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RIASSUNTI PUBBLICITÀ E CINEMA

Capitolo 1
LA PUBBLICITÀ NEL CINEMA . UN TENTATIVO DI CLASSIFICAZIONE

La presenza di una referenzializzazione extratestuale attraverso un elemento di tipo


pubblicitario produce un effetto nella fruizione della storia da parte dello spettatore.
Che tipo di pubblicità c’è nel testo quindi? Tendenzialmente il product placement tradizionale,
che si limitava a presentare il prodotto o il brand come un elemento ben visibile all’allestimento
scenografico, poco curandosi dell’integrazione nella trama e tramite la semplice presenza visiva
del prodotto nell’inquadratura.
La presenza della pubblicità nel film può essere suddivisa in 2 categorie preliminari:
a. il prodotto brandizzato è interno alla storia, usato cioè da un personaggio per
determinate azioni
b. il prodotto si presenta già in forma pubblicitaria: cartellone, insegna, manifesto, spot…
Nel caso a) il prodotto viene reso parte della storia, mentre nel caso b) il placement si presenta
già nella sua veste pubblicitaria e dunque si palesa immediatamente nella sua evidenza di
brand di consumo.
Di conseguenza ci sono due percorsi semiotici opposti: da una parte una normalizzazione
dell’elemento pubblicitario mentre dall’altra una metadiscorsivizzazione, dove il brand si mostra
come advertising rivelando la sua natura commerciale.
Nel caso b) a sua volta si possono distinguere due sottocategorie: una dove l’adv si pone come
elemento complessivo del paesaggio urbano, oppure nell’altro caso dove l’adv rompe la
composizione plastica dell’immagine.

1.2 Qualsiasi forma di narratività proprio perché mediata in un testo si presenta come una resa
finzione della realtà.
Quando parliamo di referenzializzazione ci riferiamo a quando un discorso di secondo grado,
installato all’interno di un racconto, da l’impressione che questo racconto costituisca la
“situazione reale” del dialogo e, inversamente, un racconto sviluppato a partire da un dialogo
inscritto nel discorso, referenzializza questo dialogo.
Tre forme di fittizzazione:
1. implicita a qualsiasi forma di linguaggio che in qualche modo traduce la realtà in testo
2. produzione di fattività legata all’utilizzazione di certi modi discorsivi: fare narrativo,
descrittivo, interpretativo…
3. è il momento in cui il reale invade il testo

Il testo filmico spesso costruisce un meccanismo di referenzializzazione che richiede il


riconoscimento di una figura nel mondo ma che lascia un ampio campo aperto su come tale
figura debba essere letta.
Questo processo di riconoscimento che Bertrand chiama di “figurativizzazione” può essere
analogico o deduttivo.
Ci sono invece casi inversi in cui il prodotto e/o marchio creato fittiziamente all’interno del film
diviene realmente oggetto di marketing e di consumo e viene immesso sul mercato.
Es. le caramelle stregate di Harry Potter

1.3 parla di come è presente la pubblicità in alcuni film

1.4 Come abbiamo detto, per simulare la presenza di un brand che si pubblicizza all’interno di
un film si possono creare interni universi di riferimento.
Tuttavia esiste un caso abbastanza clamoroso di product placement che è quello degli spot
interni alla dieresi del film che però non simulano un universo di marca fittizio, ma utilizzano per
vari motivi un brand realmente esistente.
Questa è una modalità non comune perché il product placement di marketing ha preferito
storicamente una presenza più discreta, inserendo il prodotto merceologico nelle inquadrature
o al massimo in un manifesto.
La pubblicità diventa lo sfondo, il motore nascosto della narrazione, nella quale l’elemento
metafisico è sempre presente ma mai centrale.

1.5 In questo genere di pubblicità nel cinema è molto importante il posizionamento dello
schermo rispetto all’inquadratura, infatti ci possono essere 3 tipi di posizionamento:
1. lo spot è visto da un osservatore interno alla diegesi: uno schermo manda in onda
uno spot per degli osservatori che sono attorializzati nella scena
2. lo spot è privo di osservatori ma la sua cornice non coincide con l’inquadratura
3. grado zero: lo spot coincide completamente con l’inquadratura e l’osservatore inscritto
è di fatto l’osservatore stesso.

1.6 L’elemento pubblicitario è un luogo di scambio, dove la marcatura e la valorizzazione della


marca e del prodotto può essere continuamente rinegoziato.

