Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
Prof. Quacquarelli
Obiettivo: costruire una relazione con il consumatore/acquirente e di creare una community. Come
promuovo il prodotto? Il marketing non è soltanto la risposta ad una necessità (attraverso le ricerche di
mercato) ma anche la creazione di una necessità nel cliente, che le persone non sapevano di avere, che va
ad aprire delle aspettative.
Il marketing interagisce con diverse funzioni aziendali, in cui la comunicazione si aggiunge. L’innovazione di
comportamenti e rottura di tabù nasce dalla volontà di suscitare delle reazioni. Il marketing non serve
solamente a vendere, ma anche ad instaurare delle relazioni.
Il marketing è utile ogni volta che un individuo o un’organizzazione si trovano ad effettuare una scelta.
Non puoi solo chiedere alla gente cosa vuole e poi cercare di darglielo. Nel tempo che impiegherai per
crearlo, vorranno già qualcos’altro (Steve Jobs).
Marketing Comunicazione
Prezzo
Concetti
o Qual è la differenza fra clienti e consumatori? Es: Ovetto Kinder > il consumatore è un bambino/a
mentre i clienti sono i genitori.
o Marketing: è il processo che pianifica e realizza la progettazione, la politica dei prezzi, la
promozione e la distribuzione di idee, beni e servizi volti a creare mercato e a soddisfare obiettivi di
singoli individui e organizzazioni (American Marketing Association). Il marketing è una funzione
organizzativa e un insieme di processi tesi a creare, comunicare, e fornire valore ai clienti e gestire
le relazioni con i clienti in modo da beneficiarne l’organizzazione e le relative parti interessate
(nuova definizione marketing 2004).
04/03/2021
Marketing: è una funzione organizzativa e un insieme di processi tesi a creare, comunicare, e fornire valore
ai clienti e gestire le relazioni con i clienti in modo da beneficiarne l’organizzazione e le relative parti
interessate.
Marketing relazionale 1. Dalla singola transazione alla relazione con il cliente in tutto il suo ciclo di vita 2.
Orientamento a preservare la continuità della relazione e a costruire la fedeltà della clientela (anticipare i
bisogni dei clienti, non necessariamente vendere, prendere posizioni, comunicare i propri valori condivisi
con la community).
1. Ideazione di un Prodotto/servizio;
2. Definizione del Prezzo;
3. Promozione;
4. Distribuzione (Punti di vendita)
allo scopo di generare scambi che soddisfino gli obiettivi di individui e organizzazioni. Bisogna conoscere il
proprio target > target market. La conoscenza del target porta la conoscenza dei luoghi frequentati dal
target e il tipo di promozione.
Anche:
Es: il parrucchiere (un buon taglio, accoglienza, simpatia, tempi etc. > tutti elementi di marketing). Con il
servizio, finché non vi è interazione con la persona non ho una valutazione. La valutazione è contestuale al
momento di erogazione del servizio, non prima né dopo. È importante la promozione perché mi dà delle
informazioni preliminari sul servizio che andrò ad usufruire.
Definizione di Philip Kotler 1967 “Il marketing è quel processo sociale e manageriale diretto a soddisfare
bisogni ed esigenze attraverso processi di creazione e scambio di prodotti e valori. È l’arte e la scienza di
individuare, creare e fornire valore per soddisfare le esigenze di un mercato di riferimento, realizzando un
profitto”.
B2B e B2C: B2B ovvero “Business to Business” significa uno scambio commerciale di prodotti o servizi tra
aziende (es: Impresa della mensa dell’università). B2C ovvero “Business to Consumer” vendite effettuate
direttamente al consumatore finale (es: Zara).
In Italia la maggior parte del sistema produttivo è sulle piccole medie imprese. Il marketing non “crea” bensì
“comunica”.
La strategia di marketing
Cos’è il marketing?
Il marketing in azienda serve a stabilire, rafforzare, mantenere i rapporti con clienti e partner. La maggior
parte delle azioni del management aziendale ha a che fare con il marketing.
Qual è lo scopo dell’impresa?
Il marketing ci insegna che ciò che conta per avere successo è soddisfare i bisogni del cliente. L’azienda
deve cercare di soddisfare il cliente, identificando i suoi bisogni più o meno espliciti, e non solo attraverso
l’atto di fornitura, ma anche prima e dopo l’acquisto.
Ci sono i perfetti sostituti del bisogno (un martello etc.) e bisogni che hanno altri bisogni di contorno (es: la
mia pizzeria preferita rispetto a quella accanto). Come si conquista il cliente? Si aggiunge un servizio, si fa
pagare meno etc. (leve sulle P del marketing). La fidelizzazione ha come risultati quelli elencati prima.
o Bisogni espliciti;
o Bisogni impliciti (ma noti);
o Bisogni latenti;
o Bisogni ancora ignoti.
Un buon dipartimento di marketing deve chiedersi cosa desidera il cliente, quali siano i suoi bisogni
(espliciti, impliciti, latenti o ignoti). I bisogni dei clienti cambiano in continuazione, l’azienda necessita
quindi di strumenti di relazione, per conoscere e monitorare i propri clienti. L’area marketing dev’essere in
grado di analizzare nel dettaglio la domanda ed i suoi segmenti identificando quale sia la formula di
successo per il raggiungimento degli obiettivi dell’azienda.
Le attività di marketing delle aziende non sono tutte uguali: il dipartimento di marketing di chi produce
bibite gassate (es: Coca Cola) e di una multinazionale di oil gas (es: Eni) sono diversi fra loro in termini di
persone e di skill, ma anche di obiettivi e di attività.
a) B2C (business to consumer): attività delle aziende in cui clienti sono consumatori finali, cioè quelle
che producono beni di consumo;
b) B2B (business to business): attività delle aziende che hanno come clienti altre aziende, cioè quelle
che producono beni industriali.
Beni di consumo
Sono da considerarsi beni di consumo quelli acquisti per finalità di consumo, cioè non destinati o collegati
allo svolgimento di un’attività economica. Alcune categorie:
o Convenience good: beni per cui la variabile principale di scelta è il prezzo, il consumatore conosce
bene il prodotto e lo acquista frequentemente, prezzo unitario basso (es: latte);
o Shopping good: beni acquistati in base al prezzo, ma anche a qualità e stile, il consumatore conosce
solo parzialmente il prodotto e lo acquista meno di frequente, prezzo unitario medio (es: jeans);
o Speciality good: beni acquistati con forte preferenza di marca, quindi dedizione per ottenere il
prodotto, poca disponibilità a provare i sostituti, prezzo unitario alto (es: l’Iphone).
Concorrente: soggetto che sul mercato è in grado di fornire uno stesso prodotto/servizio che fornisco io,
oppure un prodotto sostituto.
Beni industriali
I beni industriali vengono acquistati secondo regole molto meno emozionali rispetto ai beni di consumo e
risultato di processi complessi:
Il cliente deve avere la percezione di aver speso bene il proprio denaro, ottenendo, in particolare rispetto
alle sue aspettative e all’ambiente circostante, il massimo possibile.
Dal punto di vista dell’azienda, si parte dall’analisi del rapporto prezzo-prestazione (non è più solo qualità-
prezzo).
Dal punto di vista del cliente, la valutazione avviene in termini di bisogni/desideri più o meno soddisfatti.
o Rapporto qualità/prezzo;
o Competenza tecnica;
o Cortesia;
o Rapidità;
o Presenza;
o Soluzioni ai problemi; soft skills
o Accuratezza delle informazioni;
o Interessamento;
o Affidabilità in continuità: mantenere gli impegni;
o Riduzione dello stress, rassicurazione, relazione.
CRM: gestione della relazione con il cliente. Fondamentale in entrambi gli ambiti, b2b e b2c.
Capire i bisogni del cliente: per comprendere le priorità del cliente è necessario instaurare una relazione,
con azioni costumer oriented finalizzate alla comprensione del grado di soddisfazione del cliente. La
soddisfazione del cliente porta alla sua fidelizzazione.
Riguarda solo le grandi aziende? Spesso si pensa che la questione riguardi esclusivamente le grandi aziende;
certamente queste possono contare su risorse destinate specificatamente alle politiche di customer care, e
spesso portano fuori i servizi utilizzando società di terze specializzate (contact center, call center, ecc.).
Sono invece proprio le piccole medie imprese (PMI) che possono trarre maggior vantaggio dai costi
decrescenti, in particolare delle soluzioni web, potendo così offrire un servizio di customer care efficace
(con investimenti non proibitivi): oggi le PMI possono avvicinare e fidelizzare i clienti fornendo un servizio di
qualità.
Al fine di comprendere come un soggetto può diventare cliente è necessario domandarsi: come avviene il
processo di acquisto? Quando un soggetto consumatore (ambito B2C) decide di acquistare un prodotto, la
sua decisione passa attraverso diverse fasi:
1. Individuazione del bisogno > quali stimoli? Si parte dall’identificazione del bisogno.
2. Ricerca di informazioni > quali fonti? Prezzo, gamma (in che colori/modelli etc.), sostituti (esistono
prodotti simili che soddisfino maggiormente il mio bisogno), marketplace. Una volta stabilito marca,
modello, colore siamo di fronte alla scelta del luogo di acquisto ovvero il marketplace (negozio
monomarca, negozio plurimarca, brand e-commerce, e-commerce multimarca etc.
3. Valutazione alternative: quando siamo in possesso di tutte le informazioni che ci permettono di
compiere la scelta di acquisto, inizia la fase della valutazione delle alternative in base al brand, alle
funzioni di utilità.
4. Decisione d’acquisto > quali attributi?
5. Comportamento post-vendita: realizzato l’acquisto bisogna capire se il cliente diventerà un
ambasciatore del marchio, se ne parlerà bene alla sua cerchia di amici, se si affezionerà a marca e
modello tanto da diventare un cliente ripetuto.
Il marketing ha molto interesse a contattare il potenziale cliente in tutte le fasi del processo:
- Fase di individuazione del bisogno: per poter comunicare che il suo prodotto è migliore, più
facilmente disponibile, più personalizzabile di quello della concorrenza, il marketing lavora per
trovare nuovi stimoli con i quali pungolare i bisogni del potenziale cliente;
- Fase di ricerca informazioni: il compito del marketing è di rendere le informazioni disponibili in tutti
gli spazi che siano facilmente e abitualmente raggiungibili dal potenziale cliente (dove si informa il
cliente?).
- Fase di valutazione delle alternative: risulta interessante per il marketing, perché il cliente è
disposto ad acquisire nuove informazioni in questa fase, quindi una comunicazione efficace può
fare la differenza.
- Fase post-vendita (follow-up): rilevante sia per la raccolta di informazioni sulla soddisfazione del
cliente che per lo stimolo di acquisti ripetuti o acquisti di prodotti/servizi complementari che
agiscano per fidelizzare il cliente.
