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CAPITOLO 1

ORIZZONTI TEORICI, ORIZZONTI STORICI

1.1 NOMENCLATURA, GEOGRAFIA, STORIA

Il termine BIOGRAFIA è di origine greca, il termine AUTOBIOGRAFIA è una invenzione recente. Nel 1826 il
termine è usato sistematicamente nella raccolta di 33 volumi per definire un genere. Il genere in realtà non
è nuovo ma è nuova l’attenzione che si da ad alcuni scritti. Ci sono due APPROCCI nella considerazione del
genere autobiografico. Il primo definisce un canone moderno trascurando la storia. Il secondo indaga i
periodi storici. Nel primo caso parliamo di autobiografia. la parola genere rimanda al concetto letterario. Le
confessioni di agostino sono parte di un orizzonte letterario. Tra 600-700 l’autobiografia comincia ad
essere seguita dalla stampa avendo quindi uno spostamento dalla sfera privata a quella pubblica che
caratterizza il passaggio alla fase moderna del genere. Oggi i testi autobiografici non trovano posto nelle
librerie perché hanno etichette mescolate. Secondo alcuni critici l’autobiografia è una tendenza occidentale
ma in realtà esistevano tracce presso gli egiziani, assiro e babilonesi ma probabilmente è dovuta alla
carenza di studi a disposizione che diffondo tale pregiudizio occidentale.

1.2 ORIZZONTE DIVINO, ORIZZONTE UMANO.

Molti studiosi indicano che il capostipite del genere sono le confessioni di Agostino. L’influenza del
cristianesimo sul genere autobiografico è stata enorme perché esso affermava l’uguaglianza di tutte le
anime davanti a dio e nell’orientare verso l’analisi interiore il discorso su di sé. Agostino ha scrutato la sua
anima facendo si che l’autobiografia porti alla interiorità. È con il cristianesimo che l’accento si sposta sul
rapporto individuale e segreto tra ogni singolo uomo e dio. Quindi si ha un impulso all’auto osservazione,
alla conoscenza di sé e perfezionamento spirituale. Agostino non è solo, il suo non è un monologo ma un
dialogo continuo con dio cui si confessa e che confessa.

Anche Rousseau si rivolge al giudice supremo nel suo libro ma non per instaurare un dialogo con dio che
diventa muto, un lettore come gli altri lettori. Rousseau è solo e rende la sua solitudine una forza.

Il protestantesimo conduce ad una libera e spregiudicata osservazione del proprio io che è la dottrina della
grazia che porta a rintracciare in sé dei segni di una predestinazione. Il protestantesimo ha un
atteggiamento protestante verso le istituzioni, la bibbia e le istituzioni portando quindi ad una autonomia di
giudizio, a una libera osservazione dell’io ed inoltre spinse alla espressione scritta e alla stampa di
autoanalisi che dovevano svolgersi davanti un pubblico reale o immaginario che deve raccogliere le
esperienze trascritte, approvare, giustificare e apprendere.

Piu complesso è il discorso sul ruolo della tradizione autobiografica cattolica e mistica, maschile e
soprattutto femminile. Il tema ossessivo della scrittura mistica è l’amore. Gli autori delle opere mistiche
sono delle donne soprattutto monache soggette però ad una istituzione maschile che vedeva in loro un
pericolo. Dunque molti testi mistici sono nati su una sollecitazione e controllati da consiglieri spirituali.

Per quanto riguarda la cultura cattolica di matrice gesuita abbiamo la compagnia di Gesù. La confessione
generale aveva un ruolo preciso, segnava il passaggio dalla abiezione al desiderio di riscatto. Essi facevano
una autoanalisi psicologica metodica e dettagliata come simpatie, tentazioni, virtù. Ci sono tre fattori
importanti per il futuro genere secolarizzato: la registrazione dettagliata di eventi e sentimenti,
l’importanza del peccato era un argomento narrativo e infine era importante il processo di elaborazione
insieme al confessore e di scrittura.

1.3 IL RINASCIMENTO: AUTONOMIA, UNICITà, CAMBIAMENTO.

Se gran parte degli studiosi ritengono le confessioni di agostino la prima vera autobiografia, altri
riconoscono che La coscienza individuale sorge tra 400-500 che si esprime in testi quali di montainge, cellini
e cardano. Nel medioevo secondo buckhardat, l’uomo aveva valore come membro di una famiglia, di un
popolo e di un partito, nel rinascimento in Italia l’uomo si trasforma nell’individuo spirituale, in un essere
unico. Montaigne affermava il valore autentico all’infuori dell’esperienza. Questo lo portò a rinunciare alla
fiducia degli antichi e quella cristiana. La scrittura diventa ricerca. Montaigne attraverso la scrittura scorge
anche il mutamento dell’io nel corso del tempo in cui è sempre diverso da sé stesso e non dagli altri. Cellini
esprime nella vita le sue azioni, le sue parole i suoi lavori, è il protagonista. Cardano è occupato a sezionare
ogni singolo aspetto della sua personalità come gusti, predilezioni, virtù. Cardano non ha paura ad essere
ed apparire.

1.4 IL SEI -SETTECENTO: IL TEMPO DELLO SVILUPPO

Il 18 e 19 secolo sono identificati dai critici come una fase centrale della storia dell’autobiografia. Nel 1770
Rousseau termina la sua autobiografia. il rinascimento non conduce ad un uomo dinamico, solo montaigne
coglie il soggetto in movimento ma usa il saggio adatto a registrare le oscillazioni e i passaggi. Si viene a
riconoscere il significato del tempo e di sviluppo sia nella filosofia che nelle scienze storiche . Si conquista
anche il senso della storia che è alla base del modello autobiografico moderno. il primo approccio è il
maturare della scienza filologica. Dunque gli stimoli teorici più fecondi alla pratica autobiografica
provengono dalla nuova scienza e filosofia post rinascimentale come bacone, Descartes, Leibnitz. Vico ha
influenzato il genere autobiografico moderno storicista. Esso consiste nel senso del valore unico di ogni
istante.

1.5 LA LEGITTIMAZIONE DEL DISCORSO AUTOBIOGRAFICO.

L’oggetto della biografia cambia nelle varie epoche. Nell’antichità prevalgono gli uomini d’azione, si dà
importanza alle gesta militari. Con l’avvento del cristianesimo si scelgono uomini che conformano la propria
vita alle leggi divine. Nel rinascimento torna il mito classico dell’eroe. Boccaccio aveva reinterpretato il
concetto dell’eroe applicandolo ai poeti. Anche le donne poterono scrivere. Ed introdusse anche modelli
negativi di personaggio. Nel 700 si svaluta l’ambito pubblico per quello privato dei valori di intimità. In
seguito oggetto sarà una persona qualunque. Si guarda alla interiorità e non alla gesta compiute. Lo
scrittore può essere capace di rendere interessante con la sua arte una vita che sarebbe priva di
importanza. Però la vita interiore dell’oggetto della biografia è inaccessibile al biografo a meno che a
scrivere sia il diretto interessato. Si definisce il concetto di autore. Deve essere libero di scegliere il
materiale da biografare e di esprimere la sua opinione. L’autore troverà molte resistenze per il diritto stesso
alla narrazione di sé. Inizia un processo di appropriazione che sbloccherà con il concetto di autore nel 700.
Chi scrive ha il ruolo attivo di creatore. Il 700 è l’età degli autori, qualsiasi grado di istruzione. Solo gli
ignoranti possono dare qualcosa di originale e l’originalità acquisisce valore. Poi vi è il problema della
vanità. Per alfieri essa è il movente di scrittura. La parzialità viene meno. Chi acquista diritto alla
autobiografia perde quello alla verità.

