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L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica

RIPRODUCIBILITÀ'

L'opera d'arte è sempre stata riproducibile (esempio: allievi e maestri). Ma la riproduzione tecnica
è un qualcosa di nuovo. Per B. La vera differenza sta nel fatto che questa nuova riproduzione
sottrae l'opera alla tradizione, in quanto non è prodotto dalle mani dell'uomo ma da una
tecnologia/strumento. Avviene una riduzione del ruolo del soggetto ed una disponibilità di copie
sempre fruibili. Possiamo riscontrare un'evoluzione delle tecnologie di riproduzione:

-Fusione e conio in epoca greca

-Xilografia, acquaforte e puntasecca per la riproduzione grafica nel medioevo

-Stampa a caratteri mobili -Litografia nell' 800

-Fotografia (modernità)

Con la fotografia inizierà un processo di riproduzione accelerato. Avviene il passaggio dalla mano
dell'artista all'occhio. Questa tecnologia è capace di restituire un’immagine più fedele, che riesce a
mostrare particolari che l'occhio nudo non riuscirebbe a vedere. Diventerà un elemento di decoro
che andrà a sostituire il quadro pittorico, permettendone una diffusione a tanti. Quindi nel '900 la
riproduzione tecnica coinvolgerà la maggior parte delle opere d'arte tramandate, sottoponendole
profondi cambiamenti, ed inoltre diventerà essa stessa un procedimento artistico.

AURA

Benjaamin analizzerà un altro tema contemporaneo, collegato alla riproducibilità, ossia quello dell'aura.
Un'opera d'arte è definita dalla propria autenticità, ossia dall'hic et nunc (il qui e l'ora). Sarà proprio
quest'esistenza irripetibile dell'opera che definisce la sua autenticità, la quale comprende anche la storia
a cui è stata sottoposta, ossia le sue modificazioni e cambi di proprietà. La possibilità che un’opera possa
assumere un valore storico ed essere soprattutto tramandata ne determina l'originalità.

B. sostiene che l'autenticità non può essere riprodotta, in quanto non possono esistere un hic et nunc uguali.
La riproduzione tecnica si mostra, rispetto all'originale, più autosufficiente (può fissare elementi che si
sottraggono completamente dall'ottica naturale) e può esistere in situazioni che sarebbero inaccessibili
all'originale stesso (la riproduzione con foto o dischi, che potrebbero anche mantenere intatta la consistenza
dell'opera d’arte; tuttavia, avviene una svalutazione dell'hic et nunc). La riproduzione, però, non può essere
collegata all'autenticità e quindi B. introdurrà il concetto di aura, e di come essa venga meno all'interno della
riproduzione. Infatti, la riproducibilità determinerà la perdita della tradizione, la moltiplicazione del prodotto
(tanti hic et nunc) ed una sua attualizzazione, determinando conseguentemente, la perdita dell'originalità (i
veri hic et nunc) e quindi dell'aura. Il cinema accelererà il processo legato alla riproduzione artistica e perdita
dell'aura, determinando la perdita dell'originalità. Esso ha anche una forza storica, in quanto permette anche la
rappresentazione di altre realtà nel nostro contemporaneo. Mentre il teatro era sempre diverso, il cinema
evidenzia una non autenticità/originalità. Tecnologie di riproduzione precedenti alla modernità. Tuttavia,
sono fatte manualmente, e quindi i prodotti non saranno mai tutti uguali.
AURA vs PRODUZIONE E CONSUMO DI MASSA

Nei vari periodi storici le collettività umane hanno modificato la loro percezione sensoriale. B. sostiene che la
percezione contemporanea è da intendere come una decadenza dell'aura, in quanto la riproduzione è legata al
consumo di massa, dove tutto diventerà una riproduzione in serie per un pubblico di massa.
L'industrializzazione ed il consumo di massa determineranno la sempre minore presenza di artigiani a favore
di una macchina, perdendo un sapere basato sulla manualità. La continua crescita del mercato per le masse
porterà l'esigenza a superare l'unicità tramite la riproduzione. Nel corso del tempo ci si abitua sempre più alla
fruizione ravvicinata delle immagini e alla volontà di appropriarsi delle cose nell'immediatezza, generando
una massificazione dei prodotti, delle immagini, dei contenuti, ecc. Nelle riproduzioni moderne, in pratica,
inizia l'idea del consumo di massa, dove dapprima ci si appropria visibilmente di un qualcosa, e poi lo si
acquista. Nuovo elemento della modernità che provoca uno scambio continuo tra la massa e la realtà,
adeguandosi gli uni agli altri. Tutti questi intrecci sono riconducibili alla riproduzione tecnica.