Quindi marketing è “spinta alle vendite”? Si ma non solo. Il marketing ha interesse ad interagire con il
potenziale cliente in tutte le fasi che portano all’acquisto. Non riguarda quindi la costruzione del puro e
semplice automatismo di incentivo delle vendite, ma riguarda la conoscenza approfondita della domanda,
dei segmenti, dei propri clienti, dei loro bisogni e la capacitò di costruire processi che rispondano in modo
attivo a questi bisogni.
11/03/2021
Organizzazione:
Il risultato di ciò che riesce a fare una organizzazione è ciò che riescono a fare le persone nella
coordinazione delle attività finalizzate ad un obiettivo che va al di là degli obiettivi individuali.
Organizzazione NON è sinonimo di impresa.
Cattiva vs. Buona organizzazione: opposizione individuabile in modo naturale dall’uomo. In una buona
organizzazione c’è:
DEF. Le organizzazioni sono entità sociali guidate da obiettivi, progettate come sistemi di attività
deliberatamente strutturate e coordinate, che interagiscono con l’ambiente esterno.
Non è sempre l’ambiente che dà gli imput per il cambiamento dell’organizzazione, ma spesso viceversa. Le
organizzazioni sono dei sistemi aperti e permeabili, quindi non si può usufruire di uno stesso modello
organizzativo per tutto.
I risultati organizzativi
Una buona organizzazione riesce a contemperare esigenze di efficienza e di efficacia: garantire una qualità
maggiore ad un costo minore.
“La ricchezza delle nazioni” 1776 Adam Smith > la nascita del problema organizzativo (fabbricazione degli
spilli).
Il problema organizzativo riguarda la ricerca delle modalità di coordinamento di attività specializzate sulla
base della divisione del lavoro.
Questi principi hanno fatto sì che si passasse dal lavoro artigianale alla catena di montaggio, quindi alla
produzione di massa e all’abbassamento dei costi rispetto all’artigianato.
Economie di scala: effetto economico che si genera dal produrre il costo unitario di un prodotto che
all’aumentare della scala (numero di prodotti) diminuisce. All’aumentare il numero dei prodotti diminuisce
il costo unitario del singolo prodotto.
Economie di specializzazione: fare un prodotto un n. di volte porta a saperlo fare meglio con il tempo.
Il “taylorismo”:
Lo applica all’interno delle fabbriche/aziende automobilistiche, darà il via alla seconda rivoluzione
industriale.
- Prevedere;
- Organizzare;
- Prevedere;
- Comandare;
- Coordinare;
- Controllare.
Lo sfruttamento degli operai, la situazione psicologica dei lavoratori, l’emergere di malattie fisiche e
psichiche generano maggiori studi sull’uomo all’interno dell’organizzazione del lavoro, quindi i primi studi
sulla psicologia industriale e nascita delle RELAZIONI UMANE.
Esperimenti di Authowrne (?) di Mayo: una fabbrica di illuminazione dove divise in due gruppi gli operai per
capire se cambiando le condizioni di lavoro cambiava la produttività. Nel primo gruppo su cui sperimentava
e quello in cui no, aumenta la produttività perché erano consapevoli di essere osservati. Mayo fu il primo a
scoprire l’importanza della leva motivazionale e dei bisogni emotivi.
Individui come combinazioni di attitudini, credenze e bisogni. I manager devono motivare la prestazione
lavorativa e non semplicemente chiederla (strategia “pull” e non “push”).
Teoria X:
16/03/21
Le strutture organizzative
Struttura organizzativa
Indica i rapporti di dipendenza formale (numeri di livelli gerarchici, span of control “ampiezza del
controllo”, ovvero quante persone dipendono da una sola);
Identifica il raggruppamento di individui in unità organizzative;
Comprende la progettazione di sistemi di comunicazione, di coordinamento e di integrazione.
Esempio di una struttura semplice (o elementare): una farmacia di proprietà unifamiliare, le cui
caratteristiche sono:
- Piccole dimensioni;
- Flessibilità e capacità di adattamento;
- Vertice strategico composto da una persona o da un ristretto gruppo di persone;
- Presenza di un solo livello gerarchico: coordinamento diretto di tutti gli organi operativi.
Struttura elementare
Tratti caratteristici:
o Strutture piatte;
o Limitata differenziazione;
o Meccanismi di integrazione semplici, poco numerosi e variati: formalizzazione assente/limitata,
gerarchia piena.
Condizioni di efficienza:
Se no, necessaria formalizzazione, ovvero la quantità di documentazione scritta che serve per dividere e
coordinare il lavoro.
Vantaggi e limiti: il vantaggio è che ci sono bassi costi di struttura, lo svantaggio è che c’è un elevato
coinvolgimento di tutti gli attori nelle attività operative. Il rischio è la scarsa capacità di elaborazione
strategica:
C’è il vertice strategico, es: la direzione generale + le unità organizzative, es: produzione, progettazione,
marketing, risorse umane etc. All’interno delle singole unità organizzative ci saranno dei direttori delle unità
organizzative, ovvero i capi funzionali.
Tratti caratteristici:
Condizioni di efficienza:
Vantaggi e svantaggi:
Linguaggio dal mondo dell’esercito. Nel mondo militare le unità/corpi di staff sono quelle di supporto alla
linea (le unità combattenti). Le staff forniscono servizi alla linea: la logistica (rifornimenti, materiali…),
l’amministrazione, l’approntamento/costruzione d’infrastrutture, l’intelligence etc.
Le unità organizzative di linea erogano il servizio; le unità organizzative di staff forniscono un supporto alle
unità organizzative di linea. Es: Personale e organizzazione (linea) vs. pianificazione e controllo (staff).
Nel mondo delle organizzazioni la linea comprende le funzioni che presidiano l’attività di gestione
caratteristica.
Tipica delle imprese multi-prodotto e/o multi mercato e che rivolgono la propria offerta a differenti target
di clientela. Meccanismi di coordinamento: responsabilizzazione sui risultati economici delle singole
divisioni.
- Divisione orizzontale: divisione per output (es: prodotti, clienti, aree geografiche);
- Divisione verticale: elevato grado di decentramento del potere.
Condizioni di efficienza:
Vantaggi e limiti:
Caso Eldor
Domanda 1:
Secondo me la scelta migliore sarebbe quella di affiancare alle funzioni dei Product Manager, ponendoli alle
dipendenze della Direzione Commerciale o della Direzione Generale. Secondo i responsabili funzionali
l’acquisizione delle materie prime è comune a entrambi i settori salvo per qualche lavorazione funzionale; il
problema sta nelle diverse richieste dei singoli clienti dell’uno come dell’altro settore. Dunque per ricorrere
ad un maggior livello di soddisfazione dei clienti è necessario che i singoli Product Manager controllino
questo aspetto in modo più diretto, soprattutto se si tratta di clienti che non fanno parte della realtà locale
dell’azienda.
Un’altra scelta potrebbe essere quella di divisionalizzare la struttura, perché più adatta ad aziende di
dimensioni abbastanza elevate. Inoltre operando in due settori il cui output è molto diverso, sarebbe la
condizione migliore per poterlo gestire. Sarebbe meglio comunque mantenere alcune funzioni centrali così
da non diminuire lo sviluppo delle competenze tecniche e l’efficienza che fino ad oggi Eldor ha sempre
mantenuto come standard principale dell’azienda.
Domanda 2:
17/03/21
Le diverse modalità di raggruppamento delle unità organizzative determinano diversi TIPI DI STRUTTURA:
Strutture elementari: no diversificazione, comunicazione diretta con il cliente, adatta ad aziende molto
piccole, il coordinamento è più semplice e veloce, limitata articolazione della struttura. Tendenzialmente la
struttura elementare si concentra nella figura dell’imprenditore che coordina tutte le attività quotidiane,
quindi è articolata verticalmente. Es: aziende familiari.
Caso Eldor
Eldor nasce come una struttura elementare, dall’intuizione di Pasquale Forte di produrre delle bobine per
televisori. Negli anni ’80 l’azienda cresce e diventa internazionale, sviluppa al suo interno il sistema
produttivo per tenere sotto controllo la qualità. Il core business è sia il lato tecnologico che tecnico, cambia
il rapporto con il cliente: un rapporto commerciale, necessarie delle strategie di marketing. Il focus della
gestione è ancora meramente tecnico, quindi una struttura elementare.
Negli anni ’90 cresce di più l’azienda secondo i tre driver strategici: innovazione tecnologica,
diversificazione geografica e differenziazione dei prodotti.
La Eldor comincia ad investire per un’innovazione radicale e una individuazione di nuove categorie di
prodotti: inizia a produrre nel settore dell’Automotive.
Si ha la necessità di una duplice organizzazione: una che riguarda il core business tradizionale, ovvero
l’Electronics, un’altra invece nel settore dell’Automotive. La struttura è ancora elementare e si cerca di
passare ad una struttura funzionale, su richiesta di Pasquale Forte, quindi l’introduzione di Direttori
Manager che coordinano le singole unità organizzative.
Il settore dell’Electronics richiedeva una efficienza produttiva mentre il settore dell’Automotive richiedeva
innovazione tecnologica, si necessita dunque un coordinamento maggiore delle singole unità produttive. I
livelli gerarchici iniziano ad aumentare e segue in ritardo la strategia di diversificazione che aveva adottato
Eldor (ovvero passare al business dell’Automotive mantenendo il business dell’Electronics).
Struttura funzionale: (domanda: cos’è una struttura funzionale e perché è definita funzionale?) il vertice
strategico è affiancato dai manager delle singole unità produttive, adatto ad aziende medio grandi, non si
interessa alle culture locali. È una forma tipica di imprese che hanno scelto di svilupparsi mantenendo una
focalizzazione di un singolo settore. Il passaggio da una forma più elementare ad una forma più funzionale
coincide con una progressiva minore centralizzazione. Il principale vantaggio è la possibilità di poter
raggiungere maggiori livelli di efficienza locali, maggiore specializzazione e maggiore efficienza nelle
economie di scala.
Soluzione: la struttura divisionale garantisce una maggiore efficienza, dividendo i settori (in questo caso
elettronica di consumo e Automotive) però non è adatta alle economie di scala. La struttura divisionale
mantenendo delle funzioni centrali potrebbe creare dei conflitti e confusione, principalmente fra i due
direttori commerciali. La risposta corretta è la 2, ovvero affiancare ai settori dei Product Manager, che
hanno la responsabilità di assumersi in relativa autonomia delle variabili di tipo commerciale (politiche di
prodotto, strategie di vendita etc.). Tendenzialmente il Product Manager non ha alcun tipo di ingerenza
gerarchica e lavora nell’unità organizzativa marketing. In Eldor i Product Manager diventano un
potenziamento della struttura funzionale, che tuttavia non è una soluzione adatta se volessero continuare a
competere con le imprese che operano SOLO sul settore dell’elettronica di consumo e sul settore
dell’Automotive.
