenti urbani, minimi e fugaci e quelli di più ampio
respiro possono essere di una sola pagina o di oltre venti pagine e
servono per definire le RELAZIONI TRA I PERSONAGGI, e
danno FORMA SPAZIALE ai conflitti umani del romanzo. La
zona di PLAZA MAYOR/ CUEVA DE SAN MIGUEL è
l’obiettivo urbano a cui tende tutto il romanzo, è un luogo carico
di SIGNIFICAZIONE SIMBOLICA: la casa di FORTUNATA è
il collegamento tra la cueva de San MIGUEL, piena di venditori
popolari, e la Plaza MAYOR punto di incontro tra popolo e
borghesia benestante. 
La sua centralità sociale fa della PLAZA MAYOR l’asse
principale dove convergono le due protagoniste, simboli di due
classi sociali e di due differenti psicologie femminili. 
Anche nelle prime pagine di TRISTANA possiamo vedere
minuziosa descrizione che Galdos fa del quartiere in cui viveva
DON LOPE, dello spaccato urbano, delle figure maschili e
femminili che entrano in gioco nella narrazione.
Quindi l’insieme di questi romanzi sono un grande affresco della
vita sociale spagnola, suddiviso in blocchi di narrazione, tra loro
collegati dalla presenza di temi dominanti: LA PAZZIA, IL
PREDOMINIO DELLA FANTASIA
SULL’IMMAGINAZIONE, IL DEGRADO SOCIALE.
Molto spesso gli archetipi dei personaggi sono molto simili e
quindi il lettore può facilmente riconoscerli: Galdos dedica ben 4
romanzi al personaggio TORQUEMADA e possiamo rivederlo
sia in veste di piccolo usuraio in DOCTOR CENTENO che come
modesto affarista in FORTUNATA Y JACINTA. 
Per esempio anche Miquis lo vediamo come il medico di famiglia
in Dona Perfecta e anche in Tristana. 
Il personaggio galdosiano pensa, agisce, esiste come prodotto
dell’ambiente sociale e culturale nel quale si muove e molto
spesso è incapace di produrre cambiamenti significativi. Tutti i
protagonisti di Galdos vorrebbero avere la libertà di scelta ma
nessuno di questi riesce a tradurre questa idea in progettazione di
se stessi nel mondo, questa idea diventa quindi fantasticheria che
può anche degenerare nell’ossessione o in malattia fisica:
l’insonnia di ANGEL Guerra, le riflessioni ossessive di Gloria, le
allucinazioni dei personaggi di RELIDAD, la malattia della
DESHEREDADA (Isidora Rufete), che era la bella figlia di
Tomas Rufete, che muore nel manicomio dove era da tempo
ricoverato. Lei era convinta di essere figlia di una donna nobile
(così le aveva fatto credere suo padre) lei si prefisse di ottenere a
tutti i costi l’eredità che le spetterebbe, in questa tensione
maniacale, si concede a vari uomini per denaro, per rivendicare
sul piano legale i propri diritti. Tutto andrà sprecato per Isidora: il
denaro, perché i documenti risultano essere una falsificazione e la
sua  intera vitale.
Così finiscono molte “eroine” galdosiane in qualche misura
simbolo di quella società da cui deriva la loro “malattia”
dapprima impazienti, eccitate e piene di idee e ambizioni poi,
prive di strumenti idonei ed efficaci per vincere le resistenze
all’ambiente, si rovineranno. 
Tristana ne è un esempio: lei voleva una vita autonoma e attiva,
fuori dagli schemi e dai ruoli riservati alla donna dalla società,
con modi paternalistici Don Lope asseconda i capricci di Tristana,
sicuro di rafforzare così il dominio su di lei e lui poco a poco, da
uomo di mondo qual è, riuscir anche a manipolare a proprio
vantaggio la scarsa energia di Orazio (giovane pittore di cui
Tristana si innamora) inizialmente Orazio si definisce innamorato
ma in un punto del racconto vediamo come Orazio, seppur
definendosi inseparabile dalla giovane, non riesca a vedere un
avvenire a lato di Tristana, le aspirazioni di Tristana lo
spaventano.

Tristana, da canto suo, rimpiangeva amaramente di non aver


avuto al suo fianco persone che potessero indirizzarla allo studio
di qualsiasi arte. In un monologo all’interno dell’opera lei stessa
afferma di non voler essere la femmina che certi individui
mantengono per farli divertire, lei ammette di non vedere
nemmeno felicità nel matrimonio.
Tutta questa “eccitazione” di Tristana deve essere controllata e
ricondotta alla “normalità”.
La fine non sarà la morte dell’eroina, ne la follia, le verrà
amputata una gamba a causa di un tumore, e questo porterà anche
all’estirpazione del “male intellettuale” dell’eroina quindi la sua
aspirazione alla libertà, all’indipendenza fuori dagli schemi di una
società conservatrice e bigotta. Sposerà infine Don Lope e
familiarizzerà con le suore della chiesa delle serve, dove suonerà
l’organo. Diventerà la SEÑORA COJA (signora zoppa) ormai
accolta nel contesto culturale in cui vive fino ad essere
considerata dai devoti “parte dell’edificio”.

Nei suoi ultimi due romanzi, Galdos abbandonerà i canoni e i


temi che avevano caratterizzato tutta la sua produzione e tratterà
storie di pure immaginazione e inverosimili.
“El caballero incantado”: prima apparso nel periodico “El liberal”
poi pubblicato in volume (1909) 
Che evidenzia lo stacco che Galdos sta operando nella sua attività
di scrittore. Inizialmente il protagonista Carlos è un personaggio
abbastanza “reale”, è un uomo aristocratico e nullafacente che
vive del lavoro delle sue terre e che finisce nelle grinfie degli
usurai poi la trama diventa inverosimile quando per un
incantesimo lui diventa GIL, un umile lavoratore alle dipendenze
degli altri, costretto a guadagnarsi da vivere con grandi fatiche bei
campi e in miniera. 

L’ultimo romanzo è FABULA TEATRAL ABSOLUTAMENTE


INVEROSIMIL, è scritto sotto forma di dialogo e qui c’è la
dimensione del SOGNO e della FAVOLA. 

DRAMMI E COMMEDIE:

L’attività teatrale di Galdos procede in parallela a quella di


romanziere. E con la produzione narrativa condivide l’interesse
nei confronti del sociale, nelle interrelazioni tra incisione società. 
La scrittura drammatica si intensifica invece nel 1892 con
REALIDAD quando Galdos, nel pieno della sua maturità
letteraria, procede con le NOVELAS CONTEMPORANEAS e
gli episodi nazionali. 
Clarin pensava che nelle opere teatrali di Clarin non ci fosse una
chiara tecnica drammatica mentre ALVAR pensava che esistesse
un preciso impianto drammatico bei testi per il teatro che era
comunque diverso da quello dei romanzi.
Anche nei drammi teatrali l’interesse di Galdos è rivolto alla
classe media.
Carmen Menendez rileva nei drammi di Galdos la presenza di 4
tipi di personaggi; 

1. il personaggio AUTORITARIO  (dove c’è il dispotismo e


la volenza, il clericalismo e il militarismo) 
2. Il personaggio OPPORTUNISTA (quindi l’uomo che
acquista sfumature differenti in rapporto alle diverse
motivazioni psicologiche che lo definiscono
3. I due GIOVANI INNAMORATI (che sono ovviamente
soggetti al tipo di “difetto” che li caratterizza,” possono
essere irresponsabili, opportunisti, deboli)
4. Il personaggio COSMOPOLITA (che vive ai margini
delle norme stabilire, spesso è un personaggio che
crea conflitto è male sociale, altre volte e invece un
essere privilegiato, superiore e che aiuta altri
personaggi.

Su questi personaggi si basa l’intreccio di ogni singolo dramma o


tragedia. L’uomo forte è colui che provoca la tragedia in
GERONA, e anche in Dona Perfecta, ELECTRA ecc.
Componente di base del teatro di Galdos sono i due giovani
innamorati e il conflitto che sorge tra loro e altri personaggi. Nelle
tragedie prevale distruzione dell’amore giovanile, le commedie si
concludono invece con la vittoria dei due giovani che è poi la
vittoria della nobiltà d’animo sul dispotismo e sulla corruzione,
della volontà sulla debolezza. 
Il numero di atti è variabile (da 2 a 5, sono pochi i casi di struttura
in 3 atti) 
Galdos utilizza un procedimento di questo tipo: l’azione inizia,
con uno scenario dettagliato, spesso l’ambientazione è naturalista,
e poi la comparsa in tempi diversi di quasi tutti i personaggi,
meno i due giovani in questione che entrano in scena verso la
metà del primo atto. 
La seconda parte è riservata per intero ai due giovani innamorati d
al sorgere del conflitto. 
Nella terza parte c’è invece il processo di rigenerazione dei
protagonisti e la loro riunificazione, mentre nelle tragedie la loro
distruzione. 
Galdos mostra piena consapevolezza delle differenti tecniche che
distinguono il testo narrativo da quello teatrale infatti spesso
riflette sul suo intenso lavoro di lettura, di tagli e di ricostruzione. 
ALVAR dice che Galdos risulto essere il più originale e
rivoluzionario scrittore del suo tempo poiché al romanzo diede il
senso VIVO è DRAMMATICO che ha la vita mentre nel teatro
lui esce dai convenzionalismi asfissianti, come un uragano
purificatore. 
Nel 1889 Galdos pubblicó LA REALIDAD che è il primo dei
romanzi dialogati (come la celestina) però è decisamente una
scelta rivoluzionaria in quel momento. 
In questi romanzi dialogati Galdos sperimenta il valore della
sintesi nel teatro dove “il tempo”, che è grande alleato del
romanziere, subisce una RIDUZIONE poiché c’è il confine degli
atti e delle scene e sono sottoposti al giudizio immediato del
pubblico e al suo grado di partecipazione emotiva. 

Secondo ALVAR è la tecnica del teatro quella che utilizza Galdos


e poi la trasferisce nei suoi romanzi. Infatti i suoi romanzi, spiega
ALVAR, sono fatti di impostazione, nodo, scioglimento, tutto
ordinato in una sfera dall’inizio alla fine è il dialogo e il gancio al
quale si attaccano le peripezie dei personaggi. 
Infatti in DONA PERFECTA la presenza dei dialoghi è rilevante
rispetto al narrazione, e questo è già il sintomo di un
procedimento di ordine teatrale. 
La descrizione entra nel parlato dei personaggi.