1.6 DOPO LA RIVOLUZIONE: L’INDIVIDUO E L’AUTORITà.

Tra 800 e 900 il genere vive una grande espansione, dovuta alle autobiografie di uomini comuni in grande
crescita. A influenzare questo genere potrebbe aver concorso la rivoluzione francese. L’agire umano non
seguiva le vie tradizionali ma creava percorsi nuovi in quanto il soggetto si fa critico nei confronti del
passato e interviene nella creazione di un futuro. La rottura rivoluzionaria oppone la biografia come genere
tradizionale alla autobiografia che si emancipa dalla tradizione grazie al suo aspetto di finzionalità che
conduce alla prima persona, il punto di vista soggettivo, porta all’autodefinizione al di fuori di un gruppo
sociale. Con il crollo dell’ancien regime la società non mantiene più un equilibrio tra aspetti pubblici e
privati. L’individuo perde la dimensione pubblica e si chiude in se stesso. Superare questo isolamento è
esigenza della autobiografia moderna. Il soggetto ricerca una voce interiore e soggettiva causatagli
dall’isolamento. Viene meno l’autorità trascendente di dio e l’individuo la sostituisce, esso si affida alle
sensazioni e percezioni del momento.
CAPITOLO II

UN GENERE AI CONFINI DELLA LETTERATURA

2.1 MOTIVAZIONI E PUBBLICO

Distinguere i motivi che portano a scrivere la storia della propria vita è difficile. Le intenzioni di un singolo
sono intessute in un contesto piu ampio che comprende codici culturali, la natura del pubblico, il proprio
ruolo sociale. Gli autobiografi cercano un controllo sulle aspettative del lettore orientandolo con indicazioni
programmatiche. Rousseau insiste sull’aspetto confessionale della sua opera deviando l’attenzione da un
intento apologetico. Si scrive ad esempio per ringraziare dio o per confessarlo, per consolare un amico, per
trasmettere ai posteri, antenati, per vanità o per umiltà. Anche un’attitudine narcisistica è un motivo che
porta a scrivere. La realtà è lo spazio in cui si crea il rapporto tra autore e lettore e qui si trovano le
intenzioni dello scrivente. Ci si chiede perché racconto questo? La famiglia rappresenta un pubblico
ristretto e determinato che legge il testo in virtù referenziale. In ogni caso la motivazione alla scrittura è
necessaria. Ci sono 5 grandi categorie di motivazioni.

-La prima è lo stimolo esterno. Chi scrive accetta la richiesta da un singolo, una comunità o una istituzione.
Quasi tutte le autobiografie religiose sono nate su invito di un superiore, confratello o confessore. La
persona che fornisce la spinta alla produzione del testo è anche il destinatario che legge l’opera di pari
passo. Grazie all’incoraggiamento si ha una esplorazione dell’interiorità. Anche un rapporto stretto di
amicizia può essere motivo di invito come nel caso di tommaso campanella a naudè. Non sempre lo stimolo
è esplicitato come nel caso di alonso de contreras che scrive su invito di un amico. In ambito laico e
istituzionale vi è l’abitudine degli editori di invitare un autore a scrivere una storia della propria vita da
premettere ad una ristampa delle opere. Ad esempio porcia invita i letterati a scrivere le proprie
autobiografie, l’unica che riceve è quella di vico.

-L’apologia è una motivazione apologetica per la quale si scrive. Si scrive per la reazione difensiva
autobiografica. Molti testi autobiografici nascono in ambito che si potrebbe definire giuridico come olivo
che scrive la sua vita per scagionarsi. Ristabilire la verità. Combattere la ricostruzione parziale, inesatta,
distorta della propria immagine porta a scrivere. L’attitudine polemica si manifesta anche come difesa
preventiva rispetto a minace future di appropriazione indebita della propria immagine. Per esempio adams
consiglia all’amico di scrivere per precauzione.

-L’identità è un altro motivo. La polemica apologetica mira alla conquista di uno spazio soggettivo in
contrapposizione agli altri e costituisce la prima forma in senso negativo della ricerca di identità, tipica della
autobiografia moderna. Nei libri di famiglia si ricerca una identità positiva per trasmettere esperienze e
conoscenze ai posteri. La motivazione apologetica subisce una trasformazione perché non si tratta piu di
difendere la propria reputazione. La scomparsa dell’uomo pubblico porta ad un ripiegamento verso
l’interno. L’unico tribunale è ora quello dell’individuo stesso. Rousseau trasforma l’iniziale spunto
apologetico in autogiustificazione e in personale ricerca di identità psicologica. La fuga dalla società è un
rifiuto di essere giudicati e il suo esito è il rifugio nella scrittura come ricerca. Moritz deve ricostruire la
figura a partire dal nulla in cui lo ha gettato la tradizione. Spesso a far scattare il meccanismo autobiografico
è una crisi che getta luce sul passato, far capire un momento precedente negativo. La scrittura è un
processo di maturazione che inizia nel momento in cui si inizia a pensare retrospettivamente. Silvio
Giangrande è uno scultore emigrato in argentina che scrive la sua vita su consiglio della moglie dopo aver
perso il fratello e il padre e scrive come cura.

-Conoscenza, testimonianza, insegnamento. L’autobiografia moderna assolve la funzione di trasmettere


una memoria storica. L’insegnamento è autorevole quando proviene da dio che incoraggia a scrivere per
propagare la fede come nel caso di margery kempe incaricata dal signore a scrivere sentimenti, rivelazioni
per far conoscere la propria bontà.

-Il tempo perduto e ritrovato. La vicinanza della vecchiaia, la morte incombente e i sentimenti angosciosi
che ne derivano, la percezione dello scorrere inarrestabile del tempo sono motivi che ti portano a scrivere.
Nei libri di famiglia ogni membro contribuisce a perpetuare il nome della casata, la paura della distruzione
davanti l’oblio.

2.2 LA STESURA: INCOMPIUTEZZA, IMPERFEZIONE

La stesura di testi autobiografici è segnata da circostanze esterne come avvenimenti storici, vicende della
vita dell’autore, interventi di amici, lettori. Si tratta o di scritti polemici rivolti a qualcuno o da trasmettere ai
figli.