Capitolo 2
LA TEORIA DELLA NARRAZIONE FRA TRAILER E FILM

Il trailer è prima di tutto un testo promozionale, parte rilevante della campagna marketing di un film.
+ appunti delle lezioni riguardanti il trailer (ci sono dette le stesse cose)

2.2 Ci possono essere due modalità di analisi del trailer:


narrativa, quando si intende quella secondo cui il trailer da allo spettatore l’opportunità di
desumere una possibile storia del film e antinarrativa, che si fonda sulla scelta strategica
diametralmente opposta alla precedente.

Story concept = modello interpretativo a sei termini, costituito da spazio-tempo, personaggio,


problema, conflitto, relazione, obiettivo che riproduce gli elementi essenziali della storia.

C’è poi una terza modalità che si caratterizza per la presenza di una storia più o meno chiara e
compiuta all’interno della quale sono tuttavia rintracciabili elementi che riescono a metterla in
crisi, contraddittori, antinarrativi in senso lato.
Questa terza modalità prevede però per l’operazione del montaggio una doppia scelta:
aggiungere o sottratte; creare conflitto per immissione di scene contraddittorie oppure creare
conflitto per “omissione” palese di segmenti narrativi che riescono a evidenziare a maggior
ragione le lacune di trama.

2.3 C’è la descrizione e il commento dei trailer che abbiamo visto a lezione ( es. the dressmaker)

2.4 Due prospettive diverse della teoria della narrazione intese in chiave sinergica:
La prima ha a che fare con la tenuta qualitativa del film e guarda al trailer come a una forma
narrativa a sé stante, l’altra pone l’accento sull’incompletezza narrativa esibita dal trailer, in
vista del regime narrativo di appartenenza del film.
Se la sceneggiatura è un progetto, lo story concept è il nucleo embrionale di questo progetto.
Lo story concept consiste infatti nella più semplice presentazione della storia, nei suoi elementi
essenziali, esposti nella massima sintesi. Questa sintesi deve riprodurne la struttura e dunque
esporre in breve gli eventi principali della storia.

2.5 Quando il film non rispecchia le aspettative del trailer succede che (questo nel caso di the
dressmaker): > non so perché ce l’ha fissa con sto film sono due capitoli che ne parla > il
riassunto è che il trailer è comico mentre il film a un risvolto drammatico
a) cambio di tema e delusione delle aspettative
b) crollo del personaggio principale connotato positivamente che viene sconfitto
c) assenza di happy end
Parla di altri due film: Kollektivet e Whiplash
Whiplash ⟶ nel trailer c’è l’idea di un ragazzo manipolato mentre nel film si capisce che in
realtà c’è un automanipolazione.

2.6 Applicare la teoria della narrazione al rapporto trailer-film ha 3 principali conseguenze


teoriche:
1. Si fa strada l’idea che il trailer abbia il potere di lasciare emergere sensi nuovi, e di
enfatizzare o esaltare gli aspetti positivi o negativi di un film.
2. In secondo luogo, ragionare su una correlazione vincente tra trailer e film potrebbe voler
dire esercitare una forma di analisi, se non specificatamente di critica cinematografica, dalla
quale far emergere delle motivazioni strutturali che provino a spiegare la riuscita o
l’insuccesso di un film.
3. Una teoria della narrazione che si applichi al trailer e di conseguenza al film vuole intendere i
due testi non come uno il paratesto dell’altro, ma come due momenti di un’unica narrazione
espansa e trasmodiate.

Capitolo 3
LA “ PUBBLICITÀ D ’ AUTORE ” TRA SPOT E CORTOMETRAGGI

Cos’è la pubblicità d’autore? non lo so perché non l’ha spiegato


3.2 Si parla della storia della pubblicità e la storia del cinema: il cinema nasce dai fratelli
Lumiere a Parigi nel 1895, mentre la pubblicità si è svolta negli anni assieme al cinema grazie
all’introduzione del sonoro e del colore.
Poi la pubblicità trova un altro mezzo di propagazione potente che è la televisione, importante
soprattutto in Italia con il Carosello.
Negli anni 70 poi si è riconosciuta l’importanza del ruolo economico e sociale svolto dalla
pubblicità.
Fellini porta la pubblicità nel suo cinema e ne mostra gli effetti deleteri sulle persone, sottolinea
l’impatto sulla qualità dell’immagine filmica, ma scrive e gira spot da inserire nella trama dei
suoi film. Tuttavia è sicuramente affascinato dalla forma breve dell’audiovisivo pubblicitario che
permette di giocare con il linguaggio e con le immagini costruendo un discorso frammentario,
paratattico e onirico. es. spot di Campari o Barilla

