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La nascita della Fotografia Andrea Cocca
Mimesi ≠ Realtà
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La nascita della Fotografia Andrea Cocca
LA PITTURA
Parlando di rappresentazione pittorica, è obbligatorio fare un appunto sul
concetto di realismo, che ritroveremo anche più avanti per quanto
concerne il cinema.
Con realismo non intendiamo ciò che è reale, ma ciò che è verosimile, ciò
che restituisce un'illusione di realtà, fosse anche solo per le sensazioni che
genera nel fruitore dell'opera.
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ulteriore passo avanti verso la fotografia. Per gli artisti realisti anche il
brutto diventa un elemento in grado di qualificare l'opera d'arte, al contrario
del Romanticismo che tendeva a rappresentare solo il bello e l'armonico.
Si inizia a uscire dagli atelier per lavorare en plein air, e con questo sistema
era naturale che la realtà prevalesse sull'immaginario e che le immagini
fossero legate ad accadimenti storici.
Nel frattempo, però, e già da un bel po', l'invenzione della camera oscura
aveva avviato un processo che ha portato alla nascita della fotografia e al
declassamento (parziale) della pittura come principale arte figurativa...
LA FOTOGRAFIA
Fotografia, dal greco φῶς+γραφή, significa "Scrittura di luce" o "Scrittura
con la luce". Nel primo caso, si intende come processo meccanico e chimico
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per mezzo del quale un'immagine lascia una traccia di sè, senza intervento
del fotografo, se non per l'attivazione del meccanismo di scatto. Nel
secondo caso, invece, si attribuisce al fotografo un ruolo attivo, decisionale,
fondamentale perché dà senso e importanza all'immagine prodotta. In
questo caso, dunque, il fotografo è autore dello scatto, non semplice
esecutore, perché lo realizza con intenzione.
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stanza buia, tramite una scatola chiusa contenente una candela, la cui luce
è filtrata da un foro sul quale è applicata una lente: praticamente una
camera oscura invertita, come la descrisse Kircher nella seconda edizione
del suo trattato "Ars magna lucis et umbrae").
Siamo agli albori del cinema :)
Nel 1685 l'inventore tedesco Johann Zahn creò la prima (camera oscura)
reflex, ovvero una camera oscura in cui al suo interno uno specchio posto a
45° permetteva di raddrizzare l'immagine proveniente dall'obiettivo e la
proiettava dritta sul vetro smerigliato, sul quale i pittori potevano
appoggiare il loro foglio per riprodurre i paesaggi ripresi. La nostra camera
oscura è ora pronta a riprodurre con una buona qualità le immagini ad essa
esterne ma non è ancora possibile fissarle automaticamente sul foglio sul
quale esse vengono proiettate. Iniziano dunque gli studi sui materiali
fotosensibili. Prima di arrivare alle prime fotografie, urge una citazione
particolare: all'astronomo, matematico e chimico inglese John Frederick
William Herschel(1792 – 1871), che contribuì nettamente al
miglioramento del processo e delle reazioni chimiche nel fissaggio
fotografico, scoprendo che l'iposolfito di sodio scioglie i sali d'argento non
colpiti dalla luce e che usò per la prima volta nella storia il termine
fotografia, in una lettera inviata a Talbot. A lui sono attribuiti anche i termini
– usati in senso fotografico, ovviamente - negativo e positivo.
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Nel 1829, Niepce entra in contatto con Daguerre: i due iniziano a lavorare al
fissaggio permanente della immagini che apparivano nella camera obscura.
Daguerre introdusse delle migliorie nel procedimento sfruttato da Niepce, in
modo tale che a lasciare traccia fossero solo le zone esposte alla luce. Fu
così realizzata la prima foto della storia di un essere umano, che rimase
ferma per tutti i 12 minuti di esposizione.
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Nel 1831 Daguerre scoprì che lo ioduro d'argento era sensibile alla luce e
riuscì a fissare l'immagine latente, ovvero l'alterazione sulla superficie
esterna delle particelle degli alogenuri d'argento contenuti nella pellicola,
causata dalla luce: l'argento si ossida, riducendosi e rendendo visibile
l'immagine impressa. Tutto ciò avvenne per caso: dopo aver fallito un
esperimento con vapori di sodio, aveva riposto la lastra in un armadio
insieme a parecchi materiali chimici. Dopo qualche giorno, riprendendo la
lastra, si accorse che era comparsa l'immagine che aveva tentato di
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Il primo negativo della storia, così come lo conosciamo noi, è stato però
realizzato da William Henry Fox Talbot che, dopo aver fatto un
esperimento poco riuscito esponendo alla luce solare una foglia a contatto
con carta imbevuta in una soluzione di sale da cucina e nitrato d'argento,
realizzò il primo negativo della storia della fotografia (agosto 1835, ripresa
della finestra nella galleria sud della sua abitazione, Lacock Abbey) in cui è
possibile, con l'aiuto di una lente (come ci suggerisce lo stesso Talbot)
contare le circa 200 tessere di vetro componenti la vetrata. Talbot spiegò
che è possibile ottenere un'immagine positiva da una negativa: questo
processo, chiamato calotipia (dal greco kalos, bello, e typos, stampa;
conosciuto anche come talbotipia o disegno fotogenico), a differenza della
dagherrotipia, permetteva di produrre più copie di un'immagine
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Quello che a noi può sembrare un vantaggio, però, all'epoca era visto come
debolezza: la calotipia di Talbot, infatti, aveva molto meno valore della
dagherrotipia, che invece creava un'immagine unica e non riproducibie. Ciò
è dovuto al concetto di aura di un'opera d'arte, che viene meno con la
riproducibilità meccanica dell'immagine.
Nel 1871 Richard Leach Maddox mise a punto una nuova emulsione,
preparata con bromuro di cadmio, nitrato d'argento e gelatina. Questo
nuovo materiale venne adottato solo sette anni dopo, a seguito dei
miglioramenti introdotti da Richard Kennet e Charles Harper Bennet
. Le lastre così prodotte permisero un trasporto più agevole perché non
necessitavano più della preparazione prima dell'esposizione. L'applicazione
del metodo additivo è la lastra Autochrome dei fratelli Lumière, prodotta nel
1903.
Il 1888 vide la nascita della Kodak N.1
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