Struttura a matrice
Si adotta nelle situazioni più complesse, basata sul dialogo fra i Direttori delle unità organizzative e i Product
Manager.
Caratteristiche:
Svantaggi:
Vantaggi:
18/03/21
Comportamento organizzativo
1. Micro (individui);
2. Meso (individui nel gruppo di lavoro);
3. Macro (l’organizzazione nel suo insieme).
Trae indicazioni anche dagli studi di psicologia sperimentale, clinica e organizzativa. La differenza dallo
studio di psicologia tradizionale è che si guarda la persona nel contesto professionale (quindi non nella sua
complessità globale).
Riguarda il comportamento delle persone quando lavorano insieme come squadre o gruppi:
Deriva contributi anche dalla psicologia sociale, dalla teoria della comunicazione, dalla sociologia
interazionista.
Trova origini nella sociologia, nella scienza della politica, nell’antropologia e nell’economia.
o Caratteri interdisciplinare;
o Teoria di secondo livello, sintetizza contributi di altri campi di indagine;
o Natura descrittiva;
o Lo scopo primario è descrivere, piuttosto che prescrivere, le relazioni fra due o più variabili;
o Orientamento alla spiegazione (anziché assunzione) dei comportamenti;
o Metodo empirico-induttivo.
Teoria, ricerca e pratica: le informazioni più complete per una migliore comprensione e gestione del
comportamento organizzativo include questi tre elementi.
Si inizia a guardare l’individuo per capire cosa influenza il comportamento di una persona. L’organigramma
è una definizione di tipo oggettivo di ciò che l’organizzazione prevede sia utile avere in termini di ruoli per
raggiungere un determinato obiettivo/funzione. Una volta individuato cosa serve ad una organizzazione per
funzionare (viene pensato in astratto) bisogna assegnare i ruoli, che determinano delle attese nelle persone
che andranno a ricoprire quei determinati ruoli. Il successo dell’organizzazione deriva dal fatto che la
persona che ricopre il ruolo sia all’altezza delle attese che l’organizzazione aveva pensato PRIMA che essa lo
ricoprisse.
Quindi il comportamento lavorativo è risultato dalle attese del ruolo e ciò che effettivamente la persona
svolge. Se queste due cose coincidono, si crea un valore per l’organizzazione e la soddisfazione lavorativa
della persona. Succede sempre? No, perché:
Tutte le volte in cui non c’è un incontro fra attese e performance, non si ha valore e soddisfazione
lavorativa > frustrazione.
Le determinanti
o Psicologia: ognuno di noi ha una personalità fatta da tratti stabili. Ognuno di noi ha delle
disposizioni che si traducono in un comportamento nel luogo di lavoro. Avere delle disposizioni
però non implica che queste si trasformino automaticamente in comportamento manifesto.
o Economia: il comportamento delle persone può essere modificato in base a degli incentivi.
o Sociologia: il comportamento delle persone è influenzato dalle pressioni sociali e normative (ciò
che succede nei gruppi, quello che determina le norme sociali di comportamento).
Le differenze individuali
Differenze individuali:
1. Nucleo del sé legato al concetto che le persone hanno di sé stesse, dato da:
- Autostima;
- Autoefficacia;
- Controllo;
- Organizzazione.
2. Tratti di personalità + Valori Personali + Attitudini e intenzioni
3. Forme di espressione del sé: a) abilità b) emozioni 3) soddisfazione sul lavoro.
La personalità è un insieme stabile delle caratteristiche psicologiche di una persona. Ne definiscono l’unicità
e influenzano il modo in cui si interagisce con gli altri.
Come viene identificata la personalità: test della personalità, ultimamente sono stati abbandonati; possono
essere analizzati soltanto da degli psicologi. Alcune dimensioni di personalità rilevanti:
- Test Big Five: 5 tratti di personalità (le disposizioni che ognuno di noi ha nel rispondere a un
determinato stimolo);
- Locus del controllo;
- Dimensioni di Myers-Brigg.
Vengono utilizzati nella fase di selezione di personale, o per capire chi ha il potenziale per assumere
determinati ruoli.
Risultati:
- Coscienziosità: valido predittore di successo per tutti i gruppi occupazionali. È associato con
l’affidabilità, la precisione e la persistenza.
- Estroversione: è predittore di successo;
Locus of control
- Interno: gli eventi chiave e le relative conseguenze che accadono nella propria vita si possono
controllare.
- Esterno: i risultati e gli accadimenti della vita sono attribuiti a fattori ambientali non controllabili
come la fortuna o il destino.
Sistema di preferenze individuate in relazione a dimensioni bipolari, determinando modi di pensare, agire,
interessi, motivazioni e propensioni delle persone. Basata su 4 variabili e le dicotomie che combinate fra
loro determinano una personalità (su 16 tipologie):
Autoefficacia: la convinzione che una persona ha sulle proprie possibilità di riuscire a portare a termine con
successo un determinato compito. Molto importante nel lavoro perché la vita professionale è fatta sempre
di compiti nuovi, mai fatti prima. Le fonti dell’autoefficacia sono:
a. Esperienze precedenti;
b. Modelli di comportamento;
c. Persuasione dagli altri;
d. Stato fisico ed emotivo;
e. Auto-osservazione.
Categorizzare le persone?
Personalità: è corretto utilizzare i testi di personalità? La personalità predice davvero la performance? Ni. Ci
sono diversi sistemi che influenzano una persona nel voler esprimere o no determinati tratti della
personalità e comportamenti. I test di personalità hanno dei limiti provati: si possono falsificare i risultati.
Tutto ciò risponde a una domanda di progettazione organizzativa caratteristiche delle mansioni. Cosa si
valuta? L’adattamento fra le mansioni e le caratteristiche della persona:
19/03/2021
Vi è una diversità dal punto di vista dei tratti di personalità, le competenze, il genere, la cultura,
l’appartenenza ad un gruppo etc. Sono differenze anche in termini di gruppo sociale che influenzano il
sistema organizzativo.
Dimensioni interne:
- L’età;
- Il genere;
- Preferenze sessuali;
- Abilità fisica;
- Appartenenza a un gruppo etnico.
Dimensioni esterne:
- Localizzazione geografica;
- Il reddito;
- Livello di istruzione;
- Esperienze di lavoro;
- Stato civile;
- Abitudini personali;
- Passatempi abituali;
- Aspetto;
- Condizione familiare;
- Religione.
Dimensioni organizzative:
- Livello funzionale/classificazione;
- Status manageriale;
- Il contenuto/ambito del lavoro;
- Divisione/dipartimenti/unità/gruppo;
- Anzianità (non anagrafica, da quanto tempo siamo in una organizzazione);
- Luogo di lavoro;
- Iscrizione al sindacato.
Può accadere che all’interno dei luoghi professionali che venga valutata una persona in base a delle
dimensioni interne e non in base alle prestazioni lavorative. Dalla dimensione di osservazione si passa alla
dimensione di giudizio: può portare ad escludere delle persone in base a delle dimensioni di diversità. La
classificazione della realtà attraverso degli schemi mentali è un meccanismo naturale dell’essere umano. Il
problema dello stereotipo è quando viene collegato a un pregiudizio, quindi un limite per la conoscenza
umana e per l’organizzazione.
Azioni positive
Per legge c’è una certa quota di personale disabile da assumere – quote legate al genere > piani d’azione
positive per prevenire le discriminazioni.
Mettere le persone nelle condizioni di fornire prestazioni pienamente adeguate al loro potenziale. Come
può essere un vantaggio competitivo?
Le organizzazioni devono realizzare il loro obiettivo attraverso le persone: se esse non riescono a sviluppare
il loro potenziale per motivi dovuti a dimensioni interne, l’organizzazione ha un problema di cui si deve
occupare. Implica il privarsi del contributo delle persone.
Quando si parla di diversity management in Italia si parla di donne, di età e solo recentemente di diversità
etniche.
Il soffitto di vetro/cristallo (“the glass cealing”): metafora dei primi anni ’80, è la barriera invisibile che
blocca le donne e le minoranze da conquistare posizioni di livello più elevato nelle organizzazioni.
Donne Amministratori Delegati (CEO) 4,4% su 3100 aziende. Come fare a rompere il soffitto di vetro?
- Equità di retribuzione;
- Role models.
Secondo la classifica del Global Gender Gap Index è 76esima su 153, e siamo 117 sulle opportunità e
partecipazione economica. Inoltre siamo il paese che fa meno figli al mondo, quindi la narrazione delle
donne troppo impegnate in famiglia non regge.
L’età media del paese è elevata, quindi la forza lavoro è conseguentemente più alta rispetto agli altri paesi.
Le crisi economiche hanno portato i giovani a entrare poco nelle organizzazioni e quindi a cercare lavoro
altrove. Conseguenze:
Le minoranze etniche stanno aumentando, in Italia rappresentano l’8,7% della popolazione. Un dato
diverso rispetto al passato ma ancora minore rispetto ad altri paesi.
Conflitto funzionale quello che serve alle persone per superare il proprio punto di vista e la propria
prospettiva storica.
Conflitto patologico quando le persone si preoccupano soltanto di prevalere nella ragione e non
superano i propri bias.
Diversity management
La diversità rappresenta l’insieme delle differenze e somiglianze tra singoli individui. Il diversity
management è la modalità di gestione delle persone consapevole delle differenze esistenti che agisce sulla
cultura dell’organizzazione e delle persone e sui sistemi operativi.
Su cosa si lavora:
- Stereotipi e pregiudizi;
- Etnocentrismo (es: pubblicità di dolce gabbana vs. cultura cinese);
- Scarsa attenzione allo sviluppo delle carriere (chi sta facendo carriera in azienda? Perché?);
- Paura della “discriminazione alla rovescia”.
L’uniformità è organizzativamente efficace ma l’eccellenza dipende dalle diversità e dal potenziale creativo,
per potersi posizionare in un mercato del futuro. Le differenze possono dare un contributo ma bisogna
ascoltare i diversi bisogni; significa istituire nuove modalità organizzative da progettare. Le persone cercano
le affinità come conferma della propria identità ma incontrare gli altri significa mettere alla prova le proprie
convinzioni. I valori altrui portano ad un allargamento della propria visione ma spesso non sono conciliabili.
Le aree lavoro:
Lezione 24/03/2021
Le ricerche di mercato
Il marketing ha bisogno di interagire con il potenziale cliente in tutte le fasi che portano all’acquisto.
