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DENIS BROTTO
PARTE PRIMA: ORIGINI E FORME DEL RACCONTO
DIGITALE
1. L’assenza fragile. Origini dell’immagine digitale (pag.15-32)
1.1 L’IMMAGINE, UN INSIEME DI FRAMMENTI
Il CINEMA DIGITALE → costituisce una forma di recupero e di radicalizzazione di esigenze, idee e
istanze del secolo scorso, in grado di assumere oggi una veste rinnovata.
Il CINEMA DIGITALE → ritrova i suoi prodromi nella costituzione di due movimenti avutasi tra la fine
degli anni Novanta e i primi decenni del Duemila → MOMENTI DI AFFERMAZIONE DEL MEZZO
DIGITALE, DISCUSSIONE DI RICERCA ATTORNO AL LINGUAGGIO CINEMATOGRAFICO E ALLE
MODALITA’ DI NARRAZIONE E DI MOSTRAZIONE DELL’OPERA FILMICA.
Importante la presenza e il ruolo del cinema elettronico tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta →
stesso periodo: primi tentativi di effetti speciali.
Radici dell’immagine digitale → VIDEO ART (Paik) → influenza nel CINEMA DIGITALE.
“il digitale incontra il video per raggiungere il suo orizzonte finale: la composizione, la
manipolazione e l’elaborazione dell’immagine”
Etienne Jules Marey → FUCILE FOTOGRAFICO → tentativo di restrizione dello spazio-temporale che
si lega ai sogni avanguardistici in merito a una ripresa del reale senza soluzione di continuità.
Nel digitale si può trovare una forma di apparente compimento, di apparente congiunzione in cui
l’intera storia del cinema sembra essere inglobata.
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e un avvelenamento → del rapporto tra essere umano e reale, manipolazione e falsificazione della
realtà costituiscono la base di una successiva e gravosa forma di disorientamento dell’uomo stesso.
INDIVIDUARE CARATTERISTICHE CHE IL CINEMA DEVE MANTENERE SIA CON LE NUOVE
TECNOLOGIE, SIA CON I TRATTI CARATTERIZZANTI LA CONTEMPORANEITA’.
L’impiego di CGI (computer genereted imagery), di effetti speciali, di rielaborazioni in computer
graphic, portano verso una forma di iperreale che al contempo ingloba lo spettatore e lo conduce in
una dimensione distante e diversa dal contemporaneo.
Accanto a un’idea di morte nel cinema → vive una concezione che vede viceversa nella nostra
contemporaneità una forma di rivoluzione e di distacco dal passato => marcati dall’avvento del
digitale.
Roger Fidler → fotografia digitale => forma di estensione dei processi analogici, atta a riformulare
radicalmente il rapporto tra immagine e realtà.
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REALISMO DIGITALE = dicotomia nel rapporto cinema-reale, segnato da una parte da un’aderenza
mimetica nei confronti della realtà, dall’altra da un tentativo di manipolazione, modificazione e
trasfigurazione del reale all’interno del processo di creazione filmica.
Il POSTMODERNO → ha segnato ampi tratti del linguaggio filmico, non ha ancora esaurito le sue
interpretazioni.
Sul versante del REALE → nuova emersione di questo rapporto, di confrontarsi con la realtà senza
barriere => favorita dalle tecnologie leggere.
Nelle molteplici traiettorie che costituiscono questa sottigliezza tra testualità e media → si può
tentare una prima delineazione di quelli che Valery avrebbe definito i “POSSIBILI DEL LINGUAGGIO”:
a) Racconto intimo;
b) Forma individuale;
c) Rapporto diretto con il reale;
d) Manipolazione del rapporto cinematografico;
e) Frammentazione e multinarratività del testo filmico;
f) Presentificazione del testo filmico;
g) Narrazione per accumulo di immagini;
h) Il digitale nella rappresentazione;
i) Possibilità di ripresa in assenza di operatore;
j) Il meta-racconto, il trial filmico, il carnet de notes;
k) Effetto rebound;
l) Influenza sul cinema fotochimico.
SONO QUESTI I TRATTI FONDANTI CHE FANNO DEL DIGITALE PRIMARIAMENTE “UN SISTEMA DI
RAPPRESENTAZIONE”.
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Nel cinema la funzione della mise en abyme è simile a quella che ha nelle arti figurative, ma include
anche il concetto di "sogno nel sogno". Per esempio, un personaggio si sveglia da un sogno e più tardi
scopre che sta ancora sognando. Attività simili al sogno, come stati di incoscienza e realtà virtuale,
vengono anch'esse definite "mise en abyme".)
