Sei sulla pagina 1di 35

http://www.raiscuola.rai.

it/articoli/plauto-amphitruo-
atto-ii-scena-2-autori-latini/7365/default.aspx
La comicità plautina
 RISUM MOVERE

DI
SITUAZIONE
( in rebus)
 comicità

di parola
(in verbis)
Comicità di situazione
 La beffa ( elemento propulsivo : servus callidus, che
ordisce tutta una serie di inganni)
Es. PERSA (il servo Tossilo contro il lenone Dordalo
beffato)
 La beffa si basa sullo scambio di persona (simillimi)
Es. BACCHIDES ; MENAECHMI ; AMPHITRUO
PERSA (il servo Tossilo contro il
lenone Dordalo beffato)
DORDALO: (agitando il bastone) Io vi farò male sul serio, se non ve ne andate subito !
TOSSILO: Che cosa borbotti eh ? Sfacciato! Stai attento che se mi incazzo un'altra volta ti
riporto il Persiano
DORDALO: (Spaventato) Uh, allora mi cheto subito, perdiana. (Girandosi di scatto verso
Sagaristione) Ma sei tu il persiano che mi ha spennato dal capo ai piedi.
TOSSILO: Zitto scemo: non lo vedi ? E' solo il suo fratello gemello !
DORDALO: Chi è ? Proprio lui ?
TOSSILO: Sì, sono gemellissimi !
DORDALO: Ma andate a farvi scannare tu e il tuo fratello gemello !
SAGARISTIONE: (con aria innocente) Io non c’entro niente, è stato lui a fare tutto.
DORDALO: E io spero che quello che ha fatto faccia andare in malora anche te!
TOSSILO: (rivolgendosi agli altri) Su, sbertucciatelo pure quanto volete !
DORDALO: (in disparte) Certamente quelli là mi stanno preparando non so quale disgrazia.
SAGARISTIONE: Ascoltatemi tutti!
TOSSILO: Cosa vuoi ?
SAGARISTIONE: (con tono solenne, da giudice) E' per caso questo il pappone che
comprava le
ragazze ? E' lui che faceva il gradasso? Ah, si? E allora……
DORDALO:(viene colpito con un pugno) Cosa fai ? Ahi ! Me la pagherete, vi
ammazzerò!
TOSSILO: Non credo proprio, noi te le abbiamo date e continueremo a dartele.
DORDALO: Ahi, (Trottolino gli pizzica il sedere) il mio sedere !
TROTTOLINO: E che te ne fai? E' già da tanto tempo fuori uso !
DORDALO: E tu che cosa hai ancora da dire, bamboccio ?
LEMNISELENE: (invitandolo ironicamente) Su, dai, vieni a cena, Dordaluccio
mio.. Ma come,non hai appetito?
DORDALO: Accidenti, non mi hai mai fatto guadagnare un soldo e ora hai il
coraggio di prendermi anche per il culo?
LEMNISELENE: Uhh, ma perché mi tratti così?!? Solo perché ti invito ad
accomodarti eh ?
TOSSILO: E allora dimmi, questi seicento scudi quanto ti bruciano?
DORDALO: Capperi, sono finito ! Mi avete proprio rovinato.
TOSSILO:E non hai avuto quello che ti meritavi?
DORDALO: Sì, lo ammetto, ma ora vi supplico, vi tendo le mani...
TOSSILO: E dopo le metterai sulla forca !
DORDALO: (piagnucolando stizzito) Ma va’ a farti crocifiggere. Non vi
sembra di avermi torturato abbastanza?
TOSSILO: No, non ancora. (tutti addosso a Dordalo, che viene
inseguito a spinte e a calci fin dietro le quinte) Così ti ricorderai di
aver conosciuto il famoso Tossilo.
(Richiamando gli altri) Ehi, venite qua, intanto salutiamo il pubblico.
TUTTI: Spettatori, il pappone è sputtanato
e un applauso ci sembra meritato.
Maenechmi vv.1062-segg.
MESSENIONE
Gli indizi combaciano perfettamente. Ma ancora una cosa, vi prego. Dimmi
tu: qual è il ricordo più lontano che conservi della tua patria?
MENECMO I
Ricordo che partii con mio padre per Taranto, al mercato. Ma poi, nella
gran confusione, restai diviso da mio padre e fui portato via.
MENECMO II
Sommo Giove, salvami!
MESSENIONE
Perché gridi? Perché non stai zitto? Quanti anni avevi quando tuo padre ti
condusse seco?
MENECMO I
Sette anni. Stavo perdendo i primi denti da latte. Da allora non ho più
rivisto mio padre.
MESSENIONE
Be'? Tuo padre, quanti figli aveva?
MENECMO I
Ne aveva due, per quel che mi ricordo.
MESSENIONE
Dei due, quale era il maggiore? Tu o l'altro?
MENECMO I
Eravamo della stessa età.
MESSENIONE
Come può essere?
MENECMO I
Eravamo gemelli.
MENECMO II
Gli dèi mi proteggono.
MESSENIONE
Guarda che se parli tu, io smetto.
MENECMO II
No no, taccio subito.
MESSENIONE
Rispondimi: avevate il medesimo nome?
MENECMO I
Certo che no. Io mi chiamavo Menecmo, come ora. L'altro si chiamava
Sosicle.
MENECMO II
Ecco la prova! Non posso trattenermi dallo stringerti tra le braccia.
Salve, fratello mio, gemello mio. Io sono Sosicle.
Comicità di situazione
 Il coinvolgimento del pubblico (rompendo l’illusione
scenica, il pubblico è coinvolto con una serie di
battute. Tipico momento di metateatro, quando i
personaggi dichiarano che quanto sta avvenendo sulla
scena è “teatro”, cioè finzione e non realtà.
 Es. PSEUDOLUS
PSEUDOLO vv. 562-573a
Subito, eh? (Escono Callifone e Simone.) Ora mi punge il sospetto che voi