Il marketing non riguarda la costruzione del puro e semplice automatismo di incentivo delle vendite, ma
riguarda la conoscenza approfondita della domanda, dei segmenti (“pezzi” di domanda che hanno delle
caratteristiche comuni, es: latte fresco, latte microfiltrato, latte senza lattosio > mercato del senza, latte a
lunga conservazione), dei propri clienti, dei loro bisogni e la capacità di costruire processi che rispondano in
modo attivo a questi bisogni.
Fra l’introduzione del bisogno e la valutazione delle alternative c’è la ricerca, in base a:
- Fattori esterni;
- Cultura;
- Classe sociale;
- Interessi personali;
- Famiglia;
- Contesto.
C’è anche una ricerca esterna della soddisfazione del potenziale cliente.
La ricerca di mercato è la sistematica raccolta, conservazione ed analisi dei dati o informazioni relativi a
problemi connessi al marketing di beni e/o servizi. Si occupa principalmente dello studio e dell’analisi dei
comportamenti espressi e dei processi decisionali (motivazioni) dei consumatori in un’economia di
mercato, o della definizione della struttura di un mercato, risultando una fonte di informazione per chi,
all’interno di un0azienda che produce beni o servizi, deve prendere decisioni di marketing.
Le ricerche di marketing possono dunque essere definite come gli studi volti a selezionare tutti gli elementi
rilevanti di informazioni utilizzabili per le decisioni in tema i prodotti, distribuzione, efficacia della pubblicità
e tecniche promozionali, nonché della valutazione della posizione complessiva dell’impresa. Spesso si
rivolgono ad un ambito di analisi più ristretto, essendo rigidamente connesse all’individuazione di
informazioni relative al mercato di un particolare bene, hanno carattere esplorativo, venendo usate quindi
per accertare specifici aspetti del mercato.
In generale ci servono a capire quali quote di mercato siamo in grado di conquistare. In dettaglio hanno tre
principali funzioni:
Possono riguardare nuovi prodotti o prodotti esistenti. Possono riguardare nuovi mercati o mercati
esistenti.
Ricerca di mercato = prova su grandi numeri ma non sulla realtà della nostra idea commerciale.
L’analisi SWOT
Strenghts (fattori endogeni) quali sono i nostri vantaggi comparati (capacità specifiche di una
azienda/prodotto che ci differenziano dal concorrente e che ci permettono di conquistare più quote di
mercato e/o conquistare più margine)? Cosa facciamo bene? Quali sono i vantaggi percepiti.
Weakness (fattori endogeni) cosa possiamo migliorare? Cosa facciamo male? Cosa dovremmo evitare?
Quali sono le debolezze percepite? Cosa ci manca rispetto alla concorrenza?
Opportunity (fattori esogeni) basandoci su punti di forza, dove sono le nostre opportunità? L’andamento
di mercato promette di offrire nuove strade?
Threats (fattori esogeni) quali ostacoli dobbiamo affrontare? L’andamento di mercato minaccia le nostre
quote di mercato?
I prodotti non hanno una vita infinita: ciascun prodotto ha una permanenza nel mercato limitata nel tempo.
Se lo rinnovo si può allungare la vita di un prodotto (product line extension), ma questo avrò comunque una
fine.
4 fasi:
1. Introduzione: necessità di fare conoscere il prodotto e le sue caratteristiche, con strategie di prezzo
elevato (per rientrare subito degli investimenti) o viceversa molto basso (per far crescere
rapidamente la domanda); rischi di errore elevato.
2. Sviluppo: attenzione verso le politiche distributive e commerciali; attivazione di strategie di
penetrazione per la crescita dei concorrenti; rischi medio – bassi, forte attrattività.
3. Maturità: politiche di marketing che variano a seconda del tipo di prodotto; rischio basso ma poca
attrattività del segmento, in quanto i margini sono decrescente.
4. Declino.
1) Crescita esponenziale: se il prodotto è giusto, c’è stata una ricerca di mercato esatta etc.
2) Saturazione di mercato: o il mercato non ce la fa più ad avere il nostro prodotto oppure o quando il
prodotto è meno scarso.
3) Declino: calo delle vendite.
Start – up: aziende innovatrici che danno il via ad una attività imprenditoriale in tempi brevi.
Nel momento di sviluppo le ricerche di mercato indagano sui bisogni non soddisfatti e aiutano a stimare la
domanda potenziale (utile soprattutto per prodotti innovativi). Possono essere usate per definire il prezzo
di vendita e le caratteristiche del prodotto.
Nella fase di maturità le ricerche di mercato mostrano come creare la marca e mantenere un vantaggio
competitivo. La customer satisfaction mostra come utilizzare i propri punti forti e ridurre le debolezze.
Le ricerche di mercato mostrano modi di rivitalizzare l’offerta, cercando nuovi segmenti o aggiungendo
feature di prodotto.
Il ciclo di vita del brand è composto dal ciclo di vita dei singoli prodotti.
Mappe di posizionamento: sistema per confrontare i prodotti di un certo segmento/mercato sulla base di
due variabili (vedi slide). Viene rappresentata la percezione del consumatore: i presupposti dell’indagine
hanno una forte influenza sui risultati (bisogna fare le domande giuste e saperle fare).
Research brief
Argomento Domanda
Iniziative di marketing Quali azioni saranno intraprese dopo la ricerca?
Qual è il rischio se non facciamo la ricerca?
Identificazione problema Che cosa ha creato questo problema o generato
questa opportunità?
Conoscenza attuale Che cosa si conosce già dell’area di ricerca?
Target group della ricerca Qual è il target group della ricerca? Come
possiamo descriverlo in maniera puntuale?
Abbiamo già informazioni anagrafiche?
Tipi di informazioni Di quali informazioni abbiamo bisogno
specificatamente?
Risorse Di quale budget si dispone?
Metodo Ci sono già alcune idee sulla metodologia migliore
per la ricerca? (focus group, indagini demoscopiche
etc.)
Documenti Ci sono delle richieste specifiche per la
reportistica?
Durata Qual è la dead line per la consegna dei report di
ricerca? Quali sono le scadenze intermedie?
Lezione 25/03/2021
Ciclo di vita del brand: momento esplosivo + momento di maturità + fase di declino. Curva che dipende
anche dal servizio/prodotto. L’azienda ha anch’essa una sua vita, oltre alla vita del singolo prodotto, fatta
dalla somma dei singoli prodotti.
È necessario per i marketer conoscere il mercato per compiere scelte corrette. Le decisioni strategiche di
marketing si basano su:
La ricerca di mercato è un approccio macroeconomico per cercare di dare dei numeri nel mercato su un
servizio o prodotto. La sola ricerca di mercato non determina la “fine del lavoro”, ma l’inizio di un’analisi più
complessa antecedente e post la vendita/offerta di un prodotto/servizio, es: nella decisione su come
vendere, se online oppure in store.
Serve ad identificare le caratteristiche dei clienti, quantificando il potenziale che il mercato rappresenta per
i prodotti dell’azienda. È necessario domandarsi ad es.:
- Quali sono le tendenze della domanda globale e nei mercati che vogliamo aggredire? (es: in
lockdown il consumo di pasta è aumentato).
- Le variabili macroeconomiche (inflazione, tasso di disoccupazione etc.) hanno effetti diretti sulle
domande dei prodotti di riferimento? Es: i beni di prima necessità sono meno elastici ai
cambiamenti di prezzo (meno soldi abbiamo, compriamo più pasta perché è un prodotto semplice,
economico etc.)
- Come si comportano i potenziali clienti dei diversi segmenti?
Approccio macro i dati macro della domanda sono da reperire nelle statistiche ufficiali, sulla stampa
specializzata, sui portali (dati storici quantitativi e qualitativi) o tramite indagini ad hoc come le indagini di
mercato (che però non tutte le aziende si possono permettere perché sono dispendiose). Le aziende piccole
o medie cercano i dati dalle statistiche ufficiali, la stampa etc.
Codice ATECO: è una combinazione alfanumerica che identifica una ATtività ECOnomica.
La domanda
Q = domanda potenziale
Es: quanto vale il mercato potenziale di un’osteria a Verona? Per stimare il numero potenziale di acquirenti
partiamo dalla popolazione totale, ad esempio 260 mila per la città a Verona a cui è necessario aggiungere
la popolazione dei comuni limitrofi che entra nel potenziale bacino di utenza, stimando una quota parte dei
640 mila residenti della provincia, per esempio 50%; quindi la popolazione locale è di 260 mila + 360 mila
per un totale di 580 mila.
Il mercato potenziale di osteria, dal numero di veronesi ipotizziamo sia necessario togliere i bambini sotto i
12 anni e gli ultraottantenni che se anche vengono in osteria non rappresentano un coperto a tutti gli
effetti, possiamo ipotizzare il 75% della popolazione. Al numero di residenti è necessario aggiungere una
stima sule visite turistiche; possiamo partire dal numero di turisti annui. Sia sul numero di residenti che su
quello dei turisti è necessario fare una stima del numero di pasti in osteria. Un veronese va in osteria 2
volte al mese, quindi 10.440.000 pasti/anno. La stessa cosa riguarda i turisti, 12.376.000 pasti/anno. Il
mercato potenziale dunque è la somma di entrambi i dati dunque 22.815.000 pasti/anno quindi 62.500
pasti/giorno. Applicando una tariffa medi di 30 euro per pasto si arriva a 1.875.000 euro al giorno =
domanda potenziale.
Approcci di marketing
Una volta compreso e definito il mercato tramite il dimensionamento della domanda, l’azienda può seguire
quattro principali approcci:
10/04/2021
Strategia di corporate: riguarda l’azienda, es: che cosa voglio fare con il marchio Samsung? (a lungo
periodo)
Strategia di business: riguarda un settore, es: che cosa voglio fare con il settore della telefonia? (a
medio/breve periodo)
Segmentazione
La segmentazione della domanda consiste nel comprendere come si distribuiscono i consumatori nel
mercato e permette di selezionare con maggior precisione i mercati obiettivo a cui l’impresa intende
rivolgersi. Fasi:
Micro segmentazione: scomposizione dei prodotti-mercati e analisi della diversità dei bisogni all’interno dei
prodotti-mercati identificati.
L’incrocio di tre variabili (bisogni, clienti, tecnologie) ci permette di definire la cosiddetta Area Strategia di
Affari (modello di Abel).
Criteri di segmentazione
I criteri devono essere misurabili, rilevanti, accessibili, stabili nel tempo. I principali fattori di mercato e
d’impresa nella scelta di una politica di segmentazione sono:
- Geografico
- Demografico (livello di reddito, dimensione dell’unità di consumo, età, sesso, classe sociale, grado
di cultura);
- Psicologico e psicografico;
- Stili di vita;
- Funzioni attribuite al prodotto;
- Quantità consumata del prodotto;
- Modalità di consumo.
Micro segmentazione: basata sul comportamento d’acquisto, ad esempio tipologia dell’acquisto (nuovo
acquisto, riacquisto), lotto medio etc. Es: CRM.