3.3 Il rapporto tra pubblicità e cinema dal punto di vista socioproduttivo: dagli anni 80 ai
decenni successivi c’è stata l’abitudine di affidare una serie di spot o intere campagne a registi
cinematografici rinomati. L’intento è quello evidente di collegare la notorietà del regista, la fama
raggiunta attraverso la sua attività artistica, al discorso della marca o dell’azienda.
es. di spot come quello della Apple 1984 di Ridley Scott

3.4 Davin Lynch: regista che nel corso degli anni riveste varie forme; ad esempio i prodotti
più recenti si caratterizzano come delle forme testuali in cui il suo mondo immaginifico e i suoi
stilemi si dispiegano in modo compiuto, facendo dialogare tali prodotti con tutto il resto della
produzione audiovisiva.
Dopo gli anni 2000 infatti sono prevalse altre forme di promozione pubblicitaria molto più
frammentarie.
Inoltre Lynch si è fatto coinvolgere in progetti molto variegati, nella realizzazione dei quali ha
messo a frutto le sue capacità di progettazione grafica, fotografica e pittorica.
poi parla dei vari esempi

3.5 parole chiave: “intertestualità” e “stilemi autoriali”


Se con interstualità si intende analizzare i tipi di rapporti tra testi diversi, con “intermedialità e
transmedialità si sottolinea maggiormente il fatto che i testi possano intrattenere e costruire una
rete di rapporti che travalicano i vari media.
Le strategie di marca intendono sfruttare le potenzialità offerte dalla “pubblicità d’autore” e
consiste nel far emergere nella pubblicità tali istanze di rappresentazione autoriale, con lo
scopo di catturare l’attenzione di un lettore/fruitore che riesca a cogliere i riferimenti
intertestuali e possa così incrementale il suo desiderio di nuova testualità filmica e pubblicitaria.

Capitolo 4
NUOVI LINGUAGGI PER NUOVI MEDIA : FASHION FILM , TRA CINEMA E MODA

La nascente cultura digitale sta evidentemente condizionando la società in generale.


Mentre prima si passava più tempo davanti alla tv rispetto ad un dispositivo mobile ora è il
contrario. Osservando altri dati vediamo poi che la principale attività che viene praticata online
è la visione di video (praticamente in questo primo capitolo studiamo linguaggi e strategie
dell’advertising digitale perché giustamente non abbiamo un corso solo su questo)
Storifying social: nuovo approccio che segna un importante passaggio di comunicazione dei
social media: dal proporre contenuti di testo al condividere storie per immagini, sviluppando
così engagement.
Internet per i brand ⟶ non è tanto un luogo dove comunicare ai consumatori quanto più un
luogo dove connettersi e condividere con i consumatori.

4.2 I fashion film sviluppano un percorso narrativo, ruotando intorno a un tema, o valore,
centrale per il brand, sia fashion film che lavorano unicamente sull’estetica delle immagini,
creando suggestioni e atmosfere coerenti con lo stile del brand che le propone.
i fashion film dunque sono un tipo di comunicazione di marca, sono cioè strumenti strategici
che costruiscono nuove narrative per quel pubblico sensibile al mondo del fashion e ai suoi
immaginari, incontrando armonicamente le leggi di comunicazione che la rete impone.
Questo nuovo approccio implica un cambio negli obiettivi di comunicazione per i brand di
questo mercato, che si possono riassumere in quattro punti fondamentali:
1. coinvolgere piuttosto che persuadere
2. condividere piuttosto che asserire
3. divertire piuttosto che vendere
4. innovare invece di ripetere
Coinvolgere perché i fashion film non si basano sulla razionalità ma sull’emozione,
assecondano le tendenze del consumatore.
Condividere perché ci si collega alla natura stessa della rete, in quanto luogo, seppur virtuale,
affollato di voci, opinioni e punti di vista. Oggi inoltre la moda condivide temi che in genere
riguardano aspetta sociali come ad esempio l’accettazione del diverso.
Divertire perché i fashion film sono una forma di brand entertainment, devono intrattenere, e
spesso la struttura dei fashion film è mitologica: i protagonisti sono persone animate da
sentimenti universali.
Innovare invece perché in passato la comunicazione di marca lavorava sulla ripetizione: più un
messaggio veniva proposto al consumatore e maggiori erano le possibilità che esso fosse
recepito e memorizzato. Ma oggi invece gli individui rifuggono da una comunicazione di marca
pressante e aggressiva, che si vuole imporre sul pubblico con la forza di pressione
pubblicitaria.

