Istituzione, dispositivo, linguaggio Filosofia del cinema di Stahr – De Niro (film: Gli ultimi fuochi, 1976): cinema come insieme di narrazione e rappresentazione (passaggio dal testo letterario di Fitzgerald e la resa cinematografica di Kazan), il modo in cui Stahr sta al gioco di Boxley è lo stesso modo in cui noi seguiamo la storia quando ci viene proposta sotto forma di pellicola. - Stahr rappresenta (cinema come) l’istituzione cinematografica; essa ha a che fare prima di tutto con l’economia, il cui lavoro è di riempire le sale. Ha a che fare con l’ideologia: convincerci di qualcosa, cancellare le tracce del discorso e favorire al massimo l’impressione di essere pura storia. Ha anche a che fare con il desiderio, l’immaginario e il simbolico: fa leva sui giochi di identificazione, sui complessi meccanismi che regolano il funzionamento della nostra spiche ed inconscio. Noi viviamo ogni situazione che il film ci presenta come una “formazione di compromesso fra un certo grado di soddisfacimento delle pulsioni e un certo grado di conservazione delle difese, e dunque di allontanamento dell’angoscia”. - Cinema come dispositivo scenico: dispositivo (congegno che prevede determinate funzioni) / cinema come dispositivo di una rappresentazione analogo alla pittura, al teatro. È un dispositivo perché determina l’esistenza di ruoli, es: il ruolo dello spettatore. Il critico Jean Louis Baundry ha studiato il cinema come dispositivo di rappresentazione analogo a quello della rappresentazione prospettica della pittura. Gianfranco Bettetini invece si è occupato della relazione fra schermo e spettatore come modello di conversazione. - Cinema come linguaggio: è un linguaggio imparentato con la letteratura, uso della parola dei personaggi e con la finalità di raccontare qualcosa, nonostante ci siano due diverse modalità di racconto. La scena del nichelino, dei guanti e del fiammifero viene ripresa alla fine perché parla della vita > immagine cinematografica (secondo Barthes): è ciò da cui io sono escluso. Punti di vista sul cinema I personaggi Stahr e Boxley hanno punti di vista diversi sul cinema: il primo come produttore esecutivo, ha il punto di vista dell’attivismo imprenditoriale hollywoodiano (ispirato ad un produttore esistito negli anni ’30, Irving G. Thalberg). Il cinema è ciò che in una società, in un determinato periodo storico, in certo scenario politico culturale, e secondo un gruppo sociale piuttosto che un altro, si decide che esso sia. È necessario saper osservare tutti questi fattori, senza escludere il piacere della visione filmica, determinato dal fatto che l’istituzione cinematografica soddisfa desideri non superficiali né momentanei dello spettatore (Metz). Saper vedere il cinema da una certa distanza, “distanza amorosa” (Barthes) ovvero saper distinguere, scegliere, con discrezione. Cinema e storia Secondo lo storico francese Marc Ferro, il cinema può essere visto come fonte e come agente di storia. Come fonte esso rappresenta una riserva inesauribile di documenti significativi per lo storico. Come agente entra in modo attivo in processi storici. Si pensi al ruolo che il cinema ha avuto come strumento di propaganda in Italia con il fascismo, in Germania con Hitler, in America con Roosevelt e in generale, alla sua importanza nella diffusione di modelli comportamentali e ideologici. Rapporto storia – cinema: a. Storia del cinema: tratta la storiografia cinematografica (inizio, origini ed evoluzione del cinema), disciplina che ha un suo oggetto e metodologia di indagine; b. Storia nel cinema: mezzo per rappresentare la storia del passato, il cinema condiziona l’immaginario storico (es: BLM) con documentari, attualità filmate, cinegiornali e film di finzione; c. Il cinema nella storia: i film possono assumere un ruolo importante nel campo della propaganda politica, nella diffusione di un’ideologia (Trump e gli Oscar). Jean Mitry, uno dei padri della storiografia cinematografica, divide le diverse storie del cinema in: - Storia delle tecniche, ovvero dei mezzi di resa cinematografica; - Storia dell’industria, conseguenza dell’evoluzione del pubblico, dell’arte e delle sue tecniche; - Storia delle forme e dei modi di significare, di esprimere e di raccontare; - Storia dell’arte, ovvero delle opere che hanno segnato un punto di arrivo o svolta. Non come storia di “capolavori” ma mettere in valore l’apporto particolare di certe opere in relazione, come si sono influenzate, come hanno contribuito all’evoluzione del linguaggio filmico e di precisare le cause di quest’ultima. Superando la dimensione puramente archivistica, ma come storia comparata. Casetti ha individuato le seguenti storie del cinema in: - Storie economico – industriali; - Storie socioculturali; - Storie estetico – linguistiche; - Storie erudite e globali. Lo storico del cinema ha bisogno di molte informazioni di difficile reperimento (i primi anni il cinema non aveva una sua legittimazione culturale), orali e scritte, audiovisive e comparate alla fonte principale, ovvero i film. Gran parte del patrimonio cinematografico, soprattutto dei primi decenni della storia del cinema, è andato disperso (causa mancanze nella conservazione in passato). La storia del cinema ha forte influenza nell’immaginario collettivo > influenza e impulso esercitati dai cultural studies nell’inserire il cinema nei campi di ricerca Estetica e semiotica Le storie estetico-linguistiche possono costituire il punto di raccordo tra la prospettiva storica e quella teorica, senza dimenticare che la teoria del cinema costituisce un’importante articolazione della sua stessa storia. Il cinema può essere visto come forma d’arte e come mezzo di comunicazione. Come arte ha attratto l’interesse dell’estetica, la disciplina filosofica che si occupa del sistema delle arti. In quanto mezzo di comunicazione, con lo studio dei segni linguistici (semiotica, de Saussure). Lungo la prima metà del ‘900, il discorso teorico sul cinema era stato monopolizzato dall’estetica e dal confronto con le altre arti tradizionali. Intorno alla prima metà degli anni ’60, con lo sviluppo degli studi semiotici il modello linguistico ha avuto la meglio sull’estetica. I due approcci sono strettamente legati fra di loro in quanto ogni riflessione estetica sul cinema ha dovuto affrontare il problema del linguaggio filmico. Es: Roman Jakobson, linguista che si è interessato alla funzione poetica del cinema, fornisce uno dei primi esempi di applicazione di modelli linguistico – letterari allo studio del cinema. Riflessioni artistiche nate nell’epoca del muto > contributo di Rudolf Armheim, teorico e psicologo dell’arte: teoria filmica che evidenzia i caratteri di “autonomia e differenziazione” dell’immagine rispetto alla realtà prodotta, analisi delle sensazioni. Riflessioni estetiche che si basano sul riconoscimento della natura meccanica e riproduttiva del mezzo cinematografico: 1. Critico francese Andrè Bazin, sostenitore del realismo ontologico del cinema: ha basato la sua riflessione sulla constatazione del carattere meccanico della riproduzione fotografica, cioè dell’assenza di un intervento di interpretazione e di deformazione. L’originalità fotografia rispetto alla pittura risiede nella sua oggettività essenziale. Per la prima volta un’immagine del mondo esterno si forma automaticamente senza l’intervento creativo dell’uomo, in cui la personalità del fotografo non entra in gioco. A) riconoscimento della novità del cinema B) impressione di realtà. Il cinema agisce sullo spettatore allo stesso modo in cui agiscono i fenomeni naturali che produce; 2. Kracauer ritiene che non è il modello teatrale, scenografico, letterario a cui il cinema deve riferirsi, ma guardare al mondo concreto e reale, il quale deve essere colto nella sua immediatezza (fotografia istantanea). 