L’impresa focalizza l’offerta su un unico segmento di mercato, la cosiddetta nicchia. L’approccio è quindi di
marketing segmentato focalizzato su un unico segmento della domanda. Il segmento deve avere le
caratteristiche definite da Penrose “spazi interstiziali”, cioè avere aree di mercato appetibili in termini di
reddito, ma non in termini di dimensione. Opportunità di crescita per le imprese di ridotte dimensioni che
scelgono le nicchie, poco convenienti invece, per le imprese di grandi dimensioni.
Il numero di consumatori e di acquisiti è molto basso, ma la volontà di spendere può essere alta.
26/03/21
La cultura organizzativa
La cultura (definizione di Geert Hofstede, studioso olandese, padre fondatore del management
interculturale, scrittore del libro “Software of the mind”): la programmazione collettiva della mente che
distingue i membri di un gruppo umano da un altro.
Le manifestazioni osservabili (come parlano, come si organizzano, come festeggiano un successo, come si
salutano etc.) definiscono che un gruppo appartiene ad una determinata cultura. Ci sono dei valori di fondo
che l’azienda condivide, che si traduce in una manifestazione osservabile. Sotto i valori c’è la dimensione
degli assunti di base, ovvero ciò che le persone credono sia giusto o sbagliato, accettabile dal gruppo sociale
o no. Mentre i valori sono dichiarati, gli assunti di base non sono scritti da nessuna parte e spesso le
persone non ne sono consapevoli. Vengono trasferiti lavorando insieme.
La cultura (definizione di Schein 1996): la cultura è lo schema di assunti fondamentali che un certo gruppo
ha inventato, scoperto o sviluppato mentre imparava ad affrontare i problemi legati al suo adattamento
esterno o alla sua integrazione interna, e che hanno funzionato in modo tale da essere considerati validi e
quindi degni di essere insegnati ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, pensare e sentire in
relazione tali problemi.
È necessario avere un codice condiviso implicito fra colleghi/persone che appartengono al tuo ambiente di
lavoro. Di cosa è formata una cultura organizzativa?
Norme sociali/culturali
Le norme sociali sono delle regole implicite (informali) che le organizzazioni (le culture organizzative)
adottano per regolare il comportamento.
1. Norme
2. Valori
3. Credenze
Le credenze
Le credenze sono idee condivise che le persone di una certa cultura hanno collettivamente. Sono
considerate naturale dalle persone, “come l’acqua per i pesci”. Le credenze orientano le persone dando
delle risposte su questioni altrimenti imponderabili riguardo alla vita organizzativa. Le credenze sono alla
base di molti dei valori e delle norme culturali.
I valori
I valori sono standard astratti di una società, di un gruppo, di un’organizzazione che definiscono dei principi
ideali su cosa è desiderabile e moralmente corretto. I valori determinano che cosa è giusto o ingiusto, bello
o brutto etc.
I valori possono essere una guida al comportamento ma anche una fonte di conflitto.
Le norme
Le norme (regole implicite): definiscono i comportamenti attesi chye vengono premiati e puniti (cosa è
opportuno fare in situazioni specifiche).
Le norme sono delle aspettative culturalmente specifiche riguardo al come comportarsi entro una
situazione data. Un’organizzazione sociale priva di norme finirebbe nel caos. Facendo riferimento a delle
norme sociali, le persone sanno come agire per cui l’interazione sociale risulta congruente predicibile e si
può apprendere. Le sanzioni sociali sono i meccanismi che attivano e rinforzano le norme.
Socializzazione organizzativa
Fasi:
Outsider/emarginati
- Isolati
- Rifiutati dagli altri
- Ostilità da parte degli altri
- Divengono dei capri espiatori
Insider/integrati
Comportamenti:
Risultati:
- Soddisfazione
- Motivato intrinsicamente
- Coinvolto nel lavoro
Socializzazione e conformismo
Conformismo: processo di sottomissione al volere della maggioranza che può essere basato sulla volontà di
evitare il conflitto e su bisogni d’insicurezza.
La sua missione è:
Collego la Scala a miti e soggetti famosi: il contesto deve comunicarmi questo tipo di ricchezza e
raffinatezza intellettuale. Questo viene comunicato attraverso i luoghi, i codici di abbigliamento. Questa è la
cultura tradizionale, che però può essere soggetta al cambiamento. La Scala deve però pensare anche alla
sua sostenibilità economica, quindi attraverso il marketing, fare conoscere la propria missione del mondo.
Devono adottare una strategia, il che porta ad avere un’influenza nella cultura organizzativa.
Caso Google
È sempre in cima alle classifiche delle “Best companies to work for”. Mission: “organizzare le informazioni a
livello mondiale e renderle universalmente accessibili e fruibili”. Caratteristiche:
La cultura di Google è supportata e tramandata da riti e cerimonie come le riunioni di fine settimana come
“Thank God It’s Friday” o iniziative di socializzazione per i dipendenti come corsi di meditazione etc.
La struttura degli edifici può definire e influenzare la cultura organizzativa di un’azienda; il design degli
uffici/fabbriche contiene dei significati culturali. I mobili e l’arredamento, la dimensione degli uffici e dei
posti di lavoro, ciò che è appeso ai muri è denso di significato.
31/03/2021
Il management interculturale
La cultura consiste in un “insieme di convinzioni e valori relativi a ciò che è auspicabile o meno all’interno di
una comunità di persone e in una serie di consuetudini formali e informali che sostengono tali valori”.
- Scenario economico/tecnologico
- Scenario politico/legale
- Background etnico Cultura sociale (1. Comportamenti 2. Linguaggi)
- Religione
Il comportamento organizzativo delle persone nel luogo di lavoro viene influenzato da:
a) Valori personali/etica
b) Atteggiamenti
c) Assunti di base
d) Aspettative
Intelligenza culturale
Studi di Hall sulle culture e le distingue secondo un continuum in cui agli estremi ci sono alto e basso
contesto. In alcune culture ci si basa di più sul contesto per capire la comunicazione mentre quelle a basso
contesto si basano più su ciò che verbalmente le persone stanno dicendo.
o Il primo passaggio è quello di costruire una relazione con l’interlocutore, una fiducia sociale;
o Valorizzare le relazioni personali e le buone intenzioni;
o Concordare in base alla fiducia;
o Negoziazioni lente e ritualistiche.
- Distanza dal potere: ci sono paesi che sono più distanti dal potere rispetto ad altri. La distanza dal
potere gerarchico implica riduzione degli interventi e delle contestazioni, mentre la minore distanza
dal potere implica la propensione ad affermare le proprie idee, anche se l’interlocutore è il mio
futuro datore di lavoro.
- Rifiuto dell’incertezza: nelle culture ad alta avversione all’incertezza tutto dev’essere formalizzato
con piani esplicitati; nelle culture con bassa avversione all’incertezza si tollera che non tutto debba
essere programmato, e che si possa improvvisare.
- Collettivismo vs. individualismo orientato all’istituzione (sociale): ci sono culture in cui il noi viene
prima dell’io e paesi che invece vedono l’io prima del noi. L’Italia è un paese ad alto livello
dell’individualismo.
- Collettivismo di gruppo: quanto è più importante il mio gruppo di riferimento (la mia famiglia, il mio
partito, l’azienda) rispetto a me?
- Uguaglianza di genere: quanto i ruoli nella cultura di riferimento sono considerati intercambiabili o
se ci sono dei ruoli predefiniti.
- Assertività: un comportamento dominante e deciso, può essere visto di buon occhio in alcune
culture e viste male in altre.
- Orientamento verso il futuro.
- Orientamento al risultato: programmare ad obiettivi.
- Orientamento umano: dimensione personale > performance.
Vengono fatte delle rilevazioni attraverso questionari sul luogo del lavoro.
Individualismo e collettivismo
Culture individualistiche:
o Culture dell’Io;
o Maggiore importanza attribuita alla libertà e alla scelta del singolo: Israele, Romania, Nigeria,
Canada, Stati Uniti.
Culture collettivistiche:
Monocronico: preferenza nel fare le cose una alla volta, perché il tempo è limitato, segmentato
precisamente e guidato dalla programmazione.
Policronico: preferenza per fare più cose allo stesso tempo perché il tempo è flessibile e multidimensionale.
1. Intimità
2. Personale
3. Sociale
4. Pubblico
Nel mondo arabo abbiamo meno distanza, vicino all’intimità. Nelle culture asiatiche e latinoamericani
siamo sempre vicino all’intimità e allo spazio.
Studio su tutti i dipendenti IBM in 50 paesi, stesso questionario e dipendenti della stessa posizione. Capire
se le persone e ciò che mostrano nel posto di lavoro è più influenzato dalla cultura del luogo di lavoro o la
cultura della società. Le conseguenze della cultura: differenze internazionali nei valori al lavoro.
07/04/2021
Il management interculturale
Le dimensioni di Hofstede
Indica il grado di accettazione di una ineguale distribuzione di potere in una collettività. È negativamente
correlata alla resistenza psicologica delle persone all’acquiescenza. Influenza in molti aspetti l’assetto
organizzativo:
In che misura ci si aspetta una sproporzione di potere nell’ambito delle istituzioni sociali (famiglia,
organizzazioni, lavoro, governo)? Domande per l’indice per la Distanza di Potere:
Nazioni ad alta distanza di potere: paesi latini (Francia, Spagna, America Latina), Paesi Asiatici ed Africani.
Nazioni a bassa distanza di potere: USA, UK, Paesi Bassi, Paesi Scandinavi.
Bassa:
- Organizzazioni decentralizzate;
- Differenziali retributivi ravvicinati;
- Processo decisionale consultivo.
Alta:
- Organizzazioni gerarchiche;
- Centralizzazioni;
- Differenziali retributivi ampi;
- Subordinati si aspettano regole.
Individualismo – collettivismo
Culture individualistiche: culture dell’io, maggiore importanza attribuita alla libertà e alla scelta del singolo
(es: Israele, Romania etc.)
Culture collettivistiche: culture del noi, maggiore valore attribuito agli obiettivi condivisi piuttosto che a
quelli individuali. Desideri e obiettivi individuali posti in secondo piano rispetto a quelli del gruppo sociale,
es: Egitto, Nepal.
Collettivismo si riferisce alla società in cui le persone dalla nascita sono integrate in gruppi forti, coesi, che
nel corso della vita continuano a proteggerli in cambio di lealtà indiscussa.
a. Opportunità di formazione;
b. Condizioni fisiche;
c. Uso delle competenze.