sospettiate... Che cosa? Ma che io prometto tutto lo sconquasso soltanto

per divertirvi e tirare avanti la commedia, e che invece non farò nulla di

quel che ho detto. No, signori, manterrò la parola.

Però una cosa è certa: non so ancora come venirne a capo, ma soltanto che la cosa
riuscirà. Be', quand'uno si presenta sulla scena, bisogna pur che inventi qualcosa di

nuovo, in una forma nuova. Se non è in grado di farlo, lasci il posto a

chi sa.

E ora, con vostra licenza, vorrei ritirarmi lì dietro. Ho bisogno

di concentrarmi per chiamare a raccolta tutto l'esercito dei trucchi...

Vi lascio ma ritorno subito. Una flautista, intanto, vi sollazzerà.


rottura dell’illusione scenica
 È questo un elemento base del teatro plautino.In esso
viene “rotta” la cosiddetta “quarta parete”(quel
diaframma immaginario che a volte in alcune forme di
teatro sembra ergersi tra luogo dell’azione scenica e
spettatori). Gli attori si rivolgono al pubblico
direttamente sospendendo lo sviluppo della fabula e
coinvolgendolo nello stesso spettacolo.
 Altro caso è costituito dalla battuta conclusiva delle
commedie, in cui un attore si rivolge al pubblico e lo
invita ad applaudire se si sono divertiti(Spectatores,
plaudite!)
Comicità di parola
Prodotta da
 Uso del doppio senso
 Utilizzo di parola al posto di un’altra
 Conio di neologismi
 Scambio di registro linguistico (raffinato/rozzo ;
urbano/scurrile;…)
 Uso della lingua greca con intento parodico e comico
 Uso di una lingua straniera storpiata a fini comici
 Naturalmente la comicità di parola si avvale di un
linguaggio dalla vivacità scoppiettante ed
estremamente composito che dimostra in maniera
inequivocabile come Plauto non sia affatto quel poeta
rozzo che in passato è apparso a molti, ma sia, piutto-
sto, uno scrittore che sa entrare in sintonia espressiva
con le diverse fasce di pubblico che assisteva ai suoi
spettacoli, ora indulgendo ad una certa rusticitas
verbale ora facendo sfoggio di una notevole urbanitas:
insomma un grande uomo di teatro che sa bene come
catturare la simpatia del suo numeroso e variegato
pubblico.
In primo luogo va sottolineata la sua enorme vivacità e
ricchezza espressiva che si manifesta