3. Deleuze ritiene che non vi è differenza fra cinema e realtà, sia l’una che l’altra sono un movimento incessante di immagini. Articolazione fra immagine – percezione, immagine – azione e immagine – affezione (intervallo fra una percezione inquietante e un’azione esitante). Fin dai suoi inizi la semiotica del cinema pose come centrale il problema del linguaggio; ha avuto importanti risvolti anche in Italia (Eco, Garoni, Bettetini e Pasolini). Dopo aver studiato i codici (specifici e non) del linguaggio del cinema, l’attenzione si è spostata sul testo filmico e scrittura al fine di comprendere i meccanismi e le dinamiche che definiscono i singoli film o gruppi di film, es: il racconto, il punto di vista, l’enunciazione, il testo e le strategie che disciplinano il rapporto fra film e spettatore. Con il tempo la semiotica del cinema si sviluppò in contesti sempre più accademici e specifici, anche troppo. Per una didattica dell’immagine Per fare una buona didattica dell’immagine occorre prendere coscienza che le immagini hanno una storia: saper vedere, un “amare” che nasce dall’esperienza del cinema come esperienza estetica e conoscitiva (cinefilia). Vedere il cinema dietro i film. Parte seconda: le età del cinema La corretta comprensione di un film e il piacere estetico che ne deriva dipendono anche da informazioni che possono orientare il nostro sguardo e fornirci regole per renderci partecipi al gioco del film. La periodizzazione adottata è (solitamente, anche se non esente da difetti): - Le origini; - Il muto; - L’affermazione del sonoro e lo statuto classico della rappresentazione cinematografica; - Il cinema “moderno”; - Il cinema postmoderno. Le origini: uno sguardo storico Gli anni della nascita del cinema vengono chiamati “Belle Epoque”: furono gli anni dell’imperialismo coloniale, della ricerca di un equilibrio precario internazionale. le politiche di nazionalismo delle potenze era evidente. Altrettanto precario l’equilibrio fra borghesia industriale e proletariato. Furono anche anni di grande progresso scientifico e sociale. Alcuni teorici hanno sottolineato che il cinema fa la sua compara negli anni in cui prende forma la psicoanalisi (Freud), indicando nuove piste per cogliere il sistema di rapporti che unisce l’inconscio individuale e l’inconscio collettivo. Il cinema ebbe un ruolo rilevante nelle esposizioni universali: l’esposizione del 1900 fu dominata dall’elettricità e dal cinema, come messa in scena del progresso e della tecnica. Molte furono le “vedute” che si rappresentarono, per suscitare l’interesse del pubblico (es: “il marciapiede mobile”, vedute esotiche etc.): - Esse costituiscono un documento storico dell’Esposizione che più efficacemente ed oggettivamente ci descrivono l’esperienza percettiva dei visitatori del tempo. - Dimostrano quale ruolo può assumere il cinema come mezzo di diffusione. “L’arrive du train a La Ciotat” e “La sortie de l’usine Lumiere”, i due film dei Lumiere del 1895, sono importanti perché: - Un treno, una fabbrica possono essere oggetto di spettacolarizzazione; - Simboli di potere già allora. Il cinema poi si estese alla sfera del quotidiano, nonostante abbia continuato comunque a rappresentare “scene del potere”. Melies filmò nel suo studio di Montreuil nel quale aveva simulato le navate di Westminster, la “ricostruzione” dell’incoronazione di Edoardo VII, a causa del rinvio della cerimonia, portò a termine il “documentario” con alcuni mesi di anticipo sulla cerimonia vera e propria. A riprendere l’entrata e l’uscita del corteo regale c’era anche un operatore Lumiere. La percezione del pubblico non era tale da distinguere documentari veri da quelli falsi. Sia nel documentario sia nella finzione, il cinema iniziò a sfruttare la fascinazione del fatto realmente accaduto. Esattamente come l’attualità, la storia si presentava come un referente sicuro al quale ancorare il prodigio delle immagini in movimento: 1. In America le “false passioni”; 2. In Francia “L’assassinio del Duca di Guisa”; 3. In Italia l’avventura di ambientazione storico-mitologica fu uno dei temi preferiti della nascente cinematografia. Il cinematografo Lumiere fu il coronamento delle ricerche decennali alle quali vi erano due esigenze principali: 1. Arrivare alla oggettivazione di un evento > ricerca propria della scienza; 2. Restituire in tutta la sua fascinazione l’evento attraverso l’illusoria partecipazione a esso > ricerca propria dello spettacolo. Il cinema muto Dai nickelodeons degli anni ’20 negli USA fino all’accompagnamento musicale in uso nelle sale cinematografiche, sono la dimostrazione che la partecipazione del pubblico nei film muti era molto attiva, anzi interattiva. Vedere oggi un film muto è piuttosto difficile: 1. Vengono proiettati alla frequenza di 24 fotogrammi al secondo (originariamente filmati con una frequenza di 16), che altera il ritmo del film; 2. Problema del mascherino; 3. Primitive forme di colore attraverso un vero e proprio codice cromatico (dipendendo dalla scena si utilizzava un colore piuttosto che un altro); 4. Restauro del testo filmico nella forma originale e dell’interezza dello spettacolo (spesso era accompagnato da esecuzioni musicali, canti e letture espressive delle didascalie). Difficoltà del recupero delle attitudini percettive del linguaggio filmico. Molti hanno cercato di modernizzare le pellicole (es: Metropolis di Fritz Lang, curato da Giorgio Moroder, costituisce un remake). Nelle espressioni più mature del cinema muto, i valori ritmici della sequenza giocano un ruolo essenziale. La moderna videomusic ha citato il cinema muto molto frequentemente per la facilità di trovarci delle sequenze ritmate. Molti festival specializzati come “Le Giornate del Cinema Muto” di Pordenone ripropongono ogni anno nuove copie restaurate di classici del cinema muto accompagnati da esecuzioni musicali dal vivo. “Dal cinematografo al cinema: nascita di un linguaggio” L’età dei pionieri (1895 – primi anni dieci) fu una fase di scoperta e definizione di una tecnica riproduttiva più che la nascita di una nuova arte o linguaggio. Eccezione per alcuni studiosi che ritengono che Melies abbia colto il carattere onirico del cinema. Il pubblico di oggi che assiste a un film di Edison, Lumiere o Melies, dopo una prima curiosità, perde interesse perché non ne individua il linguaggio. Non lo considera essenzialmente cinema, bensì una curiosità tecnologico – scientifica. Bisogna intendere l’età dei pionieri come la fase di inizio della nuova arte. Con “La nascita di una nazione” di Griffith (e al suo collaboratore tecnico Billy Bitzer) egli riuscì a dimostrare le possibilità che il cinema offriva: 1) di articolare uno spettacolo al pari di una rappresentazione di un’opera 2) di sviluppare una narrazione compiuta e complessa come un romanzo 3) di articolare la narrazione alternando grandi scene a piccoli dettagli. Con George A. Smith si inizia a parlare di montaggio non solo in senso tecnico ma anche in senso logico – discorsivo; l’effetto di senso prodotto dalla selezione di inquadrature diverse e la combinazione di esse. Anche Griffith fa uso del montaggio parallelo e successivamente del primo piano, come prima aveva fatto Smith, con una funzione narrativa ed espressiva. Così come anche Alfred Lord Tennyson introduce