LEOPOLDO ALAS: (Clarin) 


Leopoldo ALAS Urena è noto con lo pseudonimo di Clarin e si
distingue nel panorama spagnolo letterario di fine 800.
Soprattutto per il suo capolavoro “La Regenta” (1885) uno dei
migliori romanzi dell’epoca.
Nasce nel 1852 a Zamora, siccome suo padre era governatore, si
trasferì anche a Leon. Poi si trasferì ad Oviedo dove passi gran
parte della sua vita. Si laureò a Madrid, insegnó a Salamanca, a
Saragozza e a Oviedo. 
Nel corso della vita di Clarin ci furono eventi storici che
segnarono l’ideologia politica e sociale dello scrittore: la
rivoluzione liberale del 1868 (la gloriosa), la restaurazione
monarchica del 1875.e poi il disastro di Cuba nel 1898.

GLI ARTICOLI DI GIORNALE E LA CONCEZIONE DI


ROMANZO: 

Lui mostró da ragazzo una vocazione per la scrittura giornalistica:


nel 1869 lui comincia a redigere un giornaletto “JUAN Ruiz” e
produsse 50 numeri mostrando già ma sua vena umoristica e
satirica. 
Nel 1875, anno della restaurazione, cominció a collaborare con il
SOLFEO, dove per la prima volta utilizzó lo pseudonimo
“Clarin” in consonanza con il titolo del giornale che alludeva al
proposito di “ridicolizzare” (poner en solfa.) 
Poi collaboró con altri giornali: Sermon Perdido, Nueva Campala,
Solos de Clarin. 

Poi scrive l’articolo “Paliques” che sono conversazioni di poca


importanza che però vogliono esercitare una critica per migliorare
la realtà storica, è un articolo di normale ampiezza in cui si
intrecciano vari argomenti, slegati o connessi con un’espressione
enfatizzata da domande, risposte, puntini di sospensione. 
Nel 1886 fonda una propria rivista : FOLLETOS LITERARIOS. 
Nella sua scrittura giornalistica ci sono due aree tematiche:
politica e letteratura e due registri espressivi: quello satirico-
burlesco e quello serio. 
Negli articoli politici lui parla della necessità di risanamento del
paese e i duri attacchi contro la corruzione del parlamento. 
Ci sono anche aspre reazioni e polemiche come quella sul
settimanale “Madrid Comico” tra Clarin e Candil.
Negli articoli di critica letteraria Clarin recensisce la produzione
nazionale, con particolare attenzione al romanzo. 
Nonostante la tendenza alla DIGRESSIONE che lo porta ad
abbandonare spesso il tema principale, costringendolo a brusche
conclusioni, i suoi commenti si basano su uno schema fisso:
analisi dei personaggi, analisi dell’azione, del linguaggio, dello
stile e della tesi. 
Clarin sfugge al criterio rigido e prefissato nei romanzi e sceglie
di scrivere aprendosi ai mutamenti storici e culturali, infatti lui
dice che ogni espressione letteraria deve fondarsi sulla realtà,
adeguandosi alla realtà sociale del momento. Ogni momento
storico corrisponde ad una manifestazione narrativa.
Il romanzo deve appunto presentare punti di contatto con la
storia. 
In una sua prima fase Clarin si dimostra favorevole alla libertà
letteraria, senza vincoli , poi però con l’avvento del naturalismo
(1880) si mostrerà favorevole alla riproduzione mimetica ed
imparziale della realtà. 
Infatti Clarin inizia assume la difesa della teoria di Zola: i
personaggi devono essere immersi in situazioni concrete, l’autore
deve infatti prima osservare e reperire i fatti della realtà e quindi
farà sempre una premessa alla sua produzione dicendo che dopo
aver concluso il lavoro di osservazione, inizia quello di
composizione.

Clarin distingue 3 tipi di romanzo: 


1. Quello di PERIPEZIE
2. CENTRATO SULLA PSICOLOGIA DEL PERSONAGGIO
3. Quello che mira ad una visione globale della realtà

Dando un valore diverso ad ognuno, infatti spiega che più del


romanzo di peripezie insignificanti che serve solo a saziare la
curiosità puerile per lui ha più valore il romanzo basato sulla
personalità del personaggio perché il documento umano e
l’ambiente in cui vive sono gli argomenti principali e poi dice che
ancor più valore ha quel romanzo che riflette il mondo nella sua
totalità.
Perché l’autore qui è disposto a copiare un quadro generale della
vita in una certa epoca e luogo.
Da questi principi teorici nasce il grande romanzo di Clarin: La
Regenta.

LA REGENTA: 

La redazione della Regenta inizia nel 1884 e procede con


notevole rapidità tanto che nel gennaio 1885 esce il primo volume
e nel giugno il secondo. 
Ci sono elementi contenutistici in vita durante quel periodo: il
matrimonio problematico, l’ADULTERIO, LA CRISI
AMOROSA DEL SACERDOTE. 

(TRAMA)

La trama ruota intorno alla figura di ANA OSORES che ok un


momento difficile della sua vita ha sposato, senza amore,
VICTOR QUINTANAR, un ex Regenta e (ovvero presidente di
un tribunale) molto più anziano di lei. Lei era bella e virtuosa, ma
vittima di un temperamento piuttosto nevrotico, suscita quindi
l’attenzione di due uomini influenti della città provinciale, in cui
vive anche il MAGISTRALE, ovvero don FERMIN (il canonico
della cattedrale, DON FERMIN) e anche DON ALVARO
MESIA (il libertino). 
Stretta dall’assedio dei due pretendendo, ANA si dibatte tra
NOIA, FRUSTRAZIONE e i SENSI DI COLPA, cadendo spesso
in malattie di origine nervosa, in cui esplodono tutti i suoi
conflitti interiori. 
Dopo aver cercato invano, attraverso la religione e la
sublimazione mistica, di placare i suoi impulsi erotici, che il
marito non riesce a soddisfare, lei cede alla corte di don
ALVARO MESIA e quindi l’ADULTERIO. 
Don VICTOR sfida il rivale a duello, ma viene ucciso: gli ipocriti
concittadini condannano la presidentessa (la Regenta) che viene
quindi abbandonata da tutti, tranne che da FRIGILIS (amico della
famiglia Quintantanar)
Partendo da questa trama, CLARIN ci mostra cosa lui intenda per
romanzo  ovvero un cogliere il mondo nella sua totalità, secondo
cui tutta la realtà deve essere studiata ed espressa attraverso
l’arte. 

PERSONAGGI/ AMBIENTAZIONE:

La Regenta è un complesso quadro del mondo ambientato a


VETUSTA (nome che maschera le allusioni ad Oviedo) e infatti
l’analisi interiore dei due personaggi principali (Ana Ozores e
Don FERMIN De Pas) è legata anche all’osservazione della
cornice ambientale. 
Infatti Clarin non ci presenta solo gli argomenti del romanzo ma
anche la “scena” e il “coro” dove si svolge il loro conflitto, infatti
gli ambienti vogliono anche dimostrare l’influenza che possano
avere sul modo di crescere e di formarsi dell’individuo. 
Infatti il TEMPERAMENTO NEVROTICO della protagonista è
giustificato dall’educazione di sana; che passa attraverso 3 tappe
fondamentali: 
1. Con l’ISTITUTRICE spagnola- inglese che è modello di
malvagità, che culmina con l’episodio traumatico della
barca di Trebol (capitolo 3) 
2. Con il PADRE FILOSOFO e COSPIRATORE che lo tratta
come un oggetto di arte, privo di sesso 
3. Con le ZIE il cui insegnamento si sintetizza nella lezione
del “TEN CON TEN” ossia il contegno necessario
necessario per salvare le apparenze, possiamo vederlo
nell’ipocrisia di Vetusta.

Infatti l’ambiente esercita le sue pressioni sull’indiciduo  in primo


luogo attraverso PETTEGOLEZZI mossi dall’invidia, che è un
attivista costante in tutti gli spazi sociali di Vetusta, dalla
Cattedrale al palazzo dei Vegallana e al circolo.
Infatti c’è spesso il verbo ESPIAR per caratterizzare
l’atteggiamento della maggior parte dei personaggi nei confronti
degli altri; il Magistrale e sua madre hanno varie spie: Don
Custodio, Visitacion che tengono d’occhio le visite della
presidentessa al confessionale di Don FERMIN. Le serve che
spiano continuamente i loro padroni. Il narratore ricorre a questo
stratagemma per comporre un ritratto collettivo di Vetusta,
attraverso il punto di vista dell’altro, quindi anche esaminando le
reazioni dei personaggi a determinati avvenimenti. 
Il personaggio-tipo che maggiormente incarna l’invidia e la
dissimulazione è DON RESTITUTO MOURELO, chiamato
“Glocester”, le cui caratteristiche morali si riflettono nei tratti
fisici. 

“Resultaba de aquella extraña postura que parecía Mourelo un


hombre en perpetuo acecho, adelantándose a los rumores,
avanzada de sí mismo para saber noticias, cazar intenciones y
hasta escuchar por los agujeros de las cerraduras” 

Poi continua dicendo che tutte le volte che  ne aveva l’occasione,


parlava nell’orecchio del suo interlocutore, amicando con un
occhio e poi con l’altro. 

“Todo se volvía secreto. Decía el que abría el corazón por única


vez al primero que quería oírles 

Dall’altro lato i pensieri della spia invidiosa sono spesso lo


strumento ironico per evidenziare i meriti dell’altro, personaggio
oggetto di invidia 
Possiamo infatti vedere i sogni di Don Custodio sui futuri
successi del Magistral.

