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TEORIA E TECNICA DEI NUOVI MEDIA

DESI index (The digital economy and society index): l’indice di digitalizzazione della economia europea.
Gli indici sono:
- Connettività;
- Capitale umano;
- Uso dei servizi internet;
- Integrazioni delle tecnologie digitali, es: quanto la scuola/università sono aumentate digitalmente?
- Funzionamento dei servizi pubblici digitali.
L’UE considera un altro punteggio nel DESI come uno dei fattori principali per la crescita economica del
paese. È l’indice che ci dice quanto una società è proiettata al capitalismo informazionale. I difetti da un
punto di vista macroeconomico e macrosociale riguardano un prodotto interno lordo stagnante, poco e-
commerce, poca innovazione, il PIL che cresce di poco.
Sistema economico cinese: capital-comunista totalitario e fortemente digitalizzato.
Capitalismo informazionale: concetto coniato da Manuel Castells nella trilogia “L’età dell’informazione” (1.
La nascita della società in rete 2. Il potere dell’identità 3. Volgere di millennio):
- Società informazionale
MODULO A PARTE A
Rivoluzione digitale: The game (secondo Baricco)
Affermarsi del “game”: tutto inizia con un “gioco” di alcuni che cercarono di progettare strumenti nuovi per
produrre una società nuova, in risposta alla durezza del ‘900 (le guerre, il muro di Berlino, etc.).
o Fase pionieristica 1978  Space-Invaders, gioco in digitale; 1998  Google, invenzione del primo
motore di ricerca > basi del cambiamento;
o Fase della colonizzazione 1999  Napster Social, equivalente di Spotify, primo modo per
dematerializzare e sentire la musica; 2007  The Game, oggi App IA (Steve Jobs).
Oggi tutto ciò che facciamo è un continuo rimando analogico-digitale.
Caratteristiche del Game:
1. Il game ha rivoluzionato la struttura economica e sociale: società informazionale;
2. Il game ha disintermediato gli scambi e le relazioni economiche e personali;
3. Il game ha scavato cunicoli che hanno fatto e stanno facendo sprofondare: la vecchia struttura della
società “molari” (Lévy) del Novecento;
4. La politica: Dean, Obama e Trump, Salvini, BLM (agiscono nella comunicazione, nei social,
attraverso strategie).
1985 – oggi > passaggio dalla società tarda dei mass media alla società informazionale. Il collasso dei mass
media determina l’emergere delle tecnologie digitali della comunicazione.
Nel ’96 avevamo un’incidenza del web molto bassa come numero di utenti mentre adesso sono circa 3
miliardi di utenti, nel giro di 20 anni circa. Questo passaggio ha due caratteristiche fondamentali:
1. Ha determinato la rottamazione di una serie di modalità di comunicazione che erano consolidate;
2. L’affermarsi di tutta una serie di modalità di comunicazione non ancora consolidate.
Il “nuovo” si sta sviluppando, è stato determinante il web. Tra il ’96 e il 2000 assistiamo alla diffusione
virale del web. Tra il 2000 e il 2005 assistiamo ad una fase di assestamento, a causa della crisi economica. A
partire dal 2006/2007 riprende la evoluzione tecnologica fino ad oggi sia nei paesi occidentali che in quelli in
via di sviluppo; è un fenomeno irreversibile > costruzione di un nuovo modello di comunicazione
economica, sociale e politica.
La prima tecnologia che si è diffusa è stato l’hardware che a partire dai primi anni ’80 ha fatto sì che in tutte
le case e aziende ci fossero oggetti di natura tecnologica per l’automazione dei processi. A partire dall’85
fino al 2000 abbiamo assistito al ciclo del software, macchine che hanno iniziato ad automatizzare tutti i
processi di archiviazione dati, di gestione dei processi produttivi ma anche della produzione individuale.
Sono anche gli anni dell’epopea di Apple e Microsoft nell’ambito del BTC, ma anche nell’ambito del BTB.
Dopodiché a partire dell’invenzione di Tim Berners-Lee del net working (WEB), inizia l’epoca di internet
con l’affermarsi delle grandi multinazionali del net working (Google, Amazon, Facebook…); questo ciclo
dura tutt’ora e a partire del 2010 assistiamo alla sintesi di queste tecnologie, lo sviluppo inoltre della banda
larga per la maggiore connettività (attualmente stiamo attraversando la transizione al 5G).
Capitalismo informazionale
Questo fenomeno ha portato alla ridefinizione dei modelli economici e sociali. Emmanuel Castells, sociologo
e tecnologo di origine spagnola, nell’opera “Information age” studia la transizione in atto da un punto di
vista macro. Questo nuovo modello economico che si va affermando viene definito da Castells capitalismo
informazionale e descrive la transizione da ciò che era il capitalismo avanzato dei servizi ad oggi. Come è
strutturato il capitalismo/società informazionale?
1. Non è un capitalismo di massa e di beni, ma conta la capacità di un sistema di innovare nel campo
della tecnologia e della scienza nella rete dei flussi globali su internet. Tre T: Talento, Tecnologia,
Tolleranza (Richard Florida);
2. Società strutturalmente interconnessa, l’errore di una componente della rete può generare un caos
comune; le economie sono interconnesse;
3. Non esiste il “grande fratello”: è una società mobile e dinamica.
Questo nuovo assetto necessita una governance che abbia una prospettiva globale, su “macroaree”, che
possano gestire la complessità contemporanea.
Capitalismo informazione e globalizzazione
Castells afferma che non potremmo descrivere la globalizzazione senza parlare dell’avvento di internet.
Principio della globalizzazione dell’economia: le economie sono interconnesse. Internet ha reso possibile la
delocalizzazione delle produzioni. Non è solo una globalizzazione economica ma anche sociale: internet ha
permesso in tempo istantaneo a conoscere la vita di persone dai paesi sviluppati a quelli meno sviluppati.
Questo ha avuto una forte influenza nel fenomeno delle migrazioni, che vedendo la realtà della vita
occidentale si muovono per migliorare le proprie vite. La digitalizzazione della comunicazione rende
possibile un tipo di interdipendenza in tempo reale. Es: fenomeno dell’associazione dei consumatori, nel
marketing, l’opinione pubblica.
Si ha la necessità di gestire una società in cui si danno fenomeni nuovi di conoscenza di avvenimenti del
mondo. La società informazionale produce da un lato opportunità dall’altro disuguaglianze.
Nokia, Google e altri
Diffusione della tecnologia cellulare: nasce in ambito analogico (es: i TAC), poi conversione in digitale.
Caso Nokia in Finlandia > la Finlandia prima del crollo del muro di Berlino era un paese fra i due blocchi (i
sovietici e gli americani); con il crollo del muro di Berlino la Finlandia riesce ad aggregarsi all’UE. Grazie ai
finanziamenti dell’UE si dedica a sviluppare due settori: le biotecnologie e l’elettronica. Ha successo
nell’elettronica con Nokia che innova nel settore della telefonia, diventa la più grande azienda produttrice di
telefoni cellulari. Nel 2007 Steve Jobs torna ad Apple ha l’intuizione degli schermi touch, si afferma come
leader di mercato e Nokia nel giro di pochi anni sparisce dal mercato della telefonia (le azioni vengono
vendute a Microsoft). L’innovazione è dunque costante e ciclica, può determinare il successo e il fallimento
di un’azienda.
Google (Serguéi Brin) > il settore dei motori di ricerca ha visto un alternarsi di leader, es: Google vs. Yahoo.
Con l’invenzione dell’algoritmo di Google, Yahoo perde utenti ed è attualmente in vendita.
Capitalismo informazionale e comunicazione
Impatto sul settore della comunicazione su tre settori:
1. Musica: le case discografiche vendevano dischi in vinile e la produzione del suono era dovuta allo
sfregamento della puntina nel disco. Oggi il mercato discografico non esiste più, le grandi major non
esistono più in quanto tali. Il costo di una canzone legalmente è molto basso,
legalmente/illegalmente è gratis. Oggi il business si basa sulla diffusione gratuita di una canzone,
sugli eventi live, tutte le attività coordinate etc.;
2. Vendita dei libri: avvento di Amazon, vendita dei libri e anche dei kindle, meno costi di acquisto. Il
settore dell’editoria e della comunicazione sta cambiando radicalmente;
3. Comunicazione in generale: cambia l’utenza e la fruizione, es: la TV, la comunicazione d’impresa e
del marketing.
Società informazionale: impatto della rete web sulla società di oggi.
Capitalismo informazionale: applicazione della società informazionale all’economia, che sfrutta internet e il
web come strumento fondamentale per la creazione del valore.
Macchine, computer e comunicazione
Transizione dal modello di comunicazione mass mediale alla comunicazione di oggi.
Storia dei media
- Oralità (circa 70 000 anni);
- Scrittura: tavolette cuneiformi/papiri/manoscritti (Mesopotamia);
- Stampa a caratteri mobili Gutenberg (1398-1468).
La società diventa più complessa e dà inizio alla globalizzazione. Lo spazio della scrittura del libro ha la sua
fortuna in un grande movimento di trasformazione religiosa all’inizio del ‘500 ovvero il Luteranesimo, che
ha nei suoi fondamenti la lettura diretta dei testi sacri. La necessità di comunicare più a distanza determina
creazioni come:
- Telegrafo elettrico – Napoleone Bonaparte (1830-40);
- Telefono – Bell (1876);
- Fonografo e grammofono – Edison (1870-80);
- Cinematografo – Fratelli Lumiere (1895);
- Radio Marconi (1920);
- TV 1936 BBC primo servizio televisivo.
Ulteriore definizione delle tipologie di media:
a. Media verticali uno-molti: televisione, radio, stampa, cinema, libro;
b. Media orizzontali singolo emittente e ricevente: telefono, scrittura epistolare;
c. Media a rete: nuovi media.
Analogico e digitale
Analogico: il linguaggio dei media tradizionali, è un continuum di informazione trasmessa secondo modalità
analogiche, che non implicano una transcodifica in formato numerico (digit=cifra):
- Impressione chimica della pellicola;
- Trasmissione e ricezione di onde elettromagnetiche;
- Emissione di onde sonore;
- Colorazione con agenti chimici su superfici bidimensionali (pittura);
- Scolpire attraverso mezzi meccanici oggetti tridimensionali (scultura).
Digitale: il linguaggio dei nuovi media.
- Codifica discreta delle informazioni attraverso sequenze di 0 e di 1.
- Ogni informazione viene codificata e successivamente transcodificata in sequenze numeriche.
- Sistema di codifica è un sistema generalmente binario.
Possibilità di avere un unico mezzo di codifica per tutti i formati di informazione.
I media fino a ora hanno sempre funzionato secondo modalità analogiche; i nuovi media digitali invece
riducono ad un unico formato, quello digitale, le unità di informazione che verranno poi ripresentate
all’utente in formato analogico attraverso monitor, altoparlanti, schermi etc.
Il computer – la macchina di Babbage
Il computer è uno strumento per elaborare l’informazione. Il primo computer moderno, dopo la “pascaline”,
macchina calcolatrice realizzata dal filosofo e matematico Blaise Pascal, fu la macchina di Babbage,
matematico inglese, che costruì una macchina meccanica di calcolo che assumeva istruzioni da schede
perforate.
Macchina di Turing
Il primo modello astratto di computer è stato la macchina di Turing; è costituita da:
- Un nastro di lunghezza potenzialmente infinita, diviso in celle dove può essere scritto un simbolo
(uno 0 e un 1 ad esempio, simboli base dell’alfabeto binario);
- Una testina di lettura scrittura, che possa leggere il simbolo nella cella sopra la quale è posizionata e
scrivere sulla cella;
- La testina contiene anche un programma cioè le istruzioni per operare sulle celle e fornire un output
definito dal programma input.
La macchina di Turing è un esempio di calcolo automatico ovvero, data una certa sequenza di istruzioni
secondo le quali far muovere la testina, essa in base al programma contenuto nella testina stessa, produrrà un
output una elaborazione dei dati iniziali.
PARTE B
Dall’oralità alla scrittura
Ciò accade in Mesopotamia, con la nascita della scrittura. Questo implica che l’informazione necessita di un
supporto più efficace, in concomitanza con la maggiore complessità della società. Cominciano a stabilirsi
governi cittadini e centrali, per cui è necessario “scrivere” in termini di quantità e di gestione delle risorse
(prime testimonianze: tavolette commerciali).
Nel libro “Dall’oralità alla scrittura” si sottolinea la rivoluzione che la scrittura a comportato nel modo di
pensare delle persone; comincia ad avvenire un primo accumulo di conoscenze in modo lineare, di diverse
narrazioni (economiche, sociali, storiche etc.). Si passa da una nozione ciclica del tempo ad una nozione più
storica del tempo, grazie alla memoria storica conservata nei testi (la scrittura nasce per conservare le
informazioni cit. Iannaccaro).
Le forme della comunicazione antiche hanno dei paralleli con la scrittura multimediale contemporanea, es: i
geroglifici, la scrittura cinese (scrittura ideografica), che recuperano degli elementi visivi dalla natura che
diventano strumenti di comunicazione. In occidente si sviluppa la scrittura alfabetica, che nasce dal sumero-
accado.
Il modo in cui viene trasmessa dal punto di vista tecnologico la scrittura influisce sull’efficacia della
comunicazione: le tavolette di argilla dei sumeri costituiscono un supporto tecnologico meno efficace
rispetto ai papiri, etc.
La tecnologia influisce sulla struttura sociale. La tecnologia riguarda:
- Il supporto tecnologico (dalle tavolette d’argilla fino al cloud) e lo spazio di scrittura;
- Il modo in cui si scrive (i caratteri cinesi, l’alfabeto etc.);
- L’intenzionalità di chi scrive (gli scribi vs. noi).
Verso la scrittura tipografica
Ogni società costruisce il sistema di scrittura affinché efficace dal punto di vista sociale. Il supporto
tecnologico più utilizzato dalle società antiche fu il papiro, perché facilmente trasportabile e semplice da
utilizzare. Questa tecnologia ha subito progressive trasformazioni nel tempo, nel senso che si è affermata
decisamente in Occidente la scrittura alfabetica, fino a quella del codex (pagine di papiri) o del rotolo.
Con le invasioni barbariche in Occidente si assiste al primo grande fenomeno di regresso di archiviazione
dell’informazione che coincide con un regresso sociale. Non c’è più la necessità di archiviare le informazioni
in maniera strutturata e le uniche isole di cultura diventano i monasteri. Gli unici che hanno interesse a
trasmettere i saperi sono i religiosi. Nell’Occidente, i sovrani diventano analfabeti e i religiosi diventano la
popolazione colta della società. Si accede a un supporto tecnologico nuovo, ovvero la pergamena. La cultura
chirografica passa attraverso i codici miniati, che trasmettono la parola sacra.
Nell’anno 1000 rinasce la società grazie alla rinascita delle città, diventa più complessa e si richiede un
supporto diverso. Ricominciano gli scambi con l’Impero Bizantino si cerca di trovare un’altra tecnologia
alternativa alla pergamena: nei commerci con l’Oriente si importa la tecnologia della carta ricavata da
stracci, quindi una tecnologia a basso costo. Successivamente si passa alla cellulosa, ma attraverso dei
processi più complessi. Si passa dunque al supporto tecnologico della carta. Ritornano dei testi che erano
stati conservati nelle biblioteche dell’Oriente, che tornano in Occidente e provocano dunque una
riculturizzazione.
Rivoluzione di Gutenberg (la terza rivoluzione)
In Italia: emergere dell’Umanesimo e del Rinascimento. In Europa: nascita delle monarchie nazionali.
La complessità della società, l’insieme delle scoperte, l’affermarsi della scienza moderna (Leonardo Da
Vinci, Galileo Galilei etc.) producono un enorme mole di conoscenza.
I banchieri e i commercianti contribuiscono a questa conoscenza, dal punto di vista economico e geografico.
La società diventa più complessa in maniera tale da rendere necessaria la nascita di tecnologie alternative per
rendere più veloce la comunicazione. I tempi di riproduzione della cultura che erano generati dalla scrittura a
mano non bastavano più.
Invenzione di Gutenberg  stampa a caratteri mobili.
Lutero applica una tecnologia innovativa per rendere immediato il contatto con il testo sacro. Le idee di
Lutero, che corrispondevano ad un pensiero comune della cristianità del tempo, si diffonde dunque più
velocemente, quasi in maniera virale. Una parte dell’Europa diventa protestante, mentre un’altra rimane
cattolica. Nella parte nord dell’Europa, e anche in Francia (Calvino), questa interpretazione del testo sacro si
diffonde. I paesi controriformati rimangono esclusi da questa diffusione della stampa.
L’asse dell’economia mondiale si sposta dal Mediterraneo all’Atlantico. Con la Mayflower molti inglesi
vanno in Nord America, dove si diffonde la stessa cultura.
L’età dei mass media
Fino al ‘700 la struttura della comunicazione attraverso testi è stata sufficiente. Il libro e la stampa di
Gutenberg si codifica in modo definito:
- Autore;
- Struttura (indice, bibliografia etc.)
Se consideriamo i manoscritti di pergamena ci troviamo difronte a grandi rotoli di pergamena scritti da
diversi autori. Il libro si caratterizza di avere un solo autore, e questo va in concomitanza con l’affermarsi
della soggettività. La rivoluzione tecnologica quindi implica una rivoluzione concettuale.
Gli illuministi nel ‘700 rivoluzionano il libro: nascono le prime forme di romanzo, le enciclopedie, testi
filosofici. I giornali e le gazzette diffondono le idee della Rivoluzione francese, della Restaurazione e
dell’Età Napoleonica (il primo telegrafo fu inventato da Napoleone) > nascita dei primi mass media. Le
gazzette vengono diffuse al popolo, che implicano articoli di intrattenimento.
La seconda rivoluzione industriale implica un’ulteriore evoluzione. Nasce il telegrafo elettrico che si
diffonde fra il 1830/40: non si tratta più di trasportare un’informazione attraverso un supporto fisico, ma
viene sfruttata l’elettricità per trasmettere messaggi.
Il telefono segna un tentativo di comunicare in modo più veloce e sempre più a distanza. Con la fine dell’800
e i primi dei ‘900 nascono quelli che propriamente si definiscono mass media:
- Nascita del Cinema 1915 “Il treno arriva alla stazione de La Ciotat” Fratelli Lumiere;
- Marconi 1920 prima forma di radiofonia;
- BBC primo prodotto televisivo.
La radio e la televisione sono funzionali:
1. Nelle democrazie o monarchie nazionali come strumento di comunicazione politica;
2. Nei totalitarismi come strumenti di controllo delle masse.
Alla fine dell’epoca dei mass media si riesce a capire ciò che in realtà possiamo chiamare media elettrici,
diventano “il tamburo della tribù”: unificano la comunità nazionale, ne plasmano l’identità. L’età dei mass
media è breve rispetto all’età del libro, anzi definita come fase terminale dell’età di Gutenberg. La
comunicazione diventa una comunicazione di massa.
Analogico e digitale
Quarta rivoluzione: passaggio dai mass media ai media digitali.
o Analogico: ogni strumento che comunica attraverso un tratto continuo. Es: la pittura, la
comunicazione radiofonica e televisiva. L’emissione delle onde sonore, le pagine stampate, la
colorazione chimica della pittura stanno dentro questa definizione.
o Digitale: la comunicazione che si basa sulla trasmissione di unità discrete. Nel caso della
comunicazione digitale oggi si tratta di sequenze di codici binari compressi. Un carattere viene
definito da quattro coppie di numeri. L’elaborazione e la processazione di questa serie di numeri
determina la comparsa nel computer di un carattere. Ha la caratteristica di essere discreta e di essere
semplice.
Il digitale nasce da esigenze di natura bellica nella Seconda Guerra Mondiale: le esigenze delle forze militari
britanniche e americane erano quelle di decriptare i codici tedeschi per prevenire gli attacchi da parte dei
nazisti. Capendo che si trattava di un problema di crittografia, si costituisce una squadra dei migliori
crittografi capitanata da Alan Turing: l’intuizione dello scienziato è stata quella di far lavorare una macchina,
ovvero Enigma. Diventa dunque possibili il D-Day e la riconquista dell’Europa. La guerra ha dato un