IL CULTO DELL'OPERA D’ARTE.

L'unicità dell'opera d'arte si identifica con la sua tradizione, che pur essendo un qualcosa di mutevole,
rappresenta la sua unicità e quindi la sua aura. L'integrazione dell'opera d'arte nel contesto della tradizione
trovò la propria espressione nel culto. Le opere più antiche sorsero al servizio di un rituale, dapprima magico
ed in seguito religioso. Questo significa che un'opera d'arte autentica è fondata su un rituale. La riproduzione
tecnica, esito della rivoluzione tecnologica moderna, stacca l'opera d'arte dal rituale/tradizione, allontanandola
dal sacro. Queste nuove tecniche determinano il cambiamento della funzione sociale dell'opera d'arte e del suo
carattere tradizionale, in quanto non si baserà più sui rituali ma bensì su una funzione politica (nel senso di
un'opera disponibile a tutti). Con l'avvento della fotografia l'arte entra in crisi, in quanto sgancia l'opera d'arte
dalla sua ritualità. L'arte si modifica in una nuova religione, costituendo nuovi riti. Vi è la dottrina dell'arte per
l'arte, autocostruita sulla sua riproducibilità. Il valore culturale ed il valore di esponibilità sono due poli
dell'opera d'erte che, con la loro contrapposizione ne determinano la storia. Inizialmente, essendo l'opera
legata al culto, ha maggiore importanza l'esistenza dell'opera rispetto alla sua visibilità. Ma con il
distaccamento dell'opera d'arte dal rituale si può osservare un cambiamento, in quanto con i vari metodi di
riproduzione tecnica dell'opera, la sua esponibilità è cresciuta. Al valore del culto si sostituisce quello
dell'esponibilità. Vi è una maggiore discrepanza tra i due poli e, analogamente, anche un cambiamento della
sua natura. Infatti oggi, attraverso il suo valore di esponibilità, l'opera d'arte si trasforma in un'opera con
funzioni diverse (quella artistica diviene più marginale).

FOTOGRAFIA

Nell'analisi di B. all'interno della modernità la fotografia assume rilievo. Se nell'opera d'arte vi era il culto, con
la fotografia il valore di esponibilità comincia a sostituire il valore culturale. Quest'ultimo, però, può essere
riscontrato nelle foto dei volti umani, dove per l'ultima volta possiamo ritrovare il culto tradizionale e, quindi,
l'aura. Infatti i soggetti delle prime fotografie saranno i ritratti. Il culto sopravviverà nelle foto usate come
ricordo di parenti lontani o defunti. Successivamente il paesaggio diventerà il soggetto fotografico privilegiato
(nella fotografia, così come anche nella pittura, si inserirà come soggetto successivamente al ritratto).

Quando l'uomo scompare dalla fotografia, il valore culturale si accantonerà, facendo invece prevalere il valore
espositivo. Inizia la presenza delle foto con didascalia nei giornali, evidenziando il valore delle foto come
racconto.
CINEMA