“El beneficiado admiraba al Magistral, creia en su porvenir, de le


figuraba obispo, cardenal, favorito en la corte, influyente en los
ministerios, en los salones, mimado por damas y magnates”
Un’altra esempio di questo miscuglio di astio e ammirazione
possiamo vederlo nella qualità che Ronzal (detto Trabuco)
attribuisce a Don Alvaro:

“Ningún vetustense le parecía superior superior al hijo de sus


madre ni por el valor, ni por la elegancia, ni por la fortuna con las
damas, ni por el prestigio politico, si se exceltuaba a don Alvaro”

L’INVIDIA, il PETTEGOLEZZO, il DESIDERIO DI


APPARIRE BENE AGLI OCCHI DEGLI ALTRI, sono le basi
del tessuto sociale di Vetusta, e si trasformano in una rete
perversa di reciproche pressioni che finiranno per far precipitare
tragicamente il destino di sana Ozores, poiché la donna non è
capace ne di integrarsi nella collettività ne di affermare la propria
indipendenza (a differenza di FRIGILIS che era un libero
pensatore che mantiene un distacco dai concittadini,
DISPREZZANDOLI per i loro falsi principi) al di là della
pressioni inconsapevoli che fanno parte delle convenzioni
dell’ambiente, certi elementi del coro di Vetusta esercitano
un’influenza deliberata sulla protagonista.
Per esempio c’è Don Alvaro che considera la Regenta un trofeo
da raggiungere e da aggiungere alla sua carriera di Don Giovanni
e ance Don FERMIN considera la “conquista dello spirito” di
Ana, una COMPENSAZIONE per le sue ambizioni frustrate.
Anche il comportamento di Visitacion, alleata di Don Alvaro,
sarà indicativo: infatti vediamo il suo morboso desiderio di vedere
la caduta dell’amica invidiata: 

“Visita era amiga de Ana desde que esta había venido a Vetusta
con su tía dona Anunciación y Ripamilan, el hoy arcipreste.
Admiraba a su amiguita, elogiaba su hermosura y su virtud: pero
la hermosura la molestaba como a todas y la virtud la volvía loca.
Quería ver aquel armiño en el lodo”.
 In Visitacion si mescolano INVIDIA, NOIA e FRUSTRAZIONE
e per lei lo spettacolo dell’amica che cade nell’abisso, diventa un
perverso piacere.
“Nunca de le había ocurrido que aquel espectáculo era fuente de
placeres decretar intensos, vivos como pasión fuerte”.
Nell’ultimo capitolo quando ormai la rovina di Ana è avvenuta, il
narratore mette in evidenza che i sentimenti di Visitacion sono
comuni a tutta la collettività di Vetusta, per la quale lo
SCANDALO è fonte di un “PIACERE INTIMO” che rompe la
monotonia della vita quotidiana.
Paradossalmente la condanna di Ana sa pere della società avviene
quando la protagonista si comporta come le altre dame di Vetusta:
la causa del castigo non è tanto l’ADULTERIO, quando lo
scandalo, ovvero lei che ha violato la legge di salvaguardare le
apparenze (il ten con ten especial) lo scandalo è stato architettato
da antagonisti concreti: la vendetta della cameriera Petra
(cameriera della regenta) e del Magistral, la prima spinta da
invidia e rancore denuncia l’ADULTERIO della sua padrona a
don Fermin il quale, per saziare la furia omicidio provocata da ciò
che sente come “tradimento” entra nel ruolo che Petra gli ha
assegnato e spinge Don Victor a battersi in duello. Il narratore
quando parla del patto tra Petra e FERMIN dice che si
esprimevano proprio come due complici di un delitto difficile,
come se fossero due criminali. (cap 24).
I personaggi sono quindi pedine di un gioco pianificato da altri,
attori inconsapevoli di un dramma diretto da menti perverse.
Anche nella conclusione del duello la fatalità si riduce alla
“corazonada” di Don Alvaro che, colto da un impulso
improvviso, preme il grilletto contro Victor Quintanar ma egli
deve la sua vittoria soltanto al fatto che previamente Victor stesso
aveva deciso di risparmiarlo e non ucciderlo.

“La filosofia e la religione trionfavano nell’animo di Don Victor.


Era deciso a non uccidere”

Le reazioni e le vicissitudini di ogni personaggio, non sono


semplicemente casi individuali ma dipendono da comportamento
degli altri. 
I conflitti interiori della protagonista sono una risposta alla rete di
interessi, sentimenti, pressioni che l’ambiente esercita sui
personaggi. Il tempo dell’opera è LENTO, infatti in 15 capitoli si
narrano gli avvenimenti di appena 3 giorni (con molte
introspezioni che descrivono il passato dei personaggi) 
La seconda parte è invece attiva e si copre l’arco temporale di 3
anni e vuole presentare la vita della collettività nella routine
quotidiana e offre l’opportunità a Clarin di essere anche molto
ironico, per esempio quando parla della scarsa esemplarità del
clero o dell’ignoranza dei vetustensi. 
Da questo insieme sociale si profano in primo piano individui
rappresentativi, con le loro manie e comportamenti. 
Nel capitolo 6 abbiamo per esempio la presentazione del Circolo,
dove Clarin denuncia aspramente i vizi collettivi, ci sono molti
personaggi, alcuni sono funzionali solo alla creazione di uno
sfondo infatti non ricompariranno più nella narrazione. 
I commenti dei soci del Circolo sono a proposito dell’incontro tra
Ana e Don FERMIN e sul fatto che Don ALVAR corteggia Ana,
questi due sono i nuclei principali dell’azione e ci vengono
presentati nelle chiacchiere oziose dei vetustensi e intanto la
descrizione del Circolo colma lo spazio temporale della
confessione di Ana, che si narrerà poi dalla prospettiva della
memoria della protagonista, secondo la tecnica abituale “due
passi avanti e uno indietro” ovvero la narrazione va avanti per poi
tornare indietro.

Nelle pagine iniziali il narratore introduce i personaggi con una


tecnica piuttosto costante: li fa precedere da riferimenti che li
presentano dal punto di vista di altri, poi quando entrano in scena
li mostra in un’occupazione particolare che è connotante. 
Per esempio il dialogo di Bismarck e Celedonio, che dall’alto
della torre vedono il Magistral in strada, questo offre una prima
connotazione di Don Fermin e dell’ambiente ecclesiastico
circostante, subito dopo vedremo che il canonico sale le scale
della torre e poi guarda la città attraverso il cannocchiale, azioni
che simboleggiano la sua passione per l’altezza e la sua mania di
scrutare nei meandri più segreti dei concittadini. 
Così mentre si presenta la panoramica di Vetusta dalla prospettiva
del Magistral: la vista degli edifici anneriti dal tempo richiama un
primo riferimento a don Saturnino Bermudez, presunto espero
della storia di ogni palazzo e autore di “articoli che nessuno
leggeva” pubblicati su EL LABARO, giornale oggetto dell’ironia
del narratore. 
La tecnica associativa è la voglia di Clarin di cogliere ogni
dettaglio per poi rappresentare la collettività.
Poi ci sono dei particolari che possono sembrare insignificanti a
prima vista ma che man mano che il racconto avanza si rivelano
importanti nel contesto. Infatti il valore simbolico di minimi
dettagli descrittivi deriva un significato
importante: nelle prime righe il narratore posa lo sguardo sulla
città, VUOTA E SILENZIOSA, animato solo dal vento che
solleva polvere e cose abbandonate. Si vede subito la tendenza ad
ANIMARE OGGETTI: “come farfalle, come una turba di
monelli” e invece altre volte connota gli esseri viventi come
RIDICOLI PUPAZZI. 
Cose e personaggi sono gli uni riflessi degli altri. 
Nel primo segmento descrittivo le pressioni ambientali si
scagliano sul destino dei personaggi che Clarin descrive come
“BRICIOLE DI IMMONDIZIA”. La polvere e la sabbia
incastrate sui vetri possono rappresentare la forza delle abitudini e
la tendenza ad accettare le convenzioni. 
Poi avanti troviamo Ana alla FONTE DI MARI PEPA, la
protagonista fin dall’adolescenza “cercava e scopriva relazioni
segrete tra le cose” e nello scenario vede gli uccelli, simbolo del
suo desiderio di LIBERTÀ. 
Gli UCCELLI si contrappongono al ROSPO, gli uccelli hanno
valenza positiva mentre il rospo con il suo sguardo impertinente
suscita “ribrezzo e una sciocca paura” nella protagonista.
Nella Regenta gli animali possono essere termini comparativi
nella caratterizzazione dei personaggi, come il caso dell’arciprete
RIPAMILAN la cui figura viene evocata da Ana alla vista di un
passero (contrappunto di volo ed elevazione) 
“La dama se acordó del Arcipreste que tenía el don de parecerse a
los pájaros”.
In altri casi all’interno della Regenta l’identificazione tra un
personaggio e un animale non ha un nesso comparativo esplicito
ma viene evocato da una serie di termini. Per esempio quando il
narratore pela del piacere che prova Don FERMIN nel
contemplare il volo di un AQUILA, c’è una prima associazione
tra don FERMIN e gli uccelli rapaci e il nesso verrà evidenziato
da termini come GARRA (artiglio) oppure PRESA (preda) che
esprimono l’attitudine del prete nei confronti di Vetusta. 
“Vetusta era su pasión y su presa. Mientras los demás le tenían
por sabio teólogo, filólogo y juriconsulto, el estimaba sobre todas
su ciencia (conoscenza) de Vetusta. 
Il narratore aveva già evidenziato qualche caratteristica
dell’arciprete, dicendo che la sua persona minuta ricordava il
profilo di un avvoltoio di grandezza naturale oppure una gazza
ladra, ricordava comunque un uccello. 

“Siccome l’interlocutore era invariabilmente più alto di lui, per


poterlo guardare in faccia alzava il mento e lo osservava di
traverso con un occhio solo, come fanno spesso gli uccelli di
cortile”

Più tardi si allude poi alla VANITÀ del Magistral (don FERMIN)
paragonandolo al PAVONE, questo sfoga nella deformazione
grottesca della figura del personaggio. 

