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Carmelo Bene o lo splendore del vuoto di Camille Dumouli traduzione di Jean-Paul Manganaro Alla fine degli anni ottanta,

via un amico comune, Jean-Paul Manganaro, Carmelo Bene mi aveva chiesto di partecipare al progetto della Biennale di Venezia: Il teatro senza spettacolo. Gli studiosi di cui facevo parte non stavano l per assistere a uno spettacolo che non avrebbe avuto luogo, ma per rispondere alla sfida paradossale della ricerca impossibile. Grazie a Carmelo Bene, per una volta, mi sono sentito allaltezza dellimpossibile. Per preparare levento, ci aveva ricevuti a casa sua, a Roma. Erano dunque i miei primi momenti di prossimit con lui. Una sera, per una ragione che non ricordo, ci siamo ritrovati soli, lui e io, uno di fronte allaltro. Ero certamente un po intimidito e restavo in silenzio a fissare un quadro sul muro, un sole dipinto da de Chirico che illuminava la testa di Carmelo. A un certo punto, mi chiese: A che pensi ? e io, certamente sfiorato da ci che Baudelaire chiama il vento dellala dellImbecillit, risposi: A niente, sto facendo il vuoto. Al che Carmelo controbatte dicendo: Devessere difficile fare il vuoto del vuoto. Nel 1990, sempre con Jean-Paul Manganaro e con Edoardo Fadini, ci siamo ritrovati in Russia, al seguito di Carmelo, per il primo festival del teatro italiano a Mosca. Carmelo presentava una versione dell"Achilleide". E ci aveva riuniti, gli studiosi, per salire sulla ribalta, dopo la rappresentazione, allineati davanti al pubblico come dei condannati davanti a un plotone di esecuzione, col fine apparente di un dialogo con gli spettatori. Era lepoca della Perestrojka e il pubblico scopriva con esaltazione e passione il teatro di Bene. Lui se ne stava in camerino dove per aveva fatto sistemare degli altoparlanti per sentire ci che dicevamo. A un certo punto, rispondevo a una domanda ed evocavo, credo, il parallelo che si poteva fare tra lesperienza mistica e il lavoro drammaturgico di Bene, quando, di colpo, dietro il sipario, si sent la voce irritata di Carmelo che gridava entrando in scena: No! Camillo, non possibile! Non puoi dire queste cose. Del resto, non c niente da dire E siete qui, non per spiegare quello che faccio, ma per dire agli spettatori che non c niente da capire. Che non possono capire. Uno solo avrebbe potuto capire quello che faccio, e lavrei voluto qui, in sala, di fronte a me. Ma non c. Stalin! Perch lui faceva con voi, popolo russo, la stessa cosa che io sto facendo: condurvi dove meritate di andare: al nulla, al vuoto. Come diceva san Giovanni della Croce, non c che un fine: Nada! Nada! Nada! Inutile dire che lo scandalo fu inaudito, che gli interpreti russi chiusero i microfoni rifiutando di continuare a tradurre, che, in sala, si cominci a gridare e a urlare, assistendo a una specie di "Battaglia di Hernani" moscovita. Questi due aneddoti hanno per me lo stesso senso. Evidentemente, si tratta di provocazioni. E ognuno sa che pro-vocare significa chiamare laltro a far sentire la propria voce, se ne capace. Si tratta certo anche di crudelt. E per Carmelo, come per Antonin Artaud, non vi teatro che della crudelt. Non si tratta per di cattiveria, perch quelli furono due momenti di humour. E anche in questo caso, Artaud faceva dellhumour la potenza rivoluzionaria e poetica integrale del teatro. Non c cattiveria perch lumorista si implica in ci che dice e in ci che mette in causa. Contrariamente allironista che gioca con distanza e in modo perfettamente innocuo, lumorista terribilmente serio. Infatti, la grande domanda per Bene sempre stata: come fare il vuoto allinterno della rappresentazione (teatrale o cinematografica), allinterno della creazione letteraria o del discorso corrente? Dato che la condizione prima e ultima dellarte fare il vuoto. La vera creazione artistica sempre ex nihilo; procede dal vuoto e deve manifestarlo. Ma rari sono gli artisti e i creatori che hanno la potenza di operare direttamente col vuoto. Ci che Bene ha realizzato teorizzato, tra laltro, da Jacques Lacan uno degli autori con cui Carmelo aveva una grande familiarit in particolare nel seminario sull"Etica della psicanalisi". Lacan dice due cose essenziali. La prima che la funzione dellarte fare esistere il vuoto. E ricorda che le due prime forme di creazione artistica sono le pitture rupestri e la fabbricazione di