il mostrare in parallelo due protagonisti che condividono uno stesso sentimento. Griffith poi introdusse la ripresa a distanza ravvicinata, sempre per comunicare uno stato d’animo. Poi anche la dissolvenza incrociata (Melies) per introdurre un flashback. Con Griffith il cinema impara le regole del racconto e stabilisce i fondamenti della sua sintassi narrativa. “Modi di produzione e modi di rappresentazione” L’idea stessa di linguaggio cinematografico è stata messa in discussione da Noel Burch; secondo lui è un particolare modo di rappresentazione funzionale a un certo modello di sviluppo economico e produttivo (modo di produzione). Egli interpreta l’evoluzione del cinema mettendo in contrapposizione: 1. Modo di Rappresentazione Primitivo: la fase in cui il cinematografo era una delle tante attrazioni. È caratterizzato da frontalità del quadro, fissità della cinepresa, mancanza di articolazioni spazio – temporali, autosufficienza della singola inquadratura cui corrisponde una “esteriorizzazione” affidata alla voce di uno speaker e all’accompagnamento musicale; 2. Modo di Rappresentazione Istituzionale: progressiva conquista da parte del cinema di raccontare vicende complesse. È caratterizzato da una grande forma narrativa basata sulla discontinuità delle immagini e sulla “linearizzazione” dei vari elementi significanti. Il primo riguarda il cinema delle origini, il secondo quello attuale. Grazie al predominio del sistema hollywoodiano, il modello del cinema istituzionale è diventato egemone, condizionando modi di produzione e forme di consumo in tutto il mondo. “L’ascesa di Hollywood” Nel periodo che va dalla fine della prima guerra mondiale (1918) al crollo della borsa di Wall Street (1929), il cinema conosce un grande sviluppo. Sul finire di questo periodo viene presentato negli Stati Uniti il primo vero film sonoro, “Il cantante di Jazz”. La supremazia di Hollywood è data certamente dall’esito della prima guerra ma anche dal risultato di una politica produttiva basata su ingenti investimenti di capitale e sullo sviluppo di controllo di singole società su tutti e 3 i settori dell’industria cinematografica: produzione, distribuzione, esercizio. Le major companies erano: Paramount, Fox, Warner Bros etc. In Europa le difficili condizioni della ripresa dopo la guerra non impedirono una fioritura. La vitalità sul piano economico della produzione hollywoodiana si basò su due fattori: studio system e star system. Il divismo fu uno dei principali strumenti di promozione del consumo cinematografico; strettamente legato al fenomeno divistico è quello dei generi cinematografici. Il divo è chiamato a incarnare dei ruoli fissi. Cinema comico La slapstick (congegno formato da due tavolette con il quale vengono simulati rumori delle bastonate che si scambiano i personaggi) comedy come genere comico che resta fedele al cinema delle origini e conquista lo spazio urbano da cui prende situazioni, oggetti etc. Il pubblico lo ha sempre identificato con le maschere dei suoi attori più noti (Buster Keaton, Charlie Chaplin). La realizzazione di una gag di effetto irresistibile richiede un’esecuzione perfetta. Oltre a questo genere, anche il burlesque americano fornisce un repertorio sistematico di luoghi, situazioni etc. dello spazio urbano, l’evoluzione della macchina, la velocità etc. Europa: ragioni del mercato e attrazioni dell’avanguardia Prima della guerra vi era prestigio nel mercato per le case cinematografiche europee. Nel cinema europeo si registravano tentativi di ancorare il nuovo linguaggio ai caratteri originali delle culture nazionali, quindi si accentuavano le differenze fra le diverse arti. Si sviluppano una complessa interazione tra cinema e avanguardie artistico – letterarie. Il cinema costituiva per sé stesso un fenomeno profondamente innovatore, a cui guardarono con grande interesse le avanguardie storiche (classificazione secondo Abel): a) Prima avanguardia (o “avanguardia narrativa”): una riflessione estetica sul cinema e promozione del cinema come arte; b) Seconda avanguardia: sperimentazione di un cinema radicalmente anti narrativo, coincide con le esperienze cinematografiche dell’astrattismo, dadaismo e surrealismo. c) Terza avanguardia: cerca il collegamento con i movimenti politici di massa e vive la crisi dell’avvento del sonoro che sembra decretare la fine delle più ardite sperimentazioni visive. - “Cinematografia futurista”: manifesto del 1916, realizzazione cinematografica delle provocazioni e sperimentazioni già attuate nella poesia e nel teatro, non si è sviluppato in italia. - “Cinema dada”: cinema come negazione e irrisione dei valori estetici tradizionali. - “Cinema surrealista”: analogie fra cinema e sogno (Luis Bunuel, Salvador Dalì”. Germania e paesi nordici L’influsso dell’espressionismo determinò la fioritura di un gruppo di film che hanno come più celebre “Il gabinetto del dottor Caligari” di Robert Wiene. Con il termine caligarismo (no cinema fra le due guerre) si definisce uno stile basato su scenografie e metodi di recitazione di derivazione teatrale e pittorica al fine di rappresentare una visione deformata di situazioni e ambienti. Il trasferimento a Hollywood dopo l’avvento del nazismo ha condizionato gli sviluppi del cinema americano, non solo per quanto riguarda generi come l’horror, ma anche per determinare stili di regia basati su un controllo di tutti gli elementi espressivi. Cinema muto italiano Per molto tempo in Italia si è fatto poco o nulla per approfondire il cinema muto. I fatti storici dagli anni ’20 in poi misero il cinema italiano in una condizione di inferiorità. Visse un periodo di crisi. Negli ultimi decenni la situazione è mutata, attraverso il recupero di film. Uno degli aspetti caratterizzanti del cinema italiano nell’epoca del muto è il policentrismo produttivo, la presenza contemporanea di più centri di produzione dislocati in diverse città, fenomeno che tenderà a ridursi negli anni ’30 (Cinecittà – Torino – Napoli). Il genere storico – mitologico fu quello di maggior spicco e assicurò la diffusione nei mercati stranieri. Degna di interesse anche la produzione comico – popolaresca. L’eclettismo caratterizza la produzione italiana degli anni ’10, insieme al divismo femminile (influsso d’annunziano, futurismo). Altro aspetto fu il rapporto fra cinema e fascismo. Il cinema sonoro degli anni ’30/’40 Michel Chion: egli distingue da una parte la voce umana e dall’altra “tutto il resto” (vococentrismo). Molto di ciò che lo spettatore attribuisce al visivo è in realtà il risultato di un’interazione costitutiva del suono con l’immagine. L’avvento del sonoro Il cinema è un’industria: il potenziamento delle sue capacità, come le altre innovazioni tecnologiche, fu cercato secondo una logica economica. Una delle spinte decisive alla ricerca di metodi di sincronizzazione di immagine e suono fu la concorrenza della radio. Il sonoro fu fortemente condizionato dagli effetti prodotti dal consumo radiofonico che aveva creato un’abitudine alla voce riprodotta. La radio e il telefono sono mezzi acusmatici. Il cinema ha sempre fatto uso dei suoni acusmatici. Parola e musica diffuse nel buio della sala diventano strumenti di amplificazione e potenziamento delle suggestioni dell’immagine. Al suono è legato il nuovo genere del musical; al sonoro sono dovute le crescenti fortune del disegno amato. Il sonoro, in quanto ha reso più compiuti gli effetti realistici del racconto cinematografico, viene considerato da molti autori uno dei fattori essenziali dello sviluppo del fantastico