contributo quindi fondamentale alle tecnologie digitali.
Cosa cambia dall’analogico al digitale? Possiamo utilizzare un linguaggio numerico con grande velocità. La
semplicità del codice binario può rappresentare la complessità in numeri.
La macchina di Turing e di Von Neumann
Prima di Turing esistevano calcolatori analogici (Pascal, fine ‘600).
La struttura realizzata da Turing per la macchina Enigma è inizialmente analogica per la decriptazione dei
codici nazisti. La testina legge i dati contenuti nel nastro e li analizza in base alle informazioni di imput. La
macchina di Turing separa il nastro continuo in due tipi di memoria: 1. La memoria RAM, la memoria di
programma 2. La memoria ROM, la memoria di massa.
Che cos’è la multimedialità
La possibilità di gestire la complessità attraverso sistemi numerici e discreti assume nel tempo il termine
“multimedialità”: un progetto comunicativo che coinvolga e integri media diversi, è un prodotto
multimediale “a centrifuga”. È un termine che non è ascritto solo al digitale, ma anche a sistemi analogici.
La multimedialità “centripeta” caratterizza la multimedialità nel digitale, ad esempio: nel sito web. A partire
dagli anni ’80 questo termine ha avuto successo, ovvero quando i calcolatori hanno avuto un salto quantico.
Ha permesso la diffusione della tecnologia e dei programmi correlati al computer su larga scala. La
possibilità di gestire molti media in un'unica interfaccia gestibile dall’utente ha determinato la diffusione di
massa dei calcolatori.
La telematica e il villaggio globale
La telematica riguarda la trasmissione dei dati a distanza; prima dell’avvento di internet veniva utilizzata per
il cablaggio degli edifici, che permetteva di trasmettere dati su cavo solo da un edificio all’altro. C’è uno
sfasamento di circa 20 anni fra la diffusione del Personal Computer e la diffusione della trasmissione dati a
distanza (fino al ’96, nascita di internet).
Sugli sviluppi della telematica nasce il business legato alla tecnologia di internet, che si sviluppa
globalmente.
PARTE C
Il protocollo TCP/IP e la proto-internet
Si cercano delle centrali di comunicazione e una rete multi-polare, dove ci siano migliaia di server così da
non interrompere la comunicazione: è necessario ridurre in unità discrete e molto piccole le informazioni,
quindi passare dall’analogico al digitale. Ci dev’essere la possibilità di far circolare l’informazione in modo
abile e deve funzionare sia per i mittenti che per i riceventi, quindi bidirezionale. Qualora dei nodi della rete
vengano disattivati, devono essere sostituiti.
Il team di ricerca dell’ARPAnet (Robert Taylor) trova una soluzione nell’idea di utilizzare il digitale come
strumento per trasmettere l’informazione. Lo aveva già pensato Turing per risolvere problemi di calcolo, il
team fa lo stesso per trasmettere informazioni (“Computer as communication device”). Ideano il “Transfer
Control Protocol” (successivamente chiamato “Internet Protocol”), un protocollo che controlla il
trasferimento dell’informazione, che frammenta in pacchetti digitali molto piccoli in modo tale che le
informazioni in uscita non sia un blocco unico, indirizzati sulla rete in maniera causale a seconda del nodo
che trovano più libero e poi reindirizzati al posto giusto.
Il protocollo si libera dall’uso prettamente militare, si diffonde per il settore della comunicazione in generale.
La cultura di internet: gli hobbisti, il modem e le BBS
Con la diffusione del protocollo tcp/ip cominciano a fiorire messaggi personali o liste di distribuzione
multiple fra utenti specifici (tipo posta elettronica); la prima comunità/bacheca elettronica che nasce verso la
fine degli anni ’70, detta BBS (Bulletin Board System), era dedicata a Star Trek (Science Fiction Lover).
Sfruttano il protocollo ARPA in quanto i caratteri bidirezionali della comunicazione e la gestione diretta dai
propri minicomputer, faceva sì che essi potessero dire le proprie opinioni. Inizia a diffondersi il movimento
giovanile del cyber-punk, meno ideologico rispetto al ’68, che avevano come obiettivo la liberazione dalla
guerra, la non – violenza. Emergono altri componenti culturali che traducono in termini fantascientifici il
sogno americano.
Nasce l’idea che la rete possa orientare gli strumenti di comunicazione nella cultura del tempo. Nell’ambito
di questi movimenti culturali giovanili alternativi, succedono due cose:
1. Si attiva questo nuovo tipo di comunicazione, fioriscono (seppur in un ambito elettronico) BBS,
bacheche etc.;
2. Nascono le prime comunità virtuali che si agglutinano nella Silicon Valley, sostenuta dal governo
americano. I protagonisti di questa rivoluzione sono spesso non visti.
Il modem viene creato da Dale Heatherington e Dennis Hayes. Usano le reti già esistenti, costruendo un
apparecchio che prende le informazioni in maniera digitale, la ritrasforma in maniera analogica, arriva al
destinatario e modula in digitale il contenuto.
La cultura di internet: tra le freelosophy e la letteratura
Il rappresentante più importante di questa cultura è William Gibson, pubblica il romanzo “Neuromancer” in
cui viene descritta la lotta dei programmatori indipendenti per la libertà delle informazioni nel cyberspazio
contro le grandi corporazioni e multinazionali. L’idea è quella di metter a disposizione di tutti i dati che sono
in mano a pochi. Lui immagina la cultura del web in modo tridimensionale, ovvero entrarci fisicamente (es:
Matrix). Il paesaggio della rete è costituito da grandi edifici contenenti informazione, quindi il web detto
cyberspazio.
L’idea della freelosophy è di diffondere le informazioni open-source, rendere il tutto più accessibile,
andando contro alle grandi corporazioni, detto anche la “cultura hacker”.
Sanciscono alcuni principi della rete ancora attuali, es: sistemi non a pagamento.
La cultura di internet: dalla Silicon Valley al Cern
A Palo Alto, in California, c’è uno dei più grande centri di ricerca, ovvero il Park Research Center, dove
lavorano i principali protagonisti del capitalismo informazionale: Douglas Carl Engelbart e il suo team, che
inventa il mouse, studia le interfacce grafiche.
Anche Italo Calvino venne a Palo Alto a tenere delle conferenze, dove scrisse le lezioni americane.
Furono implementati studi che introdussero non solo le interfacce grafiche per navigare in internet ma anche
i primi motori di ricerca, i primi strumenti di messagistica, la struttura software del ppts.
Al CERN di Ginevra i ricercatori lavorano per un numero limitato di anni; c’è il problema del tenere unita la
comunità scientifica attraverso un sistema informativo che possa trasmettere anche immagini. Berners Lee
tra il ’89 e il ’92 inventa dunque internet, sulla base di:
1. Categorizzare le basi di dati: inventa l’acronimo WWW (World Wide Web). Perché una base di dati
sia riconoscibile dev’essere identificata da una serie di numeri.
2. Necessità di poter condividere immagini, creazione dell’ipertesto e del protocollo http. Il linguaggio
html permette di trasferire dati in formato grafico.
3. Berners Lee lavora per un ente pubblico, quindi il CERN fa sì che ci sia disponibilità per tutti.
La diffusione di internet
Le politiche di diffusione del web sono state inventate da Berners Lee, anche per come sono impostate oggi.
Insedia a Ginevra l’organismo W3C, che è il consorzio pubblico che definisce le regole di funzionamento del
web a livello internazionale, per garantire l’accesso globale all’informazione.
Definisce anche le policy della diffusione di internet: il protocollo http, il linguaggio html, l’acronimo
WWW, vengono pubblicati sul sito del CERN. Il web si diffonde dunque su tutti i computer dei ricercatori e
non. Nascono i primi siti (università, giornali etc.) e ci si rende conto della possibilità economica, sociale e
comunicativa che questa tecnologia possedeva, come sostituta della vecchia tecnologia.
MODULO 2: le forme e i linguaggi del web
Parte A: nascita dello spazio della scrittura
Da Gutenberg al digitale e le caratteristiche degli spazi
Relazione fra tecnologia e forme di comunicazione > lo spazio dello scrivere (Jay David Bolter): coinvolge
una serie di discipline come la linguistica, la psicologia neurale, l’antropologia, la sociologia etc.
Bolter è il primo che identifica la scrittura e le forme del comunicare come una tecnologia. Per definire lo
spazio della scrittura parte da una definizione specifica: “comunicare nel mondo digitale è un blocco creativo
di segni rispetto al quale lo schermo offre a noi una nuova superficie su cui registrare e presentare testi,
immagini e suoni, insieme a nuove tecniche di organizzazione della comunicazione”.
Lo spazio della scrittura è “qualsiasi campo fisico e visivo definito da qualsivoglia tecnologia della scrittura;
tutte le forme di scrittura sono spaziali a ragion del fatto che ci è possibile comprendere segni scritti dotati di
estensione almeno bidimensionale”.
Lo spazio di scrittura digitale è:
- Interattivo;
- Animato;
- Modulabile;
- Visivamente complesso;
- Flessibile.
È uno spazio che usiamo ancora in maniera rudimentale, condizionato ancora dall’idea di scrittura e lettura
che abbiamo sempre conosciuto.
Rispetto al carattere della scrittura di Gutenberg, che è stabile e rudimentale, che non previene interazione, in
cui l’autore era il “sovrano” dello spazio di scrittura; passando al digitale la “monumentalità” della scrittura
si perde, lo spazio diventa più fluido e c’è interazione fra autore e fruitore.
Nel caso della pagina web la nostra lettura è strutturata in base alle nostre necessità e bisogni. Siamo noi che
scegliamo quale percorso di lettura attuare. Concettualmente si parla di un salto culturale notevole, un salto
di tecnologia caratterizzante.
Riscrivere il libro in codice binario
Victor Hugo, Notre Dame de Paris > passaggio dalla cultura religiosa tradizionale alla cultura del libro.
Sentimento di nostalgia del mondo dei libri quando si guarda al mondo digitale. Prima della stampa la
cattedrale era una sorta di libro che dava un’immagine del mondo ai fedeli; il libro stampato non sostituisce
la cattedrale ma la ricolloca come mezzo di comunicazione.
Trasformazione epistemologica digitale del modo in cui si pensa alla comunicazione: modello di
comunicazione “tutti a tutti”.
La progettazione di un artefatto digitale deve tenere conto della transitorietà e della modificabilità del testo,
oltre che della riduzione della distanza fra autore e lettore, che può in linea di massima essere anche lui un
autore “in seconda”:
- Transitorietà: la comunicazione nel web è immediata e transitoria perché muta con il mutare degli
eventi;
- Il testo è modificabile sia dall’autore che dal fruitore;
- Distanza fra autore e lettore, non solo nello spazio ma anche nel tempo di fruibilità della notizia, che
è sottoposta ad aggiornamenti istantanei;
- Trasformazione del lettore come “autore in seconda”: il fruitore ha la possibilità di commentare ciò
che succede, condiziona lo svolgimento della comunicazione.
Come il digitale crea la nuova forma di comunicazione
1. Ripensare alla comunicazione di Gutenberg ed estenderne le potenzialità: interpretare il digitale
come potenziamento della tradizione e della vecchia comunicazione (es: per i quotidiani, i siti web
scolastici etc.). Tuttavia non è ancora ben chiaro qual è il modello economico da adottare;
2. Creare una nuova forma di comunicazione che sia pienamente all’interno della galassia digitale:
processo lungo che include prove ad errori e fallimenti, a cui stiamo assistendo in questi anni e che è
ancora in corso (es: pubblicità online).
Lo spazio della scrittura digitale ha una versatilità visiva che la stampa non possiede, in modo abbastanza
semplice: inoltre vi è maggior accesso e fruibilità del testo.
L’ipertesto
Berners Lee:
- Http: hyper text transfer protocol > protocollo che permette di trasferire un ipertesto da un computer
remoto all’altro.
- Html: hyper text markup language > linguaggio che permette di costruire l’ipertesto.
Storia dell’ipertesto:
Alla fine della 2° guerra mondiale un ingegnere Vannebar Bush che aveva lavorato nel servizio informazioni
della difesa americana, quindi principalmente negli archivi, ha l’intuizione di un incrocio fra ipertesto e
computer. Scrive l’articolo “As we may think” in cui afferma il desiderio di possedere un memex (memorie
extended), una macchina che ci permette di avere da un lato un flusso di informazioni reperiti
meccanicamente da archiviare in percorsi componibili, dall’altro la possibilità di archiviare media diversi in
componenti ipermediali che si possano conservare a parte. Nella macchina digitare una parola chiave che ci
permetta poi di reperire l’informazione facilmente quando necessario.
Dopo Bush, l’idea viene ripresa da Engelbart agli Xeros Lab costruisce il primo archivio per la consultazione
online e un’interfaccia possibile per poterlo consultare.
Chi inventa il termine ipertesto è il giornalista e progettista informatico Ted Nelson, uno dei padri dei web
processor per scrivere al computer, in un articolo (1965) dedicato al Progetto Xanadu, dove intuisce un
sistema ipertestuale mondiale destinato poco a poco a sostituire i libri. Il Progetto Xanadu è stato tra i primi
progetti informatici a fare uso di ipertesti, dove dentro il documento attraverso un link o il significato della
parola o un altro link per un documento che spiegasse quella parola. Intuisce anche un modello di business
per il compenso degli autori, in base alle views.
A partire dalle intuizioni di Ted Nelson lavoreranno i membri della cultura di Silicon Valley e poi anche
Berners Lee.
Lo studio delle modalità d’uso e delle potenzialità comunicative dell’ipertesto viene operato dallo studioso
da G. Landow, lavora su un Macintosh (Mac) e sul programma “HyperCard” che permetteva di costruire
testi non lineari, ovvero un blocco di testo + immagine e si poteva linkare con un altro blocco di testo.
Landow, essendo un letterato, vede in esso una nuova forma di comunicazione.
Caratteristiche dell’ipertesto (individuate da Landow):
1. L’ipertesto può collegare un testo ad altri testi (blocco di testo + link): testualità non lineare.
Landow, per aiutare i suoi alunni per fare le tesine, costruisce un database sulla cultura vittoriana
“Victorian Web”, prima creato su ipercard: inoltre chiede ai suoi studenti di implementare altri
blocchi di testo al database linkato per poter superare l’esame. Se si hanno delle lessie linkate si ha
un contenitore di informazioni ed è più semplice ricavarle. Con il sistema di hyperlinking si
distrugge l’isolamento del testo gutemberghiano.
2. I sistemi ipertestuali permettono al lettore di annotare il singolo testo, di collegarlo ad altri, dunque
di intervenire attivamente e rielaborare la struttura tradizionale dei testi. Quindi i testi fanno parte di
un dialogo complesso, che comprende autore e fruitore.
Lessia: blocco di contenuti ipermediali autoconsistenti.
La teoria dell’ipertesto di Landow
Con l’ipertesto vi è una reinterpretazione dello spazio della scrittura che sostituisce l’ordine lineare del testo
di Gutenberg all’ordine reticolare delle lessie. Si ha la necessità di linkare sufficienti lessie che abbiano senso
nella relazione fra loro.
L’ipertesto è un continuum di lessie e link infinitamente modificabile e modulabile sulla base delle esigenze
di chi scrive ma anche di chi fruisce dall’opera. È un ambiente cognitivo a dimensioni multiple: dentro
l’ipertesto vi sono molti stimoli che possono provenire da codici diversi integrati dalla struttura stessa
dell’ipertesto. Gli elementi visivi, grafici e sonori si intersecano in una struttura di rete dotata di significato.
Tre grandi differenze fra lo spazio della scrittura gutemberghiana e l’ipertesto:
1. Abolizione della gerarchia all’interno del testo: gli arricchimenti ipertestuali possono aumentare le
possibilità del lettore di comprendere meglio ciò che gli propone l’autore (parità autore – lettore);
2. Organizzazione dell’informazione: facilitare l’accesso all’informazione per aumentare gli strumenti
di decodifica per il lettore. Il computer e l’ipertesto grazie al sistema di codificazione permettono
questa facilità;
3. Scrittura lineare vs. scrittura topografica (dentro un luogo): la scrittura topografica ha un duplice
carattere, spaziale e verbale. Dall’organizzazione grafica del testo deriva il grado di comprensibilità.
Scrittura lineare = con spazi vs. scrittura topografica = nello spazio.
Informatica e teoria nella letteratura
Roland Barthes, critico letterario fondatore dello strutturalismo, nel 1968 pubblica un testo “X Zed” che è
l’edizione di una novella di Balzac, che alla fine propone una serie di piste di ricomposizione delle lessie per
fare una sorta di mappa ipertestuale. Formula la teoria della testualità aperta, quindi su ricostruire il testo
sulla base dell’intenzionalità del lettore.
Michel Foucault: fornire degli strumenti interpretativi al lettore per entrare nell’intenzionalità dell’autore.
Teoria della convergenza
Hypertext 2 di Landow: formula la “teoria della convergenza”. Le prassi e le modalità di fruizione del testo
nella teoria letteraria strutturalista sembrano convergere nel campo della teoria informatica. Maggiori
possibilità di interpretazione del lettore. Il sistema sociale che si è affermato vede una netta separazione fra
élite e popolo.
Sia la critica letteraria che l’ipertestualità manifestano una modalità nuova di comunicazione che danno un
nuovo potere al lettore. Questa modalità ha avuto dei precursori nell’ambito letterario come Joyce
nell’Ulisse, di una narrazione fatta su più piani, o la poesia di Jorge Luis Borges, o lo sperimentalismo di
Italo Calvino.
C’è tutto un filone della letteratura americana, es: Carver, De Lillo, che costruiscono romanzi in cui le storie
si intrecciano e che lascia più margine di interpretazione.
È necessario che le conoscenze vengano lette e interpretate anche dal basso, non solo dai gradi più alti della
società > parere condiviso anche dalla cultura cyberpunk, sulla democratizzazione del sapere. L’idea di
accesso permesso da internet è molto più larga rispetto a quello delle biblioteche e le università.
Mediamorfosi di Roberto Maragliano
C’è una connessione profonda fra oralità e ipermedialità: la fine dell’egemonia esclusiva della stampa segna
il recupero di una dimensione linguistica orale. L’ipertestualità libera dal punto di vista cognitivo un
continuo psicoanalizzarsi, basato sul semantizzare le connessioni.
New media versus traditional media
Possono i nuovi media e i vecchi media coesistere? Vi è una connessione, paragonabile a quella fra vecchie e
nuove generazioni. I vecchi media manipolano le informazioni: la maggior parte delle cose che vedi sono
fatte apposta per te. I nuovi media offrono una grande quantità di competizione, le conversazioni che si
hanno sono molto più aperte e accessibili.
Parte B: l’estetica degli ipermedia
Introduzione
Ipermedia e differenze con la galassia di Gutenberg:
1. La struttura dell’ipermedia;
2. La convergenza di più formati digitali;
3. Aperti: uscire ed entrare dal testo;
4. Maggior attività del lettore.
Non c’è un vero e proprio genere dell’ipermedia né un modo per analizzarlo: si ricerca nei metodi passati un
modo per analizzare l’ipermedia e compierne una retorica. Ci sono tre elementi fondamentali che
caratterizzano l’estetica dell’ipermedia:
1. La mimesis dell’ipertesto: come racconta l’esperienza l’ipertesto;
2. L’orizzonte della pre-comprensione dell’ipermedialità e dell’ipertestualità, anche i social media;
3. Chi è l’autore dell’ipertesto.
La mimesis dell’ipermedia
Esperienza e racconto: Paul Ricoeur (filosofo francese) nel suo “Il tempo e il racconto” sostiene che il
problema della mimesis narrativa è il problema di come sia possibile l’imitazione dell’esperienza temporale
viva, imitazione condotta mediante la deviazione determinata dall’intreccio e dall’intrigo.
La mimesis narrativa identifica il modo in cui il mondo dei fatti e delle azioni degli uomini viene
riconfigurato dall’immaginazione narrativa. Secondo Ricoeur, ci sono tre livelli della mimesis:
1. Mimesis I: è la referenza extra-linguistica che sta a monte della composizione poetica o narrativa: il
dispositivo concettuale, simbolico e l’inquadramento cronologico, che permette ad autore e lettore di
avere una medesima competenza del mondo. Es: la lingua. Se la simmetria fra autore e lettore è
eccessiva, non si dà comunicazione: è necessario che il dispositivo che si usa per comunicare sia
adatto.
2. Mimesis II: è l’atto creativo vero e proprio, la costruzione dell’intreccio o dell’”intrigo”. Essa
rappresenta l’atto mimetico fondamentale, quello che “grazie alla sua funzione di rottura, spalanca il
mondo della composizione poetica e istituisce la letterarietà dell’opera”. Nel caso del testo scritto, si
prova a dare una ricostruzione di un qualcosa sempre attraverso il filtro della nostra esperienza. Nel
caso di un testo informativo, ad esempio una trasmissione televisiva l’operazione della mimesi è più
complessa perché abbiamo a che fare con una molteplicità di codici: l’efficacia di una trasmissione è
data dalla qualità del testo, dei servizi, del montaggio, della narrazione del presentatore, della
coordinazione nel lancio dei filmati ed eventualmente degli ospiti che interagiscono con il
presentatore. Nel caso di una narrazione cinematografica, lo scopo è l’intrattenimento e varia a
seconda del genere, le variabili sono simili rispetto a quelle della produzione televisiva, ma si parte
da un testo scritto (la sceneggiatura): il budget è più alto, i tempi sono più lunghi. Nel momento in
cui si progetta un sito, blog personale, si devono ricostruire questi passaggi di narrazione (mimesis).
3. Mimesis III: è l’intersezione del mondo del testo, messo in campo attraverso Mimesis II, e del
mondo del lettore, è l’atto della fruizione. “L’intersezione quindi del mondo configurato dal poema e
del mondo nel quale l’azione effettiva si dispiega e dispiega la sua specifica temporalità”. Mimesis
III identifica quindi lo studio del modo in cui un determinato atto mimetico interviene all’interno del
mondo del fruitore ed interagisce con esso: questo è l’obiettivo di chi comunica, nonché un momento
critico per chi produce l’oggetto comunicativo perché non è detto che le intenzionalità fra autore e
lettore coincidano. È necessario che sia chiaro qual è l’utente a cui ci si rivolge.
È necessario comprendere quale forma di mimesis caratterizza ipermedia e ipertesti (non social media),
attraverso l’analisi di almeno due dei tre livelli che Ricoeur identifica:
1. Comprendere in quale orizzonte di pre-comprensione, da quali a-priori, siano inquadrati i prodotti
della mimesis digitale (ipertesti, ipermedia, ambienti virtuali);
2. Quali caratteristiche peculiari possiede uno degli aspetti della Mimesis II ipermediale, cioè
l’autorialità operante nella costruzione dell’intreccio nell’ambito della testualità elettronica.
Gli apriori dell’ipermedialità: immediatezza e ipermediatezza
Provare a ricostruire delle categorie concettuali dove collocare l’analisi della mimesi che caratterizza
ipermedia e ipertesti.
“La mimesis dei nuovi mdeia: remedation”: concetto introdotto da J. David Bolter e Robert Grusin in
“Reemediation: understanding new media”, identifica il contesto e le coordinate culturali che identificano,
secondo la terminologia di Ricoeur, il livello della Mimesis I nel campo dei nuovi media. Tutto l’universo
dei vecchi media “reemediato” nel linguaggio di comunicazione dei nuovi media.
Remediation: letteralmente la rimediazione, o meglio l’iterazione mediatica. È un termine preso da
McLuhan. Una delle caratteristiche fondamentali dei media, secondo McLuhan, e dei media elettronici,
secondo Bolter e Grusin, è proprio quella di avere come contenuto un altro media. Caratteristiche della
Remediation:
1. Immediatezza (Immediacy): immersione in un contesto digitale.
2. Ipermediatezza (Hypermediacy) modo di comunicare del web per finestre.
Due tendenze contrapposte che identificano l’orizzonte della pre-comprensione nella mimesis elettronica.
Le caratteristiche dell’immediatezza
Immediatezza: il tentativo di negarsi in quanto mimesis e di venire a coincidere, più o meno fittiziamente,
con l’esperienza reale. La mimesi digitale in questo senso viene ad identificarsi con la “trasparenza” e si
inserisce nella tradizione di molte delle arti figurative moderne, dalla pittura realistica (es: trompe l’oeil), alla
fotografia, al cinema. Esempi di immediatezza digitale:
- Grafica tridimensionale digitale per i film d’avventura (Guerre Stellari);
- I giochi elettronici tridimensionali in soggettiva (l’azione del personaggio nello scenario del digitale
è compiuta dal fruitore > differenza principale con l’analogico rispetto al digitale;
- Le applicazioni in realtà virtuale: i simulatori di volo, di combattimento, i serious games.
Tutte queste vie elettroniche all’immediatezza, alla trasparenza, si propongono di realizzare l’obiettivo della
totale immersione del fruitore all’interno di un ambiente artificiale le cui caratteristiche di artificialità non
possono essere individuate dall’utente dall’interno del sistema.
Le caratteristiche dell’ipermediatezza
È una caratteristica specifica dei nuovi media: tende a ricostruire la realtà mantenendo visibile il fatto che il
media è presente. La realtà viene restituita attraverso l’apertura del browser e molteplici finestre (più
contenuti informativi) che permettono di ricostruire un argomento per poterlo capire a fondo.
L’ipermediatezza è incarnata dallo stile a finestre del World Wide Web. Essa punta sull’emersione delle
tecniche che portano alla mimesis come antidoto contro l’oblio della mimesis. La logica dell’ipermediatezza
moltiplica i segni della mediazione ed in questo modo cerca di riprodurre, moltiplicandole, le modalità
attraverso le quali il soggetto si rapporta all’esperienza.
Esempi di ipermediatezza:
- Codici medievali;
- Collages artistici di Richard Hammilton;
- Prime pagine di quotidiani popolari come USA TODAY;
- Schermate del world wide web.
L’hypermediatezza è opacità: la conoscenza del mondo avviene sempre attraverso la presenza di un filtro
tecnologico. Il fruitore comprende che in ogni istante è in presenza di una mediazione. L’ipermediatezza
coincide con la coscienza post-moderna o ipermoderna della molteplicità delle verità.
n. b: la guerra della Jugoslavia è stata la prima guerra “combattuta” sul web.
Il problema della mimesis I in ambito narrativo: conclusioni
È una condizione necessaria per l’esistenza stessa della mimesis digitale la contemporanea ed equilibrata
azione delle due tendenze, quella dell’immediatezza immersiva e quella ipermediatica, o meglio è necessario
che queste due funzioni cooperino e non divergano.
Chi è l’autore dell’ipermedia
La mimesis II digitale (il modo in cui gli autori rappresentano l’esperienza): anche nella costruzione
dell’intreccio, mimesis II, presenta in ambiente digitale una natura bifronte, eversiva e nello stesso tempo
sincrona con le regole della mimesis dei media tradizionali. Per comprenderlo bisogna analizzare il ruolo
dell’autore in questo processo.
In analogico la mimesis II è la modalità peculiare attraverso cui gli autori rappresentano il modo e lo
ricostruiscono.
Nel digitale l’esperienza è interattiva, bisogna lasciare la libertà di muoversi nel media al fruitore. La
costruzione della narrazione è in mano a chi la fruisce e non a chi la crea.
George Landow: nei media digitali il ruolo dell’autore muta e si trasforma, in coincidenza con la crisi della
soggettività, evocata dalla filosofia post-moderna, fino ad assimilarsi con quello del lettore. Si realizza una
sorta di cessione di sovranità al lettore:
- Lettore attivo;
- Molteplicità di trama dell’ipermedia che devono utilizzare codici differenti (il giusto numero, non
troppe ne poche);
- Autore “allenatore”;
- Pluralità degli autori;
- Scrittura in collaborazione: il testo non è più il prodotto del singolo.
Immediatezza: la coincidenza di autore e lettore
Tesi di Landow  traendo le estreme conseguenze di questo ragionamento l’autore viene a coincidere con il
lettore, l’atto della lettura si trasforma immediatamente in quello della scrittura, il testo diviene trasparente e
immediato per il lettore. Questo tipo di trasformazione può essere rubricata come un’esasperazione della
tendenza all’immediatezza dei media digitali, il massimo della trasparenza nella mimesis digitale è il limite
paradossale che comporta l’identificazione del lettore stesso con l’autore e la fine della narrazione in quanto
tale.
Nell’immediatezza digitale la rappresentazione dell’esperienza funziona di più quanto più il fruitore si
immerge nella realtà che viene rappresentata.
Ipermediatezza: il rafforzamento del ruolo dell’autore
Insieme alla tendenza all’immediatezza esiste una seconda tendenza. L’autore si “ipermediatizza” assume la
funzione di chi predispone l’insieme dei possibili percorsi narrativi e l’insieme dei possibili modi,
ipermediatizzati, di rappresentarli. L’autore deve comporre l’insieme dei media in un percorso organizzato,
deve attuare un “linkaggio” in maniera opportuna, deve mantenere un numero di percorsi narrativi non
troppo ampio per far sì che l’autore non si perda.
Il team degli autori come creatori di mondi
L’iperautore cede gran parte della sua attuale capacità di costruire trame ed intrighi, cioè la possibilità di
essere autore dell’unico ed univoco percorso di lettura che caratterizza ad esempio l’intrigo nel romanzo
realista classico, per “virtualizzarsi”. Nell’accezione di questo termine da Pierre Lévy l’autore diviene
virtuale di una molteplicità numerosa di percorsi e intrighi possibili.
Il Dio gnostico della narrazione ipermediale, ovvero il Dio della mimesis digitale: si nasconde “attualmente”
agli degli uomini per collocarsi nella sfera della virtualità: la libertà e il ruolo attivo del lettore avrebbero a
che fare solamente con la trasparente ed immediata della mimesis II, mentre la parte opaca, la configurazione
dei percorsi attivi possibili, rimarrebbe appannaggio dello gnostico Dio virtuale della narrazione digitale.
Definizione autore degli ipermedia
L’autore è iperautore proprio perché non si limita a definire un percorso di attraversamento della materia
narrativa, a predisporre quel singolo e particolare tipo di intreccio: egli è molto di più e molto di meno nello
stesso tempo. Molto di più perché la natura della mimesis digitale gli impone di progettare una molteplicità
numerosa e, al limite infinita, di trame narrative possibili. Molto di meno perché perde il potere di scegliere
quell’unica trama che ne faceva il “Dio personale” del romanzo.
Conclusioni provvisorie
1. Mimesis digitale presenta aspetti di continuità e di rottura con quella della letteratura tradizionale ed
essi rispettivamente coincidono con la tendenza all’immediatezza e all’ipermediatezza;
2. L’equilibrio e la dialettica di immediatezza e ipermediatezza rappresentano la condizione di
un’efficace mimesis digitale;
3. Il ruolo dell’autore nella costruzione dell’intreccio si virtualizza, diventa quello del baumgarteniano
creatore di mondi, l’autore definisce le condizioni di possibilità della libera e necessitata ad un
tempo attività del lettore;
4. La ricostruzione della “verità” dell’opera è una costruzione operativa che spetta all’azione del
lettore, all’interno delle condizioni di possibilità dell’opera definite dall’autore.
Parte C: dal multimedia learning all’information design
Testo: “Il linguaggio dei nuovi media” di Lev Manovich
Le teorie di Lev Manovich
Come progettare sistemi e oggetti intermediali per la comunicazione. Lev Manovich riflette su come è
cambiata l’articolazione di un progetto multimediale: si è passati dalla logica del testo alla logica del
database.
Per costruire un testo multimediale bisogna costruire un database di oggetti/lessie: il problema della corretta
costruzione di un artefatto multimediale sta nella corretta costruzione del database. Si è vicini al “montaggio
espressionista”, quindi non lineare. È necessario sapere prima quali strumenti si hanno, collocarli all’interno
di un database organizzato e poi farlo apparire sul web in un determinato formato: la progettazione è a priori.
Gli account social contribuiscono alla costruzione del prodotto intermediale.
Interazione con l’utente > Interfaccia > Architettura Hardware e Software del database
Multimedia learning
Psicologia della percezione: nel mondo analogico queste teorie si applicavano alla televisione e non al testo.
La decodifica di un significante testuale è differente rispetto a quella del video.
Oggi i codici che utilizziamo sono numerosi, scritti, video etc. grazie ai nuovi media. L’insieme delle teorie
che analizzano questi codici nascono nell’ambito della psicologia della percezione, la psicologia della
comunicazione e poi l’information design e l’infografica.
Mayer “Multimedia learning”  riassume i principi di come si percepiscono gli oggetti digitali e quali
corretta combinazione di essi bisogna fare per una comunicazione efficace. Il multimedia learning è una
categoria di studi che studia proprio questo, ovvero il rapporto fra codici al fine di un prodotto multimediale.
Le teorie dell’ergonomia cognitiva
Questi studi hanno a che fare principalmente con la televisione e la pubblicità. I primi studi negli anni ’70
sono relativi a quanto si apprende nel caso di una comunicazione oralmente a parole proiettando qualcosa,
leggendo o con interazione di questi elementi. Tutti i test psicologici confermano che aggiungere allo scritto
un qualcosa di visuale dà un aumento della ricezione dell’informazione. Generalmente leggendo un testo
scritto si trattiene il 20% fino al 38% delle informazioni, se ascolto qualcuno spiegare aumenta al 35% (se è
un oratore efficace), se a un testo parlato si aggiunge un elemento grafica il tasso cresce esponenzialmente al
60/70%. Esiste un terzo modo di apprendere che è quello più efficace: l’esperienza, il tasso sale del 90%.
Il canale di codifica verbale e quello non verbale incidono in maniera diversa nella ricezione delle
informazioni.
La superiorità del visivo: la teoria della doppia codifica di Paivio
Gli imput verbali entrano in contatto con i nostri sottosistemi settoriali attraverso i logogeni, ovvero le parole
scritte (molteplicità di lingue/codici): c’è sempre un problema di passaggio fra significante e significato.
Paivio considera il canale verbale come inferiore a quello non verbale.
Il canale non verbale agisce sulla nostra capacità di ricezione delle informazioni attraverso immageni, si
ottiene un risultato migliore perché gli immageni agiscono in modo più diretto attraverso una doppia codifica
(visuale e verbale).
La teoria delle rappresentazioni mediali (Schnotz)
Schnotz sostiene la superiorità del mix fra testo e immagine.
Costruzioni della conoscenza, rappresentazioni:
- Esterne: testo-immagine (descrittive verbali/pittoriche visive);
- Interne: schemi e modelli mentali (sia descrittive sia pittoriche).
Nelle rappresentazioni interne continua l’interazione tra modello visuale e verbale. L’immagine di un
oggetto mai visto fornisce informazioni sulle sue dimensioni, forma e tutta una serie di caratteristiche che
non potrebbero essere espresse in maniera così incisiva da un testo.
Se c’è di mezzo la mediazione semantica è difficile individuare un oggetto e ottenere un’informazione,
mentre se c’è immediatezza visiva il passaggio dell’informazione è più rapido.
Schema di decodifica delle rappresentazioni esterne da parte del soggetto: (inserisci schema delle slide)
Multimedialità
Si intende la somministrazione del materiale in più formati di presentazioni (es: testo con illustrazioni,
illustrazioni con elementi sonori etc.). Non riguarda solo l’apprendimento digitale ma il processo di
apprendimento stesso.
I primi studi riguardo all’accoppiamento testo-immagine hanno dato il via all’infografica e altre discipline
affini.
Teoria dell’apprendimento multimediale di Mayer
Nella costruzione del sapere attraverso la rappresentazione mediale il cervello riceve stimoli visivi e acustici
 va in funzione la memoria di lavoro  processo di sedimentazione delle informazioni (possono andare
nella memoria a lungo termine oppure no).
Principi per una comunicazione multimediale efficace:
1. Principio multimediale: immagini e animazioni insieme alle narrazioni scritte meglio che solo
narrazioni scritte (infografica); il livello di approfondimento della grafica è minore rispetto a quello
del testo; codici mixati in maniera coerente.
2. “” della vicinanza spaziale e temporale: testi e immagini coerenti e contigue sono più efficaci; la
giusta scelta dei tempi nelle entrate audio e immagini. Il principio della contiguità spaziale
esemplifica come funziona la comunicazione multimediale, es: pagina web. Questo non implica che
il testo non ha più una funzione, ma che è meno efficace nella comunicazione multimediale;
3. “” della rilevanza o coerenza del materiale: Escludere e neutralizzare parole, video o suoni incoerenti
a favore della sintesi e concisione. Spesso ci si lascia trasportare dal mezzo tecnologico,
aggiungendo troppi dettagli, ma bisogna guardare alla efficacia comunicativa (Video Jack Welch
“Web 2.0” 2007). La coerenza non dev’essere solo nel sito web ma riguarda anche i canali social:
certamente il linguaggio è diverso, ma lo stile comunicativo dev’essere coerente.
4. “” della modalità diversa: in che modo vanno tratti i diversi codici, Riguarda l’overload cognitivo
che riguarda uno dei due canali (visivo/uditivo). Il sovraccarico del canale visivo (sovrapporre
un’immagine ad un testo) è quello più diffuso. Mayer sostiene che nella progettazione è necessario
fare attenzione a non mettere in conflitto i codici.
5. “” della ridondanza: necessario dare una certa ridondanza alla comunicazione per far sì che le
informazioni vengano trattenute al meglio. Esiste un tipo di ridondanza positiva e negativa, quindi
quali codici si combinano meglio rispetto ad altri. L’apprendimento è migliore quando si
somministra animazione e narrazione (positiva) rispetto a narrazione, animazione e testo scritto su
schermo (negativa). Oggi questo principio viene invertito o comunque modificato, ma comunque
rispettato anche se non apparentemente. Es: pagina del telegiornale (sempre più simile al web);
6. “” della personalizzazione/delle differenze individuali: gli effetti di una progettazione non curata di
una presentazione multimediale sono più importanti sulle persone in possesso di una minore
conoscenza sull’argomento che su quelle con una maggiore, e su quelle con un “high-spatial
learning” piuttosto che su quelle con un “low-spatial learning”:
- È necessario personalizzare l’esperienza di fruizione dell’esperienza digitale;
- Avere una chiara idea del target di riferimento;
- La mimesis 1 sia sufficientemente chiara;
- La qualità della grafica e la qualità dell’oggetto multimediale sia efficace per il target e in generale.
Il problema della comunicazione multimediale è quello dell’interferenza delle parole al sistema
visivo/uditivo: vi è una tripla ridondanza, il sovraccarico cognitivo legato alla comunicazione alfabetica,
maggiori rispetto a quelle a cui è soggetto il canale visivo. Il problema del passaggio dai sensi alla memoria
di lavoro e quella a lungo termine riguarda il superamento di questa ridondanza (overload visual channel): i
principi per la comunicazione di Mayer cercano di trovare una soluzione a questo problema.
Questi principi valgono anche per l’interfaccia contenutistica e funzionale dell’oggetto multimediale.
Parte D: Infografica e principi di Web usability
Infografica ed information design
Il padre dell’Infografica è Alberto Cairo, con il suo libro “L’arte funzionale” (2013). L’infografica è una
branca dell’information design, definisce una serie di regole pratiche quando si fanno una serie di
presentazioni, il che vale sia in analogico che in digitale.
Obiettivi dell’Information design:
o Comunicare idee, informazioni, dati;
o Facilitare l’utente nella costruzione di conoscenza significativa;
o Illustrare processi;
o Esprimere relazioni.