vasi. Nel primo caso si tratta di disegnare i contorni del vuoto della grotta, nel secondo di creare un oggetto che contenga il vuoto: un vaso un vuoto con qualcosa attorno. La seconda idea essenziale di Lacan che, per questa stessa ragione, non c storia dellarte. Ogni artista veramente creatore torna sempre a zero. Azzerare il mondo unaltra formula di Artaud. Ed latto poetico maggiore che Bene realizzava sulla scena dando al vuoto tutto il suo splendore e la sua potenza di genesi. Ed appunto perch conosceva la difficolt di mostrare il vuoto nel mondo della societ dello spettacolo e della rappresentazione che poteva dire con un humour serio e crudele: Devessere difficile fare il vuoto del vuoto. Che pretesa, insomma Infatti, la fatalit, per lartista creatore, che c gi sempre troppo senso, troppi testi, troppe immagini. Deve dunque partire da ci per scavare il vuoto, togliere di scena, come diceva Bene, e non mettere in scena. Ma con quale fine ? Evocavo Lacan e dunque la psicanalisi. Significa forse che bisogna mostrare la mancanza e la castrazione ? Da questo punto di vista, e in ogni caso per Bene, bisogna essere chiari. Se non amava Heidegger o Lvinas, la ragione presto detta: la cultura del nichilismo, della colpevolezza, dellessere-per-la-morte e della mancanza non gli si addiceva proprio. E quando parlava di Schopenhauer, o quando se ne ispirava per il suo teatro (in "Macbeth", per esempio), non mostrava il desiderio del nulla o del ritrarsi della Volont, ma, al contrario, la forza terribile e onnipotente di questa Volont cieca. Insisto, in quanto il motivo della mancanza stato spesso ripreso da alcuni critici, certamente bene intenzionati, a proposito del suo lavoro. Si tratta di un ritornello ideologico, cui forse anche lui, coi suoi propositi provocatori, ha sembrato dar credito. Lo stesso Lacan, questo apostolo della mancanza e della castrazione, ne fornisce la prova: larte crea il vuoto ma non la mancanza. Non nasce dal Nulla o dal disinteressamento kantiano, ma, al contrario, dalla potenza inaudita della vita che spezza tutte le catene dellevoluzione e della storia, dellessere e della presenza, per creare ex nihilo. Per quanto esigente, ascetico e spoglio, il teatro di Bene non mai stato triste, nichilista o pessimista. E inoltre, per quanto esso sia stato crudele, lo spettatore ne sempre uscito fuori pieno di gioia e di energia. Da dove viene questa forza? Dal fatto che ci ha permesso di riaccedere allo splendore del vuoto. Nel mondo troppo pieno di discorsi e di immagini, ha aperto questo luogo, o piuttosto questo non-luogo, che la garanzia del nostro desiderio: il luogo vuoto del nostro godimento. Non del nostro godimento vuoto, ma il cui vuoto si offre a quelli che sapranno goderne. Il godimento sempre immondo, ci che il mondo impedisce di essere: eccede lio, il corpo proprio, la storia e perfino la realt. Ma attraverso il vuoto che fa esistere per noi nel mondo e nella rappresentazione, lartista salva lo spazio del desiderio. Pu essere leco rumorosa di cui risuonano le armature vuote e grottesche di "Macbeth", il biancore terribile che ricopre la scena di "Pentesilea", o tante altre grandiose macchine di scena, Bene fa esistere cos quel vuoto il cui soffio d vita al teatro. Questo vuoto non si conquista tanto facilmente. Non basta fare momentaneamente il vuoto del vuoto, cio far tacere