INLAND EMPIRE di David Lynch → l’immagine si presenta come un insieme di superfici riflettenti,
moltiplicata come in una serie di specchi.
Film-labirinto in cui la narrazione non cerca di dare un ordine preciso agli eventi, ma in cui
“l’irrappresentabile deve sempre passare attraverso una pratica linguistica, e non attraverso la sua
negazione.”
I media vengono impiegati come altrettanti stati della mente, ma anche come ulteriori stadi della
narrazione.
Ritrovano spazio le strutture narrative, ma anche le temporalità aperte.
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2.4 DERIVA DEL RACCONTO, INSTALLAZIONI, “CARNET DE NOTES”
I linguaggi della video art o delle installazioni si fanno più evidenti, determinanti.
Opere in cui la materia del cinema sembra conoscere nuove aperture, acquisizioni e relazioni.
Nessuna categoria di immagine può essere analizzata senza tener conto delle relazioni intrattenute
con le altre modalità di rappresentazione → le nuove tecnologie intervengono in un ulteriore punto
cruciale della relazione tra: NARRAZIONE ed ESTETICA CINEMATOGRAFICA.
RACCONTO CINEMATOGRAFICO → si contamina di fonti diverse, supporti diversi, accogliendo e
unendo tra loro immagini in movimento, fotografie, grafiche 2d, grafiche 3D, elementi digitali,
scansioni di dipinti o altro.
I rapporti d’interscambio tra cinema, fotografia e video art si costituiscono come legami segnati da
una reciprocità.
In questo progressivo slittamento del cinema verso l’ibridazione formale, oltre ai rapporti con
video-art, fotografia, sperimentazioni visive, pittura, pubblicità, videoclip, un ulteriore e significativo
territorio di confine è dato dai film CARNET DE NOTES (taccuino) => opere spesso
metacinematografiche => contengono al loro interno immagini relative alla loro genesi, ai trials, al
loro making of.
➔ Si crea una traccia metafilmica interna alla narrazione, ma si rende conto anche della
lavorazione che precede le riprese, manifestando una riflessione aperta su quello che è il
lavoro di messa in scena, sul suo farsi e sulle direzioni molteplici che un’opera può prendere.
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Tentativo dichiarato di lasciare alle prove registrate la facoltà di mutare, ampliare, sviluppare il
soggetto di partenza.
BERTULUCCI → arriva a costituire l’intero film “L’amore probabile” sulla base dell’alternanza tra
finzione e dietro le quinte.
Il backstage, realizzato in digitale, delega al supporto DVCAM la funzione di svelare la presenza del
dispositivo cinematografico, entrando e uscendo costantemente dalla creazione funzionale.
BERTOLUCCI → “narrazione che avviene” → attraverso il mezzo digitale si sviluppa una recitazione
improvvisata, senza l’aiuto di un copione da seguire passo dopo passo.
Secondo le intenzioni di Bertolucci → tutto deve svilupparsi all’improvviso, sulla scena, attraverso il
dialogo, il confronto attoriale, l’improvvisazione, e la possibilità di filmare senza limiti temporali
permette di riconfigurare “il mondo come nuovo set possibile”.
KIAROSTAMI → l’intervento del reale all’interno della finzione avviene tramite l’immagine digitale.
KIAROSTAMI → decide di chiudere il lavoro su alcune immagini del dietro le quinte relative alla
troupe. Viene a costruirsi una sintesi perfetta del rapporto tra reale e finzione, ma anche tra
backstage e film, dando vita a una comparazione tra filmato originale e filmato della preparazione,
ora posti su un piano di uguaglianza e visti come entità sostituibili.
JAFAR PANAHI “This is not a film” → non-film che si trasforma in un CARNET DE NOTES sulle
possibilità infinite di interpretare, modellare, modificare una storia nel momento in cui si cerca di
darle una concretezza, una raffigurazione fisica e plastica.
“Honor de cavalleria”, Albert Serra → creare suspance per un’azione destinata a rimanere
eternamente fuori campo.
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Molti autori provenienti dal cinema su pellicola hanno trovato nel digitale quell’immediatezza e
quella fedeltà necessarie a poter disporre dell’immagine in movimento al pari di un diario cartaceo.