Il tutto attraverso parole, immagini e illustrazioni, simboli/icone, colore e numeri. In che modo:
1. Filtrando l’informazione;
2. Stabilendo relazioni;
3. Evidenziando pattern;
4. Fornendo un contesto;
5. Rappresentando tutto questo nel rispetto dello stile cognitivo dell’utente (es: applicando i principi di
Mayer).
La dicotomia verbale/visuale
Es: “Questa non è una pipa” di Magritte, ma:
- Le immagini rendono l’identificazione più semplice;
- Quando immagini e parole vanno in contrasto è l’immagine che domina la percezione;
- È impossibile leggere “questa non è una pipa” senza aver prima aver riconosciuto l’immagine.
N.B: le rappresentazioni grafiche superano le barriere sociali e linguistiche.
Come nasce l’Information Design (o Information Graphics)
Nasce nelle redazioni giornalistiche intorno alla fine degli anni ’80; fornisce una visione attraente, sintetica e
di rapida lettura di News e Braking News, inoltre condensa una grande quantità di informazioni in uno
spazio limitato.
Infografica
Che discipline comprende l’Infografica?
1. Cartografia
2. Schematica
3. Info design
4. Psicologia gestalt
5. Graphic design
6. Statistica visuale
7. Illustrazione
8. Foto/reportazione
Def: è uno strumento di analisi visuale al servizio dei lettori (o qualunque fruitore) per la comprensione di un
fenomeno complesso. È una rappresentazione dell’informazione autoconsistente e autoesplicativa. Inoltre:
a. Fa emergere informazioni che normalmente sono nascoste, es: un salto di una pattinatrice spiegato
perché troppo veloce per l’occhio umano;
b. Usa una spiegazione visuale per rendere più semplice l’apprendimento (non semplifica
l’informazione).
c. È un sistema ibrido poiché integra parole, immagini e numeri in modo dinamico e fluido.
Dai dati all’informazione
Non c’è modo migliore di esporre una mole di dati considerevole se non quello di utilizzare grafici statistici
o utilizzare una mappa per fornire informazioni di contesto ad una storia. Mappe e grafici comunicano dati,
l’infografica li traspone in informazione rilevante. Oggi è sempre più fondamentale, es: nel giornalismo il
“fact checking” per corroborare i dati.
Analisi di un’infografica
Le infografiche vengono costruite sulla base di una lettura che richiama alla modalità analogica di
rappresentare il testo, ovvero il Diagramma di Gutenberg  spiega l’ordine di lettura grafico, ovvero come il
nostro sistema percettivo si rapporta con un oggetto grafico.
Lo schema del Diagramma di Gutenberg: (slide 28)
L’asse di orientamento deve essere dall’altro verso il basso, ma può anche essere da destra a sinistra.
Disposizione dei content object:
- Colore e coerenza;
- Diverse tecniche e stili estetici: fotografia, 3D, vettoriale stilizzato etc.
Come smontare un’infografica:
1. Individuare content object e asset;
2. Ordine di lettura;
3. Gerarchia dell’informazione;
4. Dispositive infografici usati.