e della fantascienza. Età d’oro di Hollywood Tra il 1932 e il 1946 la storia del film è la storia di Hollywood con due eccezioni: 1- cinema francese 2- scuola documentaristica inglese. Hollywood confermò il suo primato economico, permise l’affermazione di autori quali Hitchcock, Welles, Hawks etc. In Italia il mito del cinema americano divenne un punto di riferimento per i gruppi di intellettuali che cercarono di reagire alla censura del fascismo. Dopo il fascismo i film americani tornarono a circolare. L’avvento del sonoro aveva confermato il controllo dell’intero mercato da parte delle major companies americane; questo sistema fu fiorente fino a quando la Corte Suprema la dichiarò illegittima. Si aggiunge anche la concorrenza della televisione a cui Hollywood oppose resistenza efficace ma non sufficiente. Non fu solo la concorrenza televisiva a determinare la crisi dello studio system, ma anche la crisi dei mercati stranieri. L’importanza che lo studio system ha avuto nel definire lo standard qualitativamente alto del cinema americano della golden age di Hollywood. La componente finanziaria è importante anche a causa dell’ingerenza delle banche. Generi classici del cinema hollywoodiano Dal punto di vista del processo di produzione: - Musical - Stile Universal (dello studio system) dei film noir degli anni quaranta - Stile classico: le caratteristiche sono 1- primato della narrazione 2- subordinazione ad essa di tutti gli aspetti della messa in scena 3- standardizzazione dei procedimenti 4- differenziazione dei prodotti in modo da mantenere vivo l’interesse del pubblico Dal punto di vista figurativo: analizzare i motivi figurativi frequenti attraverso diversi metodi come l’analisi degli elementi spaziali e figurativi in relazione con le fonti e come “forme simboliche” (messe in relazione con le concezioni del mondo, della realtà etc.) Dal punto di vista narrativo: - Melodramma hollywoodiano classico: rigoroso controllo del valore emotivo ed emblematico degli spazi e degli oggetti, accurata ricerca degli effetti della composizione plastica e cromatica dell’inquadratura, sistematica utilizzazione degli effetti di intensificazione melodrammatica delle situazioni attraverso un calibrato uso del montaggio e della musica - Noir: il tema centrale è il conflitto tra la legge e l’arbitrio, l’innocenza e la corruzione, tra le regole e l’universo del “senza legge”. L’etichetta di genere noir è un’invenzione francese, era il colore delle copertine della collana di romanzi polizieschi. Sotto l’etichetta noir si possono aggiungere altri sottogeneri come: polizieschi, gangster film, thriller, detective story. - Western: si basa su conflitti perennemente riproposti, il colono bianco contro l’indiano, la comunità ordinata con le sue regole di vita contro il fuorilegge, il giustiziere contro le vittime. Lo spazio del west è uno spazio di frontiera, perennemente decentrato. L’eroe del West entra in azione provenendo da non si sa dove etc. - Commedia - Scifi - Fantascienza - Racconti per famiglie - Avventure - Musical - Campioni - Film di guerra - Il fantastico Il neorealismo italiano Es: Roma città aperta di Rossellini; Ladri di bicilette di De Sica. Film che contribuivano a propagare nel mondo l’immagine dell’Italia che usciva dal fascismo. Il neorealismo italiano non è tutto il cinema italiano del secondo dopoguerra anche se è la componente più nota, non nasce come tabula rasa, anzi mantiene certi elementi di continuità con il cinema del regime. La difesa di un cinema nazionale, popolare e realista veniva fatta anche dal fascismo. Uno dei punti di forza del neorealismo fu la capacità di assimilare alla realtà italiana diversi modelli cinematografici e letterari; per almeno 30 anni dopo la fine della guerra, il cinema italiano è riuscito a interpretare i mutamenti e le contraddizioni della società. Vi era uno stretto legame fra cronaca e costume. Diversi tipi: - Neorealismo rosa; - Neorealismo d’appendice; - Totò, riesame dei rapporti fra cinema italiano e tradizione dialettale, varietà e revisione della nozione di popolare. Bazin afferma che con il neorealismo la cinepresa è diventata tutt’uno con l’occhio e la mano che la guidano. L’esperienza neorealista segna il passaggio dal cinema classico al cinema moderno. Tale passaggio è caratterizzato dall’emergenza di situazioni visive e sonore pure, che definiscono il venir meno del nesso organico tra percezione e azione, che è uno dei tratti fondamentali del cinema classico, e aprono la strada all’immagine-tempo che significa apertura alla totalità dell’avvenimento nel suo farsi. Il cinema moderno Il colore e il grande schermo contribuiscono all’avvento del cinema moderno, la loro introduzione aveva avuto lo scopo di contrastare la concorrenza della televisione. Dagli anni ’30 agli anni ’60 si succedono numerose innovazioni: 1. Diffusione della pellicola pancromatica, dotata di maggiore sensibilità 2. Miglioramenti dei sistemi di illuminazione e l’uso degli obiettivi a focale corta > tali innovazioni forniscono la rottura degli schemi tradizionali e la diffusione di usi del cinema che in precedenza erano fatti solo eccezionalmente. L’ideologia dominante nel “cinema moderno” è un’ideologia progressista: l’espressione di una nuova soggettività individuale o collettiva, la definizione di un nuovo linguaggio e di nuove tipologie espressive, la ricerca del nuovo e il rifiuto della tradizione. Novelle Vague cinematografica: un nuovo modo di fare film, segna l’avvento di una nuova generazione di registi > un cinema spontaneo, immediato e a bassi costi, che potesse fare a meno delle macchinose procedure degli studios e dell’artificiosa accuratezza formale della produzione francese. Nasce il cinema d’autore in Europa, ovvero film che venivano analizzati in relazione agli autori. Si afferma un nuovo tipo di cineasta per il quale la presa di coscienza critica del mezzo espressivo usato e la riflessione sulla sua natura sono importanti quanto una scelta morale, una nuova coscienza del linguaggio cinematografico. Nuovo cinema degli anni ‘60 Le innovazioni che la Novelle Vague influenzò l’istituzione cinematografica: 1) Struttura narrativa: si abbandona l’intreccio romanzesco tradizionale, la costruzione del personaggio a tutto tondo e sono adottate soluzioni più affini alle tendenze letterarie; 2) Linguaggio filmico: abbandono delle forme tese a occultare il procedimento di messa in scena e adozione di tecnica di ripresa e di recitazione e di montaggio di tipo naturalistico; 3) Ideologia: messa in evidenza di un messaggio ideologico affidato per lo più a un eroe positivo; 4) Strutture produttive: si manifesta ovunque una esigenza di mutamento; 5) Formazione di un nuovo tipo di pubblico più maturo e preparato sia sul versante politico culturale sia su quello della conoscenza del cinema. La fondazione a New York nel 1960 del New American Cinema Group, cui farà seguito di lì a poco la costituzione della New York Film Makers Cooperative, sono le due tappe che sanciscono la formazione di un movimento di avanguardia cinematografica negli Stati Uniti e coronano quasi un trentennio di tentativi di cinema sperimentale. Idea di un cinema personale, praticato al di fuori di ogni condizionamento: questo tipo di cinema avrà poi l’etichetta di cinema di underground. Il New American Cinema Group cercò di prefigurare, realizzare e far circolare un tipo cinema tale da non lasciare margini di mediazione o compromessi con Hollywood. Cinema diretto: la diffusione delle attrezzature leggere e il ricorso