Catherine Ikam “Digital diaries”
Nel periodo che va dagli anni Settanta ai Novanta, l’avvento del cinema elettronico e del video
aveva favorito una pratica narrativa imperniata sull’autobiografia → rimarcando una necessità di
racconto del Sé attraverso lo SGUARDO CINEMATOGRAFICO.
La propensione del cinema elettronico a ricreare gli stessi procedimenti dinamici della mente
umana, del pensiero umano, oggi il raccontarsi tra le immagini arriva ad affermare in modo
definitivo l’idea di →→→ homo mundas minor all’interno di un contesto filmico = un mondo in
miniatura che è prima di tutto la propria esistenza, il proprio rapportarsi al mondo => il racconto si
conforma non solo alla propria vita e alla costituzione di un personale ritratto del sé, ma anche alla
medesima epoca in cui l’esistenza si radica.
DIGITALE → sembra chiudere il cerchio attorno al rapporto tra AUTORE e AUTORITRATTO, portando
le opere autobiografiche a pari con il cinema mainstream.
Il digitale instaura un rapporto di libero recadrage con il volto attoriale e con l’ambiente
circostante-
Rendere interscambiabile lo sguardo tra chi sta dietro la telecamera e colui che vi si pone dinanzi.
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Per entrambi il centro dell’opera rimane la necessità di riflettere individualmente sul “gesto”
cinematografico, sui tempi morti del quotidiano che il linguaggio cinematografico può riconfigurare
in valore espressivo, mostrando dunque attenzione per quell’ insignificanza del tempo in grado di
farsi sostanza del nostro vivere.
Lo strumento digitale indaga e favorisce questa visione attenta e diretta dei fenomeni. Tutto si lega
all’estemporaneità degli eventi, a una visione-analisi di un tempo in transito, mentre gli oggetti
rivelano la loro potenzialità attraverso il valore fisico e corporeo che esprimono.
Attraverso un vetro sporco, Roberto Nanni.
Sleepless nights Stories, Jonas Mekas → autentico inno al rapporto tra cinema e autobiografia
AUTOFINZIONE = fiction sviluppata attraverso la propria soggettività autoriale, recuperando tratti
del proprio vissuto, della propria esperienza personale, sino a riprendere direttamente dal reale
eventi e accadimenti del passato.
Lecons de tènèbres, Vincent Dieutre → compie un viaggio fisico e filmico tra le città di Utrecht,
Napoli e Roma, sviluppando una narrazione che si fa al contempo racconto amoroso, ricerca
pittorica, diario personale e FINZIONE:
➔ Pensieri, immaginazione e creatività dell’autore tornano a intrecciarsi con il vissuto
personale;
➔ Racconto atipico, dove il ricordo di una città si unisce non solo ai ricordi personali, ma anche
ai momenti di fiction e a una evidente contaminazione tra formati, intrecciando materiali in
super 8, pellicola, VHS e digitale.
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“Ciascun formato offre uno sguardo diverso nei confronti della realtà, ed è questo che mi interessa
della tecnica.”
Riflessione sui nuovi mezzi di ripresa, sulla loro abilità nello scovare frammenti di un reale, facendo
leva su quella bassa risoluzione delle immagini telefoniche in grado di restituire un sentimento ancor
più autentico e immediato.
FILM DE POCHE → rispondere a delle esigenze connesse all’evoluzione dei media, a un desiderio di
riduzione degli spazi e delle tecnologie, a una ricerca di intimità con l’oggetto del proprio filmare →
“P CINEMA” (P = portable).
Il digitale e il virtuale → sembrano favorire una forma di smaterializzazione del reale, i film de
poche, i mobile movie ripropongono una “mummificazione della realtà”.
Reale → ricostruire una nuova ontologia del cinema, sino ad arrivare una sorta di scenario visivo
legato proprio alle immagini, dettate dagli occhi elettronici dei videotelefoni.
Un mobilescape in cui→ smartphone e tablet rappresentano gli ultimi esempi in cui la produzione di
audiovisivi amatoriali viene incentivata dalla presenza di social networks che su questi prodotti
basano molte delle dinamiche di condivisione di informazioni e dati dei singoli utenti.
A cambiare è la ricezione stessa dell’immagine filmica avente come destinatario anche il computer.
Queste esplorazioni del Sé (autobiografie, autoritratti, diari, autofinzioni) → vengono a coagularsi
attorno a queste nuove tipologie di strumenti, dando vita a UNA TECNOLOGIA DEL SE’ dove
elementi di personalizzazione, condivisione ed espressività → fanno delle piccole opere prodotte
un nugolo di frammenti e segni della propria intimità della propria esistenza del presente e dove il
dispositivo di realizzazione costituisce anche quello di distinzione dell’opera prodotta.