per qualche istante il rumore insignificante del discorso corrente che invade il nostro cervello (non facevo altro, stupidamente, di fronte a Carmelo). Come diceva ancora Artaud, riprendendo una lettera di Van Gogh, bisogna scavare, sfondare a colpi di lima o di freccia il muro della realt e del significato. necessario leroismo di Van Gogh o di Artaud o di Bene, perch si fa allinterno di ci che sembra pi saturo di senso e di presenza, e da cui si esige culturalmente sempre pi espressivit: il teatro, il testo teatrale, la drammaturgia, la pittura. Lacan, ancora, ricordava che larte ha una funzione eminentemente sociale. Per questo gli artisti di genio sono pagati cos caramente. Di che cosa li si gratifica? Del fatto di salvare il vuoto e la potenza di effrazione del reale, del fatto, dunque, di salvare il desiderio e il luogo immondo del godimento. Ma nello stesso tempo si chiede agli artisti di ricoprire il vuoto col Bello, di fare della cosmetica (esattamente come Strehler, che Carmelo chiamava il piccolo barbiere di Milano). Gli si chiede di salvare il Cosmo, questo gioiello, questo cofano (secondo il senso etimologico) che preserva dal vuoto. E il commento, la critica, il giornalismo, ma anche gli artisti la cui opera si iscrive nella storia dellarte, tutto quello che Bene non soffriva (anche se sapeva che era a volte necessario avervi ricorso per essere ascoltati), collaborano alla sublimazione civilizzatrice.

Allopposto, c invece in Bene un lato barbaro e furioso che ci riconduce sempre nel cuore stesso della sorgente caotica dellarte e del punto zero della creazione. Fare arte allora un paradosso. Bisogna, in qualche modo, oltrepassare la bellezza. Non fermarsi al suo velo protettore. Ma, nello stesso tempo, avere abbastanza potenza perch larte non sia asservita a un progetto nichilista. questo dare al vuoto il suo splendore. Luomo costruisce tra s e il caos selvaggio un magnifico edificio di sua invenzione e, a poco a poco, finisce con lo scolorarsi e col soffocare sotto il suo ombrellone. Allora arriva un poeta, nemico delle convenzioni, che fende lombrellone. Ed ecco che la rapida occhiata sul caos diventa visione, finestra aperta sul sole! Ma dopo un certo tempo, abituati a questa visione, non sopportando lautentico sprizzare del caos, luomo ordinario imbratta un simulacro di finestra aperta sul caos e rammenda lombrellone col pezzo di simulacro dipinto. [Ma torna sempre un artista che ci libera da questa prigione e rifende lombrellone. Allora] Siamo felici di potere uscire da questa chiesa e di entrare a contatto col caos naturale. un brano tratto da un magnifico testo di D.H. Lawrence intitolato "Chaos in Poetry". Esso fa la differenza tra due forme darte, quella che appartiene alla sublimazione culturale e sociale, e quella che potremmo chiamare dionisiaca, che spezza il quadro delle rappresentazioni e del cosmo per metterci violentemente in contatto col caos della vita che entra nel mondo con la violenza del vuoto. Larte di Carmelo Bene non era altro. Tutto ci riassunto nelle due formule: Teatro senza spettacolo e Ricerca impossibile. La ricerca impossibile non la ricerca dellimpossibile, ma significa piuttosto che non si trova cercando. Chi cerca trova solo ci che gi sapeva, secondo la celebre formula di Pascal: Non mi cercheresti se non mi avessi gi trovato. Per questo lUniversit eterna: cerca, ma non trova mai. Noialtri universitari siamo dei ricercatori, non dei trovatori. Senn sarebbe una catastrofe. Invece i trobadours e i trovatori si chiamavano cos perch trovavano senza cercare. Lacan ricorda una formula di Picasso: Non cerco, trovo. Il che significa che il creatore non segue la via dellordine simbolico o del significante, ma come Bene, fa emergere il reale contro il significato, produce, provoca un effetto di senso inaudito contro e malgrado le strutture della rappresentazione