Il riferimento al pavone appare poi significamente anche


a  proposito di Don Alvaro, colto nello studio di Don Victor in
un’azione apparentemente insignificante, ma che ha un preciso
valore connotativo infatti si mette in evidenza un attributo
comune ai due rivali (il confessore e il seduttore).
“L’unica cosa che don Alvaro non accettava era di passare in
rivista le collezioni di erbe e insetti: gli dava il capogiro il dover
fissare l’attenzione, successivamente e rapidamente, su tante cose
inutili. L’unico “animaletto” che gli era simpatico era un pavone
reale impaginato da Frigilis e dal suo amico. Aveva preso
l’abitudine di accarezzargli il letto, mentre Quintanar dissertava”

É frequente nell’opera il RINVIO a diverse parti del racconto, per


esempio nel capitolo 5, dopo aver esposto le circostante che
hanno portato al matrimonio di Ana e Quintanar e una rapida
allusione alle nozze, ci sono poi le amare riflessioni della
protagonista con l’immagine grottesca di Don Victor, infatti
tramite la memoria di Ana si aggiungeranno nuovi dettagli sulla
FRUSTRAZIONE della luna di miele, legati appunto alla sua
insoddisfazione. 

Nella PRIMA PARTE si mostra proprio l’infelicità della


protagonista che non è dovuta soltanto al fatto che si sia sposata
senza amore, ma anche dal comportamento anomalo di Quintanar
come marito. Quando la coppia entra direttamente in azione,
CLARIN ci mostra i pensieri e i gesti più significativi dei due
personaggi, come il tentativo di Ana di sublimare la figura dello
sposo o il comportamento PATERNO di Victor nei confronti
della moglie e e quindi un atteggiamento goffo di fronte agli atti
affettuosi della donna. 

Nella SECONDA PARTE troviamo invece un segmento narrativo


che ci spiega di quando sana si ammala e il narratore torna a
riparlare dei sentimenti reciproci della coppia; la malattia di Ana è
causa di un nuovo impulso di affetto verso Victorc ma Victor
sottolinea il suo EGOISMO mediante l’ironia:

“La idea de no salir de casa en muchos días, le aterraba..Se acostó


muy de mal humor. Apago la luz. La oscuridad le sugirió un
remordimiento. Era un egoista, no pensava en su pobrecita mujer,
sino en su  comodidad, en su caprichos” y suspiro con fuerza y
exclamó en voz alta:
“Pobrecita de mi alma!” 
Y se durmió satisfecho”.

Sobejano ci fa notare le somiglianze tra il capitolo 10 e il capitolo


16 e questo legame si basa sul contrasto in entrambi i casi, si parla
della frustrazione, del tedio che nel capitolo 10 portano Ana
all’ISOLAMENTO e al rifiuto della tentazione, ma nel capitolo
16 si vede un’apertura nei confronti del seduttore. 

Nel quadro di un universo sociale dominato dall’EGOISMO e


dall’OPPORTUNISMO è significativa la denuncia contro la
RELIGIOSITÀ SUPERFICIALE di Vetusta e l’IPOCRISIA DEL
CLERO.
Infatti dall’inizio nel dialogo tra Bismarck e Celedonio vediamo
l’abitudine del narratore che maneggia i personaggi in modo che
critichino l’IPOCRISIA dell’adattamento si principi cristiani. 

Quindi la vicenda particolare di una donna che, frustrata,


suscita  e cade nel desiderio di un Don Giovanni, finisce per
rappresentare un ambiente generale. 
Infatti Clarin spiega che il romanzo è il risultato di una
“sperimentazione” degli effetti che possono produrre le forze
ambientali e le pressioni reciproche degli individui, in uno spazio
sociale dominato da egoismo e frustrazione.

(La differenza con Mademe Bovary é che Emma Bovary è il lotta


costante tra la realtà soggettiva e la realtà, mentre Ana è in
conflitto sociale e religioso. Clarin riesce a descrivere l’atmosfera
di un paese spagnolo, mentre Flaubert tralascia quasi del tutto
ogni commento degli abitanti a proposito delle relazioni amorose
di Emma.)

SU UNICO HIJO:
Nel 1891 Clarin pubblica il romanzo “Su Unico Hijo” che
inizialmente doveva essere una trilogia che includesse anche
“Una medianía” e “Speraindeo”.
Il protagonista di quest’opera è BONIFACIO REYES un uomo
DEBOLE e SOGNATORE, ridotto praticamente in schiavitù
dalla terribile moglie EMMA VARCARCEL, che è una donna
ISTERICA ed EGOISTA. 

“Emma con una seriedad extraña en ella, se deciduo a ser de por


vida una mujer insoportable, el tormento de su marido. Molestaba
a su esposo como quien cumple una sentencia de lo Alto. En
aquella persecución incesante había algo del celo religioso.”

Bonifacio cerca di evadere dalla sua vita SOLITARIA e


MESCHINA attraverso la musica del flauto, poi incontra una
cantante d’opera “SERAFINA GORGHEGGI” con ma quale
intreccia una relazione amorosa che, momentaneamente, gli fa
vivere la passione romantica a lungo voluta. 

“Tuvo que conferirse que impresión más dulce ni tan fuerte no la


había experimentado en toda su joventud, tan romantica por
dentro”.

Il narratore ci spiega di come Bonifacio si definisse di Serafina e


di come lei era sua, ci spiega che non pensava che una passione
potesse giungere tanto in alto. 

Clarin riprende dunque il tema dell’ADULTERIO, ma questa


volta dalla prospettiva maschile, però c’è una svolta imprevista;
anziché provocare un conflitto tra moglie e amante, il tradimento
causa un sorta di unione tra le due donne, così che in Emma si
risveglia l’erotismo, mentre Serafina si imborghesisce. 

Infatti a pagina 110 dell’opera possiamo vedere come Emma si


approcci fisicamente a Bonifacio tentando di sedurlo, senza
violenza o aggressività, ma con la sola forza della passione da
tempo finita tra i due. 
Mentre Serafina si ricorda che era semplicemente un attrice e
un’avventuriera e, pur provando un sincero bene nei confronti di
Bonifacio, si rese conto che era un bene fraterno.

Deluso dalla “fuga” di Serafina, Bonifacio trova un nuovo


SBLOCCO DI IDENTITÀ, nella gravidanza inaspettata di sua
moglie; lui è dubbioso riguardo la sua paternità e tutti infatti
pensano che Emma sia rimasta incinta a seguito di un rapporto
con MINGHETTI (il narratore non ci da alcuna certezza a
proposito) il protagonista assume l’idea del figlio come un atto di
fede, trovando nel suo nuovo ruolo di padre le radici per
proiettarlo verso un futuro. 

“Vivir por el, para el. Yo nací para esto, para padre. Si pensaba:
ya soy algo”.

Questo romanzo è definito da Clarin come sperimentale ed


umoristico e sfugge ad una classificazione poiché, raccoglie sia le
tecniche di quel secolo, ma è anche proiettato verso un futuro
(soprattutto l’idealismo). 

AMBIENTAZIONE E TEMPO:

Rispetto all Regenta, qui spariscono le dettagliate descrizioni


dell’ambiente e i riferimenti temporali, dando quindi una
sensazione di INDETERMINATEZZA) 
Sappiamo soltanto che la vicenda primaria di svolge in una città
provinciale MONOTONA e TRISTE, quando poi Bonifacio
diventa padre e si reca nel suo paese d’origine viene utilizzato il
termine “Raices” proprio per indicare le radici che vincolano
l’individuo alla propria stirpe. 

Per quanto riguarda la CRONOLOGIA, è possibile cogliere dei


riferimenti al tempo storico, infatti ci sono due periodi separati
l’uno dall’altro da circa 20 anni. 
Prima il 1840/1850 dove si svolgono gli antecedenti. 
Poi nel 1860 c’è l’azione PRINCIPALE, mentre il tempo del
narratore si colloca dopo il 1880.

La novità più importante è che la realtà esterna sfuma, per lasciare


spazio alla VITA INTIMA, espressa soprattutto da
MONOLOGHI. 
Bonifacio non è in lotta con l’ambiente ma è un uomo che cerca
la propria identità, una propria ragione di essere. I dati oggettivi,
inclusi tempo e spazio, vengono filtrati. Il narratore spesso
esprime pensieri e sensazioni che i personaggi non sono in grado
di definire però tende a focalizzarsi sull’interiorità dei
personaggi. 

Il narratore evita di fornire informazioni sulle circostanze reali


della paternità di Bonifacio lasciando così il lettore ad un finale
aperto, solo con le parole dei personaggi: il mistero della nascita
del figlio (di chi esso sia realmente) è irrilevante ai fini del
messaggio del romanzo, in cui invece si proclama il potere della
fede INDIVIDUALE che può sormontare qualsiasi verità sociale. 

(Infatti tutti dicevano che il figlio probabilmente non fosse suo,


ma lui affermava fortemente che aveva fede che il figlio fosse
suo) 

LE NOVELLE E I RACCONTI: 

Tra il 1876 e il 1900 Clarin scrisse un centinaio di novelle e


racconti, pubblicandole su riviste e settimanali prima di
raccoglierli in volumi.
Inizialmente Clarin utilizza il termine Novella è il termine
racconto senza far differenza (cuento/ novela corta) e si limita a
dichiarare che il racconto e la novella son due cose diverse ma
non offre una definizione.

Sobejano propone che la NOVELLA ha degli elementi


caratteristici: 
A) c’è un avvenimento insolito 
B) una serie di motivi che sviluppano il tema 
C) c’è il processo di un personaggio 
D) c’è una qualità drammatica 

Mentre il RACCONTO sceglie una circostanza che poi


rappresenta la realtà totale e infatti ha caratteristiche quali: la
BREVITÀ, L’UNITÁ, la concentrazione su un elemento che
provoca un effetto e diventa la chiave del racconto. 

LAS DOS CAJAS: (esempio di Novella) 


narra la decadenza di un musicista che, insieme al degrado
professionale, perde anche la stabilità affettiva della famiglia, fino
alla morte del
suo unico figlio. • L’avvenimento insolito é rappresentato dalla
sepoltura del violino sulla cassa del bamnino. • Poi i motivi sono
la musica, il contrasto tra amore/ disamore e poi • il motivo
centrale è la rovina della vita di un uomo, sia professionalmente
che sul
Piano affettivo. 
•Poi il culmine è sdoppiato nella perdita della fede nella musica e
poi nella perdita dell’amore della moglie e si elimina ogni
digressione superflua. 

UN DOCUMENTO: è invece un racconto e parla dell’amore tra


una duchessa è un giovane scrittore che si avvale dell’esperienza
come di un “documento” per scrivere un romanzo naturalista.
E possiamo vedere che abbiamo •un’azione unitaria (l’avventura
amorosa) 
•la disuguaglianza sociale tra i due personaggi che scatena
l’effetto finale che incrementa fino alla rottura finale. 