Una natura umana ri-mediata, riconfigurata all’interno della sfera dei media → per la medesima
concezione che l’individuo ha di sé. Non solo l’evoluzione tecnologica modifica il nostro rapporto
con i mezzi di comunicazione, costituendo una forma di networking tra questi, ma anche il Sé
dell’individuo si trova a esperire in prima persona questa forma di cambiamento e di reinserimento
all’interno del contesto mediatico.
Un “Sé rimediato” in cui la nostra immagine è soggetta a un processo di revisione attraverso:
telecamere, dispositivi elettronici e computer.
Una rimediazione che si manifesta per mezzo di una crescita esponenziale delle
autorappresentazioni che l’uomo dà di sé attraverso i nuovi media.
Ad emergere in questi lavori è un tentativo di autoesplorazione di sé che mira a restituire il rapporto
tra soggetto e contesto.
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RISCHIO → la facilità realizzativa e la narcisistica concentrazione sulla propria immagine, può
portare a poco a poco a smarrire la necessaria attenzione critica rispetto non solo alla propria
opera, ma anche alla propria epoca, facendo venir meno il legame tra individuo e contemporaneità.
Presenza dello strumento digitale: non è una condizione sufficiente al fine di cogliere l’essenza
dell’individuo all’interno del proprio tempo storico.
Un passivo adeguamento al mezzo tecnologico ha come risultato => per l’uomo di quella necessaria
“istanza” rispetto alla propria epoca → autoritrarsi = mostrarsi in relazione alla contemporaneità.
Il videotelefono → è uno strumento di comunicazione verbale e immediata.
NON È IL MEZZO A DETERMINARE LA QUALITA’ DEL PRODOTTO, BENSI’ LA CONOSCENZA PRECISA E
APPROFONDITA DI UN LINGUAGGIO, RINNOVATO E ALLEGGERITO.
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PARTE SECONDA: ESTETICA E TECNICA DEL DIGITALE
4. Del reale. Dalla trasparenza alla manipolazione (pag.81-115)
4.1 NUOVE TECNOLOGIE E MODI DEL REALE
ANDRE’ BAZIN → ricordarci che il realismo non è un fenomeno unitario “di per sé” e che molte
possono essere le sue ramificazioni.
BAZIN → l’immaginazione e la creazione devono poter avere al proprio fianco la “densità spaziale
del reale”, una sorta di materia primigenia destinata ad incontrare un atto creativo.
JEAN-PIERRE OUDART→ distinzione tra: “EFFETTO DI RELTA’” ed “EFFETTO REALE”.
EFFETTO DI REALTA’ = l’immagine ricrea nello spettatore una sensazione di realtà attraverso una
convenzione, dei codici.
EFFETTO REALE = lo spettatore crede a ciò che vede non per convenzione, bensì perché vi riconosce
un fondamento di reale esistito davvero.
Dieci, Kiarostami → Si sviluppa attraverso una “sceneggiatura aperta che trova la sua forma finale
mentre il film viene girato”:
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Ossos (1997), Costa → processo narrativo attento al reale. Il lento muoversi della telecamera di
Costa mette in atto un movimento “selettivo, ragionato”, a partire dalla materia data dalla realtà.
Citès de la plaine (2001), Kramer ;
L’esquive (2003), Abdellaf Kechice ;
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ROHMER → pone in risalto il particolare rapporto tra reale e dispositivo digitale facendo a poco a
poco percepire la profonda manipolazione scenografica che caratterizza la sua opera.
➔ Lascia il reale fuori dal teatro di posa, fuori dal contesto realizzativo del film;
➔ Crea una tridimensionalità che di fatto non esiste.
HERZOG → esempio ulteriore di manipolazione del reale; l’alterazione segue due differenti
coordinate: una manipolazione narrativa e una manipolazione visiva.
Still life, Jin Zhang Ke → manipolazione interna all’immagine, dando vita a una sorta di
sovrascrittura del dato visivo originario.
Un’ulteriore forma di manipolazione del reale arriva poi da quell’insieme d’immagini legate
all’esposizione e al racconto di dinamiche di guerra, di conflitto, agli attentati suicidi, ai video
testamenti.
Immagini morte che con regolare cadenza quotidiana popolano i media. L’ immediatezza, la
capacità ri-produttiva, le potenzialità di diffusione istantanea dei contenuti → portano il digitale a
essere il dispositivo privilegiato per osservare determinati aspetti centrali della contemporaneità,
come ad esempio le possibilità di manipolazione a cui questa è soggetta.