B. sostiene che, sia per la fotografia che per il cinema, si è molto dibattuto per decidere se li si potesse
considerare come arte (senza domandarsi se attraverso essi si fosse modificato il carattere complessivo
dell'arte oppure no), e molti teorici, pur di farli rientrare, gli hanno attribuito elementi culturali.
L'interprete teatrale permette di presentare al pubblico l'attore stesso in prima persona, mentre nel
cinema la prestazione artistica avviene attraverso un'apparecchiatura. Recita per una macchina, e la sua
performance dipende da essa e dallo sguardo del regista. Non vi è contrapposizione più netta di quella
tra teatro e cinema. L'attore teatrale si identifica in una parte, mentre questo non avverrà nell'interprete
cinematografico, il quale non avrà mai una prestazione unitaria, ma bensì composta da numerose
prestazioni singole. Saranno poi le apparecchiature a montare il prodotto finale. Questo determina due
conseguenze. Innanzitutto che la prestazione dell'interprete cinematografico viene mostrata e mediata
dall'apparecchiatura, in secondo luogo che l'inteprete perde la possibilità di adeguare la propria
interpretazione al pubblico nel corso dello spettacolo. La mediazione tecnologica separa l'attore dal
pubblico. Non presentando direttamente la sua prestazione, il pubblico non viene turbato da alcun
contatto personale con l'interprete e, inoltre, si rapporterà, a differenza del teatro, ad un apparato
tecnologico che rende inconoscibili attori, registi, professionisti del set, ecc. B. descrive come il primo
ad avvertire tutto ciò fu Pirandello (che sosteneva come l'attore cinematografico si sentisse come in
esilio, non soltanto dal palconisco ma anche dalla propria persona, in quanto quello che mostrano è
solo un'immagine). I vari attori ed operatori del cinema, lavorano presupponendo un'immagine
tipizzata di pubblico a cui rivolgere il messaggio (elemento di modernità, predecessore della
comunicazione di massa e della creazione di medium di massa pervia dell'idea di costruire un prodotto
in base alla tipizzazione del pubblico per un certo messaggio). Non si possono dare valori culturali al
cinema. Il cinema, quindi, determina la rinuncia all'aura, in quanto essa è legata all'hic et nunc e quindi
le varie performace degli attori del cinema, che vengono modificate, non presentano al pubblico un
qualcosa di originale/la vera performance. L'interprete cinematografico ha a che fare con un pubblico
che costituisce il mercato. Infatti il cinema sostituisce la perdita dell'aura con la costruzione, al di fuori
degli studi cinematografici, del culto della star, promosso e mediato dal capitale cinematografico.
Nasce il concetto di divo, e le grandi star diventano merci (elemento della modernità). La
contemplazione delle opere d'arte tradizionali viene sostituita dall'adorazione del divo
cinematografico, o dei personaggi del mondo dello spettacolo e dello sport successivamente definiti
dalla contemporaneità (comunità di fa, isterismo di massa, culto del feticcio).

PRODUZIONE E CONSUMO

Ogni uomo contemporaneo, grazie alla diffusione delle tecnologie della comunicazione e della
riproduzione, può avanzare la pretesa di essere filmato o produrre contenuti che verranno pubblicati.
Vi è una maggiore partecipazione da parte di tutti (evento accaduto anche nella letteratura, dove prima
un numero limitato di persone si dedicava alla scrittura, ora sempre più lettori diventano scrittori, e
tutto questo avviene anche nel cinema). Finisce la distinzione tra produzione e consumo, tra autore e
pubblico. Al giorno d'oggi tutto questo è rappresentato dai contenuti generati dagli utenti (UGC) e
dalla figura del prosumer (utente che assume un ruolo attivo nella fase di creazione e distribuzione di
un contenuto).
CINEMA E SENSORIALITA'