Infografica 2.0
Come chiamiamo le infografiche che vediamo sul web?
- Infographics (online infographics, web infographics etc.)
- Interactive: interactive visualization/graphics;
- Storytelling: multimedia/digital storytelling.
Nascono nuove discipline e profession, es: web designer, usability expert etc.
Interaction design
Disciplina di sintesi che studia l’interazione uomo/macchina, ovvero la relazione attiva tra un utente ed un
oggetto (fisico o virtuale) per raggiungere un preciso obiettivo. Per interattività si intende l’insieme delle
caratteristiche/predisposizione dell’oggetto per una migliore interazione.
Progettare l’interattività significa:
- Facilitare l’accesso alle risorse (es: progettare bene l’interfaccia di navigazione);
- Ridurre lo stress/carico cognitivo (ordine di presentazione dei contenuti, n. di opzioni di scelta);
- Migliorare la qualità percepita (pulizia formale, gradevolezza estetica).
Questi risultati si ottengono grazie ad un Used Centered Design (design indirizzato all’utente). I principi
della progettazione dell’interattività sono:
A. Visibilità: porre in evidenza gli elementi o le funzioni più importanti e più utilizzati (es: main
content, interfaccia);
B. Feedback: ad ogni azione dell’utente deve corrispondere una risposta del sistema (es: responsive
interface, no broken link, rollover funzionanti);
C. Affordane: migliorare l’invito all’uso degli elementi interattivi rendendone esplicita la funzione. Es:
i link devono sembrare link;
D. Restrizione: porre in evidenza solo gli elementi necessari al fine di evitare errori durante la
prestazione dell’utente (principio chunk 7+2) > per “chunk” si intendono gli asset informativi;
E. Coerenza.
4 gradi di interattività
1. Interattività come spiegazione/istruzione: la macchina eroga l’informazione, io decido quando;
2. Interattività come esplorazione: io decido quando, in che ordine, dove e se visualizzare
l’informazione, es: mapping memory, rendering 3D;
3. Interattività come manipolazione: manipolazione di oggetti, di dati (es: grafici interattivi);
4. Interattività come immersività: esplorazione + manipolazione.
Game based interaction (serious games)
Vantaggi dell’approccio ludico:
- Probabilità di suscitare interesse;
- Genera “appiccicosità” all’interazione: aumenta il tempo dedicato da parte dell’utente
all’interazione.
È un attivatore di:
- Preconoscenze;
- Competenze;
- Emozioni.