Collettivismo:
Individualismo:
Mascolinità e femminilità
Indica l’enfasi verso valori associati a stereotipi mascolini (aggressività e dominanza) piuttosto che femminili
(armonia, empatia…)
È correlata all’enfasi posta verso la ricerca del successo piuttosto dell’orientamento alla qualità dei processi
relazionali. Influenza l’assetto organizzativo nelle seguenti variabili:
Mascolinità si riferisce alle società in cui i ruoli sociali legati al genere sono chiaramente distinti. Femminilità
si riferisce a società in cui ruoli sociali legati al genere non sono distinti. Dimensioni:
- Guadagno;
- Riconoscimento;
- Avanzamento;
- Sfida;
- Culture nazionali: Italia, Giappone, Austria, Venezuela etc.
Polo femminile:
Nei paesi fortemente femminili i conflitti si risolvono attraverso il compromesso e la negoziazione. Nei paesi
mascolini la risoluzione dei conflitti avviene combattendo, facendo riferimento alla figura di spicco del
manager, decisionista e assertivo.
Avversione all’incertezza
Indica in che misura i membri di una collettività si sentono minacciati in situazioni incerte e ambigue, e
cercano di evitarle. È positivamente correlata alla ricerca di stabilità. Influenza gli assetti organizzativi
rispetto a:
Punteggi medio bassi nell’avversione all’incertezza: paesi asiatici, paesi africani, paesi anglosassoni.
Orientamento temporale
Rispecchia la visione del futuro in termini di orizzonte temporale in un gruppo. È correlato alla propensione
a sacrificare risultati immediati per costruire condizioni competitive nel lungo termine. Influenza le seguenti
variabili organizzative:
Relativamente importante:
- Persistenza e perseveranza;
- Ordinare le relazioni attraverso lo status e osservare questo ordine;
- Risparmio;
- Modestia;
- Alti punteggi nell’indice dell’orientamento a lungo termine.
Es: Cina, Hong Kong, Taiwan, Giappone, Corea del Sud.
Alcune conclusioni
L’analisi multidimensionale consente di raggruppare i paesi che esprimono proprietà culturali comuni.
Emergono così:
Critiche a Hofstede
Il modello di Trompenaars
Più utilizzato nell’ambito della formazione e della consulenza manageriale. Il modello viene presentato nel
libro “Riding the waves of culture”.
“La cultura è il modo in cui un gruppo di persone risolve i problemi” cit. Trompenaars. L’analisi viene svolta
su 50 aziende in 30 Paesi alla fine degli anni ’80.
Implicazioni aziendali nel significato di un contratto, nel ruolo del headquarters, nel processo di
negoziazione.
Individualismo: uso più frequente dell’io, le persone idealmente hanno successo da soli e si assumono le
responsabilità individuali.
Collettivismo: uso più frequente del noi, le persone idealmente hanno successo in gruppo e si assumono
responsabilità condivise.
3. Relazioni specifiche vs. diffuse: aree specifiche della vita, livelli singoli della personalità vs. aree
diffusamente multiple della vita e diversi livelli di personalità.
4. Culture neutrali o emotive/affettive
5. Achievement vs. attribuzione: quel che hai raggiunto vs. lo status che ti è attribuito.
Le dimensioni dei valori di Trompenaars nelle relazioni con le altre persone
L’approccio universalistico applica regole e sistemi in modo oggettivo, senza considerare le circostanze
individuali; invece l’approccio particolaristico antepone l’obbligo verso le relazioni ed è più oggettivo. Nella
dimensione neutrale vs. emotiva, il focus è sull’orientamento emotivo delle relazioni.
I manager nelle culture Specific oriented separano lavoro e questioni/relazioni personali. Nelle culture
Diffuse-oriented c’è un’espansione dal lavoro alle relazioni personali e viceversa.
- Tempo sequenziale: serie di eventi che passano. Molto valore è conferito alla puntualità, alla
pianificazione (“tempo è denaro”);
- Tempo sincronico: si interpreta il passato, il presente e il futuro come se fossero interrelati. Si
lavora nello stesso tempo su più progetti e i piani sono flessibili.
Controllo interno vs. esterno: quanto siamo in grado di controllare il nostro ambiente e quanto possiamo
cambiarlo.
14/04/2021
1. Strategie di focalizzazione: l’impresa concentra le sue risorse sui bisogni di un numero ristretto di
segmenti.
2. Strategia di copertura totale del mercato: l’impresa si rivolge all’intero mercato.
3. Strategia mista: l’impresa diversifica le sue attività in termini di funzioni e/o di gruppi di clienti.
- Marketing concentrato;
- Marketing differenziato;
- Marketing indifferenziato.
Il posizionamento
Il posizionamento sul mercato è l’insieme delle attività compiute dall’impresa per individuare e scegliere
una posizione sul mercato.
Caratteristiche del sistema offerta Analisi delle preferenze Analisi delle percezioni
Il posizionamento indica il processo di collocazione di un prodotto nella mente del consumatore (Ries e
Trout, 1981). Può essere definito come “…la decisione dell’impresa relativa alla scelta del (dei) beneficio
(benefici) della marca che possono farle guadagnare un posto distintivo nel mercato.
Domande chiave:
- Una marca per cosa? Promesse della marca e beneficio che ne deriva per il cliente;
- Una marca per chi? Segmenti target;
- Una marca per quando? Situazione d’uso o di consumo;
- Una marca opposta a chi? Concorrente diretto.
La marca
Marca: nome o simbolo che distingue un bene o servizio offerto da un’impresa da quelli dei prodotti
concorrenti.
Marchio: rappresentazione del nome o simbolo, che l’impresa è in grado di far valere anche giuridicamente.
Marca: insieme delle rappresentazioni mentali ad essa associate (immagine di marca). Presupposto per
creare un capitale di fiducia (brand equity) su cui l’impresa può contare per praticare politiche di brand.
- Nome;
- Logo;
- Palette di colori;
- Packaging;
- Personaggio;
- Claim – tagline.
Brand building
1) Target positioning;
2) Brand identity;
3) Brand design (visible aspects) + other marketing levels;
4) Signals sent (Integrated communication);
5) Brand image;
6) Brand equity.
La marca è un nome, termine, simbolo, design o una combinazione di questi elementi che identifica i beni o
i servizi di un’azienda che la differenzia dai concorrenti. La brand identity è cosa l’azienda vuole che il
marchio sia, quali valori deve incarnare. La brand image rappresenta cosa viene percepito di un marchio dai
suoi clienti e da tutti gli stakeholder.
Durante il processo d’acquisto i consumatori devono confrontarsi con una vasta gamma d’informazioni che
influiscono sulla formazione delle loro preferenze e sulle decisioni d’acquisto. Tali informazioni sono
veicolate dal brand, dal packaging, dal prezzo, dalla comunicazione, dal punto vendita. Il paese di origine ha
giocato un ruolo cruciale in diversi segmenti, associando il paese con caratteristiche specifiche (artigianalità,
qualità del prodotto, qualità della lavorazione, affidabilità, tradizione, ecc.). Evoluzione:
- Hybrid products: provenienti da più paesi, si passa da “made in” a “designed in”, “assembled in”;
- Industrializzazione dei processi: da artigianalità a lifestyle, esperienza.
15/04/21
La politica di prezzo
Brand, marca: tutto ciò che un prodotto o servizio rappresenta per i consumatori (Kotler), può essere
rappresentato da molti elementi (nome, logo, palette di colori etc.).
COO effect: il paese di origine dei prodotti è un elemento di rilevanza che sta evolvendo nel tempo
(designed in, assembled in, etc.). Non dove
Sono state introdotte delle formule nuove che ci dicono come è cambiato un prodotto, l’evoluzione dello
stesso.
Il made in Italy facilita l’accesso ai mercati, ma non è un sufficiente, soprattutto con l’aggressività del
cosiddetto “Italian sounding”.
Si tratta della messa sul mercato di prodotti che offrono una presunta italianità che però non è verificabile;
non è vera e propria contraffazione, ma l’uso di parole, colori, immagini, riferimenti geografici che inducono
il consumatore ad associare il prodotto all’Italia. “Italian sounding” è difficilmente perseguibile, non è
necessariamente contraffazione.
Il giro d’affari dell’”Italian sounding” vale il doppio dell’intero export agroalimentare italiano. Il fenomeno
lede la brand image (immagine percepita dell’Italia nel mondo) dell’Italia ma anche la brand awareness
(riduce la diffusione dell’immagine in senso positivo), oltre agli effetti economici (sottrazione del fatturato al
vero agroalimentare italiano).
Nel settore esistono strumenti di tutela per prodotti tipici, come i marchi di origine, tipicità, tutela (DOP,
IPG etc.), spesso non bastano purtroppo. L’”italian sounding” funziona principalmente perché il prezzo è più
basso ed il consumatore non sa/non può verificare le differenze in termini qualitativi (asimmetria
informativa). La principale soluzione è l’informazione e l’educazione del consumatore; sono inoltre
necessarie attività di tutela giuridica, è necessario verificare che i marchi di qualità siano utilizzati
correttamente.
Cos’è il prezzo?
È il punto di incontro fra domanda e offerta. Dal punto di vista dell’impresa il prezzo:
a) Costi: variabili vs. fissi vs. totali, curva dei costi (ad es. economie di scala), ottimizzazione dei
processi (esperienza);
b) Obiettivi di marketing: posizionamento, sopravvivenza, massimizzazione del profitto, leadership di
quote di mercato, leadership di qualità.
c) Strategie di marketing mix: la definizione del prezzo dev’essere coordinata con gli altri elementi del
marketing mix.
d) Organizzazione aziendale: chi è incaricato di fissare i prezzi (AD “amministratore delegato” nelle
SME, capodivisione nelle aziende grandi), negoziazione dei prezzi (centrali d’acquisto).
a) Tipo di mercato e domanda: da monopolio a concorrenza perfetta, percezione del consumatore del
prezzo e del valore, curva di domanda ed elasticità.
b) Prezzi, costi e offerta dei concorrenti: cercare di comprendere l’atteggiamento dei concorrenti è
fondamentale (bassi prezzi e bassi margini non attraggono concorrenza); il benchmarking serve per
il confronto.
c) Altri fattori che condizionano il mercato: le condizioni dell’ambiente economico (chi compra i nostri
prodotti etc.) in cui operiamo hanno effetti sui costi di produzione e sulla percezione dei buyer;
inoltre nella definizione del prezzo è necessario tenere presente anche la relazione degli
intermediari; i governi possono limitare la variabilità dei prezzi; infine elementi di rilievo sociale
potrebbero essere importanti (ad esempio essere più green, più ecologici, più “impegnati”
socialmente, ecc.)
Marketing mix Prodotto + Prezzo + Distribuzione + Comunicazione: il prezzo è la variabile su cui posso
influire più facilmente e più velocemente, ma non significa che si muova da solo e che non sia pericoloso.