Un tema sviluppato qui è quello dell’amore impossibile, come


anche nell’opera EL DUO DE LA TOS: in cui i due protagonisti
sono condannati a morte dalla tubercolosi, ascoltano nella notte il
reciproco tossire ma l’incontro tra due e fatto di evocazioni
interiori senza sbocco nella realtà.
Oppure nell’opera EL VIEJO Y LA NINA abbiamo l’amicizia
che unisce i due personaggi nonostante l’età, e il rapporto si
incrina nel momento in cui l’uomo esprime i risvolti inconfessati
di quel tappeto apparentemente innocente.
In EL SENOR abbiamo il sacerdote platonicamente innamorato. 
Oppure in EL DIABLO EN SEMANA SANTA in cui il diavolo
burlone induce in tentazione un prete. 
MI ENTIERRO, c’è il tema della morte, il protagonista assiste
alla propria morte. 
EL GALLO DE SOCRATES (Critone sacrifica un gallo per la
morte del suo maestro Socrate) 

Possiamo dividere i racconti di Clarin in due gruppi principali: 


•racconti morali (a cui appartengono testi dove l’elemento
principale è l’uomo interiore e quindi vedere la coscienza dei
personaggi, l’autore li accompagna con simpatia) 

•racconti satirici (qui predomina l’interesse per la realtà esteriore,


la
politica, la società, il narratore contempla i personaggi dall’alto, li
deforma e li fustiga spietatamente 

Abbiamo tra le novelle di Clarin “DONA BERTA” che apparve


in puntate tra il maggio e il giugno del 1891 in “la ilustración
española y americana”. 
L’autore ha ormai superato i canoni del realismo e si rivela aperto
a nuovi orientamenti letterari. 
Vediamo qui un narratore che lui penetrante nell’interiorità dei
personaggi e offre loro dettagli che possono sfuggire alla loro
prospettiva e descriverli attraverso il campo visivo di un altro
personaggio, permettersi anche qualche commento ironico i
umoristici. 

La novella si apre con uno scenario incontaminato “un luogo del


nord della Spagna” dove vive Dona Berta ormai anziana è sorda
che ha ormai rassicuranti abitudini, vive con la serva
SABELONA e al suo gatto. Il suo mondo è chiuso, privo di ogni
intrusione interna. Non accade mai nulla, la vita interiore della
protagonista sembra cristallizzarsi nella contemplazione
dell’amato paesaggio dell’Aren (che appare personificato ai suoi
occhi) 
Però in questo luogo era avvenuto un fatto traumatico, il narratore
si avvale di un flashback ai tempi della PRIMA GUERRA
CARLISTA, era giunto un capitano liberale, ferito, che era stato
accolto e curato dalla giovane Berta, e lei qui cadde in una magica
passione. Il capitano, ormai guarito, aveva lasciato il posto,
disposto a tornare per l’onore della fanciulla, ma muore sul
campo di battaglia. Berta ignora questa vicenda e, quando da alla
luce il frutto della sua passione, si lascia sottrarre il figlio dai
propri fratelli (che glielo tolgono per l’onore della loro famiglia
disonorata da Berta). La donna si seppellisce così nell’isolamento
ma con il passare degli anni lei perdona il suo peccato giovanile,
si risveglia il suo raccontare per i fratelli che non le hanno
permesso di essere madre, quando i fratelli muoiono del figlio
non resta alcuna traccia.
Un giorno bussa alle porte di donna berta un famoso pittore,
l’anziana donna le racconta del suo antico amore, l’uomo le
racconta di un suo quadro, il cui soggetto è proprio un uomo
morto in battaglia. Qualche giorno dopo il pittore manda a berta
due ritratti: uno ispirato a una tela di casa sua, che rappresenta la
donna da giovane e l’altro rappresenta il volto del capitano e
somiglia a tal punto a quello reale che lei è sicura che sia
l’immagine del figlio perduto. 
Il rimorso e la rassegnazione rimasti latenti per anni esplodono e
la spingono ad agire. Berta cede gli amati poderi dell’Aren alla
domestica Sabelona, parte per Madrid insieme al gatto. Nella città
giunge a vedere il quadro che rappresenta la morte del figlio, per
acquistarlo e riscattare la propria esistenza. Però arriva troppo
tardi, perché la tela aveva acquistato più valore a causa
dell’improvvisa morte del pittore ed era stata acquistata da un
ricco americano il quale non accetta di darle il quadro. Berta
combatte ostinata per averlo ma la coglie la morte sotto le ruote di
uno di quei tram che tanto le suscitavano terrore. 
Poi l’ultima morte è quella del gatto, vittima innocente, rinchiuso
in uno sgabuzzino per le leggi concittadine e dimenticato da tutti.
Clarin riesce a commuovere il lettore, emerge l’opposizione tra
campagna e città che è tema frequente ne romanzi dell’epoca. 

EMILIA PARDO BAZÁN:

(LA VITA PERSONALE E ARTISTICA) 

Nasce nel 1851 a La Coruña. Era di famiglia aristocratica. Aderì a


forme di cultura straniere, l’attaccamento alla famiglia
inizialmente limiterà la sua indipendenza, per esempio da sposata
continuerà a vivere con i suoi, però avrà contatto con la cultura
europea tanto ammirata, grazie ai viaggio dell’esilio volontario di
suo padre, deputato progressista. La trama della maggior parte
delle sue opere sarà condizionata dal paesaggio della GALIZIA, e
non più semplice cornice delle azioni dei personaggi.
(Costumbrismo) 
La contessa BAZÁN manifesto son da piccola una passione per i
romanzi di Victor Hugo, per il Chisciotte e per la Bibbia. 
Nel 1868 si trasferì a Madrid con la famiglia, si integró bene negli
ambienti aristocratici e inizió la sua attività intellettuale. 
Coltivo anche la sua passione per il teatro. 
Però per questioni politiche dovete allontanarsi da Madrid
insieme al padre e a tutta la sua famiglia e fece due anni di viaggi
per l’Europa. Entró quindi in contatto con altre letterature
(francese, inglese, italiana) conobbe in Francia Zola, Hugo.
Quando torna in Spagna inizió la lettura di autori contemporanei
come Valera, Alarcon e Galdos. 
La vera svolta di scrittrice di BAZÁN possiamo vederla con
romanzi come UN VIAJE DE NOVIOS (1882) e LA TRIBUNA
(1882) 
Possiamo anche apprezzarla nel saggio letterario “LA
CUESTION PALPITANTE” (1882) 
Oppure vediamo LA MADRE NATURALEZA (1887).

Nel frattempo erano mai i primi figli, da lei accuditi con tanta
materna sollecitudine e si era per un po’ dimenticata della
letteratura. Si separò da suo marito proprio nel momento più alto
della sua popolarità. 
Dopo la pubblicazione della “cuestion palpitante” lei viene
collocata al centro della polemica sul naturalismo, ma lei si
impose grazie alla sua personalità intraprendente e si guadagnò
l’appellativo di “LOPE IN GONNELLA”. 
Scriveva articoli per la stampa, saggi, teatro, romanzi e poesie. 
Mantenne per tre anni da sola la rivista NUEVO TEATRO
CRITICO, da lei fondata. 
Questa sua inarrestabile attività e la sua vena polemica fecero di
lei un personaggio discusso e sempre sulla cresta dell’onda, la sua
popolarità crebbe sempre di più, ebbe anche rapporti amorosi con
Galdos e anche inamicizie come quella con Valera. 
Nel 1916 riceve la cattedra di letterature contemporanee
nell’università di Madrid ma poco dopo deve abbandonarla per
l’ostilità dei suoi studenti. Con i suoi articoli diffuse anche la
letteratura francese in Spagna. 

I SAGGI:

Ebbe una costante attività di saggista e polemista, scrisse più di


1500 articolic riguardanti diversi argomenti ma il segno più
chiaro della sua vena polemica e delle sue doti di pubblicista della
cultura lo vediamo nel suo celebre saggio sul naturalismo “LA
CUESTION PALPITANTE” che vide la luce prima sotto forma
di articoli nella rivista LA EPOCA (1882/1883) poi in volume nel
1883.
Inizialmente i grandi critici si astennero dall’esprimere un parere
per poi prendere l’arte alla polemica con posizioni contrastanti: 
•da una parte gli AVVERSARI DEL NATURALISMO (Pelayo,
Valera) 
•dall’altra i DIFENSORI DEL NATURALISMO (Galdos,
CLARIN) 

Su questa polemica su riproduce anche la divisone pubblica del


paese 

•da una parte i CONSERVATORI 


•dall’altra parte i LIBERALI 

La polemica intorno a questo saggio arrivó con un certo ritardo


poiché questo libro conteneva ben pochi elementi di novità
rispetto a cose già esposte dalla Bazan due anni prima nel prologo
a “UN VIAJE DE NOVIOS”.
E anche le tesi naturalista erano già state divulgate da altri
scrittori in recensione alle opere di Zola e in articoli dedicati
all’agomento su riviste specializzate. 
Il movimento NATURALISTA si contrapponeva alla letteratura
in voga: alle opere di PEREDA o di Alarcon la realtà viene
idealizzata per adattarla ai preconcetti dell’autore, la BAZÁN
voleva invece proporre una letteratura SERIA, SCIENTIFICA e
SPERIMENTALE quindi in grandi di osservare il mondo con
piena IMPARZIALITÀ. 

Questo suo libro “ la CUESTION palpitante”, era stato visto


come l’intento di difendersi dall’accusa, infamante dal suo punto
di vista, di essere la divulgatrice del naturalismo in Spaga.

“Viéndome acusada, creció mi deseo de escribir algo acerca de la


palpitante cuestion literaria: naturalismo y realismo”.