Aumenta:
- L’identificazione (l’utente diventa personaggio/soggetto attivo di una storia);
- Grado di immersione nel contesto;
- Grado di soddisfazione dell’esperienza;
- La motivazione all’uso.
Immersività: realtà aumentata
La realtà aumentata è una particolare estensione della realtà virtuale, consiste nel sovrapporre alla realtà
percepita dal soggetto una realtà virtuale generata dal computer. La percezione del mondo dell’utilizzatore
viene “aumentata” da oggetti virtuali che forniscono informazioni supplementari sull’ambiente reale.
Il multimedia storytelling
1) Video storytelling: video e animazione;
2) Photostorytelling: slideshow + audio, evoluzione del fotogiornalismo. È possibile fornire online più
foto rispetto ad un reportage per stampa. L’introduzione testuale e le didascalie forniscono elementi
di contesto. La fotografia congela solo gli istanti significativi e “obbliga” a leggere l’immagine.
L’audio può essere:
- Onsite: induce immersività nell’ambiente di ripresa;
- In soggettiva: punto di vista del fotografo;
- Del soggetto dell’immagine o di un testimone.
L’integrazione audio innesca emozioni.
3) Audio storytelling.
Modulo 3: La comunicazione web e il marketing virale
Parte A  La comunicazione web: siti, blog e social networks
Il blog
Jim Berners Lee e l’html: editor online, diverso rispetto a quello di oggi. Parallelamente all’affermarsi dei
primi siti internet nasce un tipo di comunicazione più abile e che permette l’interattività con l’utente, ovvero
il blog; è un termine che deriva dalla contrazione di “web” e “log”; i primi blog nascono nel 1997.
I blog sono una forma semplificata di sito che permette di costruire una comunicazione semplice e all’inizio
soltanto testuale, sul qualche scrive il proprio “diario online” da cui nasce il concetto di “post”. Permetteva a
chiunque avesse una connessione internet di poter comunicare il proprio pensiero, una proto forma del social
network, modo in cui le persone iniziano a rappresentare la propria soggettività online. Si diffondono diversi
tipi di blog: foodblog, fashionblog etc. (aumenta la specificità).
Nascono come evoluzione delle vecchie “bbs” e permettono una comunicazione immediata e diretta con
l’utente della rete, come opzione più semplice al sito 1.0.
Struttura del blog: post ordinati cronologicamente.
Date:
- 2005: diffusione della banda larga;
- 2004-2005 diffusione dei social network.
I siti 1.0
Nella fase pioneristica del web, ovvero fra il ’96 e il 2005 era richiesta l’installazione di un software
specifico, ad es. frontpage, dreamweaver. Questi programmi obbligano a costruire sulla base delle metodiche
del software: nascono società internet provider che offrono la capacità di costruire siti per altre persone per
chi non ne era capace, es: Tiscali. Queste società costruiscono anche la storia grafica dei siti web, creando un
linguaggio.
La web usability
Una delle categorie di progettazione web, il termine è stato coniato da Jakob Nielsen.
Principi di buona navigazione
Per Jakob Nielsen la struttura di navigazione di un sito web deve aiutare l’utente nel rispondere a tre
domande:
1. Dove mi trovo?
2. Dove sono stato?
3. Dove posso andare?
Per il primo punto è necessaria una testata di riferimento dove vengano riportate le varie sezioni del sito. Per
il secondo punto è necessario un rimando al link del sito dove si è stati prima. Per il terzo punto sono
necessari tre tipi di link:
1. Link topici: testo sottolineato (di solito ma non sempre) che conduce a ulteriori informazioni
riguardo all’argomento > modalità di Berners Lee, blu sottolineato e poi viola quando l’hai già
cliccato;
2. Strutturali: link usati per connettere tra di loro livelli diversi della struttura del sito. Usati anche per
connettere una data pagina con altre allo stesso livello gerarchico > accorpati in alto con delle
linguette (solitamente);
3. Associativi: link usati per indicare altre pagine dal contenuto simile o correlato a quella attuale che
l’utente potrebbe perciò trovare interessanti (solitamente posizionati in un box separato).
Le convenzioni più diffuse
La navigazione persistente  5 elementi che dovrebbero apparire sempre in ogni pagina:
1. ID del sito;
2. Una via alla home page;
3. Una via per la ricerca;
4. Le sezioni;
5. Utilities: es, motore di ricerca, carrello degli acquisti. Devono essere sempre visibili.
Per verificare che il sito sia usabile si può fare il “test del portabagagli”, ovvero rispondere a 6 domande: 1.
In che sito mi trovo? 2. In che pagina sono? 3. Quali sono le sezioni principali del sito? 4. Quali opzioni ho a
disposizione a questo livello? 5. Dove mi trovo nella struttura generale del sito? 6. Come posso effettuare
una ricerca?
Cosa distingue la home page dalle altre pagine: la home deve mettere in evidenza l’identità del sito (il logo in
evidenza, insieme ai valori e alla storia che esso esprime), deve comunicare un quadro d’insieme ed esporre
la mission del sito in modo chiaro e sintetico (welcome blurb: sintesi iniziale per capire chi siamo, cosa
facciamo, qual è la mission), dovrebbe avere una TAGLINE ben progettata, può avere un diverso
orientamento delle sezioni e del testo, ma senza modificare i nomi e l’ordine delle sezioni (consistency).
La TAGLINE indica poche parole vicino all’ID per mettere immediatamente in relazione chi siamo e cosa
facciamo.
Nella home page i link strutturali (sezioni) possono essere disposti in modo diverso rispetto a tutte le altre
pagine (navigazione persistente) ma senza modificare i nomi e l’ordine delle sezioni (consistency).
Le leggi empiriche di Krug
o Leggere prima: non farmi pensare…
o Legge seconda: non importa quanti click devo fare, se ogni click è frutto di una scelta che non
richiede impegno e che non è ambigua.
o Legge terza: sbarazzati della metà delle parole di ogni pagina e poi sbarazzati della metà di quello
che resta.
Progettare l’architettura informativa
L’architettura informativa “comunica” la relazione tra i contenuti di un sito web e il modo in cui questi sono
espressi. Aiuta a capire come si utilizza il sito, rende accessibili e quindi più comprensibili i suoi contenuti
informativi. Ci sono tre strutture di base:
1. Lineare: una pagina dopo l’atra, struttura adatta per costruire funzioni vincolanti. Se, ad esempio,
l’informazione A deve essere conosciuta prima della B, e la B prima della C, si crea un accesso
lineare da A a C.
2. Gerarchica (struttura ad albero): più percorsi mutuamente esclusivi, adatta ad evidenziare le relazioni
insieme/sotto insieme. Consente movimenti top-down/bottom-up. Un’organizzazione
dell’informazione impone di visitare prima una categoria e quindi la seconda, nel caso in cui non
riusciate a trovare l’elemento desiderato.
3. A ragnatela: pagine collegate in modo da permettere riferimenti incrociati e salti avanti/indietro.
Struttura che esalta le potenzialità dei sistemi interattivi. Ma più la ragnatela è complessa, più
aumentano le difficoltà di orientamento per l’utente, bisogna mantenere un modello concettuale
coerente evitando che l’utente si smarrisca.
Molte altre strutture possibili: parallela, a matrice, a sovrapposizione, a zoom, etc. I siti web si basano di
solito su una combinazione di varie strutture. Quello che conta è che la struttura sia progettata
deliberatamente, tenendo conto del tipo di fruizione dei contenuti che si ritiene più adatto per l’utente.
Ogni volta che si aggiungono nuovi contenuti bisogna valutare la loro coerenza rispetto all’architettura
complessiva del sito. Trovare una collocazione adatta o riprogettare l’architettura stessa.
2005 la rivoluzione della banda larga
Passaggio dal Web 1.0 al Web 2.0, ovvero un web realmente interattivo con gli utenti, il che ha permesso la
nascita di piattaforme come Facebook, Youtube etc. Sono tre gli elementi che caratterizzano il Web 2.0:
- Maggiori contenuti;
- Uso del video diverso, possibilità di vedere in streaming i film, scaricarli su ICloud;
- Nascita dei social network > risponde a un bisogno sociale, la necessità di esprimersi.
- Youtube: nasce nel 2005, è utilizzata da tutti gli utenti di Google (3.7 miliardi di persone), il secondo
motore di ricerca del mondo. È un enorme serbatoio di informazioni più o meno attendibili.
La struttura della comunicazione deve tener conto di questi strumenti.
La rivoluzione della mobilità
I primi cellulari con accesso a internet sono nati nel 2004/2005, con il Nokia: noi facciamo un uso di internet
sempre più mobile solo con lo sviluppo dello schermo touch grazie a Steve Jobs, quindi relativamente pochi
anni fa.
La costruzione dei siti deve tenere conto dell’usability per tutti i device, un’accessibilità completa. La
rivoluzione del touch e della mobilità impone una serie di nuove regole di usability:
- Un luogo web deve essere accessibile su tutti i device;
- Progettazione di più versioni.
Il sistema integrato della comunicazione digitale
Esistono servizi cloud che comprendono tutti i servizi del web, ovvero siti, blog e social network. Nel
momento in cui si progetta una strategia di comunicazione integrata, ovvero di vecchi e nuovi media,
bisogna tener conto delle tecnologie, dei device e dei media coinvolti. I tradizionali canali di pubblicità
(cartellonistica, posta, radio e televisione, giornali) sono in buona parte traghettati sul web ma ad essi si
aggiungono nuovi canali (Youtube, Whatsapp etc.), quindi bisogna pensare alla strategia di comunicazione
in maniera multicanale e in che modo ogni media può interagire con l’utente. Tenendo conto del target di
riferimento, per sfruttare al meglio i media digitali, si gestisce l’attività di comunicazione in modo
continuativo. Le pagine sui social networks devono essere alimentate, interagendo con gli utenti (rispondere
ai commenti, mettere like, attivare gli algoritmi).
Parte B: i principi del marketing 2.0 e il Social Media Marketing
I mercati sono conversazioni
“The cluetrain manifesto” market are conversations, talk is cheap, silence is fatal. Libro prodotto da un
Gruppo di comunicatori, ovvero I “Cluetrain manifesto”. Prima dell’acquisto è necessario instaurare una
relazione con l’utente/acquirente, dunque comunicare nel marketing è fondamentale (es: molto spesso è la
comunicazione pre-prodotto che definisce il prodotto stesso). Le conversazioni sono il “primary management
tool”, ovvero è come:
- Pianifichiamo la nostra vita e organizziamo il lavoro;
- Ci relazioniamo;
- Ci capiamo;
- Capiamo sentimenti e azioni;
- Influenziamo gli altri e veniamo influenzati da altri;
- Risolviamo problemi, cooperando con altri.
Come si costruisce una relazione? Prima di tutto bisogna mappare e catalogare i decisori d’acquisto, scoprire
quali sono i luoghi digitali dove l’utente fruisce delle attività web. Attraverso i big data degli utenti, si crea
una comprensione sui dati raccolti, l’interpretazione corretta dei big data è uno strumento utile di mercato.
Successivamente è necessario il “sentiment” dell’utenza. Si deve coinvolgere anche gli influencer come
“testimonial” del prodotto/servizio etc. in modo tale di far parlare dell’oggetto, far sì che abbia un impatto.
Gli utenti soddisfatti diventano i testimonial del prodotto stesso.
Importanza dell’ascolto
Fondamentale è l’ascolto, capire in che modo l’utente pensa, i movimenti che fa, trovare un luogo di comune
accordo con il fruitore.
Es: rilevanza nelle pubblicità delle automobili a cose che riguardano poco con le auto (es: connessione USB
etc.), ascoltando l’utente si rivelano le sue necessità.
Il web 2.0 è fatto di conversazioni
Le tecnologie social sono di 4 tipologie:
1. I blog, i contenuti generati dagli utenti (UCG) e i podcast;
2. I social network, i wiki;
3. I forum, sistemi di votazione e classificazione;
4. I tag, i feed rss, i widget.
Tutti sono un modo di comunicare, sia con immagini che con video, attraverso la pubblicità integrata:
Instagram è diventato negli ultimi anni uno strumento di comunicazione sociale. Nella costruzione di un
piano media è necessario avere un profilo istituzionale ma anche specializzare, in base al target di età del
pubblico, il social network o altre piattaforme devono essere diversificate. Es: Linkedin è fondamentale per
le aziende B2B (il primo a far utilizzare account premium), per i professionali.
È necessario capire com’è fatta l’utenza, mappare i decisori di acquisto che si trovano online:
1. Creativi: i più importanti sono quelli che interagiscono di più sulla rete ovvero i “creativi”;
2. I “critici” ovvero che commentano e postano in base ai post di altri, contribuiscono ai forum;
3. I collectors: usano RSS feeds, votano sui siti web, aggiungono tag etc.;
4. I joiners: hanno un profilo e visitano siti di social network;
5. Gli spettatori: leggono i post, guardano video di altri utenti, ascoltano i podcast (maggioranza);
6. Inattivi.
Comprendere il perché le persone si relazionano con gli altri tramite i media:
a. Informarsi;
b. Tenersi in contatto con gli amici (es: Fb);
c. Fare nuove amicizie (es: siti online dating);
d. Cedere alla pressione sociale esercitata dagli amici (prima o poi creerete un profilo etc.);
e. Fare un investimento per il futuro (contribuire con la recensione e migliorare un sito di opinioni;
Linkedin);
f. Impulso altruistico (Wikipedia);
g. Impulso creativo (fotografi su Flickr);
h. Impulso voyeristico;
i. Bisogno di approvazione;
j. Desiderio di affinità.
Perché una istituzione o una azione deve usare i social media
1. Capire il decisore d’acquisto – ricerca di mercato;
2. Promuovere prodotti e servizi, in particolare quelli online e misto (integrare reale e virtuale);
3. Incrementare le vendite;
4. Profilare i leader/follower: ci sono utenti più “influencer” di altri (non testimonial);
5. Spendere meno nel servizio di customer relationship management;
6. Coinvolgere utenti nel processo di innovazione.
Entrare nella rete significa:
1. Partecipazione;
2. Social networking: utilizzo dei big data, conversazione con l’utente;
3. Condivisione;
4. Reputazione: fondamentale per gestire le lamentele, le shit storm etc.
Principali usi dei social media  condividere, socializzare, conversare, partecipare. Tutti confluiscono nella
reputazione dell’azienda/prodotto/personaggio politico.
Il circuito bidirezionale della comunicazione digitale
Come si progetta un piano di comunicazione che integri strumenti tradizionali con strumenti digitali? Ci
devono essere 4 elementi fondamentali (di cui 3 sono digitali):
1- Portale sito/blog di appoggio, che contenga un database strutturato di tutte le informazioni che
servono all’utente, come si arriva al sito? Tramite i social.
2- Profilo Facebook/Youtube/Instagram: pensata per raccogliere informazioni, per viralizzare
contenuti, fare dei contest (miglior foto, miglior esperienza etc.);
3- Mailing (attualmente anche da messenger, whatsapp, sms): rendere noto e profilare, rende di più;
4- Reputazione  fidelizzare l’utente > fine ultimo del piano di comunicazione.
È un circuito bidirezionale perché lo usa allo stesso modo anche l’utente.
Tipologie di Marketing virale:
a) Viral Marketing;
b) Buzz Marketing;
c) Community marketing;
d) Word of mouth marketing.
Viral marketing
Impegno comunicativo al fine di generare un evento dall’elevato impatto per creare conversazioni intorno ad
un prodotto in una data popolazione (es: la mentos nella Coca Cola). Costruzione di una comunicazione
veloce e icastica, spammabile nei vari siti di riferimento, si basa sull’originalità dell’idea. A partire da
Youtube si è espansa sui vari social network, che genera visibilità al marchio. Il principio “usare la rete”
implica che l’azienda possa usare il web in modo da produrre viralizzazioni, condivisioni e riproduzioni di
contenuti.
Buzz marketing
L’obiettivo del buzz marketing è quello di far raggiungere al prodotto/servizio il cosiddetto “tipping point”,
vale a dire il punto critico oltre il quale il fenomeno esplode e contagia masse di individui. Si crea uno spazio
per gli utenti e si dà loro la possibilità di fare marketing al posto dell’azienda (“condividi con un amico”).
Tra le 15 fonti di informazione considerate come le più credibili la raccomandazione è sempre la prima. La
notorietà crea più visite dell’adozione: gli individui hanno bisogno di un tempo di latenza tra il momento in
cui vengono a conoscenza di un’innovazione e quello in cui l’utilizzano. Il “word of mouth” permette di
informare e di rassicurare gli individui per ridurre il tempo di latenza.
Community Marketing
Ampliamento generato dall’azienda per dar spazio di identificazione dagli utenti, es: automobilistica, utenti
di oggetti di lusso o collezionistica, prodotti alimentari noti tipo la nutella. Lo scopo è dare e favorire la self-
expression degli utenti, attraverso i social.
Il primo testo che ha descritto il community marketing è “Wikinomics” (Tapscott e Williams), la cui idea è
di sfruttare e descrivere in maniera chiara come si crea insieme agli utenti il prodotto: si lavora contattando
team affini, condividendo i beni dell’azienda, generando forum di stockholder (azionisti) e degli investitori,
si costruiscono “beta testing group” (clienti fidelizzati a cui si danno i prodotti in anticipo per poterli testare).
Un esempio: DELL e Starbucks > aprire una comunità di utenti dove ad essi veniva richiesto indicare i
prodotti che piacevano e non, dire cosa migliorare: essi venivano ricompensati con regali (computer nel caso
di DELL, e abbonamenti caffè nel caso di Starbucks). Questo tipo di operazione è un modo di trovare nuove
idee e vederle attraverso la fruizione degli utenti, il ché spesso può sfociare nel furto di idee.
Triangolo magico del Community Marketing:
1. Costruire ambienti e connettere le aziende/marchi con gli utenti creativi;
2. Connettere i membri della community fra di loro;
3. Connettere i membri con non-membri.
Qual è lo scopo?
- Accelerare le vendite;
- Più traffico (pubblicità);
- Avere meno costi;
- Migliorare le strategie di vendita;
- Aumentare fidelizzazioni con il brand;
- Ottimizzare le operazioni;
- Supportare i prodotti;
- Generare servizi di post-vendita.
Passaparola
WOMM = Word Of Mouth Marketing
I clienti sono promotori e testimonial del prodotto, basato su un principio: “l’utente entusiasta che fa
pubblicità del prodotto” (sia online che offline). Si cerca di dare alle persone motivo di parlare del prodotto o
servizio e di facilitare quella conversazione.
L’obiettivo del WoM non è creare artificialmente Passaparola, poiché la finzione, se scoperta,
danneggerebbe il brand. Il WoM va utilizzato all’interno di una strategia/obiettivo di marketing. Il
Passaparola infatti si può incoraggiare:
1. Un’azienda può impegnarsi ad ascoltare i consumatori, rendere più facile per loro parlare con altri
consumatori, fare in modo che i più influenti tra loro conoscano le virtù di un prodotto;
2. Poiché il WoM utilizza la voce del cliente per il bene della marca deve obbligatoriamente poggiare
su una customer satisfaction autentica e sulle reali qualità del prodotto;
3. È la combinazione di questi due fattori si traduce nella voglia sincera delle persone di segnalare ad
altri un’esperienza che le ha soddisfatte.
È fondamentale che l’influencer/utente fidelizzato non venga pagato sotto contratto ma che sia già
fidelizzato.
Il circuito economico del marketing 2.0
L’obiettivo che genera valore è catturare l’attenzione e generare una reputazione, attraverso la creazione di
contenuti online d’effetto. Ciò che rende più efficace la comunicazione online è:
1. La creazione di contenuti e il social networking;
2. Il rating (like, interazioni);
3. Fidelizzazione dell’utente;
4. Risparmio in investimento pubblicitario tradizionale.
L’attuazione delle strategie di marketing digitali hanno un ampio ritorno economico (basso costo di
realizzazione), che vanno a integrare il marketing tradizionale.
Il futuro del marketing: social media strategy
L’attuale contesto di comunicazione esorta gli attori sociale alla creazione di un’identità digitale: presenza
sul web, interazione, web reputation. Philip Kotler, padre fondatore del marketing management, introduce in
questo contesto il concetto di marketing 3.0, il marketing emozionale dove l’espressione 3.0 indica la “terza
fase” disciplinare dopo quella transizionale e quella relazionale.
Marketing 3.0