Le autobiografie rimangono a volte incompiute per il venir meno della occasione storica che la motivava o
per un calo di spinta interiore. Il non finito è la regola e non l’eccezione. Questo perché non sono letterati di
professione e a volte illetterati. A volta l’interruzione non è definita, ma ripresa piu volte come nel caso di
franklin che inizia a scrivere ma gli impegni della guerra lo portano a fermarsi. Riprende lo scritto a parigi
poi di nuovo si ferma per riprenderlo a Philadelphia. Il testo porta dunque i segni della faticosa
elaborazione, dei suoi tempi, delle vicende che l’hanno influenzata, include le lettere degli amici, lo stimolo
esterno all’origine del prodotto. Nonostante la frattura, questi testi formano un continuum. Altre volte
l’elaborazione è sofferta che a stento esce fuori un libro. Altre volte l’autobiografo torna dopo anni al
manoscritto. Un altro problema riguarda il materiale raccolto precedente che messo insieme è integrato
nell’opera, o copiato. La scrittura quindi è incerta, imperfetta, fa parte del periodo in cui matura.

2.3 IL QUASI NEGLETTO STILE TRASANDATO

Questi che scrivono l’autobiografia usano un tono familiare, intimo, colloquiale con gli amici, senza badare
troppo allo stile perché l’importante è dire la verità come dice goldoni. Ad esempio Cicci si scusa per come
scrive quando è arrabbiata. Alfieri promette una triviale e spontanea naturalezza per un’opera dettata dal
cuore, l’unico stile adatto ad un tema umile, umile nel senso che l’uomo è umile ma per questo è alto e
nobile. L’abate caluso afferma la naturalezza del quasi negletto stile a proposito della vita di alfieri può
esprime al meglio l’ideale romantico dell’arte con la differenza che scrivere in modo semplice ha un valore
estetico, oltre che pratico. Leopardi dice che quelli che scrivono delle cose proprie evitano con facilità gli
ornamenti frivoli in sé. molti autobiografi scrivono in fretta, pressati dalle circostanze come alonso de
contreras in una locanda di palermo. Stendhal scrive legato al momento esistenziale, improvvisa, non è
preoccupato se scrive male perché segue il flusso delle idee. Con lui nella autobiografia l’imperfezione
estetica è portata agli estremi. Si avverte comunque la differenza tra coloro che scrivono bene in quanto
letterati e quelli illetterati. Succede poi che questa scrittura semplice è usata dal saggio e dal romanzo. E
questo negletto stile rafforza il genere auto ma offusca l’identità.

2.4 LA RESISTENZA ALLA PUBBLICAZIONE

Guicciardini esplicita all’inizio delle sue memorie di famiglia la funzione pratica ovvero perpetuare il nome
degli antenati delle virtù e anche i vizi ma dunque per questo motivo queste memorie non devono uscire
dal circuito familiare. Questa segretezza serve per proteggersi dagli sguardi indiscreti. Il timore di un
giudizio negativo sulle sue capacità letterarie sconsiglia a Giovanni di pagolo morelli la diffusione dei ricordi.
Bandinelli è spinto dal desiderio di raggiungere con il suo memoriale un pubblico vasto, esorta i suoi figli a
farlo correggere da altre persone. Cellini vorrebbe farsi correggere la vita da varchi. Un reale cambiamento
si avrà con la canonizzazione tardo 700 del genere in cui la trascuratezza diventa convenzionale. La
resistenza si ha per prudenza, discrezione, modestia, sfiducia. Muratori si trova a metà tra la paura e il
desiderio di essere letto. Adams ad esempio affida la pubblicazione della sua opera ad un amico. Inoltre la
responsabilità diretta dell’autore sul testo costituisce un altro problema come nel caso del cardinale
Newman che scrive la sua apologia per difendersi dall’accusatore Kingsley. E gli altri destinatari sono i
confratelli. Lui la pubblica in due parti e nella seconda parte gli apporta modifiche al titolo e si giustifica.

2.5 L’AUTOBIOGRAFO E L’ALTRO

Il genere autobiografico presuppone la presenza di un altro, l’intervento di qualcuno che partecipi ad una o
più fasi di una produzione. Su ogni autobiografo vi è lo spettro minaccioso di un altro distruttore e
manipolatore come l’avo ripieno di invidia, un amico che si rifiuta e un amico devoto o venduto.

L’autobiografia religiosa: testi in collaborazione: nella fase di stesura è lecito dubitare della paternità
dell’opera perché spesso gli autori sono illetterati costretti a rivolgersi a qualcuno affinché trascriva il
racconto orale.

Di solito le vite di eminenti di comunità religiose venivano richieste da autorità e commissionate a un prete-
confessore che componeva il testo sulla base di conversazioni o testi redatti da altri.

La collaborazione moderna: raccolte, inchieste, interviste. Le autobiografie dei pionieri americani sono di
dubbia autenticità. Le indagini storiche si avvalgono di documenti autobiografici o di testimonianze orali.
Nel 900 grazie allo sviluppo di media ci sono casi di collaborazione in cui è difficile stabilire a quale livello si
verifichino interferenze tra l’immagine dell’autore e quella del suo alter ego. Un altro problema è quando
l’intervistatore editore non appartiene alla stessa cultura dell’intervistato. Ci sono poi veri casi di
collaborazione come black elk speaks.

Il curatore. : l’intervento di un editore-curatore è utile perché il testo possa essere letto come nel caso dei
memoris di gibbon che morendo aveva lasciato sei abbozzi incompleti e dunque lord sheffield il suo amico li
ha ricomposti. Però a volte le edizioni sono risultate irriconoscibili e nel 1966 bonnard ha redatto la sua
cura. A volte l’intervento di un editore non è giustificato perché porta a fraintendimenti e pregiudizi storico
letterari.

Il titolo. : non compare spesso nei manoscritti, si appiccica una etichetta tradizionale o una nuova dicitura.
Ad esempio il nome prelude di wordswoth non era stato definito da lui, è stato aggiunto poi. Anche quando
l’autore è vivo, la scelta del titolo spetta all’editore.

Interventi censori, e correzioni.: sono frequenti. Ad esempio emma darwin vuole attenuare il tono
irreverente di alcuni brani del padre.

Rielaborazioni di appunti. : quando l’autore muore, non lascia una conclusione all’opera e dunque si deve
creare una conclusione da offrire al pubblico. Colui che deve svolgere questo problema deve procurarsi
materiali usati dall’autore in sede di stesura come appunti e lettere.

Appendici, supplementi.: di solito si pone sull’opera un testo non d’autore di un amico o di un parente che
l’autobiografo non riesce a dire. Di solito lo scopo è di dire la data e le circostanze della morte dell’autore.
Nelle vite di alfieri vi è una lettera dell’abate di caluso alla contessa d’albany.