4.3 Il web è dunque il medium utilizzato per veicolare i fashion film e questo sta comportando
la necessità di sviluppare un nuovo linguaggio e nuove forme di storytelling.
Per quanto riguarda la durata i fashion film non hanno sviluppato un minutaggio tipico.
Il net-aesthetics si focalizza sull’aspetto di novità dei fashion film riferita al linguaggio, e le
principali forme di net-aesthetics registrate sono tre e tutte fanno esplicito riferimento a
tecniche di montaggio della tradizione del cinema:
1. linguaggio produttivo
2. linguaggio riproduttivo
3. linguaggio digital sperimentale
Linguaggio produttivo: la sua definizione riprende l’idea del montaggio come produttore di
contenuti del cinema sovietico degli anni Venti. Queso linguaggio non si propone di riprodurre la
realtà, piuttosto ne seleziona alcuni frammenti, li isola e poi li ricompone, per ottenere un
linguaggio amplificato e manipolato, capace di veicolare l’interpretazione di ciò che lo
spettatore sta vedendo.
Linguaggio riproduttivo: nasce anch’esso alle origini della storia del cinema e coincide con il
decoupage classico. La scena viene divisa in frame a supporto della narrazione, per
coinvolgere emotivamente lo spettatore e annullare o comunque abbassare le distanze fra chi
guarda e l’oggetto osservato. Il montaggio seleziona i momenti della storia, articolando spazio
e tempo in funzione del piano narrativo: si può parlare di “astrazione della realtà” sulla base
della continuità logica e lineare del racconto. Nei fashion film il linguaggio riproduttivo è volto a
creare questa stessa “finzione di realtà”
Linguaggio digital-sperimentale: si manifesta come interprete ed evoluzione del cinema
definito sperimentale. Questi video lavorano principalmente sulle immagini, alletando il contatto
con la realtà e privilegiando i codici tipici dell’astrattismo.

4.4 Da questi capitoli possiamo dedurre che la rete generalmente privilegia la versatilità,
anche in termini di scelta di codici e linguaggi. Quindi si conclude dicendo che tutti e tre i
linguaggi offrono pari opportunità e sviluppo e si prestano alla costruzione online di nuovi
immaginari di marca forti e pertinenti, perseguendo l’obiettivo di creare nuove forme di brand
entertainment.

Capitolo 5
FASHION FILM : UN FORMATO AUDIOVISIVO TRA PUBBLICITÀ , VIDEOCLIP E VIDEOARTE

I fashion film hanno rapidamente suscitato interesse in quanto possiedono il potenziale per
offrire la poesia e l’energia di uno spettacolo in passerella, con musica e movimento, in modo
economico e facile da distribuire.
Ma i fashion film non sono un genere ma un formato mediale che tende ad assumere sempre
più le caratteristiche di un linguaggio peculiare.
Il fashion film rappresenta una sorta di traduzione in chiave audiovisiva del linguaggio della
moda, le cui strategie pubblicitarie e la cui comunicazione rappresentano un caso a parte
rispetto ai codici convenzionali tipici di altri ambiti commerciali.
Ma l’ambito della moda è alquanto tradizionalista e conservatore infatti questo può spiegare
perché le produzioni audiovisive legate alla moda si siano tradizionalmente limitate a spot
pubblicitari incentrati su profumi, mentre le marche dell’ambito casual come Nike o Diesel
investono ampiamente nella comunicazione pubblicitaria, mentre le griffe del lusso se ne
tengono lontane.