a moduli espressivi mutuati dal reportage televisivo o basati sull’improvvisazione danno un nuovo impulso al cinema documentario di carattere etnologico e sociologico. Possiede queste caratteristiche: a. Ripresa in sincrono di immagini e suono; b. Impiego di apparecchi maneggevoli; c. Attori non professionisti a interpretare sé stessi; d. Improvvisazione; e. Ruolo attivo della cinepresa; f. Assunzione da parte del cineasta di tutte le conseguenze, anche etiche oltre che estetiche, di tali tecniche. I centri di diffusione e sviluppo del cinema diretto furono il Canada, gli Stati Uniti e la Francia. Italia anni ’60: il neorealismo lascia il posto ad autori che a quell’esperienza continueranno a richiamarsi e a generi che ne furono la continuazione. Gli autori del neorealismo proseguirono le loro carriere che vanno giudicate “al singolare”. La commedia di costume seppe seguire l’evoluzione della società italiana nel passaggio dal dopoguerra al miracolo economico. La commedia all’italiana riesce a elaborare una tipologia di maschere, situazioni e moduli espressivi che lungo tutti gli anni sessanta e buona parte dei settanta ha consentito di rappresentare puntualmente le trasformazioni del paese. Le esperienze underground non riescono a diventare un movimento che entri in rapporto con l’istituzione cinematografica. Nuovo cinema tedesco: nasce negli anni ’60 come “Giovane cinema tedesco” e si afferma negli anni ’70 come “Nuovo cinema tedesco”. Ha origine con il “Manifesto di Oberhausen”. Un cinema che, grazie alla situazione del paese, si impone sul piano internazionale modellata sulla “politica degli autori” della nouvelle Vague. Nel suo complesso l’esperienza del nuovo cinema tedesco degli anni ’70 ha offerto una tipologia sufficientemente ampia delle potenzialità di sviluppo del cinema europeo d’autore dopo l’esperienza del cinema moderno e in regime protezionistico. Dopo il cinema moderno Dalla seconda metà degli anni ’70 si diffonde la tematica della “morte del cinema” a causa della crisi di vendite di biglietti per il cinema, una discesa che continua per molti anni. Nel frattempo però si registra un fenomeno inverso: il consumo di film attraverso la televisione aumenta, oltre che al consumo individuale di film in videocassetta, DVD, blu-ray e infine in rete. Si parla di deistituzionalizzazione: a) Fine di un sistema di produzione strutturato sul prodotto medio, ma articolato su più livelli; b) La disarticolazione e la disgregazione della produzione per cui sono i singoli film che hanno una loro identità; c) La caduta della capacità del cinema di aggregare il pubblico più vasto e eterogeneo e lo sviluppo di una fruizione frantumata e dispersa. Il cinema postmoderno sembra esprimere un rapporto con la tradizione e con la storia del cinema di ripensamento, di rivisitazione, di regressione, di nostalgia. La riflessione teorica è più orientata sul cinema del passato. La rinascita di Hollywood attraverso una rivoluzione estetica: a. Incremento delle produzioni indipendenti; b. Piccoli budget produttivi; c. Ricerca di un pubblico giovanile; d. Messa in discussione dei valori etico-sociali sostenuti dal cinema precedente; e. Attenzione alla politica; f. Costruzione di stilemi di carattere documentaristico; g. Rinuncia agli studios e ricerca di spazi quotidiani; h. Ricambio registico; i. Abbandono dello star system; j. Revisione ideologica dei generi classici. È passato attraverso le seguenti fasi: 1. Revisione ideologica; 2. Aggiornamento dell’iconografia dei generi tradizionali; 3. Commistione dei generi e integrazione delle tecnologie, es: film catastrofico e il kolossal biblico. Il cinema americano mantiene comunque i generi; non c’è mai stato ad Hollywood un completo abbandono dello stile classico, nemmeno nei prodotti più rivoluzionari (es: i blockbuster). Cinema e TV: in Italia il cinema dapprima si ritrova a convivere con la TV, poi vi è una commistione. Nell’immaginario dei ragazzi fra gli anni ’80 e ’90 le pellicole erano messe a disposizione dalla TV. Il rapporto fra spettatori e cinema si modifica > eccesso di offerta. Sul piano della produzione vi furono i primi interventi diretti dell’istituzione televisiva nella produzione cinematografica, es: la RAI in Italia nella realizzazione di film. Le produzioni non hanno sempre la doppia circolazione, cinematografica e televisiva. Nel sistema hollywoodiano assistiamo a fenomeni di ibridazione fra cinema e televisione che producono anche film a basso costo per la TV, reality shows (media events). Cinema nell’età digitale: modi di rappresentazione basati sull’esibizione delle attrazioni (il cinema degli effetti speciali), ibridazione degli stili di regia basati sulla ripresa in continuità (piano sequenza). Montaggio: 1. Cinema del montaggio esibito; 2. Stile del montaggio invisibile, tipico dello stile classico hollywoodiano. Unificazione del sistema dei media all’insegna del digitale. Parte terza: tecniche e linguaggio Il processo di produzione Si può dedurre dai titoli di testa: intorno agli anni ‘60/’70 si inizia a incorporarli già nella prima sequenza. Secondo un ordine codificato viene enunciata la denominazione della distribuzione/produzione; dopo appaiono il nome del regista e titolo del film; segue l’elenco degli interpreti (solo i principali); poi sono elencati i più importanti produttori artistici, ovvero il wardrobe designer (costumista), poi il production designer; seguono poi il montaggio, musica, direzione della fotografia. Le ultime tre scritte sono dedicate alla sceneggiatura, alla produzione e alla regia. I film contemporanei di grande impegno preferiscono distribuire i titoli tra l’inizio e la fine del film. Sistema coproduttivo: per la realizzazione del film sono stati impegnati capitali di diversi paesi, permette di utilizzare le facilitazioni a favore delle produzioni nazionali previste in ambedue i paesi interessati. Esso garantisce la distribuzione del film in entrambi i mercati. - Scenografia - Costumi investono la progettazione o l’adattamento dei principali elementi profilmici - Trucco - Lo scenografo può limitarsi alla scelta e all’adattamento di ambienti e spazi preesistenti. - Il lavoro della costumista è importante in quanto riguarda gli abiti indossati dagli attori e contribuisce a definire gli elementi figurativi del film, al pari di quello dello scenografo. - Il trucco si occupa del maquillage dei volti e del corpo degli attori. Strettamente legate a queste funzioni sono quelle della parrucchiera, aiuto scenografo, calzature e sculture animate. Le due funzioni fondamentali per la forma visiva finale del film sono la fotografia e il montaggio. Il direttore della fotografia è il responsabile dell’illuminazione della scena in funzione della resa fotografica delle riprese. Non è l’operatore alla macchina, anche se a volte le due funzioni possono coincidere. Il montatore cura la messa a punto della copia finale del film, il suo lavoro comincia prima della cosiddetta fase di edizione, gli spezzoni di pellicola vengono selezionati giorno per giorno e organizzati dal montatore in una continuità provvisoria. Parte musicale: - Composizione - Direzione - Edizione. Il sonoro: - Fonico: controllare la qualità della registrazione e di curare la sincronizzazione delle immagini con i suoni, gli aspetti tecnici del doppiaggio e del missaggio. - Microfonista: regolare la posizione dei microfoni in relazione alle esigenze di registrazione facendoli restare “invisibili”; - Sonorizzazione - Effetti sonori - Sincronizzazione. Doppiaggio La realizzazione