2.6 AUTORE E LETTORE: Complicità E ANTAGONISTI

L’autobiografia è una forma di letteratura in cui il lettore ha un ruolo attivo di collaborazione. Il lettore è la
musa dell’autobiografo. Una musa ispiratrice, complice e ostile. Il lettore è giudice di un autore
responsabile in prima persona delle proprie affermazioni. L’autore è una persona storica si riferisce a fatti
avvenuti, a persone realmente esistite e richiede la collaborazione del lettore. La presenza del lettore
condiziona le strategie narrative. Le dichiarazioni e gli intenti sono importanti. Casanova ad esempio scrive
delle istruzioni di lettura per far capire al lettore le reali intenzioni. Gli autobiografici amano avvertirci
quando tornano indietro e quando vanno avanti. Alcuni atteggiamenti tipici sono attirare l’attenzione sulle
vicende o le riflessioni piu significative evidenziando i messaggi importanti; l’atteggiamento selettivo nei
confronti di una materia inesauribile assume connotazioni conflittuali quando si prevede una discordanza di
interessi; una esplicita delimitazione del pubblico cui ci si vuole rivolgere come i figli, i discendenti, i
confratelli o giudici; una strategia è anticipare le reazioni del lettore; ogni autobiografo deve correre il
rischio di essere indiscreto; a volte chi non vuole essere nominato, il suo nome è appuntato, o lasciato in
bianco.

2.7 MODI DI LETTURA

L’interesse per l’uomo storico a motivare e guidare la lettura è diverso come la vita di un uomo celebre, un
interesse scientifico, documentario, di carattere sociologico, psicologico, storico, politico. Ad esempio
l’autobiografia la gioventù ritrovata è stata accolta dagli psicologici perché dimostrava alcune teorie
scientifiche. Altri motivi di interesse sono gli orari, le abitudini, pasti, abitazioni. Oppure i sentimenti, le
ossessioni, le debolezze.

CAPITOLO 3 IL PROFILO FORMALE


3.1 IL POETA E LO STORICO: DA ARISTOTELE A HUME

Esiste una forma autobiografica? Se stabiliamo che la materia è la vita di un uomo allora siamo lontani
perché ci sono diversi modi per raccontare la vita come il saggio, un articolo. L’autobiografo è uno storico
che deve raccontare una realtà precisa ovvero quella di un solo uomo. Aristotele propone una soluzione
ovvero di raccontare una sola azione come il ritorno di ulisse in patria. Ma poi pone una soluzione radicale.
Soltanto in un racconto di tipo poetico la vita di un uomo diventa un argomento narrabile in modo non
episodico. Hume invece afferma una relazione causa effetto. Pensare una trattazione unitaria della vita di
un uomo che abbia un carattere di necessità.

3.2 UN FILO MAGICO

L’autobiografia è una narrazione che riguarda la vita di un uomo considerata nel suo insieme . Ma non
significa che tutto il percorso vitale deve essere compreso nel racconto ma il periodo o gli eventi scelti
hanno una riflessione generale che riguarda la vita nella sua interezza per cui un dettaglio insignificante si
lega ad un altro dettaglio in una catena chiusa che si lega poi ad un’altra catena. Novalis di enrico dice che
c’è un filo magico, un filo conduttore che scorre sotto i vari e diversi accidenti. L’orientamento della
narrazione è retrospettivo. Tardi si vede lo scarto tra fatti prossimi e fatti discosti e si vede il segreto legame
che unisce il passato al futuro. L’autobiografo e lo storico posseggono la conoscenza del futuro che manca
al diarista e cronista. Dunque soltanto a posteri possiamo giudicare. Il discorso autobiografico è un
movimento di andare e venire negli eventi di tutta la vita riunendoli in un unico disegno interpretativo.

3.3 OTTICA BIOGRAFICA E OTTICA AUTOBIOGRAFICA

Ogni autobiografo dovrebbe temere il potere che egli possiede di riplasmare il passato, attribuendosi fatti e
sensazioni diverse. Ad esempio Darwin sapeva con sicurezza che il suo viaggio è stato quello piu
importante. leiris invece ha capito dopo il filo magico che lega le tre eroine di hoffamn. Il racconto di una
vita si organizza intorno all’idea di destino. Si tiene conto il punto finale che è tipico della biografia.
L’autobiografia ha in comune con il modello biografico il fatto di tenere in considerazione il punto finale,
l’esito della storia.

3.4 PASSATO E PRESENTE, STORIA E DISCORSO

L’ottica autobiografica non coincide con quella teleologica perché chi scrive di se non ha concluso il suo
percorso vitale e non ha raggiunto la meta. La morte non è ancora sopraggiunta ad impedire possibili
sviluppi, lo stesso ripercorre ti permette di capire, trasformare le tappe, infine il legame che unisce lo
scrittore al personaggio fa si che il giudizio è offuscato dall’ambiguità con il confronto, il self. Ci sono diversi
piani della personalità, ambivalenze della memoria. Il tempo è un fattore decisivo che modifica i rapporti.
L’autobiografo è ancorato tra il presente e il passato. in generale l’orientamento non è retrospettivo,
perché come diceva woolf è importante anche il presente e il futuro. Benveiniste definisce una
enunciazione storica dove si scrive in terza persona, non ci sono interventi da parte del narratore, poi vi è
l’apparato formale del discorso ovvero la persona che scrive con il presente, passato. questo metodo è
usato da Stendhal in quanto anche se narra il passato non si stacca dal presente. Il discorso è caratteristico
di quelle forme di enunciazione che presuppongono un parlante e un ascoltatore . Si narra il passato ma ci si
serve del presente. Si ha un equilibrio tra piano dell’enunciazione storica e piano del discorso. L’ultimo
confine del piano del discorso è la perdita della parola narrativa, il silenzio. Le confessioni di agostino
seguono il passato ma con un commento al presente.

3.5 RICOSTRUZIONE E CONFUSIONE: TECNICHE ROMANZESCHE

La forma autobiografica si avvicina al polo della finzione romanzesca. Una caratteristica è quella di
percorrere di nuovo in avanti il cammino che è stato già percorso nella riconsiderazione retrospettiva della
propria vita, cercando di conservare l’imprevedibilità. Si cerca di restituire al passato il sentimento di
sorpresa che è del presente. Molti autori cercano di mettersi nei panni di quando erano piccoli per
riprodurre la prospettiva del bambino. Una difficoltà è quella di non alterare la prospettiva passata a partire
dal punto di vista presente della narrazione. Si arriva quindi ad inventare una prospettiva infantile o
giovanile sulla base dei frammenti che si hanno come ha fatto mary mccarty nelle sue memorie. Una
soluzione è quella di dire che si è fatti una distorsione finzionale. Se invece si decide di abbandonarsi ai
ricordi si crea un quadro confuso, soluzione del 900. Wright ad esempio usa lo stile indiretto libero tecnica
che permette al narratore di rendere al vivo i pensieri del personaggio. Tecnica frequente in terza persona
nel 800-900, rara da trovare in prima persona perché narratore e personaggio coincidono. Altra
caratteristica 900 autobiografica è quella di subordinare del tutto la voce narrativa ad una voce senza
tempo per creare una concezione pura del mondo. La possibilità di immaginare il passato come se fosse un
futuro del personaggio è nata insieme al romanzo quando tutti potevano narrare. Quando uno poi racconta
la storia a prescindere dai risultati raggiunti si segue un processo nel suo sviluppo e non in funzione della
fine quindi autore, narratore e personaggio acquisiscono autonomia.