Marketing 1.0 Marketing 2.0 Marketing 3.0


Obiettivo Vendere prodotti Soddisfare e fidelizzare
Rendere il mondo un
il consumatore posto migliore
Fattori abilitanti Rivoluzione industriale Information technology
Nuova ondata
tecnologica
/social media
Come guardiamo il Mercato di Consumatore Essere
mercato massa/richiesta di beni intelligente/esigenze umano/persona/esigenze
fisici anche immateriali materiali e spirituali
Concetto chiave Sviluppo prodotti Differenziazione Valori
Linee guida Caratteristiche dei Posizionamento azienda Mission, visione e valori
prodotti e prodotti dell’impresa
Proposta di valore funzionale Funzionale ed emotiva Funzionale, emotiva e
spirituale
Interazione Da uno a molti Uno-a-uno Collaborazione: da molti
a molti

Gli strumenti del Marketing 1.0 e 2.0 quali la segmentazione, il posizionamento, l’individuazione degli
obiettivi, lo sviluppo della marca, il coordinamento delle leve di marketing continueranno a far parte del box
of tools dei responsabili delle imprese. Ciò che muterà saranno visione, ispirazione e motivazione che
dovranno essere poste alla base dell’impiego e delle applicazioni di questi strumenti.
I pilastri del Marketing 3.0:
- Marketing collaborativo (lo stimolo): era dello sviluppo delle tecnologie della connettività,
dell’interattività, della partecipazione (co-creazione, crowdsourcing, trendwatching etc.);
- Marketing culturale (il problema): la tecnologia non si limita a interconnettere paesi e imprese
(globalizzazione) ma anche consumatori (tribalizzazione);
- Marketing spirituale (la soluzione): sviluppo di marche con DNA unico e originale impegnate nei
confronti dei problemi sociali, è l’era della società creativa.
Le aziende più che pensare alla vendita oggi devono essere portatrici di una missione che deve portare
trasformazione, creare storie appassionanti attorno ad essa e coinvolgere i consumatori nella sua
realizzazione. Per convincere i consumatori che le proprie storie sono autentiche, bisogna coinvolgere i
consumatori in conversazioni sulla marca, dare loro potere (key of success).
Social media strategy
Anche chiamata Social Media Plan è lo strumento fondamentale per la gestione delle attività sui media
sociali. È una bussola che guida l’azienda, o il consulente Social Media, sul campo nel suo percorso verso
una coerente e produttiva presenza in rete e passa per 3 fasi:
1. Analisi;
2. Azioni;
3. Strategia.
L’analisi
Riguarda vari aspetti:
- Lo scenario di riferimento;
- Il brnad (se c’è o si parte dalla costruzione del brand);
- Immagine coordinata (logo, payoff, font, colori, ecc.);
- Il sito (se c’è) e comunicazione pregressa;
- Il posizionamento sui motori di ricerca;
- La concorrenza;
- Il target di comunicazione e clienti;
- La reputazione online e la soddisfazione del cliente: social media listening;
- Mappatura dei luoghi di conversazione;
- Individuazione degli opinion leader/influencer.
Per approfondimenti più specifici degli Analytics di piattaforma ci sono strumenti professionali di analisi
competitiva, tra i più usati sono Social-bakers e Social Analysis di Blogmeter. I brand di aziende medio
grandi investono in attività di Social Media Listening ovvero una pratica di ascolto per interpretare la
presenza di un brand in rete e per interpretare la soddisfazione del cliente. La Social Media Listening parte
da due tipi di analisi:
a) Analisi quantitativa che rileva il volume delle conversazioni riguardanti una certa azienda, un
personaggio pubblico, un servizio in base a un periodo e può essere dinamica o competitiva;
b) Analisi qualitativa studia invece la qualità del messaggio individuandone il sentiment (positivo,
negativo, neutro).
Ci sono una serie di fornitori di sistemi a pagamento che offrono delle dashboard utili a tal fine come
Radian6 o Blogmeter. Esistono poi degli strumenti professionali di base gratuiti e con funzioni aggiuntive a
pagamento che occorre tenere in considerazione:
- Strumenti di analisi delle attività sul web e sui social media: SumAll, Topsy, SocialMention,
TweetStat, Hashtagify&Hashtracking, Mantionmapp.
- Strumenti di analisi di dati: Google Fusion Tables, Data Science Toolkit, Many Eyes, RAW.
La strategia
L’elemento chiave della strategia sono gli obiettivi della comunicazione. Per riuscire ad essere efficaci è
preferibile individuare un solo obiettivo di comunicazione altrimenti stilare una lista di priorità. Definiti gli
obiettivi, va studiato il posizionamento per l’azienda, ovvero come vuole essere percepita dalle persone. Il
posizionamento sul mercato una volta definito non deve essere modificato, tranne che per specifiche
esigenze, e implica la definizione di un tone of voice ovvero uno stile e di personalità. La presenza deve
comunque essere riconoscibile, flessibile e stimolare contatto.
Gli obiettivi di comunicazione più comuni sono: aumentare la brand awareness, lanciare un nuovo prodotto
o servizio, creare engagement. Secondo l’acronimo SMART (G. T Doran):
- Specific: chiari e mirati;
- Measureable: quantificabili;
- Attaindable: realisticamente raggiungibili;
- Relevant: pertinenti con i mezzi e il pubblico;
- Time-bound: in tempi stability.
La strategia di posizionamento è utile anche per individuare le piattaforme su cui essere presenti partendo dal
presupposto che:
1. La conversazione può essere:
- Focalizzata: mirata alla costruzione di rapporti basati sulla conversazione con un pubblico di nicchia
o interessi specifici (LinkedIn);
- Defocalizzata: strategia tesa ad essere presente in luoghi abitati dalla massa (Facebook).
2. La distribuzione può essere:
- Defocalizzata: distribuzione pensata per un pubblico ampio e poco interessato alla conversazione
(Youtube);
- Focalizzata: strategia di diffusione di contenuti di nicchia o con interessi specifici (Twitter).
Quali piattaforme social aprire? Le domande da porsi sono:
- Il social network è coerente con la nostra strategia di comunicazione?
- Il nostro target (persone) è presente sul social network?
- I nostri competitor sono sul social network?
- Abbiamo le risorse giuste (di tempo, economiche e umane)?
Le azioni
L’ultima fase è quella operativa attraverso la quale vanno definite e realizzate le tattiche per portare l’azienda
a dialogare con i suoi pubblici di riferimento. Una serie azioni da prendere in considerazione sono:
a. Conoscenza dei “codici” delle varie piattaforme social;
b. Rispettare il “galateo” sui social e la Netiquette;
c. Seguire le dinamiche del “marketing funnel”;
d. Sviluppare una call-to-action;
e. Generare engagement.
Il galateo dei Social Media sono i principi di buon comportamento sui social che si possono riassumere in
alcuni punti:

Not to do: To do:


Dimenticare chi ci guarda Qualità più che quantità
Diventare uno stalker Partecipare, testare.
Fare spam Comunicazione naturale e umana (non formale)
Diventare un troll: un individuo che interagisce con Favorire un’armata di ambasciatori
la comunità tramite messaggi provocatori, irritanti,
fuori tema, allo scopo di disturbare
Cancellare i post degli utenti
Pubblicità nel luogo sbagliato

Se scrivete in maiuscolo state urlando: usare solo se strettamente necessario. Cercare di evitare gli errori di
scrittura, le abbreviazioni, l’eccessiva punteggiatura. Più in generale e in maniera più professionale si parla
di Netiquette, neologismo che unisce la parola inglese network e quello di lingua francese etiquette, è un
insieme di regole che disciplinano il comportamento di un utente di internet nel rapportarsi agli altri utenti.
Ogni azienda dovrebbe creare e rendere nota la propria Netiquette che dovrebbe rispecchiare il
posizionamento istituzionale/formale.
Con marketing funnel si definisce il sistema utilizzato per descrivere il processo che avviene dalla visita di
un potenziale cliente alla vendita. È il viaggio del consumatore, dalla conoscenza di un
brand/prodotto/servizio all’acquisto.
La figura a forma d’imbuto fa capire visivamente la naturale restrizione dai visitatori iniziali agli acquirenti
finali e, quindi, che solo una parte di quei visitatori diventeranno clienti effettivi giungendo alla meta, intesa
come atto d’acquisto. Sono 4 i momenti cardine:
1. Awareness;
2. Interest;
3. Desire;
4. Action.
Per massimizzare la risposta del pubblico è necessario includere nel proprio piano di comunicazione la
creazione e l’ottimizzazione di una call-to-action.
La call-to-action esorta l’utente, in maniera diretta ed efficace, a compire una determinata azione come
acquistare un prodotto/servizio, diventare fan di una pagina, invitare l’utente a partecipare ad un argomento
etc. Un efficace call-to-action è predisposta in modo tale da attirare l’attenzione dell’utente, coinvolgerlo e
fargli compiere una precisa azione e, in questo modo, si mette in moto il processo di conversione.
Creare engagement significa creare legami forti per migliorare la fedeltà, aumentare il passaparola e
l’autorevolezza del brand. L’engagement misura il successo del messaggio condiviso con il pubblico che non
dipende quindi dal numero dei fan, ma dalla qualità, dal livello del coinvolgimento di ogni singolo fan a
interagire con i singoli contenuti. Meglio pochi fan buoni (coinvolti) che tanti e non interessati al brand.
Alcuni esempi di tipi di engagement:
1. Mi piace alla pagina o follow;
2. Visitatori/Follower che interagiscono con un post (e link) attraverso il commento, like, share…;
3. Post e foto caricate dai fan spontaneamente;
4. Risposte a una domanda e offerta.
Come si fa ad aumentare il coinvolgimento?
Principalmente con i contenuti, non sempre autoreferenziali. Il vero soggetto non è il brand ma i fan, i clienti.
I contenuti devono essere interessanti e utili per il pubblico. Le foto, strettamente connesse al messaggio,
sono il contenuto con il più alto tasso di engagement, anche video e link ad articoli e blog funzionano bene.
Attenzione ai messaggi lunghi che possono essere poco coinvolgenti. Scegliere i giorni giusti ed orari di
pubblicazione: non esiste una formula universale, si va a tentativi ed analisi.
È importante comunicare spesso: non più di tre al giorno ma non meno di tre a settimana: creare un
calendario editoriale aiuta. Valorizzare i fan, occorre fargli sentire importanti con: eventi esclusivi, codici
sconto, contenuti solo per i fan, pubblicazione di fotografie etc. (importanza dell’interazione, anche per
rendere più umana l’azienda).
Poi: creare contest originali, creare rituali (es: la frase del lunedì), usare citazioni di personaggi famosi, usare
frasi da completare, tenere sempre sotto controllo gli effetti delle attività svolte.
Esistono anche degli strumenti professionali (es: CoTweet, Seesmic, Hootsuite) che permettono la gestione
di più piattaforme contemporaneamente da un unico pannello di controllo e di monitorare le menzioni al fine
di rispondere tempestivamente e gestire il lavoro.
Il ROI
Internet è il più misurabile dei media anche se mancano metriche condivise sulla misurazione. Il Return On
Investment (ROI) è una formula per il calcolo della profittabilità del capitale investito.
utile
ROI= x 100
capitale investito
È una metrica finanziaria, riferita ad una specifica attività, non condizionata dal media specifico e legata a
obiettivi di business.
L’unica cosa di cui preoccuparsi è il Return on Ignorance, ovvero il costo per un’azienda che decide di
ignorare i social.
Parte C: la pianificazione del social media marketing e l’analisi dei casi
Come monitorare i Big Data
La quantità di dati che noi produciamo è altissima ed è necessario raccoglierli in maniera strutturata e
analizzarli in maniera efficace.
Le fonti sono:
- Social Network;
- Forum, Blog, Newsgroup;
- Community verticali;
- Giornali online e siti di informazione;
- Sito di opinioni e recensioni.
Rilevamenti (attraverso software specifici):
- Aggregazione delle informazioni: esistono aggregatori di informazioni che ti permettono di
raccoglierle su un certo tema;
- Analisi degli argomenti;
- Analisi del sentiment.
Risultati:
- Report periodico quantitativo e qualitativo;
- Interpretazione dei risultati.
Azioni:
- Campagne di comunicazione/marketing;
- Pubbliche relazioni, sia istituzionali che rivolte ai governi;
- Eventi;
- Etc.
La pianificazione di una campagna marketing 2.0
Ruolo management Le nuove attività Applicazioni social Effetti – esiti delle
attività (metriche)
Ricerca e sviluppo Ascoltare: acquisire Monitoraggio Brand Maggiore conoscenza
profonda conoscenza dei Community per la dei clienti
clienti ricerca e l’innovazione Nuove idee di prodotti
Maggiore velocità di
sviluppo e time to
market
Marketing Parlare: usare le Blog – Community – Migliore market
conversazioni per Video sui siti basati su awareness
promuovere prodotti UGC (user generated Buzz online
content) (passaparola)
Tempo speso sui siti =
incremento vendite
Vendite Mobilitare: identificare i Social Networking Community
clienti più entusiasti per Programmi per Brand membership
influenzare gli altri Ambassador Buzz online
= Incremento vendite
Supporto Supportare: permettere Forum di supporto Numero di membri
ai clienti di aiutarsi a Wiki attivi
vicenda per risolvere i Volume di
problemi domande/risposte online
Riduzione telefonate al
Call Center
Operations Fornire ai dipendenti Forum interni Numero di membri
strumenti per aiutarsi Wiki interne attivi
nel trovare modi efficaci Aumento efficienza
per fare operativa
Decremento email

Marketing analogico vs. Marketing digitale


Rispetto alle funzioni di business, nella ricerca e sviluppo c’è un maggiore collegamento con gli utenti.
Funzione di business Nuovo Obiettivo grazie Differenze rispetto alla
all’onda tecnologica anomala funzione tradizionale
Ricerca Ascoltare Monitoraggio costante delle
conversazioni e indagini di
mercato, focus group
Marketing Parlare Non solo comunicare ma
partecipare alle conversazioni a 2
vie e stimolarle
Vendite Mobilitare Fare in modo che i clienti più
entusiasti aiutino a vendere
prodotti o servizi ad altri clienti
Customer Service Fornire supporto Mettere i clienti nelle condizioni
di aiutarsi a vicenda
Sviluppo Accogliere Aiutare i clienti a collaborare per
trovare nuove idee per sviluppare
o migliorare i prodotti
Le differenze rispetto alla funzione tradizionale sono i nuovi obiettivi su cui devono puntare le aziende.
Come misurare il ritorno sull’investimento online (return on blogging)
La comunicazione digitale costa apparentemente molto meno rispetto a quella tradizionale, anche se richiede
maggiori risorse umane, in termini di gestione. Sulla misura dell’investimento con i media tradizionali, le
metriche (misurazione dei ritorni in termini di vendite e acquisizioni di servizio) sono:
- Numero di visite;
- Numero di contenuti generati dagli utenti che riprendono quanto detto-,
- Numero di ricerca di una parola chiave;
- Numero di comunità online che nascono;
- Numero di menzioni;
- Confronto con il numero di clienti generati.
Valutare i costi:
- Costi di un advertising similare sul marketing analogico;
- Costo nella compera di una parola (Google);
- Costo di un consulente che ti permetta di fare buzz marketing;
- Costo di focus group etc.;
- Misurare il tutto rispetto allo storico delle vendite del prodotto e la decrescita dei costi di
pubblicizzazione con l’e-commerce.
Questo poi viene confrontato con le vendite registrate.
Metriche 1.0 e 2.0: le metriche misurano l’impatto economico sulla comunicazione
Metriche quantitative 1.0 (dati): si possono ricavare sia in analogico che digitale
o Vendite
o Contatti
o Lead qualificati
o Utenti registrati
o Iscritti
o Pagine viste
o Utenti unici

Metriche qualitative 2.0 (qualità): si possono ricavare solo in digitale


o Soddisfazione
o Passione
o Reputazione
o Loyalty
o Trust
o Autorevolezza
o Livello di interazione
o Feedback

N.B: sono presenti anche le metriche quantitative in quelle 2.0


Tipologie e metodi di metrica online
SIM score: SOCIAL INFLUENCE MEASUREMENT di Razorfish
- Prende in considerazione esclusivamente la percezione;
- Confronta il sentiment verso un brand con quello del suo settore;
- Prendere in considerazione gli influencers che guidano la brand affinity.
Sulla base di queste tre variabili il punteggio SIM è dato da = Sentiment per la Marca x Sentiment per
l’azienda.
Il SIM score misura 2 fattori:
- Lo share delle conversazioni che il brand ha online;
- Il grado di quanto un brand piace o no online quando i consumatori parlano fra loro (consumer
sentiment).
Reach e positioning
- Visite nel mese;
- Tempo speso sul sito;
- Share of voice all’interno della categoria di prodotto;
- Share of voice all’interno della famiglia di brand;
- Visibilità nelle ricerche
= Popolarità del marchio e del brand
Misurare le preferenze
- Indice di sentiment sui social media
- Share of voice positivo all’interno della categoria
= sentiment/atteggiamento proattivo
Azioni
- Azioni realizzate dagli utenti
- Registrazione al sito, acquisti…
- Adozioni e acquisti di materiali collaterale.
= fatturato
Reach e positioning + Preferenze + Azioni = strategia di comunicazione

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