Inizialmente Donna Emilia espone le sue prime critiche al


naturalismo, spiegando che gli autori francesi non avrebbero
saputo cogliere la vera natura dell’uomo, il libero arbitrio, avendo
dato troll importanza alla volontà umana dell’istinto. 
Lei nell’opera dice che secondo l’estetica naturalista il pensiero e
la passioni erano le uniche cose che contavano e prescindevano
addirittura dalla spontaneità individuale. Ed è questo che infatti si
propone Zola quando dice di voler “mettere in rilievo la bestia
umana” 
Il naturalismo vuole spiegare il dramma della vita umana per
mezzo dell’istinto cieco e della sfrenatezza. 
Continua dicendo che nei romanzi di Zola viene esaltata la
descrizione e il palesare la bestia umana ossia l’uomo schiavo
dell’istinto, e infatti i tipi che dimostrano queste tesi sono: idioti,
isterici, ubriaconi, persone sprovviste di senso morale.
Lei attribuisce a Zola questa sua personale concezione della
nuova corrente letteraria: lei pensa che il naturalismo piú che un
movimento letterario, sia un insieme di tecniche che vogliano
depurare la retorica dai romanzi alla moda.
Infatti spiega che il naturalismo è più un metodo che una scuola, e
che in quanto metodo e non teoria deve essere adeguato alla realtà
che vuole descrivere, ecco perché il naturalismo francese può
riflettere alla perfezione la Francia, ma non la Spagna. 

“En España, realismo y naturalismo han de tener muy distinto


color que en Francia”

Lei spiega che il realismo nell’arte ci offre una teoria più ampia,
completa e perfetta di quella del naturalismo, nel realismo c’è
tutto, tranne le ESAGERAZIONI e gli estremismi. Quindi lei
decanta il realismo come movimento superatore del naturalismo.

LA NARRATIVA: 

Le doti di BAZÁN possiamo vederla anche nel campo della


narrativa. 
Pubblicó sopratutto a partire da 1890, quando si affermò come
romanziera.
 Racconto e il genere che le consente di soffermarsi sui piccoli
eventi dell’esistenza quotidiana e anche di fornire dettagli su
Galizia, sulla gente, sugli usi e costumi 
Ci sono oltre 500 racconti (Cuentos de Navidad, Cuentos Nuevos,
Cuentos de Marineda) 
La sua versatilità le consente di assimilare le nuove tecniche e
sapersi muovere all’interno del nuovo, con rinnovata genuinità. 
Il suo primo romanzo è: PASCUAL LOPEZ, autobiografia de un
estudante de medicina.
La trama è incentrata su un argomento classico: il patto con il
diavolo (qui rappresentato dall’alchimista) che deve aiutare il
protagonista a cercare un raggio miracoloso che trasformi il
carbone in diamante. L’atmosfera è vagamente MAGICA, presa
dalla tradizione romantica, c’è una sola linea tematica e
personaggi archetipici. 

Con il romanzo UN VIAJE DE NOVIOS, la BAZÁN inizia il suo


percorso verso il naturalismo. Ci sono elementi del naturalismo
tipico come il comportamento  dei personaggi: in attenzione alle
malattie, alle basse passioni e alle deformità. 
Poi c’è un attenzione agli ambienti più sordidi di Madrid e questo
potrebbe spiegare il comportamento sociale di alcuni personaggi. 

Però questi non sono elementi rilevanti per definire i suoi scritti
“naturalisti” vedremo invece che la sua narrativa sarà pienamente
conformata al naturalismo quando lei si occuperà dei 4 settori
sociali dell’epoca; 
 IL PROLETARIATO (LA TRIBUNA)

 IL POPOLO (El cisne de Vilamorta) 

 LA CAMPAGNA (los pazos de Ulloa) 

 LA CITTÀ (isolacion) 

In la TRIBUNA la BAZÁN applica per la prima volta con


coerenza il metodo NATURALISTA, infatti c’è l’osservazione
minuziosa della realtà, poi l’analisi degli usi e costumi locali e
quindi vediamo le tecniche naturaliste: esposizioni dettagliate di
azioni tipiche in un determinato mestiere o un gruppo sociale (la
descrizione della confezione dei sigari per esempio) , oppure la
descrizione di un determinato elemento fisico, descrizione di
ambienti sociali bassi, della SPORCIZIA, della MISERIA, dei
BASSI ISTINTI. 

Questo per quanto riguarda le tecniche. Per quanto riguarda i


temi, la BAZÁN recupera elementi del ROMANZO
D’APPENDICE.
Infatti permetta ad una sua eroina, chiaro esempio di proletaria
rivoluzionaria, di esser sedotta da un ragazzo di buona famiglia,
che è appunto uno degli argomenti dei FOLLETINES dell’epoca.

In ISOLACION e MORRIÑA i condizionamenti esterni


determinano il comportamento dei personaggi, l’autrice esplorare
le reazioni dell’uomo sottoposto all’influsso dell’ambiente. In
Isolacion il SOLE provoca il SORGERE di una PASSIONE nella
protagonista. Mentre in MORRINA l’ambiente CITTADINO fa
nascere nel personaggio la nostalgia per la propria regione, fino a
spingerlo a togliersi la vita. 

Dopo la pubblicazione del saggio sul romanzo russo, lei cambi


totalmente tecniche e visione del mondo: nei romanzi le azioni dei
personaggi non sono più spiegate tramite il condizionamento
esterno ma partendo dalla loro INTERIORITÀ. 
Quindi il guardare la psiche dei personaggi, cosa che il
naturalismo di solito tralasciava. Infatti questa interiorità diventa
il punto centrale della sua nuova visione del mondo. 

Frutto di questa sua nuova visione sono: UNA CRISTIANA e LA


PRUEBA.
Qui sono ci sono narrazioni infarcite di IDEE RELIGIOSE, come
espressione più sublime dell’interiorità dell’uomo. 
Ancora più tardi la BAZÁN scoprirà il SIMBOLISMO, con
alcuni aspetti formali del DECATENTISMO. 
(LA QUIMERA, 1905) (LA SIRENA NEGRA, 1909).
Ci sono descrizioni CROMATICHE, OLFATTIVE. 
La prosa di questi due romanzi tende verso la poesia è il
PREZIOSISMO ORNAMENTALE, ci sono continue allusioni. 
L’amicizia tra Rubén Dario e la BAZÁN la spingerà poi verso il
MODERNISMO. 

LOS PAZOS DE ULLOA/ LA MADRE NATURALEZA.

Il naturalismo della BAZÁN trova la sua massima espressione in


questi due romanzi. 
Però ci sono anche contaminazioni di altre tendenze letterarie
come IL COSTUMBRISMO o lo SPIRITUALISMO e il
SIMBOLISMO.

TRAMA:

Los pazos de Ulloa viene pubblicato nel 1886 e costituisce


un’unità argomentale con La madre naturaleza (apparso un anno
dopo).

Il rapporto tra uomo e natura viene trattato diversamente in


entrambi: in Los pazos de Ulloa la natura è violenta, fomentatrice
delle pulsioni più basse. In La Madre Naturaleza la natura è tenera
e sensuale. 

La trama di Los pazos de Ulloa consiste in: il nuovo cappellano


del pazo (palazzo) di Ulloa, è Julian, che trova al suo arrivo una
comunità allo sfascio: il marchese Moscoso ha ceduto il governo
dei suoi possedimenti al suo servo, Primitivo, il quale gestisce il
tutto a vantaggio del proprio clan. 
PEDRO, (il marchese Moscoso), ha avuto un figlio da Sabel
(figlia di Primitivo) e questo ha fatto sì che il servo incastrasse il
padrone e quindi la possibilità di prendere i suoi terreni e tutto il
suo potere. 
La casa e in quasi completo stato di abbandono, e anche tutta la
famiglia Moscoso. Così Julian, appena arrivato, decide di
lccuperasi delle anime dei suoi assistiti e di prendersi cura
dell’Economia della proprietà. 
La sua sorpresa aumenta man mano che fede la reale situazione
della casa: si direbbe che la cultura e la società siamo regredite
alla natura è alla’animalità, le condizioni di vita delle persone le
avvicinano alle bestie. Le difficoltà di adattamento di Julian
chiaramente aumentano; egli è un uomo raffinato, educato in un
seminario don da bambino, il suo carattere è debole e
cagionevole  e non può far fronte a una situazione di differimento
dell’ordine sociale e naturale in cui si trova immerso. Per un
momento si direbbe che lui stia per soccombere alle tentazioni
della vita disordinata e alla carnalità (come il corpo di Sabel)
Il marchese prende moglie tra le proprie cugine residenti nella
capitale: NUCHA, una donna fragile che patisce la vita troppo
dura nel Pazo. Quando poi nasce Manuela, NUCHA sente ancora
di più il distacco da quell’ambiente ostile, anche in seguito alla
scoperta dell’infedeltà di suo marito con Sabel. Nel frattempo il
marchese si è dato alla politica e lui è in competizione con un
altro proprietario terriero, preferito da Primitivo. Il tradimento di
Primitivo, toglie la vittoria a Don PEDRO, però il clan degli
sconfitti sarà implacabile e assassineranno Primitivo, in
circostanze misteriose, in mezzo al bosco, davanti agli occhi di
suo nipote Perucho. 
La morte del maggiordomo avviene mentre stava per manifestare
nuovamente la sua fedeltà a don PEDRO, riferendogli quanto
aveva visto nella cappella: Julian e Nucha stretti in un abbraccio. 
PEDRO Moscoso venuto a conoscenza ugualmente del fatto,
rimprovera sua moglie e costringe il prete (Julian) a lasciare il
pazo. 
NUCHA ormai sola e un vezzo alle bassi passioni di Ulloa, si
lascia andare ad una DEPRESSIONE, il medico Juncal non riesce
a curarla. Dieci anni dopo ritroviamo Julian, parroco di Ulloa, in
visita al cimitero dove riposa Nucha. Li incontra Manuela e
Perucho, inseparabili fratellastri, che sono di due classi sociali
differenti; lei è vestita poveramente, lui in modo raffinato.