5.2 Le due figure che hanno svolto una funzione chiave per la nascita dei fashion film sono
Nick Knight e Diane Pernet.

5.3 Nel fashion film si può trovare di tutto: dal documentario antropologico all’esibizione
libera di corpi e di sessualità, senza costrizioni di generi o di genere.
Alcuni fashion film adottano una modalità tipicamente cinematografica, il che concretamente
comporta alcune caratteristiche: possibilità di impiegare suoni “ambientali” e non solo brani
musicali; articolazione narrativa di personaggi e di compiute microstorie; temi e ambienti lontani
dai mondi patinati rappresentati nell’iconografia tradizionale della moda.
Per semplificare si può dire che la logica narrativa, oltre a sviluppare quelle “trasformazioni”
valoriali del tutto assenti nell’asettico mondo descrittivo in stile sfilata, va in direzione di un più
marcato realismo audiovisivo.
logica descrittiva: va nella direzione di “mostrare” l’universo moda
logica narrativa: privilegia la costruzione di storie, personaggi e narrazioni realistiche
logica ritmica: si pone l’accento sul montaggio, alla sincronizzazione con la musica
logica estesica: produzioni che guardano alla dimensione sensibile e dunque alla
sperimentazione artistica e a percorsi di ricerca sul linguaggio audiovisivo

5.4 il fashion film può diventare una modalità espressiva innovativa che allo stesso tempo
rimette in gioco le tipologie di formato audiovisivo, e assieme il tipo di contratto che i brand
della moda stabiliscono con il proprio pubblico.
Al posto di descrivere o semplicemente mostrare abiti e accessori, il fashion film riesce a
tradurre in termini audiovisivi l’estetica implicita che attraversa l’intero discorso-moda del
singolo designer.

Capitolo 6
IL PRODUCT PLACEMENT CINEMATOGRAFICO : TEORIA , ESEMPI , ANALISI

Il cinema svolge spesso una funzione di promozione del consumo dei prodotti collocando
questi ultimi all’interno dei film, ovvero praticando ciò che viene denominato “product
placement”. È un’operazione di comunicazione che non incita direttamente a comperare un
determinato prodotto, ma lavora in maniera indiretta sfruttando il meccanismo di identificazione
del consumatore con gli attori soprattutto con i prodotti e le marche che essi stessi utilizzano.
Lavora cioè approfittando del fatto che il consumatore si trova in una situazione di fruizione
rilassata e senza quelle difese razionali che adotta normalmente quando è consapevole di
essere esposto a un messaggio pubblicitario.
In Italia la presenza dei prodotti nei film è stata molto intensa soprattutto negli anni 70-80, e ciò
ha determinato alcuni eccessi, di conseguenza dei quali il product placement è stato vietato
per legge nel 1992, per poi tornare legale nel 2004.
Parliamo però di script placement se si ha un semplice inserimento a livello verbale all’interno di
una conversazione, uno screen placement se c’è un inserimento a livello visivo di un prodotto
oppure plot placement se c’è una sceneggiatura strutturata in modo tale che il prodotto o la
marca possano assumere un vero e proprio ruolo narrativo.

6.2 Storicamente si può dire che l’elemento commerciale si è inserito nei testi che ogni
cultura crea. Per migliaia di anni i mezzi di comunicazione si sono sviluppati con estrema
lentezza, se non negli ultimi cinquant’anni, dove c’è stata un accelerazione sempre più rapida.
6.3 Si parla del product placement ma nei dipinti. Per product placement si era ormai soliti
considerare l’inserimento pianificato, attraverso modalità visive e/o auditive, di un prodotto o
marca all’interno di un contenuto di intrattenimento con finalità commerciali intenzionali.
Il product placement con il tempo si è evoluto ed è stata fatta una differenziazione tra product
integration e branded entertainment, in cui il primo si riferisce all’integrazione con la narrazione,
mentre nel secondo caso l’oggetto pubblicitario viene reso il protagonista della storia.