Il prezzo è l’elemento chiave del marketing mix, in quanto legato direttamente ai ricavi (e una delle poche
variabili che si possono modificare relativamente in fretta). Il prezzo può essere utilizzato per perseguire
diversi obiettivi:
Utile lordo
(guarda slide)
punto in cui si incrocia la retta dei costi con la retta dei ricavi.
Politiche di prezzo
1. Prezzo di scrematura: si parte da un prezzo elevato per poi abbassarlo progressivamente (es:
telefonia);
2. Prezzo di penetrazione: si fissa un prezzo basso allo scopo di raggiungere rapidamente quote di
mercato elevate;
3. Prezzo di prestigio: si determina il prezzo come espressione della qualità attesa e dello status del
prodotto, come pezzo di informazione sul prodotto che completa il suo prestigio;
4. Prezzo soglia: si fissa il prezzo lievemente inferiore rispetto a una cifra intera (soglia);
5. Prezzo obiettivo: si parte dal livello di prezzo che i consumatori sarebbero disposti a pagare e a
ritroso si determina il prezzo di cessione agli intermediari;
6. Bundle pricing: si pongono in vendita due o più prodotti ad un unico prezzo.
o Mark up (cost driven): il Prezzo è costo accresciuto di una percentuale fissa per prodotto o
categoria di prodotto.
o Profitto obiettivo (profit driven): si fissa un obiettivo di profitto da cui si calcola il prezzo.
o Prezzo di mercato (competition driven): l’azienda prende il prezzo come risultato delle interazioni
di mercato.
o Prezzo civetta (competition driven): si fissa un prezzo più basso per attirare attenzione o quote di
mercato.
Il management deve comunque poterlo cambiare in base a specifiche esigenze, ad esempio sconti, che
possono essere:
- Su quantità;
- Stagionali;
- Commerciali;
- Per velocità di pagamento;
Elementi determinanti
1. Se si parte dai costi: si guarda il prodotto, il costo, si determina il prezzo, il valore per il cliente e poi
va al consumatore (beni industriali)
2. Se si parte dal valore: si fa il percorso inverso, si parte dal consumatore che ha in mente un valore,
a cui possono attribuire un prezzo, in cui ci sta un costo e poi come risposta al valore nasce il
prodotto (beni di consumo).
Per il consumatore
C’è una zona di rifiuto sia verso l’alto che verso il basso, ci sono degli spazi in cui il consumatore risponde
bene e altre in cui no.
Il prezzo psicologico
Prezzo soglia o prezzo approssimato: restare all’unità inferiore: il consumatore non è in grado di
approssimare? (es: 9.99$, 0.99$)
Prezzo consuetudinario: il consumatore non accetta rivoluzioni di prezzo su alcuni consumi regolari; non
valgono le regole di mercato? (l’espresso costa 1 euro, se costa di più non lo compro)
Prezzo civetta o prezzo richiamo: funziona per ottenere margini dai prodotti complementari: il consumatore
non sa farsi i conti? (la stampante costa poco, le cartucce invece costano tanto e devono essere sempre
acquistate).
La valutazione del prezzo viene influenzata dalle categorie di prodotto e dal sotteso processo d’acquisto.
Categorie d’acquisto:
Processo di acquisto:
- Acquisti d’impulso;
- Acquisti orientati alla varietà;
- Acquisti volti alla riduzione del rischio.
22/04/2021
Si tratta di un settore regolamentato e le attività di marketing devono sottostare alla legge vigente, si divide
in tre settori:
Definisce la strategia di Mercato e coordina tutte le attività che riguardano il lancio di un nuovo prodotto,
dalla sua ideazione alla vendita e promozione sul mercato.
È importante per il marketing manager saper usare i dati per leggere informazioni rilevanti. Alla base della
conoscenza di mercato ci sono:
1. Shopping mission: 4 categorie, 1. La persona che da casa sa già cosa prendere 2. Persona che sa già
cosa prendere in farmacia appena lo vede 3. Compratori impulsivi 4. Switchers:
2. Looked for information;
3. Pre-store touchpoints;
4. Choice of purchase channel;
5. Received reco from HCP in store;
6. In store touchpoints;
7. Decision criteria.
Definire il briefing creativo per l’agenzia creativa e definire il briefing media per le agenzie media, per
formare la comunicazione adatta diretta al consumatore.
Elementi chiave:
- Communication objective;
- Who – design target audience;
- Distinctive assets del brand;
- Platform idea (if existing);
- Budget;
- Job to be done/business challenge;
- Consumer insight;
- Single thing to take away;
- RTB (Reason To Believe) = perché dovrebbero crederti i consumatori.
I gruppi di lavoro
Le dinamiche di gruppo
Che cos’è il gruppo? “Il gruppo è qualcosa di più o, per meglio dire, qualcosa di diverso dalla somma dei
suoi membri (…). Quel che ne costituisce l’essenza non è la somiglianza o la dissimiglianza riscontrabile tra i
suoi membri bensì la loro interdipendenza. Esso può definirsi come una totalità dinamica, ciò significa che
un cambiamento di uno stato di una sua parte o frazione qualsiasi, interessa lo stato di tutte le altre” K.
Lewin.
Definizione insieme di individui che interagiscono e dipendono gli uni dagli altri per il raggiungimento di
un obiettivo comune. Si considera tale quando:
Tipi di gruppo
La vita mentale del gruppo è molto complessa, ci sono due dinamiche: una legata al perseguire un obiettivo
e un'altra caratterizzata da tendenze emotive molto potenti, che a volte favoriscono e/o ostacolano gli
individui nel perseguimento di tale obiettivo.
Norme Le persone definiscono aspettative di comportamento condivise nel gruppo che si applicano a
tutti i membri, anche se con varia rigidità a seconda delle circostanze e delle caratteristiche del gruppo. Si
sviluppano in riferimento a valori e comportamenti riconosciuti come cruciali. Nel tempo si traducono in
prassi osservate automaticamente da tutti i membri e date per scontate: queste integrano altre forme di
controllo sociale.
La team leadership
Il leader di un team non ha disposizione l’autorità gerarchica. La sua legittimazione si fonda su:
- Responsabilità assegnata;
- Autorevolezza (competenze ed esperienze);
- Stile di direzione orientato alle relazioni sociali;
- Buone relazioni pre-costituite nel gruppo e nell’organizzazione;
- Capacità di interpretare un ventaglio di ruoli interpersonali, informativi e decisionali secondo le
situazioni;
- Doti di intelligenza sociale.
Come? Attraverso le relazioni di influenza processo attraverso il quale si cerca di ottenere acquiescenza
dagli altri. Nei gruppi si possono verificare diverse forme di influenza sociale:
La decisione di gruppo
Definizione di una linea di condotta comune in assenza di conflitto di interesse fra le parti, attraverso una
elevata interazione che genera l’aggiustamento diretto e reciproco delle opinioni di ogni singolo attore,
superando l’interesse dei singoli.
Vantaggi:
I vantaggi nel gruppo sono più evidenti quando ci sono problemi complessi, situazioni di incertezza, processi
innovativi e multidisciplinari.
Il gruppo non sostituisce un individuo ma dà un apporto maggiore, richiede tempo e risorse: le discussioni e
le decisioni producono comportamenti collettivi. Spesso i gruppi riescono a risolvere meglio i problemi
difficili/nuovi. Si creano problemi se è presente una persona con un’esperienza molto superiore rispetto agli
altri questo non avviene, inoltre il processo di decisione di gruppo richiede normalmente più tempo. I
gruppi funzionano quando il confronto può essere paritario e aperto.
L’esperimento è stato un esperimento di psicologia sociale dello psicologo polacco Solomon Asch. L’assunto
di base dell’esperimento consisteva nel fatto che l’essere membro di un gruppo è una condizione
sufficiente a modificare le azioni e, in una certa misura, anche i giudizi e le percezioni visive di una persona.
In un gruppo si chiedeva “la linea L ha una lunghezza uguale a A, B, o C?” se 6 persone su 7 dicono la
risposta scorretta, la 7° persona può lasciarsi influenzare e dire la risposta scorretta anche se la vede come
tale.
La risposta cambia in base a quando si chiede, se è il primo e non ha sentito altre risposte allora dà la
risposta giusta, se è il secondo o terzo a volte dice la risposta giusta altre volte no, se è l’ultimo a parlare
allora è molto probabile che si lasci influenzare dagli altri.
Le persone che lavorano in gruppo non si danno da fare così intensamente come accade quando lavorano
individualmente; la responsabilità del risultato finale è diffusa fra i membri del gruppo, la presenza degli
altri riduce la probabilità che una persona intervenga.
Il groupthink
Un modo di pensare improntato alla ricerca del consenso a tutti i costi che sopprime la divergenza di
opinioni nei gruppi ad alta coesione. Il bisogno dei membri di raggiungere l’unanimità supera la loro
motivazione a valutare realisticamente i diversi corsi di azione (Janis). Avviene una sospensione del giudizio
individuale in nome della coesione del gruppo.
È diverso dall’effetto Asch (conformismo) perché è un effetto che accade quando il gruppo si conosce ed è
coeso. I sintomi del groupthink sono:
- Si ha l’illusione di essere invulnerabili che può condurre ad un ingiustificato ottimismo o
propensioni eccessive al rischio;
- Visioni stereotipate degli avversari (es: codardi, stupidi) che possono divenire una minaccia;
- Pressioni al conformismo verso i membri del gruppo;
- Protezioni mentali verso informazioni che possono mettere in discussione lo status quo.
Per evitare il groupthink bisogna evitare di giudicare le opinioni degli altri, creare una cultura del dissenso
nel gruppo, capire chi non parla spesso e perché.
Svantaggi:
a. Conformismo;
b. Groupthink (overconfidence, ignoranza dei fatti);
c. Inerzia sociale.
Vantaggi:
I risultati del processo decisionale di gruppo dipendono da come il processo decisionale viene gestito.
Il gruppo non è un’entità statica ma si sviluppa lungo un itinerario che attraversa diverse fasi, espressione di
profonde modifiche delle relazioni intragruppo.
- Forming orientamento;
- Storming conflittualità;
- Norming coesione;
- Performing strutturazione.
Team multiculturali
Un team è un gruppo che lavora su un compito chiaro e definito, può gestire un intero progetto o solo una
parte. Esistono per una specifica ragione relativa al compito e la loro esistenza è limitata al completamento
del compito. L’obiettivo è di creare un posto di lavoro in cui gli individui non sono limitati da barriere
tradizionali e restrizioni. La coesione avviene attraverso la fiducia, l’apertura e la diversità. La produttività
del team dipende da:
Team multiculturali: la produttività reale può essere più alta o più bassa che nei team con una sola cultura.
Dipende dall’abilità di aumentare il potenziale e l’accordo. Quali sono le perdite dovute a errori di processo
nei team culturalmente diversi:
- Problemi attitudinali;
- Problemi percettivi: stereotipi non accurati;
- Problemi comunicativi: inaccuratezza, incomprensioni;
- Stress;
- Efficacia decrescente.