PERSONAGGI: 

La trama di quest’opera viene determinata dal il conflitto tra due


gruppi di individui che corrispondono a due tipi sociali e culturali
diversi: da una parte i personaggi RURALI (Primitivo, Sabel, in
una certa misura don PEDRO), dall’altra i cittadini (NUCHA,
Julian) 
I primi hanno DIPENDENZA PER LE BASSE PASSIONI, per la
carnalità (di vede nel corpo e nella sensualità di Sabel) descritta
dal narratore come “un buon pezzo di freschissima carne”. 
Nei secondi invece c’è il PREDOMINIO DELLA RAGIONE, il
controllo delle proprie emozioni infatti Julian non viene indotto in
tentazione da Sabel e NUCHA sopporta per molto l’ambiente del
palazzo. 
Nei personaggi rurali l’intelligenza diventa astuzia, calcolo,
interesse (infatti Primitivo strappa il controllo del palazzo al suo
padrone, ma infine questo lo porterà alla morte, poiché fa un uso
eccessivo di questa furbizia) 
In un dialogo Don Pedro spiega a Julian perché lui accetta i
soprusi di Sabel e dice: 
“ Se caccio via questo mio nemico, non troverò chi mi cucini ne
tanto meno chi venga a servirmi” 
Il padre di Sabel convinceva ogni ragazza a non andare nel
palazzo per servire don PEDRO, poiché lui si approfittava di tutte
loro.
Dicendo poi che sono Sabel e Primitivo che gestiscono la legna, i
granai e tutto il potere.

In questa gestione del potere di Pedro, Primitivo ha sostituito la


sua autorità, con la violenza, con le minacce e con la menzogna,
la manipolazione. 
Lo stesso don Pedro si lascia portare dal CALCOLO e
dall’INTERESSE quando decide di andare a prendere moglie in
città, tra i suoi parenti aristocratici, per cercare di risollevare le
sorti della famiglia. Il suo è una sorta di matrimonio di stato, per
questo infatti non prende per moglie Rita (un’altra sua cugina)
che era anche più affine a lui è descritta positivamente dalla
narratrice dal punto di vista fisico.
Lui sceglie invece amiche che incarna DEBOLEZZA,
CARATTERE MITE. 

NUCHA e JULIAN possiedono invece quell’INTELLIGENZA


che manda ai loro interlocutori rurali, infatti lei non si farà
prendere dalla vendetta quando scopre il tradimento di Pedro e
scopre anche che Perucho è figlio di Pedro e Sabel. 

Possiamo quindi vedere l’opposizione anche tra la CITTÀ e la


CAMPAGNA: da una parte il mondo civilizzato e dall’altra il
mondo selvaggio e sensuale del palazzo.
I due mondi vengono esaltati a vicenda; per vedere la crudeltà del
palazzo ci vuole una sensibilità cittadina e per vedere questa
crudeltà il narratore adopera il punto di vista del cittadino appena
arrivato (Julian) 
Julian infatti è l’unico dei circostanti (in una scena) a compatire il
bambino che deve disturbare il suo pasto ai cani ed è l’unico ad
inorridire davanti al testamento che Perucho riceve dagli adulti:
“Il bambino si aggirava carolano tra le zampe dei cani, i quali
trasformati in belve  dal primo impulso della fame ancora non
sazia, lo guardavano di sbieco, digrignando i denti e ringhiando
minacciosi” 
E ci spiega che il bambino venne morso costringendolo a fuggire
e anche rimproverato. 

La chiave dell’opera è quindi il contrasto tra NATURA E


CULTURA. Quando la meraviglia di Julian di fronte ad un
mondo tanto crudele non riesce nemmeno più ad esprimersi, la
BAZÁN fa entrare in scena NUCHA, che ha le stesse qualità di
Julian che essendo anche moglie di Don PEDRO può vedere la
decadenza, L’animalità che Julian vede nella società, anche nella
vita privata e intima di questi personaggi Rurali. 

Julian in una scena trova la stanza della BIBLIOTECA-UFFICIO


in terribili condizioni: 
C’era umidità ammuffita, c’erano topi, e le tarme, scarafaggi,
lombrichi e vermi per l’umidità. E ci spiega che lui cercava di
sistemare questa stanza. 
La natura animata sotto forma di insetti e fermi si è impadronita
del luogo considerato fino a quel momento dell’ordine
(biblioteca- ufficio) infatti li ci sono le tavole della legge. La
descrizione dell’archivio- biblioteca diventa agli occhi del
cappellano il simbolo di tutta la casa: una casa in ROVINA,
qualcosa che stava per sgretolarsi in tutta fretta. 

Il pazo di Ulloa diventa un punto in cui confluisce il conflitto tra


uomo e natura, tra società e gregge, tra legge ed istinto, tra
maschile e femminile. 

Abbiamo don Pedro che tende verso l’oggetto del suo desiderio
senza freni di tipo morale, religioso o sociale: Sabel, che non
trova difficoltà ad avvicinarsi al suo padrone e invece non può
nulla con Julian, uomo di religione, che filtra il proprio desiderio
per le norme sociali e religiose di cui è portatore. 

NUCHA è invece l’altro aspetto della femminilità: il


sensualismos della mente, la seduzione intellettuale: PEDRO
desiderava averla ma non dialogare, non di stabilire un rapporto
con lei, non riesce a prescindere dai suoi istinti animaleschi. 
Il suo è un desiderio di POSSESSO, e quindi si trova costretto ad
avere rapporti con la serva. 
PEDRO non padroneggia il codice sociale, non accetta
l’astrazione delle cose. 
Julian è totalmente opposto a questo, lui non ha bisogno del
possesso dell’oggetto, per sentire la sua vicinanza, lui è un uomo
di parola, di codici.

Primitivo invece utilizza la donna naturale, sua figlia Sabel, come


merce di scambio; il suo PRIMITIVISMO è già contenuto nel
nome e si vede proprio in questa concezione della donna come
OGGETTO da offrire al padrone in cambio di potere e denaro. 
Il rapporto tra don PEDRO e Sabel diventa nascosto quando
giunge NUCHA e quindi i gesti della casa da quel momento
saranno sottomessi alla retorica della CULTURA. 
Primitivo incarna la parte più animalesca dell’uomo, Julian quella
più elevata. 
Uomo culturale: Julian 
Uomo naturale; Primitivo 
Donna naturale: Sabel 
Donna culturale: NUCHA

Quando Primitivo decide di tradire don Pedro è perché quando


quest’ultimo entra in politica, diventa “contaminato” da discorso
del potere, della parola e quindi appoggia l’avversario politico di
Don Pedro, ma questo è un tradimento in piena regola e
infrazione di fedeltà al capo, nel tentativo di usurparne il posto,
per questo paga il suo tradimento con la vita. 

L’uomo cerca di porre un freno alla natura attraverso la parola, i


codici sociali, ma la natura finisce per avere il sopravvento. 

Perucho è colui che più si avvicina alla PUREZZA NATURALE:


la sua ordine periferica (è nato fuori dal matrimonio da Sabel e
Pedro) condiziona positivamente la sua esistenza. Manuela (figlia
di Nucha e Pedro) è invece penalizzata dalla sua origine e deve
scontare le pene della madre. 

PEDRO va in città alla ricerca di una madre dei i suoi figli per
mantenere la sopravvivenza della famiglia, ma quando Nucha gli
da una femmina al l’osto di un maschio, e quindi questo non
garantisce la continuità del cognome, lui rinnega quel suo
tentativo di ritorno alla rispettabilità sociale e ritorna da Sabel che
già gli aveva dato un foglio che poeta il suo stesso nome, Pedro. 

I rapporti tra i personaggi si esplicano per l’opposizione delle


caratteristiche comuni. 
Sull’asse della RELIGIONE troviamo la coppia Julian e Nucha,
mentre Sabel e Pedro sono per la CARNALITÀ, la
SENSUALITÀ. 
Sul campo del potere invece Pedro soffre la concorrenza di
Primitivo. 

Questa serie di coppie a confronto offre un panorama dettagliato


delle articolazioni del tema fondamentale del romanzo. 
Infatti Oleza Simó ci spiega che l’opera può essere interpretata sia
come la storia della decadenza dell’aristocrazia, sia la
sottomissione dell’individuo all’ambiente, sia il confronto tra
società rurale e società civilizzata. 
Quindi abbiamo il confronto tra due società, tra due culture
diverse.
Mayoral invece non vede questa epopea come la decadenza di una
classe sociale ma propone il punto di vista della dimensione
psicologica della trama: attraverso l’amore di Julian per Nucha.
Infatti lei proporne la lettura del romanzo come un inizio della
corrente psicologico-naturalista che sta per abbattersi sulla
narrativa spagnola. 
Julian passa dell’innocenza amara alla maturità, il punto di vista
del narratore è infatti quello del sacerdote, però nel finale della
narrazione c’è un salto di qualità poiché lui passa dal punto di
vista dei fatti, ai sentimenti. 
Infatti il narratore ci spiega che quando Perucho entra nel sacro
luogo, Julian è davanti il corpo morto di Nucha e si vedeva in lui
un dolore inumano, implorava il signore, i santi per la morte di
Nucha.
E poi Julian si mise davanti a Pedro (che li aveva colti) in
atteggiamento di sfida, di ira.
Il capitolo si chiude con “no olvidarà” per indicare che quello che
Perucho ha vissuto in quel momento non lo dimenticherà mai. 
Questa frase aprirà il nuovo capitolo in cui il narratore ci spiega
che nemmeno Julian dimenticherà quel giorno in cui venne
accusato da un marito di connivenza con sua moglie; un marito
che lo cacciava da casa sua, e si chiede che cosa sarebbe successo
se avessero messo in pratica il loro piano di fuga del giorno dopo,
allora li avrebbero realmente dovuto riconoscersi colpevoli. Julian
non dimenticherà nemmeno il coraggio di buttare in faccia a
Pedro quanto gli bolliva dentro, lui che era da sempre un
personaggio mite e timido.
Vediamo poi la bianca farfalla guidare Julian verso la tomba della
sua adorata Nucha, qui quindi vediamo la narrazione che si inoltra
nei meandri della tormentata anima del sacerdote:
“Allí se detuvo el insecto y allí también Julian, con el corazón
palpitante, con la vista nublada, y el espíritu, por vez primera
después de largos años, trastornado y externamente fuera de
quicio, al choque de una conmoción tan honda y extraordinaria:
quel el mismo no hubiera podido explicarse como le invadía”.