Immagini di guerra, di sangue → concorrono a una formula di costruzione della paura, giocando
talvolta sulla ricerca di choc sempre più profondo, esteso, illimitato.
Guerre = “terreno di scontro iconico, in cui si combatte a colpo di immagini”.
Elementi visivi capaci di costruire una sorta di forma estetica dell’immagine piegata alle esigenze di
una propaganda di terrore.
Z32, Avi Mograbi → esempio di film-sguardo sulle zone di guerra, in grado di coniugare alcuni
aspetti derivanti dal digitale con il contesto in cui è ambientato → film-testimonianza.
MAGRABI → particolare rapporto tra realtà e manipolazione, egli cerca di attenuare il contatto con
il reale proprio per la stessa natura dell’opera → ancora una volta il reale diviene materia prima da
modificare nelle mani dell’autore.
Questi film adottano il digitale come sintomo di realtà da inserire tuttavia in un contesto
dichiaratamente funzionale.
Nella valle di Elah, Mike Deerfield;
Redacted, Brian De Palma → videodiario di guerra => impossibilità di staccarsi da quelle immagini
viste in Iraq durante la guerra, un orrore destinato a rimanere nel tempo.
Non è importante determinante se quelle immagini siano vere o false, in quanto a emergere è
comunque il loro valore documentale, dato dall’”autenticazione” che il film attribuisce a loro.
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4.3 IL CRONOTOPO DI PRESENTE E IL CONCETTO DI DURATA
I luoghi, come i volti, manifestano una stratificazione del tempo, la contengono.
Il digitale sembra amplificare questa propensione. Il suo status di flusso, il suo presentarsi in
numeri, ricrea la sensazione di un tempo che si dipana, si rotola, si stratifica, convive.
Il modello del cinema digitale appare il più consono oggi a inglobare il TEMPO, inteso come
QUARTA DIMENSIONE, all’interno delle tre dimensioni che costituiscono lo spazio.
Le coordinate del tempo sembrano acquistare fisicità, corporeità, visibilità nella superficie del
quadro che compone l’immagine cinematografica digitale.
TEMPORALITA’ FILMICA → attrazione verso l’istante attuale. “OGNI IMMAGINE SUCCESSIVA
DISTRUGGE IL SIGNIFICATO DI QUELLA PRECEDENTE.” “Culto di eterno presente”→ l’immagine
sembra perdere la capacità di rappresentare il passato.
Si constata che siano proprio le nuove tecnologie a sviluppare un’immagine time-based, soggetta ad
“un continuo presente in divenire”.
All’interno dell’ambito digitale troviamo però anche soluzioni narrative in grado di marcare il
presente come categoria, modello, contenitore di istanze e temporalità molteplici.
Accanto a modalità di MANIPOLAZIONE e di INTERVENTO SULL’IMMAGINE troviamo una forma di
plurinarratività del racconto in grado di dar vita alla compresenza di molteplici piani narrativi, aventi
ognuno una temporalità autonoma.
Arca russa, Aleksandr Sokurov → ininterrotta inquadratura di novanta minuti, intera temporalità del
film attraverso un unico piano di sequenza.
Rileggere il paradigma del cinema digitale di questo suo statuto di presentificazione e di
simultaneità del tempo in un unico spazio → concetto di CRONOTOPO.
CRONOTOPO = interconnessione sostanziale dei rapporti temporali e spaziali dei quali la letteratura
si è impadronita artisticamente.
BACHTIN (studio cronotopo)
Il cronotopo cinematografico è alquanto letterale, concretamente dispiegato su uno schermo con
dimensioni specifiche e sviluppato in un tempo concreto (di solito 24 fps).
Si possono osservare alcune delle possibili articolazioni del tempo in relazione al modello del
cinema digitale, evidenziando le diverse modalità di convergenza temporale verso il presente e il
venirsi a costituire di un particolare tipo di spazio-temporalità, definibile come → “CRONOTOPO
DEL PRESENTE”.
Tra i caratteri che definiscono tale “cronotopo del presente” troviamo:
a) La costituzione di un tempo presente interno alla narrazione;
b) Una narrazione che predilige lavorare sulla durata attraverso la ripetizione dell’immagine
(loop);
c) Una forma di controllo al tempo presente;
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d) Una ripresa senza soluzione di continuità.