e del testo teatrale. In tedesco il poeta si chiama Dichter, e Dante, riferendosi allars dictandi, chiamava i trobadours dictatores illustres ("De Vulgari Eloquantia"). Il poeta o lartista dictator non segue le vie tracciate dal senso, ma detta la lingua stessa agli uomini sbalorditi. E cos ritorniamo allaneddoto di Stalin. Vorrei ricordare che Bene ha recitato spesso in parti di re e di tiranni (come Artaud, del resto), ma tiranni grotteschi, re miserabili, principi impotenti (come Amleto o Lorenzaccio), imperatori pazzi di rivolta come il Caligola di Camus, il suo primo grande ruolo. E il progetto che assillava la sua mente al momento della Biennale di Venezia era creare un "Tamerlano" ispirato da Marlowe. Tamerlano, ecco appunto la figura del tiranno che fa risplendere la potenza del vuoto nella storia, e nella letteratura grazie a Marlowe, come Bene in scena. Barbarous and bloody Tamburlaine. Poich questo distruttore di re e creatore di imperi incarn la volonta di regnare per niente. Storicamente, fu il contrario assoluto dei tiranni di Stato, come Hitler, Stalin o Mussolini. Lapostrofe di Bene a Stalin vuol dire che larte e il teatro, cos come li concepiva, sono tirannia contro tirannia, crudelt contro crudelt, dittatura contro dittatura. In un certo senso, si fanno concorrenza. E i dittatori che censurano gli artisti o che, come Stalin, uccidono direttamente larte, lo sanno. S, luno e laltro, Bene e Stalin sono in concorrenza sul terreno del vuoto, che tutto ci che si pu proporre in fine e con rigore al desiderio delluomo. Ma il loro modo di fare il vuoto, e dunque di mantenere il desiderio, esattamente opposto. Il desiderio conduce al di l del principio di piacere, poich oltrepassare un certo limite del bene e della legge la condizione del godimento. Il vuoto che si apre la libert della differenza assoluta. Ma gli uomini hanno una paura cos grande di oltrepassare questo limite che preferiscono sottomettersi allidentificazione assoluta con un ideale tirannico. Si scaricano cos dellesigenza del desiderio. La volont oscura e crudele del capo sostituisce la responsabilit di esistere e di

desiderare. Occupa il posto del vuoto in cui si sarebbe dovuti entrare. E in cambio di avere assunto su di s il desiderio di tutti gli individui, il capo trasforma la massa in una macchina per fare il vuoto. Assolutamente irresponsabile. Egli solo sa che conduce verso il vuoto le masse cieche. Quanto agli individui della massa, agiscono in nome di un amore del capo e dello Stato la cui controparte laggressivit e lodio contro tutti quelli che non si sottomettono allideale tirannico. Le masse corrono verso il vuoto cantando e urlando, e gli individui lo compiono col sacrificio di s stessi e degli altri, ma non lo sanno, ed il fatto essenziale. Bisogna avere il coraggio di riconoscerlo, come Deleuze: la dittatura, la crudelt e la tirannia sono il desiderio dei popoli. Tutta la storia moderna lo dimostra. Essere condotto verso il vuoto, ma con lillusione di realizzare pienamente un ideale, non era altro il desiderio del popolo russo quando portava Stalin al potere, sottomettendosi alla sua volont criminale. Cos, in generale, si svia nella storia il desiderio degli uomini che, incapaci di vivere il rischio del desiderio e la violenza del godimento, li rimettono tutti e due tra le mani di un Altro onnipotente, di un Dio oscuro alla cui volont di godimento bisogna sacrificare il proprio desiderio e al quale bisogna offrire degli olocausti per conciliarsene le grazie. Lalienazione fondamentale degli uomini riposa sul principio che Freud e Lacan hanno posto alla base di tutti i fascismi della storia moderna: lidentificazione della massa con un Ideale dellio cui abbandonare la volont e sacrificare gli oggetti del proprio desiderio. Il tiranno fa il vuoto attorno a s e resta lunico corpo pieno dove si riflette il narcisismo