di un film richiede un’organizzazione ferrea, sono quindi importanti: 1. Direttore di produzione: responsabile della messa in funzione materiale dell’organizzazione, definisce il piano di lavoro e l’attuazione; 2. Organizzatore generale: cura l’organizzazione del film; 3. Segreteria di edizione (script girl), tiene un diario di bordo sulla lavorazione del film. Due voci che non riguardano la realizzazione del film: - Fotografo di scena: fotografa le principali scene del film, servono per il lancio pubblicitario del film; - Ufficio stampa: diffonde notizie sulle fasi di lavorazione del film. Regista cinematografico Le parole regia e regista si sono affermate negli trenta nel teatro, poi estese al cinema. Il regista è il centro verso cui converge tutto il complesso lavoro che si svolge sul set e da cui devono partire le direttive che permettono al film di assumere la sua forma. È un professionista dotato di un complesso bagaglio di competenze e deve avere capacità direzionali: deve consegnare il film in tempo rispettando lo standard qualitativo previsto, controllare le scene, dirigere la recitazione degli attori, controllare tutte le fasi della ripresa e dell’edizione. Il principio dell’economia dei mezzi sta alla base del lavoro registico, il che non vuol dire risparmio bensì utilizzo ottimale. Dalla sceneggiatura al montaggio High concept movie: una storia dotata di uno sviluppo narrativo tale da poter essere riassunta in poche parole capaci di catturare l’interesse di un executive molto occupato e di riflesso di uno spettatore che guarda distrattamente la pubblicità nei network. Nasce in ambito televisivo e deriva dalla decisione di ottimizzare la struttura narrativa degli MFT (movies for television, film a basso target destinati alla sola circolazione televisiva). Il punto di partenza di un film è lo story concept, consiste nella definizione di circostante, personaggi, azione. Non c’è azione se non c’è conflitto e la definizione di esso deve essere collegata a un tema. Lo sviluppo di uno story concept in un soggetto è il primo atto del processo di produzione. Non a caso è proprio su questa delicatissima fase che vengono fatti significativi investimenti, perché è a questo livello che il progetto del film prende forma. Come si scrive un film? La definizione del soggetto è il primo passo. Nella progettazione di un film c’è una componente ideativa (sviluppare una buona idea) e una componente seduttiva (convincere qualcuno a investire). Per una buona costruzione drammaturgica: - Struttura in 3 atti: la prima presenta la situazione di partenza, protagonisti e obiettivi; la seconda mette all’opera quei conflitti che si oppongono al raggiungimento dello scopo, evoluzione del personaggio, turning points etc.; la terza consiste nel mostrare come il conflitto viene risolto; - Sceneggiatura: testo di tipo particolare, deve avere delle qualità espressive e drammatiche per trasmettere significato e potenzialità. Deve avere anche funzionalità pratica, permettere al direttore di produzione di stabilire il piano di lavorazione. Serve al produttore per fare il piano produttivo, calcolare tempo e costi di lavorazione e alla commissione ministeriale per valutare il progetto e la sua coerenza. Alla sceneggiatura si arriva dopo che la macchina economico finanziaria del film è già stata messa in moto. a. Il soggetto può essere costituito da un’opera letteraria o teatrale preesistente che viene adattata; b. Il trattamento: in questo secondo testo gli spunti narrativi del soggetto sono sviluppati e approfonditi; la forma è più funzionale allo sviluppo delle varie scene in cui si articola la vicenda: sono indicati i luoghi dell’azione e le situazioni sono meglio precisate; c. La scaletta: il progetto si presenta come la descrizione della successione delle scene con l’indicazione sommaria di ciò che accade; d. Sceneggiatura: le schematiche indicazioni della scaletta vengono sviluppate nella sceneggiatura. Nel decoupage tecnico include nella sceneggiatura precisazioni tecniche, suddivisione in piani e il tipo di inquadrature. Si realizza con un certo grado di improvvisazione sul set e poi in sede di montaggio. Non vi sono regole fisse. Ci sono dei tipi di produzione in cui il decoupage tecnico è sostituito o integrato da uno storyboard, procedimento particolarmente importante nei film che devono fare ampio ricorso a effetti speciali o particolari tecniche di ripresa. Nel corso degli ultimi anni si ha una sorta di storyboard digitale. Come si trascrive un film? Quando un film ha un grande successo è abituale che venga pubblicata la sua sceneggiatura. L’inquadratura Il primo parametro che definisce l’inquadratura è infatti il tempo: quanto è lunga, quanto dura? Altri parametri riguardano la scala, l’angolatura e il movimento: un’inquadratura può essere fissa o in movimento. Quando una scena è ripresa attraverso una lunga inquadratura senza stacchi si parla di piano sequenza. Il termine plan-sequence definisce le riprese in continuità e profondità di campo utilizzate nei primi anni ’40. Sta a indicare la resa di una successione di eventi attraverso un’unica inquadratura, là dove il cinema classico avrebbe fatto uso di una sequenza di inquadrature prese da angolazioni diverse. Di durata variabile, fissa o in movimento, ogni inquadratura è il risultato di scelte relative: a. Elementi profilmici; b. Alla modalità tecniche adottate, cioè alle diverse possibilità di resa cinematografica degli elementi profilmici. Tali scelte sono complementari. Distinzione fra campo di ripresa, che definisce la porzione di spazio inquadrato, e piano di ripresa che viene solitamente definito in rapporto alla distanza da cui viene inquadrata la figura umana. - Campo totale; - Campo medio; - Figura intera; - Piano americano; - Primo piano; - Primissimo piano; - Dettaglio o particolare. Oltre che dalla scala dell’inquadratura che abbiamo esaminato nelle principali varianti in uso, l’immagine è definita da altre caratteristiche legate alle modalità tecniche di ripresa: - Angolo di ripresa: definisce l’angolatura da cui il soggetto viene ripreso. Può essere frontale, verticale oppure angolata. Si parla anche di angolatura “impossibile”; - Luminosità e messa a fuoco; - Gli obiettivi. Una scena può essere ripresa secondo 3 fondamentali modalità: 1. Inquadratura fissa: è quella usata dal cinema primitivo, di Melies, costretto ad adottare un punto di vista unico, a distanza fissa, quello che, secondo un modello di derivazione teatrale, i primi storici del cinema hanno chiamato del “direttore d’orchestra” o del “signore in platea”; 2. Sequenza di inquadrature variate quanto a durata, scala, angolo di presa: in questo caso la ripresa viene effettuata spostando più volte la macchina da presa, ma lo spettatore vede solo gli effetti di tali spostamenti; 3. Inquadratura in movimento: la scena viene ripresa muovendo la macchina da presa sia per focalizzare meglio e in fasi successive i vari elementi che compongono la scena, sia per produrre effetti di intensificazione espressiva. Il punto di vista: oltre da un punto di vista ottico e percettivo, l’inquadratura implica un punto di vista narrativo. I movimenti di macchina a) Panoramica: si tratta di un movimento rotatorio della macchina da presa attorno uno dei suoi assi. Si parla di panoramica orizzontale (da destra a sinistra o viceversa), di panoramica a 360°, di panoramica verticale; b) Carrellata: la macchina da presa, collocata su un supporto mobile, compie un movimento in avanti, indietro, a destra o sinistra