Le tecnologie digitali permettono di effettuare una ripresa senza soluzione di continuità, senza
interruzioni, dando vita a una duplice modalità di narrazione:
- Da una parte la già descritta osservazione continua del reale, in grado di consentire una
ripresa della messa in scena nel suo farsi, nel suo evolversi;
- Dall’altra parte troviamo invece film concepiti e realizzati nello spazio di un’unica
inquadratura, nel tempo di un’unica ripresa.
Arca russa → evidenzia il sussistere di una coincidenza assoluta tra Tempo e Spazio, una
convergenza e un sincronismo in cui gli accadimenti del passato possono essere rilocati in un
presente continuo.
La creazione di uno spazio-tempo unitario rivela inoltre la coesistenza di più momenti del passato in
un unico ambiente → presentazione diretta del tempo “un tempo cronico, non cronologico”.
BACHTIN → lo spazio mantiene in sé il tempo, lo condensa, lo porta a una radicalizzazione in forma
presente.
AMBITO DELLA VIDEO ART
Higgs, 20 Mai 2005. CERN Undergroung Ring Walking (2005), Gianna Motti → unica ininterrotta
inquadratura di sei ore in cui il protagonista viene ripreso durante l’attraversamento del Large
Hadron Collier del CERN di Ginevra.
Teorie di Bachtin in merito al cronotopo
Ripetizione
A determinare il senso è la durata e la ridondanza dell’elemento visivo. È la ripetizione a costituire
una forma di spazialità emotiva.
Esempi di narrazioni loop → VIDEO ART (Vexation Island, Rodney Graham)
Lavoro di ripetizione e al contempo mutazione → videoartista VERONIQUE AUBOUY Work in
progress Proust Lu.
Il digitale arriva a coniugare molti degli aspetti sin qui evidenziati del PARADIGMA DIGITALE: il loop,
la ripetizione di un gesto, ma anche il conseguente venir meno della narrazione cinematografica.
Ritorna una propensione al diario, all’autobiografia, al ritratto, a una messa in evidenza della durata
con un unico gesto destinato a rimanere non solo nel tempo abituale di un’opera filmica, ma
addirittura negli anni, nei decenni.
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4.4 MEMORIA E CONTROLLO NELLO SPAZIO-TEMPO DIGITALE
La nostra memoria sembra convivere ormai con lo spazio della mente umana con quello funzionale
di strumenti virtuali di supporto mnemonico.
La diffusione delle tecnologie digitali → ha ampliato enormemente il numero di strumenti ottici a
disposizione, con la conseguente costituzione di un modello di ININTERROTTA RIPORDUZIONE E
PRODUZIONE DI IMMAGINI.
Legame tra digitale e sfera sociale: richiama un aspetto ulteriore del concetto di cronotopo.
BACHTIN → non vide nel cronotopo soltanto un rapporto spazio-temporale, ma anche una
“condensazione del tempo storico, un gioco tra lo spazio-tempo reale e quello raffigurato nel testo
letterario” => un legame sociale e uno di spazio-tempo che rivela le derive spaziali e temporali
dell’epoca e della società in cui quella particolare opera è stata concepita.
PANOPTICON => “una forma dell’opera d’arte totale” nella quale non solo è visibile l’integralità
degli elementi coinvolti, ma tale integrità è visibile da ogni punto di vista e in qualsiasi maniera.
Niente da nascondere, Georges → scoperta che si tratta di riprese effettuate da una videocamera a
creare una separazione tra noi e il punto di vista del regista → “effetto perturbante” (Unheimlich di
Freud).
➔ L’immagine diviene una finestra sugli eventi data primariamente dal quadro televisivo;
➔ Il tempo diviene malleabile, si trasforma in un tempo soggettivo, legato alla volontà e alle
esigenze di chi ne detiene il controllo, il comando => forma di “sorveglianza digitale”, dove
“la ripetizione è anche il senso di questa memoria definita volontaria”.
L’ultimo nastro di Krapp→ indaga sula valore del PASSATO.
Attraverso il film di Heneke si coglie ciò che Paul Virilio definisce come MEGAOTTICO.
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5. L’opera-archivio e il digitale multiforme (pag.116-139)
5.1 IL CONCETTO DI INTEGRAZIONE
Il digitale rivela un’inedita integrazione dei due principali fattori dell’arte cinematografica: le
decisioni e scelte inerenti alle modalità di messa in scena, ideazione e realizzazione del film, e la
componente tecnica, intesa come filiera che dall’idea giunge alla produzione e distribuzione di un
film.