 sia a livello lessicale


 sia a livello morfologico e sintattico.
 Livello lessicale :
1-sono da sottolineare le raffiche di improperi che i
personaggi di condizione in genere servile, o
comunque bassa, si scambiano fra loro:
scelestus ("furfante"),
furcífer ("pendaglio da forca"),
mastigia ("degno di frusta"),
frutex ("cafone"),
urbanus scurra ("buffone di città"),
hara suis ("porcile"),
lutum ("fango")...
2-il conio di neologismi capaci di scatenare il riso.
Fra i neeologismi più efficaci coniati da Plauto sono da
segnalare le parole composte
dentifranvgibula ("rompidenti"),
vaniloquidorus ("pallonaio"),
dentilegus ("raccoglidenti"),
nugiepiloquides ("aggiungiballide")...
3-A volte, inoltre, gli stessi nomi dei personaggi, sono
capaci di suscitare il riso per il loro significato come
neel caso, ad esempio, di Pirgopolinice, il protagonista
del Miles gloriosus, che significa propriamente "colui
che vince città turrite".
4-Un posto a parte, inoltre, merita, il famoso passo del
Poenulus (vv. 930-949), nel quale il cartaginese Annone si
esprime in una lingua incomprensibile, ma che
probabilmente intende essere una parodia della lingua
punica
(es.: Ythalonimualonuthsicorathisymacomsyth, v. 930).).
• Sul piano sintattico, invece, va sottolineata
la scelta di Plauto in favore della coordinazione
(paratassi) rispetto alla subordinazione (ipotassi) dato
che il Sarsinate privilegia nelle sue opere, com'è giusto
che sia, la lingua parlata, per dare maggiore efficacia
espressiva ai suoi personaggi.
Ma la comicità plautina spesso ricorre anche all'uso del
greco con fini chiaramente parodici: così
frequentemente compaiono nelle sue commedie
termini di chiara derivazione ellenica come
moechissare ("commettere adulterio"),
diabathrarii ("calzolai")
che rilevano una notevole conoscenza del greco da parte
dell'autore, ma che ci fanno capire anche come il
pubblico di Plauto non fosse tanto rozzo se era in
grado di capire le battute in greco e le allusioni e i
giochi di parole che il commediografo crea con l'uso di
parole e di locuzioni di origine greca.
Il mondo sociale della commedia
plautina
VERI PROTAGONISTI DELLA COMMEDIA

Il servus callidus oppure il parasita


Si tratta di personaggi-demiurgo che con il loro operato
e intelligenza
 determinano tutto ciò che accade sulla scena
oppure
 lo orientano a vantaggio proprio o del padrone

Ne viene fuori un mondo rovesciato i cui valori si


capovolgono, come avveniva ai Saturnali, quando il
servo abbandonava il ruolo subalterno.

Ovviamente, finita la commedia, si ripristina l’ordine


sociale
 Ciò può spiegare in buona misura il motivo vero del
successo che le palliatae plautine riscossero presso il
pubblico plebeo: esso, infatti, nel corso dello
svolgimento dell'azione scenica veniva indotto a
credere, fino forse a convincersene del tutto, che il
mondo fosse diverso rispetto alle proprie convinzioni e
poco importava se si trattava essenzialmente di un
sogno e se la realtà era invece profondamente e
drammaticamente diversa (ricordiamoci infatti che la
società romana era sostanzialmente schiavistica e che
si fondava sullo sfruttamento della manodopera di
servi considerati alla stessa stregua di macchine o di
animali).
 Ma il mondo delle commedie plautine non sempre
sublima nel sogno: non mancano infatti riferimenti
ben precisi a convenzioni, a pregiudizi che rimandano
ad una vita sociale ancora chiusa e legata al
tradizionale mos maiorum.
 Così accade che le vicende amorose non sempre si
concludano con una soluzione matrimoniale: essa,
infatti, compare solo quando la fanciulla, in genere una
cortigiana, viene riconosciuta attraverso il
procedimento dell'agnitio, come donna di liberi natali;
se, invece, ciò non si verifica, la vicenda si conclude sì
con il trionfo dell'amore, ma il matrimonio resta
lontano dall'orizzonte mentale dei protagonisti.
 Tutto ciò induce a credere che Plauto faccia sua la
convinzione che un matrimonio "misto" fra un uomo
libero ed una schiava non è accettato dalle convenzioni
sociali del tempo, mentre, allorché la donna acquista
lo status di "donna libera" attraverso il riconoscimento,
ogni ostacolo viene superato ed allora il matrimonio
diventa l'obiettivo naturale da realizzare.
Ma il teatro di Plauto è capace anche di porre in rilievo
questioni sociali assai vive nella Roma del tempo: e
una di queste era certamente il rapporto fra città e
campagna, un rapporto vissuto come "profonda
diversità", come conflitto fra
 un mondo, quello della campagna, depositario del mos
maiorum e della sobrietà dei costumi
e
 un mondo, quello della città, portatore di principi
innovatori e spesso immorali, depositario di
corruzione.
AMORALITA’ DEL TEATRO PLAUTINO
obiettivo primario, abbiamo detto, è risum movere
• Plauto lo ottinene non attraverso lo strumento
sofisticato dell’umorismo, che presuppone una
riflessione dello spettatore sulla battuta o la situazione
comica