3.6 LE AMBIGUITà DELL IO: PRIMA E TERZA PERSONA

Nell’antichità molti testi autobiografici sono scritti in terza persona perché il narratore guarda se stesso
dall’esterno, da un punto di vista che si vuole obiettivo. La terza persona è usata nella autobiografia di
loyola redatta dal padre de camara. Nella cultura moderna, il rapporto con se stessi diventa interno. Il
narratore conquista un punto di vista soggettivo. L’identità individuale è considerata nel suo perenne
mutamento. Il narratore autobiografico dovrebbe usare la prima persona al presente invece di parlare di se
stesso nel passato come un lui. Le due spinte sono intrecciate. Nella maggior parte dei testi si usa la prima
persona che unifica il narratore e personaggio in una unica figura. Questa duplicità è messa allo scoperto
dall’emergere improvviso di un lui. L’uso moderno integrale della terza persona è piu raro. Nel educazione
di henry adams, il lettore vede spuntare dietro il lui, l’io e interpreta come commenti personali giudizi che
sono considerati come obiettivi. Un’altra categoria è quando non c’è traccia dell’identità tra autore,
narratore, personaggio e il lettore sa che sono autobiografici ma non possono essere chiamati in tal modo.

3,7 LE AMBIGUITà DELL IO: L’AUTOFICTION.

Serge doubrovsky ha coniato il termine autofiction. Egli ha scritto il romanzo fils ma il narratore e
pratogaonista è J. S. D poi julien serge poi doubrosky. Fils si vuole presentare come un vero romanzo che è
però una vera e propria autobiografia oppure nessuno dei due ovvero autofiction. Ci sono tre elementi
importanti. Il primo è la collaborazione o confluenza tra scrittura e critica. Il secondo elemento è la
sovrapposizione e convergenza tra verità e finzione o meglio lo svelamento della verità come finzione. Vi è
una componente psicoanalitica. Tutti i fatti in fils sono veri e la finzione consiste nell’inserire questi
materiali mentali in una cornice pseudo, una giornata qualunque della vita del narratore. Il gioco sul nome
è un prodotto linguistico. Il terzo elemento è la convergenza di autobiografia e critica da una parte e di
autobiografia e finzione dall’altra.

CAPITOLO 4

STRUTTURE, INTRECCI, MODELLI

4.1 L’ORDINE DEL DISCORSO

I materiali scelti per l’autobiografia devono essere organizzati, è necessario un principio di connessione.
Hume ritiene possibile tre principi: somiglianza, contiguità nel tempo e nello spazio, causa ed effetto. Un
annalista o storico usa il principio di contiguità in quanto si occupa di fatti avvenuti in un certo tempo in un
luogo preciso. Secondo hume il principio di causa ed effetto è più interessante. Dei tipi di legame o vincolo
esistenti, la combinazione di due in particolare è alla base dell’autobiografia “vera e propria”, cioè: il
rapporto di causa-effetto con il principio di contiguità nel tempo e nello spazio . (A questo tipo di
connessione ci siamo arrivati, a metà ‘700, grazie all’intrecciarsi di diverse correnti: quella cristiana e quella
protestante. Quella cristiana segue una connessione che da ogni fatto sale verso dio, quella protestante
segue una minuziosa analisi delle cause di azioni.) A fine ‘700, la secolarizzazione portò l’aspetto
pedagogico. Alcuni sono influenzati dal pensiero di hume e seguono un principio di causalità. L’ordine
narrativo causal-cronologico si specifica attorno nuclei tradizionalmente rilevanti, caratterizzando alcuni tipi
di autobiografie. Alcuni esempi di tali nuclei. –

Luoghi. Ciò che nel dominio del tempo appare slegato, trova in un luogo il nucleo di una fase vitale - il
principio di connessione sta nella contiguità di luogo. In alcune biografie è proprio la successione dei luoghi
a segnare l’evoluzione dell’opera. In questo caso, sentiamo delle affinità con le trame incentrate su viaggi:
peregrinazioni verso l’identità.

-Libri, opere. L’asse portante dell’intreccio, in queste opere che sono specie di saggi, sono le discussioni sui
libri (dei quali si pongono anche come specie di guide).

-Ritratti. Si parla di ritratti di persone importanti nella vita dell’Io per il suo sviluppo personale -compaiono
infatti solo in quei precisi momenti e segnano le tappe della sua evoluzione.

-Temi, simboli. Gli oggetti simbolici possono essere centri intorno ai quali si coagulano nuclei tematici,
essendo così funzionali a esplicitare un disegno interno all’opera. I materiali scelti possono essere
raggruppati anche su basi tematiche. In questo caso, il filo cronologico è continuamente interrotto perché
la connessione si basa su criteri di somiglianza. (Un esempio sono i Saggi di Montaigne: commenti che
raggruppano eventi della vita, sottoposti poi a riflessioni).

-Il disordine della memoria. È possibile basarsi sui ricordi, sulla memoria, per far emergere il materiale per
l’opera, e, successivamente, organizzarlo in base a un criterio preciso. A volte, però, è proprio il metodo di
estrazione del materiale, basato sulla memoria, che determina e influenza la struttura stessa dell’opera. Il
disegno generale tende così a disgregarsi e a deformarsi sotto il potere svincolato della memoria. L’opera
così assomiglierà più a un album di immagini, visto l’ordine non narrativo che assume -immagini che
emergono secondo tempi, modi e cause arbitrarie.

-L’ordine del caso. Con la crisi del soggetto abbiamo anche quella del racconto, entrambi si disgregano. In
questo caso, l’organizzazione del materiale è veramente casuale.
-Noia o credibilità? Creare un ordine artificiale per evitare la noia. Queste tecniche artificiose, sebbene
sempre in cerca di un ordine con quella naturale e lineare, sono un aspetto che avvicinano questo genere al
romanzo.

4.2 INTRECCI TRADIZIONALI

Gli autori delle autobiografie sono sempre alla ricerca di un equilibrio tra il modo di scrittura più consono
alla propria epoca e i modelli tradizionali. Questo vale anche nel caso degli intrecci. Nel mondo occidentale
è la bibbia. Ad agostino si deve il primo utilizzo di figure cristiane in un testo autobiografico . Agostino
prende come modello Mosè e paolo. Alcuni esempi di intrecci tradizionali.