Le fasi di editing → viste non più come stadi isolati fra loro, bensì come tasselli interconnessi l’uno
all’altro, integrati all’interno di un unico sistema realizzativo.
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Camcorder → molteplici categorie sulla base di qualità di definizione e formato di registrazione:
1) Formati Mini-DV
2) Formati DV
3) Formati DVCAM (Sony) – 50fps
4) Formati DVCPRO (Panasonic) – 50fps
5) Formato HD – 1920x1080 pixel (4 volte superiore rispetto al formato DV)
6) Formato HDV^7 (ibridazione tra telecamere heavy e light digital);
Una nuova fase introdotta dal digitale è costituita dal digital intermediate (DI) = PRASSI DI
LAVORAZIONE CHE PERMETTE DI POSTPRODURRE UN FILM IN DIGITALE ANCHE SE GIRATO IN
FOTO-CHIMICO (=analogico).
Il DI permette di ottemperare a molte limitazioni del processo chimico di lavorazione del film, quali
ad esempio:
1) Possibilità di danneggiamento in cui può tipicamente incorrere il supporto fisico della
pellicola;
2) Ogni modifica arrecata alla pellicola in fase di lavorazione comporta una perdita di qualità
della stessa;
3) I processi di elaborazione cromatica della pellicola sono lineari, e i cambiamenti sono di
natura chimica.
Il digital intermediate → integra alla fase di editing quelle di postproduzione e di color correction.
Si riducono i tempi nell’elaborazione dell’immagine.
Prossimo al procedimento del DI è il metodo di RESTAURO IN DIGITALE DEL FILM = eliminazione di
graffi, rigature, spuntinature o macchie che sporcano l’immagine su pellicola → ricostruzione di
sezioni d’immagine venute a rovinarsi, o a perdersi, nel tempo.
L’ingresso dei software digitali ha ridotto di circa l’80% l’intervento umano nella fase di correzione
dei difetti della pellicola, permettendo di implementare sensibilmente le potenzialità di determinare
fasi di restauro dell’immagine.
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La fase di restauro costituisce inoltre non solo un recupero dello status d’origine dell’opera, bensì
anche una forma d’interpretazione mediale del film → adeguata alle rinnovate possibilità dei
media.
RESTAURO => deve permettere un’omogeneità nell’utilizzo di parametri atti a costituire una
modalità di archiviazione dell’opera di ampia consultabilità e condivisione.
Un altro aspetto cui tener conto → integrabilità di file digitalizzati e restaurati.
Intento del restauro → ottenimento dell’integrabilità del supporto con un medium atto alla sua
visualizzazione e archiviazione, fasi imperniate anch’esse su un concetto di intermedialità.
l’obiettivo del MONTAGGIO DIGITALE → portare a un tipo di relazione “un uomo/una macchina: il
montatore che lavora come pittore” (caratterizzazione artistica del ruolo del montatore).
DIGITALE→ facilitazione d’uso, maggior precisione applicativa, sviluppo creativo delle possibilità
offerte.
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5.3 VERSO UN “SECONDO MONTAGGIO”
Flessibilità e integrabilità del digitale → incremento del workflow filmico.
In breve tempo la nascita di nuove modalità di fruizione e interazione con l’opera filmica, che
proprio sui software digitali basano molte delle loro possibilità.
Negli anni che vanno dal 2000 al 2005, la radicalizzazione delle tecnologie si è fatta assoluta per
quanto concerne le pratiche di montaggio e di applicazione degli effetti speciali, mentre ha
riguardato quasi il 40% dei film in merito alla color correction.
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Dopo l’editing del regista, è lo spettatore a mettere in pratica un lavoro di ricreazione e
rielaborazione del film → lo spettatore diviene parte del dispositivo.
“Il testo di confronta con il suo destinatario” => con le pratiche sociali in uso all’interno di una
comunità, i bisogni e i processi di consumo.
L’opera assume un nuovo spessore → volta verso il pubblico (identificazione e condivisione)
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È il fruitore stesso a intervenire nella scelta di quali questi materiali vedere e in quale ordine.
Numerosi casi di opere mash-up o di cinema remix → partono da questo nugolo di possibilità
esperienziali offerte dalla rete e dalle nuove tecnologie.
PETER WEIBEL → “nelle installazioni multimediali del futuro l’osservatore sarà il narratore, sia
localmente sia tramite Rete, a distanza.”