La ripresa cinematografica offre uno spettacolo che in passato sarebbe stato inimmaginabile, in quanto
rappresenta un processo di coordinazione non più di un solo punto di vista. Mentre nel teatro si
conosce il punto dal quale ciò che avviene in scena deve essere visto, nella scena di un film questo
luogo non esiste. Quindi nello studio cinematografico l'apparecchiatura è penetrata così
profondamente dentro la realtà che l'aspetto libero dal corpo dell'apparecchiatura è il risultato di un
procedimento di montaggio con altre riprese dello stesso genere. Si può confrontare questa situazione
anche con la pittura. L'immagine di un pittore è un'immagine totale, quella dell'operatore
cinematografico è frammentata e composta. Quindi la rappresentazione filmica è più significativa per
l'uomo odierno, perché gli offre un aspetto che sembra libero dall'apparecchiatura. La riproducibilità
tecnica dell'opera d'arte ha modificato il rapporto delle masse con l'arte, passando da un rapporto
retrivo (proposta di modelli del passato) ad uno progressivo. B. sosteneva che quanto più il significato
sociale di un'arte diminuisce, tanto più il lato critico e la mera fruizione divergono. Ma nel cinema
questo non accade, bensì questi due elementi coincidono. In nessun luogo più che nel cinema le
reazioni della massa del pubblico si dimostrano condizionate da una loro massificazione. Mentre il
dipinto ha sempre la pretesa di essere osservato da uno o da pochi, l'osservazione simultanea da parte
di un vasto pubblico è sinonimo della crisi della pittura, suscitata dalla fotografia (accesso dell'opera
alle masse). Quindi il pubblico, mentre di fronte ad un film reagisce in modo progressivo, di fronte al
surrealismo diventa retrivo. Il cinema è caratteristico non solo per il modo in cui l'uomo si rappresenta
di fronte all'apparecchiatura, ma anche per la rappresentazione del mondo circostante. Una sua
conseguenza sarà, infatti, non solo la possibilità di osservare la realtà da vari punti di vista, ma anche
una maggiore percezione ottica ed acustica del mondo. Il cinema non propone solo punti di vista più
numerosi, ma promuove anche la compenetrazione reciproca tra arte e scienza. Attraverso le sue
tecnologie diventa tangibile come la natura della cinepresa sia diversa rispetto a quella dell'occhio,
soprattutto per il fatto che nell'uomo subentra uno spazio elaborato inconsciamente. Ogni forma d'arte
vive un periodo di crisi quando una nuova tipologia d'arte si forma. Tra alcune stravaganze possiamo
analizzare il Dadaismo, che cercava di ottenere con la sua arte quegli effetti che il pubblico cerca
nell'arte. Esso sacrifica i valori di mercato a favore del significato, ottenendo però un annientamento
dell'aura dei loro prodotti, ai quali, con i mezzi di produzione, imponevano il marchio di una
riproduzione. Le manifestazioni dadaistiche concedevano una distrazione violenta in quanto
rendevano l'opera d'arte il fulcro di uno scandalo, suscitando la pubblica indignazione. Il cinema è un
elemento distraente. Mentre un dipinto invita alla contemplazione, nell'immagine cinematografica il
pubblico non può farlo, poiché appena la coglie visivamente essa si è già modificata. La successione
delle immagini in movimento, di luoghi diversi, inquadrature diverse, ecc. genera un effetto choc.
Mentre il Dadaismo dava un effetto choc morale, con la sua struttura tecnica il cinema libera un effetto
choc fisico. Il cinema produce un modo di percepire differente, basato sulla distrazione e tattilità. (M.
McLuhan e tattilità televisiva. Sostiene che trasmette sensorialità, poiché la completezza dell'immagine
ci fa percepire una visione reale). Le masse sempre più vaste di partecipanti hanno determinato un
modo diverso di partecipazione. Esse cercano solo distrazione, mentre l'arte dovrebbe suscitare
raccoglimento dall'osservatore. Distrazione e raccoglimento sono in contrapposizione, poiché colui che
si raccoglie davanti all'opera d'arte vi si immerge, mentre la massa distratta fa sprofondare l'opera
d'arte in sé. L'arte prevedeva contemplazione e la fruizione dell'opera d'arte da parte del singolo, ma
ora le tecniche di riproducibilità prevedono solo un consumo distratto e massificato. L'architettura ha
sempre fornito il prototipo di un'opera d'arte a cui ricezione avviene in distrazione dalla collettività.
Essa è sempre stata presente. La percezione tattile e quella ottica si affosseranno sempre di più
nell'abitudine, ed è quindi un ottimo esempio di ricezione nella distrazione da parte del pubblico di
massa. L'arte è in grado di mobilitare le masse, ed attualmente lo fa con il cinema e con il suo effetto
choc. Vi è però una sempre maggiore fruizione nella distrazione, che si fa sempre più sentire in tutti i
settori dell'arte. Questo è il sintomo della profonda modificazione dell'appercezione. È una modalità
tipica di fruizione della modernità che non va criticata, in quanto rappresenta una forma di
partecipazione all'arte diversa rispetto al passato. B. quindi, evidenzia come le nuove tecnologia
abbiano portato ad uno stravolgimento percettivo. Sociologicamente il cinema è un'opera d'arte che
crea movimento politico (promuove idee, emozioni, tali per cui intorno ad un'idea il cinema è in grado
di movimentare le masse, inducendo determinati comportamenti). Vi è un condizionamento, e lo
possiamo riscontrare nella pubblicità e nelle propagande. Questo perché la fruizione del cinema è
passiva, la subiamo in un momento di distrazione così che esso ci possa influenzare. Nuova forma di
partecipazione rispetto al passato.

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