-Paradiso, caduta, esilio. L’infanzia viene descritta come un Eden, un paradiso terrestre, in queste
autobiografie (da notare che in quelle antiche l’infanzia non viene mai rappresentata). A questa fase segue
quella della caduta, legata a un episodio della vita dell’autore come può essere il furto delle pere in
Agostino. A ciò segue la fase dell’esilio, che può voler dire infelicità o occasione per viaggiare “nell’umano”
e scoprirlo.

-Viaggio, peregrinazione, ritorno. Alla fase dell’esilio è legata la narrazione di una peregrinazione in mezzo
ai pericoli, che si conclude con un ritorno “alla patria”. L’andamento è dunque circolare, è il ritrovamento di
sé, la conquista di un nuovo paradiso in cui si risolvono tutti i conflitti. È un viaggio metaforico che riporta
con una nuova consapevolezza alla situazione iniziale: questo è il processo di sviluppo descritto.

-Conversioni, svolte, visioni, crisi. Nella letteratura autobiografica si ha la conversione che permette di
raggiungere l’unità e l’identità. Sempre agostino è il modello che interpreta una cantilena sentita. Poi si ha
la svolta come per esempio quella di Rousseau, mentre si reca a casa di diderot trova il celebre quesito
dell’accademia. Qui Rousseau decide un nuovo significato della sua vita. la conversione avviene in seguito
ad una visione come nel caso di loyola. La conversione comunque avviene tramite una crisi. Ad esempio
agostino prima di convertirsi è stato scosso dall’incontro con il vescovo di milano.

-Vocazione, successo, fallimento. La conversione di agostino e quella di malcom X sono dei successi.
L’individuo riconosce la sua vera natura e cambia la vita realizzandosi. Alcune storie di vocazione sono dei
successi oppure a volte capita una mancata integrazione.

4.3 MODELLI E CONFINI DEL GENERE

Il campo del narrabile, nelle autobiografie, è potenzialmente infinito. I materiali che la compongono devono
dunque essere selezionati, alcuni verranno privilegiati su altri in base a un disegno preciso che ricalca
modelli culturali esistenti. Si preferiscono alcuni elementi rispetto agli altri. Ad esempio cellini aveva una
gran voglia di raccontare e questa ansia emerge proprio dalla sua scrittura. Egli ha dedicato però solo 15
pagine alla sua infanzia rispecchiando la situazione del suo tempo in quanto l’infanzia non riceve
attenzione. Cellini decide di raccontare scene in cui lui è protagonista e si ferma quando gli eventi
coprirebbero la sua immagine. Lui è un artista e vuole proprio descrivere questo. Egli fa una scelta ulteriore
tra gli argomenti già selezionati. Egli ha scritto una autobiografia incentrata sulle azioni e non su eventi
storici.

Non sempre però la definizione di un modello è semplice perché ci sono autobiografie soggettive e
oggettive. In quelle soggettive il soggetto è al centro della narrazione, in quelle oggettive il soggetto è un
osservatore. nella sfera oggettiva troviamo le memorie o le res gestae, nella sfera soggettiva troviamo le
autobiografie “vere e proprie”, quelle moderne.

-Res gestae, memorie, reminescences. La maggior parte dei testi autobiografici antichi sono dei res gestae.
e l’uomo antico era sostanzialmente uomo pubblico di cui importava cosa avesse fatto e svolto. Gli eventi
sono privilegiati rispetto agli attori. Gli esempi piu antichi sono le res di augusto e i commentarii di cesare.
L’autore vede sé stesso dall’esterno, quasi fosse un biografo incapace di entrare nell’intimo del
personaggio.

Poi si impone il gesto delle memorie libertine che raccontano la vita movimentata dell’autore, i suoi amori
galanti.

Poi vi sono le remeniscenze in cui si osserva da una posizione privilegiata con uno sguardo distaccato una
scena storica di particolare interesse.

Ogni autobiografia è sempre res gestae e reminiscenze.

-De libris propriis. In questo caso l’autore si presenta nelle sue vesti di scienziato, filosofo, scrittore, ecc.
Egli si limita solo alle sue attività intellettuali (spesso si limita a raggruppare i risultati di un periodo di
studio), e può avere intenzioni polemiche o apologetiche. Vi è una sovrabbondanza di particolari sulle
opere come descrizioni e riassunti e poi la centralità delle discussioni filosofiche, estetiche, scientifiche. È
facile che sconfini nel territorio del saggio, e la natura e centralità delle discussioni ce lo mostrano spesso
come una specie di diario di lavoro.

-Libri di famiglia, ricordanze. Opere dalla natura “segreta”, cioè destinate solo ai familiari stretti e alla
discendenza. Si fa riferimento prevalentemente a eventi privati. Lo scopo è didattico nei confronti dei futuri
lettori. È più simile al diario, dato che gli eventi vengono registrati con pochissima distanza temporale
rispetto a quando sono avvenuti; ma, a differenza dei diari, il soggetto è “collettivo”, cambia col passare del
tempo, esattamente come il destinatario. Con l’avvento dell’epoca moderna, che cambia il concetto di
divaricazione tra pubblico e privato, il libro di famiglia entra in crisi. Su questi diari privati vengono scritte
le morti, il profitto, nascite, matrimoni, malattie, ricette proprio con uno stile mercantile in cui si segnano i
conti. (Alla stregua dei libri di famiglia potremmo trattare le “ricordanze” dei conventi, perché la scrittura e
il pubblico sono plurali e variano nel tempo, e gli eventi registrati riguardano la comunità stessa come le
entrate, le uscite e le morti delle monache).

-L’histoire de mon ame. Per quanto riguarda l’autobiografia soggettiva, alcuni esempi li abbiamo anche
nell’antichità, uno è Agostino, le sue Confessiones riportano una storia interiore, l’oggetto delle sue
narrazioni sono i suoi pensieri più reconditi. La secolarizzazione di questo orientamento è forse l’evento di
svolta (e che più lo allontana dalla storiografia) più importante del genere: l’autobiografia moderna narra le
azioni di un individuo, ma sempre in relazione al suo stato interiore (sentimenti e stati psichici). In questi
testi, la selezione del materiale avviene sul piano involontario della memoria o arbitrario della finzione (ciò
avvicina il genere al romanzo psicologico). Ad esempio Rousseau afferma di voler analizzare la storia della
sua anima.

-Mental history. Questo tipo è a cavallo tra autobiografia soggettiva e oggettiva. La storia di uno sviluppo
intellettuale coincide con la storia di una crisi culturale o sociale, di un’epoca precisa. Il modello più antico è
agostino con le confessioni che sono lo sviluppo spirituale e di una educazione. L’argomento principale è la
storia della mente.