6.4 Product placement in Italia: nel periodo fascista si promuovevano gli stili di vita che il
regime intendeva incentivare, quindi erano bandite le marche americane. Ma con il dopoguerra
il placement trovò una nuova vita e l’America spesso veniva mitizzata come paese del
benessere.
Negli anni 50 le marche entrarono in modo massiccio nelle produzioni cinematografiche, come
nel 1957 con il Carosello, composto da veri e propri cortometraggi il cui racconto dei prodotti
era fatto attraverso una storia.
Poi invece nel 2004 con l’annullamento della legge che prevedeva la censura dei brand, si
ammetteva di nuovo l’inquadratura dei marchi a patto che fossero coerenti con il contesto
narrativo e con l’obbligo di un avviso nei titoli di coda della presenza di riferimenti commerciali
che permetta allo spettatore di esserne a conoscenza.
Il product placement in Italia ha attraversato varie fasi: dopo inserimenti selvaggi si è giunti a
una competenza e a una qualità degli inserimenti che in alcuni casi hanno dimostrato un
grande livello di creatività e di efficacia. Il brand non risulta un corpo estraneo che cerca di
attrarre lo spettatore ma diventa esso stesso corpo della storia.
Il placement serve per definire una determinata realtà, collocare i personaggi e la storia in un
contesto, è fondamentale per rendere la produzione verosimile. I beni di consumo servono a
determinare i personaggi, dove i prodotti definiscono lo status socioeconomico delle persone.

6.5 La marca deve essere riconoscibile dal pubblico ma occorre cautela perché un’eccessiva
esposizione potrebbe avere un esito negativo, quindi ogni inserimento deve essere analizzato.
L’inserimento può essere:
a) solo visivo (screen placement) il prodotto viene quindi rappresentato senza
l’accompagnamento di un messaggio verbale che possa ricollegarsi allo stesso.
b) solo uditivo (script placement): il prodotto non viene mostrato concretamente ma è citato
direttamente dal personaggio o da una voce fuori campo, che ne forniscono informazioni.
c) una combinazione audiovisiva: viene contemporaneamente citato e mostrato il prodotto.
Il posizionamento dipende da come l’azienda vuole intervenire nel film, quindi il prodotto può
assumere due diversi gradi d’intensità:
1. bassa (placement periferico) ⟶ marca ruolo marginale

2. alta (placement centrale) ⟶ marca ruolo fondamentale

Abbiamo poi diverse tipologie di placcement:


a. unpaid - accordo che prevede la fornitura di un prodotto da parte di un’azienda di beni o
servizi che non necessitano l’inserimento in pellicola
b. barter - la produzione riceve prodotti utili alla produzione del film in cambio del suo
inserimento all’interno di esso.
c. fee - l’azienda paga una somma per inserire il proprio prodotto nella pellicola
Esistono anche placement che non dipendono da contratti commerciali ma da esigenze
culturali: unsponsored
Anche la cartellonista è molto diffusa e diventa efficace quando i cartelloni interagiscono con il
protagonista e la storia.
Sicuramente il posizionamento più efficace si ha quando il prodotto è utilizzato dal protagonista
principale del film.

6.6 alcune case history

Capitolo 7
CINEMA E PUBBLICITÀ , TRA FINZIONE E DOCUMENTO

Secondo Odin ci sono tre modi di lettura di un film: quello finzionalizzante, che pertiene a una
lettura spettatoriale che si fa prendere dal racconto del film; documentarizzante cioè significa
che lo spettatore può installarsi su un asse di lettura che guarda a oggetti, paesaggi e
architetture del film con una curiosità sociologica e legata a un sapere storico-antropologico
come qualcosa che ci riguarda e infine l’energizzante, legato al ritmo e al montaggio e
all’attivazione sensoriale dello spettatore.

7.2 lettura finzionalizzante: significa che il discorso pubblicitario nelle sue diverse forme
espressive come manifesti, prodotti, marchi ecc… entra a far parte del “mondo possibile “ del
film. Un mondo testuale costruito in modo che lo spettatore possa applicarvi le sue griglie di
lettura abituali. E lo spettatore deciderà quali frame applicare a seconda del genere benché si
trovi di fronte a un mondo fantasy o di fantascienza.

7.3 lettura documentarizzante: quando nella storia del cinema la pubblicità entra nei film
come elemento segnico “naturalizzato” del paesaggio urbano, che mente si mostra indica una
sorta di dato di realtà della ripresa sul campo.

7.4 lettura energizzante: per lo spettatore non si tratta tanto di “vibrare al ritmo degli eventi”
ma piuttosto di “vibrare al ritmo delle immagini e dei suoni”. Questa lettura avviene quando il
film mette in scena un mondo immerso, emozionale ed esperenziale, in cui il discorso
pubblicitario è dominante.

7.5 Questi tre allora sono modi di mettere in relazione la grande galassia di discorsi e testi
pubblicitari e il cinema in questi nostri esempi come cinema d’autore declinato al presente o al
futuro.

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