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Scritto da Redazione
di Fabrizio Intonti
Nel saggio L’epoca dell’immagine del mondo (del 1938), contenuto in Sentieri Interrotti,
Heidegger ridefiniva lo statuto della modernità a partire dall’assunto che una delle sue
manifestazioni essenziali sia la riduzione del mondo a “immagine” (
Bild
), intesa non semplicemente come imitazione o copia, ma come ciò che l’uomo “pone o si
presenta davanti a sé”, e, dunque letteralmente
si rappresenta
. Per Heidegger il mondo scompare nel momento in cui si riduce a una mera rappresentazione
posta e imposta dal soggetto umano. Questa è la violenza (o erranza) dell’uomo moderno:
concepire l’immagine come strumento di oggettivazione e il mondo come mero oggetto di cui
l’uomo dispone.
Analogamente, il discorso di Baudrillard prende le mosse dalla scomparsa della realtà nella
produzione incessante di immagini che ha luogo nella contemporaneità: la dittatura della
visibilità imposta dai mezzi di comunicazione rende ogni cosa, evento, soggetto perennemente
visibile e dunque rappresentabile: quest’obbligo di visibilità e di esibizione attraverso le
immagini impoverisce il reale, gli sottrae significato: se tutto è visibile e appunto
rappresentabile, nulla si manifesta veramente. Il mondo precipita nell’indistinto e
nell’indifferente, diventa privo di segreti e lo stesso soggetto umano si opacizza nel flusso
ininterrotto di immagini che esso stesso crea. (Baudrillard porta come esemplificazione – siamo
nel 2001 - la novità dei reality show televisivi e dell’alienante autorappresentazione ininterrotta,
quotidiana, invasiva e in ultima analisi violenta della vita umana).
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“Apocalittici e integrati” dell’immagine. Baudrillard, il fotografo-filosofo - Filosofia.it
Scritto da Redazione
più niente del loro contenuto, riflettono la miseria umana ma non ci toccano. Ancora una volta ,
il discorso, il linguaggio, e quindi il logos, soccombe: si trasforma in semplice medium,
supporto delle immagini e della dittatura della visibilità e dell’estetica, perde autonomia e
dimensione simbolica.
A questo punto, cosa può l’uomo contro lo “scatto automatico delle immagini” e il nientificante
flusso virtuale che uccide il reale (e il discorso stesso sul reale)? La via d’uscita che Baudrillard
sembra invocare, anche in questo riprendendo la lezione heideggeriana dell’ascolto, sarebbe
la via del silenzio, da opporre al rumore delle immagini che opacizzano il mondo.
Via impervia, soprattutto per chi non può vantare la profondità e l’originalità del pensiero di
Heidegger e soprattutto un po’ troppo essenziale, per non dire esile, nel suo ermetismo. In che
cosa si tradurrebbe concretamente il silenzio della fotografia, che non fa violenza all’immagine
ma ne ripristina il potere evocativo originario? Non è chiaro a che tipo di immagini alternative e
a che tipo di “immobilità “ della fotografia alluda Baudrillard quando ne invoca un uso diverso
da quello estetico, seduttivo e commerciale (e dunque immorale). Allude Baudrillard ad un uso
“puro”, artistico, poetico delle immagini (lui stesso si è cimentato nella fotografia)? E quale
sarebbe il criterio per farlo? Anche le foto più evocative hanno una finalità commerciale quando
vengono esposte e vendute nelle gallerie, e anzi proprio quelle hanno un valore economico
enormemente più alto di tutte le foto “commerciali”…
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“Apocalittici e integrati” dell’immagine. Baudrillard, il fotografo-filosofo - Filosofia.it
Scritto da Redazione
E soprattutto: ha senso oggi proporre, contro l’esondazione violenta del fiume di immagini, di
costruire argini più alti? E’ davvero possibile che l’uomo sappia ripristinare il segreto, il mistero
del mondo? Forse sarebbe invece il caso di “parlare” di più, di dare proprio attraverso il discors
o gli
strumenti per capirle, quelle immagini, di conoscerle, di destrutturarle e di leggerle esattamente
come fa il fotografo-apocalittico che, evidentemente, si ritiene un privilegiato. Non so se questo
fermerebbe il rumore del mondo ma almeno potrebbe aiutare tutti noi a decifrarlo.
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