-Dall’io al mondo. Il punto di vista adottato, appartenendo a un uomo consapevole del suo tempo (che ne
ha assorbito lo spirito), è talmente elevato da far coincidere la sfera oggettiva e quella soggettiva. Si mira ad
una compenetrazione tra l’uomo in tutti i suoi aspetti e l’epoca. Questi narratori partono dalla sfera privata
verso il vasto mondo.

-This is not an autobiography. Questi sono solo alcuni modelli, poche autobiografie sono comprese in uno
di questi modelli. Alcune sono proprio al confine o sovrappongono due modelli. Father and son di gosse ad
esempio non è una autobiografia
-i can only hope to avoid a vain and prolix garrulity. Il testo autobiografico slitta e devia ogni istante,
percorso da una tendenza alla digressione.

CAPITOLO 5

5.1 TEMPI, CONFINI, FONTI

La domanda da porsi è: quanti anni di vita deve abbracciare un’autobiografia? nel caso di cellini,
l’interruzione esclude 9 anni di cui non avevano niente di rilevante. La vita, la sua opera è completa. In ogni
caso raramente il tempo della storia raggiunge quello della scrittura. Con goethe in dichtung und wahreit
egli narra i 26 anni della sua vita ma in questo caso egli si ferma alla formazione, la bildung. Nella vita di
henry brulard, stendhal racconta i primi anni di vita, quando non ancora 18 enne entra a milano al seguito
dell’esercito napoleonico. Qui però non abbiamo una completa formazione. Ma a volte nel non detto si
trova un modello influente. Oggetto dell’autobiografia non è l’intera vita. ci sono altri fattori da tenere in
considerazione. L’età dell’autobiografo, le dimensioni del testo e la parte della vita narrata. Il primo punto
tiene conto che l’autobiografo sta alla fine della sua vita e ha intenzione di tirare le fila della sua vita. il
secondo punto: a volte le quantità hanno un significato. Rousseau decide di raccontare la sua intera vita per
raggiungere un livello qualitativo. Infine è comunque impossibile narrare l’intera vita o singoli episodi in
uno spazio limitato.

5.2 INFANZIA, GIOVINEZZA, MATURITà

I quattro esempi di cellini, franklin, goethe e stendhal sono ordinati secondo due criteri , il primo criterio è il
decrescente numeri di anni di vita raccontata a partire dalla nascita, il secondo criterio è una progressione
cronologica e storica. Dal 500 al 700 e 800. Ci si interessa all’infanzia perché come dice alfieri l’uomo è una
continuazione del bambino. L’autobiografia moderna considera l’infanzia ma tramite una evoluzione
antropologica e culturale. Invece nell’antichità era solito non includere l’infanzia perché veniva
rappresentato l’io e il mondo sociale. L’unico testo autobiografico arrivato dall’antichità che riflette
l’infanzia è il capostipite agostino con le confessioni. Difficilmente prima del 18 secolo essi si occupavano
di questo periodo, lo trattavano velocemente o rappresentavano episodi come malattie o rudimenti
scolastici. Abbiamo anche in Italia alcune eccezioni come quella di raffaello sinibaldi. In ogni caso nel 700 e
800 emergono le prime autobiografie incentrate sull’infanzia come quella di Agostino, Rousseau e Goethe.

Testo frammentato: in alcuni casi viene selezionato un periodo piu o meno lungo della maturità con
esclusione della infanzia e giovinezza. La scala temporale si basa su una scelta ideologica. Uno dei capisaldi
sono le mie prigioni di silvio pellico.

Testo moltiplicato: molti autori hanno scritto un solo testo retrospettivo compiuto integrato con diari,
lettere. Nell 800 e 900 si diffondono le autobiografie progettate come un unitario racconto retrospettivo
diviso in volumi e ordinati cronologicamente. Siccome si tratta di opere scritte in vari anni, gli autori
trattano piu volte gli stessi avvenimenti da prospettive diverse.

5.3 LE FONTI: I DOCUMENTI E LA MEMORIA

Gosse individue due fonti del suo racconto della infanzia ovvero ciò che la famiglia gli ha trasmesso e ciò
che lui ricorda. Ma è anche vero che non è possibile ricordare tutta la vita. si usano quindi documenti orali e
scritti e questi sono riportati nel testo. Nelle apologie la verificabilità è necessaria e la garanzia di una
autorità è importante perché non si da niente per vero. Dunque la ricerca della documentazione è il primo
progetto da fare. A volte non sappiamo se l’autore ha usato documenti ma possiamo capirlo se egli usa il
presente, o fa commenti. L’inserzione del testo serve per far conoscere un punto di vista e questi scritti
sono lettere, diari, giornali di viaggio, saggi e appunti. La traccia è importante e l’autobiografo deve usare la
stessa cautela del biografo. L’autobiografo può anche usare immagini e non solo scritti però come gli scritti
anche le immagini possono essere inframmezzate nel testo. Barthes ad esempio mette le foto dei luoghi, di
persone come la madre. In ogni caso, la memoria nell’autobiografia interna moderna è il mezzo per
conoscere l’io. Ma la memoria può vacillare perché alcuni non ricordano proprio la infanzia, altri come
Rousseau ricorda solo i ricordi felici, gosse ad esempio non ricorda i momenti felici ma solo quelli tristi. La
memoria è selettiva. Può capitare anche che il narratore si sbaglia quando ricorda perché potrebbe
immaginare qualcosa raccontato da altri.

5.4 L’INIZIO

La vita di un uomo è considerata diversamente a seconda dei paradigmi elaborati nel corso della storia nei
diversi sistemi culturali. Nel mondo romano la vita di un uomo è inserita in un quadro familiare. Sia gli elogi
funebri sia gli scritti autobiografici fanno riferimento alla stirpe. Nei libri di famiglia si pongono al primo
posto gli antenati, l’individuo scrive più che la propria storia personale quella della famiglia. Agostino invece
abbandona lo schema romanzo classico iniziando dalla sua nascita e non con gli antenati. Un altro modello
come quello in casanova prevede di iniziare con il ricordo più lontano nel tempo che la memoria gli
presenti dunque all’età di quattro anni. cartesio segue lo sviluppo intellettuale a partire dall’infanzia. Altri
autori invece si avvalgono per quanto riguarda l’infanzia di immagini, sensazioni, altri danno una
autopresentazione che comprende tratti fisionomici. Altri si presentano prima del racconto vero e proprio
come nella introduzione, prefazione.

5.5 LA FINE

Se una persona muore non può raccontare la propria morte perché è appunto morto , ma da vivo non può
neanche raccontarla perché appunto non può prevedere ciò che deve ancora succedere. Questo appunto
differenzierebbe l’autobiografia dalla biografia che può raccontare la morte. Ma ad esempio nel caso delle
agiografie la morte non rappresenta la fine ma l’inizio. Plutarco non conclude il suo racconto con una farsa
ma con un accento sul significato della morte. La molteplicità di finali è ampia, l’autobiografo può scegliere
di non moire come vuole. Alcuni autobiografi esorcizzano la morte e rinascono nella scrittura. Papini ad
esempio invece descrive minuziosamente la morte intesa al futuro. Lui afferma che esorcizza la morte nel
senso che lui non può morire. Henry adams fornisce una autobiografia come suicidio preventivo premessa
ad una eventuale risurrezione. A volte poi ci sono finali significanti come un evento tragico, o senza motivo
come nel caso di cellini. Oppure poi la morte stessa interviene sulla fine del manoscritto come nel caso di
alfieri.