o obliquo. Abitualmente si tratta di un carrello che scorre su binari predisposti, ma può anche essere un veicolo a pneumatici, camera car, o sistemi analoghi. Nel caso di una ripresa dall’alto si parla di “carrellata aerea”. Se viene seguito il movimento di un personaggio, un animale o un veicolo, si parla di carrellata a seguire; se il movimento della macchina precede si parla di carrellata a precedere. Può essere simulata con l’impiego dello zoom, ma non dà lo stesso effetto; c) Gru, dolly, Louma: la cinepresa e i tecnici che la azionano sono sistemati su una piattaforma che può essere spostata mediante una gru, un dispositivo più agile (dolly) o il louma, che consente di muovere la sola cinepresa che si è sistemata all’estremità di un braccio mobile e viene azionata da terra mediante una strumentazione elettroncia; d) Macchina a mano: spostamenti dell’operatore stesso; metodo di ripresa reso possibile dall’introduzione di mezzi leggeri e esteso dal cinema diretto al cinema narrativo; e) Steadycam: braccio meccanico e tecnico, un tutt’uno con il corpo dell’operatore. Movimenti fluidi, sembrano raggiungere la perfetta simulazione dell’occhio umano. Pasolini distingue tre modi della qualificazione filmica: 1. Qualificazione attiva: quando è la macchina da presa che si muove o comunque prevale; 2. Qualificazione passiva: quando la macchina da presa è ferma e non si sente, mentre si muove l’oggetto della realtà; 3. Qualificazione deponente: quando il movimento della macchina e il movimento del soggetto ripreso nella realtà si equivalgono o comunque si elidono a vicenda. L’ordinario e lo straordinario nella modalità di visione simulate dal cinema vanno sempre messi in relazione con la convenzione comunicativa dominante e con l’effetto ottenuto in relazione al contesto. La fotografia Il direttore di fotografia deve cercare “in natura” o produrre artificialmente quelle condizioni di luce che, combinate con le tecniche di ripresa e di stampa, diano il risultato fotografico previsto dalla sceneggiatura o richiesto dal regista. Il suo lavoro consiste nella cura e nel coordinamento dell’illuminazione delle scene da riprendere, mediante riflettori e superfici riflettenti; può essere orientata e distribuita. L’illuminazione fondamentale (schema del cinema hollywoodiano classico) si articola in tre fonti: 1. Luce fondamentale: fonte direzionale che illumina pienamente il soggetto ripreso o la scena; 2. Controluce o luce di contorno: collocata dietro i soggetti ripresi e ha la funzione di creare dei contorni luminosi che li stacchino dallo sfondo; 3. Luce di riempimento: illuminazione frontale e diffusa. Il lavoro del direttore di fotografia riguarda anche il bilanciamento di luci e colori tra un’inquadratura e un’altra e quella dell’integrazione degli effetti speciali. La qualità fotografica dell’immagine è determinata dal rapporto fra luce naturale, illuminazione artificiale e tecniche di ripresa e stampa. La resa cinematografica delle suggestioni pittoriche rientra tra i compiti del direttore di fotografia anche se poi è l’organizzazione complessiva degli aspetti visivi, di cui è responsabile il regista, a definirne il valore e il significato. Gli effetti speciali Il termine effetti speciali è iniziato a circolare alla Fox Film Company a proposito di Gloria (1926) di Raoul Walsh; erano per lo più effetti meccanici e teatrali (Melies). Spesso vi è un’analogia fra effetto speciale e “trucco”, alcuni separano i due concetti altri invece li fanno coincidere. Brosnan distingue in: - Effetti speciali: fisici e meccanici; - Effetti fotografici speciali. Il termine “trucchi” ha una connotazione negativa: ci rinvia a un’epoca remota del cinema. Il termine “effetti speciali” si è rivelato più consono al ruolo più importante che le tecniche di ripresa e di manipolazione dell’immagine hanno assunto nel cinema contemporaneo, soprattutto da quando gli investimenti in tecnologia hanno cominciato a prendersi una buona fetta del budget complessivo di un film e da quando le tradizionali tecniche cinematografiche sono state integrate o sostituite da quelle digitali. Metz distingue i “trucchi profilimici” dai “trucchi cinematografici”. Il profilmico è tutto ciò che viene messo davanti alla cinepresa perché questa lo riprenda. I trucchi profilimici intervengono prima dell’atto di riprendere, corrispondono a quelli che Brosnan chiama effetti meccanici. I trucchi cinematografici appartengono all’atto del filmare, prodotti durante le riprese o in un laboratorio di stampa. Il piano profilmico e quello cinematografico non sono nettamente separabili: anche quando un trucco è attuato nel profilmico, c’è un intervento a livello cinematografico; è dunque una distinzione problematica, sia all’epoca di Guerre Stellari che oggi. Classificazione dei “trucchi” (in base alla percezione dello spettatore): 1. Trucchi impercettibili: funzionano solo a patto che lo spettatore non si accorga di nulla. Es: uso della controfigura; 2. Trucchi invisibili ma percettibili: lo spettatore non sa dove siano e in quale punto del testo filmico intervengano, ma ne percepisce l’esistenza; 3. Trucchi visibili: quelli chiaramente individuati come tali, es: l’accelerato, il rallentato etc. Relazione fra trucco e linguaggio cinematografico: con il passare del tempo il trucco è pian piano diventato un vero e proprio procedimento grammaticale e sintattico. Cosa vediamo quando vediamo un effetto speciale? Nel cinema la narrazione avviene attraverso una “mostrazione”, si compone di esistenti (personaggi e ambiente di una storia) e eventi (accadimenti che occorrono ai personaggi e al contesto). Il termine effetti speciali implicitamente presuppone il contrario ovvero, “effetti ordinari”: la rappresentazione di un evento può avvenire in maniera ordinaria o straordinaria in relazione alla natura dell’evento e alla modalità di visualizzazione. Gli eventi ordinari sono quelli che rientrano nell’ambito delle leggi naturali note all’uomo; quelli straordinari invece le violano e in genere gli effetti speciali sono usato per questo tipo di evento, ma possono rappresentare entrambi in realtà.
Modalità di visione Evento
Ordinaria Ordinario Straordinaria Ordinario Ordinaria Straordinario Straordinaria Straordinario - 1° caso: film non fantastico, in cui la presenza di effetti speciali non risulta incompatibile con ciò che caratterizza un film realistico. - 2° caso: film realistici che presentano degli effetti speciali; - 3° caso: film realistico con eventi che eccedono le nostre conoscenze tecnico scientifiche; - 4° caso: film di fantascienza e horror. Nel film di fantascienza: a) Intrusione di un elemento straordinario in un mondo ordinario; b) Immissione di un elemento ordinario in un mondo straordinario; c) Analisi di elementi straordinari in un mondo straordinario. Passaggio dal montaggio delle immagini al montaggio dell’immagine. Il montaggio Funzione del montaggio principale secondo Orson Welles: funzione vicina a quella dei “trucchi”, si può dare l’illusione che due porzioni di spazio, riprese in luoghi diversi, costituiscano le componenti di una scena unitaria e continua. Effetto Kulesov: dal nome del regista russo che lo ha sperimentato. Egli ha montato, in tre diversi segmenti, una stessa inquadratura, non particolarmente espressiva, dell’attore Ivan Mozzuchin, cui ha fatto succedere tre diverse inquadrature: una di un piatto di minestra; la seconda della salma di una donna composta in una bara; la terza di una bambina intenta a giocare. Egli mostrò i tre segmenti e si