La diversità culturale può avere impatti sia positivi sia negativi su un team. Un team diverso ben gestito
aumenta la produttività potenziale perché molte idee e prospettive differenti giocano un ruolo in
riferimento ad una specifica situazione. La diversità culturale tuttavia aumenta la complessità dell’intero
processo e può oltretutto portare a difficoltà nell’integrazione e nella valutazione delle varie prospettive.
Svantaggi
La zona di accettazione del prezzo cambia non solo a seconda delle possibilità di spendere ma anche in base
al mercato, al luogo etc. Es: un kilo di pomodori a 15 euro è impossibile in Italia, ma fattibile in Inghilterra.
Le politiche delle p
Varietà/gamma Sconti
Qualità Dilazioni
Servizi Variazioni
Packaging Bundle (acquisto a pacchetto)
Distribuzione (Place) Comunicazione (Promotion)
Il prodotto possiede:
- Una funzione base che è riconoscibile in tutti i prodotti che delinea la categoria di prodotto e
soddisfa il bisogno generico (es: dentifricio lava i denti);
- Funzioni supplementari che servono per definire le strategie di differenziazione (es: dentifricio
sbiancante), ciò che l’azienda fa per costruire ulteriori segmenti in un segmento più grande.
Beni strumentali che vengono acquistati dall’azienda da industrie per essere utilizzati durante la produzione
di beni di consumo, es: macchinari e materie prime.
Beni di consumo che vengono acquistati dai consumatori finali divisi in:
o Beni di largo consumo: vengono acquistati frequentemente con poco sforzo, poca ricerca, brand
poco rilevante, se non si trova si usa un bene sostituito (es: dentifricio);
o Beni di qualità: vengono acquistati con dispendio di tempo e il consumatore confronta qualità e
prezzo, attenzione al punto vendita e mediamente importante il brand (es: jeans). C’è anche una
grossa fetta di consumatori che comprano il prodotto di base e non tengono conto della marca;
o Beni specialistici: vengono acquistati poiché sono ritenuti dal consumatore “unici”, molto rilevante
il brand, dispendio di tempo e rischi di scelta sbagliata (es: cellulare). Si aggiungono delle funzioni
supplementari al prodotto che lo rendono unico.
Non solo indica la funzione ma l’evoluzione nel tempo del prodotto e come sono fatti i brand (non tutti
possono fare prodotti generici, amplificati etc.)
Classificazione: Nelson
o Search goods: dove le caratteristiche funzionali ed estetiche possono essere valutate prima del
consumo e quindi il rischio è basso (es. auto nuova);
o Experience goods: dove le caratteristiche funzionali ed estetiche possono essere valutate dopo il
consumo e quindi il rischio è maggiore (es. il viaggio, il ristorante). È dunque necessario costruire
una rete di consumatori simili a noi per informare sul prodotto/servizio.
Differenziazione
L’azienda differenzia per limitare la competizione di prezzo. Ci sono due tipi di differenziazione:
Spesso i due tipi di differenziazione vengono integrati, mescolati e non distinti per soddisfare le esigenze del
cliente.
a. Introduzione: necessità di fare conoscere il prodotto e le sue caratteristiche, con strategie di prezzo
elevato (per rientrare subito degli investimenti) o viceversa molto basso (per far crescere
rapidamente la domanda); rischi di errore elevato.
b. Sviluppo: attenzione verso le politiche distributive e commerciali; attivazione di strategie di
penetrazione per la crescita dei concorrenti; rischi medio-bassi, forte attrattività.
c. Maturità: politiche di marketing che variano a seconda del tipo di prodotto; rischio basso ma poca
attrattività del segmento, in quanto i margini sono decrescente.
Digital marketing
Innovazione di prodotto
Spinta all’innovazione
Pioniere-follower
Le fasi dell’innovazione
1) Ideazione del prodotto per individuare bisogni dei consumatori grazie a: gruppi di creatività, analisi
funzionale del prodotto (attributi del prodotto), focus group (clienti come fonti per nuove idee),
osservazione dei beni di concorrenza.
2) Selezione delle idee per capire se soddisfano il mercato e se siamo in grado di dargli vita, attraverso
la valutazione di:
- Rischio strategico: individuando se i consumatori hanno già esplicitato il bisogno o se ipotizziamo
che lo faranno in futuro;
- Rischio di mercato: in relazione alla concorrenza, saremo in grado di soddisfare il mercato in
termini di valore aggiunto e differenziazione?
- Rischio interno: posso produrre il bene entro i termini stabiliti?
3) Concept test e business analysis: valutazione del posizionamento del prodotto rispetto ai
concorrenti e stima del budget necessario per il lancio;
4) Sviluppo del prodotto: test sulla reazione del consumatore al prodotto, messa in produzione su
bassa scala (es: solo un’area geografica);
5) Commercializzazione del prodotto: marketing e promozione derivano i loro piani dalle analisi
effettuate nei punti precedenti.
Vedere:
Il profilo
1. Info-shoppers: 16 milioni di persone che usano internet per informarsi su cosa comprare;
2. Light e-shoppers: 7 milioni di persone che comprano ma tendono al risparmio e sono molto più
selettivi.
3. Heavy e-shoppers: 17 milioni di persone che comprano molto su internet, e sono: 1. Gli esploratori
2. Quelli focalizzati 3. Gli opportunisti 4. Cross-border, che fanno un’po’ e un’po’.
4. Senza internet: 9 milioni.
Content marketing
È un ramo del Digital marketing che permette ai brand di sviluppare una relazione sempre attiva con il
cliente attraverso i contenuti non promozionali che creano valore ad ogni interazione.
Non consiste più solo in post sui blog e strategie editoriali, è un approccio olistico che fa affidamento su
tanti touchpoint digitali, come email, social media, SEO (ottimizzazione delle parole chiave sul sito), CRM
(ottimizzazione della relazione con il cliente) e canali a pagamento per raggiungere un pubblico target.
Dal 2019 è l’app più scaricata del mondo, comunica principalmente con la Gen Z. Con Estee Lauder si cerca
di ingaggiare la Gen Z utilizzando Tik Tok.
Analizzando il landscape di Tik Tok consumatori: Z-illenial (un’po’ più vecchi delle Gen Z) che usano Tik
Tok come finestra sul mondo, come modo per raccontarsi e come ponte per connettersi fra persone che
hanno gli stessi interessi Audience: circa 100 milioni di utenti unici attivi in Europa, Middle East e Africa;
il 50% ha più di 18 anni. La maggior parte di loro non ha Instagram o Snapchat. Le visualizzazioni mensili
sono miliardi; il tempo trascorso sull’app è sempre più di un’ora.
Si parte dai trend nel beauty: Tik Tok è la prima piattaforma che gli utenti guardano per consultare
informazioni sul beauty, i principali temi sono: 1. Makeup 2. Genderless beauty 3. Fragance 4. Skin care.
Quali sono i trend su Tik Tok?
Dove?
1. Aprire un account;
2. Attivare content creator;
3. Creare delle squadre di creator nel medio periodo;
4. Fare quadrato con i retailer.
1- Contenuti ingaggianti;
2- Video che seguono i trend;
3- Spingere i prodotti più adatti alla piattaforma;
4- Hashtag challenge.
È fondamentale capire i trend e adattarli ai bisogni dei consumatori. Bisogna attuare un piano strutturato
con delle idee che si possono mettere in pratica quotidianamente e che vengono divise in categorie di
prodotto.
Si utilizzano i creator per animare il proprio canale TikTok, si usano hashtags per rendere i video virali, si
utilizzano dell’adv per amplificare la reach e l’engagement.
Un approccio olistico. Creazione di un media mix fatto di partnership con i creator e paid social
perfettamente targettizzato. Un blend di:
- Video organici;
- Picchi di reach grazie all’adv;
- Autentiche partnership con i creator.
Awareness ADS:
1. In feed adv – vanno nella sezione FOR YOU: possono sembrare sponta;
2. Top View ads like – sono come i contenuti paid in Google Search.
Engagement ADS:
1. Hashtags challenges;
2. Branded effects – come i filtri di Instagram.
Targettizzare su Tik Tok: per gender, location, età, target audience, interessi e lingua.
I social media sono ambienti online in cui vengono creati, promossi, distribuiti, scoperti e condivisi
contenuti testuali, immagini, video e audio. I social media non rappresentano solo un’innovazione
tecnologica ma anche sociale, perché diffondono la cultura del “peer to peer” e hanno cambiato il modo di
lavorare, comunicare e collaborare.
I social media sono un’infrastruttura che a nuovi modelli di relazione fra le persone e a nuove modalità di
produzione. Le tecnologie sociali generano nuovi canali di comunicazione, di collaborazione, di co-
costruzione e di circolazione di idee, di prodotti e di servizi.
Nella cultura aziendale possiamo trovare delle subculture (team finance, team digital marketing) a cui
bisogna tenere conto nel confrontarsi con un’azienda.
La cultura aziendale non è un concetto astratto ma piuttosto un comportamento quotidiano che si deve
manifestare all’interno dell’organizzazione. La cultura aziendale è fondamentale perché è in grado di
incidere sulla vita extra lavorativa.
L’esperienza extracurriculare può fornire strumenti utili da applicare alla vita lavorativa, nuove soft skills.
Communication mix
Content marketing
È l’area del Digital Marketing tramite cui i brand sviluppano una relazione sempre attiva con il cliente con
contenuti non promozionali che creano valore ad ogni interazione. Non consiste più solo in post sul blog e
strategia editoriale, è un approccio integrato (crossmedialità) che fa affidamento su diversi touchpoint
digitali, come email, social media, SEO (ottimizzazione delle parole chiave in base ai contenuti digitali), CRM
e canali a pagamento per raggiungere un pubblico target.
La Content Strategy:
1. Individuare l’audience (Chi?), analisi dei mercati target, dei decisori di acquisto;
2. Selezionare un canale giusto (Come?), es: social, radio, sito web;
3. Disegnare un messaggio rilevante (Cosa?), il cuore della strategia;
4. Conoscere l’obiettivo e i vari sotto obiettivi (Perché?);
5. Dove? Parte operativa
6. Quando?
Secondo l’84% delle persone i contenuti prodotti dalle aziende devono: a. intrattenere b. raccontare storie
c. portare soluzioni d. creare esperienze.
Le 5 A di Kotler
1. Aware
2. Appeal
3. Ask
4. Act
5. Advocate (il cliente diventa promotore diretto del prodotto).
Le emozioni che guidano questo percorso sono: 1. Attrazione 2. Curiosità 3. Coinvolgimento 4. Affinità.
Brand perfetto modello del papillon: chiunque conosca il brand è anche disposto a raccomandarlo ad
altri.
Min: 43:45