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che nel corso degli anni hanno caratterizzato la storia della comunicazione.
(Abruzzese-Mancini, 2007). In particolare, i due autori, si soffermano sul
periodo che va dalla fine del '700 ai primi anni del '900, quelli che nel testo
vengono citati come secolo lungo (epoca della fabbrica e della metropoli) e
secolo breve (periodo in cui la societ cambia radicalmente grazie ai media).
La storia della comunicazione caratterizzata da tre elementi principali:
la metropoli: citt in cui si intrecciano le dinamiche della produzione e del
mercato con le relazioni umane;
la stampa: potente mezzo di socializzazione dei nuovi soggetti che abitano la
metropoli;
lo schermo: medium che riesce ad inquadrare ogni spazio della vita
quotidiana.
Queste fasi, poggiano a loro volta, su tre forme espressive considerate in
passato come le prime grandi modificazioni dei linguaggi tradizionali. La
messa in scena dal vivo (passaggio dal teatro alla metropoli come messa in
mostra della vita quotidiana), la scrittura (dalle prime incisioni alla grande
affermazione della stampa) e le arti figurative (dall'immagine trasmessa grazie
alla pittura e alla scultura, all'immagine proposta dallo schermo).
In questa prima parte del testo, Abruzzese e Mancini analizzano anche
l'importanza della musica soffermandosi in particolare sull'Italia, regina del
mercato lirico e sulla Germania che invece padrona del musica sinfonica e
da camera. Oltre la musica, vengono trattati i temi dell'architettura e
dell'urbanistica con riferimenti al trasporto ferroviario (nel libro citato come
strada ferrata) e alle grandi esposizioni universali di Londra (1851) e Parigi
(1889).
In ultima analisi, gli autori, ci riportano anche la differenza tra due modelli di
citt: la polis e la civitas. La prima radicata nel luogo fisico, ha un sistema
chiuso e non permette l'invasione del barbaro (straniero che non parla lingua
del luogo di fondazione), mentre la seconda una citt che si muove anche
verso l'esterno e che di conseguenza include nel proprio sistema altre lingue e
religioni. A differenza della polis, che combatte guerre di difesa, la civitas lotta
per conquistare e per espandere il proprio territorio oltre i semplici confini
delimitati.
Dopo aver trattato le invenzioni dei primi del Novecento, Abruzzese e Mancini
passano ad analizzare il cosiddetto secolo breve, il periodo che sancir
l'ingresso dei media nella dimensione audiovisiva del cinema sonoro e della
televisione. In questo periodo, il mondo verr sconvolto da due guerre
mondiali, due eventi definiti anche dagli autori tra i fatti pi drammatici del
Novecento (Abruzzese-Mancini, 2007, p. 126). Ma, come gi detto, proprio
in questo clima pesante che i media compiono un deciso salto in avanti verso
l'audiovisivo e la comunicazione di flusso (definita anche broadcasting). In
parole povere, si tratta dunque di un periodo in cui si deve dare voce al
cinema muto ed immagine alla radio.
L'introduzione del sonoro (avvenuta negli anni Trenta del Novecento) fu una
straordinaria innovazione per il mondo del cinema. La suggestione delle
immagini poteva ora combinarsi con la voce, per raggiungere quell'effetto di
realismo a cui puntavano gran parte dei registi. Ma questa novit, per molti
straordinaria, si trova a doversi scontrare con un autore come Rudolf Arnheim
che giudica in tutt'altro modo l'introduzione del sonoro nel cinema. Il punto
focale della sua tesi era che cinema sonoro e tv non potevano pi essere
considerati linguaggi artistici a causa del loro livello di perfezione acquisito.
Secondo lo psicologo tedesco, solo grazie all'imperfezione del cinema muto e
della radio, era stato possibile raggiungere un risultato estetico pari a scultura
e pittura.
Nonostante le critiche mosse da Arnheim, il cinema grazie al sonoro cresce e
trova un alleato in pi nella televisione (anni Cinquanta), che estende la
fruizione del film in ambito familiare secondo le norme della programmazione e
della pubblicit. La tv, cos come fatto dal cinema, porta ad una sostanziale
mondanizzazione delle arti (l'arte perde quindi ogni capacit di esprimere una
differenza rispetto alla realt).
Dopo aver trattato l'evoluzione dei media fino alla televisione, nel proprio testo
Abruzzese e Mancini, passano all'analisi delle principali teorie riguardanti la
cultura di massa. L'analisi dei due autori parte da Paul Lazarsfeld, una figura
che stata considerata fondamentale nello sviluppo degli studi sulla
comunicazione di massa.
In un suo saggio intitolato Remarks on Administrative and Critical
Communication Research1 del 1941 lo studioso americano ha messo in
contrapposizione l'approccio statunitense ed europeo verso le scienze sociali
e le differenze che esistono tra la ricerca amministrativa e la teoria critica.
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