CAPITOLO 6

UN SECOLO DI TEORIA E CRITICA: POESIA E VERITà

6.1 LA ZAVORRA DELLA REALTà E LE CONVENZIONI DELL’ARTE

Nell’approcciare i testi autobiografici, prima dell’800, venivano considerati alla stregua di documenti storici.
Era come una biografia in cui l’autore coincideva “curiosamente” con il personaggio, niente di più. La
discussione sulla distinzione tra i due tipi di testi verteva sull’autenticità, e da dopo il ‘700 furono i testi
autobiografici ad esser considerati come più attendibili sebbene non mancassero coloro che dubitavano
della buona fede dello scrittore. Nel ‘900 la discussione verte sulla “finzionalità” del genere autobiografico,
che si mescola con quelli genuinamente storici. Il compito del critico diventa quello di riuscire a separare le
parti romanzesche da quelle ricostruttive e di valutare poi la loro affidabilità . A questo punto viene alla luce
il paradosso di questo genere autobiografico: assume una fisionomia propria (forme e tecniche di
composizione) quando si avvicina al genere romanzesco, ma proprio per questo non riesce a rendersi
autonomo e riconoscibile. Nel XX secolo la sovrapposizione tra scrittura romanzesca e quella
autobiografica diventa fitto da imporre una revisione del giudizio. Sono i decostruzionisti a sottolineare la
tendenza alla finzionalità di ogni testo autobiografico, ma un’altra parte della critica si rifiuta di appiattire
questa differenza, in quanto deve comunque aderire alla realtà storica dei fatti. Il problema della verità
storica non viene risolto, però viene considerato diversamene: l’autobiografo, in fondo, esprime la propria
verità, pur non riproducendo fedelmente il passato; importanti sono le circostanze nelle quali il racconto è
prodotto e recepito dal pubblico.

6.2 VERITà E SIGNIFICATO

le autobiografie sono da un lato il modello della comprensione storica, dall’altro il mezzo più diretto
d’espressione per la coscienza individuale. Le singole autobiografie di ogni epoca, infatti, la rappresentano.
L’autobiografia può essere collegata a un significato storico-culturale, la si può vedere come uno stadio
della storica culturale di un popolo. Ma può essere collegata anche all’espressione vera di un significato
personale, diventa espressione di un processo di comprensione della propria vita (è una seconda lettura
della vita, nella quale si prende coscienza di essa). Se il modo in cui viene rimodellata la vita è il modo in cui
emerge la vera identità del soggetto, quanto più la forma sarà adatta, tanto meglio esprimerà quella verità
personale. Dunque viene ribaltato il concetto di verità: le autobiografie più vere non sono quelle che
raccontano le cose così com’erano, ma quelle più riuscite. Dunque, se l’importanza cade sull’aspetto
formale, la cui compattezza e coerenza ne determinano la veridicità e le rendono migliori, allora esse sono
quelle che più si avvicinano al genere romanzesco. Da questa attenzione per gli aspetti stilistici, emerge
comunque un problema, cioè l’elusione delle costanti formali: dato che ogni autore è unico, l’adozione
della forma spetta a lui ed è arbitraria -quindi riemerge il problema formale. Un altro problema causato da
questo approccio al genere è la differenza che va a scomparire tra un testo di finzione e autobiografia. Se,
nella finzione, un passato “in sé” non esiste, l’atto autobiografico è automaticamente immaginativo.

6.3 CONVENZIONI, FUNZIONI, PATTI

Dobbiamo considerare anche le intenzioni dell’autore rispetto alle aspettative del pubblico (convenzioni
retoriche). Gli autori adottano strategie retoriche proprio perché consapevoli del loro pubblico. C’è un
rapporto che si instaura tra autore e lettore. La stesura stessa dell’opera ci mostra come l’autore orienta la
lettura ed il lettore; se vuole che sia considerata dal punto di vista storico o finzionale -un patto
autobiografico. Nel primo caso, ad esempio, il lettore si sentirà in dovere di verificarne la veridicità storica;
il lettore di deve sorprendere e non indignare se un dettaglio non coincide esattamente von un dato
biografico. Le intenzioni di un autore possono comunque non essere recepite facilmente. Questo varia
anche dall’epoca storica, a seconda del sistema letterario e culturale. Bisogna infatti capire quale funzione
svolga, ogni volta, di epoca in epoca, il genere dell’autobiografia, e quale sia il suo rapporto con gli altri
generi. Ad esempio, il narratore medievale non opponeva storia a finzione, la sua attenzione era tra
l’opposizione “insegnamento o meno”. Nell’Umanesimo, invece, l’attenzione è stata posta sulla veste
letteraria, questo genere era considerato come un’opera letteraria.

6.4 HUME E IL GATTO DEL CHESHIRE: AUTOBIOGRAFIA E FINZIONE ROMANZESCA

È possibile che l’autobiografia, per la sua natura libera da convenzioni rigide, sia stata fonte di ispirazione
per i primi romanzieri; in fondo mostrava la realtà e lo faceva con strumenti retorici -ideale, dunque, per
creare l’illusione della verità. Questa massa di testi rappresentava una sorta di patrimonio, in questo senso.
Quindi, da un lato, le sperimentazioni romanzesche si avvalgono di tale patrimonio; dall’altro, questi testi
vengono integrati a quella tradizione romanzesco, che però non era ancora regolamentata. L’influenza delle
autobiografie sui romanzieri è evidente. In Inghilterra l’ascesa del romanzo coincide con la diffusione dei
testi autobiografici, in Francia il romanzo nasce all’ombra della letteratura personale (di Montaigne, ad
esempio), in Germania le due forme si uniscono (Goethe scrive il primo romanzo tedesco realistico in forma
biografica, e la sua autobiografia nella quale non esclude una componente romanzesca). In Italia mancava
l’influsso di quei modelli religiosi che portarono alla maturazione l’autobiografia all’estero; arriverà, ma si
dovrà aspettare l’influenza estera. Tra realtà e finzione i confini restano fluidi (l’autobiografia si fa letteraria
e il romanzo si fa autobiografico). David Hume rinuncia a distinguere realtà da finzione, la stessa identità
personale è fittizia. La comprensione stessa della nostra vita è una pura costruzione. (Anticipa la creazione
dell’autofiction, il cui statuto è volutamente ambiguo). Termina il suo ragionamento con un sorriso di un
gatto del cheshire.

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