• ma mediante l’uso di una comicità scoppiettante ed


immediata, capace di divertire il pubblico, che si sente
per così dire “superiore” sul piano morale rispetto ai
personaggi
Plauto dunque non appare minimamente
interessato ad assumere un punta di vista
moralistico;
non intende in alcun modo evidenziare principi
morali o , tanto meno, precetti che risultino utili
agli spettatori per diventare migliori.
Plauto, insomma, è indifferente di fronte al
conflitto moralità-immoralità, almeno nella
maggior parte delle sue opere.
Tuttavia intorno al 190 a.C. sembra potersi
collocare una specie di svolta culturale in senso
moraleggiante da parte di Plauto e ciò ad alcuni, a
Francesco Della Corte in particolare, è sembrato
oggettivamente un avvicinamento del
commediografo alle posizioni morali e politiche di
Catone.
ad esempio, nel prologo dei Captivi, databile
probabilmente negli anni 189-188 a.C., Plauto afferma di aver
composto una commedia diversa dalle altre, nella quale non ci
sono né lenoni spergiuri, né perfide meretrici, né soldati
millantatori.
Nell'epilogo, poi, egli dichiara addirittura di
avere scritto la fabula "per i buoni costumi" (ad pudicos mores)
e che poche sono le commedie come questa, "nella quale i
buoni possano diventare migliori" (ubi boni meliores fiant).
LA COMPAGNIA Spettatori, questa commedia è stata
scritta per rivendicare i buoni costumi: non ci sono né
palpeggiamenti di cosce, né avventure amorose, né
esposizione di fanciulli, né scrocco di quattrini. Né ci
compare un giovanotto innamorato che riscatta una
puttanella all'insaputa di suo padre. Commedie di questo
genere, in cui la gente per bene impara a migliorare
ancora, i poeti ne inventano pochine. Ma ora voi, se
essa vi è piaciuta e se vi siamo piaciuti noi, mostratelo
con questo gesto. [Tutti eseguono il gesto dell'applauso]
Se veramente volete premiare la serietà, applauditeci.
plauto e il metateatro

Com'è noto, il metateatro è una tendenza per cui il teatro tende


a riflettere su se stesso, ponendo all'attenzione degli spettatori le
sue problematiche, le questioni relative alla creatività del
drammaturgo
e dell'allestitore:
insomma chi fa metateatro inserisce all'interno dell'azione
scenica momenti
in cui essa si interrompe per dare spazio ad una riflessione
critica su quanto si sta rappresentando e, in maniera più ampia,
sul genere drammatico.
Questa tendenza in Plauto si collega, in maniera
assai stretta, col tema della beffa ordita in genere da
un servus e col suo meccanismo:

in altri termini, il ruolo di chi ordisce una beffa e


quello di chi scrive un dramma in buona sostanza
finiscono col coincidere, in quanto entrambi:
o ordiscono una trama;
o costruiscono una messinscena in uno spazio
ben determinato;
o affidano le parti;
o organizzano una recita.
Insomma la figura del servus , quella del drammaturgo e
quella del capocomico (dominus gregis)finiscono per
coicidere o quanto meno per sovrapporsi.
Tutto ciò comporta naturalmente un certo tipo di
rapporto con il pubblico che viene inteso
 Non più come polo ricevente che assiste passivamente
alla rappresentazione come accadeva nella Nea greca
 Ma piuttosto un elemento che partecipa intensamente
a ciò che avviene sulla scena

***fine***
Repertorio sul web
 <iframe width="854" height="480"
src="https://www.youtube.com/embed/gREbnDxtQC
o" frameborder="0" allowfullscreen></iframe>
 <iframe width="854" height="480"
src="https://www.youtube.com/embed/E4VU86CA0N
E" frameborder="0" allowfullscreen></iframe>
 <iframe width="854" height="480"
src="https://www.youtube.com/embed/AHOw5u8n1a
8" frameborder="0" allowfullscreen></iframe>

Potrebbero piacerti anche