Certamente non è ancora l’esplorazione  dei sentimenti propria


degli ultimi romanzi della BAZÁN, ma è forse la sua prima
comparsa nella su narrativa. 
Questa non è però l’unica TRASGRESSIONE alla norma
naturalista di “Los pazos de Ulloa”.
La BAZÁN fa frequenta riferimento alla fisiologia dei personaggi
per spiegarne certe reazioni, per esempio fornisce gli elementi per
la costruzione del personaggio di Julian: un cappellano timido,
poco intraprendente quindi la narratrice scrive: 

“A julian le anudaba en su triunfo, amén de la gracia De Dios que


el solicitaba muy de veras, la endeblez de su temperamento
linfático nervioso, puramente femenino sin ardores ni rebeldías,
propenso a la ternura, dulce y benigno”
Oppure la BAZÁN ti mostra di come gli effetti di una buona
discussione abbiano influito bene sul corpo del medico igienista
Máximo Juncal. Che in una parte dell’opera nel confrontare città
e campagna lascia trasparire le sue convinzioni naturalistiche: 

“Alle donne viene data nelle città l’educazione più antigienica:


corsetto per rendere stretto ciò che deve essere vasto, chiusura per
provocare ma clorosi e l’anemia, vita sedentaria per ingolfarle e
produrre linfa a scapito del sangue.. le paesane sono mille volte
meglio preparare per il grande combattimento della gestazione e
del parto, che alla fin fine è la vera funzione femminile”

Possiamo vedere come anche il narratore cerchi di descrivere la


natura che si ribella, che vuole esistere. Possiamo vederlo nelle
descrizioni della balia, la balia era la rappresentazione della
natura ESUBERANTE, nessun vestito era capace di contenere le
sue forme rigogliose, nessuna norma sociale tratteneva me sue
convinzioni.
La stessa esuberanza del personaggio della balia si trova nella
figura del SIGNORE DE LA LAGE (zio di Don Pedro).

La Bazan scrive nell’opera che, vedendo insieme lo zio e il


nipote, si poteva vedere la somiglianza; l’altezza nobile, le
proporzioni ampie, la stessa barba forte e copiosa, senza arrivare
all’obesità, la sua larga figura strabordava da ogni lato.  

La posizione romantica della BAZÁN possiamo vederla nella sua


concezione della natura; l’identificarsi dello stato d’animo
dell’uomo con il paesaggio. 

STILE DELL’OPERA:

Lo stile della Bazan è INDIRETTO, LIBERO, come utilizzato da


lei con grande disinvoltura quando, per esempio, vuole penetrare
nei pensieri di un personaggio rimanendo però obiettiva:
“Volvió Julian a su cuarto agitadísimo.”

Anche nella lingua dell’opera di vede la matrice naturalista


dell’arte della BAZÁN: non usa PREZIOSISMI, ne ARTIFICI
RETORICI, è quasi priva di aggettivazione per rendere la prosa il
più trasparente possibile all’obiettività dei fatti, per avvicinare la
parola alla cosa. 
Ci sono poi espressioni GALIZIANE in bocca ai personaggi di
minora cultura. 
I personaggi poi si caratterizzano anche per l’uso della lingua:
Juncal è definito per intero dama sua capacità lingüística.
Anche il costumbrismo è spesso presente nella prosa della Bazan. 
Il naturalismo della BAZÁN, nonostante sia molto diluito in
quest’opera, possiamo vederlo nel suo trattare i temi in modo
impersonale e obiettivo (appunto scientificamente)

LA MADRE NATURALEZA:

Los Pazos De Ulloa si chiude con il ritorno di Julian ad Ulloa, la


sua visita al cimitero e il riconoscimento dei bambini dopo anni di
esilio. 
La nuova situazione famigliare, dopo la morte di Nucha sancisce
la VITTORIA DELLA NATURA SULLA CULTURA. 
Manuela, figlia della defunta, porta addosso vestiti vecchi e rotti,
mentre Perucho, il figlio naturale del marchese, è vestito come un
piccolo principe. 
In questo vediamo la problematica centrale di “la madre
naturaleza”.
Qui troviamo i personaggi secondari di Los Pazos de Ulloa come
protagonisti: Ganriel, il fratello di Nucha, che nel romanzo prima
appariva solo nei ricordi della sorella, ha un ruolo di primo piano.
I bambini son diventati ragazzi.
Perucho e Manuela, i due fratellastri, si amano fin dall’infanzia.
Non sanno del vincolo di consanguineità che lì lega (don Pedro è
il padre di entrambi)  perché nessuno gliene ha mai parlato: si
sviluppa quindi il rapporto incestuoso. Don Pedro ha finito per
privilegiare Perucho e ha dato a Manuela il ruolo di sguattera. 
Lo zio di Manuela, Gabriel, decide allora di sposare Manuela e
portarla con se in città; però tra Perucho e Manolita c’era un
sentimento sincero e Gabriel a quel punto decide di rivelare ai due
ragazzi la verità: Perucho allora parte disperato per Madrid
mentre Manolita sprofonda nella depressione (come sua madre) e
accetta di farsi monaca. L’opera si conclude con Gabriel che, su
richiesta di Manolita, va verso Madrid per cercare di evitare il
suicidio di Perucho.
La trama si concentra sull’amore tra i due fratellastri ed è la
mezzana (loro complice e protettrice) a spingerli verso l’incesto. 
Nella grotta è proprio lei ad incitarli all’amore:

“Parecía que Naturaleza se revelaba allí más potente y lasciva que


nunca, ostentando sus fuerzas genéticas con libre impudor” 

PERSONAGGI:

Poi c’è il loro primo bacio, era stato anche il CURANDERO


(guaritore) che, spiegando ai due ragazzi il ciclo naturale della
vita e della morte, aveva fatto salire il grado di unione dei due
ragazzi. 
Il loro amore si arricchisce sempre di più a contatto con la natura
e con le  persone ad essa legate: La Sabia, il guaritore, i
rappresentati di una religione naturale che non impone divieti,
non parla di peccato, non conosce il TABÙ DELL’INCESTO,
perché in natura questo non esiste. 
E lo stesso Gabriel spiega che la razza umana si formò con
“quello” (incesto).

C’è anche una parte dell’opera in cui a pelare è proprio madre


natura, che spiega:
“Pues yo jamas he velado a dos pájaros nacidos en el mismo nido
que aniden juntos a su vez en la primavera próxima, y yo, única
madre u doctora de esa pareja, soy cómplice también” 

Gabriel non poteva certamente giudicare l’incesto poiché era il


primo a voler sposare la nipote, in una cultura primitiva, la
proposta incestuosa era più che evidente.

Però la natura è sovrana e soggioga gli individui, li sottomette alle


sue leggi.
Quando l’uomo prova l’unione mistica con gli elementi naturali,
la morale viene annullata, non esistono le costrizioni sociali e
quindi nemmeno le responsabilità verso l’ordinamento sociale.

Anche la Sabia è in grado di dominare le forze della natura è una


strega che i due ragazzi incontrano quando vagano per i boschi. A
causa di un dispetto da parte del ragazzo alla vecchia, i due
ragazzi hanno la sensazione di essere stati oggetto di una sua
maledizione e a quella attribuiranno la loro disgrazia, offrendo
così al lettore un altro spunto per il loro amore sfortunato. 
(Perucho le aveva rubato il latte, visto come simbolo della vita e
dell’energia naturale) 

Nell’opera della BAZÁN il rapporto uomo-natura, arriva ad


essere talmente forte che spesso i personaggi subiscono delle vere
e proprie metamorfosi, come Pedro Moscoso che a causa della
vita all’aperto inizia ad assimilare caratteristiche vegetali. ( è per
questo che lui non riesce a controllare la sua natura, e non ha
nemmeno una socialità) e questo porterà alla sua morte ma alla
fine, con la morte, lui si ricongiunge all’ambiente. 
È diverso invece il caso del prete di Ulloa (Julian) che, governato
dalla disciplina e dalla morale, partecipa alla morte celebrale
provocata dalla troppa fedeltà alle norme. 
Quindi vediamo che la natura ha palesemente vinto sulla cultura.
Il rappresentante della cultura in Madre Naturaleza è
Gabriel:  non può accettare l’idea di base dei suoi oppositori,
ovvero che si possa avere un dialogo con la natura.

“Volere a tutti i costi che la natura abbia delle voci. Questo sì che
può esser chiamato pazzia”

In una scena Gabriel vede la figura furtiva del prete (Julian)


davanti la tomba di Nucha, e questo riapre il caso non risolto di
Los Pazos de Ulloa, ciò che il naturalismo non permetteva di fare
(ovvero scavare nella psicologia del prete e tentare di scoprire i
suoi più reconditi sentimenti) diventa invece l’argomento della
narrazione: il mondo INTERIORE non è più vietato, anzi è un
mondo da scoprire. 
Il naturalismo di Madre Naturaleza è quindi di protesta molto
ridotta rispetto a quello di Los Pazos de Ulloa, il determinismo
fisiologico (il carattere dei personaggi che li porta a compiere
certe azioni) non pervade più tutto il discorso, ma si limita a
qualche breve apparizione. Il determinismo biologico è stato
quasi del tutto eliminato in quest’opera per lasciare spazio al
determinismo ambientale, nell’amore tra Perucho e Manuela
viene ignorato il divieto imposto dalla società mentre è accettato
il fattore ambientale: si amano perché l’ambiente naturale li
spinge a farlo. La vittoria della natura possiamo vederla perché
Manolita rifiuta la proposta di matrimonio dello zio e neanche la
legge sociale, rappresentata da Gabriel, o la legge divina,
rappresentata dal curato, possono nulla contro la grande forza
della natura.  

La posizione della BAZÁN rispetto al naturalismo si è molto


evoluta rispetto all’opera precedente, possiamo anche vedere dei
lievi accenti parodici a proposito del naturalismo. 

Manuela e Perucho si possono considerare due personaggi dalle


caratteristiche quasi SIMBOLICHE: Racchiudono la femminilità
e la mascolinità allo stato puro, senza i fronzoli della cultura che
impone rapporti mediati dalle convenzioni sociali e regolati dalle
norme e dai divieti della legge. La storia di questi due adolescenti
ci riporta quasi ad un ambiente da tragedia classica, dove gli eroi
devono lottare per non adeguarsi ai canoni di vita consensuali.
Questo è forse l’oggetto saliente dell’opera, opera in cui il
naturalismo si riduce per lasciare spazio al determinismo
ambientale. 
Anche in Madre Naturaleza ci sono degli elementi di
COSTUMBRISMO: riti, usanze popolari descritti dalla Bazan. 

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