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BOLTER → parla di “ipertesti” messi in relazione a “ipermedia”, in cui la scrittura filmica si viene a
costituire come in “alberi elettronici”. La testualità si dirama mentre la forma esperienziale viene
delegata al medium.
Le valigie di Tulse Luper, Peter Greenway → 9 camcorders DVCAM Sony PD 150 => creare una serie
di finestre sullo schermo, ognuna delle quali simile ma diversa dalle altre.
Le immagini si succedono attraverso split-screens, compositing, puzzle di frames, loops visivi senza
quasi lasciare il tempo di capire la reale esistenza di un collegamento tra le singole immagini:
➔ Tentativo di rappresentare il caos che è proprio della vita, dell’universo, e al contempo di
controllare tale caoticità, di regolarne il flusso.
Componente numerica → riferimento ai codici numerici, i quali divengono i riferimenti primari
nell’opera di Greenway.
Concetto di “videorealtà” → si amplifica.
Tutto sembra essere già superato dalla realtà, una realtà che tuttavia destinata spesso a rimanere
solo virtuale.
Intensità cromatica, la qualità e la definizione del colore → rendono l’immagine digitale un insieme
di possibilità, di diverse soluzioni visive e percettive.
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La nobildonna e il duca, di Eric Rohmer:
Il realismo pittorico dell’immagine mantiene sia una componente naturale, sia una
elevazione in chiave pittorica, in grado di contestualizzare anche visivamente il racconto di
Rohmer → ambientato all’epoca della Rivoluzione francese;
Relazione tra: digitale e “ritorno neo-primitivista alla colorazione”;
Si ritrovano le sensazioni della pittura, del gesto pittorico, ritualizzando le idee di
Michelangelo Antonioni di poter “dipingere il film come si dipinge un quadro”.
Videoart di Christian Boustani;
Screen bleed = nuova forma narrativa in cui l’elemento cromatico tende a rendere omogenei fra
loro spazi ed elementi visivi provenienti da media e formati differenti.
Si passa dal figurativo → all’ astratto → contrasto cromatico che riformula adeguatamente la
distanza tra realtà nota e realtà finzionale.
Color depth e color fidelity = numero di bit necessari per ogni singolo pixel affinchè il colore abbia
una fedeltà cromatica rispetto all’originale.
Effetto di iperreale = grazie alle tecnologie digitali si è in grado di travalicare la capacità di
osservazione dell’uomo, di rendere le immagini “più vere del vero”, più marcate, eccedenti rispetto
al reale → → → INLAND EMPIRE (David Lynch) → viaggio all’interno della mente dell’uomo.
“Calore” dell’immagine digitale.
Una forma di pensiero cromatico = si stabilisce un controllo del colore da parte dell’autore in
riferimento ai suoi personaggi, si innesca una relazione sostanziale tra: il referente cromatico e il
suo significato.
Tecnica di rotoscoping → interessante condivisione tra animato, fisico e filmico.
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I software digitali possono dar vita → visual effects. → mettendo in evidenza ancora una volta quel
concetto di INTEGRABILITA’ che sta alla base degli stessi software digitali.
Software per film studies → LIGNES DE TEMPS (= timeline => quella timeline alla base dei
programmi di montaggio)
L’idea di “individuation collective” indica la relazione tra pubblico e software: esercizio che parte dal
singolo individuo, dal singolo soggetto, per divenire parte di un intervento collettivo, di ampia
portata che riguarda tutto il pubblico.
Numerose esposizioni museali che hanno cercato di mettere il PUBBLICO al CENTRO DELLO SPAZIO
ESPOSITIVO.
The art of partecipation (MOMA) → forma di unione tra l’ambito artistico e quello del pubblico, ma
anche tra pubblico e componente tecnologica, informatica.
È presto dire se i software digitali porteranno a una nuova forma di critica dell’opera filmica →
“innocent monsters”: interrelazione tra cinema e nuove tecnologie.
Molti sono ancora gli aspetti carenti => creare un sistema di condivisione dei risultati ottenuti, in
modo da creare una comunità di spettatori/studiosi “di profondità”, attenti allo sviluppo dei film
studies → alla creazione di discussioni attorno alle diverse tipologie di analisi approntate su singoli
film.
Ciò che tuttavia appare evidente è l’INTERAZIONE NECESSARIA TRA COMPONENTE INFORMATICA E
COMPETENZA ANALITICA → la competenza di chi osserva un film influenza i futuri e successivi
sviluppi dei software informatici, piegandoli a quelle che sono le necessità dei film studies.
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