Del sommo poeta inglese, forse il pi grande autore di ogni tempo e luogo, ci restano 884.647 parole (ma solo quattordici scritte di suo pugno). Molte meno sono le informazioni che abbiamo sulla sua vita, quasi nulla possiamo affermare con certezza riguardo alla sua personalit, forse non possediamo nemmeno un suo ritratto autentico e quindi, in teoria, non sappiamo che faccia avesse. Alcuni studiosi hanno persino dubitato della sua esistenza: una sorta di equivalente letterario dellelettrone: l ma non l. Eppure su William Shakespeare, sulla sua vita e sul suo tempo, sono stati versati fiumi di inchiostro che hanno alimentato innumerevoli polemiche e strabilianti congetture. Bill Bryson, attingendo al guazzabuglio di curiosit che ruotano intorno alla figura del bardo, ci offre oggi uno Shakespeare mai raccontato e un delizioso affresco della vita londinese nel periodo elisabettiano, in cui i teatri, sempre affollati, aprivano alle due del pomeriggio, il biglietto dingresso costava un penny e per gli spettatori pi golosi erano in vendita birra, pan di zenzero, noci, mele e pere che potevano trasformarsi in missili nei momenti di delusione. E, con la consueta abilit di scrittura, ricostruisce non solo la biografia di un uomo, ma anche unepoca di intensa temperie culturale e grande libert di pensiero: il racconto, rigoroso e divertente a un tempo, della vita di persone che sei giorni alla settimana si riunivano, si travestivano, si truccavano per donare al mondo alcune delle pi sublimi e irripetibili ore di piacere mai sperimentato.