degli individui alienati: la loro sola libert sprigionare odio contro lo straniero o il differente che rifiuti lidentificazione gregaria. Il paradosso del teatro di Bene , invece, di condurci al di l dellidentificazione. un paradosso poich, tradizionalmente, il teatro suppone lidentificazione coi personaggi. Se il dittatore politico fa il vuoto attorno a s riempiendosi dunque sempre di pi, il teatro di Bene accumula oggetti, testi, voci e suoni per aprire in s, nel centro del teatro che lattore, il vuoto in cui lo spettatore chiamato a riconoscersi. Ecco perch Bene avrebbe voluto vedere Stalin di fronte a s. Stalin incarna il desiderio di morte delle masse nato dal risentimento e dalla volont di identificazione collettiva. Di fronte a lui, il teatro senza spettacolo svuota la scena di tutti gli elementi su cui riposa la massificazione degli individui. Questi elementi, questa macchina affascinante e fascistizzante, costituiscono il cosiddetto spettacolo. Esso dunque fondato sul principio dellidentificazione, ma anche sul richiudersi in un universo fantasmatico in cui si esercita lonnipotenza dei due oggetti di godimento che sono la voce e lo sguardo. Il nostro mondo della societ dello spettacolo non ha la violenza del nazismo o dello stalinismo, ma costituisce una forma di fascismo soft. Televisione, cinema, mass-media, cellulari, musiche invadenti, informazioni incalzanti ricoprono il mondo con una vasta rete affascinante: siamo penetrati da flussi incalzanti di voci e di sguardi che alimentano una immensa macchina predisposta a far godere orecchie e occhi. Godimento feticista, secondo il termine utilizzato da Adorno a proposito dellinvasione musicale che consiste nel saturare e ostruire i nostri organi, avidi di essere riempiti dal grande Altro della mondializzazione dei mass-media. Falso godimento che consiste in una lunga e fastidiosa masturbazione dei nostri organi. A proposito della messa in scena, Lacan diceva in "Letica della psicanalisi": Non posso che complimentarmi con me stesso di essere daccordo con Aristotele, per il quale tutto lo sviluppo delle arti del teatro prodotto a livello delludito, e non dello spettacolo che per lui solo un problema marginale. La tecnica, non certo poco, ma non lessenziale, come lelocuzione nella retorica. Lo spettacolo, in questo caso, un mezzo secondario. E ci rimette al posto giusto le preoccupazioni moderne riguardo a ci che si chiama la messa in scena. I meriti della messa in scena sono grandi, li apprezzo sempre, a teatro come al cinema, ma non dimentichiamo che sono importanti solo in quanto, mi si permetta questa libert, il nostro terzo occhio non si drizza abbastanza lo si masturba un pochino con la messa in scena. Lacan puntava alloscenit sessuale su cui riposa il principio della messa in scena. A quelli che non sanno godere, la societ dello spettacolo propone ogni eccitazione erotica compensatoria. Allora

Bene non voleva mettere in scena, ma togliere di scena, allora la macchina attoriale che aveva inventato, con un lavoro inaudito sulle luci, la musica e la voce, effettuava una distruzione del senso, una decomposizione dei suoni e una esplosione furiosa della voce fuori dalla cavit orale. In quanto il suo teatro senza spettacolo non era soltanto una rivoluzione estetica. Come ogni creazione che osa confrontarci alla potenza di genesi del vuoto, era anche un atto rivoluzionario sul piano politico, individuale e sociale. Non perch dettava messaggi politici, ma perch esigeva imperativamente dallo spettatore la capacit di attraversare le identificazioni alienanti e di rinunciare ai piccoli godimenti alienati alla volont dellAltro, su cui riposa ogni sistema della rappresentazione, per diventare capace di creare ex nihilo le condizioni del suo godere. Camille Dumouli traduzione di Jean-Paul Manganaro

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