attribuirono all’attore tre espressioni di significato (rispettivamente, fame, dolore e gioia/serenità). Pudovkin commenta questo esperimento e parla di “montaggio costruttivo” in quanto produce significati che non sono nelle singole inquadrature ma nelle relazioni tra inquadrature stabilite dal regista/montatore. La relazione tra lo sguardo dell’attore e i diversi oggetti induce nello spettatore l’attivazione di un frame o “sceneggiatura” che prevede per l’espressione del volto significati precostituiti. Il montaggio è il risultato di due operazioni contestuali: selezione e combinazione (decoupage/montage, cutting/editing). Funzione selettiva: 1) Selezione rispetto allo spazio; 2) Selezione rispetto alla durata. Montaggio intellettuale di Ejzenstein, impostate in base a valori prosodico-musicali: a) Montaggio metrico: basato sulla durata delle inquadrature (assimilata alla lunghezza delle sillabe in metrica); b) Montaggio ritmico: rapporti fra contenuti e scala dei piani; c) Montaggio tonale: sequenza come orchestrazione e sviluppo di elementi tematici e formali; d) Montaggio armonico: fusione dei suoni secondari con il suono fondamentale. Il montaggio come fondamento della narrativa cinematografica è stato ampiamento studiato e teorizzato a partire dai contributi dei cineasti sovietici, influenzati dal formalismo, e di Ejzenstein in particolare e ha un ruolo centrale nella nascente semiotica del cinema degli anni ’60. “Grande sintagmatica del film di finzione” studiata da Metz, stabilire il codice delle principali forme di concatenazione delle inquadrature all’interno delle singole unità di montaggio. Metz distingue fra “piani autonomi” e “sintagmi”. I primi sono segmenti autonomi di un film costituito da un solo piano (o inquadratura). Il tipo principale di piano autonomo è il piano sequenza, ovvero quando “tutta una scena è trattata in un solo piano”. I sintagmi sono invece segmenti formati da più parti, cioè da più inquadrature che costituiscono un’unità nettamente individuabile e dotata di un significato autonomo. Si dividono in: - Sintagmi acronologici: vengono collegati vari elementi in assenza di una precisa denotazione di rapporti temporali; - Sintagmi cronologici: i rapporti temporali sono chiaramente indicati. Il montaggio sta cambiando progressivamente con l’era digitale. Tutte le operazioni che venivano svolte nel montaggio tradizionale materialmente, sono oggi montate virtualmente. Suoni e immagini I suoni possono determinare i significati di un’immagine, ma anche la percezione della loro durata e di conseguenza il ricordo che ne conserva lo spettatore. Inoltre le innovazioni tecnologiche introdotte nei dispositivi sonori delle sale cinematografiche e nell’home video hanno fatto sì che l’ambiente sonoro sia diventato una componente sempre più importante della percezione cinematografica. Decoupage sonoro attraverso la ripresa sonora si colgono la qualità e intensità dei rumori, i silenzi etc. Il cinema moderno ha attribuito una nuova importanza al suono, alla parola e la voce. Barthes sottolinea come vi sia un effetto di seduzione quando il cinema prende da vicino il suono della voce. Esistono effetti speciali sonori che hanno una gamma di funzioni molto ampia, come la simulazione dell’aspetto sonoro di un evento oppure l’integrazione sonora di un effetto speciale visivo per accentuarne il carattere di modalità di visione straordinaria. Spesso si confondono con la “musica elettronica”; nell’integrazione tra nuove modalità di produzione dell’immagine e del suono l’elettronica ha un ruolo determinante. Nel campo del suono il livello di elaborazione della colonna sonora è il missaggio, ovvero la riunificazione in un’unica pista magnetica di tutti gli elementi sonori preregistrati separatamente; missaggio e montaggio sono due operazioni interdipendenti. Attualmente le tecniche di registrazione dei suoni e della loro diffusione nella sala sono più complesse: il flusso dei suoni che avvolge lo spettatore ha un ruolo sempre più determinante: - Effetto videoclip: quando il sonoro condiziona l’organizzazione delle immagini, il loro montaggio; - Effetto circo: il sonoro accompagna le immagini. Film concerto: 1. Ricorso a un dispositivo tecnologico di diffusione del suono appositamente concepito per questo tipo di film; 2. La tecnologia e la sua capacità di rendere presente lo spettacolo; 3. Prevalere della dimensione sonora su quella visiva. La scena e l’attore Scenografia, architettura e paesaggio Questi sono elementi profilmici e rimandano a rappresentazioni anteriori al cinema, rispettivamente: architettura come rappresentazione, paesaggio non solo come genere pittorico ma anche come l’uomo organizza la società, la scenografia rinvia al teatro. Con l’avvento delle tecnologie digitali lo spazio dell’azione filmica è sempre più frutto della simulazione digitale. Sono elementi profilmici ma non sono lo spazio filmico, Rhomer individua 3 spazi: 1. Spazio pittorico: immagine cinematografica percepita come rappresentazione più o meno fedele della realtà > fotografia; 2. Spazio architettonico: realtà rappresentata del mondo > scenografia; 3. Spazio filmico: lo spettatore non ha l’illusione di uno spazio filmato bensì di uno spazio virtuale ricostruito nella sua mente sulla base degli elementi che il film gli fornisce > montaggio. Questi 3 spazi corrispondono a fasi e competenze diverse del processo di produzione. Lo spazio è sempre un prodotto e la prevalenza di una delle 3 componenti può caratterizzare una tendenza o tratto distintivo del genere o dell’autore. Attori e divi Uno degli aspetti meno analizzati del cinema. Il divo e l’attore non sono la stessa cosa ma vi è un’interdipendenza. L’attore partecipa in forma diretta alla produzione del testo filmico ma la sua qualità di divo sembra appartenere di più all’istituzione cinematografico piuttosto che al singolo film. Esiste un rapporto complesso. Il fenomeno divistico: a. Eccede il testo filmico; b. Interferisce con il testo filmico; c. Si sviluppa uno spazio intertestuale e intermediale, risultato di relazioni tra vari testi di diversa natura. Mukarovsky studia il problema dei rapporti tra le componenti strutturali dell’attore e il metodo di composizione del racconto cinematografico, bisogna studiare le principali relazioni fra l’attore e le altre componenti: attore e testo drammatico, attore e spazio scenico, attore e colleghi. Divide inoltre le componenti strutturali della recitazione in 3 gruppi: 1. L’insieme delle componenti vocali; 2. Insieme di mimica, gesti e atteggiamenti. La gestualità può avere funzioni sociali e comunicative oppure funzioni individuali-espressive; 3. Insieme dei movimenti del corpo che esprimono il rapporto dell’attore con lo spazio scenico. Le nuove tecnologie digitali tendono a mutare radicalmente il rapporto tra attore e personaggio, tra attore e divo. È probabile che sia sempre di più il personaggio ad essere divo a scapito dell’attore. La performance capture è una tecnica che attraverso la disseminazione sul volto e sul corpo dell’attore di un certo numero di sensori consente a un computer di creare un personaggio digitale senza che sia più necessario ottenere una sorta di impronta del volto e del corpo dell’attore sull’emulsione fotosensibile della pellicola. Definisce un nuovo statuto dell’attore e del personaggio.
Roberta Gandolfi - Quando il teatro si mise in cammino. Il viaggio di Peter Brook e del Centre International de Recherches Théâtrales negli anni Settanta, in compagnia del poema persiano Il verbo degli uccelli